Le risorse per la crescita

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Alcune osservazioni sui meccanismi che frenano la crescita in Italia.

Un punto accomuna i programmi di diversi schieramenti politici: la ricerca delle "risorse" per la crescita. La versione operativa del programma proposto dal governo, a quanto mi par di capire, consiste nel recupero di fondi (dai bilanci dello stato o degli enti locali) per finanziare questo o quel progetto di "sviluppo" (grandi opere, reti digitali, assunzioni di laureati qualificati), ovvero (modeste) riduzioni di imposta. Voglio argomentare che  questa visione e il suo negativo ("non ci sono le risorse per lo sviluppo") non sfiorano le cause della bassa crescita in Italia e, se forse aiuteranno qualche impresa a superare la recessione, non cambieranno le prospettive di sviluppo del paese.

I manuali indicano due cause della crescita: l'accumulazione di fattori produttivi, come capitale fisico e umano, ed il "progresso tecnologico" (da intendersi in senso lato, da cui le virgolette: nella teoria della crescita la tecnologia non e' tecnologia in senso stretto ma include tutto cio' che permette di produrre di piu' a parita' di capitale fisico e umano, cioe' anche cose come le istituzioni economiche e politiche, le regole, l'infrastuttura sociale). Perché il prodotto e quindi il reddito crescano di anno in anno servono maggiori quantità di mezzi di produzione, e/o idee e istituzioni migliori (la "tecnologia") che, a parità di ingredienti, portano ad una resa finale maggiore. Forse le risorse a cui alludono i nostri politici sono acquisti (o contributi per l'acquisto di) mezzi di produzione? Forse. Ma nelle economie sviluppate, a differenza di quelle in via di industrializzazione, gran parte della crescita viene dalla spostamento della frontiera produttiva (miglioramenti "tecnologici") e in questa fase l'intervento pubblico solleva  perplessità (si veda Giavazzi). Ricercare le risorse per la crescita in selettivi aggiustamenti di bilancio a cura di qualche ministero difficilmente cambierà le capacità di crescita del paese. A questo proposito voglio riportare  alcune osservazioni ed analisi che illustrano alcuni dei mali che frenano la crescita in Italia.  

Quattro casi esemplari

Un amico lavora presso una Biotech nata dai  laboratori di una farmaceutica internazionale che ha lasciato il nostro paese da qualche anno. La  Biotech ha "salvato" circa metà dei posti di lavoro dei laboratori rilevati: lavoratori con alto capitale umano (ricercatori chimici  e biologi), che lavorano allo sviluppo di nuovi vaccini.  L'azienda, data la natura potenzialmente rischiosa della propria attività, ha bisogno di permessi  ministeriali per produrre. Siccome esportano i loro prodotti negli USA, servono anche le autorizzazioni del National Institute of Health. Fatta la domanda, le autorizzazioni USA sono arrivate in fretta: una persona è venuta, ha visto i laboratori, e ha rilasciato un permesso. Con il ministero italiano è in corso da circa due anni una lunghissima trafila che sostanzialmente impedisce all'azienda di produrre.  Per quanto ne capisco, il carattere innovativo  di questa attività industriale rende difficile quantificare i rischi: pertanto i permessi  italiani non arrivano. I controllori USA applicano una logica diversa,  che assume che l'azienda sappia cosa fa; altrimenti, ci saranno sanzioni ex-post. Al momento, per quanto ne  so,  la direzione dell'azienda sta valutando se trasferire il tutto in un altro paese europeo perché qui non riesce a lavorare.

Un imprenditore ha aperto un ristorante in un museo recentemente rinnovato. Raggiunto il museo per una cena di lavoro troviamo l'ingresso principale chiuso, senza alcuna indicazione. Dopo aver telefonato scopriamo che il ristorante è aperto, ma essendo chiuso il museo, per accedere si deve scendere a piedi nel garage sotterraneo, e risalire con un ascensore. Da nessuna parte ci sono indicazioni.  Arrivati a destinazione il gestore ci informa che da mesi è in attesa dei permessi per mettere le indicazioni su come raggiungere il ristorante, non avendo trovato un accordo per tenere aperto, a sue spese, l'ingresso del museo. Serve una autorizzazione dell'amministrazione del museo, che dipende da qualche ufficio pubblico, anche per mettere le indicazioni. Ma l'autorizzazione non arriva. Quest'estate il ristorante ha "temporaneamente chiuso". 

Un altro caso riguarda un giovane chirurgo specializzato in California in operazioni di riduzione dello stomaco. Tornato in Italia 8 anni fa come aiuto primario ha pazientemente aspettato che venisse il suo turno per la promozione. Per 7 anni il primario in carica gli ha impedito di applicare la propria conoscenza specialistica in sala operatoria per timore di essere messo in ombra. In sostanza: il giovane poteva operare ma non fare il tipo di intervento in cui era specializzato  (che il primario, per inciso, non sapeva fare).  Circa un anno fa il nostro giovane chirurgo ha fatto i bagagli e si è spostato in un paese Anglosassone dove (parrà strano) lo hanno chiamato proprio per esercitare la sua specialità. 

L'ultima storia riguarda un piccolo imprenditore di successo. Alcuni anni fa aveva comprato un terreno con casale in riva a un bel lago del Lazio  con l'idea  di farci un agriturismo di lusso. I permessi non arrivavano mai. Dopo vari tentativi  costui  ha venduto il terreno a una persona amica di un amministratore locale che nel giro di un anno ha realizzato il progetto. Nel frattempo, l'imprenditore ha investito il ricavato  della vendita in un terreno a pannelli solari: a dir suo una rendita migliore (finanziata dai tax-payers ovviamente) di quella che negli ultimi anni aveva realizzato con la propria attività imprenditoriale.   

Lacci e lacciuoli al microscopio

Questi esempi illustrano alcuni degli ostacoli alla crescita della produttività, e quindi di salari e  reddito,  in Italia:  il talento imprenditoriale  è frenato dalla macchina burocratica (la Biotech, il ristorante),  l'eccellenza professionale nelle aziende pubbliche non viene riconosciuta (il chirurgo), la capillare interferenza  amministrativa con l'attività imprenditoriale crea rendite per la politica e  distoglie le risorse da una allocazione più  produttiva (l'agriturismo).  Due analisi sull'industria  manifatturiera italiana, costruite su dati panel di 1.200 imprese dalla metà degli anni 80 fino al 2000  (il campione di imprese industriali di INVIND-Bankitalia), mostrano che le storture  sopra illustrate per mezzo di esempi sono, purtroppo, rappresentative  e quantitativamente rilevanti.  

Un'interessante analisi di Federico Cingano e Paolo Pinotti (disponibile qui  e riassunta qui) mostra che un'impresa industriale che diviene  connessa con il potere politico  locale  (condizione verificata quando un dipendente dell'impresa viene  eletto presso una giunta di maggioranza  nella amministrazione locale) aumenta i propri profitti e i propri ricavi  del 5% in media (l'equivalente, con segno meno, si verifica quando l' impresa perde la connessione). Molti elementi sono coerenti con un effetto causale:  i ricavi aumentano solo nel mercato locale a seguito di maggiore domanda, la produttività dell'impresa non cambia, le esportazioni non beneficiano della connessione politica, la presenza di connessioni politiche senza potere di governo non cambiano la performance aziendale. I guadagni sono maggiori in aree geografiche e/o settori industriali caratterizzati da una maggiore incidenza di spesa pubblica (fino al 25% di guadagno in più  quando entrambe le condizioni sono verificate).  In sintesi: la connessione politica paga, consentendo all'azienda di accedere a un trasferimento (per mezzo della domanda pubblica) a scapito  di altre aziende che potrebbero fornire lo stesso servizio meglio e/o a minor costo (il paper discute la grandezza di questa distorsione il cui valore preciso dipende dalle ipotesi sulle preferenze dei consumatori).     

Il secondo studio, da me curato insieme a Fabiano Schivardi (disponibile qui  e riassunto qui), utilizza lo stesso campione di imprese per analizzare  una domanda diversa:  come variano la selezione del gruppo dirigente, e la produttività dell'azienda, al variare del controllo aziendale? Quattro tipologie di "controllo" sono registrate dall'indagine: - persona fisica/famiglia, - operatore pubblico (Stato, enti locali, etc.), - holding di imprese / società finanziaria, - controllante estero. L'indagine mostra (con due diverse metodologie) che imprese a controllo familiare o pubblico,  identiche in ogni caratteristica osservabile nel campione (settore industriale, posizione geografica, dimensione d' impresa, etc.,) eccetto che per la natura del controllo, registrano una produttività di circa il 10% inferiore a quella  delle  imprese  con  controllo da parte di holding o estero.  L'analisi postula, e avvalora empiricamente, l'ipotesi che la minore produttività  di queste imprese  sia legata alla scarsa selezione dei dirigenti aziendali.  Il politico utilizza l'azienda per costruire consenso elettorale,  le famiglie per fare spazio a figli e amici, a discapito della massimizzazione del valore  (per esempio).  A qualche lettore i risultati di queste indagini sembreranno la scoperta dell'acqua calda:  dobbiamo  sorprenderci che un'amministrazione locale o una famiglia  possano avere obiettivi diversi dalla massimizzazione del valore dell'impresa che controllano? O che un'azienda con contatti presso una amministrazione locale tragga da questi benefici? A dispetto della presenza di forti opinioni in tal senso, non esistono molte documentazioni sistematiche di queste congetture.  

Le risorse per la crescita

E'  una  ovvietà  che per crescere si debbano risvegliare le risorse creative del paese:  le competenze e la voglia di fare di individui e imprenditori.  Ma affinché queste potenzialità  si trasformino in crescita del reddito occorrono istituzioni e incentivi  che  indirizzino i talenti  verso  finalità produttive, come illustrato dalle bellissime analisi di Baumol  e Murphy-Shleifer-Vishny.  Altrimenti al capace (potenziale) imprenditore conviene diventare faccendiere, ai professionisti di talento emigrare, o darsi agli hobbies.  Si sta facendo  qualcosa in Italia per risvegliare queste risorse dormienti?  Il controllo delle banche è nelle mani delle Fondazioni, enti al servizio di interessi locali (il sempre presente "territorio") e politici  che hanno dimostrato di dare poco peso al merito e alla produttività, si vedano Boeri-Guiso (anche qui) e  Perotti-Zingales.  E che dire dei meccanismi di governance che hanno portato il dott. Mussari, uomo che ha affossato (da presidente) la banca MPS, a diventare presidente dell'associazione dei  banchieri italiani?  Le aziende pubbliche affiancano altri obiettivi alla valorizzazione del merito risultando poco produttive.  L'interferenza amministrativa e politica sull'attività  imprenditoriale crea distorsioni e rendite di posizione, alimenta un sottobosco di astuti faccendieri  che meglio sarebbero impiegati nella creazione di valore piuttosto che nell'appropriazione di rendite (tri-partisan Rosso, Bianco, Verde).  Si è parlato delle privatizzazioni come di una possibile fonte di entrate per abbattere il debito pubblico. Alcuni hanno criticato le stime fatte da  Roberto Perotti e  Luigi  Zingales  sul valore realizzabile con queste vendite.  Quello che sfugge a questa logica contabile è il valore aggiuntivo che molte  di queste  aziende, attualmente  gestite in modo clientelare e inefficiente,  potrebbero generare se ben gestite  (non quindi con "privatizzazioni" virtuali quali le vendite dal Tesoro alla CDP).  La strada da percorrere sarebbe incerta e ricca di ostacoli.  Le istituzioni antitrust andrebbero rafforzate, l'amministrazione pubblica resa piu' efficiente, il mercato del lavoro fatto funzionare meglio. In un paese in cui nessun governo è mai riuscito nemmeno a scalfire il potere della lobby dei tassisti, possiamo  aspettarci riforme strutturali su fondazioni bancarie, aziende municipalizzate e grandi gruppi pubblici?

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Commenti

Ci sono 42 commenti

In effetti lo Stato puo' fare molto per promuovere la crescita, rimuovendo gli ostacoli burocratici che lui stesso ha posto. E considerando che dietro ogni pratica burocratica ci sono funzionari e burocrati, e quindi costi per la collettività, la sburocratizzazione comporta di fatto un effetto "moltiplicatore" vero e proprio.

Io questo già lo sapevo ma apprezzo la chiarezza espositiva di Francesco Lippi e spero possa convicere un sempre maggior numero di cittadini.

Bell'articolo. Ma diamine possibile che dopo tutti questi anni non si riesce a far nulla contro una burocrazia così lenta?

Purtroppo l'ente americano NIH e FDA hanno PROCEDURE e Linees Guida per la progettazione di laboratori. Semplicemente ci si attiene a quelle linee guida e si è sulla buonissima strada per l'approvazione. Se l'ingegnere che ti progetta i laboratori è capace (stiamo parlando di roba da specialisti, ma non "rocket science", diciamo laboratori tipo BL2-BL3 ?). A proposito c'è pure una ISO EN1620 (mi pare) che si occupa di come fare la progettazione. Poi, ad esempio integro con una risk analysis (fatta bene, di nuovo , nulla di trascendentale) e HAZOP (Hazardous operation). E poi? L'ispettore americano mi fa le pulci (magari a un americano un po' meno...), pero' riconosce che hai previsto tutto (ricambi d'aria, classi di contaminazione,  docce d'aria, passaggi personale e materiale separati, corridoi "puliti" e "sporchi", flussi materiale e personale", etc.) e allora ti autorizza. Se l'ispettore italiano non lo fa, forse perchè non è capace, non ha la chiara la procedura, quindi c'è l'arbitrio nella decisione...(dove cè arbitrio, c'è corruzione).

 

Cito un quinto esempio: pescatore siciliano, salito al Nord, che vuole allargare il banco al mercato rionale, ma il medico dell'ASL, (o agente comunale similare) non rilascia l'autorizzazione per "generici" problemi sanitari. Cosi' il pescivendolo non allarga il banco al mercato, non assume un lavorante, e continua a veder crescere la coda al suo banco dei pesci. Il "probblema" che "chillu fetuso" non vuole pagare la "stecca": passi al Sud, ma al Nord proprio non si vuole inchinare... questi uomini d'onore...

avrò visto troppi film, ma l'ispettore italiano posso anche capirlo se ha paura di firmare...mi sbaglio o parliamo di un gradino soltanto sotto il BL4 (i laboratori del CDC o di Fort Detrick...vaiolo, Ebola, Marburg...). Capisco meno il ministero:pensi che sia troppo pericoloso? Neghi subito e con chiarezza i permessi e ti fai carico delle conseguenze.

anche una ricerca di Udo Gumpel, giornalista della rete tv tedesca NTV, che ha chiesto agli imprenditori tedeschi quali sono i maggiori ostacoli per investire in Italia coincidono con il contenuto dell'articolo.

QUI dal minuto 1 0ra 9 minuti ( dalle ore-in basso-9.21)

a mio parere è una delle strade che bisognerebbe seguire. La sburocratizzazione, in termini di crescita, vale probabilmente più della riforma del mercato del lavoro (in linea con Squinzi). L'accesso a fare impresa in Italia è veramente un "impresa" ed il calo degli investimenti esteri sul territorio nazionale ne è una prova, oltre a quanto già vediamo dalle cronache locali (vedasi British Gas a Brindisi). La vera rivoluzione sarebbe l'abbattimento totale delle barriere all'entrata. Chiaro ci vorrebbero forti interventi sul merito. Spesso ci si rende conto anche nella capitale del lavoro italiana, che le logiche del mercato del lavoro seguono quelle politiche e non viceversa, quindi i giovani che entrano nel mercato del lavoro si adeguano agli usi italiani; è una triste realtà che andrebbe cambiata, senza dimenticare che queste logiche alimentano la corruzione. Puntare al merito ed all'abbattimento della burocrazia rappresentano le vere riforme cioè girare la chiave dal verso giusto.

Non uso "delegificazione", che sembrerebbe il termine piu' adeguato, perché leggo che ha assunto un significato un po' diverso (e come sempre complesso) da quello di semplice "riduzione del numero di leggi" o di "semplificazione normativa".

Ma è chiaro che sburocratizzare va dipari passo con ridurre e semplificare le norme, primarie e secondarie e con una riduzione significativa dei pubblici funzionari.

Grazie per l'articolo, veramente interessante anche per le referenze. Vorrei sapere se qualcuno ha studiato quantitativamente l'effetto negativo sulla produttivita', sulla crescita e sugli investimenti esteri dovuto al malfunzionamento della giustizia italiana, particolarmente la giustizia civile per esempio nel recupero dei crediti.

per il caso italiano so che ci sono persone che ci stanno lavorando. ma hanno appena iniziato e sarà cosa lunga prima di avere dei risultati, se ci saranno.

Il laboratorio biotech: ci sono degli standard italiani per queste attività, compresi di distanze dagli abitati ecc.? E soprattutto, gli enti preposti hanno il personale adatto? Il ragionamento "ma in America ti sanzionano ex post" non lo vedo applicabile: una contaminazione da meningocco che causa dei morti magari comporterebbe  sanzioni da far chiudere l'impresa, meglio prevenire.

 

Il ristorante nel museo: l'altra sera sono andato a Eataly a Roma. Ci arrivi attraverso un sottopassaggio delle FS dove l'unica segnaletica sono due o tre fotocopie.Vista la natura dell'iniziativa, uno si aspettava una segnaletica ben visibile. Vabbè che quella è la stazione dove hanno messo un cancello per complicare la vita a chi usa Italo

 

Il chirurgo: quella è roba da penale, punto. Se la metodica aveva un tasso di mortalità inferiore, si è rischiato di ammazzare gente. Incidentalmente, sembra uno dei casi di rent-seeking di Baumol: il primario non può operare lui con la nuova metodica? Però può promuoverla, ed è un win-win, i pazienti hanno cure migliori e il primario guadagna fama per la sua struttura ( e fondi di finanziamento ordinario e di ricerca, pubblicazioni), se non per lui direttamente.

 

Anche l'agriturismo, c'erano aspettative di mazzetta. La cosa impressionante è che anche quello ammanicato ci ha messo un anno per aprire l'attività. Io mi trovo ad aver ereditato degli immobili, ogni tanto penso che un B&B da far gestire a mio figlio  sarebbe meglio dell'affitto, poi leggi queste cose e ti scoraggi.

Non è il mio campo, quindi metto le mani avanti, ma ci provo lo stesso.

 

Io credo che sia proprio l'atteggiamento del legislatore ad essere diverso tra America -e non solo- e Italia. In America si presuppone di avere di fronte un imprenditore mediamente responsabile (ovvero che vi sia un diciamo 50% di possibilità che sia una persona onesta) e si costruisce un sistema di conseguenza: al singolo individuo si lascia libertà di movimento (visto che non lo si considera un criminale per principio) e si indica chiaramente la direzione giusta. Se sgarra,  a valle le leggi sono certe e la punizione inflitta, pur se severissima, in tempi rapidi, anche perché se la maggioranza è onesta, è facile appuntare la propria attenzione sull'eccezione criminale. Il risultato è che la persona è stimolata a dare il meglio di sé in termini di onesta e obbedienza alle leggi, ed è molto difficile che qualcuno si metta a trattare Ebola come fosse uno scherzo di carnevale perché sa che dopo gli fanno un mazzo a tarallo.

 

In Italia si parte dal presupposto che il cittadino lasciato a sé stesso diventi immediatamente un parassita criminale con tendenze sociopatiche. Il legislatore quindi non prende in considerazione un normale "range" di deviazioni e crimini che verosimilmente potrebbero porsi in essere, bensì cerca di prevenire anche la più assurda delle possibilità come se fosse certa. Quindi cerca di mettere un freno ex-ante. Immaginando pure che la lentezza non sia un problema, rimane il fatto che quel si chiede al cittadino, kafkianamente colpevole per principio, è in definitiva di essere semplicemente passivo e conforme ad una serie di adempimenti spesso di difficile comprensione: deve fare le cose perché sì. Col risultato che quando si presenta poi qualche pateracchio (e si presenta, perché il reale è sempre molto più complesso di quel che anche il più paranoico dei legislatori può immaginare), non si capisce bene di chi è la colpa, e le sanzioni vengono erogate tardi e male. E a quel punto, quando è chiaro che nelle fitte maglie della prevenzione si è creata qualche falla e che si può farla franca, i criminali, quelli veri, ci si affolleranno intorno come squali. E la legge dovrà diventare ancora più minuta, penalizzando con questo gli onesti, non i ladri (ché tanto mettono già in conto di fare come gli pare). E quindi molti che sarebbero pure disposti a rimanere onesti, si sentiranno incentivati invece a diventare disonesti. E mentre questi prendono velocità (ché senza leggi fanno come gli pare), le leggi rallentano sempre di più. Non so ti sembra un quadro irrealistico dell'Italia?

In un mondo senza frizioni informative o tempi di aggiustamento molte istituzioni sono equivalenti:  il problema dei permessi si puo risolvere all'americana (lasciando fare... e verificando ex post) o all'italiana (verificando ex ante).    Se il primario abusa della propria posizione, un giudice lo  punira', e lo stesso potra' fare l'imprenditore a cui un amministratore in odere di mazzette soffia l'affare.   Ma nella realta' le  frizioni ci sono. Quanto ci vuole per un processo  contro il primario (nel libro di Perotti si raccontava di un  caso a  otorinolarigoiatria che era andato avanti per oltre un decennio)?   e quali sono le probabilita che il giudice rilevi un illecito?  (i baroni, e i politici, si sanno muovere).   

 

Secondo me e' impossibile, anche in un paese in cui processi non durino mezza generazione,   che la soluzione passi attraverso il sistema giudiziario, che rimane ovviamente  baluardo  contro illeciti e nefandezze.   La soluzione cé'  ma nessun politico di professione  ha interesse a chiederla perche'  ridurrebbe drasticamente il  proprio  potere e la sua stessa ragione di essere.  

 

Infine:  i 4 esempi sono per me drammatici (perche li  ho visti di persona),   ma certamente di per se irrilevanti. Ma il dramma e' che (1)  sono sintomi di un fenomeno molto diffuso temo si conteggino a decine di migliaia.  (2)  il loro costo supera quello diretto, per esempio della chiusra della Biotech:  le imprese straniere non investono (o disinvestono in Italia),   giovani studenti sceglieranno di fare scuola di politica anziche di chimica perche avranno piu probabilita di trovare il pane (3)  individui piu sani e determinati andranno a lavorare in altri paesi.       (4)  Altri  che imprenditori avrebbero potuto essere, come dici tu in chiusura  nell'esempio del B&B, sono (comprensibilmente) talmente  scoraggiati che non ci proveranno nemmeno a creare un po' di valore. 

 

post eccellente. 

Oggi su Repubblica Fedrico Rampini srive che per il Washington Post " Siano i malati di Eurolandia"  Nell'articolo inviato manca una tabella che c'è sul gionale cartaceo e che riguarda le quote di PIl mondiale per paese. L'Italia Passa dal 4,5 del 2007 al 3,3 del 2011.

 

L'articolo evidenzia anche il fatto che dall'entrata nell'euro abbiamo perso produttività nei confronti della Germania. La produttività è come la gomma da masticare la tiri dove vuoi dipende per cosa ti serve.

 

Ma non è tutto. WP mette in evidenza che l'Europa non è una AVO e questo crea seri problemi in assenza di norme federali. In effetti chi è meno competitivo rimane ancorato al cambio fisso e non può riequilibrare la sua posizione sul mercato ( lo dice WP).

 

Sapete non ho mai creduto al mito dell'imprenditore tedesco eccellente e di quello Italiano squattrinato e evasore "urta la mia Italianità"  e mi sono ricordato di una lectio magistralis  di De Cecco e di un articolo di MF che affermava " prima dell'euro ci volevano 2 marchi per un $" che la competitività teutonica sia frutto anche di questo?

 

Per il resto concordo burocrazia, norme spesso vessatorie,carenza infrastrutturale e una cattiva gestione della spesa pubblica non aiutano certo la migliore imprenditoria del mondo ( quella Italiana) a comquistare i mercati.

Se poi ai mali Italiani ci aggiungiamo una classe politica ginoflessa davati ai banchieri, capitani "coraggiosi", furbetti del quartierino e accademici che spesso sono dei bravi insegnati ma dei pessimi politici, la frittata è fatta e bella pronta per essere servita.

 

Mi scuso se sono OT prometto che non succederà più.

Non so se l' affermazione : " prima dell'euro ci volevano 2 marchi per un $" che la competitività teutonica sia frutto anche di questo?" sia frutto di abbondanti libagioni , di analfabetismo o di un goffo tentativo di distorcere i numeri per dimostrare una tesi preconcetta, ma so che se si applica il cambio marco-euro di 1,955 marchi per euro ai numeri in questione si ottiene la seguente serie espressa in marchi per dollaro:

 

 

19801,82
19901,62
19992,08
20001,838
20022,034
20042,64
20062,562
20082,718
20092,797
20102,601
20112,738

In cui le deliranti precentuali di svalutazione del marco della tabella citata scompaiono miracolosamente.

Considerando poi che qualsiasi svalutazione dopo il 2002 è stata esattamente la stessa per l'Italia e per la Germania, chi ha fatto il grafico in questione evidentemente pensava di avere a che fare con gente dotata di anello al naso e sveglia al collo.

Dove sta il presunto vantaggio ottenuto dalla Germania nel passaggio all'euro?

 

P.S. evidentemente la stanchezza mi aveva fatto sfuggire un particolare, il demente che ha fatto la tabella in questione ha usato anche dati SBAGLIATI, se nel 1999 ci volevano 2 marchi per comperare un dollaro nel 2011 NON CI VOGLIONO 1,40 EURO per comperare un dollaro, ma l'inverso.

Finchè i keynesiani useranno argomenti del genere non so quanto posssano essere presi sul serio...........

Chi è meno competitivo puo' sempre provare ad esserlo di piu' oppure ridurre i suoi prezzi e salari, se non puo' svalutare la sua moneta. Oppure puo' ragionare sui motivi di questa bassa competitività (per esempio nel sistema statale inefficente, nell'abbondanza di norme e burocrazia, nella scarsa qualità dei servizi pubblici, nell'alta pressione fiscale) e spingere per riforme del sistema pubblico.

L'articolo di Franceso Lippi porta alcuni esempi d'inefficienza della burocrazia, statale o locale poco importa: inefficienza che deriva, verosimilmente, tanto dalle leggi che attribuiscono alla burocrazia il potere di autorizzare attività quanto dalla sua cultura professionale ed organizzativa.

Porto un altro esempio, che non è stravagante come potrebbe sembrare a prima impressione : mi riferisco all'intervento dell'amministrazione nel settore dei beni e delle attività culturali, la cui rilevanza per "la crescita" è diventata uno slogan ripetuto quasi quotidianamente dal Sole-24Ore.

Qui abbiamo una legislazione vincolistica ormai centenaria, appena attenuata dal codice Urbani, che affida poteri enormi alla burocrazia ministeriale; un'interpretazione dottrinale e giurisprudenziale che - nella sostanza - è impegnata a rafforzarli attraverso il ricorso a teorie equivoche come quella della "discrezionalità amministrativa", per cui sarebbe precluso un effettivo controllo sulle decisioni della burocrazia; un'ambigua enfasi sulla "valorizzazione" dei beni culturali, che sembra risolversi nell'appello alla ricchezza "privata" (per es., delle fondazioni bancarie) per finanziare programmi deliberati soprattutto dalle amministrazioni pubbliche; un'applicazione della normativa che frustra qualsiasi significativo sviluppo del mercato dell'arte, peraltro sottoposto ad una disciplina rudimentale, ed incoraggia il mercato nero.

In codesto quadro, l'appello del quotidiano confindustriale è rivolto in primis all'amministrazione statale, che non a caso lo ha accolto favorevolmente, rivendicando l'esclusività delle attività di tutela del "patrimonio culturale" ma aprendo al concorso finanziario dei privati nella valorizzazione (in particolare, sponsorizzazione). Silenzio assoluto sull'incapacità di valorizzare davvero l'immenso "patrimonio culturale" pubblico, sugli abusi commessi nell'esercizio della tutela, che hanno condotto a condanne da parte della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, sugli studi empirici che denunciano l'incapacità del personale direttiv0 del Ministero ad affrontare problemi di natura gestionale e giuridica ... dimesso il patetico ministro Bondi, i crolli di Pompei sono stati dimenticati!

Mi pare sfugga un po' il lato pratico e politico della faccenda.

Quando ad esempio si dice

 

Ma affinché queste potenzialità  si trasformino in crescita del reddito occorrono istituzioni e incentivi  che  indirizzino i talenti  verso  finalità produttive,...

 

sembra quasi che ci sia un semplice problema epistemologico, cioè semplicemente di dare delle spiegazioni.

Credo che il tempo delle spiegazioni sia finito, si tratta semplicemente di rimuovere le istituzioni e gli incentivi esistenti.

L'articolo in effetti dice che oggi ci sono incentivi a chiudere e ad andarsene (precisi comportamenti di istituzioni e persone): a che serve pensare a nuovi incentivi senza rimuovere quelli esistenti?

IL (il tutto maiuscolo non è un errore) problema delle imprese è sicuramente l'organizzazione burocratica, soprattutto autorizzativa e di controllo.

Il tutto deriva dalla cultura "autorizzativa" che ancora oggi pervade la burocrazia italiana, la "autorizzazione" si traduce poi in un iter (qualcuno lo chiama "percorso infernale") per cui si fa lo slalom fra gli uffici, se vi è mai capitato di leggere una autorizzazione troverete "visto il parere" "sentiti gli organi", di fatto facendo in modo che anche una autorizzazione sia una spersonalizzazione deresponsabilizzata (ma se l'ASL/INAIL/ISPESL/VVFF non viene e vi dice cosa dovete fare io come faccio a darvi l'autorizzazione ?

E' ovvio che se gli uffici sono tanti, i pareri preventivi anche, e voi state rischiando i soldi, sareste disposti anche a pagare qualcosa per "velocizzare", anche se non credo che il tutto sia fatto apposta per favorire la corruzione, ma sia frutto di una cultura generale per il formalismo che ci portiamo dietro da secoli. Metteteci poi che in Parlamento da lustri siedono tantissimi avvocati, che ben sapendo che nei meandri del diritto ci puoi trovare qualsiasi cosa tendono a complicare anzichè a semplificare e la frittata è fatta.

Qui non si tratta di delegiferare, o "sburocratizzare", ma di cambiare la cultura ordinamentale, come il primo esempio dimostra, un ufficio fa una visita generale, breve, e verifica i requisiti minimi richiesti e ben chiari (lo sapevate che i VV.FF. stabiliscono loro di cosa tu hai bisogno come antincendio?),  e solo chi sgarra è punito in maniera pesante, ma anche l'informazione deve spiegare bene, e non dire "è assurdo che uno possa aprire un'azienda senza aver prima fatto il triplo carpiato avvitato".

Su questo vado completamente OT, ma ieri sera ho sentito al TG: "dall'inizio dell'anno sono 50 le donne uccise dai loro mariti/compagni/amanti e nessuno fa niente". Ora, è evidente che per fermare queste cose devi mettere almeno due poliziotti in ogni famiglia (mia moglie mi ha fatto notare che uno non basta, visto che alcuni episodi hanno coinvolto proprio poliziotti), ed è evidente che "fermare" è impossibile, puoi solo dire "chi sbaglia paga pesantemente". Peccato che questo sfugga all'informazione.

 

Nanetto finale: un mio cliente è chiuso da sei mesi perchè a un controllo combinato ASL/Ispettoratolavoro risultava tutto in regola (dipendenti in regola, misure di sicurezza OK), solo che mancava "l'autorizzazione dei VV.FF." Il mio cliente ha detto: ma io stampo meno di 5 ton/anno di plastica, e a magazzino non ho mai più di 400 kg, può verificare" Risposta ASL "quindi se domani da lei viene uno che le ordina pezzi per 10 ton/anno e le chiede di avere 1 ton a magazzino lei le dice di no ?" Risposta cliente "E che so scemo ? Certo che sì" ASL: "Ecco, ha visto, lei deve avere il certificato VV.FF., chiudete tutto, mettete i sigilli". 10 operai in CIG a spese dello Stato. Semplice storia burocratica (vera)...

Un carrozziere aprendo una nuova attività nel comune di Milano ha chiesto ad un mio amico (che lavora all'ARPA) come fare per essere assolutamente in regola. Il mio amico ha chiesto ad esponenti della Polizia Municipale di passare in questa carrozzeria per aiutare. Risultato: 25ooo euro di multa!

Poi credo si siano chiariti e la multa non sia stata emessa ma è un aneddoto indicativo della mentalità poco collaborativa e punitiva che spesso  hanno i nostri enti. Ho notizie di comportamenti e modalità ben diverse nella vicina Svizzera (e non si può accusarli di esser certo teneri con chi sgarra).

 

Qui non si tratta di delegiferare, o "sburocratizzare", ma di cambiare la cultura ordinamentale

 

Chiaro che delegificare e sburocratizzare (o semplificare) va fatto in base ad un nuovo modello ordinamentale ma questo non basta. Devi proprio delegificare e sburocratizzare. Un funzionario pubblico obbedisce alla legge (ed anche alle circolari) e se non elimini le norme, lui continuerà ad applicarle, per preciso dovere. Sarebbe sanzionabile se non lo facesse.  Per quanto riguarda il legame tra burocrazia e corruzione credo che sia evidente che questo legame (palese) è pure frutto di mala fede. Perché alimenta il clientelismo e quindi c'è un doppio interesse: da un lato i soldi guadagnati per oliare una pratica, dall'altro il voto di scambio per rimanere al potere.

scusa ME ma pirla il tuo cliente, in Germania senza autorizzazioni per il rispetto delle norme antiincendio sarebbe stato uguale, chiusura punto e basta.

Come si fa ad aprire una qualsiasi azienda dove si fa produzione e lavorazioni di qualsivoglia merci e beni senza avere l'autorizzazione dei VVFF è un mistero che devi spiegarmi.

E dunque, alla fine , cosa proponiamo? Una bella ennesima legge dove in pochi articoli si indica alla PA la necessità di "chiarificare" le procedure? Dove chi scrive la procedura ha un nome, un cognome e un codice fiscale? Dove chi la verifica e la fa applicare ha sempre una faccia e un codice fiscale. (per agevolare le ritorsioni o per responsabilizzare? dubbio amletico). MAgari addirittura la scheda finisce in un unico database nazionale delle richieste con un po' di dati minimi (che so, il carico di incendio, i m2, le sostanze pericolose principali che sono maneggiate e stoccate e in quali quantità) e sempre cpon gli enti autorizzativi e magari addirittura quando scade il permesso e quindi "in automatico" escono gli "sgherri" per fare i controlli.

Dunque: procedure chiare, checklist di verifica, chiarezza sui responsabili dell'esecuzione della procedura e delle verifiche, uso di database informatici per incrociare i dati (usando i codici fiscali). Manca qualcosa? Ah, sanzioni per chi sbaglia, perdono per errori veniali, frusta per grandi truffatori/devastatori di ambiente/corrotti e corruttori. Alla prossima.

Nulla da aggiungere.