Il matrimonio omosessuale: non si può fare

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Un rapido sguardo alla recente sentenza della Corte Costituzionale, che ha rigettato la questione di costituzionalità del divieto di matrimonio tra persone dello stesso sesso.

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 138 del 2010, ha deciso che il matrimonio tra persone delle stesso sesso non può essere tutelato dalla Costituzione e che il suo divieto non è incostituzionale.

La questione, già trattata qui su nFA, era stata portata all'attenzione della Corte dal Tribunale di Venezia e dalla Corte di Appello di Trento. Questi giudici, dovendo decidere sul rifiuto, da parte degli uffici dello stato civile dei rispettivi comuni, di accettare le pubblicazioni di matrimonio tra due persone dello stesso sesso, avevano ritenuto che l'impossibilità, per gli omosessuali, di contrarre matrimonio fosse incompatibile con i principi della nostra costituzione ed in particolare con gli articoli 2, 3 e 29, rimettendo quindi la questione alla Corte Costituzionale.

 

Per comodità di tutti, riporto qui gli articoli 2, 3 e 29 della Costituzione

 

Art. 2) La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

 

Art. 3) Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale  e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione; di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

 

 

Art. 29) La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.

Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare.

 

 

Oggi la Corte ha respinto entrambi i ricorsi, perchè inammissibili ed infondati. Senza voler entrare troppo nel dettaglio e cercando di evitare i tecnicismi giuridici, cerchiamo di analizzare brevemente la sentenza e di capire se i giudici hanno lasciato comunque aperto uno spiraglio al riconoscimento delle aspettative degli omosessuali. Diciamo subito che la sentenza, pur riconoscendo in parte fondate le aspettative dei ricorrenti, nella sostanza rappresenta una pietra tombale sulla prospettiva che, anche in Italia, ci sia prima o poi un matrimonio tra persone dello stesso sesso, con le medesime caratteristiche di quello eterosessuale.

 

La sentenza è lungamente motivata e parte da una considerazione di principio sostanzialmente condivisibile.

 

l’istituto del matrimonio civile, come previsto nel vigente ordinamento italiano, si riferisce soltanto all’unione stabile tra un uomo e una donna. Questo dato emerge non soltanto dalle norme censurate (ossia vari articoli del codice civile ndr), ma anche dalla disciplina della filiazione legittima (artt. 231 e ss. cod. civ. e, con particolare riguardo all’azione di disconoscimento, artt. 235, 244 e ss. dello stesso codice), e da altre norme, tra le quali, a titolo di esempio, si può menzionare l’art. 5, primo e secondo comma, della legge 1 dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), nonché dalla normativa in materia di ordinamento dello stato civile. In sostanza, l’intera disciplina dell’istituto, contenuta nel codice civile e nella legislazione speciale, postula la diversità di sesso dei coniugi.

In pratica, i giudici riconoscono un fatto abbastanza auto-evidente, ossia che per il sistema giuridico italiano - codice civile e numerose leggi speciali - il matrimonio presuppone che i sessi dei coniugi siano diversi, senza contare il fatto che in numerose norme si fa espresso riferimento ai ruoli di "marito" e "moglie", che non possono essere ovviamente altro che "maschio" e "femmina".

Dovendo dunque decidere se scardinare questo sistema, estendendo alle unioni omosessuali la disciplina del matrimonio civile, i giudici hanno ritenuto che la nostra carta costituzionale non giustifichi un tale intervento e non perchè anche agli omosessuali non possa essere riconosciuto il diritto alla tutela giuridica dei diritti e doveri connessi alla loro unione, ma perchè, secondo la Corte, la via per ottenere tale tutela non può essere il matrimonio. Così infatti ha motivato con riferimento alla presunta violazione dell'articolo 2 della Costituzione

per formazione sociale (tutelata dall'art. 2 della costituzione - ndr) deve intendersi ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di  relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico. In tale nozione è da annoverare anche l’unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone – nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge – il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri.

precisando però che

Si deve escludere, tuttavia, che l’aspirazione a tale riconoscimento – che necessariamente postula una disciplina di carattere generale, finalizzata a regolare diritti e doveri dei componenti della coppia – possa essere realizzata soltanto attraverso una equiparazione delle unioni omosessuali al matrimonio ... Ne deriva, dunque, che, nell’ambito applicativo dell’art. 2 Cost., spetta al Parlamento, nell’esercizio della sua piena discrezionalità, individuare le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni suddette

Neanche il richiamo agli articoli 3 e 29 della costituzione è stato poi ritenuto idoneo

è vero che i concetti di famiglia e di matrimonio non si possono ritenere “cristallizzati” con riferimento all’epoca in cui la Costituzione entrò in vigore, perchè sono dotati della duttilità ropria dei princìpi costituzionali e, quindi, vanno interpretati tenendo conto non soltanto delle trasformazioni dell’ordinamento, ma anche dell’evoluzione della società e dei costumi. Detta interpretazione, però, non può spingersi fino al punto d’incidere sul nucleo della norma, modificandola in modo tale da includere in essa fenomeni e problematiche non considerati in alcun modo quando fu emanata.

Ritengono infatti i giudici costituzionali, che la nostra costituzione, quando parla di famiglia o matrimonio, lo faccia esclusivamente con riferimento all'unione tra un uomo e una donna, dato che i costituenti:

tennero presente la nozione di matrimonio definita dal codice civile entrato in vigore nel 1942, che, come sopra si è visto, stabiliva (e tuttora stabilisce) che i coniugi dovessero essere persone di sesso diverso. In tal senso orienta anche il secondo comma della disposizione che, affermando il principio dell’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, ebbe riguardo proprio alla posizione della donna cui intendeva attribuire pari dignità e diritti nel rapporto coniugale

Una differente interpretazione, secondo i giudici, non sarebbe una semplice rilettura del sistema, ma una vera e propria interpretazione creativa, in quanto

con riferimento all’art. 3 Cost., la censurata normativa del codice civile che, per quanto sopra detto, contempla esclusivamente il matrimonio tra uomo e donna, non può considerarsi illegittima sul piano costituzionale. Ciò sia perché essa trova fondamento nel citato art. 29 Cost., sia perché la normativa medesima non dà luogo ad una irragionevole discriminazione, in quanto le unioni omosessuali non possono essere ritenute omogenee al matrimonio.

In sostanza, la Corte Costituzionale ci dice che:

- l'unione omosessuale è tutelata dall'articolo 2 della Costituzione;

- l'unione omosessuale non è tutelata dall'articolo 3 della Costituzione e quindi la disparità di trattamento con gli eterosessuali non è incostituzionale;

- i concetti di famiglia e matrimonio, tutelati e previsti dalla Costituzione, sono solo quelli tra un uomo e una donna;

- lo strumento per ottenere il riconoscimento dei diritti e doveri della coppia omosessuale non può essere il matrimonio;

- deve essere il Parlamento, con una legge ordinaria, a concedere una qualche forma di tutela alle unioni omosessuali.

 

Da questa sentenza discendono due rilevanti conseguenze di natura strettamente giuridica:

 

1 - una legge a tutela delle unioni omosessuali non sarebbe incostituzionale, ma anzi troverebbe giustificazione e garanzia nell'art. 2 della Costituzione. La questione pare ovvia, ma ancora sino a poco tempo fa era dibattuto il problema se una legge a tutela delle unioni di fatto e/o di quelle omosessuali fosse costituzionale o meno per violazione dell'art. 29 cost. Oggi almeno questa questione è morta e sepolta e nulla, costituzionalmente parlando, impedisce l'emanazione di una legge di questo genere;

2 - una legge che introducesse nel nostro ordinamento il matrimonio omosessuale, equiparato tal quale a quello eterosessuale, sarebbe invece incostituzionale per violazione dell'art. 29 della costituzione.

Le affermazioni della Corte Costituzionale che la "famiglia fondata sul matrimonio", prevista dal citato art. 29 cost., è esclusivamente quella tra uomo e donna e che le unioni omosessuali non possono essere "omogenee" al matrimonio, rappresentano - a costituzione vigente - la parola fine alla possibilità che il matrimonio omosessuale possa trovare cittadinanza in Italia.

Ipotizziamo infatti che, tra qualche anno, un parlamento più attento alle libertà civili decidesse di fare come in Spagna o in altre nazioni e prevedesse l'irrilevanza del sesso nel matrimonio. Ebbene, questa legge, in base ai principi oggi stabiliti oggi dalla Corte Costituzionale, se portata a giudizio, avrebbe notevoli possibilità di essere dichiarata incostituzionale.

Gli omosessuali, dunque, oggi possono solo attendersi una legge ordinaria che riconosca loro una qualche forma di tutela, i cui contenuti dovranno essere determinati dal legislatore, ma come e quando non è dato sapere.

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Commenti

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Ritengono infatti i giudici costituzionali che la nostra costituzione, quando parla di famiglia o matrimonio, lo faccia esclusivamente con riferimento all'unione tra un uomo e una donna dato che i costituenti:

tennero presente la nozione di matrimonio definita dal codice civile entrato in vigore nel 1942, che, come sopra si è visto, stabiliva (e tuttora stabilisce) che i coniugi dovessero essere persone di sesso diverso. In tal senso orienta anche il secondo comma della disposizione che, affermando il principio dell’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, ebbe riguardo proprio alla posizione della donna cui intendeva attribuire pari dignità e diritti nel rapporto coniugale

io di diritto non so niente ma mi pare strana 'sta cosa: si interpreta la volontà dei costituenti sulla base della loro nozione di matrimonio . Ma funzionasse solo così, i mutamenti civili e sociali del costume non potrebbero influenzare di molto la Costituzione: arrivando agli estremi con questa interpretazione, anche la legge sul divorzio potrebbe essere incostituzionale ("garanzia dell'unità familiare"). Allo stesso tempo non si potrebbe dire che, essendo stati i costituenti persone illuminate che hanno improntato la carta alla massima modernità e apertura sui diritti civili, dovrebbero essere recepiti anche cambiamenti come il matrimonio tra coniugi dello stesso sesso qualora divenissero pienamente accettati dalla morale comune e dal Parlamento che la interpreta?

 

 

 

una legge che introducesse nel nostro ordinamento il matrimonio omosessuale, equiparato tal quale a quello eterosessuale, sarebbe invece incostituzionale per violazione dell'art. 29 della costituzione.

 

Siamo sicuri? Perche' se la corte afferma che

 

le unioni omosessuali non possono essere ritenute omogenee al matrimonio.

 

questo non mi sembra implicare che una legge che conceda alle coppie omosessuali gli stessi diritti delle coppie etero sia contraria all'articolo 29 della costituzione.

Detto questo, in un paese civile si riunirebbe il parlamento, approverebbe una forma di PACS e morta li. Invece l'Italia e l'Irlanda restano gli unici paesi dell'europa occidentale a non riconoscere le unioni omosessuali. In Irlanda almeno c'e' una proposta di legge al vaglio del parlamento che - wikiwise - sembra avere un vasto consenso. L'iItalia invece si conferma once again come il paese piu' arretrato del gruppo in quanto a integrazione, tolleranza e diritti civili. C'e' da vergognarsi ad essere Italiani.

Questa e' un'osservazione che viene da una pratica professionale.

Se "marito" e' maschile e "moglie" e' femminile, ergo il matrimonio e' solo tra un maschio e una femmina, posso sposare (con delega del sindaco, beninteso) una sedia e un armadio?

Non riesco a comprendere, mai giuristi mi illuminino, come il "genere" (che e' un marchio lessicale, cfr. il sole e' maschio e la luna femmina, in Italiano, neutri tutti e due in Inglese, esattamente il simmetrico opposto in Tedesco [die Sonne und der Mond]) sia un'indicazione di qualsiasi cosa.

Se due femmine omosessuali tirano a sorte e una fa il marito e una fa la moglie, che cosa c'e' di differente dal fatto che i sommergibili sono femmine (in Inglese--- spiego perche' solo se necessario perche' divine lungo e complicato) e le carote no?

La costituzione dice che il sesso  dev'essere diverso, ma: in genere o in lunghezza? Qualora non sia specificato intravedo una soluzione.

Battute a parte, non intendendomi di diritto chiedo "l'incostituzionalità" è veramente così palese ed incontestabile o si può interpretare? Non sembri una domanda folle, mi sto solo ricordando dei famosi aumenti del bollo auto retroattivi di qualche decennio fa.

Se effettivamente fosse incontestabile rimarrebbe la possibilità di modificarla (credo comporti un doppio passaggio alle camere della legge con una maggioranza di due terzi). Certo ci vuole la volontà politica ed il presupposto di abitare in un paese  di bigotti (ipocritamente bigotti) non aiuta.

 

 

Sinceramente, mi sembra che i giudici si siano arrampicati sugli specchi. Mi pare ci siano due argomentazioni entrambe logicamente incorrette

1) Una serie di articoli di legge ordinaria presuppongono la diversità di sesso dei coniugi, per esempio le leggi sulla filiazione o sul disconoscimento. 

A me sembra incoerente cercare fondamenti di costituzionalità di una legge ordinaria usando altre leggi ordinarie? Forse che la corte non ha mai dichiarato una norma incostituzionale senza dichiararne altre incostituzionali nella stessa sentenza? In ogni caso, non c'era nessun bisogno di dichiarare le norme sulla filiazione, per esempio, incostituzionali, è ovvio che tali norme si applicano alle coppie che fanno figli in modo naturale, e non alle altre, omosessuali o meno (per esempio, forse che le norme sul disconoscimento di paternità si applicano a chi ha figli adottivi?)

2) Resta l'osso più duro, la frase dell'art. 29 "Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi". I giudici dicono in sostanza, che senso ha questa frase se i due hanno stesso sesso? Deve per forza riferirsi al fatto che i sessi sono diversi perché la donna è ritenuta inferiore. A me sembra che questa interpretazione implichi logicamente che non può esserci disuguaglianza morale fra due persone dello stesso sesso. Senza contare il fatto, veramente stupefacente, che i giudici nel pesare l' art.3 e art.29 hanno dato priorita' all'articolo 29. L'idea poi che i giudici si siano appellati, per quanto vagamente, alla volontà del legislatore costituzionale mi pare una novità, visto che normalmente non è un principio da loro seguito.

Il fatto e' che il matrimonio e' un istituto che comporta 1) obblighi reciprochi dei coniugi 2) obblighi verso i figli, per chi ne ha, 3) obblighi dello stato di tipo finanziario nei confronti dei vedovi (reversibilita', etc...) 4) diritti vari di ciascun coniuge verso l'altro (legittima, etc..) e sfido chiunque a trovare uno di questi diritti / doveri specificamente legato al sesso dei coniugi, tranne che in casi ovvi (il disconoscimento di paternita' lo puo' fare solo il padre naturale, la presunzione di paternita' si applica solo a chi fa figli con una moglie femmina) che restano marginali nell'impianto legislativo dell'istituto, visto che non tutti i coniugi fanno figli. Altrimenti, estendendo la logica, se tutta la baracca si basa su questo allora non si dovrebbero estendere i diritti/doveri nemmeno ai coniugi senza figli: se il legislatore costituzionale ha parlato di paternita' etc.. allora doveva per forza intendere che la "famiglia naturale" e' quella con figli. 

Sul tuo punto 2 finale, mi pare stia esagerando. Il legislatore sara' pure libero di stabilire una serie di diritti e doveri per un istituto come vuole. Ed in ogni caso, non potra' copiare di sana pianta gli articoli sul matrimonio che riguardano la filiazione, quindi il rischio non esiste nemmeno (se lo facesse non e' nemmeno vero che siano incostituzionali, sono semplicemente inapplicabili, ed e' per questo che la legge attuale basterebbe). 

Per concludere, io non sono pessimista. Lo spazio per una dichiarazione di incostituzionalità c'è tutto, ma non ora. Magari fra 250 anni. 

Sinceramente, mi sembra che i giudici si siano arrampicati sugli specchi. 

Anche a me, e mi pare che l'abbiano fatto veramente alla grande.

Questa intepretazione dell'articolo 29 esclude il matrimonio fra uomini o fra donne dello stesso gruppo etnico ma non matrimoni omosessuali interraziali, ad esempio, visto che alcune razze sono discriminate oggi come le donne al tempo in cui la costituzione fu scritta.

Effetti perversi dell'arrampicarsi sugli specchi.

 

 

 

l'unione omosessuale non è tutelata dall'articolo 3 della Costituzione e quindi la disparità di trattamento con gli eterosessuali non è incostituzionale

 

Non ho letto per intero la sentenza, ma credo non sia così. Cioè non è che le unioni tra omosessuali non siano tutelate dall'art. 3... è che il principio di uguaglianza (cioè appunto l'art. 3) prevede che situazioni uguali siano trattate in maniera uguale, mentre situazioni diseguali siano trattate in maniera diseguale. Le unioni omessuali sono tutelate dall'art. 3, ma lo sono per quello che sono (scusate il gioco di parole), quindi per esempio sarebbe incostituzionale una legge che discriminasse tra una coppia omosessuale ed un'altra coppia omosessuale, per violazione dell'art. 3. Al contrario, come dice la corte, non è incostituzionale la discriminazione (in senso tecnico) tra una coppia etero ed una omosessuale, perchè trattandosi di due situazioni diseguali DEVONO essere trattate in maniera diseguale, giusto il principio di cui all'art. 3.

 

2 - una legge che introducesse nel nostro ordinamento il matrimonio omosessuale, equiparato tal quale a quello eterosessuale, sarebbe invece incostituzionale per violazione dell'art. 29 della costituzione.

 

La sentenza fa pensare proprio questo e, sinceramente, trovo il ragionamento sia ineccepibile (vedi ragionamento sull'art. 3), tuttavia, se domani dovesse intervenire una norma che estenda il matrimonio agli omosessuali, dubito che la corte la dichiarerebbe incostituzionale.

Detto questo, il matrimonio presuppone la diversità dei sessi da quando è nato, millenni orsono... trovo ridicolo anche solo pensare che si possa interpretare in maniera differente l'istituto. Pertanto, la decisione è, a mio parere, ineccepibile. Non è compito della Corte costituzionale quello di legiferare (anche se qualche volta...) e bene hanno fatto i giudici a rimettere la questione al parlamento che, piaccia o no, è l'unico organo legittimato a decidere se, come, quando e perchè le persone omosessuali potranno beneficiare di un istituto che regoli le loro unioni. Se poi proprio lo vogliamo chiamare a tutti i costi matrimonio (in barba all'etimologia... matri-monium... "compito della madre, genitrice") non ci resta che cambiare la costituzione... ma a me sembra più che altro una battaglia ideologica tra due opposte fazioni popolate da idioti.

In realtà basterebbe modificare, e pure di poco, un paio di articoletti e si otterrebbe lo stesso risultato senza scomodare la costituzione che non c'entra nulla...

 

 

 

il matrimonio presuppone la diversità dei sessi da quando è nato, millenni orsono... trovo ridicolo anche solo pensare che si possa interpretare in maniera differente l'istituto. Pertanto, la decisione è, a mio parere, ineccepibile. Non è compito della Corte costituzionale quello di legiferare (anche se qualche volta...) e bene hanno fatto i giudici a rimettere la questione al parlamento che, piaccia o no, è l'unico organo legittimato a decidere se, come, quando e perchè le persone omosessuali potranno beneficiare di un istituto che regoli le loro unioni. Se poi proprio lo vogliamo chiamare a tutti i costi matrimonio (in barba all'etimologia... matri-monium... "compito della madre, genitrice") non ci resta che cambiare la costituzione... ma a me sembra più che altro una battaglia ideologica tra due opposte fazioni popolate da idioti.

In realtà basterebbe modificare, e pure di poco, un paio di articoletti e si otterrebbe lo stesso risultato senza scomodare la costituzione che non c'entra nulla...

 

Concordo pienamente. Il matrimonio com'è inteso oggi in Europa ha solide radici nella cultura cattolica sviluppatasi durante il medioevo. È, anche, un istituto giuridico, ma è divenuto tale solo in seconda battuta, essendo piuttosto il risultato (piaccia o no) di istanze culturali e religiose basate sulla famiglia "tradizionale". La norma giuridica servì a definire e garantire ciò che preesisteva ad essa, non si può fingere che sia avvenuto il contrario.

Il tentativo di allargare alle coppie omosessuali, per questi motivi va a scontrarsi inevitabilmente contro un muro ideologico, perché viene avvertito come un assalto alle sensibilità di molti. C'è poi, secondo me, anche un problema pratico nel decidere all'improvviso di estendere un istituto giuridico e collegate leggi e leggine che compongono il complicato diritto di famiglia nostrano, ad un caso (coppia omosessuale) mai previsto prima. Ad esempio: credo che molti siano d'accordo sulle unioni omosessuali, ma non altrettanti sulla possibilità che queste adottino figli.

Insomma, molto ma molto più semplice istituire un contratto di unione distinto dal matrimonio, ed equiparato normativamente per quanto riguarda gli aspetti salienti: reversibilità della pensione, eredità, visite negli ospedali e in carcere, ecc. Facciamoli dunque questi "pacs" o come diavolo li si voglia chiamare, e chiudiamo la questione pacificamente!

 

Le unioni omessuali sono tutelate dall'art. 3, ma lo sono per quello che sono (scusate il gioco di parole), quindi per esempio sarebbe incostituzionale una legge che discriminasse tra una coppia omosessuale ed un'altra coppia omosessuale, per violazione dell'art. 3. Al contrario, come dice la corte, non è incostituzionale la discriminazione (in senso tecnico) tra una coppia etero ed una omosessuale, perchè trattandosi di due situazioni diseguali DEVONO essere trattate in maniera diseguale, giusto il principio di cui all'art. 3.

 

Per me un uomo non e' altro che un individuo come lo e' una donna. Quindi, una unione tra due individui dovrebbe essere tutelata come un'altra unione tra due individui. Cos'e' sbagliato in questo ragionamento? Cosa c'e' di tanto diverso in una unione tra sessi diversi? Procreazione? Ma allora un matromonio omossessuale tra donne e' necessariamente diverso da uno omossessuale tra uomini. Anzi, e' ance piu' matrimonio di uno eterossessuale visto che di madri ce ne possono essere due. Magari per i costituenti non era un problema, ma ora... una donna che lo voglia non ha certo bisgno di sposare un uomo per avere figli.

 

mi sembra molto probabile che chi ha scritto la costituzione non pensasse al matrimonio omosessuale e che quindi non intendesse ne' ammetterlo ne' vietarlo. E mi e' anche parso che la corte sostenesse questo con il riferimento al mutamente dei costumi.

 

La Costituzione non è completa, benchè alcuni sostengano l'opposto. E aggiungo: ridicolo ridurre gli spazi di manovra della democrazia assumendo, specie per fatti di costume quali quelli in discussione, vincoli culturali non collegati alla preservazione di procedure giuridiche volte alla definizione e regolazione della natura democratica e repubblicana del nostro ordinamento.

I diritti costituzionali sono tali ok, ma una filosofia del diritto che non sia dottrina (ovvero non sia elencazione e ricostruzione ex post delle decisioni assunte dai giudici, nel tentativo di indagare slittamenti semantici, modifiche a mezzo di sentenze di giudici a qualunque livello concernenti la regolazione pubblica di condotte private) si interroga sul peso specifico che ciascun diritto possiede per la tenuta dell'edificio. Così come ci sono muri portanti, tramezzi e separè in carton-gesso, allo stesso modo vi sono diritti fondamentali e diritti che lo sono meno, sia da un punto di vista sostanziale (per il tipo di garanzie che assicurano ai cittadini) sia dal punto di vista funzionale (per il tipo di procedure legali che assicurano e che non sono collegate alla preservazione dell'ordinamento in cui sono enforced); che poi siano tutti inscritti nella costituzione, rende la loro modifica solo più "difficile", ma non li legittima da un punto di vista argomentativo, ma solo da un punto di vista dottrinario. E infatti, le giustificazioni che si adducono sono storiche (la famiglia è questo e questo altro. Capaneo, ma me lo spieghi cosa leggi? Ti consiglio questo libro, che è una cosa divulgativa e non pedante. Leggitelo e poi parliamo di famiglia); sociologiche (senza famiglia la società va a puttane, oddio anche gli sposati ci vanno ma vabbè); o etimologiche (matrimonium deriva da mater? Ah ah ah e se un gay riesce a impiantarsi un utero e ad assolvere alla genitorialità in forma matriarcale pur mantenendo l'uccello e avendo un utero tipo sacchetta della spesa legato alla schiena? Allora che facciamo? Rivediamo tutto? A quel punto chessò ci parlerai della ubris della scienza, di Prometeo e di altre fantasticherie? E da quando l'etimologia dovrebbe determinare una condotta etica? Cosa pensi di avere dimostrato facendo glottologia da Settimana Enigmistica? Incredibile davvero!

Sul resto ha detto con chiarezza Andrea.

Noto che altri articoli della costituzione sono bellamente buttati al cesso. Le scuole private libere ma senza oneri per lo stato? Mi pare le scuole private beneficino di finanziamenti, o no? I direttori responsabili iscritti alla fieg? Non è una violazione della libertà di parola? E così via....

 

2 - una legge che introducesse nel nostro ordinamento il matrimonio omosessuale, equiparato tal quale a quello eterosessuale, sarebbe invece incostituzionale per violazione dell'art. 29 della costituzione.

 

 

Le affermazioni della Corte Costituzionale che la "famiglia fondata sul matrimonio", prevista dal citato art. 29 cost., è esclusivamente quella tra uomo e donna e che le unioni omosessuali non possono essere "omogenee" al matrimonio, rappresentano - a costituzione vigente - la parola fine alla possibilità che il matrimonio omosessuale possa trovare cittadinanza in Italia.

 

Ma non ci sono leggi europee alle quali l'Italia è tenuta ad uniformarsi? Se l'Europa legiferasse in tal senso, o se l'avesse già fatto, l'Italia sarebbe costretta ad adeguarsi, o no? Sabino fammi capire. La Storia non può arrestarsi dinnanzi all'esegesi di scribi giuridici che ricevono applausi dai farisei politici che poi, magari, la notte vanno a trans. Ne sono certo: la libertà farà il suo corso anche in Italia. E' sempre stato così.

 

 

Prima di tutto, andrebbe definito il termine "matrimonio". Poi, bisognerebbe cosa vogliono ottenere le coppie omosessuali con questo matrimonio.

Il riconoscimento di uno status?

Diritti e doveri reciproci?

 

Sulla 1, mi pare ovvio che il riconoscimento come coppia puo' facilissimamente avvenire a livello sociale. Non vedo a che serva mettere in mezzo giudici, costituzioni e matrimoni civili.

Sulla 2 l'Italia e' profondamente arretrata. Qui, infatti, il punto non e' solo garantire gli omosessuali, ma anche le coppie di fatto. E' bene far chiaro che, se non dico minchiagini, l'esser coppia di fatto NON porta nessun diritto o dovere. Immaginate gli effetti perversi che puo' avere questa cosa, immaginate che ci possono essere coppie di fatto di anni, come e' possibile che non siano tutelate? Per dire, c'e' tutta una legislatura sul diritto all'eredita' del coniuge, persino se separato o divorziato, mentre un partner non ha diritto a nulla. Addirittura, il de cuius, se ha figli e famigli, e' limitato solo a quello che gli rimane dopo tutti i legittimari nel lasciare qualcosa al suo partner.

Tutto cio' mentre, mi commentava un amico, in Canada diritti e doveri iniziano a nascere 1 anno e mezzo dalla costituzione della coppia di fatto.

 

Secondo me, c'e' troppa ideologia sul matrimonio e coppie di fatto, la verita', poi, e' che la legge oggi non tutela molte situazioni che ne sarebbero meritevoli.

(...) il punto non è solo garantire gli omosessuali, ma anche le coppie di fatto (...) l' esser coppia di fatto NON porta nessun diritto o dovere (...) 

Mi scusi, alessio, ma vorrei poter fare qualche piccola precisazione, se permette. Spero di non sembrarle  - eccessivamente - pignolo.

Il tema del riconoscimento giuridico delle coppie di fatto eterosessuali, anche conosciute comeconvivenze more uxorio, è un tema che ha molto appassionato.

Molti pensano che, tali convivenze, nel nostro Ordinamento giuridico, siano del tutto prive di sostanziale tutela. Non è propriamente corretto.

Io la metterei così. Le coppie di fatto etero, nel nostro Ordinamento, non godono dei medesimidiritti, garanzie, obblighi, e, più in generale, di situazioni giuridiche soggettive, che la Legge prevede, al contrario, in capo alle coppie etero unite in matrimonio, civile,concordatarioovvero celebrato secondo i riti acattolici, debitamente trascritto nei Registri dello stato civile. 

Quali sono questi diritti, garanzie, etc., riconosciuti alla coppia etero unita in matrimonio, e negati, invece, alle convivenze etero more uxorio ?

A solo titolo d'esempio, e in modo assai parziale, si possono indicare:

 

-  la pensione di reversibilità, a favore del coniuge superstite;

-  il diritto agli alimenti;

-  l'obbligo di fedeltà, assistenza morale e materiale; collaborazione nell'interesse della famiglia; coabitazione;

separazione; scioglimento del matrimonio;

-  l'eventuale assegno di mantenimento a favore del coniuge che, in caso di separazione, non disponga di adeguati redditi propri;

-  i diritti successori.

 

In quest'ultimo caso, però, è opportuno aggiungere che, per testamento, è possibile lasciare parte dell'eredità, al convivente more uxorio, purché non si leda la cd. quota indisponibile, anche conosciuta come legittima, necessaria, o riserva. Rispetto alla quale, sia consentito rinviare ad unpost del Notaio sabino patruno, su nFA.

 

 

Ma sbagli davvero e non poco. Io detesto il trombonismo di chi cita a cazzo (tipo degli ambienti umanistici che frequento); e non credo che la cultura sia intelligenza o non lo è necessariamente; è meglio un buon argomento che una buona memoria.

Se guardi qui, e vedi l'indice del libro di Remotti che citavo, vedrai che parla proprio del problema di cosa sia famiglia naturale, cosa siano i coniugi e così via...lo puoi desumere anche dall'indice...quindi la mia citazione era pertinente.

Ubris. Era uno sfottò perchè c'è tutta una corrente di pensiero razional-cattolica che dice ora delle staminali quello che diceva degli antibiotici e così via proprio richiamandosi al concetto di misura tipico della classicità. Non metto link che è volgare però...e poi mi riprendi.

E' verò: io sono inutilmente colto. Ma tu sei inutilmente permaloso se prendi un link come una sorta di affronto personale. Allora facciamo così. Tu i link mettili sempre, io con te non li metterò più.Anche se sembro assertivo, vengo qui per imparare e se mi dicono: guardati questo, ringrazio.

Sull'essere rilassati...cosa vuoi che ti dica, si fa quel che si può ;).

Ps: il link al libro di Remotti va direttamente a una pagina della laterza in inglese dove non c'è l'indice del libro, non capisco perchè...deve essere una sorta di contrappasso contro il mio uso esagerato dei link.

 

Guarda, può essere che io sia stato permaloso, però se scrivi : "Capaneo, ma cosa leggi?"... mi pare naturale pensare che la stai buttando sul nozionismo. Se la mia impressione era sbagliata, meglio così e me ne scuso.

Chiusa la polemica.

Alla corte è stato chiesto: "è incostituzionale la norma che vieta a due persone dello stesso sesso di sposarsi?" La corte ha risposto: "no, perchè il matrimonio tutelato dalla costituzione presuppone due coniugi di sesso diverso ecc. ecc.". La famiglia non c'entra nulla. La questione investe il matrimonio nel senso di negozio giuridico (simil-contratto) che è solo una (seppur la principale) delle fonti dalle quali può scaturire una famiglia. Quindi quello che noi pensiamo su ciò che sia o non sia definibile famiglia, poco importa.

Per giungere ad una conclusione differente devi necessariamente presupporre che la diversità di sesso NON sia un presupposto del matrimonio. Se permetti, tuttavia, questa sarebbe una forzatura palese perchè, per quanto concerne il nostro ordinamento, è di tutta evidenza l'opposto. A volte le corti supreme pongono in essere di tali forzature, ma non dovrebbero, perchè il compito di legiferare non è dei giudici. In questa occasione, la Corte non ha ritenuto opportuno operare questa forzatura e quindi ha il mio plauso. Se, al contrario, avesse dichiarato la norma incostituzionale, avrebbe incassato il mio disappunto, non perchè io sia contrario al fatto che gli omosessuali possano sposarsi (la mia posizione è: me ne frega meno di niente, facciano quello che vogliono!), ma semplicemente perchè questa è una cosa che NON deve decidere la corte.

In un paese "normale" il problema (che poi è molto meno problema di quello che sembra...) si potrebbe risolvere nel giro di un mese senza nessuna polemica. In Italia la questione è strumentalizzata da due fazioni di idioti (rectius: furbastri!). Quelli che la sfruttano per solleticare le paure del popolo (che di per sè, come si faceva notare più sopra, non sarebbe contrario al ricoscimento delle unioni tra omosessuali) e quelli che la sfruttano per questioni ideologiche. Se i primi spiegassero agli italiani di che cosa si tratta (cioè di una cosa che non cambia una virgola a nessuna coppia eterosessuale e che non comporterebbe necessariamente la possibilità di adozione) ed i secondi mettessero di lato l'ideologia e si concentrassero su obiettivi concreti (invece di far perdere tempo e denaro alla corte costituzionale su ricorsi simbolici, quanto palesemente infondati), oggi avremo una legislazione per le coppie omosessuali. Del resto, come accennavo prima, le modifiche da fare non sono così vaste. Oggi come oggi, due omosessuali possono tranquillamente regolare i propri rapporti personali e patrimoniali come fossero marito e moglie... il problema è che dovrebbero andare dal notaio! Per evitarlo non ci sarebbe mica bisogno di sconvolgere il diritto di famiglia... bastano un paio di articoli ben scritti.

Sono d'accordo che la questione e' risolvibile molto facilmente, ma il punto non e' questo. Personalmente, ritengo il matrimonio un'istituzione obsoleta che andrebbe abolita anche fra coppie eterosessuali, ma il punto non e' nemmeno questo. Il punto e' che la corte non ha argomentato in modo convincente che il matrimonio tutelato dalla costituzione e' quello fra due persone di sesso diverso. Nella costituzione questo non si vede proprio. E infatti si risolve a desumerlo dalla legge ordinaria (con argomenti deboli, come ho fatto notare sopra), o ad una frase messa nell'articolo 29 per tutelare la parte debole del contratto che non e' detto sia necessariamente maschio, femmina, ermafrodita, etc.... 

Cioe' si usa la tutela costituzionale della parte debole per vietare diritti a qualcuno, i cui diritti, se concessi, non modificherebbero di alcunche' i diritti di altri. A me pare una cosa giuridicamente inconcepibile. 

chiamatele pure unioni civili , così come è stato fatto in Inghilterra , basta solo che concedano gli stessi identici diritti dei matrimoni eterosessuali alle coppie omosessuali . perché alla fine il problema emerso dalla sentenza della corte è semplicemente questo : si possono regolare le unioni ma non si può usare il nome matrimonio .

 

 

 

Credo si possa pure usare la parola matrimonio in una legge apposita.La corte ha solo negato l' interpretazione secondo cui le leggi vigenti lo consentano già in virtu della costituzione.

Il risultato non mi piace, ma il discorso mi sembra ragionevole.

temo che la cosa sia più complessa.

La Corte ha detto che una legge può riconoscere diritti alle unioni omosessuali, ma che questi diritti (e doveri) non possono trovare fonte nel matrimonio, che è invece un istituto esclusivamente eterosessuale.

Non si tratta quindi di etichette, ma di contenuti. Una legge che concedesse gli stessi identici diritti dei matrimoni eterosessuali alle coppie omosessuali, sia pure chiamando questo istituto in maniera differente, nella sostanza sarebbe contraria - secondo quanto oggi motivato dalla Corte - all'art. 29 della costituzione, che riconosce come "famiglia" solo quella fondata sul matrimonio, che è solo quello eterosessuale.

Dopo questa sentenza, a parer mio ovviamente, non c'è spazio per i "medesimi" diritti, ma solo per  "alcuni" diritti. E' possibile che prima o poi (entro la prossima legislatura, ma si accettano scommesse) una legge di questa natura vedrà la luce, con ogni probabilità intervenendo sulla materia successoria, sugli obblighi alimentari e assistenziali e sulle pensioni di reversibilità, ma non certo su aspetti molto più controversi come le adozioni.

 

2 - una legge che introducesse nel nostro ordinamento il matrimonio omosessuale, equiparato tal quale a quello eterosessuale, sarebbe invece incostituzionale per violazione dell'art. 29 della costituzione.

Questa affermazione non si può dedurre da questa decisione che dichiara semplicemente non incostituzionale una norma ordinaria che vieta il matrimonio omosessuale. L’interpretazione di matrimonio data da questa Corte serviva a definire il caso in questione, non a dare una interpretazione universale del vocabolo matrimonio, ricostruendo quello che avevano in testa i costituenti. Il fatto che all’epoca non ci avessero pensato è un classico di molte altre norme. Esistono i matrimoni mormoni e quelli mussulmani con più mogli, che fa la Corte si arrocca sul “ma i costituenti, che non erano di mondo, non ci avevano pensato” per decidere se quelle forme di matrimonio sono tutelate o vietate dalla nostra costituzione? Anzi proprio perché non ci avevano pensato, dimostra che non avevano nessuna intenzione di vietarlo. Se per questo anche il “We the people” nella costituzione americana era nella testa dei framers solo riferibile a maschi di razza bianca, quindi escludendo donne e neri, per non parlare dei nativi. Il vocabolario è cambiato e pure l’interpretazione di molti termini.  Quindi se una legge ordinaria, o il codice civile, stabilisse il caso di  matrimonio omosessuale o di altra formula esotica equiparabile al matrimonio tra maschio e femmina (per usare una terminologia da elettricisti), essa non sarebbe in conflitto né con la Costituzione né con questa sentenza. Ma è vero anche il contrario.

(...) l'esser coppia di fatto NON porta nessun diritto o dovere. Immaginate gli effetti perversi che può avere questa cosa (...)

Mi permetta dissentire, alessio, da questa sua frase.

Infatti, benché, ad oggi, nel nostro Ordinamento giuridico, non esista una Legge che, organicamente e compiutamente, disciplini le coppie di fatto, non mancano, tuttavia, garanzie, tutele, poteri, etc., riconosciuti, in vario modo, anche a chi ha deciso, liberamente, di non unirsi in matrimonio. Si tratta di garanzie, tutele, poteri, etc., che, parte della Dottrina, definisce come <<posizioni giuridiche soggettive>> (cfr, Pietro Trimarchi, Istituzioni di diritto privato, Giuffrè, Milano, 2002, pag. 47). Ovvero come, <<situazioni giuridiche soggettive>> (cfr,Natalino Irti, Introduzione allo studio del diritto privato, Cedam, Padova, 1990, pag. 34 e ss.).

Tali situazioni   - o posizioni -  giuridiche soggettive, sono previste, non poche volte, dalla Legge.  Altre volte, invece, sono riconosciute dalla Giurisprudenza.

 

La Legge. 

A titolo esemplificativo, tra le tante situazioni giuridiche soggettive  - attive -, è possibile indicare:

- l'art. 316, comma primo, Codice Civile;

-l'art. 317-bis, comma primo, Codice Civile;

- l'art. 324, comma primo, Codice Civile;

-l'art. 6, Legge 27 luglio 1978, nr. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani).

 

Le prime tre norme citate, parlano di Potestà dei genitori. E' importante notare come, tali norme, non usano il termine <<coniugi>>, bensì <<genitori>>.  Se dicessero <<coniugi>>, si riferirebbero, unicamente, a persone unite in matrimonio. Trattandosi di <<genitori>>, invece, il riferimento è anche ai genitori naturali, e cioè non uniti, tra loro, in matrimonio.

In queste prime tre norme, dunque, il Legislatore ha voluto verosimilmente riconoscere una situazione di fatto, e cioè una situazione non derivante da un matrimonio. E non pare ci siano dubbi, sul fatto che, situazione di fatto, sia proprio quella derivante da una convivenza more uxorio.    

L'ultima norma citata  - l'art. 6, Legge nr. 392/1978 - , a séguito della decisione della Corte Costituzionale richiamata nel link, prevede che, in caso di morte del conduttore, possa succedergli, nel Contratto di Locazione, il suo convivente more uxorio. Possibilità, questa, non sancita dalla Legge n. 392/1978, nel testo anteriore la pronuncia della Corte Costituzionale. 

Questi brevi, e parziali riferimenti normativi, soltanto per dire che, nel nostro Ordinamento, anche la coppia di fatto gode di talune, specifiche tutele.

Pertanto, non sembrano condivisibili, a mio modesto parere, le opinioni di quanti, in Italia, sostengono che la coppia di fatto godrebbe di <<nessun diritto>>. Sarebbe più corretto dire che, come ho scritto nella parte prima di questo commento, la coppia di fatto, non gode, nel nostro Ordinamento, dei medesimi diritti soggettivi, tutele, garanzie, che la legge accorda, al contrario, alla coppia unita in matrimonio.  Ma questo, a parer mio, è tutt'altro discorso.

 

La Giurisprudenza.  

Si diceva che, la coppia di fatto, non è priva di un qualche riconoscimento, anche da parte della nostra Giurisprudenza.

Mi permetta non citarle, alessio, una corposa giurisprudenza di merito, che non ha mancato riconoscere, sotto specifici profili, la coppia di fatto. Vorrei, però, almeno ricordare una pronuncia della nostra  Corte Costituzionale.  La quale scrive che:

 

 

<< (...) un consolidato rapporto, ancorché di fatto, non appare  - anche a sommaria indagine -  costituzionalmente irrilevante (...) >>. 

 

Il grassetto è mio.


 

 (cfr, sentenza 18 novembre 1986, n. 237, punto 1.3b, del Considerato in diritto. Per la sentenza, cliccare su Ricerca Cronologica; poi su Anno 1986, e infine sul numero della sentenza).

Se lei lègge la sentenza sul punto indicato, vedrà come, la Corte, àncora il riferimento alle convivenze more uxorio, all'art. 2, Cost.  Riconoscendo, così, un fondamento costituzionale alla coppia di fatto, quale <<formazione sociale>>, ove si svolge la personalità di ciascuno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il titolo, mi permetto di dire, sarebbe stato più divertente con la chiosa manzoniana, con la corte costituzionale nel ruolo di don Abbondio. In ogni caso questa impostazione e questa coraggiosissima interpretazione sono destinate a sbriciolarsi, no? Esempio, coppia omosessuale legalmente riconosciuta in qualche paese europeo che altrettanto legalmente ha adottato un figlio, si trasferisce in italia con il passepartout della circolazione di cose e persone all'interno dell'area ue. Cosa succede?

 

teo scrive

 

(...) (Una) coppia omosessuale legalmente riconosciuta in qualche paese europeo (...) si trasferisce in italia con il passepartout della circolazione di cose e persone all'interno dell'area ue. Cosa succede?

 

La domanda è interessante. Proviamo a rispondere.

 

Un caso pratico.

Per tentare una risposta, proporrei un esempio. Due cittadini olandesi dello stesso sesso, contraggono, validamente, matrimonio nei Paesi Bassi. Infatti, in questoStato membro dell'Unione Europea, dal 1° aprile 20011, è valido e produttivo di effetti giuridici, il matrimonio tra persone dello stesso sesso.

Dopo la celebrazione del matrimonio, i due novelli sposi, per ragioni di lavoro, si trasferiscono in Italia, e decidono di risiedervi stabilmente.

Domanda: Avrà diritto, tale coppia, regolarmente sposata secondo la Legge olandese, a vedersi estesi, i medesimi diritti, benefìci, etc., che, la Legge italiana, riconosce alla coppia italiana, regolarmente sposata secondo ilDiritto italiano?

 

 

Le norme di Diritto internazionale privato.

La risposta a tale domanda, va cercata nel nostro sistema di Diritto internazionale privato. E cioè, nella fondamentale Legge 31 maggio 1995, nr. 218.

La prima norma che, a mio parere, va considerata, è l'art. 28. Di tale norma, per rispondere al nostro interrogativo, a noi interessa il primo periodo

 

Il matrimonio è valido, quanto alla forma, se è considerato tale dalla legge del luogo di celebrazione(...). 

 

 " Legge del luogo di celebrazione "  - lex loci -, è, nel nostro caso, la Legge olandese. Che, come detto, riconosce il matrimonio tra persone dello stesso sesso.

Quindi, stando a questa norma, sembrerebbe che, il matrimonio dei nostri due sposi olandesi, dovrebbe dirsi perfettamente valido, anche per il nostro Ordinamento giuridico.

A questo punto, però, sotto il profilo strettamente giuridico, sorge, secondo me, qualche domanda: Se è ritenuto valido, vuol dire anche che produce effetti giuridici, in Italia? Vuol dire anche, di conseguenza, che, i nostri due sposi olandesi, avranno diritto a tutti i benefìci che la Legge italiana prevede per le coppie italiane, regolarmente sposate?

Non sono così sicuro che la risposta sia affermativa.

 

 

 

______________________

1 Così, la Corte d'Appello di Roma, decreto 13 luglio 2006, pag. 6.

 

Non sono un legale ma sono abbastanza sicuro che non sia riconosciuto legalmente in Italia. Penso sia una situazione simile a quella dei divorziati e risposati negli anni prima del '74 o, per restare in tempi più recenti, simile a quello della poligamia dei mussulmani immigrati.

 

simile a quello della poligamia dei mussulmani immigrati.

 

non necessariamente, diversi paesi musulmani non ammettono la poligamia (penso Algeria e Marocco, oltre alla Turchia): si parla di lex loci, non di lex religionis

C'entra niente con quel che volevo dire.

I mussulmani poligami (provenienti ovviamente da paesi dove la poligamia è legale) quando vengono ad abitare in Italia possono vedersi riconosciuto solo un matrimonio (il primo se ricordo bene) con tutti i problemi del caso.

In Parte I, abbiamo fatto questo esempio.

Due cittadini olandesi dello stesso sesso, contraggono, tra loro, nei Paesi Bassi, valido matrimonio, per la Legge olandese. Successivamente, per lavoro, si trasferiscono in Italia.

Domanda: Il matrimonio così celebrato, avrà, in Italia, effetti giuridici?

 

La normativa.

In Parte I, si è detto che, l'art. 28, Legge 31 maggio 1995, nr. 218, parrebbe ritenere valido, anche per la Legge italiana, il matrimonio contratto dalla nostra coppia olandese. Infatti, una delle condizioni di cui parla la norma, ai fini di un valido matrimonio, è la " legge del luogo di celebrazione del matrimonio " (art. 28, primo periodo). 

L'art. 28, però, non va letto, e interpretato, isolatamente. Al contrario, l'interpretazione di questa norma  - come di ogni norma! -, va condotta coordinando, ai sensi dell'art. 12, Disposizioni sulla legge in generale, la norma stessa, non solo con le altre norme della medesima Legge, ma anche con le altre norme, di altre Leggi, presenti nell'Ordinamento giuridico.

Senza alcuna pretesa di completezza, a me sembra che, insieme all'art. 28, occorra dar conto, quantomeno, di queste altre norme:

-  art. 16, comma I, Legge nr. 218/1995;

-  art. 18,Decreto del Presidente della Repubblica, 3 novembre 2000, nr. 396;

- artt. 65 e 66, sempre della Legge nr. 218/1995.

 

Tutte queste norme, ci dicono che, gli Atti giuridici formati all'estero, comunque denominati  - Legge, sentenza, provvedimento -, o anche la volontaria giurisdizione, non possono avere effetti giuridici, in Italia, se sono contrari all'ordine pubblico

 

 

 

In base alle norme richiamate nella Parte II, si è detto che, gli "atti formati all'estero", non possono avere effetti giuridici, in Italia, se contrari all'ordine pubblico.

Indubbiamente, il matrimonio omosessuale della nostra coppia olandese, rientra tra questi "atti formati all'estero".

Dunque, gli atti  - giuridici - formati all'estero, non possono avere effetti giuridici, in Italia, se sono contrari all'ordine pubblico.

Ma cosa s'intende con l'espressione "ordine pubblico"?

 

L'ordine pubblico internazionale.

La Legge italiana, non dà una definizione di "ordine pubblico"1. In mancanza di ciò, parte della giurisprudenza che ho potuto controllare io, per "ordine pubblico" intende l'ordine pubblico internazionale.

Il Tribunale di Latina2, decreto 10 giugno 2005, scrive che, l'ordine pubblico internazionale

 

 

(...) è costituito dai soli princìpi fondamentali e caratterizzanti l'atteggiamento etico-giuridico dell'ordinamento in un determinato periodo storico (...).

 

 

Una volta data la definizione di ordine pubblico internazionale, il Tribunale pontino ha ritenuto che, in questa nozione, debba farsi rientrare, tra le altre cose, il divieto, implicito nell'Ordinamento italiano, di contrarre matrimonio omosessuale. Posizione, questa, condivisa dalla Corte d'Appello di Roma, in sede di reclamo, con decreto 13 luglio 2006.

Sia il Tribunale di Latina, che la Corte d'Appello di Roma, hanno ritenuto legittimo il rifiuto, da parte dell'Ufficiale dello stato civile del Comune di Latina, di trascriverel'Atto di matrimonio di questa coppia di sposi.

L'Ufficiale di stato civile del Comune di Latina, ha motivato il rifiuto di trascrivere, richiamandosi proprio all'ordine pubblico, ai sensi dell'art. 18, Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) 3 novembre 2000, nr. 396.

Il rifiuto  - legittimo - di trascrivere l'Atto di matrimonio celebrato nei Paesi Bassi, significa che, in Italia, questo matrimonio non produce effetti giuridici.

 

Conclusione. 

La mia  - provocatoria? - domanda finale è questa: La stessa sorte, toccherebbe anche alla nostra coppia di sposi olandese?

 

 

 

___________________________

1 E' quanto sostiene il Tribunale di Latina, decreto 10 giugno 2005.

2 Il Tribunale di Latina, nel decreto, assume una nozione di "ordine pubblico internazionale", già formulata dalla Corte di Cassazione, sentt. nn. 17349/2002, e 13928/1999.

3 La trascrizione dei matrimoni celebrati all'estero, è prevista dall'art. 63, comma II, lett. c), DPR 3 novembre 2000, nr. 396.

 

L'URL che lei ha riportato, luciaorsola, rimanda a quest'articolo.

Un brano del pezzo dice:

 

(...) E' a questo punto che il Consolato chiede al Comune di Quinto di attivare le procedure per annullare la trascrizione (...).

 

Non so lei, ma nel leggere questo brano, mi son chiesto se io avessi capito bene...!   :)

Il Consolato italiano a San Francisco, trasmette al Comune di Quinto, un Atto di matrimonio da trascrivere. Ma la trascrizione è relativa a un matrimonio omosessuale!!!   :)

Il Comune di Quinto trascrive l'Atto di matrimonio. E solo dopo, si accorge di aver trascritto un'unione che, per l'Ordinamento italiano, è intrascrivibile (art. 18, DPR 3 novembre 2000, nr. 396, citato). E, per la giurisprudenza citata, addirittura "inesistente" (Tribunale di Latina, decreto 10 giugno 2005, citato).

Che dire? Possiamo segnalare questa notizia al Vernacoliere?  :) :)

 

 

La Corte costituzionale, con due pronunce, è nuovamente intervenuta circa l'ammissibilità, nel nostro Ordinamento, del Matrimonio tra persone dello stesso sesso.

Una prima, recentissima decisione, è stata l'ordinanza 5 Gennaio 2011, nr. 4. In questo caso, a promuovere la questione di legittimità costituzionale  - q. l. c. -, è stato il Tribunale di Ferrara, con quest'Ordinanza.

    L'altra pronuncia, è stata l'ordinanza 22 Luglio 2010, nr. 276. In questo caso, a promuovere la q. l. c., è stata la Corte d'Appello di Firenze, con quest'Ordinanza.

       

      In entrambe le decisioni, la Corte costituzionale ha dichiarato:

       

      a.  la << manifesta inammissibilità >> della q. l. c. ;

                                       e

      b.  la << manifesta infondatezza >> della stessa q. l. c.

       

      Inoltre, in entrambe le decisioni, l'argomentare logico-giuridico della Corte, segue motivi già espressi nella sentenza 15 Aprile 2010, nr. 138, commentata in questo post. In particolare, nell'ordinanza nr. 276/2010, la Corte scrive che

       

       

                                (...) non risultano qui allegati profili diversi o ulteriori idonei a superare gli argomenti addotti nella precedente pronuncia1 (...).

       

      Per precedente pronuncia, s'intende, appunto, la sentenza nr. 138/2010.

      1Il grassetto è mio!

       

       

      La Corte costituzionale, dunque, sia nella sentenza nr. 138/2010, che nelle due Ordinanze qui richiamate, conclude che, il nostro attualeOrdinamento giuridico, non consentirebbe concepire il Matrimonio, se non come unione tra Uomo e Donna.

      Da eterosessuale, l'augurio è che, il nostro Legislatore - non questo, ça va sans dire! -, in un futuro non troppo lontano, prenda coscienza che, una qualche forma di riconoscimento giuridico della coppia omosessuale, sia non più rinviabile.

       

       

       

       

       

       

       

       

       

       

       

       

       

       

       

       

      Vorrei riprendere, sommessamente, un mio punto di vista già espresso su nFA, e, in parte, sfiorato da Nino nel P.S., in un suo commento a questo post.

      Ai miei occhi, ciò che trovo giuridicamente iniquo, è il fatto che, a noi eterosessuali, è concessa una facoltà di scelta che, al contrario, non è concessa agli omosessuali.

      Di cosa parlo? Parlo del fatto che, a noi etero, è data la possibilità di scegliere tra:

       

      -   alcuni tipi di Matrimonio,

          e la

      -   convivenzamore uxorio.                                                                                                                                                                                                                                          

      Invece, gli omosessuali, non hanno questa facoltà di scelta. Infatti, se una coppia omosessuale desidera vivere stabilmente insieme, può soltantoconviveredi fatto.                                                                                                                                                                                                                                        

       

      Secondo il ministro Giovanardi sarebbe attaccare la Costituzione con violenza.

      ma il suo partito non voleva cambiarla la costituzione?

      Segnalo un testo che, come analisi dei profili giuridici attinenti il tema, è interessante e informato. Rimane poi che, a mio avviso, il problema non è giuridico, ma se serve fare la battaglia su quel piano...