Federalismo vs. Indipendenza

/ Articolo / Federalismo vs. Indipendenza
  • Condividi

Vi propongo uno spunto di riflessione per quando il federalismo all’italiana si rivelerà un’enorme delusione. Aggiungo “all’italiana” perché quello che è stato proposto da questo governo, federalismo non è. Perlomeno non combacia con la definizione di federalismo riconosciuta in altre lingue. Ma se volete dipingere le banane d’arancione e chiamarle carote, ok ci adegueremo. Aggiorneremo i dizionari spiegando che “federalismo” non si traduce con “federalism”, come del resto anche “liberal” ha assunto un significato diverso da “liberale”. Nessun problema.

Il parlamento italiano approverà questa riforma centralista e nulla cambierà, ma invece di fare polemica vorrei far notare che una vera riforma federalista non era comunque possibile all’interno dello stato italiano, neanche se ci fosse stata un’autentica volontà politica per farlo. Al contrario di altri paesi non è per niente fattibile che lo stato italiano lasci che parte della politica fiscale (come ad esempio l’Iva in Usa) venga decisa a livello regionale senza sue interferenze. Non è proprio pensabile lasciare che ogni provincia si arrangi a pagare sanità, istruzione e pensioni dei propri cittadini, finanziando queste spese con moderate imposte sul reddito decise nei vari capoluoghi, e lontano dalle grinfie di un ingordo governo centrale.

Questo non è possibile perché il grosso dell’ingiustizia non riguarda la relazione tra varie regioni. Il peggio non sta nel cronico flusso d’assistenzialismo verso Sicilia e Alto Adige. Non è questa la causa principale dell’emorragia di risorse in Lombardia e Veneto. Campania, Calabria, Sicilia non sono le regioni che soffrirebbero da un vero federalismo, perché queste si adeguerebbero con molta più flessibilità di quanto non si creda. La sanguisuga, il parassita che dissangua i cittadini di quasi tutte le regioni, è radicata nella cultura centralista italiana. Un vero paese federale deve avere un governo centrale snello, e invece il primato in debito pubblico rivela decenni di irreversibile perversione. Basta paragonare gli stipendi di parlamentari italiani con altri paesi per avere un’intuizione dell’iceberg che si nasconde sotto.

Ci vorrebbe un articolo più tecnico e dettagliato per approfondire perché un vero federalismo non è realizzabile nello stato italiano, ma lo scopo di quest’articolo è semplicemente di introdurre un’alternativa. Mi limito a ricordare che se solo si lasciasse a Veneto e Lombardia (che contribuiscono pressappoco un 30% al buco nero delle finanze italiane) trattenere una minima parte di questo spolpamento, lo stato schizzerebbe verso l’insostenibilità fiscale. La salute di questo stato assomiglia ad un corpo stanco, anziano ed ammalato che adesso paga il prezzo di una vita di malgoverno incallito, sfibrato da un debito pubblico gigantesco, un tumore grottesco, una protuberanza che pesa il 105% rispetto al resto dell’economia.

C’è forse un altro motivo per il quale un vero federalismo non è possibile per lo stato italiano. È una ragione magari banale, basata su una prospettiva storica (ma anche solo sulle origini del significato: foedus, un contratto firmato da entità politiche indipendenti). Non mi risulta che le federazioni siano mai state il frutto di un processo di decentralizzazione, ma al contrario sono uno strumento di controllata centralizzazione. Di solito le federazioni vengono stabilite da entità politiche indipendenti che si federano per far fronte ad un pericolo esterno. È il caso delle colonie americane appena dopo il 1776, ma anche della Svizzera, della Germania, e a suo tempo anche dell’Altipiano di Asiago (per star più vicini a casa mia). Non si è mai visto uno stato centralista che conceda ai suoi sudditi le libertà previste da un vero federalismo. Forse esiste qualche caso contrario, ma dubito che il regime italiano farà eccezione.

Così, tra un anno o due lo stato italiano starà risentendo il peggio di questa recessione da poco iniziata. A questo va aggiunto il declino strutturale decennale che affligge l’economia succube di questo sistema. Come visto nel grafico (dati Eurostat), la Spagna ha già compiuto il sorpasso di Pil pro capite nel 2005, e quest’anno tocca alla Grecia superarci. Fra un paio d’anni celebreremo lo scavalcamento della Slovenia, e speculeremo se i cechi ce la faranno a staccare gli italiani entro il 2012.

picchiata_libera_0

Ecco che fra un paio d’anni, nel mezzo di questo grigio scenario, sarà anche completamente smascherata la fregatura di questa recente pseudo-riforma presentata dall’attuale governo. “Federalismo” diventerà una parolaccia. Allora, prima che il parassita sbugiardato escogiti un’altra carotina per trainare le speranze dell’elettorato, vi invito a considerare questa alternativa. Nelle Venezie c’è chi lavora non per istituire una regione federata ma uno stato indipendente, come è già stato per 1100 anni. Questo significa che la Venetia – che comprende il Triveneto, ma anche le province della Lombardia orientale, trova nel diritto internazionale (senza più contraddire la legislazione italiana) una ragione legale di esistere e di esigere la propria istituzione come, appunto, stato indipendente a tutti gli effetti. Sì, proprio come l’Irlanda, la Danimarca, la Norvegia, e l’Austria, paesi con una popolazione ed un Pil numericamente simili a quelli della Venetia, e tutte nazioni tra le più floride al mondo.

Ecco per esempio il percorso, definito nel sito del Partito Nasional Veneto (PNV), da queste tre boe istituzionali:

1) Il principio di autodeterminazione dei popoli è una norma di diritto internazionale che produce effetti giuridici per tutti gli stati. È entrato in vigore in Italia con la legge n.881 del 25 Ottobre 1977 (ratifica ed esecuzione del patto di New York). Si è propensi a credere che un processo di indipendenza comporti un percorso violento, ma in gran parte dei casi non è così. Pensate che nel 1945 c’erano solo 74 stati indipendenti, mentre oggi (dopo 63 anni) ce ne sono 195. La Rep. Ceca, la Slovacchia, la Lituania, la Lettonia e l’Estonia hanno tutte raggiunto l’indipendenza pacificamente. In Montenegro nel 2006 hanno semplicemente votato in un referendum con partecipazione oltre l’80% e con più del 55% a favore dell’indipendenza. Ora godono di imposte fiscali del 12% e hanno un tasso di crescita elevatissimo. Vogliamo aspettare che ci sorpassino anche loro in Pil pro capite?

2) Il popolo veneto trova definizione legale secondo l’art. 2 della legge statale n. 340 del 22 Maggio 1971 il quale dice: “L’autogoverno del Popolo Veneto si attua in forme rispondenti alle caratteristiche e tradizioni della sua storia”. Questa forse è la parte più difficile. Perché questo accada una regione dovrebbe eleggere un consiglio regionale in maggioranza indipendentista che richieda un referendum con monitoraggio internazionale con quesito di indipendenza. Per quanto improbabile, penso sia sempre più fattibile che qualsiasi altra soluzione concreta che passi per Roma. Per raggiungere questo obiettivo basta un consenso a livello regionale, anziché a livello italiano. Questa è la strada perseguita dal PNV, unica formazione politica a proporre questo percorso semplice e legale. Si tratta di chiedere agli abitanti veneti se vogliono vivere in uno stato veneto indipendente, un elementare concetto di autodeterminazione, una domanda più che motivata visti i risultati elettorali veneti negli ultimi decenni.

3) Dal Febbraio 2006 questo progetto politico non è più reato d’opinione. L’Articolo 241 del codice penale italiano recitava: “Chiunque commette un fatto diretto a sottoporre il territorio dello Stato o una parte di esso alla sovranità di uno Stato straniero, ovvero a menomare l’indipendenza dello Stato è punito con la morte* ”. Questa era una legge ereditata dal passato fascista dello stato italiano. L’asterisco è stato aggiunto dopo per alleggerire la punizione: “* La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l’ergastolo”. Fatalità, in questi ultimi anni l’Unione Europea ha fatto pressione sulla Turchia (per escluderla dalla Ue) perché le leggi turche non rispettavano i diritti internazionali delle sue minoranze. La Turchia giustamente ha fatto notare che anche l’Italia ha delle leggi vergognose nei confronti della libertà di pensiero. E così l’Italia, con totale imbarazzo europeo, fu costretta ad abolire questa comoda legge a favore dello status quo, e a legiferare la legge n. 85 del 24 Febbraio 2006 che consente la libertà di opinione e di azioni democratiche per l’indipendenza di territori dallo stato italiano.

Per questo ora possiamo trattare serenamente di tale argomento, e auspicare l’indipendenza veneta senza timore (io lo facevo anche prima, ma fa niente). Quindi, ecco il punto di riflessione che vi propongo. Invece di lamentarci delle oscenità di uno stato impossibile da riformare e di criticare le assurdità di questa Cecoslovacchia verticale, prendiamo in seria considerazione la fattibilità di alternative come questa: www.firmiamo.it/veneto-indipendente. A me questo percorso appare, per quanto impervio possa sembrare, più realistico che sperare di poter ristrutturare un cimelio ottocentesco.

 

Indietro

Commenti

Ci sono 178 commenti

Sono abbastanza critico verso posizioni di tipo indipendendista. Non perché sia particolarmente affezionato all'unità della Repubblica Italiana, né perché non riconosca le ragioni di chi afferma che la dimensione ottima minima degli stati si è ridotta; dovrei studiare la cosa meglio per esprimere un parere meglio informato, ma a occhio e croce direi che sono abbastanza d'accordo che anche la regione Veneto da sola potrebbe costituire uno stato perfettamente funzionante dal punto di vista politico ed economico. 

Le mie obiezioni sono principalmente di praticabilità politica. La Lega ha perso una straordinaria quantità di tempo invocando l'indipendenza della Padania, senza combinare nulla e poi finendo per rimangiarsi il tutto. Nel frattempo ha perso l'occasione per fare cose utili. Non vorrei che il ciclo ora ricominciasse.

Il discorso di chi dice ''un federalismo decente non si riesce a ottenere, quindi chiediamo l'indipendenza'' a me pare un completo non sequitur. Per fare un parallelo, supponiamo (supponiamo solo, eh) che io sia un po' sovrappeso, e che decida sia per me opportuno perdere 10 chili. Supponiamo anche (supponiamo solo, eh) che vari tentativi si mostrino non particolarmente di successo. È un po' come se a quel punto io decidessi di continuare con gli stessi tentativi però dicendo che adesso di chili ne voglio perdere 20. Se non ero capace di perderne 10, come posso mettermi in mente di perderne 20? Chiaro che il problema deve stare nel fatto che uso (o non rispetto adeguatamente) le diete sbagliate, che non faccio abbastanza esercizio etc. Quello è il problema che va risolto. Se scopro qual è la dieta giusta, resta più facile perdere 10 chili che 20.

Lo stesso si applica a federalismo vs. indipendenza. Il problema è costrure alleanze politiche e propagare la coscienza tra la popolazione della necessità di una svolta liberale e federalista. Senza questo presupposto, né un federalismo serio né l'indipendenza saranno possibili. La Lega, temo per limiti intrinsechi dei suoi dirigenti, è stata incapace di fare tutto questo. Va bene, proviamo in altro modo. Ma proviamo in un modo che sia politicamente fattibile. Sotto quali ipotesi e quali scenari l'indipendenza delle varie

regioni è possibile mentre un federalismo serio non lo è? Sinceramente,

io non riesco a immaginarlo. L'indipendenza si ottiene in periodi di

forte sommovimento politico e radicali cambiamenti, e a quel punto non

vedo perché un federalismo serio non dovrebbe essere possibile.

Non sto parlando di cose impossibili. I nazionalisti catalani di CiU per esempio si sono comportati molto più astutamente della Lega, evitando di legarsi le mani a un singolo schieramento politico e decidendo le alleanze a Madrid di volta in volta in modo da far avanzare la causa delle autonomie territoriali. Lo hanno fatto con in mente un progetto per la Catalunya e per la Spagna.

Lodovico afferma che l'ostacolo principale a una riforma federalista

non è data dall'opposizione delle regioni attualmente beneficiarie dei

trasferimenti ma dal centralismo romano. Questo punto francamente non l'ho capito. Se è vero come è

vero che Sicilia e Campania, inter alia, riceverebbero molti meno soldi e dovrebbero

pagare più tasse se si trovassero ad autofinanziare la loro sanità e la

loro istruzione non vedo proprio come si potrebbe evitare una loro

feroce opposizione. Forse si vuole argomentare che nel lungo periodo,

eliminata la putrida casta dei politici meridionali sussidiati con le

tasse del nord, la situazione per queste regioni migliorerebbe. Forse,

ma andrebbe argomentato un po' meglio. A parte i sussidi dal nord,

Sicilia e Sardegna hanno avuto un sacco di autonomia che potevano

sfruttare molto meglio; se non lo hanno fatto da regioni autonome, va

spiegato perchè si pensa che tutto cambierebbe da stati indipendenti.


L'argomento che uno stato federale può solo costituirsi come unione di

entità indipendenti mi pare anch'esso un po' sbrigativo. Il federalismo

spagnolo può non piacere ed essere limitato finché si vuole, ma è stato ottenuto mediante devoluzione dal centro. Credo che nella Repubblica Russa sia successo qualcosa di analogo (non mi riferisco ai nuovi stati nati dallo scioglimento dell'URSS, mi riferisco alla Repubblica Federale Russa e al grosso potere che, nel bene o nel male, hanno assunto i governatori regionali). Non sono esperto della

materia, ma le affermazioni nel pezzo mi paiono un po' eccessivamente

perentorie.


Non si può poi introdurre il tema dell'indipendenza sorvolando

completamente sui problemi politici ed economici più  grossi che tale

scelta comporta, limitandosi a dire che ci sono stati piccoli che

prosperano (ce ne sono anche di piccoli che stanno male assai, by the way)

o che il reddito pro capite italiano sta scendendo. La proposta della

Venetia, se ho capito bene, include non solo il Veneto ma anche

Friuli-VG, Trentino (non ho capito se anche il Sudtirolo) e le province

orientali della Lombardia. Cosa succede se i trentini decidono che preferiscono la situazione attuale? Cosa succede se la Lombardia

decide di diventare indipendente e reclama tutte le sue province e

magari pezzi del Veneto? Non si può far finta che l'indipendenza e la

ridefinizione dei confini sia un processo indolore. In Montenegro hanno fatto sì un referndum, ma per una decina d'anni i balcani sono stati messi a ferro e fuoco. Veramente vogliamo prenderci questo rischio?

Allo stesso modo,

cosa succede al mostruoso debito pubblico della Repubblica Italiana,

come si ripartisce? Cosa succede al pagamento delle pensioni, chi se ne

fa carico? Sarà così contenta l'unione europea di dover moltiplicare i

posti per tutti gli staterelli che si formano nella penisola italica? Queste sono solo

alcune delle più elementari obiezioni che mi vengono in mente. Se si

vuole seriamente discutere di indipendenza queste questioni vanno prese

di petto, non possono essere ignorate.


La parte ''giuridica'' è completamente non convincente. Sì, daccordo, non si va più in galera se si propugna l'indipendenza. Non ci si andava neanche prima a dir la verità; movimenti indipendentisti ci sono sempre stati, per esempio in Sicilia e Sardegna, senza che le molestie dello stato centrale siano mai state particolarmente pesanti. Ma il punto vero è che nella costituzione

italiana non esiste alcun meccanismo che possa essere sfruttato per

secedere. Senza tale meccanismo, qualunque tentativo di promuovere la secessione e l'indipendenza di parti della Repubblica non può che essere di carattere extracostituzionale. 

La legge 881 citata nel post ratifica un trattato in cui si afferma

genericamente che esiste un diritto di autodeterminazione dei

popoli, non parloa di diritto alla secessione o all'indipendenza. L'articolo che certifica che i veneti siano un popolo è garantito è un articolo dello statuto della regione veneto. Sono altisonanti e inutili

affermazioni di principio. Ripeto, o la costituzione stabilisce in modo chiaro e preciso i passi da seguire per ottenere la secessione oppure l'unica alternativa legale è cercare di cambaire la costituzione. Il referendum regionale,

anche se si facesse, non avrebbe alcun valore legale.


Mi spiace suonare così negativo. Ho guardato un po' il sito del Partito Nasional Veneto e sembrano persone simpatiche e volenterose. Mi va anche bene che si discuta senza tabù di

independentismo, dissoluzione dello stato italiano, dimensione ottima

degli stati e così via. Ma temo proprio che perseguire l'indipendenza adesso, senza un lungo lavoro preparatorio e un'attenta considerazione dei pro e contro, risulterebbe in una enorme perdita di tempo e una dispersione delle poche forze che in Italia cercano di promuovere un serio federalismo liberale. Francamente, vista la debolezza di tali forze, non credo che ce lo possiamo permettere.

 

Inizio da questo punto perche' il tuo esempio del peso fa luce su una differenza di base. Dici che federalismo (o autonomia) uguale perdere 10 chili, mentre indipendenza comporta perderne 20.

Molti sono dell'opinione che autonomia o federalismo siano passaggi intermedi (necessari) e che dopo, per chi vuole, entita'politiche autonome/federate possono proseguire un percorso indipendentista.

Io non sono di questo parere e vedo invece la strada autonomista/federalista (in Italia) come un vicolo cieco. Non ho nulla in contrario con un sistema federale-liberale, ma credo solo che l'Italia abbia passato il point of no return.

Proporre un sistema federale ideale e' facile, ma non verrebbe mai approvato, perche' questo comporta sacrificare il centralismo. Qualcuno con molta piu' esperienza pratica di me ha gia' scritto su nFA: "Tuttora i ministri non economici e soprattutto il Parlamento, ogni volta che è possibile inseriscono sempre nuove, e stravaganti, spese fiscali. Posso garantire per lunga esperienza che è assolutamente impossibile resistere a queste pressioni."

Forse piu' che gastric bypass surgery, indipendenza significa rimuovere un tumore da 20kg che nessun tipo di esercizio o dieta puo' curare.

Mi scuso in anticipo per eventuali errori ortografici e/o grammaticali, ma l'italiano e' la mia seconda lingua.

 

 

Allo stesso modo,

cosa succede al mostruoso debito pubblico della Repubblica Italiana,

come si ripartisce? Cosa succede al pagamento delle pensioni, chi se ne

fa carico?

 

Eh, già... sono proprio piccoli dettagli come questi (insieme, ad esempio, alle forze armate) che hanno impedito e impediscono ad uno Stato fortemente federale come il Belgio di splittarsi in due stati completamente indipendenti, cosa che probabilmente non spiacerebbe affatto a nessuna delle due comunità... basti pensare alle questioni linguistiche, come dimostra questo importante articolo (riservato a chi sa un po' di francese!).

 

 

Sandro, un po' alla volta cerco di rispondere.

Stavo pensando ad altri casi di indipendenza:

Chiaramente Slovenia e Croazia non hanno ereditato il debito jugoslavo, ma meglio non prendere esempio da eventi violenti.

Se non ricordo male la Russia si e' beccata il debito sovietico (oltre che a gran parte dei beni). Percio' Estonia, Lettonia e Lituania erano debt-free. Ma forse mi sbaglio.

A memoria mi sembra che cechi e slovacchi avessero diviso il tutto 2 a 1. Il bello e' che saltano ancora fuori soldi Cecoslovacchi che si devono dividere (googolando a caso: il caso libico).

Il Montenegro era gia' economicamente indipendente dalla Serbia gia' qualche anno prima del referendum del 2006, percio' non e' un buon riferimento (conti pubblici staccati, trade e monetary policy diverse, eccetera).

Forse il caso piu' vicino all'Italia e' quello belga . Non tanto perche' hanno un ricco e popoloso Nord fiammingo e una meno ricca Wallonia che non vuole perdere i fondi regionali (parafrasato dal sesto paragrafo di questo articolo sull'Economist), ma perche' anche il Belgio ha un enorme debito pubblico (qualcosa tipo 220 miliardi di euro). Stiamo a vedere perche' c'e' una possibilita' che facciano come Cechi e Slovacchi.

Penso che con un accordo alla cecoslovacca il debito verrebbe diviso secondo il Pil o la popolazione. Ma anche se la Venetia si becca piu' del dovuto, credo sia sempre piu' a rischio di default l'Italia ridotta. Ma se succede, succede. I mercati finanziari capteranno i segnali, ci sara' un debt restructuring... non lo so di preciso, ma anche uno stato con conti gestiti male puo' fare la fine di un'impresa privata.

Io sono pero' dell'opinione che dopo 60 anni di travaso sanguineo, i veneti non dovrebbero ereditare il debito italiano.

 

Stavo preparando una risposta qua, quando ho letto l'analogia alla squadra di basket. E' un esempio sbagliato perche' non e' necessario essere in cinque per crescere. Avere i confini piu' grandi va bene per avere una squadra di calcio piu' forte, per avere un esercito piu' potente (per vincere delle anacronistiche battaglie militari), o per avere un mercato domestico piu' vasto. Insomma, andava forse bene durante il protezionismo dell'ottocento, ma ripeto che non vedo nessun svantaggio economico ad essere piccoli quando il mercato e' globale.

Un esempio di squadre che vincono dopo essersi sciolte: cechi e slovacchi. Un esempio contrario: Germania dell'Est, che a furia di fondi per lo sviluppo si sta facendo sorpassare da cechi e ungheresi (paragonate i dati regionali eurostat).

Il bello e' che non e' cresciuta solo la Repubblica Ceca, ma anche la Slovacchia. Non e' uno zero-sum-game dove la crescita della Venetia comportera' un declino in Sicilia. E' vero, Belluno e' piu' vicino al mercato europeo della Calabria, ma e' lo stesso anche per la Grecia, che quest'anno sorpassa l'Italia in Pil pro capite. Se puo' farcela un paese mediterraneo in periferia europea, crollano anche le scuse che il Mezzogiorno e' distante o ha una cultura "mediterranea". Sono convinto che anche la Campania e' tanto quanto vittima di uno stato che non la rappresenta.

L'intenzione dell'articolo non era di fare retorica solo veneta (in una versione precedente chiedevo perche' no simili iniziative altrove), ma e' solo la situazione che conosco piu' da vicino. Invece di fare da eco alle cose "serie" che si leggono sul Corriere, pensavo di farvi conoscere quello che non vi dicono, come per esempio che la settimana scorsa Zaia e' stato fischiato giu' da un palco dove sventolavano centinaia di leoni di San Marco. O come questa sera sono stato invitato a un convegno di 48 industriali del veronese dove il tema e' l'indipendenza veneta (e' organizzato da un altro movimento indipendentista che non vi dico per non fare ulteriore volantinaggio).

Lo so che sembrano cose da Don Quixote che non meritano commento, pero' questi insieme avranno un Pil maggiore del Montenegro (che ha un'economia pressapoco grande quanto Bassano del Grappa). Questa e' gente che sente da vicino l'imminente sorpasso della Slovenia. Ha viaggiato, e negli anni ha visto con i propri occhi il progresso di altri paesi che noi economisti vediamo solo nelle tabelle Eurostat. E si chiedono se ci sono altre alternative dopo 15 anni di governi che chiacchierano di federalismo. 

 

 

Non sono convinto che solo per essere uno stato indipendente una qualsiasi regione d'Italia possa vedere migliorare la gestione della cosa pubblica. Per rimanere in Veneto, abbiamo esempi di illustri politici, per esempio De Michelis, di Venezia mi pare, che faccio fatica a considerare un esempio di "buon amministratore". Sempre a livello locale, ma in tempi piu' recenti, mi pare che la vicenda del ponte di Calatrava, vicenda gestita tutta a livello locale, non sia da additare come esempio di buona amministrazione.

Il problema non e' risolvibile, a mio parere, staccandosi dallo stato Italia ed affidandosi a politici locali, perche' la cultura di questi ultimi e' dello stesso tipo di quelli che sono a Roma

E non sono neanche convinto che sia possibile, in tempi brevi, fare cambiare questa cultura, sviluppando una rivoluzione liberale che in tutta Italia, Veneto compreso, non vedo all'orizzonte.

La strada e' lunga enon credo passi solo per la secessione.

 

PS questo articolo non lo vedo in homepage, probabilmente perche' e' datato 15 settembre ed oggi e' il 14. Pero' ho visto la prima replica.

 

 

 

PS questo articolo non lo vedo in homepage, probabilmente perché

è datato 15 settembre ed oggi è il 14. Però ho visto la prima

replica.

 

Si', c'è stato un errore di gestione, ce ne scusiamo con autore e lettori. Ora dovrebbe essere tutto in ordine. 

 

Orca quanta roba. Bisognerebbe spezzettare in thread separati per rispondere a tutto. Tipo:

1. La parte giuridica. Basta il diritto internazionale o ci vuole un percorso stabilito dalla costituzione?

2. Cosa succede al debito pubblico italiano? Guardiamo gli altri casi europei, dal Baltico in giu'.

3. Cosa' succedera' alle pensioni dei veneti? E a quelle campane?

4. Cosa dira' mai l'Europa (a parte che non credo sia contenta di quello che combina l'Italia). La moltiplicazione di stati e la burocrazia europea: diminuiamo i "posti" europei.

5. Friuli, Trentino, Lombardia... non siamo nei Balcani. Se un paese del bellunese vuole andare in trentino, o un paese del veneziano vuole andar sotto Pordenone. Per me va bene. Non volevo dire che un bergamasco si deve sentire veneto, ma guardiamo alla confederazione svizzera.

6. Federazione russa. Questo non era un buon esempio. Sara' un thread corto.

7. Sicilia, Campania, Sardegna... A parte che ci sono politici putridi anche al Nord, e che ci sono sindaci al sud che smartellano personalmente le vie nominate a Garibaldi: si tratta di Nord vs. Sud, o di Italia rinascimentale contro Italia risorgimentale?

8. Sommovimento politico: varda ca se te supi, soto le bronse le xe ncora calde.

9. Indipendenza = gastric bypass surgery.

Domani cerchero' di affrontare questi punti (a parte l'ultimo :-) ma adesso e' tardi e sono stanco.

Per Gilberto: e' vero, se Venezia diventa un'altra Roma allora tanto vale. Ma vedrai che troverai delle risposte anche qua.

 

A proposito della parte giuridica, volevo segnalarvi questo post interessante su indipendenza e diritto internazionale. Quello che si dice in quel post è in sintesi questo:

1) Il principio di autodeterminazione dei popoli non ha valore retroattivo, e quindi non si applica a situazione consolidatesi prima della sua formulazione

2) Quello che conta perchè uno stato sia indipendente o meno non è la validità legale della sua dichiarazione di indipendenza, ma piuttosto è l'indipendenza effettiva dello stato in questione: in sostanza uno stato è indipendente se esercita in via esclusiva il potere al suo interno. A determinare se una particolare regione sia indipendente o meno sarà poi la storia. In conseguenza di questo, il riconoscimento dell'indipendenza di uno stato da parte degli altri stati ha soltanto il valore di una presa d'atto di qualcosa che è già successo.

Il problema dell'indipendenza non è quindi un problema di tipo legale (possiamo eliminare il primo thread :-) ), ma soltanto di tipo politico.

Passando quindi al piano politico, io sono contrario ad un indipendenza del Veneto e, al contrario di sandro brusco, anche per un motivo affettivo. A mio parere le indipendenze dovrebbero esserci solo in caso di diversità etnico-linguistica di una regione rispetto allo stato a cui è sottoposta. Questa condizione in Italia non è presente da nessuna parte, se non nell'Alto Adige. Soddisfatta questa condizione, secondo me il modo migliore sarebbe poi procedere con un referendum, unico strumento che garantirebbe un allargato riconoscimento internazionale, cosa accaduta per esempio con Timor Est e Montenegro, ma non con Kosovo, Abcasia e Ossezia del Sud (di questo ne ho parlato recentemente in un mio post).

 

1)se vuoi di perdere 10 o 20 kg e vuoi veramente farlo, li perdi; ma se c'è

un gendarme assatanato di ideali sorpassati e gonfio di nazionalismo italiano

centralista che te lo impedisce o che ti obbliga  a mangiare strutto,

voglio vedere se riesci a calare di peso. Dovreste conoscere a fondo la

struttura vera di potere dello stato italiano. Lo scheletro è fàtto da l'arma

dei carabinieri che è esercito tanto da essersi creato il 4° corpo d'armata. E'

un problema democratico enorme. L'arma dei carabineri è composta da fanatici

nazionalisti e quando nel 97 vi fu il blitz del Campanile, i carabineri fecero

il porta a porta  a minacciare la gente. Non ci troviamo di fronte ad uno

stato democratico ma difronte ad una vecchia dittatura, ad una republichetta

sud-americana. La stampa, le radio, la TV sono interamente controllati da

l'arma (guardati le notizie e capirai la fonte e il connubio tra

"giornalismo e carabinieri").  La presenza Usa in qualche modo

non permette un processo democratico poiche Washington teme di dover discutere

i patti "segreti" per l'occupazione militare del nord-est.  La

Chiesa cattolica rimane è la larva cancrenica dello stato italiano. Il Vaticano

favorisce e alimenta il nazionalismo italiano per fini economici e di

privilegio e gode di condizioni privilegiate. Potremmo dire che la chiesa è una

vera e propria larva stato che adopera lo stato italiano. Capisci quindi che i

fattori in gioco, i fronti di lotta, sono 3 e non 1 come per molti altri popoli

che hanno raggiunto l'indipendenza.

2)L'Urss aveva una legislazione che permetteva alle repubbliche di

riappropriarsi della loro indipendenza con referendum. La costituzione italiana

è rigida e ha concesso autonomie solo su pressioni internazionali o bombe. Se

poi guardiamo la sostanza dell'Urss, era la Russia e rimane la Russia. Il resto

era fumo negli occhi alla stregua del ruolo degli alleati Nato nei confronti

degli Usa.

 3)Il federalismo serio come lo chiamate  non è possibile e vi spiego :

Vorrebbe dire che tutta una classe di privilegi elargìti dallo stato

centrale verrebbe a mancare. Non alludo alle regioni meridionali. Alludo alle

categorie : avvocati, notai, magistrati, procuratori, carabinieri, guardia di

finanza, segretari, politici, resto dell’esercito, statàli, impiegati, preti e

chiesa.....   Io li chiamo parassiti.

Decentrare vorrebbe dire misurare le risorse e quindi effettuare tagli in certi

settori. Non solo, non dimentichiamo la componente culturale. Se lavorate nelle

nostre aziende Venete vedrete che noi tendiamo ad ottimizzare, contrariamente

alla cultura meridionale dove all’ottimizzazione Veneta si sostituisce

l’assistenzialismo. Per contro i privilegi verrebbero a mancare al nord anche

se esistono i presupposti economici per sostenerli. Mentre nel resto della

penisola scoppierebbe il finimondo perchè non esiste un sistema economico in

grado di sostenere il tipo di cultura che hanno. La distanza culturale fra un

Calabrese ed un Veneto è maggiore di quella che c’è tra un Veneto e dun Rumeno

(che è già abissale). Culturalmente lo stato italiano presenta differenze

abissali che non possono essere supportate da un decentramento economico o

federalismo fiscale. Il federalismo è improponibile sotto tutti gli aspetti,

perche non è culturalmente sostenibile. Verrebbe a cadere la rete di privilegi

e quindi esploderebbe il sistema italia.

4)Sulla questione Linguistica (sono un tecnico del settore) vi prego di

evitare di negare che nello stato italiano vi sono molte Lingue non

riconosciute ed anzi discriminate con l’inevitabile ripercussione sui suoi

parlanti nativi che vengono abilmente emarginati.  

ti a te te ghè tolto su na fràca de fregole = tu hai raccolto molte

bricciole

mi a go, ti a te ghe, lu el gà =io ho..    

mi a sbrego, ti a te sbreghi, lu el sbrega =io strappo...

a semo drìo sigàr = stiamo gridando

a go da ciacolàr = debbo chiaccherare

no so bon de ingroparlo = non sono capace di annodarlo

gheto, sìto, gonti, vuto, tòlito = hai?, sei?, ho?, vuoi?, prendi?

Non credo ci vogliano commenti alle strutture sitattiche e lessicali di

esempio, ma se volete posso scrivervi un intero racconto a  voi inconprensibile.  La differenza fra Lingua e dialetto è solo

nella forza militare di chi la supporta. Schiere di docenti universitari

supporterebbero una teoria anzichè un altra in canbio dello stipendio. Sapete

bene che la docenza nelle materie letterarie, filogiche.. è frutto di

raccomandazioni, ruffianamenti,... Fare il professore di storia o letteratura nello

stato italiano è l’equivalente di fare il carabiniere, il magistrato, il

politico : nazionalismo, patriottismo ogniuno nel suo settore.

5)Lo stato Spagnolo ha concesso autonomie 

a suon di bombe e lotte della periferia. Abbiamo il coraggio di criticare

la ex-Jugoslavia, ma non abbiamo l’umiltà di vedere il fanatismo nazionalista

di Italia, Spagna. Questi due sttai non hanno fatto concesisoni di sorta se non

sotto pressioni esterne o di forza, con l’unica differenza che : la penisola

Iberica non è fondamentale per le truppe Usa, che non c’è il Vaticano, e che

alla morte di Franco hanno ben pensato di non fare una costituzione rigida.

6)La parola “devoluzione dal centro” è una contraddizione nel caso di stàti,

e lo è ancor più nel càso di dello stato italiano che nulla può devolvere se

non privilegi a categorie. La demagogìa della Lega è destinata a scomparire ed

essere sostituita da movimenti indipendentisti. La Lega ha perso completamente

la base e nelle ultime elezioni si è scoperto che i voti della vecchia guardia,

della base, sono andati in astensionismo e sono arrivati voti da un elettorato

fluttuante.

7)Per la Croazia e Slovenja, Armenia, Georgia.... non v’è stato alcun lavoro

preparatorio. Il populismo storico è sorpassato! Che fanno la stòria sono le

minoranze, il popolino figùra e basta e alza la bandiera del momento.

8)La costituzione dello stato italiano non prevede alcun percorso

indipendentista. pertanto esiste un momento un atto nella storia futùra, in cui

si dovrà fàre uno strattone. La storia insegna.

9)L’Europa vuole le Euroregioni e sta smantellando gli stati centrali.

Bruxelles sarà il vero stàto federale, ma crolleranno gli stati ottocenteschi,

poichè sono strutture poco flessibili, frutto di un epoca passata.

10)Il rischio di mettere a ferro e fuoco, non sono gli indipendentisti a

volerlo correre. Ma vi invito a discutere con i carabinieri o guardia di

finanza e capirete che razza di fanatici arroganti, italo convinti, gestiscono

la nostra sicurezza.

11)L’indipendenza è una necessità per la semplice ragione che ogni altra

soluzione è inapplicabile. Il divorzio è necessario quando non vi sono le

condizioni per una convivenza paritaria.

NON CAPISCO FRANCAMENTE PERCHE SI VEDA L’INDIPENDENZA COME QUALCOSA DI

NEGATIVO E SI CERCHINO OSTACOLI INTELLETTUALI ALLA SUA REALIZZAZIONE.

PRENDETE LA MACCHINA E ANDATE IN SLOVENJA, ATTRAVERSERETE QUELLO CHE UN

TEMPO VENIVA CHIAMATO CONFINE ED ENTRERETE IN UN PARADISO

NUOVI STATI INDIPENDENTI IN UNA EUROPA SENZA CONFINI  questo è il motto della nuova Europa. I

vecchi stati sono un peso inutile antisociale, antidemocratico, antieconomico.

 

 

 

Sulla questione Linguistica (sono un tecnico del settore) vi prego di evitare di negare che nello stato italiano vi sono molte Lingue non riconosciute ed anzi discriminate con l’inevitabile ripercussione sui suoi parlanti nativi che vengono abilmente emarginati.  

ti a te te ghè tolto su na fràca de fregole = tu hai raccolto molte bricciole

 

Spero che il tecnico del settore (traduttore?) non si adonti per l'acribia ma se si scrive bricciole la prima a non essere riconosciuta e a venire discriminata é l'itagliano. 

 

Chiacchere solamente...al centralismo di Roma ladrona sostituire il centralismo di Venezia ladrona...quando ne usciremo dalle fesserie e torniamo a parlare di cose concrete ?

Ai redattori di NFA chiedo di ospitare anche un intervento del movimento neoborbonico, così, giusto per scendere ancora un pò di livello.

Per un autonomista convinto leggere un tale coacervo di idiozie mi fa tornare indietro e pensare che è forse meglio tenersi Roma Ladrona.

 

Più che di "chiacchiere", si tratta forse di concetti inediti per il pensiero politico "croccante" e premasticato che caratterizza lo stato italiano. Essi non sono di certo inediti a poca distanza da noi, in Europa, dove non è così strano, per esempio, vedere un governo belga in stallo ormai da due anni per la questione fiamminga, oppure le già citate Catalunya e Euskadi prepararsi con percorsi diversi a maggiori dosi di un autogoverno già invidiabile per molti. Oppure per la Scozia, dove il partito nazionale scozzese e il primo ministro indipendentista scozzese Alex Salmond hanno violato per la prima volta un feudo elettorale di un partito centralista come i Labour, portando appunto quello che fino a un paio di anni fa era una "chiacchiera" a diventare un percorso politico concreto e molto probabile.

La "disfunzione" dei grandi stati centrali e multi-nazionali europei (e non solo) si trova oggi, da un punto di vista economico ad essere accelerata dalla crescita dei commerci internazionali, che secondo alcuni non vedono più come un prerequisito vitale, appunto, l'esistenza di grandi "mercati interni nazionali". Ciò vede ancor maggiore catalizzazione nel fatto che il nostro mercato "domestico" per molti aspetti è sempre più quello europeo e non quello dello stato italiano.

Il Veneto e la Venetia sono probabilmente ambiti in cui un foedus possa funzionare meglio, dato che la presenza di forti accordi di tipo federale tra le varie comunità locali rientra nella tradizione veneta e non solo nella propria età dell’oro rappresentata dal millennio di Serenissima indipendenza, ma ancor prima, dalle comunità venete e paleovenete, che da sempre hanno sviluppato accordi di cooperazione e mutua assistenza che prevenivano le assurde burocrazie di molti pachidermici stati odierni. Ecco che - anche per gli accademici non veneti, ma sinceramente federalisti - questa terra potrà diventare asilo e laboratorio per poterci aiutare nella costruzione di un processo virtuoso che sicuramente aiuterà altri Popoli a sganciarsi dalla contaminazione buro-centralista italica che tanti danni ha fatto e sta facendo, con evidenza quotidiana.

 

 

Alcune delle cose che vedo scritte mi lasciano perplesso, ma non è questo il momento per dibatterle.

Quello che, invece, trovo un pelino ridicolo, è questo esplodere di lingue dall'ortografia imprecisa ed indefinita (tanto per essere equanime: "ready" invece di "already" ed "abitutidini" invece di "abitudini" e via sciorinando) ... Perché non provate a lasciar stare? La questione della lingua è seria, complessa, ed anche un tantino delicata. Ridurla a scambi di insulti mal scritti non mi pare la strada appropriata.

Usiamo l'italiano: diciamo che è "lingua franca" e senz'altro è quella del blog (nome del medesimo a parte, che invece è leggibile sia in inglese che in veneto ...). Da quanto vedo scritto qui in giro (e con buona pace di chi sostiene altrimenti ... ) ho la vaga impressione che sia l'unica in cui tutti, al momento, riescono ad esprimersi decentemente, almeno per iscritto.

 

 

L'importante è quello che dice Tommy qui

 

A mio parere le indipendenze dovrebbero esserci solo in caso di diversità etnico-linguistica di una regione rispetto allo stato a cui è sottoposta. Questa condizione in Italia non è presente da nessuna parte, se non nell'Alto Adige.

 

vai Tommy. Freedom for South Tirol :-)

 

Signori, come avete opportunamente sottolineato in altri post, il numero di lettori di questo blog è in crescita.

Per me - come, credo, per molti altri lettori - è estremamente interessante leggere le opinioni di economisti illustri che si confrontano su questioni concrete, accettando il dibattito con non-tecnici e non-accademici. E sono contento che recentemente tracce del dibattito e delle riflessioni espresse qui siano arrivate anche al di fuori del blog.

Bene. Non sono così convinto invece che discussioni simili a questa tornino utili al blog stesso.

Se poi si vogliono mantenere simili toni e simili argomenti, bah... io allora sono pronto a mettermi a vostra disposizione per scrivervi un bell'articolo con un'altra proposta risolutiva e di facile attuazione: una gara per l'affidamento in gestione dello Stato italiano a una potenza straniera. Insomma, roba concreta! Ve la faccio per bene: con tanto di disciplinare di gara, capitolato d'oneri, formula di aggiudicazione, tutto!

Pensate che sommo diletto per tutti i microeconomisti in ascolto!

 

A chi invece - giustamente - ha tirato in causa i Borbone, da bravo salentino dedico una poesia tratta da La Luna dei Borbone, di Vittorio Bodini (che non c'entra un tubo, ma è bella!):

La luna dei Borboni


col suo viso sfregiato tornerà

sulle case di tufo, sui balconi.

Sbigottiranno il gufo delle Scalze

e i gerani - la pianta dei cornuti -,

e noi, quieti fantasmi, discorreremo

dell'unità d'Italia.

Un cavallo sorcigno


camminerà a ritroso sulla pianura.

 

Pienamente d'accordo con te. Solo una domanda: sei sicuro che i gerani sono la pianta dei cornuti ? No, perchè vedi mia moglie ha riempito il balòcone di gerani, come tutti i miei vicini...

Sud Tirol Frei !! -)

 

 

Mi pare che molte analisi non tengano conto dell'attuale tendenza ad una sempre minor importanza dello Stato nazionale, del sempre più spiccato pluralismo delle istituzioni e degli ordinamenti.

In questo contesto "indipendenza" o "libertà" rischiano di essere concetti vuoti.

Quello che succede in Italia mi pare la presenza o l'aumento di istituzioni inutili (paradigma di questo sono le province) che indeboliscono quelle utili e rendono inefficiente lo Stato nel suo complesso.

E' inutile che noi veneti chiediamo l'indipendenza: in un contesto di enti ed istituzioni inutili ci porteremmo le inefficienze anche dentro uno stato indipendente. Se come cittadini non siamo capaci di pretendere alcune cose elementari e cancellare delle istituzioni inutili o ingiuste rimarremmo dei pecoroni anche in uno stato indipendente.

 

 

 

		E' inutile che noi veneti chiediamo l'indipendenza: in un contesto di
	enti ed istituzioni inutili ci porteremmo le inefficienze anche dentro
	uno stato indipendente. Se come cittadini non siamo capaci di
	pretendere alcune cose elementari e cancellare delle istituzioni
	inutili o ingiuste rimarremmo dei pecoroni anche in uno stato
	indipendente. 
	

 

Ottima osservazione. In effetti il problema di riformare e cambiare le istituzioni è proprio la radice che conduce alla conclusione che l'unico percorso sia l'indipendenza.

E' forse possibile ignorare i fallimenti degli ultimi vent'anni di riformare il sistema italiano? Bene, per una semplice questione matematica è estremamente più semplice riorganizzare un'entità più piccola e omogenea che una grande e disomogenea.

Questa è sostanzialmente la ragione di fondo che giustifica e promuove il percorso indipendentista, Veneto ma anche di altre nazionalità come quella Siciliana e Sarda, tanto per evitare di essere troppo veneto-centrici.

L'articolo mette a confronto un progetto federalista con uno indipendentista a mio avviso proprio per evidenziare i limiti del percorso federalista che si compromette al punto da diventare peggio del male che vorrebbe curare.

 

Sono veneto, per parte di madre ed ho vissuto a Montegrotto Terme fino al terzo anno di età:

ho diritto alla doppia cittadinanza? Posso scegliere in che nazionale giocare, come Amauri (purtroppo sia Donadoni, sia Lippi mi hanno ignorato)?Se prendo la cittadinanza tutte le doppie e gli accenti che sbaglio saranno considerati ancora errori grammaticali?

Nel canton Ticino (a 10Km da dove sto scrivendo) sono italiani, parlano lo stesso dialetto che parliamo qui, vivono in una confederazione con tedeschi,francesi e romanci.

Il sistema direi che "funzionicchia".

Noi siamo qui a discutere le nostre enormi differenze linguistiche e culturali (che, per carità, ci sono) ma quando parlo con i miei colleghi (tedeschi ed austriaci) mi rendo conto che per loro siamo tutti dei "simpatici terroni".

La verità come ha intuito Dolomitico è che chi ha più soldi vuole l'indipendenza per tenerseli, chi ha meno soldi vuole l'unità per approfitare delle ricchezze altrui.

Tutto questo è proprio dell'essere Italiani: estrema praticità e guardare all'immediato (l'uovo oggi non la gallina domani).

Ripeto, ci sono dei federalismi come quello elvetico o quello catalano che mi sembrano (per quello che ne capisco io) la soluzione migliore per tutti. Il federalismo tedesco a detta dei miei colleghi non ti mette al riparo dal pagare i debiti dei lander più spreconi, mentre l'indipendenza darebbe il via ad una reazione a catena.

Dopo il

Veneto perchè non la Lombardia, la regione più ricca? Il Friuli

rivendicherebbe la sua indipendenza,(parlano anche un'altra lingua), il

trentino-Sud Tirol la mena da una vita.Non mi sembra una strada

percorribile senza grossi scontri sociali, o già dubbi che lo sia il federalismo. 

La soluzione, cari nordici, è di batterci uniti per l'autonomia del Lazio e delle regioni più povere del sud (e magari anche della Val d'Aosta chè non aspettano altro  e ci costano un sacco)

 

 

sono convinto anch'io che il sistema federale elvetico, con forti dosi di democrazia diretta, che non impediscono la costruzione del più lungo tunnel sotterraneo del mondo (anzi le favoriscono :-) ) sia una soluzione auspicabile per molti stati. Infatti, nel Veneto indipendente sarei molto favorevole a un simile impianto istituzionale.

E, in ogni caso, è più facile convincere 2 milioni di veneti dell'opportunità politica dell'indipendenza, che 25 milioni di italiani ad abbandonare i privilegi e le comodità suicide di uno stato central-assistenziale, per cui questa riforma politica ha anche i vantaggi di una maggiore concretezza rispetto ad altre ipotizzate.

 

Mi rifiuto di commentare una idiozia simile, però, tirato per i capelli, lo devo fare, perchè non sopporto la superficialità.

1. Anzichè vagheggiare annessioni (avete chiesto alle province lombarde di essere annesse?), estensioni territoriali senza alcuna base, se non un improbabile base storica, come se Vicenza e Belluno si fossero unite ed avessero pagate le tasse (e che tasse!!) alla Serenissima lieti e sereni, anzi quasi felici, dimenticando quanto sia stato vorace il Leone di S. Marco, tanto che Napoleone fu accolto come un liberatore, avete chiesto cosa ne pensano gli altri veneti di non ingrassare più Napoli, ma Venezia ?

2. Il movimento neoborbonico lotta contro l'annessione sabauda, asserisce che Garibaldi fu uno sporco conquistatore, che il tesoro del Regno di Napoli fu sperperato per pagare la III guerra di indipendenza (quella che servì a "conquistare il veneto"), che il Veneto è stata una palla al piede dell'Italia fino agli anni '70, tanto che a Milano i veneti erano chiamati "i terroni del nord". Quanto ci siete costati ? ce li ridate quei soldi ?

3. Ovvero, prima di parlare avete pensato a cosa state chiedendo ? Credete che Rovigo sarà contenta di pagare il ponte di Calatrava ? E gli abitanti di Mestre saranno contenti di pagare per la manutenzione di Venezia ? Insomma, se avete pensato che l'indipendenza sia la strada per pagare meno tasse la strada deve essere percorsa fino in fondo, niente confini "comodi", ma piena autodeterminazione, ovvero in ogni comune la maggioranza decida con chi voglia stare, troppo comodo fare il conto sul "veneto", quando Venezia ha un peso relativo molto alto, e quindi ha tutto l'interesse a farsi mantenere dalle province che lavorano, succhiando il latte come ha fatto per secoli. E no, se indipendenza deve essere io voglio tornare ai Comuni !

4. Comunque, la strada della democrazia è sempre quella: fatevi un bel partitino, portate avanti la vostra battaglia, convincete chi ci vuol stare e contatevi, soprattutto contatevi. In bocca al lupo.

 

 

Anzichè vagheggiare annessioni (avete chiesto alle province lombarde di

essere annesse?), estensioni territoriali senza alcuna base, se non un

improbabile base storica, come se Vicenza e Belluno si fossero unite ed

avessero pagate le tasse (e che tasse!!) alla Serenissima lieti e

sereni, anzi quasi felici, dimenticando quanto sia stato vorace il

Leone di S. Marco, tanto che Napoleone fu accolto come un liberatore,

avete chiesto cosa ne pensano gli altri veneti di non ingrassare più

Napoli, ma Venezia ?

 

Disapprovo questa animosita' che conduce ad affermazioni discutibili. I ceti popolari della Serenissima sono stati probabilmente quelli che si sono opposti maggiormente a Napoleone in tutta Europa eccetto la Russia e forse la Spagna. La Serenissima rispetto agli Stati coevi era un esempio di buongoverno, e molte delle acquisizioni territoriali sono avvenute per dedizione consensuale. La tassazione era ragionevole e per quanto so inferiore a quella degli Stati coevi. Consiglio di leggere Ippolito Nievo, le confessioni di un italiano, per avere un'idea di come era e come veniva percepita l'amministrazione Serenissima nel Veneto, perfino negli anni della decadenza prossimi alla fine.

 

3. Ovvero, prima di parlare avete pensato a cosa state chiedendo ?

Credete che Rovigo sarà contenta di pagare il ponte di Calatrava ? E

gli abitanti di Mestre saranno contenti di pagare per la manutenzione

di Venezia ? Insomma, se avete pensato che l'indipendenza sia la strada

per pagare meno tasse la strada deve essere percorsa fino in fondo,

niente confini "comodi", ma piena autodeterminazione, ovvero in ogni

comune la maggioranza decida con chi voglia stare, troppo comodo fare

il conto sul "veneto", quando Venezia ha un peso relativo molto alto, e

quindi ha tutto l'interesse a farsi mantenere dalle province che

lavorano, succhiando il latte come ha fatto per secoli. E no, se

indipendenza deve essere io voglio tornare ai Comuni !

 

Facendo il bilancio tra quello che esce dal Veneto e va verso il resto d'Italia e quello che dal resto d'Italia viene al Veneto, al cittadino di Mestre, Rovigo e Cortina conviene fortemente aderire ad un eventuale Veneto indipendente piuttosto che restare col resto d'Italia.  Oggi come oggi il contribuente veneto medio di tutte le province finanzia gli sperperi e il malgoverno centrale italiano e l'assistenzialismo verso il Sud e le grandi imprese padane assistite con cui i partiti con sempre minor successo cercano di comperare il consenso alle elezioni.

 

 

 

 

che il Veneto è stata una palla al piede dell'Italia fino agli anni

'70, tanto che a Milano i veneti erano chiamati "i terroni del nord".

Quanto ci siete costati ? ce li ridate quei soldi ?

 

Mi dispiace ma questa affermazione è totalmente priva di fondamento. La ragione per cui i Veneti venivano chiamati "terroni del nord" dai Piemontesi (e lo so bene perchè mio zio se lo sentiva dire solo per l'accento) è perchè ad emigrare erano persone povere, che avevano tradizioni contadine che per i Piemontesi erano paragonabili a quelle dei meridionali. 

Il Veneto non è mai stato una palla al piede, non è mai esistita una "Cassa per il Veneto" mentre esisteva la Cassa per il Mezzogiorno.

E invece documentato il furto di valori dal Veneto. Oggi si immagina il Veneto ad una qualsiasi regione italiana, ma occorrerebbe ricordare che 211 anni fa era ancora una delle nazioni più potenti e sicuramente la più ricca d'Europa. Se Napoleone rubò quantità ingenti di oro e bronzo, gli Austriaci al contrario cercarono di ripristinare le industrie, per esempio le laniere e della seta portando macchinari. Com'è che tre anni dopo l'arrivo degli italiani inizia un'emigrazione epocale di 4 milioni di individui? Dal 1870 al 1970, è solo una generazione e mezza.

E' curioso anche vedere i percorsi fatti dai Veneti per emigrare in America: la maggior parte passava per l'Austria e la Svizzera per imbarcarsi a La Rochelle, in Bretania (Francia). Mi sono sempre chiesto perchè evitassero il Piemonte.

 

 

 

vorrei far notare che una vera riforma federalista non era comunque possibile all’interno dello stato italiano

[...]

La sanguisuga, il parassita che dissangua i cittadini di quasi tutte le regioni, è radicata nella cultura centralista italiana.

 

Sono d'accordo che l'impresa di introdurre federalismo serio e virtuoso in Italia sia disperata anche per l'egemonia della cultura politica centralista, tuttavia non mi sembra che questo possa essere un argomento serio e coinvolgente per convincere la maggioranza assoluta dei Veneti alla secessione dall'Italia. Secondo me l'indipendenza si giustifica solo offrendo prospettive ragionevoli e possibilmente concrete di un'amministrazione pubblica nettamente migliore di quella esistente nello Stato italiano.  Secondo me l'unica strada percorribile e' quella di conquistare il governo delle amministrazioni locali e amministrare meglio degli altri partiti.  Senza questo passo non vedo come possa essere possibile convincere la maggioranza sulla posizione indipendentista.  L'amministrazione italiana e' talmente abominevole da preparare un ottimo terreno per soluzioni radicali, ma dubito che la maggioranza seguira' chi non ha dato prova nei fatti di governare meglio, o almeno di aver governato.

 

la Venetia – che comprende il Triveneto, ma anche le province

della Lombardia orientale, trova nel diritto internazionale (senza più

contraddire la legislazione italiana) una ragione legale di esistere e

di esigere la propria istituzione come, appunto, stato indipendente a

tutti gli effetti.

 

In diritto internazionale non e' molto definito, e in ogni caso non determina l'indipendenza di uno Stato ma semmai riconosce l'indipendenza di Stati di fatto. La secessione forse meglio riuscita, quella cesoslovacca, e' stato un affare esclusivamente interno. La storia passata della Serenissima (che per la "Venetia" dura circa 300 anni, non 1100), puo' agire come catalizzatore per far si' che la maggioranza dei Veneti o dei cittadini della Venetia sostenga l'indipendenza, ma non fara' muovere nemmeno un spracciglio al "diritto internazionale", pronto a riconoscere anche Stati senza alcuna storia come il Kossovo, a seconda del momento.

 

1) Il principio di autodeterminazione dei popoli è

una norma di diritto internazionale che produce effetti giuridici per

tutti gli stati.

[...]

2) Il popolo veneto trova definizione legale secondo l’art. 2 della legge statale n. 340 del 22 Maggio 1971 il quale dice: “L’autogoverno del Popolo Veneto si attua in forme rispondenti alle caratteristiche e tradizioni della sua storia

[...]

 

Non credo proprio che questi due enunciati possano produrre alcun effetto pratico. Che esistano o non esistano cambia ben poco, il diritto internazionale non ha giudici ne' ha polizia.  Quello che veramente conta e' il consenso della maggioranza assoluta dei Veneti, questo deve essere l'obiettivo primario del PNV. Poi penso che tutto il consenso coaugulato su progetti come questo, possibilmente anche per altre aree dello Stato italiano, sia utile  per avviare a soluzione certi problemi particolarmente rognosi dell' Italia, o attraverso una riforma federale seria, o attraverso la progressiva sottrazione di cittadini e risorse ad un sistema evidentemente incapace di buona e ordinata amministrazione.

 

 

 

 

 

vorrei far notare che una vera riforma federalista non era comunque possibile all’interno dello stato italiano

[...]

La sanguisuga, il parassita che dissangua i cittadini di quasi tutte le regioni, è radicata nella cultura centralista italiana.

 

Sono d'accordo che l'impresa di introdurre federalismo serio e virtuoso

in Italia sia disperata anche per l'egemonia della cultura politica

centralista, tuttavia non mi sembra che questo possa essere un

argomento serio e coinvolgente per convincere la maggioranza assoluta

dei Veneti alla secessione dall'Italia. Secondo me l'indipendenza si

giustifica solo offrendo prospettive ragionevoli e possibilmente

concrete di un'amministrazione pubblica nettamente migliore di quella

esistente nello Stato italiano.

 

Non ne sono convinto. C'è sempre spazio per amministrare meglio, ma onestamente non posso dire che la maggioranza dei comuni siano amministrati male. Invece la gente sarebbe pronta domani a firmare, salvo che ha paura, teme una reazione violenta dello Stato italiano.

Sulle questioni riguardanti il diritto invece mi trovo d'accordo. Alla fine quello che conta è il consenso popolare e la capacità di mantenersi indipendenti. 

(P.s. Mi scuso per non avere bene indentato le citazioni, è stata una mia svista)

 

 

 

Secondo me l'indipendenza si giustifica solo offrendo prospettive

ragionevoli e possibilmente concrete di un'amministrazione pubblica

nettamente migliore di quella esistente nello Stato italiano. Secondo

me l'unica strada percorribile e' quella di conquistare il governo

delle amministrazioni locali e amministrare meglio degli altri

partiti. Senza questo passo non vedo come possa essere possibile

convincere la maggioranza sulla posizione indipendentista.

L'amministrazione italiana e' talmente abominevole da preparare un

ottimo terreno per soluzioni radicali, ma dubito che la maggioranza

seguira' chi non ha dato prova nei fatti di governare meglio, o almeno

di aver governato.

 

Alberto hai ragione, però non credo che basti. Ci deve essere qualcos'altro. Prova a sostituire indipendenza con governo delle sinistre. Ti ritrovi esattamente nel programma del vecchio PCI anni '70. Putnam, nel suo libro sul Bel Paese , descrive,

fra le altre cose, le sue interviste con gli amministratori locali. In

Calabria, alla domanda di cosa facesse e di come era organizzata una

sua giornata tipo, l'amministratore rispondeva invariabilmente che

incontrava gente che chiedeva interventi; il suo corrispondente

emiliano dedicava al suo tempo a lavorare. Che le amministrazioni rosse abbiano governato meglio, credo non vi siano dubbi. I risultati non danno però loro molto conforto.

 

 

Che le amministrazioni rosse abbiano governato meglio, credo non vi

siano dubbi. I risultati non danno però loro molto conforto.

 

Le verifiche recenti dell'operato delle amministrazioni rosse al Sud hanno confermato quello che Putnam aveva documentato gia' nei primi anni '90, e cioe' che la frattura in Italia non e' tra destra e sinistra ma tra "civic North" e "uncivic South", cioe' che c'e' correlazione forte tra "civic traditions" e "institutional performance".  Le differenze tra amministrazioni bianche e rosse nel Centro-Nord sono al confronto trascurabili.

Riguardo all'indipendenza, sicuramente il buongoverno di un partito indipendentista e' condizione necessaria ma non sufficiente. E' necessario che la situazione peggiori significativamente rispetto ad ora (ma lo Stato italiano e' avviato su questa strada come indica il grafico di L.Pizzati) ed e' opportuno che esista un passato storico e/o mitologico in cui i cittadini si possono riconoscere, oppure una generazione di nation builders comparabile in qualche modo ai padri fondatori USA, che scomparso Miglio al momento non vedo.  Il passato storico e mitologico il Veneto ce l'ha, forse anche la "Venetia", mentre la Padania parte da questo punto di vista svantaggiata.  Ma sottolineo che chi lavora piu' alacremente alla promozione dell'indipendentismo Veneto e di altre Regioni e' lo Stato italiano: cari legislatori italiani, fate pure un federalismo burla che funzioni peggio del ridicolo centralismo degli ultimi 140 anni, prepararete solo terreno fertile agli indipendentisti.

 

 

e' un po' che volevo scrivere dell'indebolimento del dibattito su nFA. forse sbaglio, ma mi pare che dalle giornate di Firenze qualcosa sia cambiato. in peggio (purtroppo). molto piu' chiacchiere da bar, articoli in cui ognuno "fa il politico" dimenticando i dati e concentrandosi sulla propaganda. non ho tempo per farlo, ma basterebbe fare un confronto tra la qualita' degli ex-katedra pre e post Firenze. lo so, suono arrogante e Boldrin mi riempira' di insulti. pazienza.

oggi non mi posso trattenere. faccio delle domande ad nFA: davvero pensate che questo articolo di Pizzati abbia contribuito a far nascere una discussione seria di federalismo? secondo voi le argomentazioni di Pizzati sono fondate e, soprattutto, in linea con gli standard di nFA (intendo: federalismo impossibile, quindi indipendenza)? Solo Sandro Brusco ha espresso la sua opinione.

non ho nulla contro Pizzati. ognuno ha le sue idee ed e' libero di esprimerle. la cosa strana e' che nFA abbia voluto concedere questo spazio a Pizzati. le sue argomentazioni mi sembrano totalmente fuori dallo standard di nFA. se sbaglio, vorra' dire che sono io a essere non "da nFA".

Sull'articolo non dico nulla. a mio arrogante modo di vedere la petizione e le argomentazioni non meritano commento.

 

Non mi pare che NFA stia peggiorando, ne' che l'articolo di L.Pizzati sia sub-standard.  Tuttavia ritengo sia opportuno cercare di portare la discussione quanto piu' possibile sul terreno dei dati quantitativi e obiettivi, cercando di rimuovere argomenti piu' ideologici o etnici che stimolano un gerto genere di polemica viscerale e non razionale.

A Lodovico chiedo: perche' invece di fare un appello all'indipendentismo del PNV non hai riproposto, magari con dei collegamenti, il tuo studio sull'andamento delle economie dei piccoli Stati confrontata con quello degli Stati piu' popolosi, che ho letto in passato altrove?  Mi sembra che sarebbe stato un contenuto piu' appropriato per NFA.

 

Mi sento un po' chiamato in causa.

Non tanto perché qualcuno si aspetta che io lo insulti solo perché ci critica - potrei, ma non lo farò, considerare questo un "insulto": quando, in una discussione su nFA, sono stato il primo ad insultare qualcuno che non avesse già fatto lo stesso con me o terzi? Per secondo, non ho alcun tema ad ammetterlo, ho sempre insultato "con il ricarico", ma per primo vorrei proprio un esempio. Non lo escludo, ma non lo considero proprio una mia abitudine. I miei commenti son tutti lì a disposizione ... - ma perché, effettivamente, sono stato quello fra i redattori che ha promosso e sostenuto più di altri la pubblicazione di questo articolo. Continuo a considerare non sia stato un errore, e mi spiego (sotto). Prima, perché mi preoccupano per davvero, considero le critiche relative alla "caduta di livello" di nFA post Firenze.

- Le critiche sono sempre benvenute, però io sono di quelli favorevoli alle critiche documentate. In questo caso faccio fatica a vedere la documentazione (fatta eccezione per il chiaro riferimento a questo articolo), quindi non capisco se di una critica generale si tratta (come sembra dalle parole usate) o se, invece, il problema è con il tema di questo articolo.

- Non so bene che dire, quindi: può essere che la qualità della discussione sia degenerata post-Firenze, ma personalmente preferirei avere qualche esempio. Senza dubbio abbiamo aperto di più la porta a collaboratori altri dagli originali 6 (anche perché, come notato, una % non risibile dei 6 è in prolungata vacanza per ragioni personali) ed abbiamo anche pubblicato più articoli su questioni non strettamente economiche (e.g. la giustizia, o il federalismo o la violenza) ma non noto una particolare frequenza di "chiacchere da bar", almeno in relazione al passato. Personalmente, considero quasi tutti i collaboratori "acquistati recentemente" delle persone estremamente competenti nel loro ramo, quindi non so bene quali siano i dati che hai in mente. Menzioni la differenza, negli  Ex-K, fra pre e post Firenze ... mah, io direi che la qualità è aumentata! Anche gli articoli "politici puri" son proprio ben pochi, a meno che non si considerino tali quelli (e sono parecchi) che abbiamo sparato a mitraglia nell'ultimo mese sul caso Alitalia. Insomma, forse dovresti portare degli esempi di "propaganda" non basata sui fatti, questo ci permetterebbe d'intendere perché una persona che (da quanto ricordo) ci legge da tempo pensi che siamo scesi a fare propaganda scordandoci i fatti.

- Propaganda, poi, implica farla per qualcuno. Mi domando: a parte per la nostra beata ingenuità, per chi ti sembra che si stia facendo propaganda? 

- Per quanto mi riguarda ho scritto solo cinque articoli fra Luglio, Agosto e quel che va di Settembre, dei quali tre su questioni economiche e due su questioni "di opinione" (la questione morale in politica e la discriminazione contro le puttane di strada). La mia opinione su questioni etiche non l'ammanto certo di verità scientifica, ma sono entrambi temi che avevo toccato sin dagli inizi di nFA; nulla di nuovo, almeno in quel senso. Il contenuto tecnico dei tre post economici potrebbe essere discutibile ma, dopo averli riletti, non vedo quali fatti ho ignorato e su quali argomenti logici io abbia fatto cirucuito. Di nuovo, chiedo lumi. Sugli articoli scritti dagli altri non dò giudizi: come dice (avventatamente, al contrario mio) Giannino della Marcegaglia "si sanno difendere da soli" ... (a proposito, ma Libero Mercato l'ha poi pubblicata la nostra replica, o no? Noi non abbiamo visto nulla ...)

Veniamo ora all'articolo di Lodovico Pizzati su indipendenza verso federalismo.

1. Anzitutto, avendo collaborato con lui in WB, io di Lodovico (qua public finance economist) ho una certa stima. Lo ritengo quindi perfettamente capace di discutere di federalismo basandosi sui fatti ed i dati.

2. Il suo giudizio sul federalismo all'italiana è, in questo articolo, alquanto "tranchant" ma, devo dire, a me va bene così. Da un lato credo sia perfettamente difendibile; dall'altro è consistente con l'analisi che quasi tutti coloro che hanno scritto qui sul tema "federalismo" sono venuti facendo delle proposte di riforma avanzate sino ad ora. Ossia: sono sconsiderate e non porteranno a nulla di buono. LP non ripete la nostra analisi, ma la premessa del suo argomento (che il federalismo all'italiana è una burla statalista tesa ad aumentare, non a diminuire, il controllo della casta politica sul reddito, le ricchezze e la vita degli italiani) mi sembra la logica implicazione dei fatti e delle analisi che abbiamo riportato nei dibattiti precedenti. Mi riesce difficile criticarlo per questa premessa.

3. Da questa premessa lui trae una conclusione logica - che io ritengo assolutamente non convincente - ossia che sia "realista" parlare invece di indipendenza di alcune regioni "storiche" e del Veneto in particolare. La logica che egli segue non è, per'altro, così nuova: nella sua versione "nobile" corrisponde a quel "soyez réalistes, demandez l’impossible" che molti di noi conoscono ed hanno apprezzato in altre circostanze. Anche noi di nFA, alla fine, continuiamo a predicare il liberismo, l'antistatalismo e l'etica della responsabilità individuale in un paese in cui, a causa di tanto cretinoide ardire, ci guardano quasi tutti come trinariciuti impazziti. O no? In questo senso il peccato di LP mi sembra perfettamente in linea con gli standards di nFA: entrambi pretendono d'essere realisti chiedendo e predicando l'avvento di eventi "impossibili".

4. Da questo fatto, che a me sembra proprio un fatto ed anche molto banale, deduco che il fastidio che molti sembrano (anche veementemente) manifestare con il contenuto dell'articolo di LP NON è dovuto alla natura "irrealistica" o "utopica" delle sue proposte (perché, ripeto, il "liberismo" che nFA predica lo è almeno altrettanto) ma ad altro "fatto". Quale fatto? Mah, non so. Qualche intuizione ce l'avrei, ma rimando a miglior (per me) momento.

5. Detto formalmente, per evitare di dare l'impressione che si stiano facendo chiacchere da bar, sia il "liberismo" che la "indipendenza" sono eventi impossibili nell'Italia del 2008. In questo senso, entrambi appartengono alla classe di eventi utopici che definiamo come [liberismo] (in matematica la notazione [x] denota la classe di equivalenza di x). Però, al contrario dell'elemento che chiamiamo "liberismo", l'elemento che chiamiamo "indipendenza" (del Veneto o della Puglia, fa lo stesso) provoca un immediato fastidio in alcuni lettori. Apparentemente, quello del Veneto nei lettori non del Veneto e quello della Puglia, congetturo perché non è stato qui ancora proposto, in lettori non della Puglia. Un fastidio tanto forte che molti si rifiutano persino di discuterne perché le argomentazioni non meritano commento o, se lo fanno, lo fanno con toni estremamente ed inusualmente incazzati. 

6. Se la ragione di tanto fastidio non è, come credo dimostrato in 4. e 5., la natura utopica ed irrealista dell'obiettivo "indipendenza", a quale altra ragione potrebbe esso (fastidio) essere dovuto?

7. Come ho detto, io la conclusione logica di LP non la trovo per niente convincente nel senso che l'indipendenza di ciò che egli, ed i suoi amici del PNV, chiamano Venetia mi pare una cosa perfettamente improbabile. Il mio problema, però, non sta nell'impossibilità dell'obbiettivo ma, invece, nel fatto che è mal posto (o mal definito o addirittura "ingiusto", se volete) e non coglie la radice del problema italiano. Articolare questa critica richiede, purtroppo, una pippa alquanto lunga, quindi mi prometto di fare un post appena possibile. Questo perché il dibattito sul tema indipendenza-federalismo a me, al contrario di molti altri, sembra estremamente interessante se ben svolto. Ben svolto vuol dire: con un minimo di pacata razionalità e cognizioni di causa, senza affermazioni troppo roboanti e senza lasciarsi prendere da esagerate eccitazioni campanilistiche, siano essi di tipo dolomitico o costiero. 

8. Infine, vorrei spezzare una libertaria lancia sul diritto (ed anche l'utilità) di rivendicare indipendenza ed autonomia per chi si voglia. Ovviamente, la prova del budino sta nel mangiarlo quindi chi rivendica indipendenza della regione A (o del gruppo B) dovrebbe accertarsi, almeno, che i sentimenti indipendentisti siano ampiamente e visibilmente diffusi nella regione medesima, ma la mancanza di tale verifica non rende il sentimento "indipendentista" o di "appartenenza" immediatamente stupido, irragionevole, illegittimo o quant'altro. Lo rende solo politicamente perdente, che è un'altra cosa. Come le lunghe storie dell'indipendentismo catalano, basco, slovaco, tirolese, sloveno, estone, ... stanno a dimostrare, la misura della legittimità di sentimenti di questo tipo è quella storica, dei secoli e non degli accadimenti quotidiani. Questo non vuol dire che la nazione detta "Venetia" sia un'idea sensata e che risveglia le passioni delle proprie genti (al momento non sembra proprio farlo), ma nemmeno esclude che possa diventare un'idea che attrae il consenso dei più nei territori in cui intende realizzarsi. I popoli, nel senso delle nazioni, non nascono belli e fatti ma si costruiscono nel tempo grazie all'azione delle proprie elites. Di questo mi pare il caso di discutere (anche perché credo che su questo il PNV ed LP si confondano) senza chiedere loro (in modo molto infastidito) di contarsi o di provare che la nazione veneta non finirebbe, alla fine, per essere governata da dei Galan e dei Cacciari, come ora di fatto è. nFA sarà anche caduta in basso ultimamente, ma credo abbia ancora gambe buone e forti per alzare il livello del dibattito, o no?

 

 

Ma il cane è arivato a casa Boldrin prima o dopo Firenze? Prima delle giornate NfA ti interrompevi solo per imbarcarti su un aereo. Che sia questa la vera differenza?

 

 

Da appassionato lettore ecco cosa a me leggendo l'articolo è sembrata propaganda:

Il link generico al sito  del Partito nazionale veneto riferito alle tre "boe istituzionali": come sempre in nFA mi aspettavo il link a una pagina di approfondimento o spiegazione del concetto espresso nell'articolo, non a una generica home page di partito.

Allo stesso modo il link diretto a una petizione che se volevo raggiungere avevo già trovato nel sito del partito, mi è sembrato un po' un volantinaggio...

 

 

 

mi fa piacere leggere l'opinione di Boldrin sulla proposta e per questo intanto ringrazio.

purtroppo in questo momento non posso dedicare piu' di 5 minuti alla elaborazione di una riflessione su quello che a me e' parso un indebolimento del dibattito su nFA nel post-Firenze. mi pare evidente che io continui ad essere un assiduo lettore (sono 2 anni ormai...). vorrei poter dire delle cose argomentate con fatti e non ho tempo adesso (honestly, non so quando). mettiamola cosi: per adesso ho torto io, la mia affermazione e' stata forte e non dimostrata. forse il mio era un appello per riavere qualche bel ex-K come quelli sulla crisi dei mercati finanziari (Boldrin) o sull'introduzione dell'EITC (Topa)giusto per fare esempi. se nelle prossime settimanetrovo del tempo, articolo meglio il mio pensiero.

vengo all'intervento specifico. ho detto che non ho nulla contro Pizzuti e sono certo che sia persona in gamba se gli avete concesso questo spazio. ma e' mia opinione che sia stato commesso un errore. tutto qui. la propaganda c'e' Boldrin. non che sia reato, per carita'. Avete consentito ad un esponente (sicuramente in gamba) di un partito (PNV) di esporre le proprie argomentazioni "politiche" (solo politiche, ne sono convinto) e di lanciare una petizione. nFA puo' fare propaganda, lo penso davvero. ma in questo caso le motivazioni dell'autore sono solo politiche, non mi pare ci sia alcuna base fondata per la proposta. almeno per come si pretende di chiamarla. mi spiego:

 

Perché questo accada una regione dovrebbe eleggere un consiglio

regionale in maggioranza indipendentista che richieda un referendum con

monitoraggio internazionale con quesito di indipendenza. Per quanto

improbabile, penso sia sempre più fattibile che qualsiasi altra

soluzione concreta che passi per Roma. Per raggiungere questo obiettivo

basta (?? ndr.) un consenso a livello regionale, anziché a livello italiano.

Questa è la strada perseguita dal PNV, unica formazione politica a

proporre questo percorso semplice e legale (?? ndr.). 

 

 Il punto 2 dell'articolo (che riporto) e' il centro di tutto. Cio' che secondo me e' "politico", nel senso che si tratta di una leggera e scorretta interpretazione di tutti i fatti seguenti.

la proposta del PNV non e' semplice. I numerosi commenti al post hanno messo in luce i grossi problemi legali e di implementazione che bisognerebbe affrontare testimoniano che ci vorrebbe molto tempo a sistemare tutto e non e' detto ci si riesca. faccio mie tutte le osservazoni fatte da altri commentatori, non mi va di ripeterle. dire che si tratta di un processo semplice si addice ad un comizio di piazza, non ad nFA.

la proposta del PNV e' legale, ma il suo eventuale esito non lo e'. tipico caso di legiferazione d'urgenza (caso turchia) senza considerare tutti gli aspetti del problema. la Costituzione Italiana non consente, non prevede, non considera il caso della indipendenza del Veneto. Un qualunque referendum regionale o comunale o rionale dovrebbe essere ritenuto invalido dalla Corte Costituzionale. non e' legale, per favore non scherziamo su questo. la proposta e' diversa (e secondo me perfino legittima) ma subdolamente mascherata da una patina di belle parole per indurre a firmare una petizione (se questo e' quanto raccontano ai loro potenziali elettori, allora PNV mente come ogni altro partito). una eventuale secessione del Veneto e' perfettamente possibile se la gente del Veneto la vuole. puo' essere piu' o meno violenta ma RICHIEDE l'interruzione della Costituzione Italiana, probabilmente una contrapposizione dura seguita da un lungo negoziato e la nascita, de facto, di 2 nuovi stati (Italia non-veneta e Venetia).

quando ho letto da un redattore di nFA che l'indipendenza del Veneto e' semplice e legale mi sono sentito preso in giro. lo avessi sentito in piazza a Rovigo durante un comizio no.

Tutto qua.

 

...perchè, secondo lui, è una discussione priva di fondamento, ma prima mi farebbe piacere che si leggesse  http://www.centrostudiluccini.it/pubblicazioni/materiali/23/marangon.pdf , così, giusto per l'onore della storia.

E' priva di fondamento, perchè, al di là degli intenti degli autori, sposta il dibattito su un tema scivoloso, e rancoroso, in cui poi ognuno riesce a dare il peggio di sè, sia in termini rivendicativi (io lavoro e mantengo te, terrone, con le mie tasse, quando non solo non mi mantiene nessuno, ma pago tante di quelle tasse che potrei mantenere un paio di famiglie di veneti (impiegati normali, calmi)), sia poi dover andare a vedere costi-benefici, diritti veri o presunti (come quello internazionale, materia molto controversa), insomma se il PNV intende dare corpo alle sue idee, come già detto, si presenti alle elezioni, si conti e poi vediamo.

Invece il dibattito, a mio infimo parere, dovrebbe essere: questo presunto federalismo che dice ? Risolve o peggiora ? Poichè gli estensori del post dicono subito: è uno schifo, senza argomentare diventa difficile discutere, insomma più che un argomento di discussione mi è sembrato un prendere o lasciare, al di là se i suoi siano assunti veri o falsi.

Facile a questo punto l'ironia sul movimento neoborbonico, sul linguaggio e sull'autodeterminazione anche ai singoli comuni, ma potrei continuare.

Io, invece, volevo discutere seriamente di federalismo, anzi di autonomismo, perchè il "federalismo padano" mi sembra un ulteriore centralismo (milanese, torinese, bolognese,  fiorentino, etc.), con tutte le sue conseguenze , ed io combatterò sempre un "indipendentismo" o un "federalismo" che intende sostituire un nuovo centralismo, sia esso di Venezia o di Napoli, non importa, rispetto a territori una volta "dominati" o "asserviti".


I servizi primari sono erogati dai comuni: strade, fogne, pubblica illuminazione,asili nido, assistenza agli anziani, non la sicurezza, non la sanità, non le scuole, ecco, io vorrei eliminare 3 corpi di polizia, tutti centralisti e per molti versi inefficaci, le scuole elementari dovrebbero essere comunali, poi salendo di livello territoriale, per gruppi omogenei, o per contiguità territoriale, o per quello che si vuole, erogare servizi sanitari evoluti (ospedali, pronto soccorso, etc.), poi scuole superiori, poi Università, poi Difesa, insomma, partire dal basso e arrivare in alto (autonomia, soprattutto impositiva), insomma, per dirla tutta, a me questa boiata del fondo perequativo non piace (la carità ?, no grazie), altre boiate disseminate qua e là, come quella delle accise sulla produzione dei carburanti, gentile omaggio alla Sicilia, piacciono ancora meno,poi quella che mi piace meno di tutte è la Contrattazione Collettiva Nazionale, autentica palla al piede del Mezzogiorno, che non può usare il suo più basso costo della vita per poter pagare meno i lavoratori e quindi produrre merci in grado di competere sui mercati, per cui io o apro a Belluno o a Canicattì non fa alcuna differenza, solo che a Belluno per esportare, per esempio, in Germania, ho tre ore di camion, a Canicattì un pò di più, con costi relativi.

Insomma, a me, per quel poco che ne capisco, questa bozza mi sembra solo il compromesso fra la Lega e Alleanza Nazionale, con tutte le tavanate che ne conseguono. Ma fra queste non ci vedo l'indipendenza  di chicchessia, che mi sembra solo un chiamarsi fuori molto comodo

  A Lodovico Pizzati, come me appassionato di basket, gli chiedo : conosci una squadra che vince quando il giocatore più bravo si chiama fuori e gioca solo per sè ? Io no, ma accetto la controprova.

 

 

prima mi farebbe piacere che si leggesse  http://www.centrostudiluccini.it/pubblicazioni/materiali/23/marangon.pdf , così, giusto per l'onore della storia.

 

Ho letto con interesse il testo che parla della fine della Serenissima e delle vicissitudini del Veneto, in particolare di Padova, durante il periodo napoleonico. I fatti sono interessanti, mentre la conclusione dell'autore mi sembra sostanzialmente errata:

 

Caduta ingloriosamente la secolare Repubblica di San Marco e il suo dominio sulla terraferma, sono riemersi i mai sopiti municipalismi, segno indubbio che la dominazione veneziana era stata sopportata ma non gradita dalla popolazione.

 

L'autore non ha evidentemente capito quale e' stata una primaria specificita' storica della Serenissima, che corrisponde probabilmente motivo principale per cui e' stata benvoluta dai ceti popolari del suo dominio di terraferma: la concordia e l'unita' di intenti della sua classe dirigente e allo stesso tempo la sua azione di controllo e quando necessario di repressione delle lotte di fazione e tra citta' che imperversavano nel Veneto come nel resto dell'Italia del Centro-Nord. Le elites venete e in generale dei territori della Serenissima avevano gli stessi difetti delle elites dell'Italia dei Comuni e delle Signorie: lotte tra fazioni, disponibilita' cinica ad allearsi con chiunque specie se straniero contro il vicino, considerazione vicina allo zero per i sudditi, interpretazione arbitraria della legge a loro favore e contro i sudditi. La nobilta' veneziana per un accidente della storia aveva trovato modo di arricchirsi non rapinando le risorse interne come tradizione risalente all'Impero romano, ma monopolizzando una parte dei traffici commerciali con l'Oriente. Cosi' ha plasmato lo Stato non allo scopo di arricchirsi imbrogliando i sudditi (come standard italiano), ma per favorire un'economia funzionante, capace di produrre navi da commercio e da guerra, per avere una cittadinanza sana, economicamente prospera, e quindi favorevole al regime oligarchico, e pronta anche a servire nella marina commerciale come in quella di guerra. Con i soldi Venezia ha potuto poi pagare gli eserciti mercenari dell'epoca e competere con successo acquisendo, anche grazie alle dedizioni di meta' 1400, lo Stato di terraferma. Nella terraferma Venezia ha messo termine alle lotte di fazione e agli arbitri delle elites locali creando probabilmente lo Stato meglio amministrato dell'Europa del tempo. Non era interesse di Venezia sfruttare all'italiana i Veneti di terraferma, almeno fino a meta' del 1600, perche' i veri profitti venivano dai traffici commerciali. Poi c'e' stata una lunga decadenza, ma ancora ai tempi di Ippolito Nievo puoi leggere che Venezia interveniva per reprimere gli arbitri dei signorotti locali a sostanziale vantaggio dei ceti popolari. E correttamente Napoleone stesso, riporta il testo riteneva Venezia «la plus digne de la libertè de toute l’Italie».

Marangon non riesce a capire che il dominio di Venezia era malsopportato solo dalla minoranza delle elites venete di terraferma, italianamente interessate solo alle loro ridicole beghe e a rapinare i villici: come puoi leggere su Nievo finiranno per mettersi al servizio degli austriaci. Al contrario i ceti popolari, artigiani, operai e contadini avevavo una stima grande e ferma del governo della Serenissima. Marangon ammette che i veneziani sotto la Serenissima stavano bene e non erano oppressi:

 

Quando Sebastisano Salimbeni annunciò l’evento alla folla che gremiva la Piazzetta, concludendo con il grido “Viva la libertà”, la folla urlò “Viva San Marco”, e in città divampò la rivolta dimostrando così che non corrispondeva alla realtà la tesi di una popolazione veneziana oppressa perché se tale fosse stata sarebbe andata in piazza a manifestare la sua gioia.

 

Marangon scrive poi che per le Pasque Veronesi "non si trattava di fedeltà a San Marco, ma di reazione dei veronesi alle prepotenze e alle razzie dei soldati francesi". Personalmente ne dubito, l'autore non da' elementi di supporto alla sua tesi.  Io posso solo dire che il ricordo del buongoverno della Serenissima, ormai mitologico, e' ancora vivo nel Veneto a oltre 200 anni dalla caduta.

 

 

Se questo articolo doveva stimolare la riflessione, come nello spirito di nFA allora certe uscite, come il presentarsi "Un terrone spiega..." non mi pare siano una scelta opportuna. Io credo che in questo si insinui la propaganda che per anni la Lega Nord ha fatto per discreditare un ragionamento serio inducendo forme offensive al limite del razzismo, per uno scopo che lascio a voi analizzare.

Non è mia intenzione fare propaganda, peraltro in un luogo dove sarebbe del tutto inutile, non tanto perchè io voglia sottovalutare i lettori di nFA ma piuttosto per una mera questione numerica.

Esclusa quindi la propaganda, occorre capire prima di tutto l'idea che soggiace al concetto indipendentista proposto dal pnv. Ho letto infatti ripetutamente esprimere l'idea che si voglia sostituire un centralismo con un'altro centralismo. Evidentemente ancora qui si è condizionati dalla propaganda leghista che di fatto tende ad esercitare un centralismo varesotto, e certamente non aiuta quando si parla genericamente di Venetia includendo porzioni di territorio che non sono della regione italiana Veneto (ma lo erano nella origine di quel territorio smembrato negli anni cinquanta, non a caso per disinnescare il sommovimento che nel 1944 voleva formare uno Stato veneto indipendente o almeno fortemente autonomo). Ebbene il pnv non supporta l'idea di un sistema centralista, anche per rispettare una caratteristica storica delle Venezie (o Venetia, come si voglia chiamare) dove le municipalità erano federate con il patto di dedizione. L'uso del nome Venetia è per disegnare un limite d'azione, non certo per arrogarsi ipotetiche annessioni tutte da verificare.

Alla fine sarà la popolazione a decidere.

In questo senso Boldin ha ragione quando dice che occorre accertarsi che i sentimenti indipendentisti siano effettivamente presenti nella popolazione. Certo è che i tentativi di secessione dal Veneto di alcuni comuni, se non dell'intero Altopiano di Asiago, per passare alle regioni a statuto speciale non può non essere sottovalutato e liquidato (come fa Galan) con la semplice volontà di avere i previlegi delle regioni a statuto speciale, anche perchè sarebbe un previlegio voler trattenere i frutti del proprio lavoro?

Il fatto è che effettivamente esiste una certa fetta della popolazione che questi sentimenti li sta manifestando. Ovviamente l'ideale sarebbe fare un sondaggio, perchè al momento questa è una sola sensazione priva di sostegno statistico.

Però, non capisco una cosa. In più di un intervento ho notato che ci si preoccupa di mettere l'accento sul problema Italia. Ma il paradigma che viene prospettato con questo articolo supera il problema Italia, seppure partendo da un progetto tutto italiano (anche nei sapori).

 

 

Scusa, ma quello che ho scritto lo hai letto ? Se mi sono presentato "un terrone spiega..." , ma poi ho detto la mia era solo per mettere un pò di ironia in un dibattito che, vedo, suscita passioni, anche veemente, da parte mia ho già spiegato il perchè, se vuoi articolo ancor di più:

Anche in Campania esiste un movimento autonomista e separatista, si chiama Movimento Neoborbonico.

Combatto questo movimento per gli stessi motivi di cui sopra: No a una finta indipendenza, che sostituisce un centralismo ad un altro, l'Ente territoriale che sento più mio è il comune, e vorrei che avesse molti più poteri e autonomia impositiva, o meglio ancora, il Comune impone e poi devolve una parte agli altri livelli, siano essi Regione, Stato Italiano, Venetia, Unione Europea o ONU non mi importa, chiamatele come volete, per me sono Enti territoriali di II e III livello, che erogano servizi in funzione del loro livello.

I comuni del Veneto decidono che Regione e Stato devono coincidere, per cui si vogliono dotare di Dogana, Esercito, Parlamento, Rappresentanze diplomatiche in giro per il pianeta , avere una TV pubblica veneta, una scuola veneta,e così via blaterando ? Ferme restando tutta una serie di opposizioni per me vale il detto: a nemico che fugge ponti d'oro.

Comunque, giusto per ridefinire le cose, quando chiamo i miei clienti del Nord la prima cosa che dico è:"Sono quel terrone di Marco Esposito" e ridiamo. Insieme.

 

Quello che mi chiedo é quali siano gli svantaggi per una regione nel diventare indipendente (stato). I vantaggi (parliamo del Veneto) mi sembrano evidenti. Meno tasse a Roma ladrona e tutti piú ricchi e felici. Ma cosa si perde a diventare un piccolo stato indipendente invece che essere una regione di un grosso stato? Poniamo che la capacitá produttiva e la domanda di prodotti da quella regione non cambino (é veramente cosi?). Le prime cose che mi vengono in mente sono la perdita di un peso internazionale (il ricco Lussmburgo conta qualcosa?), la perdita di "insurance" tra regioni (catastrofi naturali; se venezia affonda conviene ancora essere indipendenti?), la perdita di una lingua unica parlata da altre 50 milioni persone che indubbiamente aumenta la velocitá di trasmissione di informazioni nelle relazioni con le altre regioni (se io parlo solo sardo e tu solo veneziano magari ci capiamo in inglese, ma se non frequentiamo noise magari no).

Effettivamente mi sembrano obiezioni abbastanza deboli. Altri suggerimenti?

 

Sono stato a lungo in dubbio se scrivere o no. In primis perche' e' stato gia' detto molto e non so quanto la mia opinione possa portare di nuovo nella discussione, in secundis perche' essendo romano e sentendomi italiano non comprendo appieno questa pulsione per l'indipendenza, anche se la capisco dal punto di vista logico. 


Esprimero' nel (lungo) seguito i dubbi che mi vengono riguardo la separazione del Veneto (o della Puglia, cambia poco). Vi prego di non volermene se riportero' fatti e opinioni gia' espressi da altri, prendetela come un sunto :)


Legalita': per una separazione pacifica assumo che si parta da mezzi legali a disposizione nello Stato italiano, quindi il referendum. Per raggiungere gli obiettivi del PNV probabilmente si dovrebbe optare per referendum comunali: infatti un referendum regionale provocherebbe il problema di come comportarsi con province o comuni in cui vince il NO (=resto Italia) contro il SI' (=divento 

Venetia). Con un referendum regionale infatti ci sarebbe il dubbio di cosa fare: caccio i cittadini che hanno votato NO? Gli chiedo di fare il passaporto? Comunque con il referendum comunale resta il problema della frammentazione del territorio: passi da Vattelappesca di sopra (Venetia) a Vattelappesca di sotto (Italia), diciamo che potrebbe esser trascurabile, almeno fino a quando le condizioni economiche e sociali non cambino drasticamente.


Diritto: se io romano ho un contenzioso in corso con un veneto, la legge da seguire dipenderebbe dal foro competente. All'inizio immagino che per praticita' le leggi di Venetia e Italia siano le stesse, ma quando si differenziassero come si procederebbe? Il veneto sarebbe ancora disposto a farsi giudicare da un tribunale romano, o viceversa? (il viceversa vale anche per i punti successivi).


Amministrazione: le strutture all'inizio resterebbero le stesse. Gli amministratori non veneti verrebbero rimossi? Cosa succederebbe alle infrastrutture comuni?


Istruzione: cosa si fa, si sostituisce l'italiano con il veneto? Legittima scelta, lo dico subito. Si prevede un bilinguismo paritario con l'italiano?


Proprieta': se io fiorentino compro casa a Mestre, e' ancora mia? Che tasse ci pago?


Lavoro: io umbro che lavoro a Treviso posso continuare? Mi cambia contratto? Devo fare un documento?


Impresa: io napoletano che possiedo e dirigo un negozio di mozzarelle a Padova posso ancora farlo? Pago i dazi sull'importazione di merci dall'estero?


Sanita': io siciliano che sono a Venezia a curarmi, devo fare un documento? Pago tariffa intera perche' vengo dall'estero? Il SSN non vale piu' ovviamente.


Turismo: io sardo che vengo a visitare Venezia devo portare il passaporto? Venetia entrera' nell'Unione Europea?


In realta' l'Unione Europea e' un po' l'ancora di salvataggio (o la scintilla, a seconda del modo di vedere le cose) per molti movimenti separatisti: ti separi ma resti nell'Unione, in questo modo cambia qualcosa (ad esempio metti qualche seggio in piu' a Bruxelles e fornisci qualche quota latte-verdura-carne) ma di fatto siamo tutti sotto il "cappello" dell'Unione.


Forze armate: sono convinto che la maggioranza sia lealista e centralista, quindi voterebbero in massa per il NO (anche le forze di polizia, forse un po' meno). Cosa si fa, le si espelle con tutte le armi? O le si nazionalizza?

 

Di fatto, la transazione con lo Stato italiano si potrebbe ridurre alla definizione degli ambiti di competenza (confini) e al pagamento da parte di Venetia di alcune infrastrutture e debiti pagate con le tasse di tutti: si questionera' quanto si pare  sulle percentuali, ma l'ospedale di Mestre e il pensionato di Vicenza ad oggi ha  ricevuto anche qualcosa dalle mie tasche, occorrera' solo stabilire quanto, anche 0.


In tutto questo, si potrebbe procedere senza che si venga alle mani? Probabilmente si', perche' ci sarebbe tutto l'interesse a circoscrivere eventuali focolai di violenza. Se no, vi lascio il link a una analisi di una situazione simile:

Venetia si ritroverebbe con un territorio piu' piccolo, obiettivi piu' concentrati, forze armate ridotte e di dubbia lealta', e sul suo territorio sacche di resistenza anche armate e organizzate. Non sarebbe ne' semplice, ne' veloce, ne' definitivo (immagino problemi di terrorismo diffuso da ambo le parti per anni anche dopo la fine delle ostilita'), e a discapito di tutti e due, quindi penso che alla fine

si propenderebbe per una soluzione pacifica?


Ho ancora molti altri dubbi, che non riferisco qui per brevita' :)


In conclusione: una vera indipendenza non e' secondo me piu' "facile" da raggiungere di un vero federalismo. Quello che non vorrei e' che si riducesse il problema al centralismo romano o al sussidiarismo meridionale: se i rappresentanti che sono stati votati per questo non hanno fatto il loro dovere, non puo' essere data colpa solo ad altri.





 

Beh, la domanda di prodotti un filino cambierà, vuoi per patriottismo vuoi perchè un po' di protezionismo c'è ancora, e probabilmente ci sarebbero un po' di cambiamenti nella fornitura di servizi ( Es. quando da Brescia vado a Mantova le chiamate diventano internazionali?).In ogni caso economicamente non vedo come la cosa possa diventare svantaggiosa per i veneti.

Quanto all' italiano, visto che ormai lo parlano tutti non vedo perchè si dovrebbe rimettersi a parlar veneto e tradurre tutto. Tra l'altro una buona parte della popolazione della Venetia non lo parla: omologare Bergamasco e Bresciano al veneto è decisamente una forzatura.

 

Meglio grande o piccolo? A me non piace fare queste comparazioni perchè secondo un principio di dignità del diritto di poter decidere del mio futuro tenderei a rigettarle con sdegno.

Ma stiamo al gioco. Allora alle critiche del meglio piccolo, fare il paragone del "ricco Lussemburgo che non conta nulla sul piano internazionale" mi pare estremamente debole perchè egoisicamente preferisco essere cittadino sovrano di un piccolo Stato piuttosto che suddito ignoto di un grande Stato.

La perdita di "insurance" tra regioni. In termini economici non regge. Questo almeno per quanto riguarda il Veneto che di insurance se ne potrebbe pagare diverse con i soldi che lascia sul tappeto e le ingerenze distruttrici perchè non indipendente. Ad ogni modo non mi pare che il Portogallo sia stato abbandonato durante le catastrofi degli incendi del 2005, con aerei giunti da Francia, e Gran Bretagna e addirittura Germania (non l'Italia che faticava a spegnere i suoi di incendi).

La lingua. Non mi stancherò mai di citare il Canton Ticino. In ogni caso preferirei un piccolo Stato che adotti un largo uso della lingua inglese (come nei Paesi bassi) affiancata alla lingua locale nativa: aumenterei la "velocità di trasmissione" con almeno un paio di miliardi di individui, meglio no?

 

 

Sto cercando, e se li trovo li posto, degli studi che avevo letto (non ricordo l'autore) che evidenziavano i vari vantaggi di stati (e organizzazioni) di piccole dimensioni rispetto a quelli di grandi dimensioni.

Non credo ci siano dei veri svantaggi per una regione nel diventare

indipendente, soprattutto rimanendo all'interno della comunità europea.Gli aspetti da valutare sono altri:

1.La fattibilità? Cioè: te lo lasciano fare democraticamente (tipo Slovenia) e, in questo caso, come ci si regola per il debito pubblico, i bot ecc.Personalmente penso che il governo centrale farà di tutto per impedirlo, dato che l'esempio del Veneto sarebbe seguito, sicuramente, da altre regioni (Lombardia in primis). In questo caso che scenari si aprirebbero, fino a dove si può arrivare?

2.Dove fermarsi? Se da un punto di vista economico "piccolo è bello" (sì,come slogan fa più effetto "la Lega ce l'ha duro":-) ) perchè non la provincia indipendente?

Trieste ha chiesto più volte di poter diventare "porto franco" sul modello di Livigno o di Montecarlo.

Io personalmente non sono in grado di valutarli per quello mi fermo all'idea di un federalismo molto "spinto".

Comunque in caso di referendum per l'indipendenza della Lombardia o del Veneto, voterei comunque a favore. Non per razzismo o per le presunte origini celtiche ma perchè economicamente mi sembra la scelta migliore per me che ci abito.

Se, poi, alle elezioni post indipendenza votiamo come presidente ancora Formigoni (o magari Cacciari in Veneto) mi rimane la Svizzera a 10 km.  

 

Mi spiace usare argomenti tecnici e quindi non lo faccio. Non vi e' nessuna maniera, ripeto nessuna, di decidere in che cosa si differenzi un dialetto da una lingua. Lo scherzo, ormai antico -- dovuto a Max Nordau-- e' che la differenza e' la bandiera e la marina. I casi si moltiplicano, il paese dove abito ha undici lingue ufficiali, nessuno si scalda e nulla cambia, se in Italia il sardo il napoletano o il greco (nelle Puglie) o il "austro-tedesco" di Bozen , fosserolingue che cosa accadrebbe? a parte un flusso di nuove assunzioni alla rai per fare il giornale radio in 10 lingue.....

 

 

Si noti che chi abbia voglia di osservar tutto questo, faccia una prova, come si definisce una lingua?

per sintassi (l'italiano ha la sintassi anche di superficie del sanskrit)? per lessico? nel qual caso veneziano e portoghese sono assai piu' prossime del napoletano o del trapanese- per semantica? siamo tutti nella stessa barca, per chi non creda ai babbei dell'ipotesi Sapir & Whorf... 

 

 

se in Italia il sardo il napoletano o il greco (nelle Puglie) o il "austro-tedesco" di Bozen , fosserolingue che cosa accadrebbe? a parte un flusso di nuove assunzioni alla rai per fare il giornale radio in 10 lingue.....  

 

Troppo tardi !!! Il ladino ed il tedesco sono considerate lingue ufficiali in AltoAdige, cosi come il Friulano in Friuli è la Rai trasmette gia notiziari e programmi in lingua.

 

questa della differenza (inesistente?) tra lingua e dialetto mi sembra un tema molto interessante, pur non avendo conoscenze tecniche nel settore. A tal proposito vorrei domandarti:

1. hai una bibliografia che potresti succintamente suggerire

2. e' condizione necessaria a definire una lingua il fatto che deve essercene una versione scritta? molti dialetti italiani sono peraltro codificati scritti, ma ad esempio (e che esempio!) in svizzera lo svizzero tedesco ha numerose codificazioni scritte e ancora non riescono a mettersi d'accordo.

3. ci sono condizioni necessarie su cui c'e' convergenza di opinioni della comunita' scientifica? (ad es. numero minimo di parlanti, di vocaboli, letteratura)

4. io mi son fatta l'opinione che potenzialmente non esiste alcuna differenza, ma nel momento in cui una lingua si chiama ancora dialetto una differenza esiste. vaneggio? mi riferisco essenzialmente al punto due sopra.

grazie se vorrai rispondermi

 

 

Nei commenti ho letto di analogie fra Veneto e Italia da un lato, Vallonia e Fiandre in Belgio dall'altro.

Abitando in Belgio, e vivendo questa realtà quotidianamente, l'analogia mi sembra un po' forzata.

La faccenda, oltre ad avere un risvolto certamente economico (come sottolineato da Ludovico, il nord ricco che si è stufato di assistere il Sud povero) è soprattutto linguistica/ culturale.

Fiamminghi e valloni non si capiscono fra di loro.

I valloni, sono considerati nelle Fiandre alla stregua di un qualsiasi straniero che deve adattarsi e imparare la lingua, se desiderano vivere o lavorarci.

Senza dimenticare che (tornando a bomba) le questioni (poco conosciute in Italia) più sensibili per la classe politica e la pubblica opinione sono la divisione del distretto elettorale

Brussel-Halle-Vilvoorde

e il trattamento delle enclavi francofone che si trovano in territorio fiammingo.

Noi siamo messi male, ma si parla ancora nella stessa lingua no?

 

Beh, c'é anche dell'altro nel malanimo fra Fiamminghi e Valloni. Fino agli anni '60 la lingua ufficiale del Belgio era il francese. Punto. Se un Fiammingo voleva studiare all'università, lavorare nell'amministrazione pubblica, o semplicemente difendersi in tribunale, doveva farlo in una lingua "straniera", era insomma un cittadino di seconda categoria, una "lingua tagliata". All'epoca la Vallonia era una zona altamente industrializzata (industria pesante, sgretotalasi negli anni '70) mentre le Fiandre erano essenzialmente agricole, e i Fiamminghi "terroni". Ora i Fiamminghi sono dominanti tanto numericamente che economicamente e serbano rancore; sbagliano, ma si puo' capirli.

Nulla di tutto questo é accaduto in Italia: i meridionali non hanno mai oppresso e umiliato i settentrionali, al limite il contrario.

 

Permettetemi di rivolgervi un accurato appello. Vivo in Belgio, il paese del "federalismo reale" e vi supplico di abbandonare il pernicioso progetto federalista. In un paese poco più grande della Lombardia ci sono sette governi (federale, Fiandre, Vallonia, Regione autonoma Bruxelles capitale, comunità linguistica fiamminga, comunità linguistica francofona, comunità linguistica germanofona) ed a Bruxelles c'é un ministro dell'agricoltura responsabile di solo una ventina di fattorie (conosce per nome tutte le vacche - praticamente un "ministro socialmente utile"). La pressione fiscale é più elevata di quella italiana (non é vero che col federalismo si pagano meno tasse, al contrario!), i politici sono corrotti come e più di quelli italiani, la politica é paralizzata da continue dispute: sei mesi per formare un governo dopo le elezioni del 2007; crisi nell'estate 2008, enorme incertezza e paralisi legislativa.

A molti la parola "federalismo" fa pensare alla Svizzera, a me alla Nigeria o all'Etiopia.

 

 

E ora parliamo un momento di indipendenza, o se volete secessione. A parte tutte le considerazioni espresse ieri mattina da Lugg che condivido in pieno, il problema fondamentale é:"chi paga il debito pubblico italiano"?

Anche ammesso che ci si riesca a mettere d'accordo fra debitori (ossia a dividerlo fra "nord" e "sud"), e lascio a voi immaginare quanto sarebbe lungo e complesso l'inevitabile contenzioso, cosa ne penserebbero i creditori? Se uno ha sottoscritto un titolo pubblico garantito da un'intera nazione, perché dovrebbe accontentarsi di soltanto una parte? E se il creditore avesse la possibilità di scegliere, pensate che opterebbe per essere creditore del nord o del sud? E come se la caverebbe il nord con tutto o quasi il debito nazionale sulle spalle? (per il sud non c'é problema: va in default immediatamente)

 

 

il problema fondamentale é:"chi paga il debito pubblico italiano?

 

Il debito pubblico italiano puo' essere diviso con vari criteri, se il criterio e' che ha finanziato spesa pubblica va diviso secondo il numero degli abitanti perche' la spesa pubblica italiana pro-capite, pur superiore al Sud e nelle Regioni a statuto speciale, e' in prima approssimazione costante. Se si considera che di fatto il debito pubblico ha finanziato l'evasione fiscale di massa delle attivita' private del Sud e in parte del Centro, allora il Nord con evasione fiscale europea non dovrebbe pagare nulla anzi dovrebbe semmai essere rimborsato, specie la Lombardia. Se ci si scorda del passato completamente, allora potrebbe essere diviso in base al PIL, facendo pagare una seconda volta il Nord e in parte il Centro.

 

Cosa ne penserebbero i creditori? Se uno ha sottoscritto un titolo

pubblico garantito da un'intera nazione, perché dovrebbe accontentarsi

di soltanto una parte?

 

Questa e' una non-issue. Chi ha prestato soldi allo Stato italiano aveva ben chiara la qualita' di detto Stato, i suoi problemi, la reputazione della sua moneta e cosi' via. Se perde i suoi soldi e' perche' non poteva non conoscere i rischi.

 

 

Per chi si domanda  che criteri si stanno utilizzando per fare "il federalismo". Segnalo un breve articolo de La Voce che da motivi per preoccuparsi :

http://www.lavoce.info/articoli/pagina1000611.html

 

 

L'articolo segnalato dimostra che "fare" il federalismo (autentico) a Roma è impossibile, soprattutto se si vuole sempre dire di sì e far contenti tutti (tipico vizio berlusconiano).

La Lega Nord è caduta nella trappola (e nella tentazione del potere capitolino) per la seconda volta, dopo i 5 anni gettati al vento fra 2001 e 2006, sprecati nel tentativo maldestro di rimodificare la costituzione; anche allora il tentativo finì per proporre un testo più centralizzatore di quello di partenza. Mi sembra che le cose stiano andando nella stessa direzione, dato che la preoccupazione incerdibile delle ultime settimane è come garantire più soldi al Sud, invece di preoccuparsi di come tagliare gli sprechi causati da politici, mafiosi e pure cittadini comuni in quelle lande.

No, in Italia non è possibile fare alcun serio federalismo.

Per questo è bene che i cittadini della Regione Lombardia comincino seriamente ad organizzarsi per spingere la nostra Regione verso la secessione dallo Stato italiano. Una Repubblica Lombarda indipendente nell'ambito dell'Unione Europea potrebbe finalmente correre libera verso nuovi grandi traguardi di progresso economico e sociale. E' tempo di dire basta con lo spreco delle nostre opportunità a causa dello Stato italiano.

Ha ragione Pizzati, l'autonomia e il federalismo sono vicoli ciechi in Italia, e lo sono perchè non attuabili nelle autentiche forme loro proprie, in cui il prezzo dell'autogoverno è la responsabilità. La secessione è qualcosa di possibile e di radicalmente alternativo, una strada su cui è bene che le Regioni Veneto e Lombardia si incamminino seriamente e con decisione. Come dicono quelli di Greenpeace, "No time to waste".

Carlo Salvador

 

Ho letto con interesse l'intervento di Lodovico Pizzati. Ne condivido molti aspetti, anche se da una prospettiva lombarda, essendo cittadino della Regione Lombardia.

Lo Stato Italiano rappresenta sempre di più un dannoso livello intermedio di governo fra la nostra Regione e l'Unione Europea. Le due classi dirigenti meridionali (quella formale, rappresentata dagli amministratori pubblici e dai politici, e quella sostanziale, rappresentata dal reticolo clanico mafioso) rendono numericamente impossibile qualsiasi autentica riforma in senso federalista dello Stato unitario. La crescita abnorme delle strutture burocratiche statali è, in effetti, il risultato di una politica economica volta ad ampliare la sfera dell'interventismo clientelare, che drena risorse fiscali dalle Regioni padane per riversarle in quelle centro-meridionali.

La polemica sull'utilizzo del parametro dei costi storici o di quelli standard, come riferimento per la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali è lì a dimostrarlo: il Sud produce enormemente di meno (anche in termini fiscali a causa di una evasione massiccia) e, per contro, spende cifre enormi (e folli) per offrire prestazioni che, per giunta, risultano assai scadenti rispetto a quelle, più economiche e più efficaci, delle Regioni del Nord. Tutto, in sostanza, finisce in stipendi, come spiegano, ad esempio, i numeri della scuola. O il caos nelle Poste lombarde degli ultimi mesi, determinato dal fatto che i postini vengono assunti al Sud per lavorare al Nord, ma poi chiedono il trasferimento al paese natio, lasciando un nuovo buco qui; e così si ricomincia con le assunzioni, andando sempre ad ampliare il numero dei dipendenti pubblici meridionali presenti nelle molteplici amministrazioni pubbliche, soprattutto al Sud.

Dopo quasi 150 anni di Unità d'Italia possiamo affermare che se ne può fare davvero a meno. Come cittadino lombardo ritengo che la Regione Lombardia debba attivarsi per ottenere la secessione dallo Stato italiano e per costituirsi in Repubblica Lombarda indipendente nell'ambito dell'Unione Europea. I vantaggi di una secessione all'interno di uno stato membro sono indiscutibili: stessa moneta, stessa cornice normativa, stessa libertà di circolazione delle merci e delle persone. Il giorno dopo la secessione noi lombardi potremo continuare ad essere "italiani": ma solo per lingua, per affinità culturale, non più per sottomissione allo stesso Stato predatore e paramafioso di cui oggi, ahinoi, siamo ancora parte integrante.

E a chi dice che si tratta di ipotesi improbabili se non addirittura impossibili, rispondo soltanto così: "secessione? yes we can"

Carlo Salvador

 

A mio parere il dibattito, come prevedibile sta scivolando sempre più verso il basso.

Dai commenti degli ultimi giorni abbiamo appreso:

a - che una delle ragioni che rafforzano la voglia indipendentista è, anche, il modo con cui il cinema ha trattato i veneti, il che vorrebbe dire che l'eventuale secessione della Puglia sarebbe causata dai film di Lino Banfi

b - che la "Venetia" avrebbe il suo mito di fondazione nella millenaria storia della Serenissima, storia certamente gloriosa, ma conclusasi con la morte per consunzione della Repubblica, con l'oligarchia dominante chiusa all'esterno e dedita allo sfruttamento dei suoi latifondi, mentre i contadini  morivano di pellagra. Venezia si arrese a Napoleone senza neanche un'ombra di resistenza, almeno simbolica. I tre magistrati preposti alla difesa della laguna ammisero candidamente al doge di non poter contare sulla capacità di reazione della Repubblica perchè "scarso il numero degli armati, fiacchi lo spirito militare e la disciplina, inetti gli ufficiali, inadeguato l'armamento, mal disposte le opere di difesa" senza neanche più una flotta, tanto che i Francesi non ritennero utile requisire che una manciata di navi, perchè le altre erano totalmente inefficienti

c - che in fondo se solo una regione si stacca dall'Italia non dovrebbe farsi carico - pro quota - dei debiti dello stato italiano, così come i soci che recedono da una società non rispondono dei debiti sociali, affermazione che oltre che errata dal punto di vista civilistico, non tiene conto del fatto che i creditori (tra cui molti cittadini del neonato stato) non accetterebbero mai una separazione di questo genere

d - che la formazione dello stato unitario,  sarebbe stata in realtà una macchinazione dei latifondisti meridionali a danno dell'operoso nord, il tutto dimenticando lo smantellamento post-unitario delle industrie meridionali, l'imposizione fiscale subita da quelle popolazioni (i.e. tassa sul macinato, monopolio del sale) la brutale repressione del brigantaggio che mise in un unico calderone, anzi fucilandoli davanti al medesimo muro, briganti veri e propri, lealisti borbonici e popolazione civile, con metodi e violenze che lasciarono ferite secolari sul tessuto sociale ed economico del sud

e - che la secessione del Veneto potrebbe risolversi con un semplice referendum come se si trattasse di decidere se Cortina può andarsene in Trentino  o meno, fingendo di non considerare che non del Veneto si tratta, ma dell'Italia stessa, se cioè si vuole o meno continuare ad avere uno stato chiamato Italia, o dobbiamo tornare al 1859, perchè quello sarebbe il risultato finale: una reazione a catena per cui dopo il Veneto, la Lombardia, la Valle d'Aosta che se ne andrebbe in Francia, la Liguria che potrebbe tornare ai suoi dogi (hanno anche loro una storia non male), il sud ai Borboni e così via, come se tutto ciò potesse essere indolore e facile.

 

 

Beh, questa analisi mi sembra azzeccata.

Non mi sono azzardato fino ad ora a commentare, da veneto, i vari punti di vista, alcuni ragionevoli, altri fantasiosi, passando per politica, polemica, utopia e realtà. Probabilmente, nulla succederà di quello che alcuni dei commentatori auspicano. Curioso, però, che tanti si sono fatti coraggio (come il sottoscritto, del resto) e hanno superato quell'ostacolo psicologico che ti impedisce di aggiungere un tuo punto di vista, temendo di essere silurato dai cari amici amerikani e non. Silurato in senso buono, è sempre un piacere leggere le attente analisi di alcuni di voi, accademici e non, ma a volte un po' di timore reverenziale ce l'ho avuto. Non è il caso di questa "discussione" dove tutti, con molta libertà hanno detto peste e corna del teron o del poenton o di entrambi.

A mio parere, lo stato centrale non ha alcun incentivo a mollare l'osso; la periferia, del resto, ha legami stretti, soprattutto politici, con quelli de roma. Il processo federalista sarà lento, ammesso che ci sarà. Uno di voi auspicava la secessione del sud: la soluzione è curiosa ma stuzzicante. Sono sempre stato pro federalismo come voi, ma aggiungo un concetto che fa rima con federalismo: realismo.

Sarei contento di vedere il concetto di sussidiarietà e di devoluzione applicato in maniera efficiente. Purtroppo, questo è sicuramente possibile nelle regioni virtuose (le solite) ma un cambiamento del modus operandi delle regioni "meno virtuose" è auspicabile, ma ad oggi, non realizzabile in tempi brevi. Che fare dunque, lasciarle in balia degli eventi? Per i più accaniti, certamente sarebbe la soluzione migliore. Ciò che stanno facendo i simpatici personaggi al governo è propaganda, non stanno certo affrontando il problema (quando mai lo hanno fatto? ma questo è un altro discorso).

Non esiste una soluzione, passatemi il termine, Pareto-efficiente? Bisogna per forza continuare a sussidiare il sud? Non sono un esperto, anzi, non mi hanno mai particolarmente attratto queste tematiche. Ma ho notato che ci sono molti esperti (alcuni presunti tali), che potrebbero fornire soluzioni  più chiare e magari più feasible rispetto a quella proposta dal Prof. Pizzati.

 

 

c - che in fondo se solo una regione si stacca

dall'Italia non dovrebbe farsi carico - pro quota - dei debiti dello

stato italiano, così come i soci che recedono da una società non

rispondono dei debiti sociali, affermazione che oltre che errata dal

punto di vista civilistico, non tiene conto del fatto che i creditori

(tra cui molti cittadini del neonato stato) non accetterebbero mai una

separazione di questo genere

 

Dato che ho fatto io un paragone dei soci con una società, suppongo di essere chiamato in causa, e mi sembra giusto precisare: Io non ho detto che i soci non si facciano carico dei debiti, ma che i creditori che vantano un credito con la società, se tale società resta in vita, essi non possono vantare nulla nei confronti dei soci uscenti. Sarà la società a vedersela con i soci che se ne vanno. Nella replica che avevo dato si parlava si di debito, ma nello specifico di creditori.

Sulla caduta di Venezia si può dire quello che si vuole, ma alla fine contano i fatti, quelli documentati. I contadini morivano di pellagra quando arrivò l'annessione all'Italia: il periodo della pellagra infatti è approssimativamente corrispondente a quello della grande migrazione (1870-1960), la causa fu l'imposta sul sale e sul macinato e lo spopolamento delle campagne con la coscrizione obbligatoria che portò a contrarre la produzione agricola e di allevamento (attività tipica) con conseguente riduzione dell'apporto di vitamine del gruppo B, ottenute nella tipica dieta alimentare veneta da latte e cereali si dà il caso; e reagirono di loro iniziativa contro Napoleone issando la bandiera marciana che oggi tutti scambiano per quella della Lega (che ne abusa).

Il punto D non l'ho letto negli interventi, almeno mi sembra di ricordare.

Ad ogni modo essendo che erano uscite delle considerazioni di vario tipo, tra cui quale peso potrebbe avere il fattore economico su quello "viscerale", non mi sembra sia scadere verso il basso nel volerlo analizzare.

In una situazione più avanzata, in Belgio, il fattore viscerale ha un'influenza non indifferente.

 

Ci ho pensato un po’ prima di commentare l’articolo, ma visto che non riesco ancora a comprenderlo bene nonostante i molti commenti. Provo ad esprimere le mie perplessità.

Il documento propone l’indipendenza delle Venezie come soluzione ai problemi di questi territori (e forse anche del resto d’Italia). Il ragionamento proposto sembra essere

1 lo stato italiano sta andando in malora

2 una soluzione possibile è (potrebbe essere?) una organizzazione federale dello stato

purtroppo, un federalismo ‘vero’ che possa migliorare il paese non è possibile

4 per alcune parti del paese l’indipendenza rappresenta l’alternativa (possibile? migliore?)

Ho una serie di dubbi su questo ragionamento che provo qui a descrivere. Sul primo punto penso ci sia poco da discutere, è nei fatti, nell’articolo ci sono alcuni dati a supporto e molti altri sono disponibili da varie fonti. I primi problemi (per me) iniziano già dal secondo punto, ie il federalismo come la risposta ai problemi italiani. A me sembra che la migliore terapia per il paese sia una massiccia dose di politiche veramente liberali, un po’ quello che (almeno in parte) fu fatto nel Regno Unito dal partito conservatore della signora Thatcher. Se il federalismo fosse la via per introdurre riforme di tipo liberale, bene, esso sarebbe (da me) benvenuto, altrimenti rischia di diventare una di quelle parole/slogan che servono solo ai politici per prendere qualche voto in più (e nell’articolo si paventa esattamente questo). In ogni caso ammettendo che il federalismo è la soluzione ai problemi italiani, non ci viene spiegato perché questo non sia attuabile in Italia (punto 3), L. Pizzati scrive che una spiegazione sarebbe troppo lunga e complicata, però questo è un punto chiave dell’argomento, se il punto 3 non fosse corretto la proposta sarebbe ancora valida? e se si, in base a quale ragionamento?

Anche accettando il punto 3, il vero problema (per me) è il passaggio al punto 4. Premesso che, come detto sopra, l’organizzazione dello stato (più o meno federale) o cambiamenti nei suoi confini geografici (ie indipendenza/perdita di parti di esso) per me non rappresentano la soluzione ai problemi dell’Italia o anche delle Venezie, ma un (possibile) mezzo per arrivare alla vera soluzione (ie politiche veramente liberali), mi riesce difficile capire come indipendenza e federalismo possano sostituirsi l’uno con l’altro nel ruolo di mezzi per raggiungere il giusto fine.

Indipendenza e federalismo non sono la stessa cosa, come commentato da L. Pizzati in una sua replica, stiamo parlando di dieta e di bypass gastrico, che sono due cose diverse (la dieta è una possibile terapia per alcune patologie, il bypass gastrico è una terapia diversa per patologie diverse). Ma, se non sono la stessa cosa come possono essere uno il sostituto dell’altro?

Alla fine la domanda è come il federalismo o (in alternativa?) l’indipendenza possono contribuire a migliorare il/i paese/i, purtroppo l’articolo non chiarisce questa domanda, in particolare per quanto riguarda l’indipendenza, e finisce per sembrare solo un pezzo di propaganda per una parte politica.

 

 

Alla

fine la domanda è come il federalismo o (in alternativa?)

l’indipendenza possono contribuire a migliorare il/i paese/i, purtroppo

l’articolo non chiarisce questa domanda, in particolare per quanto

riguarda l’indipendenza, e finisce per sembrare solo un pezzo di

propaganda per una parte politica.

 

Questo punto ritengo sia stato trattato adeguatamente in altri interventi su NFA. Puo' essere utile comunque aggiungere nuovo materiale citando alcuni recenti articoli sul Sole 24 Ore di G.Tabellini, recentemente nominato Rettore della Bocconi ed economista di fama mondiale.

Da IL SOLE 24 ORE" di martedì 26 agosto 2008:

 

L`assistenzialismo dello Stato centrale ha favorito le pratiche

clientelari dei Governi locali, minando le capacità di autogoverno e

ostacolando lo sviluppo economico. Poiché il costo opportunità (le

alternative perdute con impieghi migliori) della spesa pubblica non

era evidente o non ricadeva sui contribuenti locali, i cittadini

meridionali sono stati incoraggiati a premiare i politici più per i

favori elargiti che per l`efficienza nella gestione dei beni pubblici

locali.


Il federalismo fiscale è un`occasione per correggere queste

distorsioni. Il buongoverno è possibile solo se le amministrazioni

locali hanno un vincolo di bilancio rigido e trasparente.


In particolare, le risorse disponibili non devono dipendere da

decisioni discrezionali dello Stato centrale o, peggio ancora, dalla

necessità di sopperire a inefficienze gestionali.


Ciò ha implicazioni importanti per come disegnare la perequazione:

essa deve essere orizzontale, cioè alimentata dagli avanzi delle

Regioni ricche anziché da trasferimenti statali, per rendere credibile

la promessa di non elargire trasferimenti a pie` di lista.


E deve essere calibrata sui costi standard riferiti alle gestioni più

efficienti, anziché sulla spesa storica.

 

Da IL SOLE 24ORE - 31 luglio 2008:

 

in molti Paesi a struttura federale la spesa pubblica è complessivamente più bassa che negli Stati unitari allo stesso livello di sviluppo economico.

[...ma in Italia...]

I governi locali hanno visto aumentare le loro responsabilità di

spesa. Ma il finanziamento della spesa locale è sostanzialmente basato

su trasferimenti statali, o su basi imponibili poco visibili agli

elettori e sulle quali i governi locali hanno limitati margini di

autonomia nella determinazione dellealiquote.


Questi rapporti finanziari tra centro e periferia hanno incentivi

perversi: se i politici locali spendono di più, essi riscuotono

maggiori consensi presso gli elettori perché, a torto o a ragione, i

costi del finanziamento non sono percepiti a carico della comunità

locale.

Il federalismo fiscale può diventare davvero l`occasione per

facilitare il contenimento della spesa e delle imposte solo se riesce

a cambiare radicalmente questi incentivi. Il politico locale deve

subire un costo se non riesce a contenere la spesa.


Perché questo succeda, deve esservi un legame diretto e trasparente

tra spesa e prelievo, e il ruolo dei trasferimenti statali deve essere

quasi esclusivamente finalizzato alla perequazione tra Regioni ricche

e povere.

I governi locali devono avere ampi margini nella scelta delle

aliquote. E le basi imponibili locali devono essere il più possibile

visibili ai cittadini e mobili sul territorio. La visibilità consente

agli elettori di fare confronti tra amministrazioni più o meno

efficienti; e la mobilità induce concorrenza fiscale e scoraggia

un`amministrazione dal fissare aliquote più alte del vicino.

[...]

Bisognerebbe riservare alle regioni una quota rilevante della base

imponibile Irpef, che è ben visibile e mobile, su cui il governo

regionale abbia piena autonomia nella scelta delle aliquote, e con

modalità di prelievo e versamento che rendano trasparente la sua

responsabilità.

Il federalismo fiscale ha due aspetti: il decentramento della spesa e

l`autonomia finanziaria dei governi.locali. Finora in Italia si è

pensato solo al primo aspetto. Ma è il secondo che è di gran lunga il

più importante.


A seconda di come sarà realizzato, la promessa di ridurre

l`imposizione complessiva potrà essere mantenuta oppure no.

Se il Governo cercherà di rinforzare la concorrenza fiscale tra

Regioni e se i governi locali dovranno finanziarsi con tributi

"odiosi" ai cittadini, allora possiamo aver fiducia che scenderà la

pressione fiscale.


Se invece sentiremo parlare di trasferimenti statali o di

compartecipazione al gettito erariale per finanziare la spesa locale,

allora sapremo che l`impegno di minori imposte sarà solo una promessa

da marinaio.

 

L'indipendenza dal punto di vista economico non e' altro che un federalismo fiscale radicale senza i problemi dell'intermediazione statale che possono riprodurre gli incentivi perversi di cui scrive G.Tabellini.  Con una secessione non vi potra' piu' essere alcun dubbio che ogni maggiore spesa pubblica dovra' essere pagata da chi ne beneficia, e non si potra' piu' mandare il relativo conto da pagare a qualcun altro.

 

 

 

Sono d'accordo che a prescindere (indipendenza o no) ci vorrebbe una cura liberale. Molti sperano in una soluzione federalista per introdurre responsabilita' fiscale e consentire questo tipo di riforma.

Mi scuso per non essermi spiegato meglio sul perche' non ci credo (me l'avevano gia' detto i redatori dopo la prima lettura). Quando dicevo che ci vorrebbe un articolo piu' dettagliato non intendevo dire che la spiegazione e' troppo complicata. Avevo in mente solo delle tabelle di contabilita' per paragonare l'impatto sui conti dello stato sotto vari scenari (al massimo qualche formuletta sull'insostenibilita' del debito). L'intenzione sarebbe di illustrare l'ostacolo economico. Se ci immaginiamo una soluzione soddisfacente per la regione A, dove questa si trattiene le tasse per pagarsi i propi servizi (e magari col tempo addirittura ridurle), cosa succede al buco nero nei conti della regione B? Eliminare gli sprechi non bastera', perche' non ci sono neanche entrate sufficenti per supportare i servizi. Il governo centrale e' gia' tirato per il collo con uno spreco di spese anormale per un ipotetico stato federale, e per di piu' deve pagare interessi su un debito di dimensioni anomale. Si va di nuovo a fregare soldi alla regione A?

Si potrebbe fare i romantici ed escogitare qualcosa che perlomeno inneschi un ciclo virtuoso (magari federando anche il debito pubblico) come parte di un quasi-federalismo da proporre. All'inizio la regione A sussidia ancora la regione B, ma questa volta gradualmente si stacca il cordone ombelicale... e poi suona la sveglia ed e' ora di alzarsi.

Riflettere su tutto cio' mi sembra molto nerdy ed inutile, perche' "the big elephant in the room", il motivo principale per cui e' impossibile attuare un vero federalismo sono gli interessi politici. Qui non credo occorra dare ulteriori spiegazioni. Penso anche che dopo 15 anni di governi che propongono svolte federaliste (e 30 anni che l'elettorato veneto risponde alle sirene autonomiste) bisogna smetterla di perder tempo.

Riguardo il punto 4 sono d'accordo che l'indipendenza va interpretata solo come un mezzo per raggiungere il giusto fine, ed e' corretto domandarsi perche' una Venetia indipendente sarebbe un contenitore migliore per attuare riforme liberali (o in genere, per il pursuit of happiness, per citare Jefferson). Io un'idea ce l'ho, pero' adesso devo scappare (partecipare ad un blog riduce troppo la mia produttivita').

 

 

Errore di posizionamento del reply, scusate :)

 

 

Beh, Tabellini menziona chiaramente la necessità di una perequazione fra le regioni più ricche e quelle più povere (io parlerei piuttosto di una perequazione fra i cittadini più ricchi e quelli più poveri, a prescindere dal luogo dove sono nati o abitano), un concetto che mi sembra non sufficientemente sviluppato in gran parte degli interventi.

Immagino che in caso di indipendenza o secessione questa perequazione divenga impossibile. E' questo il nocciolo della questione, oppure il problema sono le cameriere venete nei film degli anni '60?

 

 

Tabellini menziona chiaramente la necessità di una perequazione fra le regioni più ricche e quelle più povere

 

Non vedo nessuna menzione della necessita' della perequazione nei due articoli di Tabellini. Tabellini annota solo che:

  • vi sono diversi vincoli su come progettare la perequazione, perche' non assomigli a finanziamento a pie' di lista
  • i trasferimenti statali non devono finanziare spesa locale ma esclusivamente la perequazione

In entrambi i casi Tabellini parla di vincoli e prescrizioni tese ad evitare incentivi perversi, non della necessita' o virtuosita' della perequazione. Personalmente ritengo che la perequazione di per se' produca incentivi perversi, e ritengo che invece di trasferire risorse per perequare lo Stato dovrebbe finanziare lo sviluppo delle aree arretrate con cofinanziamenti in compartecipazione come nella UE.


 

 

Cos'è la perequazione se non il furto di risorse ai danni delle "formiche" per sfamare le "cicale"?

 

 

 

 

 

Il vantaggio di soluzioni indipendentiste sul federalismo consiste nel fatto che la correlazione tra spesa e tasse viene migliorata indipendentemente dalla qualita' della classe politica nei pezzi di Italia che ne risultano

 

Alberto, concordo solo in parte. Prima di tutto questo avviene a regime, non subito: non e' che se mi separo oggi domani sto immediatamente meglio.

Questo perche' a tempo 0 le tasse raccolte nell'area (secessa) sono le stesse (assumiamo), ma le spese a tempo 0 crescono per lo startup delle istituzioni e delle strutture e la liquidazione della secessione in se': ad esempio, nell'ipotesi che il debito pubblico venga suddiviso per testa, la spesa da affrontare graverebbe sulla popolazione attiva della parte secessa.

Tutto cio' sempre assumendo che le due parti trovino pacificamente un accordo su tutto: ovviamente piu' tempo ci si mette a trovare un accordo su tutto piu' la secessione costa - ma piu' sono i problemi da affrontare, piu' tempo serve per mettersi d'accordo.

 

EDIT: ovviamente finche' non ci si mette d'accordo, assumo che la parte secessa resti ancora, almeno de jure, nello Stato italiano.

 

In caso di dissoluzione dello Stato, invece che di secessione, non ci sarebbe una parte che mantiene lo status quo quindi tutti i nuovi soggetti avrebbero gli stessi problemi - solo che aumentando il numero delle parti in causa, secondo me aumenterebbe le risorse (tempo e/o soldi) necessarie per risolvere pacificamente le controversie.

 

In seconda battuta non sono convinto che la relazione tra spesa e tasse non sia collegata alla qualita' della classe politica: a tempo 0 assumiamo che in Venetia ci siano le stesse tasse, ma ci siano ovviamente meno cittadini a cui dare i servizi. Se la classe politica, anche posto che sia interamente locale, e' simile (almeno in mentalita') a quella che c'e' adesso cosa fa pensare che la spesa diminuirebbe?

 

 

 

Questo perche' a tempo 0 le tasse raccolte nell'area (secessa) sono le

stesse (assumiamo), ma le spese a tempo 0 crescono per lo startup delle

istituzioni e delle strutture e la liquidazione della secessione in

se'

 

La secessione ha certamente dei costi temporanei, il cui ammontare viene pompato dalla propaganda patriottica, ma che nondimeno esistono.  I cittadini interessati dovranno stimare se per loro sono maggiori i costi associati al malgoverno dello Stato italiano o i costi della secessione e del governo locale che sostituira' quello italiano.  E' un calcolo molto difficile, ma l'aggravamento progressivo del malgoverno dello Stato italiano spingera' un numero sempre maggiore di cittadini a stimare come relativamente minori e piu' sostenibili i costi della secessione e del futuro governo locale.

Tutto cio' altro non e' che il mercato all'opera, a vantaggio dei cittadini. Piu' lo Stato italiano governa male e piu' spinge le azioni della concorrenza, come puo' essere un partito indipendentista. E' bene che ci siano alternative, altrimenti chi governa lo Stato italiano avrebbe minori incentivi a governare bene.  In questo momento il meccanismo democratico non assicura allo Stato incentivi corretti perche' - almeno secondo la mia opinione - in Italia esiste una maggioranza di parassiti che vive alle spalle di una minoranza di produttori, quindi democraticamente lo Stato italiano opprime i produttori a vantaggio dei parassiti, facendo comunque andare in malora tutto il sistema.

 

 

Sta mattina dal barbiere ho visto una torta in prima pagina del Gazzettino con i risultati del sondaggio "la cosa piu' importante da fare per gli interessi del triveneto". Ecco il link: http://www.gazzettino.it/ParteMobile/Main/14-10-2008.pdf (nota per il webmaster: con Google Chrome il pulsante per i links non funziona).

36%: federalismo e/o autonomia :-)) 

33%: eleggere parlamentari piu' capaci :-)))))) 

20%: dei partiti capaci di difendere gli interessi regionali :-/

11%: piena indipendenza :-o 

PS:

A fianco la foto della barba di Krugman con scritto: il teorico Usa che ha previsto il crack e vuole piu' stato nell'economia.

Forse purtroppo questa era la vera ragione del Nobel. A me come editorialista NYTimes non mi e' mai piaciuto, e ancora meno come talking head in TV, pero' come accademico prima o poi il Nobel se lo beccava. Forse toccava prima ad altri, non lo so, ma come teorico definitely Nobel material.

E sono certo che, se servisse a prendere voti, in Calabria scriverebbero: "Solidarietà e perequazione: si al raddoppio dei forestali"