Markopolo
Considerazioni politiche sul teatro orientale, ed alcune idee su cosa si potrebbe fare secondo il sottoscritto.
Considerazioni politiche sul teatro orientale, ed alcune idee su cosa si potrebbe fare secondo il sottoscritto.
Delle elementari informazioni storiche su una regione, anticamente e modernamente, massacrata
Sherut haBitachon haKlali (Hebrew: שירות הביטחון הכללי, General Security Service), better known as Shabak(Hebrew: שב״כ, IPA: [ʃaˈbak] ( listen), Arabic: شاباك), in English as the Israel Security Agency (ISA) or the Shin Bet (a two-letter Hebrew abbreviation of the name). Per ragioni di età e di tempo vado sempre meno al cinema. Qui (qui= dove abito) invitato ad un festival del cinema, vedo The Gatekeepers.
Era nato come un commento al post precedente, poi si è allungato senza volerlo. Non raccomando la lettura ai debolucci di stomaco, e di logica.
1948.
Consiglio di lettura: Khirbet Khizeh di Y. Smilansky, a lungo parlamentare e accademico a Knesseth e a Hebrew University – Mount Scopus -, scrisse un libro in cui racconta, dal punto di vista dei militari impiegati nelle operazioni, che cosa furono le espulsioni che ebbero luogo durante la guerra di indipendenza in Palestina. Smilansky non uso' il suo nome da scrittore, ma lo pseudonimo S. Yizhar.
Per chi tra voi volesse sollevar il volto dal lavoro o dalla nausea sorgente dalle vicende italiane (ultima, segnalata da Brusco, la rinnovata perniciosita’ della sifilide fascista) consiglio assai di leggere:
Power, Faith, and Fantasy: America in the Middle East: 1776 to the Present, di M. Oren, un interessante studio sul rapporto tra gli Stati Uniti e il cosidetto o “medio” o “vicino” oriente
Anche i discendenti di grandi dinastie possono risultare utili. A volte, più dei genietti che manifestano a Vicenza o a Montecitorio.
Niente di originale, solo un servizio de “El Pais”, dalla Cisgiordania. Uno dei tanti possibili, da tanto.
Ho letto con enorme interesse (e, a giudicare dalla lunga lista di commenti, non sono il solo!) il pezzo di Michele su “Not in my name”, e il successivo dibattito con “Ispirati”. Mi trovo d’accordo con varie argomentazioni sia dell’uno che dell’altro (oddio, piu’ dell’uno che dell’altro), ma soprattutto mi sembra che al di la’ delle considerazioni etico-decenti, la politica attuale di Bush & Co. non stia portando da nessuna parte. Vorrei qui sollevare un aspetto che e’ stato toccato solo di sfuggita nel dibattito corrente: la comunicazione in senso lato.
A me sembra chiaro che la politica militare di Israele e’ un corollario di quella dell’amministrazione Bush (o viceversa). Per questo motivo essa e’ anche la “nostra” politica estera, in quanto cittadini del cosidetto “occidente cristiano-giudaico”.
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