In memoria di Lionel Wilfred McKenzie

/ Articolo / In memoria di Lionel Wilfred McKenzie
  • Condividi

È morto oggi, a Rochester, Lionel Wilfred McKenzie. Aveva compiuto 91 anni in gennaio.

Diciamo che ce lo si aspettava da tempo, vista l'età e il cuore che si andava lentamente indebolendo. Lui, lucido come sempre, razionale, attento e preciso lo sapeva e quasi lo controllava quotidianamente. L'ho visto per l'ultima volta a fine aprile del 2009 ed ebbe la tranquillità di descrivermi la situazione a cena. Son certo che la morte non l'ha preso in contropiede, era attesa.

Blanche, sua moglie, e ben due dei suo tre figli se n'erano andati negli anni passati. I figli tragicamente, Blanche (una donna stupenda ed una delle prime donne con un Master in Economics negli USA, come amava ricordare) pure per il cedimento del suo cuore, più di dieci anni fa.

Lionel era il mio advisor ed era, negli anni, diventato anche un vecchio amico per cui provavo grande affetto. La sua morte mi coglie nel momento peggiore per poter scrivere qui qualcosa di decente su di lui e, soprattutto, sulla sua produzione intellettuale. Sono in viaggio da 6 giorni, sono appena giunto all'hotel e sono anche molto stanco. Poche parole, dunque, con la promessa di completare questo obituario dopodomani, dato che domani ho la giornata presa da un seminario qui a Zurigo.

Lascio a margine i ricordi personali, che ora rischiano di commuovermi e di rendermi più melenso di quanto il vecchio avrebbe gradito, e m'attengo strettamente all'accademico, con qualche aneddoto.

 


 

Lionel era nato in Georgia, da famiglia del profondo Sud. Il nonno era un proprietario terriero che aveva "posseduto" degli schiavi, cosa di cui lui non andava particolarmente fiero ma che, con la sua usuale obiettività e per farti capire da dove gli veniva quello snobismo quasi anglo che lo caratterizzava, ti raccontava appena entravi in confidenza. Negli anni trenta era andato ad Oxford, intenzionato a fare il D.Phil con John Hicks. Quest'ultimo, altro tipo difficile e che accettava pochissimi studenti, si trovò a dover scegliere fra Lionel e Ian Little. Una scelta molto difficile per Hicks: vinse Ian Little. Lionel e Little rimasero amici tutta la vita, ma Lionel se ne tornò negli USA visto che, a suo parere, ad Oxford l'unico con cui valesse la pena studiare era Hicks.

Andò a Princeton, dove conobbe e venne influenzato in maniera permanente da John von Neumann e lavorò, soprattutto, con Frank Graham prima e Oskar Morgenstern poi. Quest'ultimo fu il suo advisor, anche se il PhD vero e proprio Lionel lo completò solo nel 1956, quando aveva già 37 anni, aveva pubblicato contributi fondamentali ed era da tempo professore. Nonostante la vicinanza a Morgenstern e von Neumann a Lionel la teoria dei giochi non appassionò mai. Il suo più grande limite intellettuale che, ammetto, ho ereditato come molti dei suoi studenti (Jose Scheinkman, Jerry Green, Kazuo Nishimura ...)

La carriera accademica di Lionel è sia interessante che piena di aneddoti, che il tempo mi impedisce ora di raccontare. Ha scritto molto, ma credo che almeno due contributi fondamentali vadano sottolineati.

Il primo riguarda il suo contributo alla teoria dell'equilibrio economico generale (EEG). Lionel fornì la miglior prova e il modello più coerente di equilibrio economico generale con produzione. La prima dimostrazione di esistenza dell'equilibrio, contemporanea a quella di Arrow e Debreu, è del 1954. La seconda, un autentico capolavoro di eleganza e semplicità oltre che di intuizione economica, è del 1959 ed è, a detta credo di tutti incluso Ken Arrow per quanto ne so, la prova definitiva. Anche solo per questo Lionel avrebbe meritato il premio con Debreu nel 1983, che invece non ricevette. Un errore grave, forse il più grave fra quelli di omissione compiuti dal comitato svedese, come tutti coloro che hanno fatto o fanno EEG riconoscono. Hanno avuto 27 anni di tempo, sino a ieri, per riparare e non l'hanno fatto. Transeat ...

La seconda area a cui ha contribuito enormemente è quella della teoria della crescita e dei modelli di accumulazione multisettoriale, in particolare alla "Turnpike Theory", nota in italiano come "Teorema dell'autostrada". Ha inoltre mostrato come i modelli di accumulazione ottimale fossero interpretabili come modelli di EEG dinamico con produzione e come le due teorie fossero perfettamente integrabili. Questo lavoro teorico, a cui Lionel aveva aperto la strada indicando come andava fatto, è stato poi completato e sistematizzato da Makoto Yano (che fu studente di Lionel e di Ronald Jones) e Truman Bewley all'inizio degli anni '80.

La moderna macroeconomia, nel senso più ampio, si fonda essenzialmente su questo apparato teorico. Per questo, negli ultimi anni, si era alimentata la speranza che a Lionel (ed altri, come David Cass, che abbiamo salutato due anni e qualcosa fa, e William Brock, che invece è sano ed attivo come un grillo) venisse riconosciuto almeno tale merito, ma non è arrivato. Transeat un'altra volta.

Visto che il tempo manca e le palpebre mi si chiudono, faccio cut and paste da un testo in inglese in cui cerco di sintetizzare la rilevanza del lavoro di McKenzie per quest'area dell'economia contemporanea.

 

During the last fifty years, the synthesis between the neoclassical model of economic growth, and the dynamic general equilibrium model of production and exchange, has created the work-horse for most research in the areas of macroeconomics, asset pricing, public finance, growth and development, with applications extending also to the fields of international trade, labor economics and industrial organization. No single analytical apparatus has turned out to be more useful, more widespread and more adaptable to applied and theoretical economic research than the “inter-temporal competitive equilibrium model”, as such synthesis is often labeled.

The two building blocks of the integrated model go back, respectively, to Leon Walras in the XIX century and to James Ramsey and John Von Neumann in the first half of the XX century. Nevertheless, it is not until the work of McKenzie on the existence of competitive equilibrium in a production economy with constant returns to scale (Econometrica, 1959) and his following work on the dynamic stability of growth models with constant returns (Econometrica 1963), that their inner structures were fully understood and their deep connections revealed. In neither instance McKenzie was the sole person behind either development; in the first, Nobel Laureates Kenneth Arrow and Gerard Debreu played an equally prominent role, as also Nobel Laureates Tjalling Koopmans, Paul Samuelson and Robert Solow played in the second. He nevertheless played a special and unique role in becoming, over the span of about 30 years, the intellectual bridge between these two areas of research and in pushing relentlessly for their unification.

The prominent role subsequently played by William Brock in pushing this line of investigation further forward and, more importantly, making it usable by applied economists, should also be stressed. David Cass, who passed away less than a year ago, would be the other name to mention in this context. In my opinion, the contributions of these authors were more relevant than those of all other authors working in these areas, and their lasting influence on subsequent research stands out in a unique way, at least in retrospect.

The fundamental proof of existence of equilibrium for competitive economies was provided, simultaneously and independently, by Kenneth Arrow and Gerard Debreu, and by Lionel McKenzie in two papers published in Econometrica in 1954. For these results, among other, both Arrow and Debreu have already been awarded, in different occasions, the Nobel Prize in economics. In those earlier results, and in that by Arrow and Debreu especially, the crucial role that constant return to scale technologies play in determining the equilibrium prices of competitive economies was only partially understood, if at all. This became clear only after McKenzie published his 1959 paper in Econometrica, where the role of that assumption was underlined and its logical implications drawn. In particular, it is with his two Econometrica papers (1959 and 1963) and with the 1968 paper in the Festschrifts for John Hicks, that the role played by constant returns to scale in holding together competitive equilibrium and optimal growth models, became completely clear. Truman Bewley “An integration of equilibrium theory and turnpike theory”, in Journal of Mathematical Economics 10 (1982), 233-267, contains a clear technical discussion of this fact and of the way in which the connection can be made operational via the second welfare theorem. The latter has now become the routine approach of applied economists using dynamic general equilibrium models for applied and policy research.

The theory of optimal growth or, as it is often known, “turnpike theory”, was developed mostly between the late 1950s and the early 1970s by many other people beside McKenzie, and Brock. Among them one should mention at least H. Uzawa, M. Morishima, R. Radner, David Gale, E. Malinvaud, K. Shell and J. Scheinkman. Nevertheless, I believe the contributions of Lionel McKenzie and William Brock (together with those of David Cass) were of particularly fundamental importance.

A long sequence of papers written during the first half of the 1960s by McKenzie, and other researchers, made substantial advances toward understanding the dynamic stability, or lack of it thereof, of neoclassical models of production and accumulation. In his 1965 paper, David Cass fully characterized how the aggregative model of optimal economic growth works in the presence of general preferences and general neoclassical technologies. A similar result was obtained, at roughly the same time, by T. Koopmans, but Cass provided a stronger result in a more general framework, which became the basic tool for most following aggregative analysis. The latter, in turn, would have not been possible if William Brock had not shown - starting with the 1972 paper written in cooperation with Leonard Mirman, and with a long sequences of other contributions in which the case of many sectors was solved– how the neoclassical model of production and growth functions in the presence of uncertainty. Brock’s handling of uncertainty has proved fundamental to make this model usable in applied work, where technological, demand and policy shocks are of tantamount importance. During the same period of time, McKenzie and his students extended the stability results of Cass to much more general cases, thereby bringing the research program to its theoretical completion. Bewley’s 1982 paper mentioned earlier and Makoto Yano’s “The turnpike of dynamic general equilibrium paths and its insensitivity to initial conditions”, Journal of Mathematical Economics 13 (1984),  235-254, summarize and systematize these results.

The 1975 paper by William Brock is also a particularly important step in the process of adoption of the intertemporal competitive equilibrium model, in the field of macro first and then in many other. Again, he builds on an earlier exercise by M. Sidrauski to produce a model of money in the utility function that can be used to discuss issues monetary theorists are interested in, such as the presence of inflationary equilibria, bubbles and the characterization of an intertemporal demand for real balances in a dynamic setting.

In this sense, while McKenzie was the most important player in the development of the general dynamic theory bridging general equilibrium and economic growth models, Brock (and Cass) created the applied tools and made them usable. It is not by chance that it is only in the late 1970s - after the work of these authors had completely clarified how the theory works with many sectors and goods, with and without uncertainty, with and without consumption-based utility, and so on - that the intertemporal competitive equilibrium model was adopted, in macroeconomics and asset pricing first, and in almost every applied field of economics subsequently. It should be stressed that many among  the economists who played an important role in bringing these tools to fruition in various areas of applied research (e.g. Robert Lucas, Edward Prescott, Finn Kydland and Edmund Phelps) have already been awarded the Economics Prize.

In summary, while other people have also contributed to the endeavor of making the intertemporal competitive equilibrium model the basic tool for applied economic analysis,  the original and fundamental contributions of Lionel McKenzie and the most original developments and applications of William Brock have played a special role, which stands out in the history of modern economic research and should be properly recognized by this Committee before, as in the case of David Cass, it is too late to do so.

Selected References

Brock, W.A and L.J. Mirman, “Optimal Economic Growth and Uncertainty: The Discounted Case”, Journal of Economic Theory, 4, 1972, 479-513.

Brock, W.A. “A Simple Perfect Foresight Monetary Model”, Journal of Monetary Economics, 1, 1975, 133-150.

Cass, D.Optimum Growth in an Aggregative Model of Capital Accumulation.Review of Economic Studies 37, 1965, 233-240.

Cass, D. “On Capital Overaccumulation in the Aggregative, Neoclassical Model of Economic Growth: a Complete Characterization”,Journal of Economic Theory, 4, 1972, 200-203.

McKenzie, L.W. “On the Existence of General Equilibrium for a Competitive Economy”, Econometrica, 27, 1959, 54-71.

McKenzie, L.W. “Turnpike Theorems for a Generalized Leontief Model”, Econometrica, 31, 1963, 165-180.

McKenzie, L.W. “Accumulation Programs of Maximum Utility and the von Neumann Facet”, in J.N. Wolfe, editor, Value, Capital and Growth, Edinburgh University Press, 1968,

McKenzie, L.W. “Turnpike Theory, Discounted Utility, and the von Neumann Facet”, Journal of Economic Theory, 30, 1983, 330-352.

 

Solo chi li conosceva bene lo sapeva, ma David Cass e Lionel McKenzie andavano molto d'accordo, si ammiravano reciprocamente ed avevano molte più cose in comune di quanto l'apparenza esterna ed i loro stili di vita suggerissero, molte più cose. Se da qualche parte dell'universo gli spiriti degli intellettuali morti s'incontrano, i due saranno a farsi compagnia, uno fumando e con in mano un bicchiere di vino, l'altro con una cupoftea.

Indietro

Commenti

Ci sono 38 commenti

Ho purtroppo avuto modo di parlare a McKenzie solo tre o quattro volte. La prima pero' mi e' sempre rimasta in mente. Lo incontrai a Yale una decina di anni fa. Io avevo appena dato un seminario e lui mi accompagno' a cena assieme altri. Mi chiese chi fosse il mio advisor e quando seppe che era Jose' Scheinkman (suo studente, come Michele a Rochester) mi disse: 

The students of my students are my grand-students.

Con grande dolcezza, timidezza, eleganza e, mi e' parso, anche con un po' di fierezza. 

Non ho mai dimenticato quel momento. Il rapporto tra un advisor e uno studente e' spesso fortissimo, tanto da passare attraverso generazioni. Immagino cosa possa provare Michele. 

Purtroppo non ebbi il piacere di sedere nella classe di McKenzie. L'ultimo anno in cui McKenzie insegno' la sua classe opzionale di Equilibrio Economico Generale coincise con il mio primo anno di dottorato a Rochester.

Il mio ricordo si limita all'immagine di un signore molto distinto e sorridente che veniva in dipartimento quasi ogni giorno, nonostante avesse passato i 75. Lo vedevamo spesso, perche' la porta del suo ufficio era di fronte a quella della stanza 208, dove adesso come allora si tengono tutte le classi e i seminari.

McKenzie aveva fondato il programma di dottorato nel 1957. Anni addietro, decise di destinare le sue ricchezze personali alla costituzione di borse di studio per gli studenti nel programma stesso.

Il teorema e' Arrow-Debreu-McKenzie, no?

I Nobel passano, i teoremi restano.

Che dire? Era un grande - uno degli ultimi veri giganti della sua generazione - e francamente, caro Michele, non riesco ad accettare il tuo "transeat". Il suo mancato premio è una di quelle vergogne (stile Cabibbo) che il Comitato Nobel si porterà appiccicata per sempre. E pensare che stavano per fare lo stesso scempio con Hurwicz!

Prendendo spunto da quanto scrive Aldo, sarebbe bello che la Turnpike Theory venisse da tutti chiamata McKenzie-Brock-Cass (MBC) Theory. Non sarebbe storiograficamente corretto al 100%? Io dico: chi se ne frega (anche perché il Nobel Committee di fedeltà storiografica ne ha dimostrata pochina, a cominciare proprio dal Nobel 1983).

Per me, matematico di formazione ormai immerso fino al collo nel mondo finanziario, leggere il libro di McKenzie su EEG e' stata un'illuminazione. Continuo a faticare con la profondita' dei concetti economici sottostanti, non lo nego, ma godo nel trovare un linguaggio che non e' banale aritmetica. McKenzie usa matematica vera, profonda, come fanno i fisici, per intenderci: ad ogni frase devo fermarmi a pensare, e la soddisfazione non e' poca. Mi viene da paragonarlo a Cesare Rubini, che come McKenzie ha saputo essere tra i migliori in piu' di un campo.

Io  non me ne intendo, ma il  combinato disposto (come dicono i legali) di

 

that the role played by constant returns to scale in holding together competitive equilibrium and optimal growth models, became completely clear.

 

e

 

The latter has now become the routine approach of applied economists using dynamic general equilibrium models for applied and policy research.

 

implica forse che i suggerimenti di policy si basano su una ipotesi, i rendimenti constanti di scala, diciamo (per essere gentili) da verificare?

NB non mi riferisco alla teoria pura - quella può avere tutte le semplificazioni che si vuole. Mi riferisco ai suggerimenti concreti dati ai decision-makers

 

C'e' un numero elevatissimo di papers che cercano di stimare i rendimenti di scala. I risultati dipendono, tra l'altro, dal livello di aggregazione (esempio: singola impresa, settore, intera economia). A livello dell'economia intera, che e' quello rilevante in questa discussione, l'ipotesi di rendimenti costanti non rigetta statisticamente.

Il p

Giovanni, permettimi.

La tua reazione è comune, ma è erronea.

I rendimenti costanti non sono un'ipotesi da verificare o una predizione da testare. Sono una tautologia definitoria.

Quando un'attività è definità appropriatamente, attraverso i vettori di inputs ed outputs completi, essa gode di rendimenti di scala costanti per definizione. Se i rendimenti sono, da un certo livello di utilizzo dell'attività in poi, decrescenti perché uno dei fattori è "finito", questo è un rilievo empirico importante ma che non cambia la natura della tecnologia. Anzi. I rendimenti decrescenti di scala sono quasi sempre, a tecnologia data, il frutto di qualche fattore scarso/limitato.

Il punto chiave è capire cosa sia una tecnologia. A causa di 90 anni di macroeconomia "postkeynesiana" nel senso stretto (include Prescott, per capirsi) la maggioranza si è scordata cosa sia una tecnologia. Basta dare un'occhiata alle Lecture Notes di Lionel (MIT Press) per ri-scoprirlo.

Grazie Michele,

questo è uno dei contributi sostanziali di McKenzie.

Incidentalmente, David (Cass) è sempre stato un sostenitore di McKenzie. Per quanto mi ricordo, amava riferrsi al modello AD come ADMC. E insegnava a lezione il contributo di MC (intendo non-decomposability e fino a metà annni '80).  Alas....

io ricordo Lucas invece che citava questo come un contributo fondamentale.  ricordo anche me stesso che dopo la classe dicevo a Danilo (Guaitoli) - non ho mica capito sta cosa dei rendimenti costanti se tutti fattori sono accounted for; mi pare una puttanata infinita... little that I knew. 

Due altre cose:

1. Ciao Tito!

2. La vogliamo piantare di andare dietro a Phileas e alle sue apodittiche - quelle si - puttanate?

 

 

Ho conosciuto Lionel quando sono arrivato a Rochester come Assistant Professor nel 2000. Come tutti noi che l'abbiamo conosciuto, sono rimasto fortemente colpito dal suo carisma, dalle sue capacita' scientifiche e dalle sue qualita' umane. E' stato davvero un gigante, e un esempio per noi tutti.

Oltre ai suoi meriti scientifici, ha di fatto costruito il Dipartimento di Economia di Rochester. Un dipartimento al quale sono molto legato, perche' devo la mia carriera professionale in larga parte alle collaborazioni e agli insegnamenti dei colleghi che ho conosciuto a Rochester. Per questo motivo, vorrei esprimere un ringraziamento molto personale all'opera di Lionel Wilfred McKenzie.

Ho capito questa cosa della tautologia definitoria (grazie mille Giulio per l'esempio), ma ho ancora qualche dubbio:

1) Vale anche per i rendimenti di scala crescenti? Ossia, se ci sono costi fissi, o sunk, o external economies of scale? Si puo' ancora riscrivere la funzione di produzione come se avesse rendimenti costanti?

2) In via del tutto ipotetica, supponiamo che uno dei fattori sia finito e che quello sia il caso "empirically relevant". Oppure, viceversa, supponiamo che ci siano costi fissi, o sunk, o external economies e che questo sia empirically relevant. In questi casi, il modello con rendimenti costanti non darebbe risultati "fuorvianti"? I miei dubbi nascono dal fatto che le implicazioni dei modelli con rendimenti, ad esempio, crescenti sono spesso molto diverse da quelle dei modelli con rendimenti costanti.

Per Giovanni: giusto per tranquillizzarti (forse) comunque la maggior parte dei modelli DSGE assume almeno monopolistic competition e, spesso, fixed costs.