La carica degli 800

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Le iniziative di riforma della scuola e università proseguono celermente. Fra le innovazioni, è senz'altro da sottolineare quella che, raccogliendo l'antico appello di Michele a Mussi, consente alle università italiane di trasformarsi in fondazioni. Ben 800 docenti universitari hanno sottoscritto un appello in direzione contraria.

Infatti, la Legge 6 agosto 2008, n. 133, occupandosi di Università e Ricerca al Capo V, titola l'art. 16 come

 

"Facoltà di trasformazione in fondazioni delle università".

 

In particolare, il comma 1 recita

 

"In attuazione dell'articolo 33 della Costituzione, nel rispetto delle leggi vigenti e dell'autonomia didattica, scientifica, organizzativa e finanziaria, le Università pubbliche possono deliberare la propria trasformazione in fondazioni di diritto privato. La delibera di trasformazione è adottata dal Senato accademico a maggioranza assoluta ed è approvata con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. La trasformazione opera a decorrere dal 1° gennaio dell'anno successivo a quello di adozione della delibera."

 

È questa una possibilità del tutto nuova, che amplia l'autonomia universitaria e consente di intraprendere un cammino in direzione del cosiddetto (ma solo cosidetto) "sistema americano" dove l'assetto istituzionale di organizzazione senza scopo di lucro consente alle università di attuare politiche più efficienti di ricerca, reclutamento dei professori e offerta didattica.

Ciò è particolarmente rilevante se si tiene conto dell'entità dei tagli che il sistema di finanziamento statale sta apportando ai mezzi finanziari iscritti nei capitoli con cui lo Stato (attraverso il MIUR) alloca risorse alle università.


Tale trasformazione non implica alcun pregiudizio patrimoniale alla università che la attua, infatti il comma 2 dice

 

"Le fondazioni universitarie subentrano in tutti i rapporti attivi e passivi e nella titolarità del patrimonio dell'Università. Al fondo di dotazione delle fondazioni universitarie è trasferita, con decreto dell'Agenzia del demanio, la proprietà dei beni immobili già in uso alle Università trasformate."

 

Né la trasformazione è disincentivata da considerazioni di ordine fiscale, ovvero il comma 3 è non-distorsivo

 

"Gli atti di trasformazione e di trasferimento degli immobili e tutte le operazioni ad essi connesse sono esenti da imposte e tasse."

 

Il comma 5 testimonia la rilevanza che il legislatore riconosce al finanziamento delle università da parte dei privati quale sostituto al finanziamento statale. Infatti,

 

"I trasferimenti a titolo di contributo o di liberalità a favore delle fondazioni universitarie sono esenti da tasse e imposte indirette e da diritti dovuti a qualunque altro titolo e sono interamente deducibili dal reddito del soggetto erogante. Gli onorari notarili relativi agli atti di donazione a favore delle fondazioni universitarie sono ridotti del 90 per cento."

 

Da un lato le donazioni sono percepite integralmente (poiché esenti da tasse e imposte) dalle fondazioni. Dall'altro, è creato un incentivo a donare alle fondazioni universitarie, incentivo costituito

dalla deducibilità totale delle somme dal reddito imponibile. Ciò riveste duplice importanza in un contesto, quale quello italiano, dove comportamenti atti a ridurre il reddito imponibile sono in qualche misura ampiamente diffusi ma scarsamente orientati al bene pubblico. Ebbene, donare alle fondazioni consente ai privati di ridurre il proprio reddito imponibile senza commettere evasione fiscale :O :D La logica di "incentive compatibility" che fonda la norma è un'eccezione nel panorama legislativo italiano e splende come un'alba a mezzogiorno.


Ma l'apporto di risorse da parte dei privati può avvenire anche nella forma di

 

"...ingresso nella fondazione universtaria..."

 

se previsto dallo statuto adottato contestualmente alla delibera di trasformazione (comma 6).


Le buone nuove, però, finiscono qua anche se, con buona pace della loro comprensione dell'italiano, gli 800 e conta di cui si parla più tardi, sembrano non essersene resi conto. Il comma 9, infatti, gioca, in termini di ampliamento delle possibilità di azione e quindi dell'autonomia delle università-fondazione, un ruolo straordinario ma, ahimé, non straordinariamente positivo. Se il comma 5 segnala una qualche comprensione della nozione di incentivo, il 9 indica la non comprensione dell'idea di crowding out. Esso afferma chiaramente che

 

"Resta fermo il sistema di finanziamento pubblico; a tal fine, costituisce elemento di valutazione, a fini perequativi, l'entità dei finanziamenti privati di ciascuna fondazione."

 

Lasciamo stare l'espressione "Resta fermo il sistema di finanziamento pubblico...", forse che voleva andare in giro a fare i propri bisogni? Riflettiamo invece su cosa il sistema di finanziamento pubblico provochi, restando fermo, agli incentivi per le università di cercarsi donazioni private.

Tale riflessione si può fare con un esempio, improbabile ma suggestivo, delle nuove opportunità che la normativa apre alle università statali. Si immagini che Soros, frustrato per non aver comprato la Roma, voglia comprare il Napoli e non gli vendano nemmeno quello. Allora, non sapendo che fare, decide di donare 100 milioni di euro all'univeristà Federico II, all'uopo trasformata in fondazione. La Federico II potrebbe accettare la donazione SENZA rinunciare al finanziamento pubblico e, a seguito del comma 9, vedere i 100 milioni trasferiti (a fini perequativi) a un'altra fondazione (ossia, università cosicché l'incentivo a trasformarsi è duplice :D) che nulla ha fatto per meritarsi. Detto altrimenti: chi cerca nel privato rischia di perdere nel pubblico! Crowding out, appunto.

[Magrissima consolazione: la Federico II potrebbe, nell'esempio di cui sopra, pagare ai suoi professori il medesimo stipendio che avrebbero percepito senza adottare la trasformazione e senza ricevere i 100 milioni di Soros, evitando però di complicarsi la vita con incentivi legati a risultati di ricerca sottoforma di pubblicazioni fatte senza passare per la questura (che comunque sta li vicino). Se non avete capito cosa intendo qui dire non importa, in un certo senso è solo una cattiveria mentre in un altro è una verità.]

I commi successivi al 9 non fanno nulla per dissipare l'inviluppo di mummificazione necessario a garantire che tutti, comunque, continuino a ricevere lo stesso indipendentemente dai loro sforzi. Apparentemente a questo serve la cosidetta "perequazione", parolina magica che da sola, in un tardo comma 9, riesce a vanificare tutte le speranze che i commi precedenti avevano sollevato. E gli 800, forse non giovani ma certo ben forti, non se ne sono accorti ... L'ha messo involontariamente, la ministra Gelmini, quel comma 9 o l'ha fatto per testare l'acutezza dei suoi contestatori? Dovrò vivere, temo, senza saperlo. Mi chiedo, però, se l'han visto quelli della Lega e che ne dicono: ma come, gli danno il federalismo con una mano e glielo tolgono, imponendogli la perequazione universitaria, con l'altra? Ma che scherzi sono?

A volte, comunque, non ci si sbaglia nemmeno sbagliando. Alcuni professori hanno rivolto un appello contro la trasformazione dell'università in "fondazioni all'americana". È come una predestinazione quella di costoro: essere difensori delle libertà democratiche, nonostante e contro tutto, e nonostante non si sia compreso da che cosa le si difenda. È giusto difendere l'università statale da questa normativa liberista e capitalista, anche se di università-fondazione all'americana, purtroppo, in tale normativa non c'è nulla. La difesa procede speditamente: in pochi giorni i difensori sono diventati più di 300, addirittura 800! Chissà se han letto il testo della legge che contestano ...

 

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Commenti

Ci sono 37 commenti

 

E' questa una possibilità del tutto nuova, che amplia l'autonomia universitaria e consente di intraprendere un cammino in direzione del cosiddetto "sistema americano" dove l'assetto istituzionale di fondazione consente alle università di attuare politiche più efficienti di ricerca, reclutamento dei professori e offerta didattica.

 

Faccio notare anche in commento a questo articolo che non è appropriato parlare di "sistema americano"; se si vuole indicare un "sistema" con riferimento al tema in questione si può casomai indicare quello inglese, ove TUTTE le Università sono Fondazioni. In particolare, tutte tranne UNA sono state fondate da consorzi di benefattori/imprese/enti/altre fondazioni di natura privata, tipicamente raccolti attorno interessi di una certa comunità locale (o natura ecclesiastica per le classicissime). La Open University è l'unica Università sorta per iniziativa dello Stato che, in maniera del tutto ovvia agli occhi degli Inglesi, ha pensato bene di istituirla anch'essa in forma di fondazione. E d'altra parte, per esemplificare, fareste voi una forneria in forma di Pubblica Amministrazione? Lo stesso per gl'Inglesi: l'Università NON E' una Pubblica Amministrazione, "concettualmente".

Purtroppo agli occhi degli 800, che vengono da decenni di disinformazione di regime, non è evidente il fatto che la questione del finanziamento non c'entra, di per se', con quella della natura giuridica. Le Università britanniche sono finanziate dallo Stato ben più di quelle italiane. Naturalmente c'e' anche dell'altro. L'Italiano pensa sempre all'Università come UNA, diciamo come al Sistema Sanitario Nazionale, per questo parla sempre di Sistema Universitario. Invece e' ovvio che se uno pensa alle Università come fondazioni, le pensa necessariamente ab ovo come distinte le une dalle altre. E poi l'accademico italiano pensa ai settori scientifico-disciplinari come agli ordini professionali, a delle gilde che sono titolari della qualità (del reclutamento, in primis) in forma collettiva. Per questo i SSD sono le più potenti briglie di unificazione fra le varie sedi. E infine l'accademico meriodionale pensa, senza avere tutti i torti, che le propriue Università siano peggiori della media e quindi qualsiasi allentamento del Sistema Unitario vedrebbe rapidamente crescere il divario, non necessariamente in termini di finanziamento (si possono immaginare numerosi "modelli", e financo più egualitari in linea di principio), ma di "status", se vogliamo dire così.

Il punto fondamentale per fare una fondazione è la questione dei rapporti di lavoro e della governance. I "nostri" non ne vogliono sapere di non essere più dei travet. Ma poi ci sono tante altre questioni che vengono tirate in ballo, come avevo comiciato a segnalare qui.

RR

 

Grazie per aver indentificato e sottolineato questa grandissima stupidaggine del comma 9 dell'art. 16 della legge 133/2008, che promette di ridurre i finanziamenti statali alle universita' capaci di ottenere contributi privati, in modo che tutte le universita' siano perequate allo stesso finanziamento indipendentemente da ogni considerazione di merito.

Non c'e' nulla da fare, la Gelmini e tutto il centro-destra stanno mostrando una stupidita' sconfinata. Non sanno nemmeno copiare, sono come quegli studenti senza speranza che copiano agli scritti, ma non sono nemmeno capaci di copiare e non solo sbagliano ma mostrano anche di aver copiato. 

Nei sistemi dove le universita' sono fondazioni senza fini di lucro e dove il sistema funziona bene (es. USA) ovviamente i fondi statali vengono aumentati proporzionalmente ai contributi privati che le universita' riescono ad ottenere (matching funds). Si tratta di una regola banale per incentivare le donazioni, per incentivare la reputazione delle universita' a sollecitare donazioni, e cosi' via. La regola del comma 9 rende la riforma complessivamente nociva e dannosa rispetto al sistema di finanziamento statale ora vigente. Sono tentato di unirmi agli 800, a patto di non dover firmare certe farneticazioni, ma solo per oppormi al comma 9 che avvelena l'effetto complessivo della riforma.

Aggiungo che la prescrizione "perequativa" che prevede di compensare con maggiori finanziamenti statali chi riceve meno contributi privati e' ovviamente patrimonio condiviso delle elites intellettuali italiane  a tutti i livelli: ho anche esperienza diretta della sua applicazione indipendentemente e prima ancora della legge 133. Non si tratta di un'invenzione estemporanea, ma di una convinzione fortemente maggioritaria in Italia.

 

 

A mio vedere questo appello porta una buonissima occasione per stilare e divulgare un controappello da far firmare da coloro che nell'universita' pensano che la colpa non sia soltanto del governo ma anche dell'establishment universitario. Un controappello in cui si chiede che i tagli siano accompagnati da una chiara ed oggettiva valutazione meritocratica da parte della comunita' internazionale.

La gelmini sono mesi che si riempe la bocca di parole come "merito". Diamole la possibilita' di dimostrare le buone intenzioni. Facciamolo per lei.

 

 

a proposito di fondazioni americane, qualcuno sa come si regolano al loro interno i singoli dipartimenti (il sistema di potere interno insomma) e come si relazionano con chi assegna i fondi (altra gente ovviamente)

 

Le mie conoscenze sono approssimate e aspetto anche io di leggere testimonianze da chi insegna in Amerika, ma come ho scritto altrove mi risulta che:

  • ogni dipartimento ha un "dean" che e' piu' (o solo) espressione della fondazione (o dello Stato) che non dei docenti, e che decide sostanzialmente dello stipendio dei docenti in base ai loro meriti, che sono proporzionali alla capacita' di competere per fondi di ricerca e forse anche attirare studenti paganti
  • ogni dipartimento ha fondi dalla Fondazione o Stato che sono minimali e sufficienti solo per stipendi e funzionamento della struttura
  • ogni docente, inclusi i giovani in tenure-track, competono per i fondi di ricerca presso enti finanziatori e privati; per le scienze "dure" come fisica delle particelle i fondi vengono sostanzialmente dallo Stato anche se ci sono mecenati (caso recente i fondi che hanno creato il Kavli Institute) le cui donazioni vengono supplementate da fondi aggiuntivi pari o superiori dallo Stato
  • una percentuale (tipo 20%) dei fondi di ricerca viene incassato dal Dipartimento che fornisce le strutture amministrative per gestirli

Il funzionamento negli USA e' sostanzialmente diverso dall'Italia. I docenti competono tra loro per i fondi ma non tra di loro all'interno del Dipartimento ma tra di loro in tutto lo Stato. Piu' specificamente la competizione e' disciplina per disciplina in tutto lo Stato, piuttosto che tra discipline diverse ma appartenenti allo stesso Ateneo per i fondi comuni assegnati indivisi. E' evidente che e' molto piu' facile competere onestamente tra progetti della stessa disciplina piuttosto che tra progetti di discipline diverse nello stesso Ateneo come in Italia, dove non a caso prevale la divisione a pioggia.  I docenti hanno interesse ad avere colleghi prestigiosi e capaci di attirare fondi e il loro Dipartimento e' penalizzato dall'assunzione del cognato incompetente sia dalla pressione sociale sia dalla incapacita' di quest'ultimo di attirare fondi il cui overhead va a beneficio di tutto il dipartimento. In Italia invece una buona parte dei fondi viene assegnato indiviso agli Atenei e la competizione e' tra discipline diverse all'interno degli Atenei. In Italia il Rettore e' elettivo ed espressione unicamente dei docenti. Se potesse aumentarebbe all'infinito lo stipendio a tutti, promuoverebbe tutti, assumerebbe tutti.  L'unico limite all'abbuffata e' al livello centrale dello Stato cui pervengono corali richieste di aumentare il finanziamento all'Universita', che trovano limite esclusivamente nella capacita' dello Stato di affondare le mani nelle tasche dei contribuenti e nelle sue scelte tra privilegiare forestali, camionisti o docenti universitari.

 

Ad ennesima riprova dell' accuratezza dei nostri quotidiani, ecco una lista di doppioni dalla pagina di Repubblica (fatta in excel, potrei averne  persi alcuni).

Benvenuti Marco

Gabrielli Pier Giuseppe

Mazza Patrizio

Mula Guido

Pasquali Susanna

Varcamonti Mario

 

 

1) qui si parla della raccolta firme degli "800". va fatto però notare che le mobilitazioni non riguardano i docenti strutturati ma i ricercatori precari. sono loro che stanno protestando e alzando il polverone.

ora, se si ascoltano le dichiarazioni di questa gente, si capirà come queste critichino anche lo status quo e il sistema feudale mafioso dell'università italiana. ovviamente la mobilitazione è contro la mezza - o nemmeno questo - riforma gelmini perchè, e qui penso tutti siano concordi, non si tratta solo dell'ennesima occasione persa ma di un modo per buttar tutto ancora di più in merda. scusate i termini.


2)qui c'è qualcosa di interessante. qualcuno che ci capisce può dire qualcosa a riguardo?


 

Mentre lo Stato italiano privatizzava, al fine di garantire la concorrenza nel mercato dei lavori pubblici e delle pubbliche forniture, la Comunità europea pubblicizzava, imponendo agli Stati membri la figura giuridica dell’organismo di diritto pubblico (Direttive 89/440; 36 e 37 del 1993 e direttiva sui servizi 92/50).

 

Definizione comunitaria di “organismo di diritto pubblico”


Per la Comunità Europea se la disciplina speciale prevista per una fondazione  “privatizzata”  contiene anche uno soltanto dei seguenti indici sintomatici: la gestione è soggetta a controllo da parte dello Stato, degli enti pubblici territoriali o di altri organismi di diritto pubblico; l’attività è finanziata in modo maggioritario da questi ultimi; gli organi di amministrazione direzione o vigilanti sono costituiti da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico, non si tratta di una fondazione di diritto privato, bensì di un ente pubblico, qualunque sia il nomen usato dal legislatore (Merusi).

 

3) c'è abbastanza incertezza sulle intenzioni del ministero. dovrebbero uscire circolari e regolamenti riguardo alla faccenda fondazioni. il ministro non sono io e nemmeno voi. E' lui che dovrebbe dire qualcosa e farsi sentire, che dovrebbe spiegare esattamente cosa si intende e perchè, che dovrebbe diffondere una bozza dei regolamente attuativi ecc ecc per indirizzare il dibattito pubblico e per rispondere ai "suoi" lavoratori.

Oppure dobbiamo darci all'ermeneutica della legge o affidarci alla divinazione? Perchè le interpretazioni sono tra le più varie e disparate e così le prese di posizione a favore o contro.

Da agosto sono partite le mobilitazioni e ci sono già le prime occupazioni, come nel dip. di Fisica di roma da parte dei ricercatori. Invece la Gelmini si diletta nel partecipare a appuntamenti come questo: "La passione tinge dei

propri colori tutto ciò che tocca".

Ora se il ministro non parla che si deve fare?  Ecco qui il sanguinario "andare a prenderla in ufficio".

http://www.corriere.it/vivimilano/politica/articoli/2008/10_Ottobre/09/regione_impiegati_precettati_claque_gelmini.shtml

 

conoscenti di siena mi dicono che gli stipendi non sono pagati già ora (e non solo come d'uso i contributi) e che l'anno prossimo sarà dimezzato il fondo per ricercatori e dottorandi. il debito è di 140 milioni, la stessa cifra che invece poco tempo fa è stata regalata cortesemente a catania.

i prof. ordinari a lettere sono pochissimi quindi blocco turno over e sui precari si abbatterà praticamente su tutti. alcuni dottorandi se ne sono già andati perchè "hanno figli e devono portare a casa i soldi". sono davvero sull'orlo del fallimento - perchè non si sono mossi prima? immagino di saperlo, il sistema feudale c'è ovunque - e questo tentando di non far sapere nulla alle matricole, altrimenti ci sarebbe una bella fuga verso cosa non si sa visto che firenze è in condizioni simili.

http://corrierefiorentino.corriere.it/universita/articoli/2008/09_Settembre/26/ateneo_firenze_siena_pisa_crac.html


inizio a sospettare che quando si parla di "scaricare le colpe altrui su dottorandi, ricercatori e studenti" forse ci sia qualcosa di vero.


mi piacerebbe avere però conferme. qualcuno qui dentro sa qualcosa esattamente? non sarà un panico stile borsa?

inutile però aspettarsi risposte dal ministro. lui è impegnato in ufficio.

 

 

Oggi pomeriggio assemblea dei ricercatori precari. Domani ti faccio sapere con un po' di esattezza (spero) quale sia la situazione dell'ateneo senese.

 

Leggendo sulla stampa sembra che la situazione di Siena non sia veramente cosi' tragica: si sono svenati per comperare immobili di pregio (l'ultimo, 100 MEuro) che potrebbero rivendere senza perdite significative per fare cassa. Curiosamente a Siena hanno preferito spendere per immobili invece di pagare i contributi obbligatori per legge per i dipendenti, e tutto cio' senza che la magistratura e lo Stato finanziatore abbiano nemmeno alzato un sopracciglio. Dall'INPS non si sono degnati di fornire alla magistratura nemmeno una minuscola notizia di reato? Misteri della Repubblica delle Banane. Sembra messa peggio Firenze, che negli ultimi anni ha venduto praticamente tutti gli immobili in suo possesso per pagare le spese correnti.

Curioso poi che queste due universita' della Toskana democratica abbiano potuto condurre questa vita spericolata pur essendo statali. A questo punto non capisco quali pericoli sorgano nella paventata conversione a fondazione ... forse minori possibilita' di soccorso statale a carico dei contribuenti e minori immunita' per i cattivi amministratori in caso di bancarotta?

 

 

Confermo quanto detto da Alessandro. Il buco di Siena è saltato fuori "improvvisamente" pochi mesi fa. Prima si lodava Siena come Ateneo in regola, anzi all'avanguardia. Si vede che i controllori non controllano praticamente mai. Oppure fanno finta di controllare (come succede dappertutto!). Confermo anche che dovrebbero riuscire a cavarsela vendendo o svendendo immobili.

 

(ops, era una risposta al commento di Alessandro Figa Talamanca, scusate).

 

 

 

art. 16 comma 2:

 

Le fondazioni universitarie subentrano in tutti i rapporti attivi e passivi e nella

titolarità del patrimonio dell'Università. Al fondo di dotazione delle fondazioni

universitarie e' trasferita, con decreto dell'Agenzia del demanio, la proprietà dei beni

immobili già in uso alle Università trasformate.

 

se subentrano in tutti i rapporti attivi e passivi come fa lo stato a regalargli qualsiasi possedimento immobiliare di cui già dispongono? a meno che con questo giorgio non intenda che ti paghi il mutuo sul regalo se mutuo c'è.

Nè può lo stato regalare qualcosa che l'università ante trasformazione aveva comprato magari accendendo un mutuo, poichè allora si tratterebbe già di immobile di proprietà dell'università.

Mi pare che la norma voglia chiarire come l'università che si trasforma in fondazione non perde immobili e, una volta trasformata, vede la proprietà dei beni dell'università ritrasferiti alla fondazione.

 

Non vedo come ne segue la possibilità 

 

che qualcuno a Siena e altrove ha fatto il furbo comprando immobili,

che poi sarebbero divenuti di proprieta', e accumulando debiti che con

ogni probabilita' ripasseranno allo Stato. 

 

Comunque, non sono un giurista e potrei sbagliarmi. 

 

 

 

già in uso

 

quindi anche quelli, poniamo il caso, proprietà del demanio o della regione ma che l'università usa stabilmente. Cosa succeda all'università di bologna invece non so. Moltissimi stabili in centro città sono infatti concessi da Unicredit all'Alma Mater ma sono ovviamente di Unicredit. penso ritornerebbero a unicredit a meno di non fare ovviamente una fondazione :)

 

 

... c'è un enorme problema "ideologico" ma questo si basa su una differenza non di poco conto (anzi)

 che divide l'essere università ente di diritto pubblico rispetto all'essere un ente di diritto privato

oggi stiamo assistendo nell'uragano finanziario come tutto diventa relativo ... dipende potremmo dire

...  legge salva banche ... solo una domanda: perchè sostenere l'irriformabilità del e dei sistemi ?

 

dipende ... dipende da come gli "intellettuali" ... riescono a convincere ed organizzare le masse ... !!!

avete una grande responsabilità ... un'immensa responsabilità !!!

 

pietro, stavo facendo una speculazione maliziosetta non sul fatto che gli immobili rimangono dell'universita', quello e' un fatto. ma dicendo:

 

accumulando debiti che con

ogni probabilita' ripasseranno allo Stato.

 

E qui che pensavo con malizia. Quanti sono gli atenei in attivo? Mi sembra ben pochi. Se lo Stato ad un certo punto facesse (o avesse lasciato intendere di voler fare) un bel prestito ponte alitalia-style per incentivare la formazione della fondazione allora tutto mi tornerebbe. Anche perche' senno' con tutta la buona volonta' faccio davvero difficolta' a capire perche' una universita' dovrebbe preferire di comprare immobili a destra e manca invece di pagare l'inps ai propri dipendenti. 

 

In molti casi le università hanno in uso beni demaniali. Nel caso di trasformazione in fondazione i beni demaniali passerebbero alla fondazione. E' per questo che si parla di decreto dell'agenzia del demanio.

 

 

[Magrissima consolazione: la Federico II potrebbe, nell'esempio di cui

sopra, pagare ai suoi professori il medesimo stipendio che avrebbero

percepito senza adottare la trasformazione e senza ricevere i 100

milioni di Soros, evitando però di complicarsi la vita con incentivi

legati a risultati di ricerca sottoforma di pubblicazioni fatte senza

passare per la questura (che comunque sta li vicino). Se non avete

capito cosa intendo qui dire non importa, in un certo senso è solo una

cattiveria mentre in un altro è una verità.]

I commi successivi al 9 non fanno nulla per dissipare l'inviluppo di

mummificazione necessario a garantire che tutti, comunque, continuino a

ricevere lo stesso indipendentemente dai loro sforzi. Apparentemente a

questo serve la cosidetta "perequazione", parolina magica che da sola,

in un tardo comma 9, riesce a vanificare tutte le speranze che i commi

precedenti avevano sollevato. E gli 800, forse non giovani ma certo ben

forti, non se ne sono accorti ... L'ha messo involontariamente, la

ministra Gelmini, quel comma 9 o l'ha fatto per testare l'acutezza dei

suoi contestatori? Dovrò vivere, temo, senza saperlo. Mi chiedo, però,

se l'han visto quelli della Lega e che ne dicono: ma come, gli danno il

federalismo con una mano e glielo tolgono, imponendogli la perequazione

universitaria, con l'altra? Ma che scherzi sono?

 

Scusa ma credo di non capire. nella 133 si parla anche di blocco del turnover, nella misura di una precisa percentuale che ora non ricordo ma che piu' o meno sta significare che si potrà assumere un nuovo contratto solo con la partenza di 3 o 4 altri. Quindi se capisco bene senza fondi privati col piffero che la Federico II puo' pagare gli stessi stipendi...

Puo' reggere per un po', tenendo in cattedra professori e ricercatori ultranovantenni .... se li perde è fottuta, senza fondi privati sostitutivi.

Ogni funerale sarà un dramma e per il pianto collettivo non sarà necessario far precedere il corteo funebre da quelle figure che nell'antica grecia e roma erano le lamentatrici professioniste (prefiche)

A parte questa cosa, sono d'accordo che l'idea di una perequazione che dia meno fondi a chi ha ricevuto quelli privati (e viceversa) è una solenne stupidata. Tuttavia credo che bisognerebbe anche sostenere con mano pubblica alcune di quelle università che non dovessero interessare fondi privati.

Per esempio se nessun privato sostenesse la psicologia, o la storia, credo che sarebbe un danno.

O no?

Ciao,

Franz

 

 

Scusa ma credo di non capire. nella 133 si parla anche di blocco del

turnover, nella misura di una precisa percentuale che ora non ricordo

ma che piu' o meno sta significare che si potrà assumere un nuovo

contratto solo con la partenza di 3 o 4 altri.

 

La 133 non entra molto nei dettagli ma per quanto capisco le universita' pagano gli stipendi col finanziamento ordinario (FFO) e per legge non devono assumere nessuno se il monte stipendi non rimane entro il 90% dell'FFO. La 133 prevede che l' FFO venga ridotto proporzionalmente alla riduzione della pianta organica a seguito della limitazione del turnover al 20%, quindi in prima approssimazione rimarra' sufficiente a pagare tutti gli assunti presenti e futuri. Il monte stipendi aumentera' anche per scatti di anzianita' e per promozioni interne, queste ultime pero' sono sotto il controllo delle universita' che non possono permetterle se sfondano il 90% del FFO.

 

A parte questa cosa, sono d'accordo che l'idea di una perequazione che

dia meno fondi a chi ha ricevuto quelli privati (e viceversa) è una

solenne stupidata. Tuttavia credo che bisognerebbe anche sostenere con

mano pubblica alcune di quelle università che non dovessero interessare

fondi privati.

 

Certamente puo' essere condivisibile l'affermazione: "resta fermo il livello di finanziamento statale medio esistente oggi a tutte le universita'", che sosterrebbe pariteticamente tutte le universita' incluse quelle che non dovessero ricevere finanziamenti privati.  Quello che appare inaccettabile e ridicolo per chi afferma di voler promuovere il merito e' modulare il finanziamento statale per favorire gli atenei che non riceveranno fondi privati.

 

 

 

 

 

Scusa ma credo di non capire. nella 133 si parla anche di blocco del

turnover, nella misura di una precisa percentuale che ora non ricordo

ma che piu' o meno sta significare che si potrà assumere un nuovo

contratto solo con la partenza di 3 o 4 altri. Quindi se capisco bene

senza fondi privati col piffero che la Federico II puo' pagare gli

stessi stipendi...

 

con stessi stipendi non intendevo "stesso monte stipendi" cioè "stessi stipendi con uguale numero di prof" intendevo "stessi stipendi alle persone che già li percepiscono" per sottolineare che la trasformazione in fondazioni probabilmente non creerà risorse per premiare/incentivare chi fa più ricerca.

 

tu, invece, poni attenzione al "numero di stipendi". Cosa faresti, allora, la "perequazione interna" assumendo nuovi prof anziché dare di più a chi fa più ricerca?

è in questa chiave che dobbiamo interpretare il tuo

 

 

Per esempio se nessun privato sostenesse la psicologia, o la storia, credo che sarebbe un danno.

O no?

 

 ?

 

ciao,

 

pietro