Siamo incazzati neri

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Sono stato irriverente e provocatorio, ma in fondo solo me stesso. Dal palco delle Assise Generali di Confindustria, a Bergamo, ho provato a scuotere quella platea di quasi seimila colleghi. Nella convinzione che la visione, il pragmatismo e l'orgoglio degli imprenditori - quotidianamente in competizione nei mercati - rappresenti una delle pochissime speranze rimaste a questo disgraziato Paese, e forse l'unica reale, di sottrarsi al declino verso il quale l'ha avviato una conduzione politica da molto tempo priva di qualità. Ma a due condizioni: l'assoluta fermezza e la coerenza dei comportamenti con le dichiarazioni.

Riporto qui il testo dell'intervento – denso, per i soli tre minuti concessi a ciascun oratore – al fine di sollecitare la discussione, anche in considerazione del fatto che i quotidiani hanno già pubblicato alcuni passi, in particolare le tre parole che più immediatamente volevano colpire sotto la cintura - quel “siamo incazzati neri” che richiama la pellicola di Sidney Lumet, Quinto Potere – e dunque è venuto meno il vincolo di riservatezza originariamente imposto dalle porte chiuse alla stampa per l'evento.

Buon pomeriggio.

Franco Bocchini, vice-presidente Piccola Industria del Veneto.

Da tante riunioni – territoriali, regionali, nazionali …. – sono sempre usciti i medesimi temi, e voglio ribadire qui la grande insoddisfazione che si respira, e che è persino palpabile e dolorosa. Lo potrei fare in modo politically correct, con un linguaggio contenuto pur se deciso. Ma siamo tra noi - non c'è la stampa - dunque credo che le finzioni non servano. Userò allora tre parole, tutt'altro che oxfordiane, che sono le più chiare ed efficaci: SIAMO INCAZZATI NERI.

È un sentimento diffuso, che riguarda l'evidente inadeguatezza del decisore politico – non importa se per incapacità, ignoranza, interesse – ad affrontare una lunga stagione difficile, che richiede scelte e decisioni. Non le vediamo, e percepiamo nettamente anche una sensazione di snervante impotenza: non ci riesce di dettare un'agenda che metta in primo piano le condizioni adatte a fare impresa, che promuova il mercato a scapito delle rendite protette, e la libertà di scelta nei confronti di costosi vincoli discrezionali. E la certezza del diritto, base irrinunciabile della stessa convivenza civile. Ma chi dovrebbe agire ciancia di “rivoluzione liberale” e di “frustata all'economia”, e attua provvedimenti esattamente di segno opposto.

Perciò, cara Presidente, quando porterai al decisore politico e all'opinione pubblica le proposte nate da questi tavoli, insistendo sulla drastica riduzione della presenza pubblica nell'economia, io credo che sarà necessaria la massima determinazione, per non dare l'impressione che sia possibile un cedimento il giorno successivo. Perché non bisogna mostrar debolezza, ed invece occorre spaventare coloro che “tengono famiglia” e temono solo di perdere una comoda poltrona. Io penso che si debba anche essere disposti a decidere azioni dirompenti, smettendola con le consuete, troppe prudenze. A puro titolo d'esempio, l'appoggio su vasta scala – anche fornendo supporto legale – alle imprese associate che rifiutassero di pagare quanto richiesto dall'erario sino a sentenza definitiva, perché il “solve et repete” è un gravissimo esempio di protervia ed inciviltà.

Sono necessarie, dicevo, decisione e credibilità. E qui s'innesta un secondo fondamentale tema, rivolto al nostro interno. Perché la credibilità è figlia della compattezza, della condivisione di obiettivi e di scale di valori. Fuori dai denti, ciò significa che dobbiamo decidere una volta per tutte chi vogliamo rappresentare: anche dopo aver verificato sempre, sul territorio, quanto il tema rappresenti un nervo scoperto, a me pare indispensabile tornare alla nostra identità, per evitare l'immobilismo derivante dai veti di chi costruisce i fatturati a prescindere dal mercato. Siamo “Confindustria” e non possiamo diventare un'amorfa, bloccata ed inutile “Confintutto”.

Grazie

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Commenti

Ci sono 174 commenti

Caro Franco

che vuoi commentare? Qui, credo, siamo tutti d'accordo con te.

Per chi poco conosce il mondo imprenditoriale (e Confindustriale in particolare) le parole più dirompenti non sono: SIAMO INCAZZATI NERI, Franco ha usato il suo stile per dire quello che pensano in tantissimi, ma la chiusura:

 

Fuori dai denti, ciò significa che dobbiamo decidere una volta per tutte chi vogliamo rappresentare: anche dopo aver verificato sempre, sul territorio, quanto il tema rappresenti un nervo scoperto, a me pare indispensabile tornare alla nostra identità, per evitare l'immobilismo derivante dai veti di chi costruisce i fatturati a prescindere dal mercato. Siamo “Confindustria” e non possiamo diventare un'amorfa, bloccata ed inutile “Confintutto”.

 

Quel "confintutto" è micidiale. E rappresenta la guerra che è in atto in Confindustria, soggetta a un tentativo di scalata ostile da parte di...

Complimenti per l'intervento.

Purtroppo la cautela di Confindustria ritengo sia ineliminabile in uno Stato come l'Italia.  Siete una piccola minoranza che ha contro 1) i politici del potere legislativo ed esecutivo, interessati primariamente a comperare compenso con la spesa pubblica alimentata dalle vostre tasse, 2) la burocrazia statale parassitaria, 3) la maggioranza della magistratura 4) i sindacati e perfino 5) i vostri stessi colleghi che sono assistiti dallo Stato e/o godono di rendite di monopolio in mercati protetti da legislazione statale.  Inoltre il resto della popolazione italiana potenzialmente neutrale tende ad essere statalista, antiliberale e contraria all'impresa privata, oltre che per diretti interessi personali (salario proprio o di affini e parenti) anche per un misto di limiti culturali e credenze religiose ed ideologiche.

Rimane solo da sperare che lo Stato italiano riesca magicamente a riformarsi nella direzione giusta in seguito ad un qualche choc economico grave, qualcosa come il crollo della lira nel 1993 ma piu' grave ancora, ma almeno prima di arrivare ad un fallimento economico generalizzato simile a quello che ha accompagnato il crollo dei regimi comunisti dell'Est Europa.

 

hmmm... Ma il grosso del gettito fiscale non era dovuto alla tassazione del lavoro dipendente? A leggere il punto uno pare che i maggiori contribuenti siano gli imprenditori, invece...

CYA

 

Purtroppo la cautela di Confindustria ritengo sia ineliminabile in uno Stato come l'Italia.  Siete una piccola minoranza che ha contro 1) i politici del potere legislativo ed esecutivo, interessati primariamente a comperare compenso con la spesa pubblica alimentata dalle vostre tasse, 2) la burocrazia statale parassitaria, 3) la maggioranza della magistratura 4) i sindacati e perfino 5) i vostri stessi colleghi che sono assistiti dallo Stato e/o godono di rendite di monopolio in mercati protetti da legislazione statale.

 

Scusa Alberto, non mi e' chiaro cosa c'entri la magistratura: a cosa ti riferisci, esattamente?

A me sembra che alla magistratura tocchi far rispettare le leggi. Certo che se queste leggi sono scritte coi piedi, pasticci e lungaggini sono quasi inevitabili.

 

Riguardo il tuo punto 5): ci sono almeno quattro sindacati, non potrebbero esserci almeno due confindustrie?

mi chiedo quanto di vero ci sia nella sua affermazione che gli imprenditori hanno contro "la maggioranza dei magistrati".

Lei non dice "della legge", per cui presumo che lei intenda dire che i magistrati interpretano la legge in modo fazioso, e, in particolare, in modo ostile agli imprenditori.

Faccio fatica a accettare questa sua ipotesi. Per origine sociale, immagino che i giudici appartengano alla classe media, media alta (non ho prove empiriche di ciò, ma mi pare probabile). A giudicare dai loro redditi, tutt'altro che modesti, immagino che vi appartengano anche per attuale posizione sociale.

Perchè mai dovrebbero diciamo, tradire, la loro origine sociale e la loro attuale posizione schierandosi contro gli imprenditori? Mi pare illogico.

scusa la franchezza, ma confindustria è parte del problema, certo non la soluzione.

non ci riesce di dettare un'agenda che metta in primo piano le condizioni adatte a fare impresa, che promuova il mercato a scapito delle rendite protette, e la libertà di scelta nei confronti di costosi vincoli discrezionali. E la certezza del diritto, base irrinunciabile della stessa convivenza civile. Ma chi dovrebbe agire ciancia di “rivoluzione liberale” e di “frustata all'economia”, e attua provvedimenti esattamente di segno opposto.

Parole sante, ma quando confindustria s'è battuta per questo? a mia memoria mai, anzi è sempre andata nel verso opposto.

La frase di Agnelli secondo cui confindustria è "filogovernativa per definizione" riassume un atteggiamento secolare.

La conclusione naturale del tuo apprezzabile intervento dovrebbe a mio parere essere una definitiva emancipazione delle forze economiche da questa classe politica.

 

copio da tuo link delle assise generali (niente di meno):

 

Al governo non si chiedono «sconti o aiuti», ma le riforme: quella del fisco, anche a parità di gettito se le finanze pubbliche non lo consentono, che riduca la pressione su imprese e lavoratori: «Da noi pesa il 20% in più che in Germania. Vogliamo dirlo che l'Irap deve sparire?»

 

c'è nulla di più ridicolo, di trito, di già detto nei secoli, tanto che un sacconi qualunque vi dirà che è già stato fatto? e voi, vi spellerete le mani dagli applausi. ma vaa' a dà via 'i ciapp, la rappresentanza unitaria e i convegni e le assise e gli organigrammi territoriali e settoriali e dimensionali e per età, le carriere e le scalate che neanche a bisanzio.

andate a votare, fate politica.

 

 

...Confindustria si stacchi dalla mammella dello stato, ricordo la battaglia di un altro piccolo imprenditore veneto Giorgio Fidenato contro il sostituto d'imposta e divieti OGM

 

attenzione a non mescolare le battaglie.

Battersi contro le gabelle va benissimo, a patto poi di pagare quello che si deve pagare, perchè un giorno bisogna ammettere che le casse dello stato non possono solo portare uscite. Devono pure fare entrare qualcosa.

Invece per quanto riguarda le OGM, non sarei cosi frettoloso di andare subito a liberalizzare quello che non si conosce... e che riguarda la salute degli altri.

 

Confindustria, per natura, non si deve staccare dallo stato. Non può contemplare questa possibilità. L'unica via percorribile per un nuovo orientamento delle imprese aderenti all'associazione di categoria è diventare, finalmente, interlocutore di riferimento per l'attuazione del programma governativo.

Certo che fin'adesso, non è che il processo di aggiornamento della struttura industriale italiana sia stato cosi chiaramente avviato.

Cosi, come sempre, alla fine prevalgono gli accordi ad personam a discapito della categoria nel suo insieme. Il paradosso sta tutto qui: cercare di mantenere un orientamento di massima per l'intero sistema Confindustria (e rispettivo indotto) concedendo a pochi intimi, che strano, vantaggi enormi.

L'Irap non è certo una novità: semplicemente è indicato dall'UE come contraria alla valorizzazione del capitale umano (da decenni si chiamano Risorse Umane). Invece, la logica dell'Irap è proprio di fare pesare sull'azienda la presenza di ogni dipendente.

 

Battersi contro le gabelle va benissimo, a patto poi di pagare quello che si deve pagare, perchè un giorno bisogna ammettere che le casse dello stato non possono solo portare uscite. Devono pure fare entrare qualcosa.

oltre a quello, la faccenda del sostituto d'imposta è ideologia pura. Pagare il dipendente al lordo e poi lasciare che ci pensi lui a tutti gli adempimenti? Già, "così vede quello che lo stato vampiro gli succhia", come se già adesso non si vedono i lordi e i netti. Per cui, o il gettito rimane uguale, ma i costi di riscossione sono a carico dei dipendenti, oppure si spera che i dipendenti evadano. 


Invece per quanto riguarda le OGM, non sarei cosi frettoloso di andare subito a liberalizzare quello che non si conosce... e che riguarda la salute degli altri.

stranamente, per uno che di solito non è pro-OGM come me, "frettoloso"? sono venticinque anni che testano il mais transgenico, e di sicuro quello non transgenico contiene più aflatossine, e comunque richiede più antiparassitari. Probabilmente ci sono casi in cui l'uso delle biotecnologie è futile o predatorio, ma su mais e soia dovremmo stre più o meno tranquilli.

 

 

 

 

Non ho dubbi che gli studi sono cominciati da un bel pò... 25 anni in confronto alla storia dell'umanità è un soffio. Il fatto di averci imbottiti di schiffezze per decenni pur di aumentare le rese, limitando i rischi legati ai parassiti, non giustifica per nulla di passare all'eccesso opposto.

Che l'intervento umano sia da fuori o da dentro la pianta, comunque è una cosa da monitorare tassativamente senza lasciare gli imbroglioni di turno dichiarare risultati incerti.

Il fatto di consumare il prodotto non è sufficiente come certificazione di qualità. Io conosco tipi che si cibano di mozzarelle di buffala i cui pascoli sono pieni di rifiuti e le cui falde sono altamente inquinate dal percolato. Non mi sembrano molto informati sui rischi eppure lo fanno con disinvoltura...

 

Non penso proprio che i dipendenti si preoccupino di leggere la busta paga rispetto a controlla l'accredito sul conto corrente. Sai quanta gente dice che la sanità pubblica è gratis?

In ogni caso i contributi sociali pesano per un altro 40% sul costo del lavoro: sarbbe bene accreditare ai dipendenti anche quelli

Da un punto di vista prettamente "meccanico", concentrare la gestione dei versamenti è molto più efficiente dell'approccio "ognuno pensi alla parte che gli spetta".

Specie con un trattamento informatico (magari con dei sw rilasciati direttamente dalla PA, per non dover correre dietto a tutte le formulette e le percentuali del caso), il costo del trattamento centralizzato dovrebbe essere irrisorio.

Se ogni impiegato dovesse arrangiarsi, si avrebbe un moltiplicarsi dei costi, anche in termini di errori e iterazioni.

Si potrebbe obiettare che i dipendenti, per non incorrere in sanzioni, finirebbero per rivolgersi a delle figure professionali (un pò come nel caso della dichiarazione dei redditi e i CAF), generando nuovi posti di lavoro.

Comunque, mediamente vedo un impoverimento generale. A meno che non mi sfugga qualcosa...

CYA

Il siamo incazzati neri viene appunto da un bel film, Quinto potere, dove ad un certo punto si dice che lo Stato non esiste più (anni '70), esiste il Dollaro. Esiste solo il denaro.

La sentenza torinese non mi pare sia stata ancora pubblicata; l'ipotesi accusatoria era, com'è evidente, che i responsabili di Thyssen avessere previsto il rischio dell'incendio e, ciò nondimeno, avessero omesso di adottare le cautele opportune, accettando che esso si verificasse. Mi sembra improbabile che, in un processo così esposto all'attenzione dell'opinione pubblica, il collegio giudicante abbia accolto tale ipotesi senza solide prove. Se questa valutazione dovesse essere confermata, non si potrebbe parlare d'incertezza del diritto, perché la nozione di dolo eventuale è da sempre accolta da dottrina e giurisprudenza.

Ciò detto, non si può affatto escludere qualche fondamento all'impressione esposta dal dott. Franz, che buona parte delle decisioni delle corti, soprattutto in materia di lavoro, siano orientate a sfavore delle imprese. Ma potremmo dire che anche buona parte delle sentenze, pronunciate in cause tra banche e loro clienti, sono sfavorevoli alle prime; che buona parte delle sentenze, pronunciate in cause tra imprese commerciali e consumatori, sono sfavorevoli alle prime. Questo è possibile perché la legislazione non solo si propone di riequilibrare i rapporti tra le parti - secondo un'impostazione che alcuni definirebbero paternalistica, mentre altri diranno in vista di una maggiore efficienza dei mercati - ma anche perché le corti hanno imparato ad avvalersi di norme dal contenuto generico ed indefinito, come quelle che richiedono che le parti di un rapporto contrattuale si comportino secondo buona fede, correttezza, ragionevolezza, e così via.

I giudici non vivono in una torre d'avorio, la loro cultura risente dell'ambiente circostante, sono propensi a perseguire ideali astratti di Giustizia, nella loro maggioranza non possiedono gli strumenti concettuali per valutare l'efficienza dei comportamenti delle imprese e le esigenze di gestione dei rischi e dei costi che stanno alla base di contratti cosiddetti vessatori. Questa tendenza è destinata ad aggravarsi, se i progetti di armonizzazione del diritto privato perseguiti dalla Commissione dell'UE  saranno portati a termine: il progetto di un Quadro Comune di Riferimento, pubblicato nel 2008/2009, che dovrebbe servire come base per un atto europeo in materia contrattuale, contiene una pletora di norme generiche ed indefinite.

Mi piacerebbe sapere se Confindustria si sia mai preoccupata di questa prospettiva. Non ho il tempo per una ricerca approfondita, ma mi sembra significativo quello che sto per riferire: la Commissione dell'UE, in data 1 luglio 2010, pubblicava un Libro Verde sulle opzioni possibili in vista di un diritto europeo dei contratti per i consumatori e le imprese, promuovendo una consultazione pubblica da concludersi il 31 gennaio 2011.   Sul sito ec.europa.eu/justice/news/consulting_public/news_consulting_0052_en.htm  sono pubblicate le risposte dei c.d. stakeholders:studiosi, professionisti, ministeri di diversi stati membri, singole imprese, molte associazioni professionali di dimensione nazionale o internazionale, comprese l'ISDA (Iternational Swaps and Derivatives Association) e l'American Chamber of Commerce in Europe: non Confindustria.

 

 

La sentenza torinese non mi pare sia stata ancora pubblicata; l'ipotesi accusatoria era, com'è evidente, che i responsabili di Thyssen avessere previsto il rischio dell'incendio e, ciò nondimeno, avessero omesso di adottare le cautele opportune, accettando che esso si verificasse. Mi sembra improbabile che, in un processo così esposto all'attenzione dell'opinione pubblica, il collegio giudicante abbia accolto tale ipotesi senza solide prove. Se questa valutazione dovesse essere confermata, non si potrebbe parlare d'incertezza del diritto, perché la nozione di dolo eventuale è da sempre accolta da dottrina e giurisprudenza.

 

la ringrazio per la chiara e pacata precisazione, ci stavo provando anch'io... la nozione di dolo eventuale non è affatto esotica o estemporanea, oppure, come è pure capitato di leggere, un sofisma giuridico: basta chiedere ad un assicuratore di provincia.

se non è mai stato contestato prima, la logica ci impone di pensare che non ve ne fossero mai stati i motivi, che devono essere eccezionalmente gravi. ogni altra illazione è da provare sennò è paranoia, specialmente senza la lettura delle motivazioni.

rispettare le sentenze, o almeno attendere con pazienza il giudizio definitivo, non appare certo un costume italiano. ma chi si propone con orgoglio come la parte sana e produttiva della nazione, non può rinunciare a mantenere freddezza e senso di responsabilità in un caso ad alto impatto emotivo. le strumentalizzazioni vanno lasciate senza rimpianti ai tanti demagoghi in circolazione.

 

 

Franco, Howard Beale, quello che pronuncia nel film la famosa frase che tu riporti,

 

I'm mad as hell and I'm not going to take this any more!

 

lo ricorderai, fa poi una brutta fine. Ed è una donna, Diana, che lavora con lui, ad organizzare il piano per farlo fuori....

Eccolo qua il discorso, per chi vuole riassaporarlo.

Marco Esposito è del mestiere. Non a caso ha colto l'essenza: quelle tre parole servivano solo ad attirare l'attenzione, e tutto l'intervento – la cui stringatezza mi ha costretto ad un certosino lavoro di “pesatura” delle singole parole, per riuscire ad inserire alcuni concetti indispensabili - era costruito logicamente per arrivare al finale che m'interessava. Sono certo che l'abbiano compreso anche - più o meno - tutti i presenti in platea. Sebbene sia ovvio che ai bersagli dello strale poco o nulla importi di questo singolo sasso lanciato nello stagno, gli obiettivi rimangono la comunicazione che i sentimenti espressi sono diffusi – pur se troppi colleghi non si espongono – e naturalmente il coinvolgimento di altri che possano ritenere possibile un cambiamento. Del resto, io non faccio attività associativa per scaldare una eventuale poltrona, ma cerco di utilizzare i ruoli che ottengo per fini (che a me paiono) positivi.

Un passo indietro, ora. Abbiamo un po' discusso la pubblicazione nel blog di questa cosa, nel senso che un'opzione era spiegare - parola per parola – significati e motivazioni, ma tutto sommato si è deciso di vedere le interpretazioni e lasciare che la discussione prendesse spunto da ciò che ciascuno ritiene rilevante. Accettando, come sempre, anche le inevitabili rancorosità di default che non possono mancare e che solitamente impediscono di andare un po' al di là dei propri preconcetti per discutere la sostanza.

Immaginavo anche che ci sarebbe stato chi avrebbe sollevato la questione Thyssen, sulla quale dirò solo due parole perché è certamente questione rilevante ma completamente off-topic. Lo sfruttamento a fini “politici” (in senso lato) dell'applauso di cui molti si dichiarano scandalizzati probabilmente era inevitabile, in un Paese come questo. La realtà è, semplicemente, che ogni morte sul lavoro è una tragedia – anche per le imprese – che bisogna assolutamente cercar di evitare, ma non mi risulta che vi siano altri luoghi in cui si condanni il vertice aziendale per omicidio volontario: al di là dei sofismi giuridici, il concetto stesso è abominevole ed indubbiamente una simile possibilità contribuisce – insieme a molti altri fattori, certamente - a rendere lo Stivale un territorio poco attrattivo per gli investimenti industriali, in particolare provenienti dall'estero. Si potrebbe definire un sintomo dell'ostilità che la cultura qui dominante raramente manca di mostrare per l'attività d'impresa, e che negli ultimi anni sembra aver avuto una recrudescenza, in parallelo anche agli approcci anti-scientifici ben rappresentati dalle incredibili affermazioni di De Mattei, ma pure – a puro titolo d'esempio - dai timori irrazionali nei confronti degli ogm. Senza polemiche, Olivier, che non mi interessano e toccherebbero comunque un tema estraneo a questa discussione.

Qui, la questione è quale ruolo possiamo immaginare per la principale organizzazione degli imprenditori, in un ipotetico processo di modernizzazione e riorganizzazione del Paese, e quali cambiamenti interni servono per renderla protagonista credibile – sottolineo il termine, che è fondamentale – oltre che ed in grado di spendere il suo peso nella società. A me ed a molti altri – che, forse presuntuosamente, ci riteniamo sostanzialmente quella “parte sana” del Paese che non solo lo tiene in piedi, ma pure possiede la cassetta degli attrezzi per indicare il da farsi - la strada sembra obbligata: l'abitudine della grandissima parte degli associati al confronto sui mercati confligge con quella frazione – piccola numericamente, ma molto “pesante” – che vive di privilegi e concessioni. Questo dualismo deve – deve – essere risolto.

Ah, ne'elam ….... conto di non fare una brutta fine ma, in fondo, non ce n'è motivo. E poi devo bere il fantastico limoncello di Marco, a Siena …...

credo che in italia in una parte della popolazione sia radicata l'idea del "padrone cattivo" che si disinteressa dei lavoratori per il suo bieco profitto. e credo anche che sia probabile che la magistratura del lavoro sia in media "biased" contro gli imprenditori.

però l'esempio della thyssen mi sembra il peggiore che si possa scegliere per "sostenere le ragioni degli imprenditori".

da quello ho capito ci sono state delle negligenze davvero gravi e "consapevoli", provate da mail e comunicazioni interne. cito questa intervista a pietro ichino che mi sembra una persona in media equilibrata:

www.pietroichino.it

credo che la gran parte della legislazione italiana sul lavoro non sia davvero efficace ad accrescere la sicuerezza, e non credo servano norme "più severe". però i dirigenti della thyssen hanno scelto consapevolmente di prendere un rischio. in caso di incidente, questo sarebbe stato più grave e sarebbero venute fuori le violazioni, in cambio di minori costi per un impianto in chiusura. l'incendente c'è stato, le conseguenze sono state gravissime, le violazioni sono venute fuori. io non sono un giurista, però mi sembra chiaro che l'omicidio colposo, con colpa grave, fosse proprio il minimo e l'omicidio volontario con dolo eventuale non mi sembra un'enorimità, proprio perchè ci sono le prove che l'ad della thyssen era consapevole che stava prendendo un rischio che avrebbe potuto tradursi in un incidente mortale. infatti, da quello che ho capito l'accusa si fonda su questi due punti:

1. l’AD della Thyssen avrebbe spostato gli investimenti per il miglioramento dei sistemi antincendio della sede di Torino dal 2006-2007 al 2007-2008 pur sapendo che quella lo stabilimento di torino sarebbe stato chiuso nel 2007.

2. nonostante le indicazione di tecnici dell'azienda e di una compagnia di assicurazione, l'ad avrebbe deciso di non installare dei sistemi di rilevazione e spegnimento automatico degli incendi.

poi ci sono gli altri episodi di negligenza (che per quello che capisco non giusitificherebbero l'omicidio volontario) degli estintori vuoti e la cosa molto italiana dei controlli di sicurezza di cui la thyssen veniva avvisata in anticipo.

proprio per dimostrare che gli imprenditori italiani hanno a cuore la sicurezza sul lavoro, mi sarei aspettato una presa di posizione chiara contro l'operato dei dirigenti della thyssen, che hanno commesso dei reati gravi. ripeto, possiamo discutere il fatto che l'omicidio volontario con dolo eventuale sia eccessivo, però confindustria sarebbe più credibile se dicesse che il comportamento dei dirigenti della thyssen è stato molto grave e danneggia la reputazione della maggioranza degli imprenditori italiani che invece rispettano le norme sulla sicurezza.

 

Qui, la questione è quale ruolo possiamo immaginare per la principale organizzazione degli imprenditori..............................

Mi sembra che diversi commentatori non abbiano colto che Confindustria oltre alle funzioni importanti che svolge per gli associati rappresenta una lobby di grande peso che, secondo la mia opinione in questo preciso momento della vita italiana potrebbe avere un ruolo cruciale nell'esercitare na fortissima pressione verso i decisori politici in direzione delle riforme che servono a tutto il paese, non certo solo alle imprese. Sarebbe importante che chi non ha sinora ritenuto di esporsi, si attivi in questa direzione che è certamente politica  ma di politica 'alta' credo per il semplice motivo che corrisponde agli interessi del paese intero.. Non so come si sia svolto il dibattito all'interno, ma spero fortemente che la decisione di attivarsi con fermezza e determinazione permanga e non venga affievolita da qelli che con felice espressione hai definito 'confintutto'.

Dott. Bocchini,

parlare di "sofismi giuridici" o qualificare "abominevole" l'ipotesi che si condanni il vertice di un'impresa per omicidio volontario non risolve il problema, che non è quello dell'accettazione dell'iniziativa economica privata da parte di una pretesa cultura dominante, ma quello della capacità delle imprese - e soprattutto di chi le rappresenta - di giocare un ruolo adeguato a diffondere la cultura dell'impresa.

Quando si risponde ad una sentenza, che sarà certamente discutibile come tutte le cose umane, non per quello che afferma ma per immaginati effetti dissuasivi dell'investimento estero in Italia si propone un trade off tra il bisogno primario del rispetto del diritto ed esigenze della produzione, quasi suggerendo che queste debbano prevalere sul primo: mi domando con quale coerenza con la rivendicazione della certezza del diritto, pure da Lei avanzata. Personalmente, sono molto sensibile alle esigenze delle imprese, non solo di quelle industriali, ma non credo che si possano tutelare in questo modo che, anzi, mi sembra controproducente.

Confindustria si impegni per una riforma della legislazione, che riduca i margini di incertezza nell'applicazione del diritto soprattutto attraverso una maggiore precisione delle norme di legge, tale da prevenire - per quanto possibile - le fughe in avanti dei giudici. Finché non lo farà, è inutile paventare effetti perversi delle loro sentenze: in uno stato di diritto, non tocca a loro compiere valutazioni di politica economica, ma decidere specifiche controversie.    

  

Ma uscire da confidustria? (e magari creare un qualcosa di nuovo)

NB: Domanda ingenua nata dalla mia situazione, nel mio piccolo dove senza sindacati tra mille difficoltà tiro pur avanti con il mio misero stipendio.

 

Ciao Franco,

Una precisazione desidero farla circa l'opportunità o meno di discutere in relazione al tuo post degli OGM. Invece c'entra, molti più di quanto te lo puoi immaginare.

E ovvio, è molto forte la tentazione di valutare qualsiasi opportunità in situazione di crisi e di perdita della capacità di produzione industriale come la stiamo registrando (cioè dal massimo al minimo, una differenza di 30 punti, cioè un enormità. da 108 dei primi mesi del 2008 a 88 a fine del 2009, dopo, la ripresa si vede ma non stiamo a riscalare la pendenza alla stessa velocità del calo) come LEGITTIMA e assolutamente necessaria se non completamete innocua, pur di portarsi la pagnotta a casa.

 E esattamente quello che emerge dalla facenda THYSSEN. Per puro calcolo gestionale, si era deciso di sparagnare sulle striminzite spese di sicurezza incendio nonostante i richiami interni ed esterni. Allora il Vajont non ha insegnato proprio niente....

Non esiste in nessun paese del G7 (l'8° sarebbe il ns) tanta disinvoltura in sede di sicurezza sul lavoro. Un conto è non essere informati dei potenziali rischi. Un conto è averli completamente ignorati.

Cosa diremmo ad una squadra di vigili del fuoco che arriva su un incendio col camion della scala, senza carico di acqua? senza bocchetoni per l'allacciamento?  Sarebbe un disastro.

Ragazzi, nel nome dell'attrattività industriale, il paese non si può regalare ai disinvolti: essere A.D di un azienda industriale contempla tutte le attività, e ci aspettiamo che quelle legate alla sicurezza non siano "taroccate". Se no diventa roulette russa andare a lavorare.

Per gli OGM è esattamente lo stesso ragionamento che vale. La crisi non può giustificare di lasciare libero spazio a tale attività. A parte dirmi che non è la sede per parlarne, che non è pericoloso ecc... non mi dite niente di nuovo, e la cosa sta a conferma dei miei dubbi.

Comunque, va detto che il fatto di incacchiarsi da parte degli imprenditori è un buon inizio: essere consapevoli degli mancati interventi necessari per uscire dalla crisi è un passo importante.

Certo, non è una novità. Però, vedete, io che mi sento solo un commentatore qui, senza particolare obiettivo senon di poterVi sentire ragionare su problematiche concrete, fino a quando sarà l'editoriale di  Crozza la prte più interessante di Ballarò, c'è poca speranza che si possa arrivare ad approfondimenti realmente interessanti.

La retorica dovrebbe essere abolita per un anno. Chi non ha niente di nuovo da aggiungere stia in silenzio. Altrro che par condicio della conduzione televisiva!

È un sentimento diffuso, che riguarda l'evidente inadeguatezza del decisore politiconon importa se per incapacità, ignoranza, interesse – ad affrontare una lunga stagione difficile, che richiede scelte e decisioni.

allora:

chi è il "decisore politico"? Berlusconi in persona? Il governo? Alcuni ministri? Il governo e la sua maggioranza?

"non importa"... invece importa. Incapacità ed ignoranza possono essere in qualche modo ovviati: si cambiano ministri, si rimuovono burocrati, si forniscono informazioni.

L'interesse no. Se il "decisore politico" persegue politiche dannose per fare il proprio interesse, va cambiato. Siamo in democrazie ed è possibile. Brutalmente, o comunque Bersani è ordini di grandezza peggiore e allora teniamoci questo decisore oppure cambiatelo, ma esplicitamente. 

A proposito di mentalità anti-imprenditoriale... ricordiamoci che i puù grandi elogi ai capitalisti li ha fatti Marx.

Il problema è che in Italia dagli anni '80 in poi gli "imprenditori" hanno acquistato visibilità  nell'immaginario collettivo non per il contributo appunto imprenditoriale (innovazione, occupazione, ecc. Pensiamo alla visibilità degli Agnelli quando poi la Fiat produceva la Duna) ma per la ricchezza ostentata, il vebleniano conspicuous consumption e il gossip con le modelle  trophy wives...

Un pò come l'aristocrazia d'Ancien Régime, o il mondo dello spettacolo: visibili non per il contributo all'economia reale ma in quanto ricchi e privilegiati. Non è colpa vostra, dipende piuttosto dal sistema dei media,  la realtà sono i piccoli imprenditori che si ammazzano perché non possono pagare i dipendenti. 

 

 

per evitare l'immobilismo derivante dai veti di chi costruisce i fatturati a prescindere dal mercato.

cioè? da ignorante direi che per fatturare bisogna essere nel mercato. Significa che in Confindustria ci sono veti (direi sistematici e non superabili) da parte di operatori economici che godono di un assoluto potere di monopolio, diretto o ottenuto tramite rendite di posizione garantite da agganci col potere politico? O che addirittura operano in modo illegale?


Meomartini, presidente di Assolombarda, è uomo Eni.

Si parla di fare entrare Poste Italiane in Confindustria: fra qualche anno diverrà Confservizi

Ma si sa, il fascino discreto di ricche quote associative alla fine pare irresistibile.  

Sapevo che prima o poi alcuni nodi sarebbero venuti al pettine, anche in uno scambio di mail private avevo detto a Franco che poi si sarebbe visto chi e cosa anima il frequentatore di nFA.

Ovviamente le sentenze non si discutono: secondo il Tribunale di Torino omettere delle misure di sicurezza basilari è omicidio volontario. Esagerato ? Forzato ? Non lo, esiste appello e Cassazione , vedranno loro.

Da parte mia ritengo il rispetto di banali e basilari norme di sicurezza come una polizza assicurativa: se un collaboratore ha un incidente grave, ed hai delle omissioni, paghi di tasca tua e rischi di chiudere, quindi da un punto di vista imprenditoriale trovo sciocco omettere delle misure di sicurezza, non ne parliamo poi in una acciaieria, dove giochi con il fuoco. Se è provato che i managers Thyssen hanno volontariamente omesso delle misure di sicurezza devono pagare, ma anche come managers, perchè hanno esposto la loro società a dei rischi (e degli indennizzi) altissimi, molto probabilmente superiori al costo degli impianti di sicurezza.

Però, scusate, ma state confondendo mele e pere: che c'entra la Thyssen con l'imprenditoria PMI italiana è un fatto incomprensibile, a meno che le colpe personali non siano automaticamente trasmesse a tutta la categoria, tipo un SUV ammazza un pedone, ergo tutti i guidatori di SUV sono criminali, o ancora, un bibliotecario molesta le ragazze, quindi tutti i bibliotecari sono molestatori.

I morti e gli infortuni sul lavoro in Italia sono tanti, ma anche perchè esistono meccanismi perversi di conteggio: il bancario che si chiude le dita nel cassetto della scrivania e si vuole fare 8 giorni di malattia, va in Ospedale e dice: mi sono infortunato sul lavoro. E' un caso limite, certo, ma meno raro di quel che si pensi, poi in Italia nel conteggio dei morti ci dice che non è l'industria il luogo più pericoloso, ma i campi all'aria aperta e l'edilizia, ma in quest'ultima il mancato rispetto delle basilari norme di sicurezza è favorito da vari fenomeni connessi (lavoro nero, alta stagionalità, bassa scolarizzazione degli addetti).

Quindi parlare di Thyssen per parlare di "sicurezza nel lavorare" è sbagliato: ci sono stati comportamenti gravi che hanno avuto riflessi giuridici ed economici, se i manager Thyssen pensavano di risparmiare hanno sbagliato, e ne devono pagare tutte le conseguenze. Ma non confondete Confindustria con Thyssen, nè gli imprenditori con gli agricoltori e gli edili o gli autotrasportatori, queste tre categorie sono il 90 % circa dei casi di morte. Gli imprenditori ci tengono ( e molto) alla pelle dei loro collaboratori, per motivi vari, e se non bastano quelli sentimentali (siamo dei bastardi, giusto ?) ci sono quelli economici: l'assicurazione non ti copre se hai omesso le misure di sicurezza, quindi paghi tu, fino all'ultimo centesimo. That's all.

 

Però, scusate, ma state confondendo mele e pere: che c'entra la Thyssen con l'imprenditoria PMI italiana è un fatto incomprensibile, a meno che le colpe personali non siano automaticamente trasmesse a tutta la categoria, tipo un SUV ammazza un pedone, ergo tutti i guidatori di SUV sono criminali, o ancora, un bibliotecario molesta le ragazze, quindi tutti i bibliotecari sono molestatori.

 

ma stai scherzando? chi è che ha voluto intenzionalmente mescolare i colpevoli in primo grado con la categoria degli imprenditori? sono stati questi ultimi alle loro assise generali (niente di meno), col loro sentito applauso che sgorgava dal cuore.

non l'avessero fatto, a nessuno sarebbe venuto in mente di associare mele e pere. meritoriamente, la direzione ha cercato di rimediare scusandosi. o anche il direttore generale di confindustria fa confusione?

 

...anche in uno scambio di mail private avevo detto a Franco che poi si sarebbe visto chi e cosa anima il frequentatore di nFA.

 

sto imparando anch'io molto su chi e cosa anima i grandi interventisti di Nfa.

 

 

 

 

Ovviamente le sentenze non si discutono

 

Perché? Mica siamo legislatori od esecutivi (i quali dovrebbero mantenere le distanze dai giudicanti), siamo semplici cittadini! L'importante è rispettare le sentenze!

 

Però, scusate, ma state confondendo mele e pere: che c'entra la Thyssen con l'imprenditoria PMI italiana è un fatto incomprensibile, a meno che le colpe personali non siano automaticamente trasmesse a tutta la categoria,

 

Qui ha toccato il punto dolente. Proprio giusto lì.

C'entra per un semplice fatto: perché l'amministratore delegato, condannato per aver volontariamente omesso delle basilari misure di sicurezza, è stato APPLAUDITO dagli imprenditori delle PMI. Ed alcuni Suoi colleghi, anche in questo blog, giustificano questo applauso. Per questo c'entra.

Perché poi dico che ha veramente colto il punto dolente in questa frase. Provo a spiegarglielo. Ma mi conceda un minimo di licenza poetica.

Un condannato si presenta da Confindustria e i delegati gli applaudono. Perché? Perché lo considerano una povera vittima, una vittima delle altre categorie, una vittima dei magistrati, che non capiscono quanto sia difficile fare l'imprenditore ed essere responsabili sia dell'azienda che della vita di altre persone; vittima dei politici, che obbligano gli imprenditori ad obbedire a tantissime leggi sulla sicurezza impossibili da applicare tutte; vittima dei sindacati, che come avvoltoi si precipitano sulle disgrazie dei lavoratori a prendersi un po' del bottino in risarciementi e tessere. Insomma una vittima, quella che viene considerata da tutti una mela marcia viene considerata un martire dagli imprenditori. E questo avviene, non perché gli imprenditori siano degli irresponsabili, cattivoni avidi di denaro che succhiano il sangue dei proletari mandati a morire per due euri di risparmio, ma come meccanismo di difesa dei propri interessi di imprenditore: "Viene difesa la categoria imprenditoriale dagli attachi delle altre categorie? Io sono imprenditore, allora vengo difeso pure io! E ci guadagno!".

Ma c'è un altro modo per difendere i propri interessi di imprenditore?
Certo che c'è. Un imprenditore potrebbe dire: "caro amministratore Thyssen TU sei un bastardo. TU per risparmiare sulle condizioni di sicurezza, hai fatto concorrenza sleale a ME, che le rispetto sempre. Per colpa TUA, adesso i magistrati MI romperanno le balle per verificare di continuo che IO adotto tutte le misure di sicurezza. Per colpa TUA, adesso i politici si inventeranno qualche altra legge assurda sulla sicurezza, a cui IO dovrò obbedire pagando di tasca mia, IO che ho sempre rispettato queste leggi. Per colpa TUA, i MIEI dipendenti crederanno che IO penso solo al profitto, e il responsabile alla sicurezza MI romperà le balle di continuo, assieme ai sindacati, per qualunque stronzata. Per colpa TUA, la categoria imprenditoriale di cui faccio parte, ha perso parte della sua credibilità di fronte all'opinione pubblica. FUORI DALLA PALLE!" (espressione sdoganata in questo blog in un precedente post su DeMattei, che, a quanto mi risulta, è ancora lì, a riprova che Dio non esiste e che se esiste, se ne frega).

Questo per dire cosa? Che è la stessa categoria imprenditoriale che si chiude a riccio su se stessa, e che si rende, agli occhi degli ESTERNI, solidale ed indistinguibile da chi, a quanto pare, si disinteressa della sicurezza dei lavoratori.

E questo è un tipico esempio di come reagisce una qualunque categoria italiana quando un proprio discutibile membro è posto sotto minaccia: difesa, giustificazionismo, solidarietà incondizionata, e la colpa è sempre della altre categorie, le quali o sono ostili o non capiscono. Questo atteggiamento, di protezione dell'intera categoria, è tipico di chi vuole difendere una posizione di rendita.

Un altro atteggiamento possibile, potrebbero essere quello che, una volta localizzata una mela marcia, la si espelle, la si butta via. La categoria perde qualcosa, perché si perde un possibile sodale, che potrebbe tornare utile nel caso un altro della categoria si trovasse in difficoltà. Però si innalza il valore medio della categoria e si migliorano i rapporti con le altre categorie. I vantaggi sono evidenti ma sono indiretti e non immediati.

Sinceramente non so se la categoria imprenditoriale dia al Paese più di quanto non diano gli operai siderurgici, i venditori di scarpe o gli spazzacamini. L'impressione che ho io, è che si comporta esattamente come le altre categorie: difesa a prescindere dei propri consociati (anche nelle riunioni sindacali talvolta si decide di difendere il compagno negligente dalla punizione "eccessiva" della dirigenza), e quindi non è in condizione di far far all'Italia, a tutta l'Italia, quel piccolo salto di qualità nei comportamenti, contro le rendite, che secondo me è necessario per risollevare l'Italia dalla stagnazione.

P.s. Chi cavolo è che ha tirato fuori questa storia della Thyssen? Chi è il colpevole? Che sia condannato per flaming volontario senza sconti di pena! Chi ha scritto per primo sapeva benissimo delle nefaste conseguenze delle sue azioni sui contenuti dei commenti: il dolo eventuale ci sta tutto.

Modificato parzialmente: 12 Maggio 2011, 14:22

 

Prima di tutto, l'autore del post ha probabilmente ragione a lamentarsi della deriva off topic, sicuramente erano altri gli argomenti di cui gli premeva discutere. Pero' e' doveroso osservare che l'argomento l'ha introdotto Alberto Luisiani il 10 maggio, prima lamentando l'ostilita' della maggior parte della magistratura verso l'imprenditoria italiana (ore 8 e 59), e poi specificando che proprio al caso Thyssen intendeva riferirsi (ore 12 e 42).

Meno giustificato mi sembra il sentimento di fastidio per l'apparire su queste pagine di idee contrarie al sentimento dell'estensore del post. Fermo restando che io sono sempre pronto a levarmi di torno tornando semplice lettore su richiesta dei padroni di casa, mi sembra che lo scopo di un forum aperto al pubblico sia quello di favorire lo scambio (civile) di idee (che magari ogni tanto serve pure a cambiarne qualcuna), e non di scambiarsi pacche sulle spalle a vicenda tra amici che la pensano allo stesso modo. O sbaglio?

Desolanti infine i distinguo e le discussioni in punta di giurisprudenza. Non sono in grado di giudicare la correttezza giuridica della sentenza, ma i fatti sono chiari. I vertici Thyssen hanno scelto consapevolmente di violare ogni piu' elementare norma di sicurezza pur di non spendere in una fabbrica di prossima chiusura. La conseguenza sono state sette morti atroci. A prescindere dalle valutazioni sulla correttezza giuridica della sentenza, vi sembra il caso di invitare ed applaudire l'AD Thyssen? Voi, pur ritenendolo colpevole solo di omicidio colposo, concedereste un applauso pubblico ad un tizio che messosi al volante strafatto di coca ha appena sterminato una famiglia? O ne prendereste le difese pubblicamente perche' "siamo tutti stanchi dei limiti di velocita' e degli autovelox messi a bella posta sulle autostrade per fare piu' multe"?

La realta' e' che siamo davanti all'ennesima reazione corporativa. Come sempre in Italia, difendiamo i nostri (figli, genitori, colleghi, compagni di partito, sodali, amici, fidanzati) a prescindere, con un feroce rito di soliadrieta' tribale. Desolante.

A mio avviso l'OT su Thyssen sta avvenendo su due livelli diversi è questo provoca le incomprensioni. Se lasciamo l'osceno applauso fuori dal contendere: c'è chi sta parlando della responsabilità morale dei vertici dell'azienda (es: tu) e chi sta parlando della responsabilità giuridica.

Se stai parlando di responsabilità morale allora, giustamente, chi fa distinguo su particolari giuridici può apparirti "desolante".

Invece il lato giuridico è la cosa più interessante della vicenda Thyssen ed è ovvio che se ne parli.

Perchè è interessante? Perchè in Italia sono già successi, e purtroppo continuano a succedere, casi di gravità simila a quello Thyssen. Ora, dato che in Italia non vige il sistema anglosassone, la legge è la stessa da applicare per tutti, quindi sorge la domanda: "perchè in questo caso si è "arrivati" all'AD ed in altri casi no?"

Poi hai ragione, ogni "federazione" vede le cose dal suo punto di vista e cerca di "tirar l'acqua al suo mulino". Cio è desolante, ma non la discussione in sè che è invece importantissima, sotto ogni punto di vista: innocentista (è "solo"omicidio colposo) e colpevolista (anche gli altri casi sono omicidi volontari).

Dopo una vita spesa ad evitare la fresa (cit.) non è un argomento nel quale voglio/posso entrare, ma mi piacere che venisse ulteriormente approfondito e, al riguardo, pongo una considerazione/domanda a chi ha seguito meglio la vicenda:

perchè Thyssen ha avuto quest'impatto mediatico e casi simili no? Penso, esempi tra i tanti, alla Saras di proprietà di una delle famiglie più importanti di Milano (dove il caso si è addirittura ripetuto) o alla Eureco di Paderno Dugnano di cui si è parlato una ventina di minuti? Perchè non ci sono stati furibondi dibattiti sulla sicurezza e candidature degli operai superstiti?

Sbaglierò ma, questo diverso peso mediatico su fatti della stessa gravità (che influenza pesantemente sia l'opinione pubblica sia temo anche la magistratura), me lo spiego solo col fatto che Thyssen è straniera. Quindi giornalisti/sindacati possono andarci giù pesante senza timore di offendere amici ed amici degli amici.