Nicolas Sarkozy ha vinto le elezioni presidenziali francesi, con un margine non enorme ma solido, ed a fronte di una partecipazione elettorale molto alta se non straordinaria. Insomma - contrariamente agli ultimi tre eletti primi ministri europei, Merkel, Zapatero, Prodi - non ha vinto né per caso né per il rotto della cuffia: ha un mandato popolare chiaro e sostanziale.
La ragione per cui mi rallegro, moderatamente, della vittoria di Sarkozy non è solo (meglio, non è tanto) perché l'alternativa Royal mi sembrava pessima e vuota di contenuti - ha ripetuto una serie di manfrine vetero-socialiste condite di buonismo, ha compiuto oscillazioni tattiche sostanziali oltre che pericolose, ed ho trovato particolarmente insopportabile l'utilizzo elettorale del fatto che ad alcuni sembrasse "carina" - ma soprattutto perché, secondo me, Sarkozy ci sta provando. A fare che cosa? A fare l'innovatore "amerikano", nella società più antiamericana d'Europa.
Nonostante sia stato sostanzialmente demonizzato un pó da tutti e presentato come una specie di caudillo proto-fascista, non vi è nulla in quando ha fatto/detto sino ad ora che offra supporto alla tesi in questione. La demonizzazione di Sarkozy mi è sembrata una tattica elettorale - efficace, ma non completamente, come i risultati dimostrano - d'una sinistra che, avendo nulla di nuovo da proporre, ha pensato bene di trasformare l'avversario in una via di mezzo fra Bush, Berlusconi e Le Pen. Essendoci riuscita per due volte, prima in Spagna (dove Aznar ed i suoi hanno meritato abbondantemente il trattamento ricevuto, visto come si erano comportati negli ultimi due anni di governo e, soprattutto, visto quanto fecero dopo le bombe dell'11 Marzo) e poi in Italia (l'impresentabile destra italiana, avendo seminato vento, ha raccolto tempesta) i sinistri ci hanno provato anche in Francia. Fallendo, guarda caso, perchè il personaggio Sarkozy, al contrario di Aznar e Berlusconi, non è nulla di tutto questo.
Non è un santo e nemmeno è il mio politico ideale. Non è un liberale doc, ci mancherebbe: è un uomo che viene dall'oligarchia della destra francese, è un politico di professione ed è uno che ha perseguito il potere con determinazione per trent'anni. Senz'altro è un uomo d'ordine - si da il caso che lo sia anche io, quindi questo non mi preoccupa: mai avuta particolare simpatia per i dementi che vanno in giro a bruciare cassonetti ed assaltare negozi per fare gli alternativi, ed ancor meno per chi ammazza la gente - e senza dubbio sembra essere uno abbastanza convinto delle proprie opinioni e disposto a rischiare, anche sostanzialmente, per farle avanzare. Anche su quest'ultimo aspetto non ci trovo nulla di male, anzi è proprio la propensione al rischio politico del soggetto che mi fa sperare bene. Mi spiego.
A mio avviso ha capito che sono necessari alcuni cambi radicali per evitare la decadenza francese in primis ed europea più in generale. In particolare, mi sembra sia convinto che senza una dose massiccia di liberismo economico, tagli alla spesa pubblica ed alla tassazione, riduzione dell'intervento statale sia regolatore che paternalistico, riduzione del costo della politica e della sua onnivora presenza, ridimensionamento del ruolo della UE e, cosa a mio avviso non marginale, rivalutazione dello spirito patriottico in senso positivo (cosa la Francia può fare e fa di buono) anziché puramente negativo (la Francia non è gli USA) la decadenza continuerà e si aggraverà. Poiché sa, come sappiamo tutti, che mettendosi a parlare solo di liberismo, concorrenza, meritocrazia, mobilità, in Europa non si vince ha deciso di aggiungerci il collante ideologico che, in Francia, gli permette di andar forte: patriottismo. L'uomo non fa altro che parlare di Francia, Francia, Francia e, solo per questo, tutti a dargli del fascista. Minus habens, dico io; anzi, minus habens ipocriti. Perché?
Per una semplice ragione: non vi è nulla di male ad essere patriottici, anzi. E' da un pó di anni che ci penso e mi rendo conto che persino io lo sono. Non considero l'Italia il miglior paese del mondo, neanche il secondo, né considero la cultura italiana cosí eccelsa come alcuni finti patrioti sostengono quando non sanno cosa dire e vogliono mantenere Telecom ed Alitalia sotto il loro controllo. Trovo mille cose da imparare in altre culture, altri paesi, altri sistemi ecoomici e sociali: non sono andato via per caso ed ancor meno per caso ho scarsa o nulla voglia di ritornare. Però, puramente perché lí sono nato, cresciuto e (parzialmente ma sostanzialmente) formato come persona, sono fiero di essere italiano e vi sono decine di cose italiane di cui sono fiero. Mi piacerebbe - Oh come mi piacerebbe! - che l'Italia funzionasse come potrebbe e mostrasse al mondo cosa gli italiani sanno fare: mi son messo in questo giochetto di nFA, ed in tante altre "cause perse" (come memorabilmente le definí Sandro Brusco quindici mesi fa) anche e soprattutto per questo. Insomma, mi piacerebbe alquanto poter dire "noi italiani facciamo cosí e colà, e lo facciamo meglio degli altri", senza dovermi sempre limitare alla solita cucina, alla moda e a quell'altra attività in cui, tanti anni fa, Madonna ci riconobbe una (meritata?) supremazia ...
Quindi sono, moderatamente, contento che Sarko abbia vinto e trovo il suo patriottismo, almeno per il momento, salutare e benvenuto. Vedremo cosa farà di concreto e vedremo se riuscirà a fare del patriottismo positivo, cambiando le cose con decisione e coraggio, innovando sia nella politica che nell'economia, e facendo recuperare alla Francia un ruolo guida nel campo socio-economico ed anche culturale. Vedremo, soprattutto, se saprà produrre leadership, sia personale che francese, senza ridursi a fare dello sciovinismo, del provincialismo, del protezionismo, del razzismo a buon mercato in nome d'un supposto grande futuro che, come disse una volta Vittorio Gassman, rischia altrimenti d'essere (com'è al momento quello italiano) tutto dietro alle spalle.
Poco più di un anno fa, a fronte della risicata vittoria elettorale di Prodi, fui facile profeta e previsi che poco di buono sarebbe venuto all'Italia dal governicchio dell'Unione. Al momento sembra che, purtroppo, l'avessi azzeccata. Il riscatto italiano dovrà attendere: di ben altro che l'ipocrita Prodi ed il sempre piu' imbarazzante Berlusconi v'è bisogno per fare del positivo patriottismo italiano che guardi al futuro.
Credo di capire la politica e la società francesi molto meno di quanto capisca, e già le capisco poco, quelle italiane. In compenso ho una certa tendenza a prender rischi: Sarkozy non farà il Prodi, e nemmeno il Berlusconi. Mi arrischio a prevedere che Nicolas Sarkozy a cambiare la Francia in direzione, almeno parzialmente, "amerikana" ci proverà. Quanto successo avrà non lo so, anche perchè le immediate ed organizzate violenze dei nemici del cambiamento segnalano che avrà vita dura e che dovrà confrontarsi con una (parte della) opposizione che sembra disposta a giocar sporco ed a spingere il tasto dell'ordine pubblico e della rivolta di piazza in maniera immediata e pericolosa. Vedremo se saprà essere il patriota positivo che dichiara di voler essere
"[...] d'être généreux, d'être tolérants, d'être fraternels, de tendre la main". "Je vous demande de donner l'image d'une France réunie, rassemblée", a-t-il ajouté. "J'en
ai vu, dans ma carrière politique des victoires mais la victoire n'est
belle que si elle est généreuse, la victoire ce n'est pas la revanche,
la victoire c'est l'ouverture." [...] "Je veux dire à tous ceux qui souffrent d'injustices (...) que je serai le président qui combattra les injustices", mais il a également rappelé qu'"il ne peut pas y avoir de droits sans la contrepartie des devoirs".
o se ricadrà anch'egli in un misto di De Gaulle e Chirac solo per mantenersi al potere mentre il paese continua nella lenta deriva della decadenza storica.
Per il momento, con il solito e dannato ottimismo della volontà (pessimismo della ragione) dichiaro che Sarko c'est bon (pas très bon).
Vive la France!
Come fai a essere fiero di una cosa che e' dovuta al puro caso (e che per giunta hai cambiato una volta raggiunta l'eta' della ragione ;-) )? Mi pare che uno dovrebbe esser fiero di quel che dipende dal merito individuale.
D'altra parte, son d'accordo sul fatto che un governante dovrebbe perseguire in primo luogo gli interessi dei propri cittadini. Purtroppo, nei fatti il patriottismo e' piu' spesso usato per convincere i cittadini a sacrificarsi per sostenere le mire di potere dei governanti (le canaglie di cui parlava appunto il Dr. Samuel Johnson).
Il nostro Enzo, sempre con il pelo sull'uovo e piu' veloce del fulmine!
Ad ogni modo, io sono io ed una parte non piccola di quello che sono ha a che fare con l'italianita'. Parte di tale italianita' me la son scelta (buona parte di essa l'ho rigettata e son riuscito a togliermela di mezzo) ma un'altra parte mi e' "venuta" senza che potessi decidere e so che non me la posso scrollare (fra le altre: anche perche' non voglio, tipo i miei affetti, molti gusti profondi e non ratio-analizzabili, la lingua in cui meno peggio mi esprimo, i miei ricordi ...)
Siccome, fatti i debiti conti, mi piacio piu' di quanto mi dispiacio non posso che esser (moderatamente) fiero anche di quel pezzo d'italianita' ch'e' dovuta al caso.
Mettiamola cosi': parte del mio patriottismo e' egoistico narcisismo o auto-stima? Probabilmente si, ma uno gioca a carte con la mano che gli servono, non con quella che vorrebbe avere.