Il fallimento dei sondaggi nel predire il risultato PdL è stato assolutamente spettacolare. Tutti, senza esclusione, i sondaggi davano il PdL ben oltre la percentuale delle politiche. Quasi tutti lo davano oltre il 40%.
Dato che in Italia vige il divieto di divulgare i risultati dei sondaggi per i quindici giorni antecendenti il voto, si potrebbe sospettare che ci sia stato un cambiamento dell'opinione pubblica nelle ultime due settimane. L'ipotesi non pare corretta. Il sito NotaPolitica ha continuato a pubblicare i risultati delle ''corse clandestine di cavalli'' e i risultati erano grosso modi in linea con quelli precedenti. Inoltre gli ''instant poll'' di Ipr Marketing, diffusi a urne appena chiuse, davano il PdL tra il 39% e il 43%. Al momento, con lo spoglio quasi completo, il PdL viene accreditato del 35,2%. Questo significa che praticamente tutti i sondaggi, fino all'ultimo momento, hanno malamente sovrastimato il risultato del PdL. Cosa è successo?
Difficile a dirsi. Un paio di osservazioni ci possono forse aiutare.
1) Stranamente l'errore previsivo ha riguardato solo il PdL. In tutti gli altri casi i sondaggi hanno più o meno correttamente previsto sia la direzione dello spostamento di consensi sia, grosso modo, la dimensione quantitativa. L'aumento della Lega e dell'IdV così come la diminuzione del PD apparivano chiaramente nei sondaggi. Lo stesso vale per i partiti a sinistra del PD: i sondaggi davano variamente la lista comunista e la lista di sinistra e libertà tra il 2% e il 4%, e comunque sotto la soglia, risultato che si è poi effettivamente verificato. E anche la tenuta dell'UDC è stata correttamente prevista.
2) Questo errore sembra una replica, con personaggi diversi, di una storia già vista alle politiche del 2008. Il protagonista allora fu la Sinistra Arcobaleno. Nessun sondaggio la dava sotto il 6,5%, e la maggioranza dei sondaggi dava la formazione bertinottiana tra il 7% e il 9%. Il risultato fu invece del 3,1%, un tracollo assolutamente imprevisto e non pronosticato. Anche in quel caso l'errore fu praticamente universale, tutti gli istituti sovrastimarono il voto alla Sinistra Arcobaleno, e specifico a una singola lista; i sondaggi fecero invece un lavoro abbastanza buono nel predire i risultati delle due coalizioni principali (pochi previdero l'esplosione della Lega Nord, ma molti sondaggi chiedevano solo il voto di coalizione) e dell'UDC.
Non sono a conoscenza dei dettagli di come i sondaggi vengono eseguiti ed è un po' presto per dire qualche cosa di definitivo sulle europee del 2009, ma faccio la mia ipotesi: il problema è che i sondaggi non tengono adeguato conto delle astensioni. Nell'analisi che feci sul risultato del 2008 ho evidenziato la correlazione positiva tra partecipazione al voto e risultato della Sinistra Arcobaleno; in altre parole, la Sinistra Arcobaleno risultava particolarmente penalizzata dall'astensione. Non ho ancora i dati sui voti validi a livello disaggregato per le europee, ma possiamo guardare come prima approssimativa indicazione alla partecipazione al voto nelle macro-regioni.
2009 | 2004 | differenza | |
Italia | 66,5 | 72,9 | -6,4 |
Nordest | 72,2 | 76,9 | -4,17 |
Nordovest | 71,7 | 75,5 | -3,8 |
Centro | 68,7 | 75,0 | -6,3 |
Sud | 64,0 | 69,6 | -5,6 |
Isole | 47,1 | 63,9 | -16,8 |
Balza agli occhi l'enorme calo di partecipazione nella circoscrizione Isole. Dato che la Sicilia fu la regione in cui il PdL ottenne il miglior risultato a livello regionale nel 2008, è lecito sospettare, almeno come ipotesi provvisoria da verificare, che in questa tornata l'astensionismo abbia colpito in modo particolare questo partito.
La conclusione è che i sondaggi italiani devono iniziare a prendere più sul serio il non voto. Se il fenomeno del non voto riguarda in modo relativamente casuale tutti gli schieramenti politici, ossia tecnicamente se la preferenza di voto e la partecipazione sono variabili stocastiche indipendenti, allora ignorare la partecipazione al voto non fa danni. Ma nelle due ultime elezioni italiane sembra essere successo qualcosa di diverso (qua il ''sembra'' è d'obbligo soprattutto per l'ultima elezione, di cui non abbiamo ancora dato completi), con un fenomeno astensionista concentrato in alcune aree dell'elettorato. A questo punto ignorare il fenomeno astensionista produce gravi distorsioni delle stime, come in effetti è stato nel 2008 per la Sinistra Arcobaleno e nel 2009 per il PdL.
Il problema non ha facile soluzione. La gente in generale non ama ammettere che non intende votare e tende a mentire nei sondaggi sulla partecipazione (mi riferisco qui in particolare ai sondaggi statunitensi, ma il fenomeno è diffuso). In Italia far ammettere a un elettore che non andrà a votare è probabilmente ancora più difficile; una percentuale che si aggira di solito intorno al 5% dell'elettorato si reca addirittura alle urne per esprimere voto nullo o bianco, probabilmente per evitare di rendere pubblica la scelta astensionista con la non partecipazione. Tuttavia, qualcosa si può fare. Negli USA gli istituti di sondaggi hanno sviluppato modelli di ''likely voter'', in cui anziché chiedere direttamente se l'elettore andrà a votare si fanno una serie di domande indirette per cercare di evincere la probabile partecipazione. È probabilmente il caso che tecniche del genere vengano introdotte anche in Italia.
causale o casuale?
a.
Casuale ovviamente, grazie per la segnalazione dell'errore che è stato ora corretto. Come correttori di bozze facciamo un po' piangere.