Parliamo seriamente di Vendola (II). Concorrenza e mercato

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Nell'intervento precedente ho discusso le posizioni di Vendola sulla politica industriale. L'analisi ora continua con una discussione dell'approccio vendoliano a concorrenza e libero mercato.

La sinistra italiana ha sempre avuto un rapporto difficile con il libero mercato. L'idea che la concorrenza, la meritocrazia e la competizione possano essere utili strumenti per aiutare la mobilità sociale e per favorire proprio i più svantaggiati non ha mai preso realmente piede (anche se qui e là qualche flebile segnale di speranza si può cogliere). Non solo il libero mercato viene giudicato negativamente sul piano economico. Le posizioni più oscurantiste all'interno della sinistra tendono in aggiunta a caricare la concorrenza di significati morali negativi. La concorrenza è brutta perché stimola gli istinti più belluini dell'uomo: l'individualismo, la brama di possesso materiale, il disprezzo per gli altri e il successo economico come unica bussola di riferimento.

Vendola ha parlato troppo poco di queste cose per potergli ascrivere con certezza queste convizioni, ma echi di questa posizione si colgono per esempio all'inizio dell'intervista di agosto al Sole 24 Ore:

 

«Il dibattito dell'economia – dice – è asfittico e criptato, monopolizzato da tecnocrati, lobbysti e moralisti a libro paga. Un dibattito drammaticamente orfano di quell'etica della responsabilità che per me significa confronti con l'inviolabilità della vita e del vivente e porre un argine alla mercificazione del mondo. Cos'è la crisi? Una calamità naturale o il frutto avvelenato di quel potere soprannazionale della rendita e della speculazione finanziaria che ha umiliato il lavoro e ucciso milioni di imprese?».

 

Alla radice di queste posizioni sta spessissimo una radicale ignoranza su due aspetti.

Da un lato si ignora ciò che la concorrenza veramente è. Si scambia infatti la concorrenza per una specie di condizione primitiva e primordiale, uno ''stato di natura'' in cui le regole sono completamente assenti e l'unica cosa che conta è il risultato indipendentemente da come è raggiunto. Quindi ignorare la legge o piegarla a favore dei propri interessi, la distruzione dei beni comuni e addirittura il furto vero e proprio, vengono considerati come comportamenti che discendono direttamente dalla concorrenza e dal libero mercato. Come nel caso del signor Lamborghini, tanto per dire. Basta una minima conoscenza di teoria economica per sapere che non è così. La concorrenza per funzionare ha bisogno di regole chiare e uguali per tutti, e tali regole devono essere rigorosamente rispettate. Va aggiunto che almeno in Italia, ma non solo, la confusione è abbastanza comprensibile. L'esistenza di potenti personaggi che puntualmente piegano la legge ai propri interessi e poi si dicono a favore di concorrenza e libero mercato non può che generare confusione tra gli osservatori meno preparati. Da Vendola, così come da qualunque politico di rilevo nazionale, però ci aspetta un po' di più.

Dall'altro si fa continuamente confusione tra analisi economica e proposta etica. Le due cose, piaccia o meno, sono separate. Quando si fa analisi economica si parte da certe ipotesi plausibili (ed empiricamente verificabili) sul comportamento degli agenti economici, e si formulano modelli per cercare di capire, tra le altre cose, l'impatto dei provvedimenti di politica economica. L'economia si è beccata l'epiteto di ''scienza triste'' perché normalmente gli economisti tendono ad assumere che le motivazioni degli agenti economici siano abbastanza egoistiche. La cosa che molti sembrano non capire, o che fanno finta di non capire, è che gli economisti questa ipotesi non la fanno perché ritengono l'egoismo bello e giusto. La fanno perché, nella maggior parte dei casi, l'ipotesi sembra ben funzionare dal punto di vista empirico. I richiami alla ''etica della respondsabilità'' o cose del genere che ogni tanto affiorano appaiono quindi terribilmente fuori posto e generano confusione. Inoltre, per essere un po' brutali, puzzano proprio tanto di demagogia inconcludente e a buon mercato. Non è certo predicando la bontà che si risolvono i problemi di crescita dell'economia italiana.

A parziale discolpa di Vendola va detto che questo tipo di posizioni reazionarie anti-mercato sono comuni non solo nella sinistra italiana ma anche, e forse ancor più, nella destra. Su questo versante dello schieramento politico il fastidio verso la concorrenza tende a tingersi da un lato di clericalismo oltranzista (la concorrenza e il libero mercato, ci vien detto, sono pericolosi perché minano i valori della tradizione) e dall'altro di toni protezionistici e xenofobi, a livello sia nazionale sia regionale. Abbiamo scritto un libro, che presto uscirà con una nuova post-fazione, per spiegare come Tremonti abbia cercato di impossessarsi, a suo uso e consumo politico, di questo guazzabuglio di idee poco coerenti, per cui non insisteremo ulteriormente su questo. Ma di Vendola e della sinistra parla questo post, per cui torniamo al punto.

Ora, un paio di interviste sono poche per comprendere appieno la filosofia economia di qualunque persona pubblica, ma a nostro avviso l'oscurantismo e l'arretratezza di Vendola su questa questione appaiono con nitidezza nell'intervista al Sole 24 Ore di ottobre. Tra le altre cose in essa si afferma:

 

Noi siamo in una condizione disatrosa a causa di politiche liberiste. Artefice è Giulio Tremonti, con qualche corresponsabilità di Padoa-Schioppa.

 

C'è poco da fare, queste sono frasi che lasciano sbigottiti. Cominciamo dalla tesi di Tremonti artefice di politiche liberiste. Ho già ricordato che abbiamo scritto un libro per spiegare come Voltremont c'entri con il libero mercato quanto i cavoli a merenda, per cui non perderò tempo a confutare la tesi di Vendola. Osservo però che l'affermazione di Vendola è estremamente bizzarra. Tremonti stesso si vanta continuamente di essere un dirigista e la stampa che lo ossequia propaga con fervore questo messaggio. Persino Paolo Ferrero lo accredita di essere un non-liberista, che per Ferrero è inteso essere un complimento. Quindi l'affermazione di Vendola appare essere semplicemente la ripetizione meccanica e fuori tempo di vecchissimi stereotipi della sinistra, italiana e no, senza ormai nemmeno il più tenue legame con la realtà. Questo denota una bassissima volontà di recepire nuove idee e di andare al di là dei recinti tradizionali, che invece inizialmente Vendola aveva cercato di proporre come parte di un nuovo approccio alla politica. Francamente, quando si ha un senso della realtà inferiore a quello di Paolo Ferrero vuol dire che si è nei guai.

Per quanto riguarda i danni del ''paradigma liberista'' ed in che senso le ''politiche liberiste'' abbiano causato la crisi, è difficile fare valutazioni ulteriori senza sapere meglio cosa si intende. Di certo l'uso del termine non augura nulla di buono e di nuovo sembra indicare una certa pigrizia mentale, unita a mancanza di coraggio di uscire dal proprio recinto. Aspettiamo quindi di capire meglio, da Vendola o da chiunque altro vada ripetendo il mantra del ''paradigma liberista'', cosa esattamente significhi e quali siano i rimedi specifici proposti. E speriamo che il rimedio non sia la riproposizione del ''paradigma statalista''.

Ma passiamo alle questioni concrete. Perché preoccuparsi di queste posizioni, che possono in fondo apparire semplici enunciazioni di principio quando non banali trucchetti demagogici per accattivarsi a buon mercato una fetta dell'elettorato? In fondo fare predicozzi sulla necessità del comportamento morale in economia non aiuta ma nemmeno fa necessariamente danni. I danni, casomai, derivano dalle azioni concrete di politica economica che vengono intraprese, o più frequentemente che non vengono intraprese.

Da questo punto di vista ciò che preoccupa di più della posizione di Vendola non è la sua novità, la sua radicalità o la sua forza dirompente. Al contrario, è la sua sostanziale continuità con il pensiero unico della classi dirigenti politico-economiche italiane. Si consideri per esempio la seguente risposta tratta dall'intervista di agosto.

 

La crisi è ancora in atto, qual è la sua ricetta per uscirne?
Io penso che per fare ripartire l'economia bisogna uscire dall'angolo della superstizione liberista, in cui si canta il "de profundis" della spesa pubblica e si considera l'abbattimento del debito come una specie di dio pagano a cui sacrificare i poveri, le famiglie, le partite Iva, il welfare, e anche un pezzo di civiltà europea. Penso che oggi occorre sostenere la domanda interna, dare ossigeno ai ceti medio-bassi, aumentare l'area di consumo, sbloccare la spesa degli enti locali ibernata dalle ridicole penalità delle norme sul patto di stabilità. L'Italia affronta sacrifici durissimi senza alcuna prospettiva di crescita e un'intera generazione viene tagliata fuori dalla prospettiva del lavoro e del futuro.

 

Lasciamo perdere la prima frase propagandistica che è francamente ridicola. Dio pagano? Civiltà europea in pericolo? Ma figuriamoci. Guardiamo all'abbozzo delle proposte, che sono sostanzialmente di sussidiare il consumo (misura bizzarramente chiamata ''aumentare l'area del consumo''; forse fa a gara con Voltremont su chi inventa più frasi ad effetto per dire cose banali) e aumentare la spesa pubblica locale. Questo può sembrare diverso da ciò che sta facendo Tremonti ma non lo è affatto. Per esempio, appena insediato il nostro si sbracciava affermando la necessità di ''sostegno della domanda'', che poi voleva dire abolire l'ICI. E quanto giunge l'ora, la faccia dura del Tremonti rigorista si trasforma sempre nel sorriso compiacente del distributore di mancette. Basta guardare l'ultimo maxi-emendamento alla legge finanziaria, in cui tra le altre cose si viene incontro esattamente alla richiesta vendoliana di allentare il patto di stabilità per i comuni.

Una volta al governo Vendola, che ha più volte dato prova di pragmatismo, non potrà che prendere atto dei vincoli che sono imposti dalla presenza di un debito pubblico che naviga al momento verso il 120% del PIL. Per questa ragione i tassi sui nostri titoli di stato sono circa 1,5% in più che quelli sui titoli tedeschi. Si tratta di un sacco di soldi, pari grosso modo, se ci si perdona la spannometria, alla manovra tremontiana estiva e che Vendola aveva bollato con scarsissima fantasia di ''macelleria sociale''. Il punto molto semplice è che a passare dall'1,5% (o dal 2%, come durante la scorsa settimana) al 5% non ci vuole molto, come una rapida occhiata agli altri PIIGS dovrebbe rendere chiaro. Basta che il governo lasci andare per un po' i cordoni della borsa, convincendo i mercati che il tempo della responsabilità è già passato. Vendola lo sa, e sa anche che più di tanto le tasse non si possono aumentare. Ne segue che grandi programmi di aumento della spesa pubblica, indipendentemente dal giudizio sulla loro desiderabilità, semplicemente non sono possibili. Per cui tutte le menate sull'allargamento dell'area del consumo e sulla spesa degli enti locali non possono che ridursi, in perfetta continuità con la linea seguita finora, in interventi cosmetici e necessariamente di entità ridotta. In altre parole, cose del tipo ripetizione della detassazione dei premi di produzione e degli ''incentivi'' per motorini e motori fuoribordo, probabilmente con un twist di sinistra. Facile scommettere su ''incentivi verdi'' di un qualche tipo.

Il pensiero di Vendola, se si smussano un po' certe espressioni ideologiche, è in realtà il pensiero unico della classe dirigente politica italiana. Un pensiero che rifiuta di ammettere che la politica può tanto facilmente creare problemi quanto risolverli, che rifiuta di ammettere che i politici sono uomini come gli altri (soprattutto quelli convinti di essere migliori degli altri!) soggetti alle stesse tentazioni di fare il proprio interesse e agli stessi errori di giudizio. Un pensiero che ha generato l'orrendo intervento su Alitalia del governo di centrodestra e che rischia di generare simili mostruosità in un possibile prossimo governo di centrosinistra. Un pensiero, infine, che è il primo responsabile, per il tipo di politiche che ha generato, della scarsa dinamicità dell'economia e della società italiane.

Questo, alla fine, è forse l'aspetto più deludente della proposta economica di Vendola. Il meglio che di lui si può dire infatti è che è pragmatico. Che va bene, per carità, indubbiamente meglio pragmatico che pazzo. Ma il pragmatismo va bene per gestire l'esistente. Se vogliamo qualcuno che aggredisca alle radici la crisi italiana, che dia al paese una speranza di ritorno alla crescita, il pragmatismo non basta. In effetti essere pragmatici in un paese come l'Italia rischia addiirittura di essere deleterio, perché conduce rapidamente ad assuefarsi alle pratiche che hanno condotto il paese alla stagnazione. L'Italia in realtà ha bisogno di una rottura e di dirigenti che abbiano l'audacia di percorrere strade non battute.

Fino ad adesso Vendola non ha dimostrato di aver la stoffa per queste cose. Il fatto che nessun altro lo abbia fatto e che tanti politici, a cominciare da quelli che compongono l'attuale governo, siano peggio di lui è una ben magra consolazione.

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Commenti

Ci sono 63 commenti

D'accordo, Sandro. Solo un appunto: non direi sia corretto definire deludente la proposta economica di Vendola. La delusione, infatti, discende dalla mancata corrispondenza alle aspettative: really, ti pare possibile averne di credibili?

Il 70% del bilancio della Puglia va in spese sanitarie, come per le altre regioni italiane. La sanità pugliese è un disastro, e la magistratura se ne sta interessando attivamente, corrieredelmezzogiorno.corriere.it/bari/notizie/politica/2010/18-marzo-2010/sanitopoli-arrestato-sandro-frisulloavrebbe-accettato-denaro-ed-escort--1602676824562.shtml

Cosa c'è di "pragmatico"in tutto questo? Siamo proprio sicuri che i politici che compongono l'attuale governo siano peggio di lui?

Qunto a Spesa pubblica, ampliamenti dell'area del consumo, civiltà europea, bisogna ricordare la "lettera degli economisti" che sono della stessa area di Vendola. Comunque sono molto d'accordo che Vendola e Tremonti sono due facce della stessa medaglia. Quersta è la peggior condanna che al paese viene inflitta e si autoinfligge.

 

La triste verità è che a parte il gruppo di "pazzi" che ruota intorno a nFA (l'unico gruppo, per quel che vedo in giro, non ideologico) e pochi gruppi sparsi qua e là in Italia non esiste la cultura del cambiamento.

Non esiste la cultura dell'attacco al problema, ma la difesa "dal problema" (emblema la Ferrari di ieri: per guardare Weber ha perso Vettel), destra e sinistra interpretano e cercano di amplificare questo sentimento per i loro fini, Vendola non fa altro che promettere di difendere dal problema, a cui dà un nome, lo chiama "superstizione liberista", ma lo poteva anche chiamare Pippo, l'importante è dare sempre la solita risposta: occorre più Stato che ti difenda dai cinesi, da Marchionne, dagli speculatori avidi, dallo zio di Sabrina che ammazza le nipoti, etc., etc. Corollario di questa proposta è : lasciate fare allo Stato che sa tutto, noi politici meglio degli altri, cosa è bene e cosa è male.

Sono talmente scettico sulla possibilità di un cambiamento da parte dei politici italiani che auspico senza se e con qualche ma lo spezzettamento dell'Italia. Almeno cambia qualcosa.

Così, giusto per fare un pò di demagogia, la Camera ci costa circa 1 miliardo di euro l'anno, il Senato la metà, il PIL italiano nel 2009 è stato pari a 1.272 miliardi di euro, quindi il Cda Italia (escluso amministratore delegato, etc. , etc.) costa l'1,2 millesimi circa del fatturato.

La Fiat ha un fatturato di 50 mld di euro, se il Cda costasse l'1,2 millesimi costerebbe 50 mln di euro.

Ne costa 11,8. Qui una tabella dei costi dei Cda (interessante notare che  LaVoce rapporti i compensi alla capitalizzazione, cosa che un imprenditore non farebbe mai: si guarda la produzzione, non il valore in sè della società: misteri degli economisti). Altra notazione: i Cda delle società pubbliche sembrano costare più di quelli private. Forse sono gestite meglio.

 

Ho appena finito di leggere il vostro libro e stavo riflettendo su un pensiero che mi frulla da un po' di tempo, e questo post mi da l'occasione per condividere con voi almeno un punto.

Non è che abbiamo (intesi come popolo) bisogno più di rassicurazioni piuttosto che di buona politica?

Provo a spiegarmi: Tremonti ha un grande successo perchè non cerca di fornire spiegazioni logiche ai fatti, ma fornisce un nemico e un alibi a quel 99% delle persone che non sa di economia e/o politica e che si sente disorientato in questo mondo globalizzato che non capisce. In fondo alla questione, se diamo troppe informazioni all'uomo qualunque, non facciamo altro che accentuare questo disagio, perchè lo costringiamo a fare analisi su cose che sono troppo complicate e che alla fine portano a delle conclusioni frettolose, come: "ai miei tempi tutte queste cose non c'erano", oppure: "tanto sono tutti ladri", etc..

Vendola, altro non fa se non una operazione analoga, "vi difendo io da quelli brutti e cattivi che  non fanno i vostri interessi", e, come dare torto a tutti quelli che pensano che è meglio avere qualcuno che ti difende piuttosto che difendersi da soli dai "potenti" contro i quali non puoi vincere da solo.

Ecco, io ci vedo in questo un problema psicologico, più che economico, chi voterebbe un politico, il cui messaggio (vero o falso) sia quello che piuttosto che proteggere questa o quella categoria (alla quale magari faccio parte, a quindi mi interessa) si debba lasciare che il mercato faccia il suo lavoro? Quante persone si sentirebbero abbandonate al loro destino?

Berlusconi stesso ha fondato la sua fortuna politica su presupposti simili, il non-politico contro i politici, si presentava come un novello Don Quijote che tutti i deboli difendeva.

Io penso che la paura giochi un ruolo fondamentale nelle nostre scelte politiche, e che i nostri politici sono da molti percepiti come la nostra seconda mamma il cui ruolo è difenderci, e non lasciarci a sbrigare i nostri problemi da soli.

Insomma, prima di avere buoni politici, dobbiamo ancora crescere e abituarci all'idea che è meglio avere un buon arbitro piuttosto che un tifoso che insulti gli altri dagli spalti.

 

 

il PIL italiano nel 2009 è stato pari a 1.272 miliardi di euro,

dai un po di più : 1520,9

sei sicuro che il cda fiat costi così poco?

 

<em>Fiat, nel 2009 salgono i compensi
di Marchionne e Montezemolo
<em>

<em>L'amministratore delegato passa da 3,418 milioni di euro a 4,782 milioni, il presidente 5,177 milioni da 3,386<em>

 

Agli Elkann non diamo nulla , povere stelle?

E il costo di un CDA non sono solo stipendi dei consiglieri che per Senatori e Deputati sarebbero circa mezzo miliardo.   

 

 

 

Basta che il governo lasci andare per un po' i cordoni della borsa, convincendo i mercati che il tempo della responsabilità è già passato. Vendola lo sa, e sa anche che più di tanto le tasse non si possono aumentare.

 

Siamo sicuri che Vendola lo sappia?  Siamo sicuri che inebriato dalla benedizione di una vittoria elettorale non se ne dimentichi?  In Argentina c'e' un'intera classe dirigente che ritiene che non rimborsare interessi e titoli di Stato e appropriarsi delle risorse della banca centrale sia una politica socialmente corretta e non nuoccia alla credibilita' internazionale di lungo termine e all'economia del loro Stato.  C'e' evidenza empirica che Vendola non sia della stessa pasta?  L'evidenza che ho io e' che Vendola afferma che e' sbagliato ridurre il debito pubblico e rispettare patti di stabilita' finanziaria di Stati ed enti locali, che personalmente ritengo ragionevoli.

 

In Francia oggi ritorna ministro Alain Juppè, una figura che ha fatto discutere:

http://fr.wikipedia.org/wiki/Alain_Jupp%C3%A9#Affaires_judiciaires

 

''etica della responsabilità''

 

penso si riferisse a Max Weber

La formula è weberiana, ma ha senso solo in contrapposizione con l'etica della convinzione, cioé con l'ideologia.

Se Vendola si ispirasse davvero a Weber, non potrebbe sensatamente dire certe cose.

 

La crisi è ancora in atto, qual è la sua ricetta per uscirne?
Io penso che per fare ripartire l'economia bisogna uscire dall'angolo della superstizione liberista, in cui si canta il "de profundis" della spesa pubblica e si considera l'abbattimento del debito come una specie di dio pagano a cui sacrificare i poveri, le famiglie, le partite Iva, il welfare, e anche un pezzo di civiltà europea. Penso che oggi occorre sostenere la domanda interna, dare ossigeno ai ceti medio-bassi, aumentare l'area di consumo, sbloccare la spesa degli enti locali ibernata dalle ridicole penalità delle norme sul patto di stabilità. L'Italia affronta sacrifici durissimi senza alcuna prospettiva di crescita e un'intera generazione viene tagliata fuori dalla prospettiva del lavoro e del futuro.

 

 

Quando vedo pronunciate cose del genere non so se sperare che siano dette in malafede o in preda a deliri lisergici...in ogni caso e' sufficiente in entrambi i casi a garantirsi che l'Italia non invertira' la rotta, ma cabotera' cullandosi nell'illusione di un mitico passato (quale poi?) in cui tutti stavano bene, dando la colpa della mancata crescita (perche' non si crescera') a chi preferite voi, incluso Godzilla.

Arghhhh

Fatto aneddotico probabilmente indicativo dello stato della Sanita' in Puglia durante il secondo mandato consecutivo di N.Vendola alla guida della Regione.

Dal Corriere della Sera di oggi:

Brindisi
Assenteismo alla Asl: per visitare pazienti "privati" e a pagamento
Ventiquattro arrestati e 45 indagati. Provocavano lunghe liste d'attesa nel  servizio pubblico

In presenza di fatti come questo, piuttosto che ritenere contrari alla civilta' i vincoli finanziari di bilancio, perche' N.Vendola non riconosce la necessita' di far lavorare con onesta' ed efficienza i dipendenti pubblici regionali, spesso lautamente retribuiti specie a vertici e nel settore delle consulenze?

Gent.mo Sandro Brusco,

la scelta di parlare seriamente di Vendola a me pare giusta e corretta. Grazie.

Tuttavia non sono molto interessato da "sinistra"

(cioè dal luogo abitato ancora, forse, da chi crede in un progetto politico

per l'estensione dei diritti -alla salute, all'abitazione, al lavoro, alla conoscenza, alle relazioni-,

e quindi delle libertà e delle opportunità a tutte le persone,

a prescindere da tutte le loro caratteristiche soggettive di essere),

alla sua critica delle idee di Vendola riguardo a concorrenza e mercato,

specie se a partire dal testo di qualche intervista,

ma davvero sarei molto interessato

(il dialogo tra diversi potrebbe produrre idee e scelte nuove e coraggiose)

alla sua critica, ad esempio, per ora, del brano appresso riportato.

E tanto perché riferirsi solo e sempre a un leader e alle sue parole non solo è sbagliato,

ma pare sia anche la dannazione di questi tempi in Italia, pur per le intelligenze più attente.

O no?

Ecco il brano tratto dal Manifesto, nel quale si riconosce la nuova sinistra con Vendola Presidente.

"2010 come 1929: se ne esce solo con una Grande Riforma.

Dopo il ’29, con Keynes e Roosvelt negli Usa e con il socialismo in Europa dopo la
guerra, con l’intervento pubblico volto a sostenere la domanda e con l’edificazione
del Welfare, cambiò profondamente l’economia, la politica e la natura della società.
E oggi?
Il primo passo urgente è fermare la mano alla speculazione finanziaria. Qualche
provvedimento di freno agli eccessi di Wall Street è stato assunto negli Stati Uniti per
iniziativa del presidente Obama. In Europa regna il caos. Il vertice prima G8 poi G20
di giugno, che ha disdetto gli impegni già assunti con gli Obiettivi del Millennio, ha
assunto una linea che combina rigorismo sui debiti sovrani (dimezzare i deficit entro
il 2013) e pavidità verso banca e finanza. Un colpo secco allo Stato sociale, una linea
economica deflazionistica, la mano libera agli speculatori. Così non se ne esce. E’
necessaria un’azione politica del tutto diversa.
L’azione politica può essere efficace se mette in campo contemporaneamente un
ventaglio di proposte incisive, che cambiano subito le regole. Sono tutte ipotesi note
e da tempo sul tappeto. Occorre: separare di nuovo banche di risparmio e banche di
investimento e di affari; limitare i bonus e i diritti di stock option di manager e
banchieri: frenare gli hedge fund e i credit default swap (obbligare chi scommette sui
derivati a depositare in banca il denaro corrispondente); vietare lo short selling
(vendita allo scoperto); stabilire sanzioni pesanti a chi spaccia titoli spazzatura con
rating positivi fasulli; istituire una agenzia di rating europea. E soprattutto: introdurre
una tassa sulle transazioni finanziarie. Si può cominciare con la proposta più
semplice, che viene ampiamente promossa sul web: lo 0.005 su tutte le transazioni.
E una nuova Bretton Woods: se non c’è un nuovo accordo globale sui cambi, la
guerra economico-monetaria, in presenza di capitali senza frontiere, può in qualsiasi
momento trasformarsi in qualcos’altro.
Questo sarebbe un piano che limita le azioni predatorie dettate dall’avidità. Che
frena libertà e velocità di movimento del capitale finanziario. Ma occorre guardare
ancora di più al cuore del problema.
Da dove viene la liquidità praticamente illimitata a disposizione dei soggetti
dominanti il mercato mondiale? Viene dall’illimitato sfruttamento di lavoro umano,
materia ed energia.
“Sinistra, ecologia e libertà” unisce tre discorsi, che, per chi guarda la realtà senza lo
schermo di cattive ideologie, non possono e non potranno mai più apparire separati:
Il lavoro degli uomini, i cicli naturali, una civiltà fondata sullo sviluppo di
responsabilità, facoltà e libertà umane".

In attesa di una sua utilissima critica, la saluto e la ringrazio.

 

Perché mai Sandro Brusco dovrebbe rispondere al brano trascritto? si legga il dibattito sulla lettera degli economisti e quello sulla proposta della Tassa sulle transazioni finanziarie, senza costringerci a discutere di nuovo sugli stessi temi. 

e poi dicono che mancano le idee! pesco dal mazzo:

 

...stabilire sanzioni pesanti a chi spaccia titoli spazzatura con
rating positivi fasulli; istituire una agenzia di rating europea...

 

credo che ci siano più errori che parole. il titoli spazzatura sembra siano i titoli che sono andati male, spacciati ai risparmiatori, la mitica vecchina eccecc. ora, anche a me piacerebbe restituire all'intermediario le azioni che non vanno bene, e magari vederlo multato. i titoli spazzatura, i junk bond appartengono ad un'altra era geologica, quella di m.milken ed hanno la caratteristica di avere rating basso oppure nessun rating, altro che tripla a. volevano dire titoli tossici o salsiccia? quelli mica sono finiti nei portafogli del retail , erano comprati esclusivamente dai più bei nomi della finanza, che evidentemente li valutavano in accordo coi confezionatori, senza sostanziali asimmetrie informative. la bella idea di un'agenzia europea "per darsi i voti da soli" è finita in questo modo.

 

frenare gli hedge fund e i credit default swap (obbligare chi scommette sui
derivati a depositare in banca il denaro corrispondente); vietare lo short selling...

 

gli hedge non sono stati l'epicentro di questa crisi, però hanno un brutto nome e quindi... idem i cds. le scommesse non sono sui derivati, ma sono i derivati. se vogliamo portare le marginazioni al 100% del nozionale, equivale a vietarli del tutto. si può fare, ma, secondo lo stesso principio di precauzione, si dovrebbe imporre alle assicurazioni  una riserva pari alla somma dei massimali garantiti. :-). se vieto lo short selling, la vendita senza il titolo,  vieterei anche gli acquisti senza i soldi, che è speculazione al rialzo. via dunque anche i mutui immobiliari?

boh,sembra che la finanza tutta sia il nemico del popolo.

 

 

Complimenti prof. Brusco per la lucida e raffinatissima analisi socio-politica.

Mi permetta solo di aggiungere alcuni elementi che potrebbero chiarire il quadro teorico di riferimento e rendere maggiormente fruibile il suo pensiero soprattutto da parte delle giovani generazioni:

1) Innanzitutto non bisogna dimenticarsi che, ancora oggi, i comunisti mangiano i bambini, mancando riscontri empirici che neghino questa evidenza;

2) Gli italiani dovrebbero anche ricordarsi che l'Italia non fa più parte dell'Unione delle Repubbliche Socialista Sovietiche (URSS);

3) Si dovrebbe anche ribadire con chiarezza che non c'è nulla di male nella mercificazione del mondo: come è noto, il valore della vita umana è perfettamente calcolabile (gli assicuratori lo fanno tutti i giorni), così come è perfettamente calcolabile tutto ciò che esiste al mondo, compreso il mondo stesso o quella porzione di mondo nota come "pianeta terra" che, notoriamente, versa in ottima salute;

4) I politici non capiscono i modelli economici: invece di dedicarsi all'elaborazione di calcoli, formule, tabelle e grafici, si interessano ottusamente alle persone e alle loro azioni e interazioni: banali  e caotici epifenomeni del tutto ininfluenti sul quieto ed armonioso scorrere delle interazioni tra variabili quantitave;

5) L'ideologia dominante NON è il liberismo. Il liberismo non è neppure un'ideologia. E se dite il contrario siete dei blasfemi e degli infedeli.

Ecco, così si capisce tutto molto meglio!

 

Sandro,

i tuoi due articoli per forza di cose si basano su stralci di interviste e dichiarazioni pubbliche.

Quindi credo facilmente rispedibili al mittente dal criticato con un classico "Lei ha estrapolato delle frasi dal contesto stravolgendone il senso generale" (sempre che ci tenga a farlo).

In ogni caso il topic è più che interessante e merita tutta l'attenzione necessaria

Allora, senza pretesa di rubare il lavoro alla redazione, avrei una proposta: Perchè non approntare 5 domande dirette sulle posizioni di politica economica dei politici che aspirano a fare i governanti?

Magari gli si chiede di rispondere brevemente (il max 10 righe dei compiti scritti) e si mandano ai loro uffici stampa.E vediamo chi risponde e come...

Stefano

 

 

 

 

Per quel che conta, sottoscrivo. In particolare, mi sembra che Vendola tenda a rispondere...

 

Quindi, in sintesi, a Vendola non si puo' imputare nessuna particolare colpa dal punto di vista economico, visto che, da questo punto di vista, rappresenta ne' piu' che meno il politico italiano medio. Cioe', nessun politico in Italia ha vedute piu' ampie, se si eccetua forse la coppia Bersani-Visco. In effetti, e' ancora tutto da vedere, ma e' ben auspicabile che in un futuro governo Vendola sia proprio Visco (e magari anche Bersani), ad occuparsi di finanza pubblica, fisco, e politiche industriali.

 

Per come la vedo io, le colpe imputabili a Vendola sono tante. Il problema è che si presenta come il nuovo, ma non fa altro che dire roba vecchia, roba che non ha mai portato a nulla di buono, tra l'altro.

La colpa in ciò è di prendere per l'ennesima volta per i fondelli la gente, contribuendo non poco a rovinare quel poco di capitale sociale che ci è rimasto. Quelli che seguono Vendola, molte volte, sembrano veramente convinti, persone che veramente credono in quelle cose. Cosa ne sarà di questo "popolo" quando le carte verranno fuori e si scoprirà che quella di Vendola era solo retorica?

 

In questo e nell'altro articolo si analizza l'ipotetico disegno politico di Vendola.

Ma si sa qualcosa della sua eventuale squadra?

Cioè Vendola ha dei consiglieri economici? Nel suo staff chi si occupa di sanità di istruzione ecc?

Perché un ipotetico governo Vendola non sarà composto da tutti Nichi Vendola e la composizione del team potrebbe cambiare molto la cosa.

Siamo già in grado di farcene un'idea o è troppo presto?

Potrebbe essere meglio (oppure peggio) di quello che pensiamo ora no?

Ma, Vendola da solo non potra' mai fare un governo ne' vincere le elezioni. Potrebbe fare entrambe assieme al PD, e a questo punto la squadra sarebbe quasi fatta, immagino.

ma l'epiteto "scienza triste" non è dovuto al finemondismo di quello sfigatone di Malthus?

io ho sempre pensato che fosse "triste" per via dell'impossibilità della verifica sperimentale, che rende le discussioni infinite e le previsioni quanto mai incerte.

siamo già a tre motivazioni diverse, direi plausibili. è proprio triste, allora :-)

 

 

 

 

Non sono d'accordo su più aspetti, ma vorrei concentrarmi sul discorso iniziale sulla concorrenza, bene...che cos'è e come si definisce concorrenza? Se parliamo di liberismo e devo finisce il liberismo? 
Tutti concorderemo che un mercato libero sia migliore, ma che va limitato con delle regole chiare per evitare distorsioni. Bene, ma allora non è libero. In questo caso perde di senso il discorso di Brusco, invece ne ha e da vendere quello di Vendola.
Quello che voglio dire è che entrambi dite la stessa identica cosa, ma in modi diversi e dandovi del "bugiardo". Uno dice, il mercato deve essere libero, ma le leggi devono controllarlo, l'altro dice lo stato deve limitare il mercato per essere libero. Cosa cambia?

Il discorso di Vendola che critichi ad inizio pagina non dice nient'altro..

Quasi mi verrebbe da fare il discorso al contrario, ovvero, non è che gli economisti hanno un pregiudizio verso la sinistra che "una volta" voleva controllare il mercato e ora voglio mettere delle regole chiare al mercato? Che poi è quello che voglio fare gli economisti!

C'è chi bolla di demagogia i discorsi altrui senza pensare ai propri.
Tu stesso dici "L'idea che la concorrenza, la meritocrazia e la competizione possano essere utili strumenti per aiutare la mobilità sociale e per favorire proprio i più svantaggiati non ha mai preso realmente piede" e cerchi nelle parole di Vendola di ricostruire questa tua convinzione (che mi pare molto Berlusconiana, stile Mamma li comunisti!).

PS. Non sono voluto entrare nel merito di servizi particolari (come sanità, acqua, ecc..) perché il discorso è un po' più complicato. Più politico che economico (non me ne vogliano gli economisti!).

"entrambi dite la stessa identica cosa, ma in modi diversi e dandovi del "bugiardo". Uno dice, il mercato deve essere libero, ma le leggi devono controllarlo, l'altro dice lo stato deve limitare il mercato per essere libero. Cosa cambia?"

Ad una domanda così posta, la risposta è - ovviamente - nulla. Ma è, ovviamente, un framing effect.

In realtà la contrapposizione è tra chi ritiene che il diritto debba limitarsi a garantire il funzionamento del mercato, tutelando la concorrenza, il rispetto dei contratti e della proprietà, l'ordine pubblico, ecc,. e chi ritiene che invece il diritto debba indirizzare il mercato verso obiettivi scelti non dai partecipanti ma dal potere politico. 

A diversi punti di vista corrispondono diverse tecniche d'intervento; poi, naturalmente, si dànno posizioni intermedie e pratiche più complesse.

 

Ieri a Ballaro', mi e' capitato di notare Vendola dire che Tremonti ha fatto riforme di "macelleria sociale". Ora, qualcuno ha chiaro in mente a cosa si riferiva di preciso? Perche' mi sfugge.

Vendola usò il termine in occasione della manovra estiva. Credo si riferisca in particolare all'aumento surretizio dell'età pensionalbile via ''finestre'' e ai tagli lineari a scuola/università ed enti locali.

Ieri a Ballaro', mi e' capitato di notare Vendola dire che Tremonti ha fatto riforme di "macelleria sociale"

Talvolta l'utilizzo di una certa terminologia squalifica il soggetto che la usa. IMHO "macelleria sociale" è uno di quei termini.

Dato che nei commenti si sono fatti alcuni confronti tra la Puglia e altre regioni, è interessante dare un'occhiata ai risultati del rapporto Copaff sui costi sostenuti dalla varie regioni per pagare la propria classe politica e la propria burocrazia.

I risultati sono prevedibili per alcune regioni e sorprendenti per altre.

C'è da dire che la Puglia se la cava abbastanza bene, dato che ha costi pari a €. 89,80 pro capite, al quarto posto tra i virtuosi, dopo i 61,5 della Lombardia, 78 della Liguria e 86 del Veneto.

I costi maggiori li hanno le regioni a statuto speciale, oltre a Lazio, Abruzzo e Molise