Non solo Heidi

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e non  solo i mari azzurri dei Caraibi: i paradisi fiscali possono essere più vicini di quello che si pensa.

Una delle armi messe in campo dai governi occidentali per combattere la crisi economica in atto è la lotta ai paradisi fiscali, vale a dire quei paesi che, con normative troppo elastiche, consentono di tenere nascosti gli effettivi titolari di conti correnti o i veri proprietari di società.

Nessuno può dire se la mossa potrà avere effetti rilevanti sulla crisi, ma, nell'ottica di una generale moralizzazione dell'economia, è stata salutata dall'opinione pubblica come un intervento positivo.
Quando si pensa ad un paradiso fiscale vengono in mente generalmente gli alpeggi svizzeri o le spiagge bianche dei Caraibi, ma le cose si dimostrano essere un po' più complicate di così
Leggendo infatti un recente articolo dell'Economist,  la malattia sembrerebbe essere molto più vicina al cuore dell'impero di quanto generalmente si pensi.

Da uno studio effettuato da un ricercatore australiano (Jason Sharman della Griffith University)  emerge che la principale fonte di truffe ed evasioni fiscali, non sono i paradisi off shore, bensì gli stati di common law (USA e Regno Unito in testa), in cui é possibile costituire società senza alcun controllo sull'identità reale dei "beneficial owners", richiesto non solo dalla normativa UE antiriciclaggio, ma anche dalle equipollenti norme di diritto statunitense.

La questione ha anche ricadute politiche, dato che il primo ministro lussemburghese, che ha dovuto ingoiare l'abbandono del segreto bancario da parte del suo paese, ha posto esplicitamente la questione dei paradisi fiscali statunitensi.

In effetti, in molti stati USA, e così pure in Gran Bretagna, non c'è nessun controllo preventivo sulla identità dei soggetti che costituiscono una società, nè sulla attendibilità dei dati riguardanti la società stessa che è possibile ricavare dalle varie "companies house", ossia l'equivalente di common law del nostro Registro Imprese.

È emblematico quanto si legge sul sito del registro imprese di Sua Maestà Britannica

 

Companies House is a registry of corporate information. We carry out basic checks to make sure that documents have been fully completed and signed, but we do not have the statutory power or capability to verify the accuracy of the information that corporate entities send to us. We accept all information that such entities deliver to us in good faith and place it on the public record. The fact that the information has been placed on the public record should not be taken to indicate that Companies House has verified or validated it in any way.

Companies House è un registro di informazione societaria. Noi conduciamo controlli di base per essere sicuri che i documenti siano stati pienamente completati e firmati, ma non abbiamo il potere legale o la capacità per verificare l'accuratezza dell'informazione che  le entità societarie ci inviano. Noi accettiamo tutte le informazioni che tali entità ci spediscono in buona fede e le pubblichiamo sul pubblico registro. Il fatto che l'informazione sia stata collocata sul pubblico registro, non vale ad indicare che la Companies House l'abbia verificata o convalidata in alcun modo

 

Con tanto di successivo disclaimer

 

The information available on this site is not intended to be comprehensive, and many details which may be relevant to particular circumstances have been omitted. Accordingly it should not be regarded as being a complete source of company law and information, and readers are advised to seek independent professional advice before acting on anything contained herein. Companies House cannot take any responsibility for the consequences of errors or omissions.

L'informazione disponibile su questo sito non intende essere completa e molti dettagli che possono essere rilevanti per particolari circostanze sono stati omessi. Di conseguenza, il sito non deve essere considerato come una fonte completa di diritto e informazione societaria e i lettori sono avvertiti di ricercare consulenza professionale indipendente prima di agire in relazione a qualcosa contenuta qui. Companies House non assume nessuna responsabilità per le conseguenze di errori o omissioni.

 

Insomma, come direbbero a Roma: "famo a fidarse", il che può forse andar bene in tempi normali, ma comincia pericolosamente a far scricchiolare tutto l'edificio quando le cose vanno male e si scopre che l'opacità delle procedure e la scarsa trasparenza degli attori economici possono aver contribuito, non certo da sole, al gran casino nel quale siamo tutti capitati.

A questo proposito il mio editor (Alberto) mi fa notare che occorre  distinguere "la trasparenza delle procedure e degli atti (di bilancio e non solo) delle società con la trasparenza riguardo ai beneficiari. I primi - e solo i primi - sono necessari al funzionamento di una sana economia di mercato. I secondi sono necessari al governo per "meglio tassare" individui, collegando i loro redditi individuali con quelli delle società che possiedono; oppure servono alla polizia per combattere il riciclaggio."
Insomma, la trasparenza dei bilanci sarebbe cosa buona e giusta, mentre la trasparenza dei beneficiari avrebbe dei trade-offs - dato che permette di catturare meglio i mafiosi - ma permette allo stato politiche fiscali che sarebbe meglio evitare, sicchè la normativa "liberale" degli stati di common law potrebbe essere vista come una forma di pre-commitment del governo a limitare certe forme di tassazione delle società.
Orbene, che una buona conoscenza degli assetti societari serva allo stato a controllare fiscalmente (e non solo) le entità economiche mi semba indubitabile e del resto la lotta ai paradisi fiscali ed alle società off-shore mira proprio a questo, ma non ritengo che questo aspetto sia preminente, quanto piuttosto concorrente con l'esigenza di certezza dei traffici.
La trasparenza dei bilanci e la trasparenza societaria sono in realtà due aspetti della medesima questione e non possone essere tenuti separati. Il fatto di sapere con ragonevole certezza chi c'è dietro una determinata società, quali poteri hanno i suoi amministratori, qual è il suo capitale e così via fa funzionare meglio il mercato, dato che consente di trattare con quella società con un ragionevole grado di affidabilità e di rapidità evitando di ricorrere a un "independent professional advice before acting", per usare le parole della companies house britannica e d'altro canto rende più veritieri ed affidabili i bilanci stessi, dato che le poste attive e passive collegate ad altre società hanno un quadro più certo di riferimento.

E il mio editor (Alberto) continua - che oggi si deve essere alzato più liberista del solito - e non me ne fa passare una: sono d'accordo che  "il  fatto di sapere con ragonevole certezza  quali poteri hanno gli amministratori di una societa', qual è il suo capitale e così via fa funzionare meglio il mercato" ma non sono d'accordo che cosi' sia necessariamente per quanto riguarda "sapere chi c'e' dietro a una societa'" a meno che costui/costoro non ne siano anche amministratori. In regime di limited liability, chi possiede non conta, a meno che non amministri (o scelga chi amministri). Sto facendo un punto di lana caprina, me ne rendo conto, perché la distinzione tra "chi c'è dietro" e chi amministra è certamente una area grigia. Ma il punto secondo me è importante. Il trade off pure. Può valer la pena perdere qualcosa  in trasparenza per guadagnare evitando tasse arbitrarie o troppo progressive. Dipende dalle istituzioni politiche.

Concludo io, che, come in tutte le cose,  occorre naturalmente trovare  un punto di equilibrio che garantisca la fiducia reciproca tra gli attori economici e tra questi e le isituzioni dello stato, la ricerca non è facile, anche se mi sembra evidente che in questo momento il pendolo stia, forse pericolosamente, oscillando verso maggiori controlli statali e sovranazionali.

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Commenti

Ci sono 36 commenti

Non capisco il senso del post, a meno che non sia la base per una discussione sul ruolo dei notai.

Io ho aperto due società a Londra, ho fatto il tutto in due giorni e con un costo ridicolo ( € 300,00 a società, compresa una serie di servizi non strettamente indispensabili), rispetto a quanto richiesto da qualsiasi notaio italiano per una  banale s.r.l. creata fotocopiando uno statuto precedente.

Però i documenti di identità mio e del mio socio li ho dovuti mandare, perchè altrimenti lo studio legale a cui mi sono rivolto non registrava il Memorandum of Association (lo statuto). E la copia dei miei documenti è custodita, per l'appunto in questo studio legale, in cui ho anche eletto la sede.

Non è solo un motivo di tassazione ( una flat tax, con al massimo il 30% di tassazione, e il riconoscimento della doppia imposizione) a spingere me e tanti altri in UK, ma motivi banalmente pratici: costa decisamente meno, non solo in tasse, ma in obblighi burocratici e amministrativi, Londra è molto ben collegata a costi inferiori di un MIlano-Roma by Alitalia, è un paese membro della UE, ha un sistema collaudato di common law e un sistema giudiziario di tutto rispetto, e non ridicolo come quello italiano.

Il problema dell'identificazione (che in Italia effettua il notaio, è questo che volevi dire?) non è un vero problema, ripeto, senza documenti di identificazione anche in Inghilterra non registri niente, (come scrive anche l'Economist, difatti il tipo ha dovuto inviare la sua patente scannerizzata) il fatto è che si può fare tutto comodamente da casa, via Internet, senza dover prendere appuntamento con un notaio, che non rispetterà mai gli orari, dover poi attendere la registrazione alla Camera di Commercio, che si fregherà la sua bella tassa annuale per permetterti di fare la coda, e così via.

Quindi, secondo me, non un paradiso fiscale, ma un paradiso punto e basta.

 

 

Quindi, secondo me, non un paradiso fiscale, ma un paradiso punto e basta.

 

Speriamo che Monti non riesca a smantellarlo con la scusa di proteggere l'infernale sistema italiano dalla fuga dei suoi sudditi.

Caro Marco, il post non è ovviamente una base per discutere il ruolo dei notai, di cui non ho parlato, ma più banalmente ha preso le mosse da un articolo dell'Econimist sui paradisi fiscali che USA e UK si ritrovano in casa (non a caso è nella sezione "passaparola").

Il post, tra l'altro,  è stato di poco battuto sul tempo dalle dichiarazioni di primo mistro lussemburghese linkate sopra, che ha riproposto critiche simili a quelle contenute proprio nell'articolo dell'Economist.

Per quanto riguarda la tua esperienza londinese, che come quella di moltissimi altri è positiva, mica ho affermato che il nostro sistema è migliore, constato solo che se vuoi procedure snelle e informali, devi anche accettare il fatto che i dati che ricavi dall'archivio dove iscrivi la tua società non sono pienamente affidabili e che devi richiedere una legal opionion per agire in relazione ad essi.

A dirlo non sono io, ma la Companies House, io ho solo riprodotto quanto si legge nel loro sito.

 

Il problema dell'identificazione (che in Italia effettua il notaio, è questo che volevi dire?) non è un vero problema, ripeto, senza documenti di identificazione anche in Inghilterra non registri niente,

 

Ancora una volta mi rifaccio al sito della Companies House. Sulla sua home page c'è il seguente richiamo: "are you theft proof ? - how to combat identity fraud" ossia, per quelli che non parlano inglese: sei a prova di ladro ? - come combattere le frodi di identità".

Andando a leggere cosa dice il sito a proposito di identity fraud, si scopre scopre che

 

Between 50-100 cases of Corporate Identity Fraud occur every month.

 

ossia:

 

tra i cinquanta e i cento casi di frodi di identità societaria si verificano ogni mese.

 

questo tipo di frode non è il banale uso da parte di terzi del nome di una società in un contratto o in un altro tipo di documento, ma proprio l'inserimento di dati e documenti falsi o fraudolenti nella Companies House relativi a quella società.

 

 

Domanda: da casa e via internet si potranno anche trasferire le quote della società londinese (e quindi tutto il patrimonio di essa) senza che i (veri) soci lo sappiano oppure cambiare gli amministratori?

 

 

Chiunque abbia detto che il funzionamento del mercato non dipende dai beneficiari del controllo di una societa’ dice il vero, somehow.

Facciamo questo esempio: il governo democratico A ritiene che  per prendere i mafiosi, acciuffare i trafficanti o scovare gli evasori fiscali sia necessario obbligare le coproration nel paese A a rendere pubbliche alcune informazioni sulla governance societaria, incluso l'identita' dei suoi soci. Come al solito vi sono alcuni che non vogliono partecipare al sistema, anzi non vogliono partecipare al sistema per la parte che non conviene, e decidono di incorporarsi nel paese B, che e’ abbastanza opaco, non per fini di produzione ma perche’  presenta dei vantaggi dal punto di vista del mafioso, del trafficante o dell’evasore. Fin qui non ci sarebbe nessun problema dal punto di vista del mercato. Ma si deve concedere che  non e’ neanche un problema se il paese A dicesse, ad esempio,  che le fatture provenienti dal paese B non sono deducibili, o che se hai rapporti con il paese B sei considerato un soggetto sospetto (di mafia, narcotraffico o evasione fiscale). E infatti e’ cio’ che si fa normalmente, i paesi B vengono blacklisted a fini fiscali o vengono considerati non collaborativi ai fini di antiriciclaggio.

Ora qui andrebbe fatta una distinzione tra parafisi fiscali e bancari. I primi richiedono la partecipazione di almeno un terzo paese C, che abbia rapporti cordiali con il paese A. La cordialita’ e’ data dall’esistenza di un trattato sulla doppia imposizione tra C e A, e che il paese C non penalizzi B. Ora stante la sacralita’ dei trattati tra A e C, e la capacita’ di adattamento di B, fiscalmente esisteranno sempre paesi B fintanto che i paesi A e C non collaboreranno. Ogni paese A ha una costellazione di paesi C e B, in relazione a specifici obiettivi fiscali. I paesi B e C devono campare.

Per quanto riguarda i paradisi bancari la questione e’ piu’ semplice, il rapporto e’ diretto tra A e B. L’ispettore o il magistrato del paese A chiede informazioni sul cittadino x al paese B e questo gli oppone un rifiuto (la catena si puo’ allungare per complicare ulteriormente la ricerca). Fine della storia.

Il problema dei paradisi fiscali e bancari affligge non solo l’Italia, ma anche paradisi come l’Inghilterra, gli USA etc. perche’ anche se le aliquote fiscali nel paese A sono basse, il paese B puo’ offrire altri vantaggi fiscali o bancari. B se lo puo' permettere perche' non offre servizi ai suoi cittadini, e puo’ vivere sulle fees collegate a queste operazioni. Una tale opzioni non e’ praticabile dal paese A, che a prescindere dai servizi che offre, le sole fee non potrebbero dar da mangiare a decine di milioni di persone.

Il mercato funziona comunque, pero’ c’e’ chi puo’ utilizzare queste costose scappatoie per sfuggire alla legge (fiscale o penale) e chi no.   

 

Il problema dei paradisi fiscali e bancari affligge non solo l’Italia, ma anche paradisi come l’Inghilterra, gli USA etc. perche’ anche se le aliquote fiscali nel paese A sono basse, il paese B puo’ offrire altri vantaggi fiscali o bancari. B se lo puo' permettere perche' non offre servizi ai suoi cittadini, e puo’ vivere sulle fees collegate a queste operazioni. Una tale opzioni non e’ praticabile dal paese A, che a prescindere dai servizi che offre, le sole fee non potrebbero dar da mangiare a decine di milioni di persone.

 

Questo dipende largamente dal fatto che l'imposizione fiscale e' scorrelata dai servizi effettivamente forniti. Le decine di milioni di persone in questione non potrebbero guadagnarsi il pane onestamente come quelli del paese B, invece di aspettare che il governo del loro paese gli passi i soldi prelevati fiscalmente dalle tasche di qualcun altro?

A parte cio', la cosa potrebbe essere risolta molto semplicemente adottando il principio della territorialita' della tassazione, che vige ad esempio in Hong Kong. Su queste basi, la residenza fiscale e' irrilevante (e infatti non e' neppure definita): le tasse vengono pagate sul reddito generato localmente o derivante da attivita' localmente svolte, e solo su di esso. E mi pare sia pure giusto: sui soldi che uno guadagna altrove, senza usare servizi, istituzioni, infrastruttura e quant'altro del paese dove ha residenza, con che diritto il governo di quest'ultimo dovrebbe venire a chiedere il pizzo?

Carissimo Patruno quando dici che il pendolo sta oscillando verso maggiori controlli sovranazionali ti riferisci a qualche atto specifico (nuove leggi, nuovi accordi int.) del governo italiano o più in generale ad una tendenza europea?

Sono curioso sull'argomento, non perchè abbia capitali all'estero ma, perchè sono rimasto basito due settimane fa quando (ad Exit su La7) Angelo Rovati ex consiglier del governo Prodi, dopo un servizio sull'evasione fiscale attraverso San Marino se ne è uscito con un: "è la prima volta, in vita mia, che sento che San Marino non è in Italia" !?! Se questo era consigliere del governo che (si dice) abbia fatto di più contro l'evasione mi domando gli altri...

 

 

quando dici che il pendolo sta oscillando verso maggiori controlli sovranazionali ti riferisci a qualche atto specifico (nuove leggi, nuovi accordi int.) del governo italiano o più in generale ad una tendenza europea?

 

dall'ultimo G20, fonte Repubblica di oggi:

 

Pugno di ferro contro paradisi fiscali. Finisce il tempo del segreto bancario. Dal vertice esce l'impegno preciso a mettere fine ai paradisi fiscali. L'elenco sarà reso pubblico a breve dall'Ocse, e ci saranno sanzioni contro quei paesi che non forniscono le informazioni richieste, oltre all'irrigidimento dei vincoli amministrativi e il divieto per gli stati membri di depositare i loro fondi in questi paesi.

 

sarà interessante vedere se, come richiesto ad esempio dalla pulce lussemburghese, nell'elenco che dovrà stilare l'OCSE verranno inseriti anche alcuni stati degli USA.

Vorrei chiarire un aspetto del post iniziale.

Sul piano societario il fatto che gli azionisti siano sconosciuti al fisco è perfettamente normale e non disturba il mercato e nemmeno il fisco. Infatti le persone giuridiche pagano le loro imposte (quando hanno utili) e poi se gli utili sono distribuiti alle persone fisiche esse se li denunciano pagheranno ulteriormente l'imposta sul reddito. C'è quindi una doppia imposizione, qulla sulle persone giuridiche e quella sulle persone fisiche ed il fisco certo non ci perde.

Sul piano della repressione del crimine e dell'evasione invece le cose si spostano dal piano societario a quello bancario. Li' non basta (non deve bastare) presentare una scansione della patente ma serve dimostrare di essere il vero titolare dell'ammontare depositato. Non basta quindi aprire una società e versare in banca ogni tanto qualche milione. Occorrono controlli e procedure per verificare che non sia il ricliclaggio di somme di altri soggetti malavitosi ed io non sia solo un prestanome. Le procedure antiriciclaggio quindi non si basano certo sulla conoscenza di chi sono gli azionisti di una società. Sarebbe come cercare di prendere una balena con un colino da tè. Qui invece uno dei problemi piu' classici era rappresentato dalla presenza nei bilanci di certe aziende di fatture o relazioni con imprese situate in paradisi fiscali, imprese a loro volta senza particolari obblighi contabili. Questo era (non so ora) il modo per far sparire importanti somme dai bilanci e non avere utili nel paese in cui si viene tassati troppo, salvo poi ricevere dal paradiso fiscale l'importo (ormai ricilato) versato in un paradiso bancario.

Il fatto che i paradisi bancari diano supporto in caso di frode ma non in caso di evasione fiscale (perché nei paradisi bancari l'evasione fiscale non è reato penale ma sanziona amministrativa) sta pero' cambiando e tutti si stanno adeguando (anche la Svizzera). Bloccando la triangolazione (inferno fiscale - parasiso fiscale - paradiso bancario) il problema dovrebbe essere drasticamente risolto.

Ciao,
Francesco

 

dunque l' austria ha il segreto bancario è fa parte della comunità europea. Quali potrebbero essere le sanzioni e da dove dovrebbero venire ? Allo stato attuale nel caso di indagini di tipo penale, esistono le rogatorie internazionali . Strumento ampiamente usato da di pietro (quando faceva il magistrato ) con la svizzera.  Un conto è indagare una persona per un reato penale e verificare se ha dei conti all'estero, un'altra è andare in giro per banche a vedere se c'è qualche italiano che ha dei conti in banca.

Nessuno metterebbe i soldi sull' isola di mann chiaramente . I posti più sicuri sono hong kong e le isole cayman. Inoltre esistono le isole vergini inglesi e le antille olandesi con particolari regimi fiscali .

La domanda è la seguente se gli stati uniti non riescono a fare pressione sulle isole cayman e l'europa non ci riesce con i propri membri, quale potrebbe essere questa entità sovranazionale che controlla tutto ?

Inoltre quando obama e i suoi amichetti avranno finito i fuochi di artificio come faranno ad attirare i capitali ?

il capitale va dove si guadagna e la componente tasse non è trascurabile. Gli stati uniti hanno rastrellato capitali da tutto il mondo con i tassi e con le tasse ( basse). il G20 è stato semplicemente il bagaglino in trasferta con il nostro BS ottimo capocomico

Condivido. Un'enorme massa di fumo. Comincio a pensare che, in realtà, questa crisi NON sia così grave o, per lo meno, NON grave abbastanza da forzare un radicale cambio di rotta nelle politiche economiche nazionali ed internazionali. Due anni dopo il suo inizio, siamo sempre allo stesso punto: grandi affermazioni retoriche, dichiarazioni di grandi cambi a cui non fa seguito nulla e migliaia di miliardi di debito pubblico tirati da tutti i lati.

Qualcuno puo' spiegarmi in che modo il Belgio sarebbe un "paradiso fiscale"?

 

Qualcuno puo' spiegarmi in che modo il Belgio sarebbe un "paradiso fiscale"?

 

Non lo è, come non lo è l'Austria e la Svizzera.

La Lista grigio chiara è costituita da paesi collaborativi sul piano del segreto bancario ma che devono ancora dar prova di trasformare gli impegni in fatti siglando (o rinegoziando) almeno 12 trattati bilaterali con i partner che lo chiederanno. I paesi della lista grigio chiara sono casi in cui vi è collaborazione (da tempo) sul fronte della frode penale ma non su quello dell'evasione fiscale. Ora c'è l'impegno a dare collaborazione sul fronte dell'evasione ma solo per richiasta di casi singoli e documentati. Nessuno scambio sistematico e massivo di dati, come vorrebbero Francia a Germania.

Senza l'impegno, apparso in maniera sincronizzata il mese scorso da parte di Austria, Svizzera, Lussemburgo (sincronizzata all'ultimo momento perché nessuno è fesso e lascia ad altri una posizione di vantaggio) quei paesi sarebbero stati messi sulla lista grigio scura e questo avrebbe danneggiato reputazione ed economia. Per il Belgio in paricolare non lo so, bisognerebbe vedere come è la legislazione interna sull'evasione fiscale. Se non è reato penale è facile che possa non dare collaborazione agli altri pasei. Non si puo' fare una rogatoria penale su un caso che da noi è amministrativo. Infatti se l'arabia saudita ci chiedesse la collaborazione penale internazionale perché un certo loro cittadino ha bevuto alchool o mangiato salame e sulla base di questo chiedesse un rendiconto bancario (eventuali conti in Italia) gli risponderemmo picche. Da noi mangiare salumi non è reato.

Da notare comunque che quella lista nera, con le sue gradazioni di grigio, non è stata stilata da OECD (su basi tecniche) ma dai potenti del G20 (su base politica) e questo spiega come mai la Cina abbia pouto graziare alcune sue posizioni, USA e UK pure ...

Francesco

 

grazie della spiegazione!