Robin e lo sceriffo di Nottingham

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Dove, commentando l'ultima trovata di Tremonti nei panni di Robin Hood, si scopre che Robin non é veramente Robin.

Che un governo decida di modificare le tasse è nell’ordine delle cose. L’ultima pensata del commercialista con i calzini a pois è però un piccolo capolavoro che merita di essere raccontato nei dettagli. I cattivi fanno profitti con il petrolio? Niente problemi ci pensa Robin Hood.Ildecreto legge n. 112 del 25 giugno 2008, dall’accattivante titolo «Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria», così recita al comma 16 del articolo 81:

 

In dipendenza dell'andamento dell'economia e dell'impatto sociale dell'aumento dei prezzi e delle tariffe del settore energetico, l'aliquota dell'imposta sul reddito delle società di cui all'articolo 75 del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è applicata con una addizionale di 5,5 punti percentuali per i soggetti che abbiano conseguito nel periodo di imposta precedente un volume di ricavi superiore a 25 milioni di euro e che operano nei settori di seguito indicati:

a) ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi;

b) raffinazione petrolio, produzione o commercializzazione di benzine, petroli, gasoli per usi vari, oli lubrificanti e residuati, gas di petrolio liquefatto e gas naturale;

c) produzione o commercializzazione di energia elettrica.”

 

In questo modo si corregge la decisione presa dal precedente governo comunista di ridurre l’IRES (ovvero l’aliquota sul reddito imponibile di impresa) dal 33% al 27,5%. D’ora in poi ENI, concorrenti di ENI, ENEL e concorrenti di ENEL, saranno tutti tassati al 33%. ENI ed ENEL sono controllate dallo stesso soggetto (Ministero dell’Economia) che incassa sia i loro lauti dividendi da monopolio, sia l’IRES che esse pagano all’erario. Quindi l’amministratore Robin è l’unico che può legalmente incassare i profitti lordi di una impresa. Anche se quote di azioni ENI ed ENEL sono in mano a privati, l’effetto di questa manovra sui conti di Robin è solo una partita di giro. Per quelli che controllano le imprese concorrenti di ENI ed ENEL, le cose stanno diversamente. Non tanto perché possono incassare solo i profitti netti, questo lo sapevano anche prima di cominciare.Il fatto è che con questa misura diminuiscono sia i loro profitti correnti che quelli attesi. Nel caso peggiore chi investe in impianti di generazione elettrica o nei rigasificatori sarà indotto a cancellare le programmate espansioni di capacità produttiva; verosimilmente un rinvio a tempi migliori è lo scenario più probabile.Conseguenza: si rafforza il potere di mercato degli incumbents pubblici che, non dimentichiamolo, sono gli assets di Robin.E a lui tutto questo non dispiace affatto. Ma la vera trovata di genio di Robinla troviamo nel comma 18 dello stesso articolo:

 

È fatto divieto agli operatori economici dei settori richiamati al comma 16 di traslare l'onere della maggiorazione d'imposta sui prezzi al consumo. L'Autorità per l'energia elettrica e il gas vigila sulla puntuale osservanza della disposizione di cui al precedente periodo.”

 

La cosa interessante è che non si adopera l’accisa, né una qualche variante della Windfall tax profit di carteriana memoria. Oppure, visto che la situazione lo giustifica, qualcosa di deliberatamente drammatico, da economia di guerra, come la excess profit tax. Troppo semplice e poco creativo, ancorché insensato e futile come insegnano le passate esperienze. Ci si affida al regolatore. Robin sa, più che per scienza perché qualcuno glielo ha raccontato, quando un’impresa riesce a traslare una tassa sul consumatore. E questo dipende essenzialmente dalle elasticità della domanda e dell’offerta: con una curva di domanda anelastica e una curva d’offerta piatta il consumatore si becca per intero il maggior carico fiscale. Nessuno rimane sorpreso se gli esperti della materia ci informano che nell’energia la situazione è proprio questa. Allora voilà: divieto per legge della traslazione. E come farà il regolatore a controllare che il consumatore non la paghi attraverso una maggiorazione dei prezzi? La scelta del benchmark con il quale confrontare i prezzi praticati da ENI sul mercato interno è essenziale. Utilizzerà le quotazioni internazionali delle partite spot di gas? Ma ENI non acquista il prodotto su questo mercato, si approvvigiona direttamente da Gazprome Sonatrach e il prezzo delle forniture è fissato nei contratti take-or pay. Quindi l’occhiuto regolatore deve farsi dire quanto ENI paga il gas dai suoi fornitori. Deve quindi chiedergli non un segreto, ma il segreto dei segreti, al cui paragone i misteri di Fatima o quelli gnostici sono roba da niente. Scommettete che per superiori ragioni di stato e di sicurezza nazionale questa informazione non verrà fuori? Non so come la vedete voi, ma io trovo gratificante che Robin abbia montato un casino del genere organizzando solo per noi questa splendida sceneggiata. Vuole farci credere che sta dalla nostra parte, che espropria i ricchi per dare ai poveri.Ma forse il commercialista con i calzini a pois di Robin ha solo indossato il costumino, in realtà, a ben vedere, é lui lo sceriffo di Nottingham.

 

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Commenti

Ci sono 28 commenti

Quale degli editori di NfA e' stato fatto 'sparire' (LOL!) sotto lo pseudonimo di ne'elam?

 

Nessuno. Trattasi di un collaboratore al quale, per il ruolo istituzionale che ricopre in Italia, ci e' sembrato appropriato permettere l'uso d'uno pseudonimo.

secondo me GT non e' sciocco e gioca sul fatto che stabilire se via stata o meno traslazione (e quantificarla) e' cosa troppo complicata e nessun provvedimento amministrativo potrebbe mai recepirla. in fondo non ci vorra' troppo sforzo per camuffare un po' un bilancio per dimostrare che l'utile netto e' sceso... mica si e' commercialisti per nulla... la propaganda di regime fara' il resto celebrando le magie di Robin.

che la mossa sia populista e demagoga mi pare chiaro. piu' debole l'argomento di voler rafforzare la posizione di ENI ed ENEL. In fondo il Tesoro non finanzia queste aziende, ovvero non restituisce loro le maggiori tasse pagate dai concorrenti. O mi perdo qualcosa

la logica era far cassa per finanziare qualche intervento "social-populista" in attesa che il ciclo giri nel verso giusto. guadagnar tempo sperando in tempi migliori. come nella migliore tradizione di GT.

 

Ne'elam centra, a mio modo di vedere, il problema dei problemi: ma le compagnie energetiche quanto pagano la materia prima ? Ovvero comprano il petrolio ed il gas sul libero mercato o no ? Poichè non lo comprano sul libero mercato perchè il commercialista di Sondrio non usa più semplicemente l'Enel e l'Eni per quello per cui sono nate (mattei si starà rivoltando nella tomba), ovvero evitare di subire i mercati internazionali: in fondo è lui l'azionista di riferimento, e non ci sarebbe bisogno che l'Eni faccia i profitti che fa, basterebbe che le sue controllate AGIP e IP applicassero prezzi più bassi alla pompa, costringendo tra l'altro le altre compagnie ad adeguarsi. Ma forse è troppo semplice.

Penso che Boldrin mi sbranerà, ma in un mercato fortemente oligopolistico ed oligopsonistico, come quello delle materie prime e dell'energia, il compito delle grandi compagnie a partecipazione statale (eh sì, proprio loro..) è proprio quello di evitare forti ripercussioni sui prezzi finali a fronte di fluttuazioni dei mercati.

Adesso sarete tutti a dirmi che Enel ed Eni sono quotate in borsa, che i profitti, che i piccoli azionisti, ma allora perchè lo Stato non se le vende ? Almeno avremo dei monopolisti privati che ci tartasseranno alla faccia della Authority (?), e potremo far finta di avere un vero Robin Hood.

 

Non sono antropofago, e non intendo diventarlo.

Lungi da

me anche difendere ENI ed ENEL, le cui posizioni monopolistiche sul mercato

italiano (e, almeno per quanto riguarda ENEL, incapacita' manageriale

su quello internazionale: pregasi seguire con attenzione la vicenda

ENEL-Endesa che stanno arrivando al teatrino finale ...) non godono certo della mia simpatia.

Detto questo: inutile, e falso, imputare a ENI/ENEL la crescita dei prodotti energetici per i consumatori finali. Noto solo due cose.

1) Il prezzo dei derivati del petrolio e' cresciuto e sta

crescendo in tutte le pompe del mondo, inclusi i paesi dove il mercato

della distribuzione e' ben piu' competitivo dell'italiano. Quindi,

evidentemente, il problema non si risolve chiedendo a ENI/ENEL di

calmierare i prezzi assumendosi i costi addizionali e riducendo i

propri

margini. I margini piu' che a zero non possono andare, a meno che tu

non abbia in mente di sussidiare le perdite ENI/ENEL con trasferimenti

statali, ossia con le tasse. La concorrenza non sta impedendo la

crescita dei prezzi negli USA ed in UK, in Indonesia ed in Spagna ...

non vedo come possiamo riuscirci in Italia chiedendo a ENI/ENEL di

assumersi i costi addizionali.

2) La ragione per cui il

"calmieramento" e' impossibile e' banale: i margini monopolistici di

ENI/ENEL ammontano, forse, ad un 1% del prezzo finale, massimo 2% (e mi rovino). Il prezzo delle

materie prime e' aumentato di quasi il 200% in USD e di piu' del 100%

in Euro. Basta che la materia prima incida per un 5% sul prezzo finale

(cosa che abbondantemente fa) e vedi che anche eliminando quell'1-2% di

extra-profitti monopolistici non si va molto lontano.

Morale: il petrolio

costa di piu' perche' c'e' tanta piu' gente che lo vuole. Cominciamo da

li' e smettiamola con le solite fantasie italiane di trovare soluzioni

arzigogolate (e false) a problemi reali.

P.S.

Spero di non aver sbranato nessuno; in effetti un certo appetito ce

l'avrei. Ora salgo in aereo - fuggendo da questo tugurio nel mezzo

di  una kasbah degradata che e' la "Lounge Giotto" all'aeroporto

di Fiumicino - e vedo cosa mi danno loro da mangiare. Sono anni che

riesco a viaggiare evitando Alitalia, purtroppo questa volta non ho

avuto scelta: mi auguro di sopravvivere.

 

 

Il Guardian attacca gli economisti (senza peraltro dimostrare particolare originalita'...)

 

<em>When the going gets tough, economists go very quiet<em>

They're happy to take the credit in the good times, but the disciples of this false science are hard to find as recession looms

 

http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2008/jul/09/economics.globaleconomy

 

 

Oggi, all'assemblea annuale dell'ABI, Draghi con buon senso e conoscenza dei fondamentali ha ribadito che la tassa di Robin si trasla, e come se si trasla, sui consumatori finali. Robin, che lo ha salutato con un affettuoso(?) buffetto sulle guance però non demorde. Il Corriere così sintetizza:

 

È una «vecchia dottrina» e una «ideologia» quella in base alla quale una nuova imposta, come la Robin Tax, se applicata su una impresa si ripercuote sui clienti. Prima invece si tassavano direttamente gli operai. Ad affermarlo è il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti che risponde così alle critiche sulla Robin Tax. «In questo senso l'imposta ottima è quella applicata sugli operai, che non possono traslarla su altri. E, siccome negli anni passati di traslazione non si è parlato, significa che incidenza delle tasse è stata da quella parte», cioè sugli operai.http://en.wikipedia.org/wiki/Gnomic

 

Impagabile Robin.

 

 

 

E come farà il regolatore a controllare che il consumatore non la

paghi attraverso una maggiorazione dei prezzi? La scelta del benchmark

con il quale confrontare i prezzi praticati da ENI sul mercato interno

è essenziale.

 


Ma, qualunque sia il contratto, il prezzo finale per l'utente e' davvero cosi' scostante rispetto alla media europea? Perche' se non le' il benchmark piu' semplice da usare e' quello, un po' come succede per la benzina alla pompa. 

 

Poi chiaro che all'atto pratico il controllo coatto sul prezzo e' impossibile ma questo e' tutto un altro discorso.

 

vorrei, da

microeconomista, ricordare il seguente fatto: il prezzo di equilibrio in un

mercato cambia in seguito all'imposizione di un'imposta che dipende dalle unità

vendute (accisa o imposta proporzionale sulle vendite o sul valore aggiunto),

non di ogni imposta. Un'imposta proporzionale sul profitto non influenza il

costo marginale, quindi non sposta le curve di domanda e di offerta e quindi

non modifica il prezzo di mercato. La Robin Tax non si trasla. (Al contrario di

un cambiamento della imposta personale del reddito che in generale sposterebbe

le curve di domanda: in su o in giù dipende se si tratta di un bene normale o

inferiore).

Questo ovviamente

tremonti non lo sa (ergo il comma 18, a meno che non sia doppiamente astuto e

getti aringhe rossi, confondendo tutti, perfino nFA).

Ciò non vuol dire

che la Robin Tax sia saggia. Il problema è che distorce le decisioni di

investimento: sposta risorse dal settore energetico, dove riduce il tasso di

rendimento futuro atteso,  ad altri

settori, dove il tasso di investimento rimane invariato: se si vuole queso

allora va bene (come ad esempio tassare i profitti ottenuti dalla vendita di

sigarette riduce la desiderabilità di investire nel settore). Inoltre, in

presenza di mobilità internazionale dei capitali, riduce il tasso di rendimento

di investimenti in Italia. Anche questo potrebbe essere un effetto voluto, ma

bisognerebbe dirlo.

I dettagli poi

fanno inorridire: ricavi superiori ai 25 milioni di euro? Creerà lavoro ai

commercialisti (di sondrio e altrove) che forse potranno spezzare in due

un'impresa che fa 48 milioni idi ricavi l'anno (ricavi poi? Ho capito bene? Almeno

parlasse di profitti: quindi un'impresa che vende tanto a margini bassi è

colpita, e una che vende poco a prezzi da strozzino no? Warum?)

Sui principi su

cui informerei i sistemi di tassazione rimanderei al mio contributo, qui .

 

 

Un'imposta proporzionale sul profitto non influenza il

costo marginale, quindi non sposta le curve di domanda e di offerta e quindi

non modifica il prezzo di mercato.

 

Non condivido, mi sembra che la logica sia contradittoria: la seconda parte del tuo commento (che è corretta) contraddice la prima (che non lo è) ... Che sia l'estate?

Mi dilungo per i lettori meno familiari con il turpiloquio professionale.

Le imposte sul reddito da capitale, come la tassa in questione intende essere, riducono il saggio di profitto netto, che è quello che gli investitori guardano. Se facciamo l'ipotesi, più che ragionevolissima, secondo cui prima dell'imposizione della tassa sui profitti nell'industria X il tasso di rendimento netto del capitale investito in X era uguale (controllando per rischio e tutto quello che volete) con quello del capitale investito in Y, allora non lo sarà più DOPO che l'imposta viene applicata. A questo punto i detentori di capitale hanno due scelte: abbandonare l'industria X se non ricevono compensazione netta desiderata. Questo renderà più scarso il capitale per le imprese in X, le quali dovranno quindi finanziarsi a tassi maggiori, quindi cambiano i loro costi e la loro curva di offerta. L'altra alternativa è uguale: i detentori di capitale controllano le imprese del settore X ed aumentano i prezzi di offerta per ottenere immediatamente il tasso di rendimento netto desiderato. Stesso risultato, solo che il secondo va più rapido del primo.

Per vedere, banalmente, perché il ragionamento di GDF è contradittorio, si faccia un ragionamento per continuità: un'imposta proporzionale sui profitti del 10% non cambia i prezzi? Allora cosa succede con un'imposta del 100%? I capitali scappano tutti, il bene non si offre più o quasi, ed il prezzo schizza all'infinito. A quale valore intermedio fra 10% e 100% c'è una discontinuità? Che io sappia, a nessuna: mano a mano che la tassazione cresce l'offerta si fa sempre più elastica e si sposta a sinistra.

Insomma, la Robin tax si trasla. Quando e quanto si trasli dipende dalle solite e celeberrime elasticità. Data la situazione italiana ed il controllo politico su ENI/ENEL (gliel'hanno comunque tolta in cambio del "dono volontario" di 200 milioni al fondo per comprare i panini ai vecchietti: oramai siamo alla carità dei monopoli di stato estorta dal padrone dei monopoli con un finto coltello a serramanico ...) e l'influenza del medesimo sulle banche, non si vedrà molto nel breve periodo. Ma poi si vedrà. È tutta fuffa, propaganda indegna, squallido populismo. Che fa solo danno e non risolve nulla.

 

 

 Sono d'accordo con Gianni, e non tanto per questioni teoriche che per me fanno parte di antichi e dimenticati studi, ma per il semplice fatto che nella trimestrale 2008 dell'ENI  non vi sono accenni al fatto che la riduzione dell'IRES decisa dal governo Prodi (dal 33,0% al 27,5%) con decorrenza 1 gennaio 2008 abbia consentito una diminuzione dei prezzi nel trimestre.

 http://www.eni.it/it_IT/attachments/media/comunicati-stampa/2008/04/comunicato-stampa-resoconto-intermedio-sulla-gestione.pdf

 

 

 

Sono d'accordo con

Gianni, e non tanto per questioni teoriche che per me fanno parte di

antichi e dimenticati studi, ma per il semplice fatto che nella

trimestrale 2008 dell'ENI  non vi sono accenni al fatto che la

riduzione dell'IRES decisa dal governo Prodi (dal 33,0% al 27,5%) con

decorrenza 1 gennaio 2008 abbia consentito una diminuzione dei prezzi

nel trimestre.

 

Il caso delle diminuzioni ha "stickiness" ben diversa da quello degli aumenti in mercati non perfettamente concorrenziali (il che, ad esempio, e' anche la causa della difficolta' di mettere in atto processi disinflattivi quando la forza lavoro e' fortemente sindacalizzata). Del resto, se il governo condividesse la tesi di Gianni non avrebbe gia' proceduto a fare la faccia feroce preventiva con le imprese petrolifere, facendo chiedere loro dall'Autorità per l'Energia di "inviare entro il 31 luglio l'ultimo bilancio disponibile, le ultime relazioni trimestrali e semestrali e i documenti di budget".

 

Non trovo affatto scandaloso che ENI faccia un sacco di profitti. Anche perchè quegli utili - oltre alle tasse che preleva lo Stato - andrebbero altrimenti a qualche altra compagnia straniera aggravando ulteriormente il deficit commerciale domestico. Visto che di petrolio in Italia se ne trova pochino (e anche il gas si sta riducendo) quei soldi derivano da contratti a lungo termine, a prezzi che oggi sono sensibilmente inferiori a quelli spot, che l'ENI ha stipulato per estrarre il petrolio in altri paesi. Attraverso questi contratti ha in qualche modo assicurato degli introiti minimi a questi paesi e si è quindi assunto un rischio in caso di ribasso dei prezzi. Un discorso analogo vale anche per il metano, a cui l'ENI ha sempre attribuito grande importanza anche quando altre compagnie si concentravano solo sul petrolio, curando la costruzione dei metanodotti.

L'ENEL invece negli ultimi anni ha sprecato un sacco di soldi dapprima in Wind e ora con Endesa ed è  stata conseguentemente punita dal mercato visto che tuttora è al di sotto del prezzo del primo collocamento (nonostante i suoi profitti monopolistici). Tutto ciò è dovuto ad una evidente inadeguatezza manageriale (ovviamente avallata dalla politica). I dirigenti ENEL sono stati abituati ad operare in un contesto monopolistico domestico, mentre all'ENI hanno sempre operato in un ambiente internazionale oligopolistico ma comunque maggiormente concorrenziale.

Per quanto riguarda la Robin Tax si tratta di una misura puramente propagandistica e concettualmente sbagliata. Per l'aspetto propagandistico è rivelato a sufficienza dal nome prescelto. In aggiunta, se il problema generalizzato è la carenza di offerta di petrolio, non è certo introducendo una nuova imposta specifica che si incentivano gli investimenti nel settore.

 

 

L'ENEL invece negli ultimi anni ha sprecato un sacco di soldi dapprima in Wind e ora con Endesa ...

 

Mi conforta vedere che, almeno, negli ambienti economici italiani questa cosa si sa. L'intera avventura con Endesa ed il comportamento del top management di ENEL in questa vicenda, non sono solo scandalosi: sono ridicoli ed umilianti. Andrebbero cacciati tutti a calci nel culo. Tutta la Spagna imprenditoriale ride di questi cafoni "romani" che hanno firmato con Acciona un accordo capestro che nessuno credeva avrebbero mai firmato. Chi rappresenta il governo nel board of directors?

 

Siamo entrati dritti dritti in una discussione accademica dimenticando, non del tutto e non tutti, che una domanda rimane senza risposta: ENEL ed ENI fanno extraprofitti godendo della posizione oligopolistica sul mercato italiano ?

Se la risposta è sì (e secondo me lo è) la conseguenza diretta dovrebbe essere: é la Robin Tax la risposta ? da quello che ho letto, e da tutti voi notato, no, non è la risposta, qualunque sia la domanda di partenza.

Pertanto rimango della mia opinione, lo Stato dovrebbe esercitare il suo potere di azionista facendo abbassare i prezzi, e riducendo l'area di extraprofitti. Non ho idea di quanto si potrebbero ridurre i prezzi, forse qualcuno di voi ha fatto questo calcolo, comunque sarebbe meno idiota della Robin Tax, e forse più efficace.

Sottoscrivo in pieno che, comunque, con tutti i suoi profitti, il management dell'ENEL è quanto di più incacapace ci sia al momento. 

 

 

lo Stato dovrebbe esercitare il suo potere di azionista facendo abbassare i prezzi, e riducendo l'area di extraprofitti.

 

E il gettito?

Ricorda che da noi i tagli si fanno sempre a gettito costante.Il che ovviamente implica che non sono tagli, ma anche che la torta da spartire a Roma non rimpicciolisce.

Poi Michele ha già spiegato che il taglio sarebbe pressochè invisibile per il consumatore.

Il gettito della Robin tax sarà sempre un dato noto a pochi, per cui è un buono strumento propagandistico.Pubblicizzare un calo dei prezzi dell' 1% è un boomerang mediatico.

 

 

Ma il prezzo (finale) della benzina non dipende in gran parte (~70%) da tasse, tasse su tasse, ecc?