Lettera aperta al PD (I)

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In un bel romanzo di Nick Hornby, High Fidelity, il personaggio principale è ossessionato dalle liste "top-five": i suoi top-five split-ups, i suoi top-five musicisti preferiti, ecc. Provo anch'io allora a fare la mia lista delle top-five azioni di governo a cui potrebbe cominciare a pensare il PD, invece di litigare e fare alchimismo di alta casta come al solito. Cose terra terra, semplici semplici, in vista del 2013 (2033? 2108??).

Lo spettacolo offerto dagli esponenti politici del cosiddetto PD dopo le elezioni è stato veramente desolante. Rutelli che si dichiara a favore del prestito-vergogna all'Alitalia sperando di racimolare qualche voto (venendo sonoramente e giustamente sconfitto); Cacciari che difende Veltroni a spada tratta e dice "non so cosa poteva fare Veltroni di diverso"; Veltroni che tira dritto, "fa finta di niente" e "congela" non solo i capigruppo a Camera e Senato, ma anche se stesso.

Già si vedono le prime avvisaglie di rese dei conti prossime venture, ma a guardar bene sono sempre gli stessi nomi che girano: Parisi, Letta, Fassino, Marini, Bersani, Fioroni... fino all'intramontabile D'Alema. Silenzio di tomba invece sui cosiddetti "contenuti": ovvero su quali temi, su quali proposte concrete costruire una opposizione fattiva e un possibile programma per il futuro.

Trovandomi in vena di fantasticherie, provo a scrivere una lista semplice semplice, e intenzionalmente incompleta, di cose da fare. Cose peraltro dette e stradette, soprattutto su questo sito. Magari i miei saggi e fantasiosi co-redattori, e i nostri ancora più saggi e fantasiosi lettori, avranno voglia di riempire il mosaico, tessera per tessera (di mosaico, non di partito). Mi rivolgo al PD, anche se si tratta di cose che sarebbe auspicabile venissero fatte da qualsiasi governo, siano essi di destra di sinistra di sopra o di sotto. È che la coalizione-BS mi sembra sinceramente inguardabile, viste le troiate immonde che stanno pronunciando Berlusconi, Tremonti, e compagnia cantante.

1. Riduzione sostanziale delle tasse e della spesa pubblica. Tagliamo le spese improduttive, i sussidi al Mezzogiorno che alimentano solo la criminalità organizzata e le mille caste locali; vendiamo la Rai, Alitalia, ... Introduciamo la possibilità di licenziare i dipendenti pubblici e abbassiamo sensibilmente le aliquote dell'imposta sul reddito.

2. Riforma di università e pensioni. Questa l'ho copiata pari pari da un post di Michele del 2006. Aboliamo il valore legale del titolo di studio, trasformiamo le università in fondazioni autonome che possono assumere chi vogliono e dare i titoli di studi che vogliono. Introduciamo un sistema di "buoni del Tesoro per l'educazione" che servano anche a finanziare le pensioni. Già che ci siamo innalziamo anche l'età minima pensionistica mettendola in linea con il resto dell'Europa.

3. Riforma del mercato del lavoro. Introduciamo meccanismi concreti ed efficaci di licenziamento, eliminiamo i contratti nazionali e la concertazione sindacale, lasciamo che imprese e lavoratori si accordino liberamente su forme di rapporto di lavoro che non siano micro-regolate dal legislatore; adottiamo un sistema moderno di ammortizzatori sociali: sussidi di disoccupazione e Negative Income Tax.

4. Giustizia e Sicurezza. Poniamoci come obiettivo quello di portare l'Italia in linea con il resto dell'Europa, secondo criteri semplici e misurabili. Rendiamo certa la pena, diamo più risorse alle forze di polizia e giudiziarie per metterle in grado di rappresentare lo Stato sul territorio. Il "come" specifico lo lascio ad Alberto e Axel.

5. Questo lo lascio in bianco. Mettete voi la vostra riforma preferita: il federalismo fiscale, una legge seria per l'immigrazione, le liberalizzazioni, l'eliminazione di mille rendite di posizione (l'ordine dei giornalisti, quello dei notai, i tassisti, ...), la riforma della sanità, lo smaltimento della monnezza, eccetera.

Facciamo volare alta la fantasia, ma per l'amor del cielo parliamo di cose concrete e non di come rimescolare per l'ennesima volta il mazzo di carte del PD con gli stessi immutabili incrollabili nomi.

 

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Ci sono 46 commenti

 

2. Riforma di università e pensioni. Questa l'ho copiata pari pari da un post di Michele del 2006. Aboliamo il valore legale del titolo di studio, trasformiamo le università in fondazioni autonome che possono assumere chi vogliono e dare i titoli di studi che vogliono. Introduciamo un sistema di "buoni del Tesoro per l'educazione" che servano anche a finanziare le pensioni. Già che ci siamo innalziamo anche l'età minima pensionistica mettendola in linea con il resto dell'Europa.

 

Colgo l'occasione per una segnalazione e una domanda.

Poichè sono più che d'accordo sulla trasformazione delle Università in fondazioni, segnalo che il Portogallo ha recentemente adottato una legge organica sul regime giuridico delle istituzioni di istruzione superiore che prevede (Artt. 129-137) la possibilità di trasformare, a richiesta, le Università statali in fondazioni, proprio come aveva vagheggiato Nicola Rossi un paio di anni fa e come prevede(rebbe) il programma del PdL. Poichè si tratta di un Governo socialista, si potrebbe argomentare che a fortiori una simile idea può essere portata avanti dal PD. Naturalmente io vedrei meglio la trasformazione forzosa di tutte le Università, ma se questo non si può fare, allora mi sono convinto, anche avendo visionato la legge portoghese, che ha senso sostenere la proposta Rossi/PdL.

Sul c.d. "valore legale", ho già argomentato più volte che si tratta del sarchiapone del dibattito universitario italiano. Molti buttano dentro questa locuzione nei loro discorsi, ma non si capisce bene cosa intendano. Ho provato innumerevoli volte a fare azione pedagogica, e anche a chiedere una spiegazione "operativa", cioè che cosa bisognerebbe fare/modificare nella legislazione per attuare questa prescrizione. In questo modo sarei in grado di capire e attribuire la denominazione corretta, fra i concetti a disposizione, a tale operazione. Mai ho avuto risposta. Da questo punto di vista devo ora riproporre qui la domanda, perchè altrimenti non sono in grado di commentare e andare oltre.

Renzino l'Europeo

 

Ti rimando ad un vecchio articolo di Andrea su questo sito, con annessi commenti (fra i quali uno tuo, vedo!). Quel post contiene anche un link ad una definizione legale (quanto precisa non lo so) dello stesso. Sintetizzando quella discussione, mi pare che il valore legale del titolo di studio, cosi' com'e' definito oggi in Italia (cioe' con annessa certificazione centralizzata di un dato curriculum, e costituendo un requisito base per i concorsi pubblici) comporta diversi problemi:

- costituisce una forte barriera all'entrata per lavoratori in possesso di titoli diversi (vedi gli oneri aggiuntivi per far "riconoscere" un titolo di studio straniero)

- costituisce una forte barriera all'entrata di enti universitari privati, o comunque "diversi". Mi pare di capire, ad esempio, che oltre ad imporre vincoli rispetto ai curriculum, il requisito di certificazione da parte del ministero comporta che una data universita', anche privata, non possa assumere piu' di una certa percentuale irrisoria di professori usando contratti di diritto privato. La stragrande maggioranza dei professori dev'essere assunta tramite concorsi pubblici, con tutte le restrizioni annesse e connesse.

- distorce le assunzioni nella pubblica amministrazione. 

Non solo un legislatore, e quindi non ho idea di cosa si debba "fare/modificare nella legislazione per attuare questa prescrizione". Direi che togliere al ministero il potere di certificare in modo centralizzato il valore di un dato titolo di studio, e togliere il requisito di avere un titolo di studio "col timbro" per i concorsi pubblici siano due passi fondamentali per indurre una vera concorrenza fra enti universitari davvero autonomi. Quest'ultima (la concorrenza) e' la cosa davvero importante.

 

con le mie scuse a Mario Mattoli e a Alida Maria Laura Altenburger baronessa

von Marckenstein

und Frauenberg del Sacro Romano Impero Germanico (la protagonista).

Caro Giorgio, di una cosa ho (sempre più) seri dubbi. Qui non c'è nulla da sognare. Una modesta cartina al tornasole, se il Pd vuol esser credibile agli occhi miei, da fare subito, non come i tagli fiscali. Sostegno e richiamo del suo elettorato a firmare e votare per l'abolizione dell'ordine dei giornalisti.

Non serve a nulla, mostra indipendenza riguardo ad una mafietta modesta, che non ha armi, non ha taxi, non ha nessun fucile in Insubria. Il valore simbolico, ai miei occhi ad ogni modo, mi potrebbe persino indurre a votar per loro.

 

 

Tutte le cose di cui hai parlato meriterebbero centralità al prossimo ipotetico congresso straordinario. Io però insisterei sul punto I, che è stato messo in soffitta un po' da tutti ultimamente. Per me, quindi, il quinto punto potrebbe essere lo "smarcarsi" in modo netto ed inequivocabile da quanto detto e fatto fin'ora in materia di tasse: comunicare chiaramente che Visco_Stasi non ha capito niente e Padoa Schioppa_le_tasse_sono_bellissime anche meno. Una bella e martellante campagna in cui si ammette l'errore. E di seguito rilanciare soprattutto su un taglio deciso, "rivoluzionario", dell'imposta sul reddito delle PF e di impresa. Di conseguenza, per rientrare dal deficit, tagli i sussidi alle imprese (a proposito, secondo nFa è sensato eliminare gli incentivi per cambiare le automobili come credo?), blocchi il turnover in varie categorie di pubblico impiego, vendi quel che si può vendere (altra domanda a nFa: la quota pubblica nell'Eni va smobilizzata come credo?), ripristini lo "scalone"...

 

 

Filippo, ottima idea.

Per implementarla, e lo dico con tristezza non con ironia, forse dovresti cominciare a "cacciare" dal PD non tanto e non solo VV, TPS, Prodi e compagnia, ma quant'altri (e sembrano essere la stragande maggioranza del PD) hanno inneggiato a VV_Stasi in questi giorni ed alle sue tasse bellissime due anni fa. Good luck: fai prima a farti un partito tuo!

 

 

Senti Giorgio, una domanda da non economista.

Una cosami frulla in mente da un po'. variare come viene applicata la tassazione.

Parto dal presupposto che i soldi lasciati in azienda servano per essere investiti.

In questo caso è così stupida l'idea di portare le tasse sui redditi dell'azienda a un livello bassissimo (10%?) per pagare i servizi che l'azienda usa (strade, infrastrutture ecc)  e poi tassare invece in capo al percettore gli eventuali utili distribuiti?

In fondo in azienda di tasse ne paghiamo già una montagna, tra i mille rivoli tipo tassa rifiuti (e in azienda di rifiuti non ne fai, certo non in proporzione a quanto paghi) ICI, concessione governativa e CCIAA, bolli auto, tasse sui consumi energetici. Per poi arrivare al risultato, in tasse, del lavoro e degli investimenti dell'azienda attraverso i suoi occupati.

In pratica penso ad una estremizzazione della detassazione degli utili reinvestiti.

Una ipotesi shock come questa in un paese come l'Italia, fatta di tantissime piccolissime attività sottocapitalizzate avrebbe nel medio termine secondo me effetti benefici.

Ma io non sono un economista e non vedo magari le controindicazioni.

 

 

In questo caso è così stupida l'idea di portare le tasse sui redditi

dell'azienda a un livello bassissimo (10%?) per pagare i servizi che

l'azienda usa (strade, infrastrutture ecc) e poi tassare invece in

capo al percettore gli eventuali utili distribuiti?

 

In Irlanda le hanno appunto portate piu' o meno a questi valori (tra il 10 e il 12.5%), e da allora il paese e' diventato il piu' ricco dell'EU dopo il Lussemburgo in termini di PIL per persona ($43,600 nel 2006)... Ma vallo a spiegare ai nostri governanti.

 

 

 

In questo caso è così stupida l'idea di portare le tasse sui redditi

dell'azienda a un livello bassissimo (10%?) per pagare i servizi che

l'azienda usa (strade, infrastrutture ecc) e poi tassare invece in

capo al percettore gli eventuali utili distribuiti?

 

Non e' un'idea per niente stupida, come rileva Enzo portando l'esempio dell'Irlanda, e come avrai visto dal post parallelo di Michele con la sua proposta di riforma delle imposte (ma vedo che Michele ti ha gia' risposto li').

 

 

Ciao Giorgio,


penso che per il punto 1 tu l'abbia fatta un po' troppo facile.

Mentre per i punti seguenti effettivamente si potrebbe attuare tramite un pacchetto di leggi, per il punto una legge non basta.

Intanto, nessuno a parole e' contro "tagliare la spesa per abbassare le tasse". Anzi probabilmente BS sarebbe ben felice di abbassare le tasse: per lui piu' che per altri sarebbe la garanzia di rivincere le elezioni.

Eppure nessuno sa come tagliare la spesa pubblica.

La possiblita' di licenziare i dipendenti pubblici non e' sicuramente sufficiente. E probabilmente una legge che la permetta sarebbe disattesa nei fatti.

Anche in UK, dove hanno deciso di tagliare la spesa sanitaria, sono riusciti ad aumentarla e a diminuire la qualita' del servizio. Mi pare che per il punto 1 ci siano veramente pochi esempi da copiare.

Qui bisogna veramente scatenare la fantasia ...

Io penso che per interrompere il meccanismo della spesa pubblica sia prima necessaria una riforma istituzionale che sia ingrado di spezzare i meccanismi clientelari.

Faccio un esempio: se i forestali della regione Y se li pagano i Y-esi (o Y-ani) con le loro tasse. E se non hanno soldi per pagarli la regione Y viene commissariata e l'ICI viene mesa alle stelle e le tasse sulla benzina pure .... ci siamo intesi.

 

 

 

 

Eppure nessuno sa come tagliare la spesa pubblica.

 

E' un compito titanico ma mettendocisi d'impegno qualcosa si potrebbe ottenere.  Si potrebbe iniziare col blocco del turn-over e con una mobilita' vera degli statali (come c'e' in Germania) per coprire i settori scoperti col personale in esubero altrove: basta pensare ai 34 centralinisti assunti da Bassolino che ricevono 1 telefonata alla settimana, oppure ai 2-3000 spazzini sempre assunti da Bassolino che vengono pagati per non far nulla per mancanza di automezzi e/o di discariche. Si possono anche assegnare piu' risorse a scoprire i falsi invalidi, a bloccare le loro erogazioni e a recuperare le somme indebitamente percepite. Scoprire falsi ciechi che guidano e cosi' via e' facilissimo ma chissa' perche' li scoprono solo per caso. Ovviamente tutte queste misure sono impopolari presso gli interessati, ma non e' escluso che possano far guadagnare piu' voti di quanti ne sottraggano. Sicuramente non e' servito molto al PD e a  Bassolino fare queste assunzioni inutili e clientelari, non aumentare l'impegno contro i falsi invalidi, pagare i forestali calabresi, e cosi' via. Certo si tratta di misure che richiedono coraggio e anche intelligenza nell'applicazione pratica: sembra che queste qualita' non abbondino in entrambi gli schieramenti.

 

Bozo giustamente accenna al fatto che nel quadro istituzionale corrente, spesso non vi sono incentivi sufficienti a spingere i politici a tagliare la spesa pubblica. La mancanza di questi incentivi e' particolarmente evidente nel caso in cui il taglio di spesa implichi la mera rimozione di un trasferimento di denaro ad un certo numero di soggetti, per esempio le guardie forestali in Calabria. Un tale provvedimento danneggerebbe in maniera consistente poche migliaia di soggetti e beneficierebbe marginalmente 57 milioni di persone (il resto della popolazione). Questa differenza di intensita' fa si' che nel caso dei primi, il provvedimento costituirebbe un determinante fondamentale della scelta di voto, mentre non altrettanto succederebbe per i secondi. Quindi un politico che consideri il licenziamento delle guardie forestali, si trova a soppesare una perdita certa di poche migliaia di voti contro una probabilita' molto bassa di guadagnarne alcuno.

Il federalismo fiscale, cui accenna Bozo alla fine del suo intervento, aiuterebbe anche in questo senso, soprattutto in casi in cui (come quello delle Guardie Forestali), la spesa e' localizzata. Infatti il beneficio del provvedimento sarebbe diviso tra un numero ben inferiore di soggetti.

Vorrei anche evidenziare come in Italia vi sia un chiaro deficit cognitivo circa gli effetti avversi della tassazione, soprattutto per quanto concerne gli effetti di incentivo. Lo stesso si puo' dire degli effetti distorsivi della miriade di contributi elargiti dallo Stato. In questo senso, gli economisti potrebbero giocare un ruolo utile, dando un contributo educativo. Ricordo che molti anni fa, Romano Prodi venne chiamato ad una serie di lezioni di economia in televisione, che ebbero un buon successo. La cosa si potrebbe replicare, su scala maggiore, e con insegnanti piu' capaci (purtroppo il buon Romano ha dimostrato coi fatti si saperne poca, di economia).

 

Secondo me un "metodo" possibile per realizzare il punto I, già discusso su

questo sito, se non ricordo male caro ad Alberto Bisin e meno agli

altri redattori: starving the beast! (che, sempre secondo me, relazionato ai

vincoli di bilancio pubblico europei, potrebbe funzionare

bene...soprattutto per un paese come l'italia che è sempre a rischio

cartellino giallo e che senza il cartellino giallo si guarda bene dallo

stare attento). Ergo: crea emergenza. Cerca di diminuire "drammaticamente" il rapporto entrate/PIL, magari rimodellando quelle imposte che sono la fonte principale di entrate per l'erario tipo L'irpef. Francoforte e Maastricht insorgeranno e proporranno l'espulsione dell'Italia dalla UE: a quel punto, o tagli la spesa (e perdi il voto di quelli che penalizzi, ma comunque porti a casa il consenso per un piano fiscale "popolare") o rialzi le tasse e torni al punto di partenza (e certamente perdi le elezioni).

 

Bell'articolo, che fa capire ancora una volta che l'idea di "destra"

e "sinistra" è ormai utile solo ai burocrati parassiti per perpetuare

il loro regno.

Mi scopro sempre più seriamente a pensare di cercar fortuna all'estero.

 

Caro Giorgio,

potrebbe essere anche una lettera aperta al PdL, visto che tra l'altro hanno vinto le elezioni, o da loro proprio non ci speri? 

Punto 1 . Sulla riduzione delle tasse vorrei ricordare come, con l'ultima finanziaria di TPS e VV (competenza 1.1.2008),  l'IRES (ex IRPEG per chi manca da un pò dall'Italia) è stata ridotta dal 33% al 27,5% e l'IRAP (imposta che sostituiva il contributo al Servizio Sanitario Nazionale pari all'8,60% delle retribuzioni e l'ILOR, pari al 16,2% del reddito imponibile al netto dell'IRPEG) ridotta dal 4,25% al 3,90%.

La base imponibile dell'IRAP è costituita dal reddito imponibile ai fini IRES + (e per molti è un importo molto elevato) il costo del lavoro e gli oneri finanziari.  La sua introduzione doveva favorire (e le favorisce davvero) le società con intensità di lavoro (visto che aboliva appunto l'8,60% del contributo al SSN) e capitalizzate (tendenzialmente con meno oneri finanziari rispetto a quelle sottocapitalizzate). Un errore significativo è stato quello di collocarla, in bilancio, sulla riga delle imposte e non, come doveva a mio giudizio essere fatto, proporzionalmente tra la voce "costo del lavoro", la voce "oneri finanziari" e sul rigo delle imposte per la sola parte relativa all'utile lordo.  Tra l'altro distorce un parametro molto utilizzato dagli analisti per le valutazioni di azienda, ovvero l'EBITDA (margine lordo ante ammortamenti) tendendo a sovrastimarlo.

Ricordo ancora che non molti anni fa (diciamo 1996) l'aliquota IRPEG era il 36% e quella ILOR il 16,2%, con una incidenza netta del 46,36% che rischiava di aumentare ancor più per tutta una serie  di poste fiscalmente non deducibili - Iva auto, manutenzioni eccedenti il 5% dei cespiti, spese promozionali, ecc.). Sempre con l'ultima finanziaria i criteri civilistici per la redazione del bilancio (IAS) valgono anche come criteri fiscali e pertanto non vi saranno più "variazioni in aumento".

 Ancora sul Punto 1. Una delle voci più importanti della spesa pubblica (e che incide anche sul costo del lavoro) è l'onere pensionistico. Stabiliamo che la durata media delle pensioni sia di 2 anni (e non i 7 che abbiamo guadagnato come allungamento della vita media) rispetto a 25 anni fa. Licenziare i dipendenti publlici può andar bene, ma la vedo dura: mi basterebbe che venisse introdotta anche per il settore pubblico la cassa integrazione straordinaria e la mobilità.

 

 

 

Sempre con l'ultima finanziaria i criteri civilistici per la redazione

del bilancio (IAS) valgono anche come criteri fiscali e pertanto non vi

saranno più "variazioni in aumento".

 

 Allora devo cambiare fiscalista, io ho avuto 150.000 euro (in una piccola azienda) di oneri indeducibili, tra i costi telefonici ed internet deducibili all'80%, costi auto, spese di "rappresentanza" perché mi ostino ad offrire la cena se un cliente mi viene a trovare, e amenità simili qualche decina di migliaia di euro di tasse se ne va sempre. Variando il tax rate sull'utile netto che con l'effetto imponibile Irap vola spesso oltre il 50%.

 

Sulla riduzione delle tasse vorrei ricordare come, con l'ultima

finanziaria di TPS e VV (competenza 1.1.2008),  l'IRES (ex IRPEG per

chi manca da un pò dall'Italia) è stata ridotta dal 33% al 27,5% e

l'IRAP (imposta che sostituiva il contributo al Servizio Sanitario

Nazionale pari all'8,60% delle retribuzioni e l'ILOR, pari al 16,2% del

reddito imponibile al netto dell'IRPEG) ridotta dal 4,25% al 3,90%.

 

 Vero, ma non dimenticare che il tutto è stato fatto con la soliti tipica tecnica italiana del gettito invariato, praticamente abbasso le tasse ma le tasse che incasso sono le stesse.

Quindi allargando la base imponibile.

E al solito chi paga di più e chi meno?

Visto che uno dei principali differenziali è la deducibilità degli interessi parziale se superano una quota; guadagnano le grosse aziende che sono in grado di fare planning sull'indebitamento magari sfruttando holding e tesoreria globale e ci perdono i piccoli super indebitati.

Da un mio osservatorio personale su bilanci che vedo normalmente (molti) avevo visto un 30/40% di aziende che avrebbero avuto probabilmente un peggioramento del tax rate.

Senza contare le migliaia di aziende che a causa del meccanismo (e posizionamento nel bilancio come dicevi tu) IRAP hanno il bilancio in utile pre-tax e le tasse mangiano abbondantemente l'utile portandola in perdita.

Tax rate a quel punto oltre il 100% 

 

Caro Mario,

no, non ci spero molto nel Pdl. Credo che si faranno prendere da impulsi peronisti e faranno una gran confusione (hanno gia' cominciato con la storia di Alitalia, e mi aspetto disastri da Tremonti). Pero', sono sempre disponibile ad essere sorpreso in positivo. Se anche le facesse il Pdl, queste cose, a me andrebbe benissimo (Fra parentesi, devo dire che a giudicare dalle prime cose che ha detto Alemanno - a parte la storia della teca dell'Ara Pacis di cui non so nulla - l'uomo non mi sembra per niente male). 

 

non e' desolante. La mia tesi e' che la cultura che ha vinto e' una cultura democristiana. Al partito democratco che democratico ovviamente non e' (si veda la formazione della liste) e che partito e' meno ancora (essendo appunto formato da tronchi, tronconi, tronchetti etc. residuali dei vari partit della guerra fredda), potrebbe interessare di meno delle dotte idee degli economisti. Il loro interesse e' la loro sopravvivenza e la sopravvivenza delle varie Carloni, Serafini, etc. Qusta verra' presentata come scontro di correnti ed ha il compito centrale di mantenere intatta una struttura oligarchica che, naturalmene, finge di esser eletta da elezioni primarie.

 

Abolire le provincie, che a quanto pare sono quasi del tutto autoreferenziali;proibire agli enti locali di servirsi di società partecipate (in linea di pincipio non mi piace, ma visto il recente fiorire di municipalizzate...).

 

Forse potrebbe essere un corollario del punto 1.

 

Certo, oppure come parte di un pacchetto di riordino degli enti locali di stampo federalista.

 

Lasciando perdere il fenomeno bizzarro che in italiano politichese "autorefenziale" significa "inutile" (mentre ci sono una infinita classe di espressioni autoreferenziali che sono quasi indispensabili, si veda p.es H. Cappelen & E. Lepore, Language turned onto itself, Oxford 2007) l'idea e' politicamente  suicida. Esattamente perche', anche solo a far l'esempio di Roma, la provincia (Roma) e' in mano al Pd, e non proporra' mai di commettere seppuku prima di un congresso.

Suggerisco, modestamente, un po' di realismo.  

 

Vero, mi scuso. Accampo a parziali scuse stanchezza ed eccesso di sensibilità a come si usa il termine autoreferenziale (deformazione professionale.)

 

Sul realismo, c'è da discutere. Lo scandalo vivente della Rai con il presidente che esibisce il ventre a Capalbio (non sto scherzando) ha una qualche possibiltà di essere eliminato continuando ad insistere sull'egoismo della gente e convincendone sempre di più a non pagare il canone. Certo mancherà la punizione dei vari Petroni, Annunziata, Saccà etc.. Sono della stessa opinione adottata da Mdc con Zanu-Pf-Bob Mugabe, se se ne va, "siam perfino disposti a star zitti."

Vi e' un vantaggio tattico. Il senatore Rutelli, coniuge con conflitto di interessi (la moglie e' della Rai), e' in discesa, in seguito alla assai penosa esibizione nella capitale.

 

 

Di nulla, figurati.Anzi, mi scuso per la reazione stizzita.

Temo però tu sia troppo ottimista sulla RAI: anche se nessuno pagasse il canone la finanzierebbero con qualcos'altro, e la discesa di Rutelli al massimo ne influenzerà gli equilibri interni. Ovviamente spero di sbagliarmi.

P.S. grazie per la puntualizzazione su "autoreferenziale".

 

 

 

E' di oggi (sul corriere della sera e sull ISTAT) l'osservazione assai triste che, riassunta, indica come

meta' della popolazione italiana non raggiunge la licenza (delle medie "inferiori" dai 10 ai 13 anni.)

Qualcuno invece di sparare alla globalizzazione, alla mancanza dei dazi, e cosi' via, si potrebbe occupare della formazione del capitale umano italiano che va, per usare terminologia assai tecnica da economista come piace a Nfa, a remengo? 

 

la lettura dell'opuscolo ISTAT che Palma consiglia. Lo trovate qua.

I dati socio-economici sono, per la maggior parte, disaggregati regionalmente; questo permette, fra le molte altre cose, toccare con mano (ok, occhi) alcuni dei meccanismi attraverso cui l'apparato dello stato funziona come un'idrovora che succhia dal Nord al Sud, lasciando sostanziali "residui" dalle parti di Roma.