Cambiamento climatico: un aggiornamento

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 Il vortice polare che si è abbattuto sul nord America nelle ultime settimane portando scenari da “The Day After Tomorrow” ha fatto parlare molto, e nuovamente, di cambiamento climatico. Ne approfitto per tornare sull'argomento e vedere cosa è cambiato da quando, quattro anni fa, ne parlammo per l'ultima volta su questo blog. Oggi, pongo la questione facendo riflessioni non solo sul piano scientifico - a cui peraltro si era dato più risalto in passato – ma anche sul piano dell'impatto sociale.

Due tipi di impatto.

Quella del cambiamento climatico è una questione scientifica, certo, ma con enormi risvolti sociali, soprattutto di cosiddetto impatto scientifico (en passant: una questione, quella dell'impact, molto calda per gli scienziati di ogni disciplina[1]). L'impatto della scienza climatica è duplice: c'è un impatto che riguarda la divulgazione - cioè riuscire a comunicare con successo i successi scientifici recenti - e un impatto politico, o di policy making come si dice mondanamente. Entrambi gli aspetti sono tutt'altro che semplici. Vediamo in più dettaglio.

 Cosa c'è di nuovo tra il pubblico. Impatto I: divulgazione scientifica.

Personalmente, questo è l'aspetto che più mi coinvolge. Mi sono sempre occupato di divulgazione scientifica, fin da quando all'università facevo volontariato col CICAP, andando a fare conferenze in giro per le scuole medie e superiori a parlare di organismi geneticamente modificati e biotecnologie. L'idea che mi sono fatto in tutti questi anni è che l'impresa più ardua nel comunicare la scienza non sia tanto quella di riuscire a semplificare i concetti chiave abbastanza da essere compresi dal pubblico. Quello è niente. Gli ostacoli più grandi, in realtà, sono: 1) riuscire a stabilire un rapporto di fiducia con il pubblico e 2) riuscire a trasmettere accuratemente il livello di certezza, errore o rischio che normalmente accompagnano qualsiasi scoperta scientifica - e che sono concettualmente diversi dai concetti di certezza, errore e rischio come sono comunemente intesi. Questa riflessione non si applica soltanto alla scienza del cambiamento climatico ma, di fatto, a qualsiasi altra disciplina: il caso di Stamina e il caso della sperimentazione animale sono solo gli ultimi esempi in Italia, mentre vaccinazioni, evoluzionismo e cambiamento climatico sono esempi che interessano più il mondo anglosassone. Ad ognuno il suo.

In genere, è vero che il pubblico non sa a chi può o deve prestare fiducia non solo perché non è in grado di valutare in maniera autonoma i contenuti, ma perché non è nemmeno in grado di valutare quanto sia affidabile l'interlocutore[2]. Se parliamo di cellule staminali, ad esempio, dal punto di vista del pubblico non pare esserci una grossa differenza di autorità tra ciò che dichiara il signore incravattato delle Iene o Piero Angela né, in ultimo, tra Davide Vannoni e Shinya Yamanaka. Quando si vive in un mondo in cui ogni opinione ha lo stesso valore, un mondo in cui “ognuno vale uno”, non deve stupire che le opinioni diventino poi banali e inutili. Uno studio recente ha mostrato, ad esempio, che non è il livello di cultura generale a determinare la divisione nel pubblico tra chi sposa e chi nega il cambiamento climatico antropogenico, bensì il bagaglio culturale e politico della persona[3]. Per uno scienziato, tutto ciò è tanto triste quanto disarmante.

Quale è il trucco quindi? Il trucco è familiarizzare col metodo scientifico tanto e abbastanza da comprendere l'affidabilità che un consenso scientifico può avere e, di conseguenza, trattare il consenso con la autorità che si merita. Diceva Feynmann che “la scienza è lo scetticismo organizzato nelle mani degli esperti[4]. Dal 2004[5] al 2009[6] e poi dal 2010[7] al 2013[8] il consenso scientifico verso il riscaldamento globale non è cambiato molto e rimane pressoché universale. Va notato che i numeri parlano di un consenso del 97% tra gli scienziati nel complesso ma il consenso tra chi si occupa attivamente di cambiamento climatico è ancora più alto. In ogni caso, un 3% di dissenso non ha molto significato se si considera che, ad esempio, i numeri per evoluzione verso creazione sono praticamente identici[9].

Se il consenso tra gli scienziati rimane universale, la buona notizia è che è cambiata però la percezione nel pubblico. Secondo Gallup, la percentuale di chi pensa che quello del riscaldamento globale sia falso allarmismo è scesa dal 48% al 41% e la maggioranza degli Americani ora ritiene che il riscaldamento globale sia un problema serio - addiritura sottovalutato dai media (Figura 1 e [10]).

Figura 1:

 

Uno studio meta-analisi del Woods Institute for the Environment a Stanford conferma (Figura 2 e [11]) e anzi rincara.

Figura 2:

 

C'è da sottolineare che la divisione nel pubblico sul fenomeno del riscaldamento globale interessa quasi esclusivamente gli Stati Uniti, dove la politica ha preso posizione e fatto propaganda. In Europa il problema della mancata percezione non è mai esistito e nel 2011 l'89% della popolazione europea riteneva che il cambiamento climatico fosse un problema molto serio[12]. Idem in Australia(>80%)[13] e Canada(~98%)[14]. Tutti paesi in cui il dibattito politico è stato più sobrio e corretto.

Cosa c'è di nuovo nella scienza?

Il 2013 ha visto la pubblicazione parziale del quinto report dell'IPCC[15], il gruppo di circa 800 scienziati a cui negli anni 80 l'ONU ha commissionato un rapporto periodico per essere informato sul problema. Sebbene l'IPCC sia composto da scienziati, non produce di per sé scienza nuova. Ha semplicemente il compito di riassumere tutto ciò che è stato prodotto dalla comunità nell'arco dei 5-6 anni precendenti, di compendiarlo e di rendere il riassunto fruibile per il pubblico, per il politico e per l'appassionato che non lavora nel campo (come me). È un documento professionale e peer reviewed a vari livelli. Per chi segue i progressi della comunità di anno in anno, quindi, ogni rapporto IPCC non arriva certo come una sorpresa. Cosa c'è di nuovo nell'ultimo rapporto?

Intanto viene confermato, con confidenza statistica ancora maggiore, il riscaldamento globale. La Figura 3 mostra gli andamenti della temperatura atmosferica.

Figura 3:

 

I dati riguardano atmosfera e superficie (capitolo 2), oceani (capitolo 3), criosfera (capitolo 4), carbone, nuvole etc ect. Impressionante il dato sperimentale che collega l'aumento di emissioni di CO2 in atmosfera con l'acidificazione delle acque (Figura 4: la CO2 atmosferica (blue) reagisce con H2O per dare acido carbonico, aumentando quindi l'acidità delle acque (verde) [16]).

Figura 4:

 

L'acidificazione degli oceani è una dei fenomeni potenzialmente più devastanti dell'immissione di CO2 in atmosfera. Un altro dato sperimentale molto drammatico riguarda lo scioglimento dei ghiacciai artici (Figura 5).

Figura 5:

 

La variazione della linea rossa mostra lo scioglimento misurato, le altre le previsioni dei modelli passati che, come si vede, si sono dimostrate troppo ottimiste (a proposito di scioglimento dei ghiacci, se apprezzate la fotografia consiglio un documentario del 2012 estremamente scenografico: “Chasing Ice”).

Ovviamente lo zoccolo duro negazionista ha cercato di trovare complotti e inesattezze nel rapporto, concentrandosi per lo più sul fatto presunto che negli ultimi 15 anni la terra si sia di nuovo raffreddata e che i modelli dei climatologi non siano stati in grado di prevedere questo raffreddamento. Da come si vede in figura 6, le cose non stanno proprio così.

 

Il grafico mostra i dati sperimentali del periodo contro i modelli predittivi limitati al periodo incriminato e oltre (2000-2035) in tutti i report IPCC. I pallini rappresentano i dati sperimentali (i termometri), le aree colorate rappresentano le previsioni dei modelli del First Assessment Report (FAR, 1990, giallo), Second Assessment Report (SAR, 1996, verde), Third Assesment Report (TAR, 2001, azzurro) e i modelli del Assesment Report 4 (AR4, 2007, ultime tre barre). Come si vede, i dati rientrano nei margini considerati statisticamente predittivi dei modelli ed è quindi scorretto parlare di un fallimento. Certo, negli ultimi anni l'incremento medio di temperatura è stato inferiore a quello misurato in passato ma questo è, ahinoi, assolutamente non rincuorante perché in serie naturali e complesse gli andamenti di breve periodo sono assolutamente non indicativi del trend a lungo periodo. Il rapporto IPCC lo dice chiaro e tondo “Due to natural variability, trends based on short records are very sensitive to the beginning and end dates and do not in general reflect long-term climate trends p.3[17]. Un'altra ragione per non lanciarsi in celebrazioni riguarda il fatto che il clima risente pesantemente di attività ciclica, in cui in un sistema di equilibrio caldi più intensi sono seguiti da periodi più freddi. E viceversa. Secondo la società meteorologica giapponese che è stata la prima a pubblicare i dati per quest'anno, il 2013 è già passato alla storia come il secondo anno più caldo mai registrato dal 1891 (qui). E Australia Bureau of Meteorology giàconferma.

 Cosa c'e di nuovo per e dalla politica?

Poco di nuovo. Da parte della scienza, c'è la conferma che il pianeta ha la febbre e che la febbre continua a salire. Di quanto salirà e quali saranno le conseguenze è difficile dirlo ma una qualche medicina va trovata e ingoiata perché il rischio che ci si ritrovi col suppostone è alto. La conferenza di Varsavia, l'ennesimo tentativo di trovare un accordo mondiale a un problema globale, si è nuovamente conclusa con un nulla di fatto. Esiste la consapevolezza che i volumi di CO2 vadano ridotti ma anche la riluttanza a muoversi in quella direzione, sia da paesi in via di sviluppo (che comprensibilmente si sentono le gambe tagliate ancora prima di iniziare la corsa) sia da paesi ben avviati. Il gruppo di lavoro III del IPCC, che si occupa di strategie di mitigazione, pubblicherà il rapporto finale ad aprile 2014. Mi aspetto di vedere un po' di reazione sui media ma non molto di più.

Nota a pie' di pagina sui commenti (ovvero: io metto le mani avanti).

Ho cercato, come mi sembra serio fare per rispetto verso chi legge, di linkare soltanto lavori scientifici e/o fonti accreditate, accademiche, politicamente imparziali. Invito, come esercizio di buona condotta, a fare altrettanto nei commenti. Al primo che mi linka blogs, NIPCC, Cato o Heartland Institute tirata di orecchie e via dietro la lavagna con i giornalisti delle iene.

  1. Quasi tutte le agenzie governative hanno deciso di introdurre misure di impatto tra i criteri utilizzati per stabilire l'importanza di una proposta di ricerca. Si tratta di una mossa preoccupante e poco lungimirante, potenzialmente in grado di colpire la scienza di base. Si veda questo speciale per qualche riassunto.
  2. Gli economisti, l'ho imparato su queste pagine, vivono un problema simile.
  3. Cahan et al "The polarizing impact of science literacy and numeracy on perceived climate change risks". Nature Climate Change 2, 732–735 (2012) doi:10.1038/nclimate1547 
  4. 'Science is the organized skepticism in the reliability of expert opinion.’ - R. P. Feynman
  5. N. Oreskes, “Beyond the Ivory Tower: The Scientific Consensus on Climate Change,” Science Vol. 306 no. 5702, p. 1686 (3 December 2004); DOI: 10.1126/science.1103618.
  6. P. T. Doran & M. K. Zimmerman, "Examining the Scientific Consensus on Climate Change," Eos Transactions American Geophysical Union Vol. 90 Issue 3 (2009), 22; DOI: 10.1029/2009EO030002.
  7. W. R. L. Anderegg, “Expert Credibility in Climate Change,” Proceedings of the National Academy of Sciences Vol. 107 No. 27, 12107-12109 (21 June 2010); DOI: 10.1073/pnas.1003187107.
  8. J Cook et al. “Quantifying the consensus on anthropogenic global warming in the scientific literature” 2013 Environ. Res. Lett.8 024024 doi:10.1088/1748-9326/8/2/024024
  9. Si veda Tabella 1 in http://www.people-press.org/2009/07/09/section-5-evolution-climate-change-and-other-issues/
  10. Da http://www.gallup.com/poll/1615/Environment.aspx
  11. https://woods.stanford.edu/news-events/news/survey-analysis-contradicts-common-climate-perceptions
  12. http://ec.europa.eu/public_opinion/archives/ebs/ebs_372_en.pdf
  13. https://crawford.anu.edu.au/degrees/pogo/discussion_papers/PDP09-01.pdf
  14. http://www.cbc.ca/news/canada/calgary/only-2-of-canadians-deny-climate-change-suggests-poll-1.1157215
  15. Chi non volesse sfogliarselo tutto, può anche guardare il riassunto per policy makers che è di sole 33 pagine
  16. Acidificazione degli oceani: http://en.wikipedia.org/wiki/Ocean_acidification
  17. Il potere predittivo dei modelli vieni discusso largamente nel rapporto IPCC (capitolo 9). Per un riassunto e un approfondimento a chi fosse interessato rimando qui.
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Commenti

Ci sono 129 commenti

... è il caso di dirlo, cercando di non far caso all'intimazione dell'ultimo paragrafo.
In fondo cosa emerge?

A) il cambiamento climatico è confermato.
B) la percezione del fenomeno cresce.

Fin qui nulla di particolare. Si prende atto di A e di B e non c'è nulla da contestare.

Tuttavia mi pare che il dibattito da tempo non sia sull'esistenza del cambiamento climatico o sulla sua percezione ... ma sulle cause.

Qui le cose cambiano. Se vedo il riassunto fornito, osservo un bel grafico che mi dice che se aumenta la Co2 nell'atmosfera (cosa vera) aumenta anche  l'assorbimento della Co2 in mari ed oceani (cosa altrettanto vera). Ma questa non è una novità. Quando studiavo biologia all'uni, il secolo scorso, la cosa era già nota. Milioni di anni fa l'atmosfera era ancora piu' ricca di Co2 e l'effetto serra era enorme. Fu tutto assorbito dagli oceani ed il calcare geologico che oggi osserviamo proviene proprio da quell'assorbimento (come spiegato qui).

Spiegare che l'incremento di CO2 comporta modifiche dell'acidità dei mari (un po' come spiegare che l'acqua calda scotta) non significa ancora dimostrare che il cambiamento climatico sia indotto da attività antropiche e che la causa sia CO2.  Per esempio il vapore acquo (H2O) è presente nell'atmosfera mi pare tanto quanto la C02 ed ha un effetto serra decisamente piu' rilevante., cosa che tutti possiamo osservare confrontando le temperature notturne e di diurne in una giornata limpida ed in una coperta di nuvole.  Il vapore acqueo contribuisce fino al 70% dell'effetto serra, dato che supera il 90% in caso di copertura nuvolosa.  Se il pianeta si riscalda (per cause che per ora facciamo finta di non conoscere) è naturale che le superfici marine evaporino maggiormente, creando la maggior parte dell'effetto serra e precipitazioni intense in alcuni luoghi?

Il fatto che contemporaneamente aumenti la CO2 (cosa innegabile) non crea ancora una relazione causa effetto tra Co2 e cambiamento climatico.  Come tanti amici qui hanno spiegato in passato, correlation is not causation. H2O aumenta? Non credo, ma per problemi legati alla tensione di vapore, tutta la H2O in forma di vapore che è in eccesso tende a condensarsi e piovere da qualche parte appena puo' raffredarsi abbastanza.  La rapidità di questo ciclo (indotta da fattori esterni) pero' potrebbe essere la causa dei cambiamenti climatici nelle varie zone del globo.

Detto questo, vale la pena comunque di sottolineare che meno Co2 immettiamo nell'atmosfera, meglio è. Insomma non conosciamo la causa o possiamo anche fare finta di non conoscerla o che ci siano altre cause ma se una cosa fa male meglio non farla. Un po' come dire che se l'atmosfera è inquinata, questo non ci dà alibi per fumare 20 sigarette al giorno.

 

Tuttavia mi pare che il dibattito da tempo non sia sull'esistenza del cambiamento climatico o sulla sua percezione ... ma sulle cause.

 

Ciao Francesco. Se c'e' una cosa su cui non c'e' mai stato dibattito sono le cause. L'effetto serra e' un fenomeno da libri di testo da quasi duecento anni. E' stato ipotizzato e scoperto sperimentalmente negli anni 1820-30 e da allora e' assodato che con l'aumentare della concentrazione di anidride carbonica in atmosfera aumenta la temperatura. Infatti l'intera ipotesi di lavoro sul climate change e' nata proprio come conseguenza dell'effetto serra (vedi papers di Callendar, 1930s). I primi dati sperimentali buoni abbastanza per testare l'ipotesi risalgono al 1950s, quando le cose divennero chiare abbastanza da iniziare a fare divulgazione (questo, ad esempio, e' un filmato del 1958 diretto nientepopodimenoche da Frank Capra).

 

Il fatto che contemporaneamente aumenti la CO2 (cosa innegabile) non crea ancora una relazione causa effetto tra Co2 e cambiamento climatico.

 

Scusa non ho capito. Se immetti aria in un palloncino, il palloncino si gonfia. Se immetti CO2 in atmosfera, l'atmosfera si scalda. E' cosi' semplice.

 

Detto questo, vale la pena comunque di sottolineare che meno Co2 immettiamo nell'atmosfera, meglio è. Insomma non conosciamo la causa o possiamo anche fare finta di non conoscerla o che ci siano altre cause ma se una cosa fa male meglio non farla. Un po' come dire che se l'atmosfera è inquinata, questo non ci dà alibi per fumare 20 sigarette al giorno.

 

credo dipenda da quanto è esattamente l'effetto causale di CO2 su riscaldamento. Se è piccolo/trascurabile rispetto ad altre cause, allora (anche assumendo, -ed è un'assunzione! - che il riscaldamento sia un male) imporre limitazioni all'emissione di CO2 potrebbe avere più costi che benefici.

L'attribuzione del riscaldamento alla CO2 mi pare abbastanza agevole: a parte i modelli che ha mostrato sdr.clm, la radiazione infrarossa in uscita dall'atmosfera sta diminuendo [1] e la stratosfera si sta raffreddando [2], entrambe fattori che e' un po' (tanto) difficile spiegare senza invocare l'aumento CO2. Limitatamente al raffreddamento stratosferico, questo prova anche che il riscaldamento non e' causato dal sole, perche' l'attivita' solare dovrebbe aumentare sia troposfera che stratosfera. [1] www.nature.com/nature/journal/v410/n6826/abs/410355a0.html [2] www.skepticalscience.com/Stratospheric-Cooling-and-Tropospheric-Warming.html

 

Scusa non ho capito. Se immetti aria in un palloncino, il palloncino si gonfia. Se immetti CO2 in atmosfera, l'atmosfera si scalda. E' cosi' semplice.

 

L’anidride carbonica non e’ l’unico gas che contribuisce all’effetto serra (metano e vapor acqueo danno contributi superiori per unita). In aggiunta aerosol hanno l’effetto di ridurre la temperatura.

 

Il fatto che un aumento nella concentrazione di andride carbonica e’ associato a un aumento della temperatura media della superficie della Terra, per un breve periodo di tempo, non e’ sufficiente per concludere che il primo causa il secondo. E’ necessario inoltre determinare quantitativamente l’effetto dell’aumento e diminuzione di ciascuna specie presente nell’atmosfera sulla temperatura media. Il che richiede modelli completi dell’atmosfera e misure accurate. Questo e’ stato possibile solo negli ultimi anni.

 

L’anidride carbonica non e’ l’unico gas che contribuisce all’effetto serra (metano e vapor acqueo danno contributi superiori per unita).

 

Occhio ai sillogismi. L'aria non e' l'unico gas che puo' gonfiare un palloncino; ma se dalle analisi viene fuori che il palloncino e' pieno d'aria, e' Occam-amente sano concludere che sia stata l'aria che c'e' dentro a gonfiarlo. Ergo, se l'uomo immette CO2 in atmosfera e la CO2 provoca surriscaldamento, e' ragionevole concludere che il surriscaldamento sia dovuto alla CO2 nel momento in cui i numeri confermano che tot CO2 giustifica tot riscaldamento.

Poi, siccome il processo non e' lineare quanto quello di un palloncino che si gonfia ma risente di correzioni endogene continue, i modelli servono ad affinare: ad esempio lo scioglimento dei ghiacchi riduce l'albedo che aumenta ulteriormente la temperatura; gli oceani assorbono calore e CO2,; la tundra si scioglie e rilascia metano, etc.

Ma i modelli piu' semplici del mondo, quelli fatti a mano da Callendar nel 1938 in questo paper, gia' bastavano a predire l'andamento (vedi qui).

sarei davvero felice di vedere una risposta di Aldo Rustichini! :-)

Salve a tutti,

senza essere uno scientifico, mi sembra che le argomentazioni dei "climatologi" comincino un po a sfaldarsi. E chiaro e anche il primo grafico della figura 3 lo dimostra che non c'è piu riscaldamento misurabile da ormai 15 anni, benché la concentrazione di CO2 continui ad aumentare senza sosta. Se la scienza fosse cosi "settled " come aveva detto Al Gore non dovrebbe esserci questa differenza tra i modelli e la realtà. Non si puo non ammettere che c'è qualcosa di poco chiaro nella teoria del riscaldamento antropico. Difatti le previsioni di riscaldamento date per la fine del secolo nell'ultimo rapporto hanno la stessa amplitudine che le previsioni fatte negli anni 70, non c'è stato nessun miglioramento nella comprensione del clima globale, malgrado i supercomputer e le decine (centinaia forse) di miliardi spesi.

Complimenti per l’articolo Giorgio. Non sono un “catastrofista”, ma un appassionato di energia ed invito chi è ancora dubbioso sulle cause del riscaldamento globale a leggere il “riassunto per policy makers” del report IPCC. “It is extremely likely (probability of 95-100%) that human influence has been the dominant cause of the observed warming since the mid-20th century”. In particolare dei gas serra emessi dall’uomo circa il 70% provengono da combustione di gas, petrolio e carbone (dato del World Energy Ooutlook 2011). Combattere il global warming vuol dire quindi quasi unicamente agire sulle scelte energetiche. Certo, come dicevate, mettere d’accordo 7 miliardi di teste non è facile e si rischia che anche alla prossima conferenza sul clima del 2015 non si cavi un ragno dal buco. Faccio un esempio che può sembrare strambo ma è a mio parere calzante. Nei Paesi sviluppati e informati (come il nostro) la gente continua imperterrita con il tabacco pur conoscendo molto bene i potenziali rischi a cui va incontro. Secondo voi cosa risponderebbero le stesse persone alla domanda “sei disposto a pagare oggi una tassa per l’ambiente (perché al momento di questo si tratta, visto l’innegabile vantaggio economico delle fonti fossili) visto che fra circa un secolo, forse, la temperatura del pianeta potrebbe aumentare di 3°, con conseguenze ancora non stimabili?

Cavalcando il paragone con le sigarette, mi azzardo ad una previsione: piu' persone smetteranno di fumare grazie all'avvento di e-cigarettes che non con le campagne di terrore o con l'aumento delle tasse sulle sigarette. In sostanza, l'alternativa tecnologica risolve sempre meglio il problema della persuasione sociale o l'imposta dissuasiva. 

E infatti, visto in quest'ottica, non capisco l'ostilita' verso le politiche che favoriscono l'uso e la ricerca delle energie rinnovabili. Semplicemente mettendo carbon tax non si va da nessuna parte: bisogna fornire un'alternativa.

Per capire perché la relazione tra aumento della CO2 e aumento della temperatura è frutto dell'attività umana: quali sono le altre cause "naturali" che potrebbero aver generato un aumento di CO2 come quello osservato? Di per sé la correlazione temporale tra due fenomeni non prova alcuna relazione causale.

Grazie delle delucidazioni

La vera domanda secono me è: quali sono le cause naturali e/o non che potrebbero aver generato l' aumento della temperatura che stiamo osservando (attraverso stime ed interpolazioni statistiche)?

La domanda e la relativa ricerca dovrebbe essere a tutto campo.

Nella storia della Terra da quando è comparsa l'umanità, è esistito un altro periodo in cui si sono rilevati gli stessi cambiamenti climatici odierni così repentini? Gli scienziati sono riusciti a ricostruire gran parte dei cambiamenti climatici nei millenni passati?
Forse la seconda è una domanda banale per chi si occupa di questo, ma mi piacerebbe avere comunque una buona risposta. Grazie 

C'e' una disciplina che si occupa di queste cose: paleoclima. Studia il clima via proxies (ne avevamo parlato un po' l'altra volta portando esempi di hockey sticks). IPCC ha introdotto un capitolo su paleoclima nel 2007 e uno quest'anno. Ho appena guardato e hanno anche una sezione sui "cambiamenti repentini". Ovviamente il tipo di risoluzione che si ha su paleodati non e' certo quello che si ha adesso e va di lusso quando la risoluzione paleo e' di 300 anni. 

In questo paper "A Reconstruction of Regional and Global Temperature for the Past 11,300 Years" http://www.sciencemag.org/content/339/6124/1198.full c'e' la ricostruzione piu' fina che io conosca degli ultimi 11.000 anni e la conclusione degli autori e':

 

In 100 years, we've gone from the cold end of the spectrum to the warm end of the spectrum," Marcott said. "We've never seen something this rapid. Even in the ice age, the global temperature never changed this quickly."

 

Dal paper

 

Our results indicate that global mean temperature for the decade 2000–2009 (34) has not yet exceeded the warmest temperatures of the early Holocene (5000 to 10,000 yr B.P.). These temperatures are, however, warmer than 82% of the Holocene distribution as represented by the Standard5×5 stack, or 72% after making plausible corrections for inherent smoothing of the high frequencies in the stack (6) (Fig. 3). In contrast, the decadal mean global temperature of the early 20th century (1900–1909) was cooler than >95% of the Holocene distribution under both the Standard5×5 and high-frequency corrected scenarios. Global temperature, therefore, has risen from near the coldest to the warmest levels of the Holocene within the past century, reversing the long-term cooling trend that began ~5000 yr B.P. 

 

 

ovvero, la puasa del GW è falsa.

Ps: non ho letto ancora i commenti e magari è già stato citato.

Premesso che ritengo essenziale la ricerca per il superamento delle fonti energetiche fossili, tutta la discussione sul riscaldamento globale ha un punto che l’articolo non affronta e che non mi è chiaro.

Il clima della Terra ha delle forti oscillazioni che mi sembra non siamo in grado di comprendere appieno, infatti i motivi per cui nel giro di pochi secoli si passa ripetutamente dal freddo al caldo non sono totalmente prevedibili, quindi la CO2 immessa dall’uomo nell’atmosfera si inserisce in un contesto per sua natura dinamico.? Stiamo amplificando una fase di riscaldamento, oppure stiamo contrastando e impedendo una fase come la Piccola Glaciazione o addirittura un ritorno al clima di 12.000 anni fa? Nel primo caso immettendo CO2 creiamo dei problemi, nel secondo caso, paradossalmente, stiamo evitando una catastrofe. La Groenlandia secondo i Vichinghi era piuttosto verde, qualche secolo dopo era ricoperta di ghiaccio; abbiamo la certezza (scientifica, non “comunemente intesa”) che non possa accadere nei prossimi 100 anni? O che non esploderà un altro vulcano come il Toba? Perché altrimenti ci muoviamo alla cieca. Mi sembra che l’unica certezza (in ogni senso intesa) sia che il clima è sempre mutato pesantemente, quindi per logica è assurdo operare per impedire qualcosa che comunque non può essere fermato, sarebbe più saggio prepararsi al cambiamento (qualunque sia) e come scrivevo all’inizio, superare le fonti fossili, cioè trovare qualcosa di meglio (più efficiente, economico, pulito…), non imporre qualcosa di peggio.

Sono d'accordo. Intanto bisogna stimare le conseguenze prevedibili e vedere se tutte le conseguenze sono negative. Oggi il dato negativo è dato dal probabile innalzamento dei mari, cosa già successa in passato e che comporta l'abbandono di alcune fasce costiere e città sul mare. Ma tra i dati positivi di una maggiore presenza di CO2 nell'atmosfera abbiamo che il mondo vegetale riceve piu' "pappa" e quindi la crescita di alberi (che poi possiamo usare in vari modi, basta non bruciarli) e di specie vegetali che mangiamo è maggiore. Alcune zone che oggi non possono sostenere l'agricoltura, perché troppo a nord un domani saranno adatte.  Penso alla Russia, per esempio. Altre saranno abbandonate perché troppo a sud ma questo è già successo in passato, basta ricordare che dove è nata l'agricoltura 10000 anni fa oggi ci sono grandi deserti. Ed anche qui non si sa se un cambiamento climatico ha desertificato quelle zone o se l'agricoltura intensiva di allora ha desertificato e prodotto un cambiamento climatico. 

Poi bisogna vedere se l'attuale contributo umano a scaldare il pianeta sia oggi in contrasto ad una fase di raffreddamento che era stata individuata una sessantina di anni fa, quando ancora non si parlava di riscaldamento globale.

Sul piano delle eventuali misure di contrasto poi io punterei anche sulla consapevolezza delle attività individuali, in funzione della produzione di Co2. Certo, se qualcuno di noi risparmia emissioni di Co2 probabilmente dall'altra parte del pianeta qualcuno userà quel risparmio per le sue attività, tuttavia puo' essere educativo vedere come i comportamenti dei singoli individui producono CO2. Da qualche parte qualcuno stimava quanta Co2 viene emessa quando uno fa una ricerca con google. Chissà quanta CO2 ha generato questa discussione, tra server e le centinaia di computer accesi. Questo sito racconta qualcosa. Come i 51kg se ci facciamo un te tutti i giorni per un anno. O il mezzo Kg per la carta igenica (annuale). Cè un tasto "random" che vi propone diversi esempi. Quello che non dice, mi pare, è quanto emettiamo noi respirando. Circa un Kg al giorno. 900 grammi, secondo alcune fonti. I giorni sono 365 e noi siamo 7 miliardi. Il 10% delle emissioni mondiali calcolate ufficialmente lo facciamo noi respirando. Un altro 20% il bestiame.

Ognuno ora sa cosa fare, se vuole.

Sottoscrivo al 100% la considerazione su chi fuma in presenza di inquinamento; aggiungo (ma magari se ne è già parlato supra): qual è il ruolo del metano ? Come ripartire la colpa del calore intrappolato tra Sole ed attività umane non produttrici di CO2 (per cui anche una centrale idroelettrica è imputabile, semplicemente per il calore disperso da alternatori e trasformatori) ? Grazie.

Buongiorno.

Da totale ignorante in biologia, mi ha colpito la considerazione per cui la seconda causa di emissioni determinanti l'effetto serra è il metano.

Un po' ovunque si sta provando ad abbandonare il carbone scrivendo - giustamente - che la sua termovalorizzazione ha impatti devastanti sull'ambiente e la salute della gente. Altrettanto ovunque, tranne che in Italia (ma c'è una cordata pronta a un progetto di mini-rigassificatore in FVG) - penso alla Gran Bretagna - si sta puntando sullo shale gas come alternativa in attesa di diventare indipendenti con la green energy (solare, fotovoltaico, eccetera). Tuttavia non è un rischio enorme che l'Occidente più avanzato passi allo shale gas, mentre ai paesi in via di sviluppo sarà concesso darci dentro col carbone ancora per molto tempo? Potremmo ritrovarci con un decremento sostanziale di emissioni da carbone inferiore all'incremento da metano, per non parlare dei disastri del fracking. Altre soluzioni possibili?

Sul fracking non mi pronuncio. Dal punto di vista di effetto serra, a parita' di energia prodotta, shale gas inquina la meta' rispetto al carbone ma di piu' rispetto ai gas convenzionali. Quindi introducendo shale gas bisogna vedere che uso se ne fa: se viene usato per ridurre coal, tanto meglio; se viene usato in luogo del gas convenzionale, non ci guadagnamo affatto in termini di global warming, anche se costa di meno all'apparenza.

L'altro lato da considerare e' che per comodita', lo shale gas non viene conservato in stocks: quello che avanza viene semplicemente bruciato (Gas flaring) perche' e' ovviamente meglio bruciare metano piuttosto che rilasciarlo dritto in atmosfera. L'alternativa migliore sarebbe interrompere i flussi quando il gas non si usa (di notte) o farne stoccaggio ma costa e quindi le compagnie preferiscono bruciare.

Insomma il problema di fondo dei combustibili fossili e' che il prezzo che l'utente finale paga non e' il prezzo reale: ci sono dei costi nascosti che se non sbaglio voi economisti chiamate externalities (mi corriggerete) e alla fine della fiera sta tutto li il busillis.

 

Sono perplesso riguardo due punti (e non sono il solo a giudicare dai commenti), uno riguarda le cause (con tutto il discorso sulla correlazione), l'altro la soluzione (cioè, posto che il problema sia causato dall'uomo, siamo sicuri di poterci fare qualcosa?).

Tuttavia non ho le competenze per mettermi a disquisire, leggo articoli e commenti e cerco di farmi una mia opinione. Accettando le conclusioni di chi dovrebe saperne più di me.
Tuttavia, su un aspetto della questione, gradirei delle opinioni.

In un libro sulla cucina lombarda Gianni Brera parlava, citando documenti e fonti, di come in tempi abbastanza recenti (purtroppo non ricordo esattamente ma grossomodo attorno al basso medioevo) in Brianza si coltivasse abitualmente l'ulivo! Questo mi sembra indice di una temperatura alta, sicuramente più alta di quella attuale.

Se ai tempi si campava coltivando ulivi in Brianza perchè adesso ché non ci nevica mi devo proccupare della fine del mondo? Son superficiale io oppure l'allarmismo è non voglio dire esagerato ma magari dai toni un po' troppo coloriti? 

Per quanto riguarda le cause antropogeniche riconosco che il pezzo mancava di un po' di informazioni a riguardo ma, d'altro canto, lo scopo dell'articolo era anche "esistono montagne di dati scientifici che sono riassunti qui, andate e prendetene tutti fate questo in memoria di me". Il sommario per policy makers sono 33 pagine di bullet points, si legge e si capisce in una mezz'oretta.

Per quanto riguarda l'ulivo: il clima cambia, nelle ere nei secoli e nelle stagioni. Il cambiamento attuale pero' e' repentino e artificiale e quello che preoccupa infatti non e' quanto sia caldo *ora* ma quando caldo diventera' se si continua questo trend in un *futuro prossimo*.  

Per quanto riguarda il terzo punto, cioe' "non ci possiamo fare piu' niente": una delle novita' dell'IPCC di quest'anno e' che vengono introdotti cosiddetti scenari di mitigazione. Vedi sotto i due modelli: emissioni attuali (rosse), emissioni mitigate (blue). Gli scenari sono descritti in breve qui: http://www.wmo.int/pages/themes/climate/emission_scenarios.php

 

 

Il tuo punto è errato, perchè preoccupa anche la rapidità a cui sta avvenendo il cambiamento. Rapidità che rende difficile l'adattamento alle nuove condizioni.

Esempio brutale e spero estremo. A causa dell'innalzamento del livello dei mari, si perderà una bella percentuale di pianure costiere. Si tratta di terreno spesso fertile che difficilmente può essere rimpiazzato in tempi brevi.

 

@Francesco Forti

Scusa per la franchezza, ma le tue obiezioni somigliano molto a quelle che mandano in bestia gli economisti quando si commenta sulla loro materia.

Se la comunità scientifica è concorde, la percentuale è bulgara, nel dire che il GW ha per causa principale l'attività umana noi non addetti al lavoro per quanto dubbiosi non possiamo che attenerci alle loro conclusioni. A cominciare dai governi. 

Altrimenti non si spiega perchè dovremmo seguire le direttive degli ing. (categoria alla quale appartengo) nella compilazione delle leggi sulla prevenzione sismica, o ai vulcanologi sulla pericolosità o meno del singolo vulcano. 

Fino a quando qualcuno non proporrà un modello alternativo all'attuale e che spieghi meglio il GW , non vedo alcun motivo logico per cui non preoccuparsi ed agire di conseguenza. O il problema sono le soluzione proposte? (in soldoni tasse ed incentivi).

Ciao! Nel caso, guarda che l'ulivo lo si coltiva ancora oggi sulle colline del Po - e fa pure olive, non posso fare foto ora che vivo negli USA, ma ho un vicino di casa in Italia che ne ha uno splendido. Diametro sui 40cm. Il problema e' che al tempo gli ulivi erano probabilmente utilizzati per creare olio da torcia, mica per fini alminetari: se non ricordo male, ne parla Luca Mercalli in uno dei suoi libri ("Che tempo che fara'") con riferimento alla coltivazione dell'Ulivo sulla serra d'Ivrea.

http://en.wikipedia.org/wiki/Medieval_Warm_Period

Comunque credo che si debbano anche considerare gli aspetti economici: non sono un'esperto di agricoltura, ma suppongo che coltivare ulivi in Brianza sia possibile anche se il clima non è ottimale. Se il commercio è fattibile, per motivi di vantaggio comparativo, non conviene coltivarlo localmente (già i Romani trasportavano vino e olio in lungo e largo attraverso l'impero), nel medioevo probabilmente il commercio su lunga distanza era meno praticabile, quindi poteva essere conveniente coltivare l'ulivo anche in un clima non ottimale.

Provo a ribaltare la questione e mi ricollego a quanto già chiesto da A. Grenti un paio di giorni fa, ma cercando riferimenti più recenti: il cd. optimum climatico medievale e il successivo raffreddamento del 1700-1800. Qualcuno sa se si tratta di fenomeni generalizzati a tutto il globo terrestre oppure se erano limitati all'emisfero boreale e all'Europa in particolare ? E soprattutto, quali sono le spiegazioni che attualmente si forniscono per tali variazioni cliamatiche, che, immagino, non fossero correlate alla variazione atmosferica di CO2 ? Magari si è pure indagato sulle quantità di CO2 presenti in atmosfera in quegli anni.

 

Per quanto riguarda l'anidride carbonica, sapendo inequivocabilmente che si tratta di un gas-serra mi sembra estremamente improbabile poter sostenere una causalità del tipo 'l'aumento della temperatura provoca il rilascio di CO2' (anche se un effetto di retroazione positiva ci potrebbe anche essere). Quindi posto che l'aumento di CO2 provoca un aumento della temperatura, esistono attualmente delle congetture affidabili che quantificano tale effetto tenendo conto anche di quanto scritto sopra ?

Scusa il ritardo nella risposta. Quello che so e' che il periodo specifico del 1700, anche noto come Maunder's Minimum, e' un periodo regionale che ha interessato solo Europa e Nord America ed e' legato molto probabilmente all'attivita' solare. Il collegamento al Sole deriva dalle osservazioni storiche fatte gia' all'epoca che sono riassunte qui:

Non c'e' connessione con i fenomeni attuali perche' 1) la bassa attivita' solare di allora giustificava in effetti il raffreddamento, mentre adesso l'attivita' solare non risulta alterata  2) era un fenomeno regionale.

Gli altri fenomeni cliamtici lunghi (milioni di anni), cioe' le ere glaciali e interglaciali, sono dovute principalmente da una combinazione di deriva dei continenti , che ha un effetto sia sull'attivita' vulcanica attraverso subduction che sulle correnti oceaniche quelli medi (migliaia di anni) dai cicli orbitali di Milankovitch (che si studiano a scuola quando si fa la precessione degli equinozi).

Provo a ribaltare la questione e mi ricollego a quanto già chiesto da A. Grenti un paio di giorni fa, ma cercando riferimenti più recenti: il cd. optimum climatico medievale e il successivo raffreddamento del 1700-1800. Qualcuno sa se si tratta di fenomeni generalizzati a tutto il globo terrestre oppure se erano limitati all'emisfero boreale e all'Europa in particolare ? E soprattutto, quali sono le spiegazioni che attualmente si forniscono per tali variazioni cliamatiche, che, immagino, non fossero correlate alla variazione atmosferica di CO2 ? Magari si è pure indagato sulle quantità di CO2 presenti in atmosfera in quegli anni.

 

Per quanto riguarda l'anidride carbonica, sapendo inequivocabilmente che si tratta di un gas-serra mi sembra estremamente improbabile poter sostenere una causalità del tipo 'l'aumento della temperatura provoca il rilascio di CO2' (anche se un effetto di retroazione positiva ci potrebbe anche essere). Quindi posto che l'aumento di CO2 provoca un aumento della temperatura, esistono attualmente delle congetture affidabili che quantificano tale effetto tenendo conto anche di quanto scritto sopra ?

L'aumento di temperatura provoca esattamente l'uscita dei gas dalle soluzioni nei liquidi: www.chimicamo.org/chimica-fisica/la-solubilita-dei-gas-e-la-legge-di-henry-con-i-relativi-esercizi.html

L'anidride carbonica è un gas.

A quanto ricordo ho letto che i fenomeni citati erano di tipo locale e francamente non so se le rilevazioni della temperatura (con i termometri)  fossero cosi' sistematiche in tutto il globo. Per il periodo caldo medioevale (dal 900 d.C. al 1300) sicuramente no, perché bisogna ricordare che il termometro fu invenzione di Galilei nel 1600 e perfezionato in seguito nel 1700.

La risposta è ottenibile solo tramite metodi indiretti di stima della temperatura dove c'erano attività umane custodite in qualche registro. Ce ne sono alcuni decisamente straordinari: non solo il prezzo del grano (che oscilla in funzione del clima) ma anche il numero di processioni religiose atte ad invocare la pioggia trascritte nei registri ecclesiastici in spagna.  Una interessante trattazione dei due periodi PCM e PEG ricavata da questi proxy sta qui. Da varie parti leggevo che un'ipotesi che va per la maggiore (per PEC) riguarda modifiche nella corrente del golfo e sapendo come sono importanti i fenomeni marini per il clima, mi pare un'ipotesi di buon senso. La piccola Era glaciale si verifico' anche nel Nord America, non solo in Europa.

Naturalmente ci sono altri metodi, come quello che relaziona la crescita delle piante alle temperatura e quindi misura gli anelli di accrescimento degli alberi. Tuttavia questa relazione pare sia affidabile ad alcune latitudini e meno in altre (dove anzi ad un aumento della temperatura ora si nota ora una diminuzione dell'accrescimento). La crescita degli alberi infatti non sarebbe legata solo alla temperatura ma anche alle precipitazioni. Un clima caldo secco non comporta maggior accrescimento (anzi oggi avviene il contrario ma forse per via dell'inquinamento e della atmosfera piu' torbida). Uno caldo umido si'. 

1) Sta succedendo alla Terra qualcosa di anomalo?

La risposta è sì. Il punto cruciale, come ho già detto molte volte, è rappresentato da un dato sperimentale sicuro e incontrovertibile, la concentrazione di CO2 degli ultimi 100 anni confrontata con quella dei 2 milioni (milioni!) di anni precedenti. Per la affidabilità di questo dato si veda qui. L’andamento della concentrazione degli altri gas serra è analoga a quella della CO2, c’è un brusco innalzamaneto negli ultimi 100 anni. La CO2 è considerato il gas più importante per l’effetto serra (vi contribuisce per l’80%),  per la sua stabilità (la CO2 è praticamente indistruttibile) e per il suo picco di assorbimento centrato sull’infrarosso.

2) CO2 e temperature sono correlate?

La risposta è sì. Anche qui c’è la prova, sicura e incontrovertibile, che viene dalla spettrometria di massa delle bolle d’aria dei carotaggi antartici. Per chi ama la fisica, ricordo che alla temperatura si può risalire sempre dalla spettrometria di massa dell’aria, misurando il rapporto isotopico tra gli atomi di idrogeno o di ossigeno. Se la terra è più calda, gli atomi più pesanti presenti nell’acqua degli oceani hanno più probabilità di sfuggire ed entrare in atmosfera. Qui, prevalentemente dall’equatore, arrivano anche al polo sud dove precipitano come neve. Una terra più calda ha più ossigeno 18 o deuterio nei ghiacci antartici. L’errore relativo del metodo è solo di qualche percento.  Ricordo che la curva misura la temperatura media della Terra e risponde a molte delle domande fatte prima da molti.

Dai dati  si vedono alcuni fatti importanti: a) la Terra ora è in un picco caldo, ma in passato (100 mila anni fa) c’è stato un picco ancora più caldo di circa 3 gradi, b) la Terra, negli ultimi milioni di anni, passa da 90 mila anni di freddo (ere glaciali) a 10 mila anni di caldo. Ora siamo alla fine del periodo caldo, Questi cicli sono detti cicli di Milankovitch e sono di difficile interpretazione. Forse c’entra anche la attività solare. Però da questi dati risulta che il comportamento del Sole, pur potendo avere dei cicli lunghi, è rimasto stabile negli ultimi milioni di anni; c) la temperatura sembra correlata alla CO2, tranne che per il picco anomalo degli ultimi 100 anni. Questo è un dato cruciale che va considerato con cura.

3) L’aumento di CO2 provoca l’aumento di temperatura?

Dai dati non si può dire. La correlazione si vede chiaramente, ma non è possibile determinare relazioni di causa effetto. Probabilmente la CO2 funge da innesco (trigger). Poi, se si sciolgono i ghiacci, dalle terre scoperte arriva una emanazione ulteriore di CO2 in quantità enormi. Il sistema quindi, ha complicatissime retroazioni positive e/o negative.

Per dare idea della complicazione, l’emissione naturale di CO2 è circa770 Gton, l’assorbimento circa 790 Gton. L’uomo ne produce solo 30 e conferisce a questo bilancio un piccolo effetto positivo (10 Gton/anno). Il sistema funziona  sulla base di  differenze piccole tra grandi quantità (sistema ill-conditioned, dicono i matematici). Una GigaTonnellata (Gton) è un volume pari a 10 volte il lago di Garda. Se spalmato sull’Italia, creerebbe uno strato spesso 1 metro e 60 cm. Questo da una idea di quanto sia difficile studiare il clima.

4) La temperatura è un buon indicatore (proxy) dei cambiamenti climatici?

Generalmente sì, ma non sempre. E’ importante distinguere tra calore e temperatura (domanda classica che facciamo agli studenti per vedere se hanno capito). La temperatura registra la velocità media delle molecole di un corpo, mentre il calore misura la quantità di energia posseduta da quel corpo. La temperatura della fiamma di un cerino è più alta di quella di un bicchiere d'acqua a 20 gradi, ma la quantità di calore è molto minore. Nel cerino ci sono poche molecole molto veloci, nell'acqua un numero enorme di molecole lente. Se sommiamo, la quantità di calore (energia) nell'acqua del bicchiere è molto maggiore.

Nel caso della Terra, è importante misurare il calore, cioè l'energia che il Pianeta sta assorbendo. Poi questo calore può dare luogo ad aumenti di temperatura, oppure a una maggiore energia cinetica a livello atmosferico, ecc. Paradossalmente, si possono anche avere diminuzioni locali di temperatura durante fenomeni in cui si libera energia in altro modo. Quindi, il fatto che la temperatura dell’aria in questi ultimi 10 anni sia stabile, o che ci sia stata una ondata di freddo negli USA, di per sé non vogliono dire niente, se non si inquadrano in un contesto globale di distribuzione del calore. Qui l’informazione che viene data dai mass media è generalmente primitiva, dal punto di vista scientifico.

C’è qualcuno che si sta occupando di questo problema? Per fortuna si, l’esperimento ARGO. che sta appunto misurando l'andamento del calore negli oceani, che ci darà la risposta più attendibile sul comportamento futuro della Terra. Infatti da tutti i dati e modelli  risulta che l’85% del calore sta finendo delle acque. Argo ha più di 3000 boe sparse in tutti gli oceani, che stanno misurando temperatura, densità e salinità di tutte le acque tra zero e 2000 metri. Dopo 10 anni, si cominciano avere i dati preliminari sull’aumento del calore delle acque. Tra qualche tempo, questa banca datti sarà quella che ci dirà il nostro futuro, almeno a medio termine.

5) La Terra è un sistema ideale per l’uomo e quindi non va perturbato?

Assolutamente no. Durante le ere glaciali, chiaramente visibili nel grafico del punto 2), il ghiaccio, nelle zone dove molti di noi vivono, era spesso parecchie decine di metri. Quindi l’uomo deve intervenire sul clima per evitare la catastrofe delle ere glaciali. Un buon metodo potrebbe essere una emissione controllata di gas serra per termostatare la Terra. Il punto è che ora noi non abbiamo il sistema sotto controllo e non sappiamo quello che stiamo facendo.

6) La Scienza può dimostrare che l’uomo sta cambiano di clima?

La risposta è no, ma questo vale per qualsiasi cosa. La scienza moderna usa il falsificazionismo di Popper: è vero che non possiamo sapere se una tesi è vera, ma possiamo sapere con certezza se una teoria o una tesi è sbagliata. Senza questo, se adottassimo il relativismo puro, secondo il quale non esistono verità assolute, saremmo ancora allo stato tribale e non accumuleremmo sapere. Questi sono concetti elementari che ogni scienziato deve conoscere, e che insegniamo ai nostri studenti. Il tutto è condensato bene in due famose frasi. Einstein: nessun esperimento può dire se ho ragione, ma un solo esperimento può dimostrare che ho torto. Fermi: se ottieni un risultato che conferma l'ipotesi, hai fatto una misura, se il risultato smentisce l'ipotesi, hai appena fatto una scoperta. Ma il falsificazionismo non finisce qui: una affermazione, per essere scientifica, deve essere falsificabile, cioè deve fare previsioni che possano essere controllate sperimentalmente. Nello studio dei sistemi complessi come il clima la faccenda si complica ulteriormente, dato che non posso modulare la CO2 e vedere cosa succede. Quindi l’unico modo di procedere è riversare le conoscenze in modelli che facciano previsioni e vedere dove non funzionano. Il modello più evoluto, come è noto, è quello IPCC Questo modello attribuisce all’uomo l’aumento vertiginoso di CO2 e degli altri gas serra degli ultimi cento anni (vedi punto 1) e predice aumenti catastrofici del calore. Il modello non è accettato da una esigua minoranza di scienziati, ma nessuno, assolutamente nessuno mette in dubbio che la CO2 farà aumentare il calore, perché questa è fisica elementare. Usare il relativismo puro ed affermare che non possiamo fare previsioni e quindi agire, rigettando i modelli che contengono il nostro sapere, fa parte di una deriva culturale ben nota agli antropologi. Il risultato è una pseudo scienza basata sulle correlazioni, coincidenze e intuizioni, che, mancando di qualsiasi modello interpretativo scientifico della realtà in grado di fare previsioni e supponendo che il pianeta sia comunque in grado di sostenere qualsiasi impatto, può portare al disastro. Gli antropologi chiamano questa situazione cargo cult.

Non possiamo fare previsioni indipendenti da modelli, ma, finché i modelli resistono alla falsificazione, abbiamo l’obbligo di accettare le loro previsioni.

Conclusioni: che fare?

Da tutto questo risulta chiaro che a) occorre continuare ad accumulare dati, soprattutto quelli delle acque e studiare il clima; b) finché non capiamo il clima, cercare in tutti i modi di limitare le emissioni di gas serra, perché non ne sappiamo ancora prevedere con precisione gli effetti.

L’atmosfera è una sottile coperta che ci protegge dallo spazio esterno ostile. Non abbiamo un altro posto doeve andare. La conservazione del suo stato attuale, che ha consentito la vita e la civiltà, dovrebbe essere il primo vincolo da rispettare per tutte le attività umane.

Dobbiamo quindi abbandonare la cargo cult in fatto di clima, che considera il pianeta una specie di serbatoio inesauribile in grado di rimediare a tutte le nostre sciocchezze. Questo implica un ripensamento globale della organizzazione mondiale e dei modelli politici, sociali ed economici.

riordina la discussione in modo molto chiaro e utile.

(ci ho trovato anche reminescenze dell'halliday-resnick, e sono un sentimentale )

 

La conservazione del suo stato attuale, che ha consentito la vita e la civiltà, dovrebbe essere il primo vincolo da rispettare per tutte le attività umane.

 

questo stona un po':  perchè lo stato attuale e non quello del paleolitico? cosa rende il presente ottimale? anche il clima di allora consentiva la civiltà (quella dell'epoca) e magari era un poco più stabile e sicuro.

è vero che il cargo cult è insidiosissimo, ma anche il principio di precauzione mica scherza.

 

 

 

molto utile il suo commento

 

Vedere un ipotetico Global Warming sotto l'ottica: aumenta il livello del mare? e che c'è di male? metto due mattoni sotto la sdraio e la festa continua! è semplicemente una follia.

Se si verificassero le condizioni elencate nei post precedenti le ripercussioni sarebbero tali da stravolgere completamente il nostro sistema di vita, probabilmente per qualche secolo.

Su quanto i mutamenti climatici abbiano favorito prima ed indebolito poi l'incredibile espansione Vichinga è già stato detto moltissimo, circolano anche tesi (sebbene da comprovare) che vedrebbero in un mutamento climatico uno dei principali fattori dello sfascio dell'Impero Romano.

In ogni caso, parliamo di cambiamenti epocali per interi popoli, non di lievi correzioni dello stile di vita.

Inoltre, per quanto ci è dato sapere in casi analoghi una compensazione socio economica tra  popoli danneggiati e avvantaggiati dal clima non si è mai verificata e non si vede perché oggi dovrebbe essere diverso.

Questo solo per dire che i mutamenti climatici incidono profondamente sullo sviluppo delle civiltà.

Segnalo due libri divulgativi sul rapporto tra clima e sviluppo delle civiltà:

H. H. Lamb – Climate, History and the Modern World

Brian Fagan - The Little Ice Age: How Climate Made History 1300-1850

Quest’ultimo non l’ho letto, ma sembra che l’autore sia specializzato nel tema ed abbia all’attivo diverse pubblicazioni.

Lorenzo i tuoi esempi per esortare a fare qualcosa contro il GW sono proprio quelli alla base del ragionamento di chi non considera il GW un problema: "se c'era ai tempi dei romani, se c'era ai tempi dei vichinghi, allora  è un processo naturale, non dovuto all'uomo e non possiamo farci niente". Se vuoi convincere qualcuno della sua gravità devi puntare sul discorso della repentinità dell'attuale fase di cambiamento, come ha fatto sopra Giorgio nei miei confronti.

La figura 6 appare assai poco chiara, in particolare non si riesce a vedere bene se l' andamento dei dati sperimentali è effettivamente all' interno dei singoli intervalli di confidenza o è appena fuori, in particolare sembrerebbe che nel caso del rapporto del 1990 (barra ed area in giallo) si trovi fuori. Devo comunque osservare che anche una persistenza nella posizione più periferica dovrebbe far sorgere dubbi sulla predittività del modello.

dalla nasa 

La Ue segue il principio del tagliare le emissioni. Gli altri no. Discutiamone.

Mi pare che qui si discuta di GW ma il termine è uscito di moda, quasi sepolto. Oggi è stato soppiantato dal Cambiamento Climatico. Non mi pare siano sinonimi intercambiabili. E non solo perché hanno pagine diverse su wikipedia (qui e qui).

L'approccio climate change mi pare diverso. Per esempio si approda a figure come questa che evidenziano come l'attività solare sia ai massimi da 9'000 anni.

Un velenoso commento sul WSJ.

Da profano devo ammettere che il passaggio più impressionante dell’ articolo è il seguente:

 

“… Va notato che i numeri parlano di un consenso del 97% tra gli scienziati…”

 

Ma da dove esce quel 97%?

Chi ha poco tempo da dedicare all' argomento si concentra sulla verifica di questa informazione. Fortunatamente in nota c’ è anche un riferimento "- J Cook et al. “Quantifying the consensus on anthropogenic global warming in the scientific literature -

Ho trovato studi critici del “Cook et al.”. Per esempio il “Legate et al.: Climate Consensus and ‘Misinformation’: A Rejoinder toAgnotology, Scientific Consensus, and the Teaching and Learning of Climate Change” -

Cook però ha replicato per le rime alle critiche ( http://www.skepticalscience.com/docs/Bedford_2013_agnotology.pdf) e nella risposta di cui al link afferma espicitamente:

 

… "Cook et al. (2013) found that over 97% endorsed the view that the Earth is warming up and human emissions of greenhouse gases are the MAIN cause."

 

Ed ecco quindi che il 97% fa la sua apparizione. Siccome è importante sapere se gli scienziati considerano l' attività umana "tra le cause" o "la causa primaria" del GW, la precisazione di Cook ("... l' uomo è la causa PRINCIPALE...") appare preziosa.

A questo punto al profano non resta che verificare i dati del paper originale.

In una tavola i vari studi venivano classificati sulla base degli abstract in tre categorie. La Categoria 1 “… explicitly states that humans are the primary cause of recent global warming."), la Categoria 2 “… Explicitly states humans are causing global warming” e la Categoria 3 “… implicit endorsement…”. Si prosegue poi con le categorie via via più “scettiche”.

In parole povere, solo gli studi della Categoria 1 affermano in modo esplicito che “… human emissions of greenhouse gases are the MAIN cause."

Purtroppo Cook costruisce la sua percentuale (97%) sommando tutte e tre le categorie, come se tutte e tre considerassero l’ uomo “the main causes”, ma solo la prima categoria di abstract parla del fattore umano in questi termini (“primary causes…”). Si noti inoltre  che gli studi appartenenti alla Categoria 1 sono circa l’ 1-2% degli studi analizzati.  

 

Purtroppo la verifica al momento mi porta a concludere che il consenso tra gli scienziati è stato riportato in modo a dir poco impreciso dall’ autore (“ … over 97% endorsed the view that the Earth is warming up and human emissions of greenhouse gases are the main cause…”). Speriamo che le altre conclusioni siano più accurate.

Questo modo di ragionare sul clima, molto diffuso, è in realtà completamente fuorviante.

Per il nostro futuro non è di alcuna importanza sapere se è l’uomo o meno che sta determinando l’aumento di CO2 (anche se è quello che dicono praticamente tutti i modelli). Le domande sono altre: 1) l’aumento di gas serra è anomalo? 2) rispetto a che cosa è anomalo? 3) l’uomo può intervenire? 4) ha senso intervenire (e come ) sul clima? Nei miei interventi precedenti ho cercato di rispondere. L’aggiornamento è ora che il livello di CO2 ha superato le 400 parti per milione (ppm), e, come ci dicono i ghiacci antartici e i reperti fossili, non è mai stato così alto da ben 4 milioni di anni (Pliocene). Allora le temperature erano di 5 gradi più alte e le acque erano più alte di circa 20 metri, e oggi sommergerebbero circa ¼ della popolazione mondiale.

Come ho detto più volte, la curva fondamentale (sperimentale) è questa. I massimi (10 mila anni di caldo) e minimi (90 mila anni di freddo) prima del picco anomalo di CO2 degli ultimi 50 anni si riferiscono alle ere glaciali. Stando a questi dati dovremmo essere all’inizio di un’era glaciale, quando la CO2 è troppo poca, le temperature più basse di 4-7 gradi e i ghiacci invadono, con croste alte molte centinaia di metri, fino a metà degli USA e tutte le nostre valli alpine, ora densamente popolate. Da questi dati risulta inequivocabilmente che l’uomo ha sviluppato la civiltà in un periodo caldo interglaciale, molto raro ed unico. Un periodo glaciale, per quanto naturale, non farebbe nulla al pianeta, ma sarebbe catastrofico per la nostra civiltà. La società umana, come la conosciamo, è incompatibile con i cicli naturali del pianeta.

L’uomo, per il suo benessere, dovrà imparare ad alterare i cicli naturali climatici.

Veniamo in dettaglio alla CO2. I dati ci dicono che il Pianeta emette naturalmente ogni anno circa 770 GTon (Gigatonnellate) di CO2 e ne assorbe poco di più, circa 790. Il pianeta sembrerebbe quindi andare verso una nuova era glaciale, come previsto dai cicli naturali. Qui entra in scena l’uomo, che emette poca CO2, ma sufficiente ad alterare questo delicato meccanismo. L’uomo emette solo 30 Gton all’anno! Il bilancio totale è quindi un incremnento di 10 Gton all’anno, che è esattamente quello che si misura. Quindi, indipendentemente dalle cause, la domanda è questa: le 10 GTon/anno misurate, ci fanno correre dei rischi? La risposta è sì, come ci dicono i dati del Pliocene e tutti i modelli. Quale sarebbe il livello ottimale di CO2 che dovremmo emettere per stabilizzare il clima terrestre? Circa 20 GTon/anno, cioè dovremmo ridurre di 1/3 le nostre emissioni. Questo indipendentemente dalle cause dell’aumento osservato, ci dice che l’uomo è in grado di stabilizzare il Pianeta, ed evitare sia il Global Warming sia le ere glaciali.

Questa è la conclusione scientifica fondamentale.

L’IPCC propone il modello 450 (detto anche RCP2.6), cioè di stabilizzare la CO2 entro il 2040 a 450 ppm. riducendo di 1/3 le nostre emissioni. Questo obiettivo è  stato recentemente recepito dagli USA, ed è da tempo nei piani della UE. Purtroppo, il resto del mondo, soprattutto i paesi non OCSE, sembra ignorare il problema.

grazie dell'approfondimento.

Strani aggiustamenti e strane correlazioni.

I dati ufficiali della NOAA/NCDC, l'ente che ha il data base più completo al mondo, sono completamente diversi da quelli mostrati nel riferimento citato. In particolare, appare chiaro che  l'andamento della CO2 e quello delle temperature superficiali, almeno negli ultimo 20 anni, sono diversi.

La conferenza di Parigi si è conclusa.

L'impressione  data al pubblico è  che la catastrofe climatica sia in corso.

Questa affermazione è falsa.

Le conclusioni sono di ridurre le emissioni di CO2.

Questa conclusione è saggia, perché non sappiamo gli effetti che avremo da questa concentrazione anomala di gas serra.

La mia impressione è che i politici abbiano detto agli scienziati: "mi dite che sarebbe meglio ridurre i gas serra ma che non siete certi delle conseguenze. Scordatevi questa posizione, se volete che la gente faccia qualcosa, dovete dire che è in corso una catastrofe, anche se non è vero. Voi fate gli scienziati, la politica lasciatela a noi".

Trovo  corretta la posizione scientifica espressa qui. Se avete la pazienza di leggere, ne verrete ripagati. Ne vale la pena.