Dissenso

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Suggerimento di una voce dissidente nell'assordante serie di corbellerie espresse sull'aborto.

Non e’ necessario schierarsi con la maggioranza. C’e’ sempre un mucchio

di gente che gia’ lo fa. G.H.

Hardy

Per sgomberare il campo da equivoci: l’argomento

che si presenta non e’ mio, anche se mantengo notevole simpatia per esso,

altrimenti non avrei scritto. Secondo: non e’ un modello di nulla. Gli

economisti fanno modelli, i filosofi producono argomenti; rientra nel

mansionario. Se dagli argomenti segue qualche cosa, sta a voi dirlo. Nel caso

specifico il movente che mi spinse a scrivere fu vedere (sul webpage di Matrix)

un’accesa discussione tra G. Ferrara e B. Palombelli, che si punzecchiavano per

mostrare chi fosse piu’ a favore della “vita.”

Siccome quella e’ l’opinione, credo, di vasti strati, mi parve utile

esprimere un motivato dissenso. Terzo, e non ultimo, l’argomento e’ normativo,

non descrive nulla, se non in un senso banale, le idee di chi lo propone.

Intende mostrare che esiste una ragione ed un ragionamento per cui e’ male, e’

una grande disgrazia essere al mondo, essere esistenti, essere vivi, e cosi’

via. Prima che si levino gli attacchi preventivi: “male” qui significa male,

nulla di piu’ e nulla di meno. Sembra moralmente preferibile evitare il male.

Se esiste una qualche derivabile, in senso lato, conclusione e’ che sarebbe

meglio abbandonare il sentimento pro-”vita” e scegliere il sentimento

pro-morte, il che credo scoccerebbe assai tutti i teorici dell’aumento della

popolazione, i biblisti, e molti altri.

Vengo

al dunque. L’argomento viene messo in moto da un’intuizione, ed e’ l’intuizione che vivere fa

male, e molto. Il sentimento che, indiscutibilmente,tutti hanno a volte, non si avvicina neanche

da lontano ad un argomento, in particolare ha nessuna ragione per non esser un

accesso di ira per un disastro personale o per la mancata soddisfazione dei

propri gusti. [Ha perfettamente ragione E. Michelangeli, il sentimento

e’ tutto meno che nuovo, da Qohelet in poi. Forse le migliori espressioni in

italiano si trovano inGiacomo Leopardi.

Persino nella letteratura religiosa si trova un ragionamento analogo a quello

qui svolto, si veda Talmud di Babilonia , Erubim. Trattasi, percultori della materia, del dissenso tra la

scuola di Hillel e la scuola di Shammai. Mirabile

dictu. Hillel perse e venne data ragione alla scuola opposta che sostiene

che, controfattualmente, “sarebbe stato meglio se gli esseri umani non fossero

mai stati creati.” Shammai, il fervente e troppo brusco allievi di Hillel,

vinse l'argomento. Da quel che mi ricordo, credo sia l'unica volta.]

Volendo

io sposare Greta Garbo e la cosa essendo impossibile, ci rimango molto male, ma

da qui a concludere che essere esistenti fa male ci corre uno iato notevole.

La

difficolta’ e’ generata dal fatto seguente, che e’ una delle premesse

(l’argomento come tutti gli argomenti e’ entimematico, vale a dire sopprime e

mantiene implicite alcune delle premesse adoperate): e’ impossibile fare del

male o del bene a qualche cosa che non esiste. Suppongo che aggrappandosi con

le unghie allo specchio su cui si sta arrampicando, qualcuno dira’ che e’

falso, ma ho difficolta’a prender la

persona in questione sul serio. Per provare, si tenti di far del male a Hamlet,

Paperino, Babbo Natale. Temo che i risultati siano scadenti assai. Si noti che

dal punto di vista degli esistenti (la generazione presente) i non-nati sono

esattamente come Paperino, vale a dire non esistono. Sta a noi, viventi, in un

senso preciso e determinato dalla biologia della sessualita’, farli

esistere, o meno.

Ergo,

passo numero uno. Se ci poniamo il problema normativo (morale, di quale sia la

cosa giusta da fare) non abbiamo la possibilita’ di andare a vedere quali siano

le conseguenze per chi non esiste. Per questo e’ipotesi ragionevole quella fatta, ad esempio

da cattolici di varia origine, che invece no, tutti sono vivi sempre in qualche

senso animista, ergo se *non* si fa nascere X si nega a X il beneficio della

vita.

L’argomento

e’ dunque costretto a prendere una via diversa, che credo dovrebbe essere

apprezzabile da chi ha un’infarinatura di teoria dei giochi. Si parte

dall’idea, che ripeto e’ empirica, che brutte cose succedono piu’ o meno a

tutti, a chi ha una vita straordinariamente fortunata spetta ancora di morire

tra dolori, morbo diCreutzfeld, essere

sottoposto a waterboarding sia dall’Inquisizione che da i berretti verdi, e

cosi’ via. Tuttavia questa e’ una valutazione empirica, come cercai di

sottolineare. E’ logicamente possibile concepire che una vita sia perfettamente

composta di belle “cose”, di avvenimenti gradevoli e cosi’ via[2],

a me sembra falso di fatto, ma la cosa e’ controversa. Qui sta in gioco

l’asimmetria in questione. Cito[3]:

“[…] belle e brutte cose succedono esclusivamente a chi esiste. Ma rimane una

asimmetria essenziale tra le belle e le brutte cose. L’assenza del male [nota

mia: uso “male” come nome dell’insieme delle brutte cose che possono capitare],

ad esempio il dolore, e’ un bene persino se nessuno lo gode. Al contrario,

l’assenza del bene, ad esempio il piacere, e’ un male solo se c’e’ qualcuno

[nota mia: qualcUNO per contare e’ qualcuno che esiste, non un figmento dei

mondi possibili della nostra immaginazione del futuro, o delle generazione non

nate, etc.] che e’ privato del godimento del bene. Ne segue che evitare il male

non esistendo e’ un vantaggio reale rispetto all’esistere, mentre l’esser

privati di certi beni non esistendo non e’ un danno, o svantaggio reale,

rispetto alla condizione di non esistere mai, ovvero di non esser nati.”

Ora

a mio avviso, l’argomento, diceva il mio professore di fisica al liceo, “fila”.

Tuttavia ho penstao utile anche riprodurre, forse meno ostico in stile, un

piccolo grafico la cui forma sara’ familiare ai lettori.Il grafico rappresenta le condizione di due

mondi possibili che hanno le seguenti caratteristiche.

Mondonumero1:

esattamente come questo, ma con 1 soggetto di PIU’[4]

Mondonumero

2: esattamente come questo

Allora,

suggerisco, la scelta si articola in questo modo

Primo

scenario

 

X (il pargolo esiste) PRESENZA DEL DOLORE = male

PRESENZA

DEL PIACERE= bene

 

Secondo

scenario

X (il

“pargolo” non esiste)

ASSENZA DEL

DOLORE= bene

ASSENZA DEL

PIACERE= non male

La

differenza tra questi due scenari (dovuta appunto all'asimmetria) dovrebbe

essere chiara. Lo scenario da evitare e’ il primo, quello in un contenitore

grafico. L’assenza del piacere e’ un non male, semplicemente perche’ e’ come

privare, che so, Paperino del senso dell’umorismo o della consumazione della

pizza verace, non puo’ soffrirne[5].

Ora la ragione per cui il primo scenario sta in una scatola grafica e’

semplicemente che e’ quello da evitare, da parte dei potenziali genitori, che

se seguissero la prescrizione morale (NON FAR DEL MALE A NESSUNO) semplicemente

non si riprodurrebbero. Riproducendosi farebbero del male proprio alla loro

prole. Non sto a tediarvi con le molte contromosse, gia’ intraviste da molti di

voi, sui vari modi di misurare il bene e il male in questo senso

specifico.A mio avviso il problema

della misura e’ una deviazione capziosa dal problema principale, sciocca

perche’ non aggiunge nulla. Ma ammetto che la questione sia discutibile se

qualcuno credesse seriamente che il bambino che viene messo al mondo avrebbe

una tale sovrabbondanza di felicita’, misurata in qualche modo da stabilirsi,

da inficiare l’argomento. Trovo la cosa affatto implausibile, ma non

concettualmente impossibile. Credo che sia utile riflettere sul fatto che tutte

le tradizioni nataliste fanno appello a fortissime ragioni imposte dall’alto

(crescete e moltiplicatievi—ve lo ha detto dio, niente di meno…) appunto per

bloccare il dubbio dei miscredenti, forse Lucreziani, forse Leopardiani, che

trovano l’idea stessa di riproduzione un po’ disgustosa. Quelli poi, perversi

dai filosofi, sembra, si dice, abbiano pure una ragione contro la riproduzione.


 

 

 

APPENDICE: una spiegazione non sciocca

di perché è sconsigliabile dare numeri. Cito,

mi auguro con permesso dell'autore, una obiezione che mi viene mossa (da uno

dei redattori):

 

 

 

 

Primo scenario

X (il pargolo esiste) PRESENZA DEL DOLORE = male= -100

PRESENZA

DEL PIACERE= bene= +500

 

Secondo scenario

X (il "pargolo" non esiste)

ASSENZA DEL DOLORE= bene = +200

ASSENZA DEL PIACERE= non male = 0

 

Il netto del primo scenario è +400, quello del

secondo +200. La prescrizione normativa si inverte per funzioni di

utilità che permettano l'addizione. Questa osservazione NON è

vuota di predictive power. Nel senso seguente: chi PERCEPISCE il male di

vivere come incommensurabilmente maggiore dei piaceri della vita

(da Leopardi a Pavese, a chi vuoi tu) trova la quantificazione che

io ho fatto ridicola. Se forzato a farla sostituirebbe il valore

di -100 con -\infty (meno infinito, per chi non sa leggere TeX),

e per lui fine della storia.

 

A me non sembra un detour irrilevante, anzi. Ti

spiega perché il famoso "istinto vitale" faccia desiderare

la riproduzione anche a persone che hanno affrontato mali del vivere

sostanziali. Non a tutti, ma a molti. Eterogeneità nella percezione soggettiva

di male e bene? Probabilmente, anzi forse certamente perché la

conclusione è tautologica sulla base di revealed preferences. Chi

si riproduce DEVE aspettarne (in media) più bene che male, a meno di

non pensare che quasi tutti gli umani sono idioti. A rovescio, chi

non si riproduce DEVE, di nuovo in media, pensare che il male che

viene dal vivere sempre compenserà per

il bene.

 

 

La

proposta è interessante e non sciocca. Indicai, anche nella prima parte di

questo articolo, come sia concepibile che vi sia chi assegna, in termini

affatto generali, un valore talmente alto ai beni (ai beni che vengono ricevuti

dai viventi, e quindi, induttivamente, anche dai futuri esistenti che stanno

per venir “messi al mondo”) da essere sufficiente a compensare il male, che si

può ammettere, ma sostenere sia numericamente inferiore. Vi sono due grandi

problemi con questa obiezione.

Primo:

numericamente parlando si può dir quel che si vuole(400? 4000? 4 miliardi? Di che cosa? Di

unità del piacere? Le domande qui non sono retoriche, penso semplicemente che

non abbiamo nessun modo di misurare il bene e il male nel senso qui rilevante.)

Perciò gli economisti hanno perfettamente ragione a non parlare seriamente di

bene e male o di felicità, ma di risorse e di soldi.)

Secondo

(e più serio) problema: l'argomento è un argomento morale, non è un'ipotesi

scientifica e come tale non è da verificare, confutare, e così via. Per usare

un esempio semplice, come illustrazione: si consideri il fatto che molte

persone rubano, per una miriade di ragioni. Si consideri pure che vi sono

innumerevoli casi in cui si può mostrare come sia razionale rubare. Il ragionamento

morale dimostra che sia sbagliato rubare, non che non vi siano casi in cui la

gente ruba, in cui si possono trovare anche razionalizzazioni delle loro

azioni. Il punto da stabilire (per chi si trovi d'accordo, il punto stabilito)

è che è sbagliato rubare. Punkt.

Nell’ambito

specifico della questione morale che si può investigare nel caso della

procreazione vi è un problema, poi, catastrofico dal punto di vista morale.

Quando io e mia moglie assegnassimo 400 unità di bene alla prole che ancora

non esiste, impongo ad essi qualcosa su cui hanno nessun controllo. Per

controllare le vostre intuizioni, spiegate l'argomento assumendo che lo si

faccia ad un vivente. Si prenda X e si descriva il mondo, con il cancro,

Darfur, Monsignor Sgreccia, e il medico cretino che nega la morfina ai pazienti

moribondi (potrebbero diventar “drogati”.) E poi dite a lui che tutto ciò

viene compensato dal risotto allo zafferano, dal tramonto, dalle vittorie del

Milan (dell'Inter, etc.) dall'esistenza di Pippo Baudo, e così via.

Esattamente in che senso la MIA valutazione (fosse anche quella indicata dal

mio obiettore di 400 vs. 100) si può imporre ad un'altra persona?

Ne

segue perfettamente che hanno tutte le ragioni del mondo coloro che sostengono

che sia bene fare bambini per ragioni demografiche, economiche, sessuali, di

soddisfazione personale a guardare il pargolo che cresce e gioca a calcio.

Hanno, forse, torto moralmente.

 



 

[1] Nota vuota, capita.

 

 

[2] Rimane il problema che si deve

morire. Alcuni, il sondaggio e’ affatto informale, mi dicono che trovano la

morte ributtante in se stessa, persino se potessero garantirsi di essere

fulminati da dio sotto anestesia totale, cerco di coprire tutti quei casi in

cui possa pensar di soffrire morendo.

 

 

[3] La traduzione e’ mia e metto qui

l’originale, con permesso di Dave Benatar: “Both good and bad things happen

only to those who exist. However, there is a crucial asymmetry between the good

and the bad things. The absence of bad things, such as pain, is good even if

there is nobody to enjoy that good, whereas the absence of good things, such as

pleasure, is bad only if there is somebody who is deprived of these good

things. The implication of this is that the avoidance of the bad by never

existing is a real advantage over existence, whereas the loss of certain goods

by not existing is not a real disadvantage over never existing” , in David

Benatar, Better Never To Have been, The harm of coming into existence,

Oxford, 2006, p.14

 

 

[4] Chiedo venia al dottor Boldrin,

ma mi sembra chiaro cosa “piu’” significa: l’agente in questione (o forse due,

datol il carattere della vita sessuale umana) considerano lo status quo ante e considerando le

possibilita’ di cio’ che succede e dal loro connubio carnale esce una unita’ di

prole(se piu’ di uno ancor peggio…)

 

 

[5] Il diagramma e’ una versione

semplificata del diagramma presentato a p. 38 dell’opera citata, nota n.3

 

 


 

 


 

 

David Benatar, Better Never to Have Been

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Forse stanotte ho dormito poco, ma non capisco la logica. Non si potrebbe usare lo stesso ragionamento per giustificare una bella bomba atomica in Africa?

 

 

 

Forse stanotte ho dormito poco, ma non capisco la logica. Non si

potrebbe usare lo stesso ragionamento per giustificare una bella bomba

atomica in Africa?

 

O l'immediato suicidio di Mr. Benatar, for that matter... Che ci sta a fare ancora, in questa valle di lacrime?

E poi, non l'aveva gia' detto Giovanni Pascoli nei "Poemi conviviali", "Non esser mai! Non esser mai! Più nulla / ma meno morte, che non esser più!"? O Schopenhauer prima di lui? Tutti a scrivere, invece di dare il buon esempio...

Caro Palma, ti consiglio come antidoto a queste letture deprimenti il grande Lucrezio:

 

Aeneadum genetrix, hominum divomque voluptas,

alma Venus, caeli subter labentia signa

quae mare navigerum, quae terras frugiferentis

concelebras, per te quoniam genus omne animantum

concipitur visitque exortum lumina solis:

te, dea, te fugiunt venti, te nubila caeli

adventumque tuum, tibi suavis daedala tellus

summittit flores, tibi rident aequora ponti

placatumque nitet diffuso lumine caelum.

nam simul ac species patefactast verna diei [10]

et reserata viget genitabilis aura favoni,

aeriae primum volucris te, diva, tuumque

significant initum perculsae corda tua vi.

inde ferae pecudes persultant pabula laeta

et rapidos tranant amnis: ita capta lepore

te sequitur cupide quo quamque inducere pergis.

denique per maria ac montis fluviosque rapacis

frondiferasque domos avium camposque virentis

omnibus incutiens blandum per pectora amorem

efficis ut cupide generatim saecla propagent. [20]

quae quoniam rerum naturam sola gubernas

nec sine te quicquam dias in luminis oras

exoritur neque fit laetum neque amabile quicquam,

te sociam studeo scribendis versibus esse,

quos ego de rerum natura pangere conor

Memmiadae nostro, quem tu, dea, tempore in omni

omnibus ornatum voluisti excellere rebus.

quo magis aeternum da dictis, diva, leporem.

effice ut interea fera moenera militiai

per maria ac terras omnis sopita quiescant. [30]

nam tu sola potes tranquilla pace iuvare

mortalis, quoniam belli fera moenera Mavors

armipotens regit, in gremium qui saepe tuum se

reiicit aeterno devictus vulnere amoris,

atque ita suspiciens tereti cervice reposta

pascit amore avidos inhians in te, dea, visus

eque tuo pendet resupini spiritus ore.

hunc tu, diva, tuo recubantem corpore sancto

circumfusa super, suavis ex ore loquellas

funde petens placidam Romanis, incluta, pacem. [40]

nam neque nos agere hoc patriai tempore iniquo

possumus aequo animo nec Memmi clara propago

talibus in rebus communi desse saluti.

[...]

 

Make love, not war :-)

 

 

No, la bomba atomica in Africa ucciderebbe i miserabili e sofferenti abitanti che *esistono* in Africa.

L'argomento funziona solo se chi si "elide" dal computo non esiste. Una volta che esista, sia esso contento, infelice, pieno di successi, o afflitto da malaria e disastri cosmici, ha gli stessi diritti di continuare a far quel che pare a lui quanto Paris Hilton che si diverte come una matta anche in prigione -- per brevi periodi.

 

 

Io sono in condizione peggiore di quella di Andrea, in quanto non riesco a capire la natura della asimmetria fra piacere e dolore. In entrambi i casi, perché il concetto abbia un correlato esterno che, nella mia mente almeno, gli dia un qualche senso, c'è bisogno che esista qualcuno. Il piacere di un qualcosa che non esiste non lo so concepire, ma neanche il dolore di un qualcosa che non esiste ... boh.

Ho dato una rapida occhiata al sommario del libro su Amazon, e sembra suggerire che il "non esistere", non potendo essere un attributo d'alcun soggetto, è asimmetrico rispetto all'esistere.

 

Although the good things in one's life make one's life go better than

it otherwise would have gone, one could not have been deprived by their

absence if one had not existed. Those who never exist cannot be

deprived. However, by coming into existence one does suffer quite

serious harms that could not have befallen one had one not come into

existence.

 

Ora, questo argomento fa un baffo a quanti sostengono che l'aborto è omicidio: loro ritengono che il feto sia un essere umano che già esiste, sente, gode, soffre, eccetera. L'argomento mi sembra cogente in supporto di pratiche anticoncezionali generalizzate onde evitare che esseri umani vengano ad esistere (ossia vengano concepiti, secondo gli anti-abortisti) ma non, di per se, contro l'aborto.

Ad ogni modo, caro Palma, invece di titillarci senza poi entrare nel merito perché "riluttante", perché non la superi la riluttanza ed entri nel merito, così capiamo?

 

 

Cercherò di andar con ordine.

Il volume è serio. L'argomento (che ammisi dal primo momento è suggerito e non esplicitato) non implica la normatività del suicidio di nessuno, Dave Benatar incluso,

Ciò detto, riprendo con più dettagli l'argomentazione. Se si discute di etica normativa (vale a dire: di giudizi di valore, della forma è bene F, è male H, è morale X, etc -- sostituire un verbo alle lettere) si possono usare e sono stati usati diversi tipi di impostazione. Una celebre, detta utilitarismo, sostiene che il fattore dirimente è il massimo "bene" possibile per il massimo numero possibile di soggetti. Per abbassare il pavimento intellettuale, come un gentile collega ci invita, non sto a rompere i cosidetti sulle difficoltà, le varianti, le obiezioni, e i contro-argomenti. Si trovano in tutti i manuali; se non avete voglia di leggerli consultate le vostre intuizioni, cosidette. Esempio: È morale un mondo Γ in cui la somma di bene/felicità/piacere è più alta del mondo Δ, dove la sola differenza è che nel primo vi sono tre padroni delle ferriere contentissimi e tremila schiavi-minatori di ferro, e nel secondo ci sono tremila e tre lavoratori in cooperativa che stanno benino, ma tutto sommato non raggiungono il totale di Γ? Se vi sembra di preferire il primo al secondo mondo, siete utilitaristi, se il secondo al primo avete prospettive quasi-kantiane in testa.

Punto e fine dell'introduzione.

L'argomento di DB consiste nel notare che il mondo totale (vale a dire la somma dei soggetti che esistono) ha un ω di felicità/piacere/bene che è più o meno giustamente suddiviso. La domanda di DB è la seguente: è morale aggiungere soggetti nuovi? Vale a dire: è morale procreare? NON suicidarsi, NON uccidere chi è già in questo mondo, etcetera, quindi smettiamola con le sciocchezze di quel tipo.

La risposta di DB, alla domanda precedente, è NO. E il motivo è il seguente.

Si prenda una assunzione empirica che dice che per un qualsiasi soggetto aggiuntivo (un bambino da concepire e far nascere) arbitrariamente scelto (non so nemmeno chi sia, è letteralmente un non-esistente) se venisse "messo al mondo" ω deve diminuire (vale a dire non esiste una vita concepibile che sia puramente felice, a causa dell'acne, del cancro, delle carestie, delle delusioni amorose, per non dir di peggio.)

Ergo sulla base dell'assunzione (che è empirica, ripeto, non vi è un motivo concettuale per dire che vivere fa male, lo fa di fatto. Se fossimo angeli e demoni ci divertiremmo moltissimo e nessuno avrebbe i brufoli o il morbo di Alzheimer) e del criterio utilitarista è morale NON procreare. 

Per raggiungere questo risultato DB si basa su quella chiamai asimmetria. A me sembra ovvio, per cui è possibile che ci sia un errore madornale ed invisibile a me, oppure che io mi spieghi male assai.

È auto-evidente che il piacere e il dolore sono asimmetrici.

Perché sia bene che il piacere sia ... piacevole, ci vuole qualcuno che se lo gode (un soggetto esistente che mangia il gelato, scrive su nFA, va a puttane, quello che piace al soggetto in questione) mentre perché sia bene che il dolore NON venga patito non c'è bisogno di nessuno. La conclusione è persino più forte: è meglio che non ci sia nessun esistente perché in quel caso NON ci sarebbe dolore.

Si può contestare l'aspetto contabile della logica, ossia l'assunzione empirica. E se, mettendo al mondo mia figlia, essa, anche con l'acne giovanile, avesse una vita strepitosa tale da controbilanciare la crisi dermatologica dai 10 ai 19 anni? Se vi interessa possiamo ritornare su questo punto ed esaminare perché, secondo DB, il contro-argomento non funziona nemmeno così.

La conclusione decisiva di Benatar è che la procreazione è essa stessa immorale, posizione già non delle più popolari. Peggio ne segue che nel dibattito annoso sull'aborto si dovrebbe cambiare "registro".

Michele Boldrin ha correttamente osservato che ad una posizione "a-favore-della-vita" l'argomento fa al massimo fresco. Tale posizione ritiene che il feto, il "grumo" o la "macchia gelatinosa" (per usare le parole di G. Ferrara) sia già dal concepimento un individuo umano, etc, a fortiori un esistente.

Vero, ma il punto qui è se sia giustificato essere "pro-vita" nel senso che sia meglio fare bambini. Benatar stabilisce semplicemente che il bias dovrebbe essere contro la vita, ergo tutti i modi (ho in mente in particolare ru-pillola) in cui si riduce la natalità sono moralmente da preferire al natalismo che impera nella discussione.

Non sto a tediarvi con le gustosissime osservazioni del volume su cosa succede nel caso, assai improbabile che gli umani (folgorati dalla logica!) smettano di riprodursi: l'ultima generazione avrà una fine penosissima, senza infermieri, senza nessuno che pulisce la padella degli escrementi, ed altre amenità di questo tipo. Per ipotesi tutti sarebbero ad un momento che, se la folgorazione logica succedesse oggi, secondo Benatar avverrebbe intorno al 2030 al più tardi.

Mi scuso per la lunghezza.

Quanto al fatto che l'idea "era meglio non venire al mondo" non sia nuova, concordo pienamente. È meno ovvio che ne segua che si debba, ripeto da un punto di vista normativo utilitarista, non riprodursi.

 

 

Scusa, da utilitarista:

io ho ω di felicita' totale. aggiungo un nuovo nato che apporta ε alla felicita' totale. Ergo: la felicita' totale aumenta. Ora: e' aumentata o no la felicita' media? non lo so, dipende da quanto e' grande ε.

non capisco proprio... 

 

Scusa, ma voglio capire meglio la logica, che ancora mi sfugge: non capisco dove sia necessaria l'asimmetria per giustificare la posizione anti-procreazionista. Nel momento in cui ω<0, è meglio non essere in vita che essere in vita. Perché nel momento in cui la gente è in vita, devo costringerla a tenersi il ω negativo?

E perché non posso usare questa assunzione per parlare di suicidio e omicidio? Cioé cosa c'è di sbagliato nell'usare ipotesi che ritieni valide per giustificare la norma A, per argomentare la giustezza delle norme B e C e poi ragionare per assurdo per ritenere sbagliata la giustificazione originale di A? È una logica comunemente usata dai giuristi nell'interpretazione delle norme giuridiche. 

 

 

L'argomento di DB consiste nel notare che il mondo totale (vale a dire

la somma dei soggetti che esistono) ha un ω di felicità/piacere/bene

che è più o meno giustamente suddiviso. La domanda di DB è la seguente:

è morale aggiungere soggetti nuovi? Vale a dire: è morale procreare?

NON suicidarsi, NON uccidere chi è già in questo mondo, etcetera,

quindi smettiamola con le sciocchezze di quel tipo.

 

Ma scusa, che differenza c'e'? Se riesci a far cessare la vita senza creare sofferenza ulteriore (che so, con una bella overdose di morfina) perche' non farlo? Non parlo tanto di omicidio, che implica una scelta sulla vita di altri, ma di suicidio, che altruisticamente ridurrebbe il proprio consumo dello "stock di felicita'" ω. Secondo me Benatar non ci crede per nulla a quello che scrive.

Quel ch'e' peggio, le sue argomentazioni rappresentano un regalo su un piatto d'argento ai nemici della liberta' di procreazione, che dipingono i suoi sostenitori come anti-vita (quando poi sono loro a ostacolare la procreazione assistita a persone che la desiderano - vedi l'ignobile legge 40). 

Infine, sull'utilitarismo: il suo problema non e' l'idea di fondo, ma la sua applicabilita' come base per policies dirigiste, che richiede una valutazione accurata e oggettiva del "bene" per i vari soggetti. Questa e' spesso impossibile, e l'utilitarismo finisce per essere usato come alibi per politiche autoritarie.

 

Beh, a me sembra di capire che lo stock di felicità/bene sia in un certo qual modo dato, e che il soggetto marginale non aumenta la felicità ma si suddivide la felicità/bene dello stock con gli altri soggetti. La cosa un po' mi spaventa, mi sembra di capire che l'autore dica non esista una combinazione di bene/male che possa soddisfare ogni individuo, soprattutto per quelli che verrano in futuro (se verranno). C'è solo la faccenda del dolore; il problema è che esso aumenta ogni qualvolta aggiungo un soggetto marginale. Ci vorrebbe un serbatoio di dolore, in modo tale da poter lasciare più riserve di felicità/bene per gli altri. Io la vedo come differenza tra occidente e terzo mondo, ossia il terzo mondo fa da serbatoio. Noi "occidentali", inconsciamente (o no) manteniamo questa situazione per noi pareto ottima, ossia disgrazie a loro, acne, obesità e myspace a noi.

 

Beh, a me sembra di capire che lo stock di felicità/bene sia in un

certo qual modo dato, e che il soggetto marginale non aumenta la

felicità ma si suddivide la felicità/bene dello stock con gli altri

soggetti. La cosa un po' mi spaventa, mi sembra di capire che l'autore

dica non esista una combinazione di bene/male che possa soddisfare ogni

individuo, soprattutto per quelli che verrano in futuro (se verranno).

C'è solo la faccenda del dolore; il problema è che esso aumenta ogni

qualvolta aggiungo un soggetto marginale. Ci vorrebbe un serbatoio di

dolore, in modo tale da poter lasciare più riserve di felicità/bene per

gli altri. Io la vedo come differenza tra occidente e terzo mondo,

ossia il terzo mondo fa da serbatoio. Noi "occidentali", inconsciamente

(o no) manteniamo questa situazione per noi pareto ottima, ossia

disgrazie a loro, acne, obesità e myspace a noi.

 

Insomma, risiamo al modello superfisso :-)

E poi chi l'ha detto che il dolore "aumenta ogni

qualvolta aggiungo un soggetto marginale"? I problemi del terzo mondo dipendono dall'arretratezza e dalle guerre (che mantengono la prima sottraendo risorse allo sviluppo), non dalla nostra esistenza nei paesi industrializzati e post-; e infatti erano presenti tali e quali nell'Europa di svariati secoli fa (chi la usava come "serbatoio d'infelicita'" allora, i marziani?).

 

Assumiamo, almeno per il senso di questa discussione, gli assiomi a & b

a: è bene che ci sia il bene

b: è bene che non ci sia il male

glossa "il bene" qui è qualsiasi cosa piaccia a chiunque, gli orgasmi multipli, mangiare il pesce castagna a Positano, corteggiare Catherine Deneuve, nuotare al mattino; "il male" è tutto ciò che non piace a chiunque, venire violentata, il prurito dei tetraplegici, l'esistenza dei sarcomi.

 

Teorema: è bene che non vi siano più soggetti.

Dimostrazione:

perché a: sia effettivo è indispensabile che vi sia qualcuno che gode il bene, asimmetricamente perché b: sia effettivo non vi è bisogno di alcun soggetto; ne segue che, normativamente parlando, sia un imperativo morale non produrre più soggetti, vale a dire procreare.

qed

 

note: come molti hanno notato appare "dunque" evidente che sia bene uccidere se stessi e uccidere altri. Il che non segue per la ragione banale che nessuno ha diritto su altri (è concettualmente possibile che un paraplegico ami un prurito che non si può mai grattare, per usare l'esempio di cui sopra.) Il suicidio è un caso assai complesso per la ragione assai semplice che è evidente, a mio avviso almeno, che non vi sia nessuna maniera di forzare un giudizio, vale a dire: ogni persona pensa che "tutto sommato" non va poi così male. Gli psicologi del comportamento chiamano il fenomeno sindrome di Polyanna, i sintomi sono una costante sovrastima della felicità di una persona vista da quella persona. Vi sono i dissidenti, e sono una minoranza ovunque, anche a Dachau e in Darfur.

Torno sull'argomento con ulteriori spiegazioni anche se mi rendo conto che molti (tra i miei commentatori) pensino che il problema sia un problema di politiche da implementare, il che non è. Vi sono perfettamente difendibili ragioni che hanno a che fare con l'autonomia degli individui, con la consigliabile modestia della teoria e quant'altro. Intendo: persino se fossi convinto di aver ragione, io o Benatar, di aver prodotto un teorema inossidabile, non avrei alcuna ragione per pensare che gli altri lo accettino e lo mettano in pratica, vale dire arrestino la procreazione. L'argomento originale prevede il proprio status di non esser convincente, appunto perché altamente contro-intuitivo. A quasi tutti piacciono i bambini, i propri ancora più di quelli degli altri. A (quasi) nessuno piace pensare di esser l'ultima generazione.

Per quanto riguarda le polemiche, più politiche, sulle leggi e la campagna della formazione politica (di G. Ferrara) per la vita, ci ritorno in un post separato, se gradito. In breve, se fosse vero che (i) si ripone anche minima credenza sull'argomento in stile Benatar e, (ii) si vuole mantenere che l'omicidio è assolutamente da vietare, allora si dovrebbe *di molto* dare incentivi alle pillole "del giorno dopo", attive appunto prima che vi sia un individuo, fosse pure fetale, che viene ucciso.

Tutto il resto mi sembra irrilevante, ma torno, quando seamonkey mi lascia inserire un grafico che forse rende più apprezzabile che cosa sia implicato dall'argomento stesso.

 

 

 

 

 

Ammetto d'essere confuso. Cerco di spiegare le ragioni della mia confusione chiosando le varie parti del teorema.

 

Assiomi

a: è bene che ci sia il bene

b: è bene che non ci sia il male

glossa "il bene" qui è qualsiasi cosa piaccia a chiunque, gli orgasmi

multipli, mangiare il pesce castagna a Positano, corteggiare Catherine

Deneuve, nuotare al mattino; "il male" è tutto ciò che non piace a

chiunque, venire violentata, il prurito dei tetraplegici, l'esistenza

dei sarcomi.

 

Domanda 1: bene e male sono quantificabili o sono "interi" (tipo {0,1}) che mutualmente si escludono? Detto altrimenti: assumiamo che possano esistere o il bene o il male, ma non 130 unità di bene e 112 unità di male al medesimo momento?

Domanda 2: assumendo che bene e male non siano mutualmente esclusivi e che siano anche quantificabili, è possibile la situazione in cui per avere 100 unità di bene occorre pagare 54 unità di male? L'assioma economico fondamentale è che "non ci sono pasti gratis". Esso implica un tradeoff, quindi una compresenza quantificabile di bene e male. Stiamo escludendo questa possibilita?

 

Teorema: è bene che non vi siano più soggetti.

 

Domanda 3: "più soggetti" rispetto a cosa? La parola "più" implica qualcosa dall'altro lato del segno di disuguaglianza. Cosa c'è lì? Il numero zero? Il numero "7 miliardi circa" del 2008? Io da solo?

 

Dimostrazione:

perché a: sia effettivo è indispensabile che vi sia qualcuno che

gode il bene, asimmetricamente perché b: sia effettivo non vi è bisogno

di alcun soggetto; ne segue che, normativamente parlando, sia un

imperativo morale non produrre più soggetti, vale a dire procreare.

qed

 

La dimostrazione sembra suggerire che si stia pensando ad una condizione iniziale in cui vi sono zero soggetti. Se il bene ed il male sono del tipo {0,1} e la presenza anche di un solo soggetto genera necessariamente il male (o il rischio del male, il quale rischio è di per se un male perché crea ansia) allora l'affermazione è esatta. Altrimenti no, a meno che non si aggiungano altre e sostanziali ipotesi che rafforzino le due iniziali.

Problema 1, se il bene è quantificabile, può essere che il livello di "bene" che si raggiunge con zero soggetti (e l'assenza quindi totale del male) sia pari a 12 unità. Con, diciamo, tre soggetti (io, mia moglie e mio figlio) si avrebbe un male totale di 465 unità ed un bene totale di 5469 unità, che al netto danno un bene di 5004 > 12. Quindi il mondo con noi tre è più bene che il mondo senza noi tre, cosa che (debbo riconoscere) nessuno di noi tre minimamente dubita. Detto altrimenti, quantificabilità e "no free lunch" inficiano l'argomento della prova.

Problema 2, se l'asserzione "perché a: sia effettivo è indispensabile che vi sia qualcuno che

gode il bene" è corretta, e lo è anche l'asserzione "

b: è bene che non ci sia il male" io concludo che, essendo l'assenza del male un bene e richiedendo il bene un qualcuno che lo gode, ne consegue che per realizzare il bene previsto in b: sia necessaria la presenza di almeno un soggetto.

Problema 3, se l'obiezione contenuta in Problema 2 è corretta, come io credo che sia, allora l'intero argomento cede. Basta applicare l'induzione ed assumere (cosa che non vedo esplicitamente esclusa, e che mi sembra implicita nell'argomento usato) che il bene cresce (raddoppia?) quando al primo soggetto che di esso gode aggiungiamo un secondo gaudente. Iterare per N->∞ concludendo che è bene avere quanti più soggetti possibile.

 

 

1. bene e male (come qui sono usati) possono essere simultaneamnete conviventi. come li si misuri e' di poca importanza (a mio avviso)

2. a mio avviso no, la possibilita' non viene esclusa (concordo che nemmeno in metafisica si trovi il pranzo gratuito) appunto per questo --anche nel post originario, sottolineai che la discussione dipende da una premessa empiricam vedai primo intervento sul tema.

3. sul significato di "piu'": il suo valore semantico standard, se adriano e michele fossero i soggetti rilevanti, la domanda viene risposta in positivo se fanno figli (ergo vi sono, post-procreazione PIU' soggetti), in engativo se non procreano. qui non vedo bene dove stia il gran mistero.

si confronti a mo' d'illustrazione: "c'erano piu' tifosi allo stadio che poliziotti nella caserma." non credo che l'italiano sia molto ambiguo, erro?

nel caso della procreazione (questo e' l'argomento anti-natalista che interessa qui) la domanda si pone a soggetti *presenti* attuali, *esistenti*, "al mondo", chiamateli come vi pare che hanno la facolta' di produrre piu', nuovi soggetti, se non vi aggrada la parola piu' diteli in eccedneza.

ritorno sul punto che a mio avviso e' assai meno scemo di quanto appaia, e tuttavia suscita una specie di rigetto intuitivo.

 

 

 

L'argomento di DB consiste nel notare che il mondo totale (vale a dire la somma dei soggetti che esistono) ha un ω di felicità/piacere/bene che è più o meno giustamente suddiviso. La domanda di DB è la seguente: è morale aggiungere soggetti nuovi? Vale a dire: è morale procreare? NON suicidarsi, NON uccidere chi è già in questo mondo, etcetera, quindi smettiamola con le sciocchezze di quel tipo. La risposta di DB, alla domanda precedente, è NO. E il motivo è il seguente. Si prenda una assunzione empirica che dice che per un qualsiasi soggetto aggiuntivo (un bambino da concepire e far nascere) arbitrariamente scelto (non so nemmeno chi sia, è letteralmente un non-esistente) se venisse "messo al mondo" ω deve diminuire (vale a dire non esiste una vita concepibile che sia puramente felice, a causa dell'acne, del cancro, delle carestie, delle delusioni amorose, per non dir di peggio.)

 

Il limite del ragionamento di DB - credo - è si considera l'omega di felicità in termini statici e non dinamici.

E' chiaro che se consideriamo lo stock di felicità/piacere/bene come come un dato fisso, allora evidentemente ogni soggetto aggiuntivo che si mangia un pezzo di quella torta, non fa altro che sottrarla agli altri.

Il piacere, però, non è mai statico, ma evolve nel tempo e se è vero che ogni nuovo arrivato inciderà sulla quantita di bene/piacere disponibile al momento della sua nascita, è altrettanto vero che quel nuovo nato potrà essere in grado - ad esempio - di scoprire una cura contro l'acne, con ciò incrementando il piacere generale.

Insomma ogni nuovo nato è una potenzialità incrementativa del bene.

Si potrebbe rispondere che il nuovo nato potrebbe egualmente incrementare anche il male ed è vero, ma questo al più dimostra che la nascita di nuovi soggetti è neutrale rispetto al benessere gemerale

 

 

Appunto SE non si sapesse, come si sa, che il nuovo nato e' destinato a morire tra estreme sofferenze, a prendere il cimurro, il cancro e quant'altro....

 

Una certa distonia cronologica.

1. la nota non e' vuota, ma e' il testo incluso tra [] parentesi quadre in cui ringrazio Michelangeli per la corretta osservazione che l'intuizione tutto e' meno che nuova e rafforzo il suo punto.

2. i commenti commentano appunto una prima versione del testo sottoposto a crudele critica, quella che adesso si vede e' la seconda, rivista ed --ahime'-- allungata, versione del medesimo punto.

3. Nell'improbabile evento che qualcuno alzi gli occhi per pulirsi la bocca dal vomito prodotto dalla lettura delle liste elettorali del PD, meglio commentare la versione presente, che appare piu' chiara.

4. su tutto un altro tasto, ma come si permettono di mettere in lista i figli dei loro amici, e le mogli dei loro colleghi?

 

 

 

su tutto un altro tasto, ma come si permettono di mettere in lista i figli dei loro amici, e le mogli dei loro colleghi?

 

Si vede proprio che, coerentemente con l'argomento che esprimi in Dissenso tu non "tieni famiglia"! Caro Palma, dove sta scritto nello statuto del PD che loro sono contro il familismo amorale? Tengono tutti famiglia, appunto, ed amanti, amiche, comparielli, vecchi amici ... aspettiamo quelle del PdL, poi facciamo i confronti. Sarà divertente, così per dire ...