Una lettera a Liberazione

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Il direttore di Liberazione, Piero Sansonetti, ha scritto una risposta all'editoriale di Giavazzi sul Corriere. Io, nel mio piccolo, ho scritto una lettera a Liberazione. La metto anche qua nel caso possa interessare a qualcuno.

L'articolo di Giavazzi lo trovate qui, la risposta di Sansonetti invece è qui (per leggerlo cliccate su 'versione pdf' e su pagina 1, e poi ingrandite; l'editoriale è sulla spalla destra). Quello che segue è il testo della lettera.

Caro Sansonetti,


vorrei fare un paio di commenti al tuo editoriale dal titolo 'L'imbroglio delle pensioni e altri grandi imbrogli', in cui te la prendi con un articolo di Giavazzi apparso sul Corriere della Sera. Premetto che di mestiere faccio il professore di economia, e che mi sono sempre considerato uomo di sinistra. Ci sono un paio di affermazioni nel tuo articolo che mi hanno veramente sorpreso.

La prima è che, a tuo avviso, è 'chiaro a chiunque che concorrenza e competitività sono gli ideali della destra'. Non voglio fare l'ingenuo che casca dal pero, so benissimo che a sinistra c'è tanta gente che vede la concorrenza come il fumo negli occhi. Ma è la prima volta che vedo addirittura definire la concorrenza come l'ideale della destra, e quindi (suppongo) il contrario della concorrenza come l'ideale della sinistra; forse è chiaro a chiunque altro, ma a me non lo è di sicuro. Ho sempre pensato che essere di sinistra significasse essere per la difesa dei deboli e per l'uguaglianza delle opportunità. Se la concorrenza aiuta a raggiungere questi fini, perché no?

In effetti, cosa è il contrario della concorrenza? È il monopolio, gestito dallo Stato o da qualche potente soggetto economico privato (una impresa o una corporazione, come i notai o i taxisti). Ancora più spesso, è un monopolio privato garantito dalle leggi dello Stato. Monopolio significa prezzi alti e poca quantità prodotta, il ché a sua volta significa pochi posti di lavoro. Cosa c'è di sinistra in questo? Giavazzi fa esempi molto specifici, a cui tu ti guardi bene dal rispondere, mettendoti invece a parlare d'altro (il fatto che ci siano troppe tasse sul lavoro non c'entra nulla con la concorrenza). Per esempio, cosa c'è di destra nell'eliminare il monopolio corporativo delle farmacie sui medicinali generici facendone scendere il prezzo? Permettere alle famiglie operaie di comprare il latte in polvere per i loro figli a un prezzo considerevolmente più basso mi sembra un'azione perfettamente di sinistra. Se posso aggiungere un altro esempio, lo Stato ha fatto un pessimo lavoro con la sua compagnia aerea, che ha prezzi altissimi. La concorrenza privata, non lo Stato, ha fatto nascere le compagnie low cost. Cosa c'è di destra nel fatto che ora un immigrato in Germania possa tornare a casa a vedere la famiglia volando comodamente e pagando 50 euro anziché pagando molto di più per lunghissimi e penosi viaggi in treno? Si possono fare decine di altri esempi, ma lo spazio è poco. Voglio solo dire che quello che a te sembra 'chiaro a chiunque', forse non è così chiaro. Libera concorrenza significa che se voglio intraprendere un'attività economica non devo chiedere il permesso a un padrone o a un politico. Come uomo di sinistra, non trovo l'idea così disgustosa. Gradirei quindi che mi si spiegasse meglio cosa c'è di così orribile nella concorrenza e così di bello nel monopolio pubblico e privato.

Il secondo punto riguarda la riforma delle pensioni. Se vuoi dare a Giavazzi del servo del capitale e del lacché delle compagnie assicurative fallo pure, e magari cerca di farlo con un linguaggio più colorito, almeno ci divertiamo tutti di più. Però per favore spiegami da dove ricavi la tua incrollabile convinzione che non ci sia alcun problema di sostenibilità finanziaria dell'attuale sistema pensionistico. Tutti gli studi seri che ho visto sull'argomento dicono esattamente il contrario.

 

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Commenti

Ci sono 19 commenti

Compagno Brusco, sei tutti noi. Saluti comunisti

 

una domanda ingenua: ma Liberazione l'ha poi pubblicata, la tua lettera?? Dico cosi', nella vana speranza che magari qualche lettore di Liberazione la legga e rimanga folgorato come Paolo sulla via di Damasco...

 

Quando l'ho sottomessa elettronicamente il messaggio automatico di risposta mi ha detto che avrebbero inviato una e-mail in caso di pubblicazione. Al momento non ho ricevuto nulla. I wouldn't hold my breath.

 

Ho come l'impressione di essermi perso qualcosa... Pare che sia diventato di moda dire che "il mercato", "la concorrenza" sono cose di sinistra. Ora, sara' che aver passato molti anni negli USA ti ha fatto dimenticare cosa vuol dire sinistra in Europa (voi avete i liberal, siete fortunati). Quindi scusa, caro Sandro, ma devo proporre  un ripassino, sia detto in amicizia.

In Europa sinistra significa questo, a spanne: la concorrenza perfetta non da risultati ottimali dal punto di vista sociale, perche' ci sono le market failures. Ergo non valgono ne' il primo ne' il secondo welfare theorem. Ergo lo stato benevolente deve intervenire pesantemente per spaccare le ossa alle esternalita', per produrre beni pubblici, per redistribuire il reddito, per correggere i risultati disastrosi che il mercato, lasciato a se stesso, produce. Ergo lo stato benevolente deve prelevare una bella fetta di reddito dai ricchi e darla ai poveri. Ergo deve fornire una pensione a tutti, perche' il mercato lasciato a se stesso chissa cosa farebbe. Ergo deve provvedere all'assicurazione di tutti i rischi possibili e immaginabili, perche il mercato, il cattivone, da solo non lo farebbe.

Da qualche anno la rotta e' cambiata per alcuni, almeno a parole. Ma LA SOSTANZA RIMANE LA STESSA. Cosi assistiamo a un Bersani che si proclama paladino del mercato e della concorrenza. Salvo poi dichiarare che, per spezzare le reni alle compagnie di telefonia mobile che fanno pagare ai propri clienti un costo fisso di ricarica, sta preparando un bel decreto legge per VIETARE che ci possano essere costi di ricarica. Ovvero, siccome il mercato (pesantemente regolamentato, nota bene) non ha prodotto i risultati CHE NOI VOLEVAMO, allora dobbiamo correggerlo, e NOI STATO BENEVOLENTE decidiamo i prezzi che le imprese private devono praticare. Una cosa e' un intervento dell'Antitrust per sanzionare un comportamento collusivo (ma non e' detto che questo sia il caso, si veda anche un recente articolo su lavoce.info), un'altra e' un decreto legge che vieta la two-parts tariff d'imperio.

Se volete poi possiamo parlaree anche di cosa voglia dire destra in Europa: vuol dire piu'  o meno la stessa cosa, salvo rare eccezioni chiamate Margaret Thatcher. In Italia, la destra basically e' di derivazione cattolica sociale. O, peggio, di matrice ex-fascista, e il Duce, si sa, era socialista. O gollista, che e' molto molto vicina. Per inciso, sia detto, un minimo di mercato in Europa e' stato garantito dalle destre o dai centristi. Confrontiamo Svezia e Germania, per dire, e qualche differenza si trova. 

Poi abbiamo le eccezioni, a destra come a sinistra. Ma, appunto, sono eccezioni. Penso a Einaudi (che di certo non era di sinistra), La Malfa, penso oggi a Nicola Rossi e al senatore Debenedetti. Penso ai Riformatori Liberali e all'area riformista dei DS. 

Qundi quando sento l'Ingegnere o l'altre innumerevoli volte ottimo Giavazzi dire che la concorrenza e' di sinistra, a me pare che si confondano. Una cosa e' dire che la concorrenza produce risultati migliori rispetto a quelli prodotti dall'intervento dello Stato, un'altra e' dire che la concorrenza e' una cosa di sinistra perche' produce risultati "di sinistra". Non sono risultati di sinistra, sono buoni risultati. I risultati di politiche di sinistra, storicamente, sono altri.

La coalizione che e' al governo parla tanto di mercato e concorrenza, ma se andate a leggere il suo programma ci trovate la locuzione "politica industriale", ci trovate "le reti di acqua elettricita' e trasporti devono essere di proprieta' dello Stato"  Io dubiterei delle loro reali intenzioni. Il capo di governo e' un cattolico di sinistra, hegeliano dentro.  

 

Infatti, i partiti con cui governa e su cui la sua sedia si basa si chiamano Rifondazione COMUNISTA e Partito dei COMUNISTI Italiani.

Oggi, in Italia, governano i comunisti. Purtroppo cosi' e', con buona pace di TPS e di tanti "compagni di strada" o "borghesi illuminati" ...

Devo dire che condivido il punto di Rabbi. Se "sinistra" = "ecclesiam", allora: intra ecclesiam nulla salus.

E' tempo di metterci una pietra sopra.

 

 

 

Se volete poi possiamo parlaree anche di cosa voglia dire destra in

Europa: vuol dire piu' o meno la stessa cosa, salvo rare eccezioni

chiamate Margaret Thatcher. In Italia, la destra basically e' di

derivazione cattolica sociale. O, peggio, di matrice ex-fascista, e il

Duce, si sa, era socialista. O gollista, che e' molto molto vicina.

 

Va bene, ma a questo punto che vogliamo fare? O scrolliamo le spalle (tanto molti di noi vivono fuori da questa Europa senescente che fa catenaccio per paura di perdere, e il suo declino ci tocca in misura molto limitata), oppure cerchiamo di convincere i nostri pavidi compatrioti dei vantaggi di concorrenza, libero mercato e liberta' di scelta per i consumatori. E sulla base della mia pur limitata esperinza, devo dire che e' piu' facile trovare ascolto a sinistra che a destra. Del resto, gia' Hayek aveva notato:

"In a world where the chief need is once more, as it was

at the beginning of the nineteenth century, to free the process of

spontaneous growth from the obstacles and encumbrances that human folly

has erected, his hopes must rest on persuading and gaining the support

of those who by disposition are 'progressives,' those who, though they

may now be seeking change in the wrong direction, are at least willing

to examine critically the existing and to change it wherever necessary."

E a qualcosa servi', perche' alla fine persino Michel Foucault, nel 1979, consiglio' ai suoi allievi di leggere il vecchio Friedriech August von. Quindi bravo Sandro, continua a scrivere lettere e non scoraggiarti.

 

Scusate se mi intrometto. Vedo affermazioni molto decise, credo troppo. Forse farsi venire qualche dubbio aiuterebbe. Non sono un economista (ma capisco i numeri) e sarei qui per capire.

Per esempio: è così vero che le pensioni siano insostenibili? Ricordo un Tremonti che aiutato da un grafico che sembrava una montagna, diceva che continuando così (come ora perché non è cambiato niente) un giorno non ci saranno più soldi per le pensioni. Poi uno andava a vedere e c'era un grafico che aumentava dal 14% del pil al 16% in ventidue anni (dal 2008 al 2030). Diventava una montagna perché l'asse Y partiva da 13 e finiva a 17. Forse se invece di parlare di improbabili catastrofi si spiegasse nel merito che quei soldi potrebbero essere impiegati diversamente sarebbe meglio (secondo me che non so nulla).

Secondo: è così vero che il monetarismo (se si dice così) di Hayek è così condivisibile? Le mie scarse letture di economia divulgativa (Galbraith, Stigliz, Krugman) mi hanno presentato un quadro un po' diverso.

Avrei altre cose da dire ma non vorrei mettere troppa carne al fuoco. Complimenti per il blog.

 

Benvenuto al blog, a grazie per i complimenti. Rispondo rapidamente anche se non sono un macroeconomista. Per quanto riguarda le pensioni, si fa un sacco di demagogia e si usa spesso una terminologia molto fuorviante. Per esempio, non significa molto dire che a una certa data 'non ci saranno più soldi per le pensioni', come si sente spesso dire. I soldi per le pensioni ci sono sempre basta aumentare le tasse correnti o (emettendo debito) quelle future. Quindi la domanda vera è:  quante tasse vogliamo pagare e quante pensioni vogliamo ricevere? Ci sono tanti calcoli e tante simulazioni sull'andamento futuro, ma a mio parere l'evidenza migliore riguarda il presente. Per esempio, se guardi alla seconda pagina di questo studio su dati OCSE vedrai che la percentuale di spesa per pensioni sul PIL è enormemente cresciuta negli ultimi 20/30 anni; questo è vero quasi ovunque, e infatti di riforma pensionistica si parla quasi ovunque, ma soprattutto in Italia. Magari possiamo non chiamare la situazione attuale un disastro, ma è chiaro che una delle ragioni per cui i giovani fanno così fatica a trovar lavoro è che i contributi sociali, che servono per pagare la spesa pensionistica, sono a livelli alti. Ed è chiaro che il semplice andamento demografico (allungamento vita medio e riduzione della natalità) aggraverà la situazione.

Per quanto riguarda Hayek, si tratta di un intellettuale che ha fatto e detto tante cose. La ragione principale per cui mi piacciono parecchie delle cose che ha detto è che prima di tanti altri ha messo in chiaro quali sono i pericoli per le libertà individuali e per lo sviluppo economico di un massiccio intervento statale nell'economia. La questione del monetarismo, che è effettivamente controversa tra i macroeconomisti (e di cui non so molto), mi pare di secondo piano. In ogni caso, visto che su questo sito ci divertiamo sempre a scannare le vacche sacre e Hayek rischia di diventarlo, non tutto quello che ha fatto e detto Hayek è necessariamente condivisibile. Per esempio, verso il regime di Pinochet non ha avuto un atteggiamento molto limpido.

 

 

Secondo: è così vero che il monetarismo (se si dice così) di Hayek è

così condivisibile? Le mie scarse letture di economia divulgativa

(Galbraith, Stigliz, Krugman) mi hanno presentato un quadro un po'

diverso.

 

Beh, dunque, super-semplificando: Hayek non puo' essere propriamente definito monetarista, dato che fa dato che questo termine, in genere, e' usato per la scuola che grosso modo fa capo a Milton Friedman. Hayek, semmai, con von Mises, Menger e altri appartiene dell'area dell'"Austrian Economics", che perse favore a partire dagli anni '30 perche' accusata di trascurare la stabilizzazione dell'economia e permettere percio' il verificarsi di crisi deflattive che mettevano in pericolo l'accettazione popolare del capitalismo. Al suo posto, prese piede la scuola iniziata da Keynes, le cui teorie pero' mostrarono i loro limiti con il periodo di alta inflazione degli anni '70. A questo punto, il Keynesismo perse a sua volta favore presso i governi dei paesi industrializzati, che invece adottarono le teorie monetariste di Friedman e colleghi, per lo piu' basati a Chicago. Il monetarismo cerca anch'esso di stabilizzare il ciclo economico, ma facendo ricorso a strumenti diversi: essenzialmente il controllo della massa monetaria, invece della politica fiscale e della spesa pubblica dei Keynesiani. Anch'esso ha un "track record" misto, a onor del vero.

Quanto a Galbraith, a quanto mi risulta tra economisti di professione non ha una gran reputazione, neppure tra neo-Keyesiani come Krugman... 

 

 

Grazie per le risposte non dogmatiche. Krugman lo leggerei di più se potessi ma al NYT sta dietro un paywall.

 

Sandro, vorrei segnalarti questo articolo di Alberto Burgio sul Manifesto di oggi, "La meritocrazia, un'arma contro il lavoro".

Cito solo un brano. "[Il] merito è un'arma puntata contro il lavoro e contro la sete di uguaglianza di chi non ha capitali nè titoli.....[Nell'università e nella scuola] si faccia davvero strada al merito e alla volontà di riscatto sociale. Si riconosca l'enorme mole di lavoro svolto da insegnanti e ricercatori precari, senza il quale si fermerebbero ospedali e centri di ricerca, università e scuole e si eliminino le tasse scolastiche e universitarie per quanti vengono da famiglie con un reddito annuo sotto ai 40mila euro lordi. Se si andrà in questa direzione, saremo i primi a complimentarci con gli alfieri della meritocrazia".

Adesso mi aspetto che tu invii al Manifesto una lettera! 

 

Caro Fausto, non ironizzare troppo sulla lettera di Sandro. Capisco che paia un po' naif, ma il problema non e' la lettera, e' la social norm di cosa e' consiederato naif dall'intellighenzia. Cioe', sappiamo che la sinistra difende gli interessi di pochi e soprattutto della propria immensa  burocrazia, ma e' naif dirlo proprio perche' lo sappiamo tutti, e' invece e' perfettamente "politically correct" difenderla la sinistra a ogni passo con argomentazioni deboli deboli se non false, che Berlusconi e Tremonti.... che paura. 

Non parlo di te naturalmente, uso il tuo commento per fare un punto che mi sta a cuore, e cioe' che ma a me questa logica spaventa profondamente  perche' simbolo di una intera classe intellettuale di prostitute.