Vigilanza alla BCE? No Grazie

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Aumentano le richieste su stampa e nel dibattito per consegnare la vigilanza nelle mani della Banca Centrale Europea (BCE). Qualche ragionamento di chi crede non sia una buona idea.

Il Premio Nobel Milton Friedman, recentemente scomparso, era contrario all’indipendenza delle banche centrali, perché avrebbero dato, così diceva, troppa enfasi e rilevanza all’opinione dei banchieri (Should there be an independent monetary authority?, in “In Search of a Monetary Constitution”, ed. by Leland B. Yeager, Harvard University Press, 219-243). Lo disse nel 1962, spaventato dalla concentrazione dei poteri in una simile istituzione e dal potenziale conflitto d’interessi che sarebbe potuto nascervi in seno, a favore dei membri della comunità finanziaria. E forse perché era uno dei pochi grandi economisti che sapeva intuire le forze in gioco nelle economie di mercato prima che queste si materializzassero, aveva già ben chiaro che i grandi interessi finanziari avrebbero ben presto messo in moto - in qualche parte del mondo - meccanismi per realizzare il suo personale incubo. Recita infatti il Trattato dell’Unione Europea riguardo al Board della Banca Centrale Europea (BCE): “Il presidente, il vicepresidente e gli altri membri del comitato esecutivo sono nominati, tra persone di riconosciuta levatura ed esperienza professionale nel settore monetario o bancario”.

Sarebbe in mano alla Banca Centrale Europea, istituzione indipendente, che - secondo alcune voci che circolano - andrebbe ora affidata non solo la politica monetaria ma addirittura anche la vigilanza sul sistema bancario europeo. In risposta a due parlamentari europei riguardo alle implicazioni della crisi sub-prime sulla supervisione dei mercati finanziari, il Governatore Trichet, in un’audizione di poche settimane fa presso il parlamento Europeo, ha sostenuto come fosse favorevole a sospingere le diverse autorità europee al massimo di stretta (intimate NdT)” cooperazione. E quando è stato stimolato su di un possibile maggiore ruolo per la BCE in tema di stabilità finanziaria, ha sostenuto che la BCE non aveva particolari opinioni al riguardo, facendo comunque notare che simili proposte stavano emergendo in “circoli accademici” e nel Parlamento (in quest’ordine?) e che il Governing Council della BCE li avrebbe studiati da vicino. In effetti recenti discussioni accademiche si sono addirittura spinte a suggerire che forse Presidenti delle Banche Centrali sarebbero in grado di scrivere regole migliori dei politici. Altri suggerimenti più pacati li hanno espressi Gros, Micossi e Spaventa. Cresce dunque la pressione nei media.

Tuttavia non credo esista un economista che non sia d’accordo sul fatto che siamo di fronte ad un fallimento più o meno completo non tanto del sistema di regole, seppure perfettibile, di cui si è dotato in questi anni il complesso dei paesi industrializzati, quanto del sistema di supervisione da parte delle istituzioni preposte al controllo del rispetto di tali regole. Controllori interni a banche commerciali e di affari, agenzie di rating, authorities, banche centrali hanno permesso che si giocasse con il risparmio di tantissime famiglie, mettendo a repentaglio il loro  tenore di vita. E noi italiani non sfuggiamo a tali critiche, anche se meno toccati di altri Paesi da questa crisi: basti pensare ai recenti scandali, dalla Parmalat, ai derivati degli enti locali, alle inchieste più recenti finite in Tribunale, per comprendere come non siamo certo una eccezione a questa disfunzionalità endemica della grande finanza mondiale.

Verrà il momento di affrontare a livello globale la complessa questione della vigilanza, di chi vigila il vigilante, di chi a tale funzione debba essere preposto, tenendo conto: del fallimento di chi all’interno e all’esterno delle banche doveva sorvegliare; della facilità con cui i politici possono essere stati anch’essi catturati dai grandi interessi finanziari; della totale mancanza di accountability di chi ha errato e infine dei conflitti di interesse di chi è transitato con facilità dall’industria dei sorveglianti a quella dei sorvegliati e viceversa.

Una soluzione tuttavia nel frattempo c’è, abbordabile da subito a livello nazionale e non è certo quella di affidare la vigilanza ad una autorità ancora più indipendente. Piuttosto, i politici democraticamente eletti si approprino con tutta la forza possibile dell’altro strumento di azione a loro disposizione: la trasparenza. La differenza rispetto alla vigilanza di questo strumento consiste nel fatto che con esso il Governo potrà ridurre il potere di influenza dei grandi intermediari finanziari, creando uno iato tra regolati e regole (assente nel caso la vigilanza venisse demandata alla BCE, per un semplice argomento di potenziale cattura come diceva Stigler in The Theory of Economic Regulation, Bell Journal of Economics nel 1971), che dia spazio di manovra ai politici grazie all’assistenza di una lobby numerosa ma di solito poco rappresentativa, quale quella dei risparmiatori, e all’analisi della stampa specializzata. Una via che assicura anche maggiore accountability di chi ha commesso errori, improprietà o reati.

La trasparenza è già nelle mani dei politici, solo che non la usano abbastanza (forse perché catturati anche loro?). Se solo si sbloccassero sulla trasparenza avremmo la (parziale?) soluzione perché ci sarebbe una nuova lobby a contrastare il potere delle banche. Passando per la vigilanza non si crea un'altra lobby e quindi con certezza non se ne esce. Cosa dovrebbe spingere i politici a creare più trasparenza? Non è facile dirlo.

Certo si possono fare esempi: si obblighino tutte le Amministrazioni Pubbliche a pubblicare in rete la loro esposizione in derivati, come da anni fa il Governo danese, vietando le operazioni esotiche complesse e difficilmente comprensibili per gli stessi amministratori. Si richieda l’obbligo di far transitare tutti gli scambi di obbligazioni per piccoli investitori su mercati regolamentati e non su mercati Over the Counter, dove è dimostrata la presenza di costi di transazione decisamente maggiori a causa del potere di mercato dei grandi intermediari finanziari (vedi il lavoro sul NYSE di Biais e Green). Alberto Bisin e Michele Boldrin sottolineano anch'essi l’importanza di “aprire i libri” delle banche. Michele tuttavia fa notare che: “solo che vi è una forte reticenza a rendere pubbliche tali informazioni e ad agire in base ad esse”. E si chiede il perché. La risposta se la da poche righe dopo: “le potenziali vittime non gradiscono, sperano di salvarsi ed il regolatore (parzialmente o totalmente catturato da un'industria che protegge se stessa) si adatta cercando di salvare tutte le banche” e ancora, A fronte di tali informazioni il pubblico potrebbe cominciare a chiedersi: fino ad ora, dov'eravate? Fino ad ora, queste informazioni dov'erano celate? Perché non vi è stato intervento un anno o due o tre fa? In che senso tutto questo non è anche (anche, sia chiaro, anche) frutto di seria e colpevole negligenza? Domande sgradevoli, meglio evitarle; specialmente in un periodo di crisi”.

Anche se la trasparenza è indubbiamente costosa per le imprese regolate, poco importa: l’occasione per mostrare un capacità di autoregolamentarsi l’hanno avuta, e non l’hanno sfruttata. Se poi le varie Authority che così miseramente hanno fallito protesteranno di essere aggirate, poco importa. Anche per loro è tempo di ricordarsi che il mandato ricevuto non è senza condizionalità.

 

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Commenti

Ci sono 31 commenti

 

Piuttosto, i politici democraticamente eletti si approprino con

tutta la forza possibile dell’altro strumento di azione a loro

disposizione: la trasparenza.

 

E quando mai e' successo? I politici sono maestri nell'arte dell'offuscare la realta' dei fatti e manipolare l'opinione pubblica a loro vantaggio. E i risultati del controllo politico sulla moneta non sono mai stati brillanti: in passato, meno indipendenti sono state le banche centrali e peggiore e' stata la stabilita' dei prezzi, che dovrebbe essere l'obiettivo prioritario di una banca centrale in situazioni di "fiat money". Io mi fido poco dei banchieri, ma molto di meno dei governi (democraticamente eletti o meno). Di banchieri controllati da politici, poi, non ne parliamo: basta l'esempio anche recente del Banco di Sicilia.

 

La trasparenza è già nelle mani dei politici, solo che non la usano abbastanza (forse perché catturati anche loro?).

 

Catturati? Diciamo predatori principali: questa e' la regola cardinale della politica nel mondo reale ("la fogna di Romolo, non la Repubblica di Platone", per dirla con Cicerone). Se le authorities sono distratte, non e' un caso: e' by design. Il pubblico potrebbe cominciare a porsi certe domande, ma non lo fa: e' troppo occupato a guardare Retequattro su frequenze illegalmente ottenute per via politica.

 

Ove esista competizione, devono esistere delle regole stringenti per tutti. Chi gioca con un vantaggio fuori dalle regole viene fermato dalle autorità preposte. Questo vale (o DOVREBBE valere) per il Monopoli, per il ciclismo, per le attività finanziarie ecc...

È stato detto a proposito delle attività “spregiudicate” della Lehman Brothers che in realtà facevano quello che facevano tutti, e che anche volendo non avrebbero potuto fare diversamente perché, nelle parole di una ex-dipendente, “Lehman did NOT do anything that every other wall street firm and for that matter banks around the country didn’t do. If Lehman didn’t increase their balance sheet over the years, we would have been bullied out of the market because as I already mentioned everyone else on the street was doing the same thing.”

Insomma, quando le regole non ci sono (o non vengono fatte rispettare) il mercato si adegua spontaneamente alla linea di minima resistenza, ossia quella che permette la massima competitività SUBITO, e poi… après moi, le déluge. Ma chi ha la forza politica, la capacità tecnica, la lungimiranza necessarie per imporre delle regole ai mercati, dato per scontato che questi si ribelleranno all’imposizione?

 

 

 

 

si obblighino tutte le Amministrazioni Pubbliche a pubblicare in

rete la loro esposizione in derivati, come da anni fa il Governo

danese, vietando le operazioni esotiche complesse e difficilmente

comprensibili per gli stessi amministratori.

 

Perché i politici dovrebbero obbligare i loro sottoposti locali a pubblicare la loro esposizione in derivati? Come dire: "fai vedere quanto hai investito bene in attivitá rischiose le risorse che ti sono state assegnate"!

Per quanto riguarda la BCE mi sembra che abbia dimostrato piú indipendenza della FED. L'obbiettivo della BCE é solo il controllo dei prezzi e non la crescita economica (ancora in molti sono convinti che abbassando i tassi si cresce, alzando i tassi si decresce). La BCE non ha abbassato il tasso di sconto fino ad avere tassi reali negativi (anche se sono stati vicini allo zero in alcuni periodi) per sostenere una crescita alta unita ad una bassa inflazione come ha fatto Greenspan. Il modello adottato da quest'ultimo infatti é stato: tassi bassi, alta infalzione nell'housing market ma bassa inflazione generalizzata (che risente poco dei movimenti di prezzo nell'housing) e crescita sostenuta. In questa idilliaca situazione ha dato le chiavi della baracca a Bernanke dicendogli: adesso divertiti un po' tu! 

 

Che dire... non tutti gli anni si può essere soddisfatti...

 

A me Krugman piace, e non è una novità. Quel che mi sorprende è che l'abbiano dato a lui da solo!

 

oddio, adesso tutti citeranno i suoi articoli sul NYtimes e diranno: parola di nobel.

Aiuto.

 

Non sono un economista, ho conosciuto Krugman tramite Nfa, potrei essere praticamente d'accordo con tutti sulle varie sfumature riguardo a questo nobel, ma penso che dovremmo semplicemente complimentarci, un Nobel è sicuramente un riconoscimento, soprattutto alla carriera,ma questo non significa che chi lo ha vinto sia meglio di altri, o da domani mattina abbia la sfera di cristallo, significa solo che la sua opera ha aiutato lo sviluppo dello studio della sua materia.

Complimenti a Krugman, speriamo che il prossimo tocchi a uno dei redattori di Nfa, sarà come averlo vinto anche noi che li seguiamo, e talvolta li sopportiamo -).

 

Ed io aggiungo le scuse a Gustavo Piga per avergli invaso (io per primo!) l'articolo con questi commenti che non c'azzeccano nulla.

(Però, insomma, su nfA potevate anche aggiungercelo un articoletto di due righe al solo scopo di consentire uno sfogo al tifo curvaiolo, sempre molto acceso quando si parla di Nobel... Do you remember last year, Michele?) 

 

Lo sostiene la signora Merkel

 

BN    9:06    *MERKEL SAYS ROLE OF IMF IN SUPERVISION OF BANKS NECESSARY

 

 

 

 

BN    9:06    *MERKEL SAYS ROLE OF IMF IN SUPERVISION OF BANKS NECESSARY

 

Ma l'han poi venduto qualche chilo d'oro per risolvere la loro personale crisi?  :-)

 

 

Tuttavia non credo esista un economista che non sia d’accordo sul

fatto che siamo di fronte ad un fallimento più o meno completo non

tanto del sistema di regole, seppure perfettibile, di cui si è dotato

in questi anni il complesso dei paesi industrializzati, quanto del

sistema di supervisione da parte delle istituzioni preposte al

controllo del rispetto di tali regole. 

 

 Puoi mica essere più esplicito? che so... fare qualche nome? :O altrimenti non si capisce che vuoi dire...

 

A quanto ho capito, i premi nobel vengono assegnati politicamente: o meglio, io so questo per la letteratura, dove ogni anno i nobel vengono assegnati a rotazione in base ad aree geografiche o nazioni. Poi non so se anche negli altri premi è così, ma guardando quanti scienziati giapponesi sono stati premiati quest'anno il dubbio mi viene naturale.

Poi voglio fare una domanda da apprendista economo all'autore dell'articolo:

 "vietando le operazioni esotiche complesse e difficilmente comprensibili per gli stessi amministratori".

Non rallenta il mercato questa scelta?