Non sono riuscito a trovare sulla stampa alcuna giustificazione del bizzarro emendamento con cui è stato abolito il canone per gli ultrasettantacinquenni percettori di pensione minima. In tutta onestà, non vedo come sia difendibile da una persona con un minimo di senno. L'unica cosa buona che si può dire del provvedimento è che, per una volta tanto, i nostri parlamentari hanno soddisfatto la loro ansia di raccogliere simpatie in qualche sottogruppo della popolazione tagliando una tassa anziché erogando un sussidio. Detto questo, il provvedimento, per quanto relativamente poco importante, è veramente rappresentativo del modo terrificante in cui ragionano i nostri politici e della loro incapacità di affrontare in modo minimamente serio i problemi che dicono di voler risolvere.
Primo, come al solito la diminuzione della tassa non si accompagna ad alcuna diminuzione della spesa. Al contrario, il dibattito nei giorni precedenti si è incentrato sull'opportunità di eliminare i tetti ai compensi Rai. La misura, da quel che ho capito, è ancora in discussione. Ma anche se restasse il tetto si può sempre contare su qualche intervento ex post, come quello con cui nel marzo scorso il ministo Nicolais salvò il Festival di Sanremo. La quantificazione finanziaria dell'onere per lo stato di questo emendamento non è stata ancora definito, ma da nessuna parte di parla di finanziarlo riducendo la spesa Rai.
Secondo, il provvedimento è quasi comico per come discrimina senza nessuna logica. Perché il settantacinquenne si e il settantaquattrenne no? Perché il pensionato al minimo si e il disoccupato no? Se si voleva fare un intervento redistributivo a favore dei poveri allora bisognava come minimo non mettere limiti di età (e magari considerare rendite finanziarie e ricchezza, ma questo è un discorso che ci porta troppo lontano). Se invece si voleva fare il solito intervento gerontocratico esclusivamente a favore degli anziani, allora perché limitarsi agli ultrasettantacinquenni percettori di pensione minima?
Terzo, siccome evidentemente il provvedimento sembrava troppo semplice si è provveduto a introdurre altre misure per complicarlo. A quanto pare, il canone si elimina solo per il televisore della prima casa, non per la seconda e successive. Questo, almeno, rende chiaro che non è la lotta alla povertà quello che si ha in mente. Altrimenti, posso solo supporre, non si ridurrebbero selettivamente le tasse a gente che ha più di una casa.
Che dire? È sconsolante. Ma visto che ci siamo, ribadiamo un po' di cose ovvie.
Cosa ovvia No. 1, è ormai da tempo immemore che la Rai non svolge alcun servizio pubblico. Le sue due funzioni principali sembrano essere 1) produrre informazione distorta a favore dei governanti di turno e, 2), permettere ai membri maschili della casta di discettare amabilmente sulla collocazione di signorine che possono o meno essere 'porcelledoc'. La privatizzazione dell'azienda non comporterebbe alcuna riduzione di servizi per il pubblico, anche se lascerebbe a piedi un bel po' di pennivendoli ed in bianco almeno altrettanti vecchi maiali.
Cosa ovvia No. 2, il canone è una delle tasse più odiose immaginabili. È sostanzialmente una tassa capitaria, ossia una tassa a importo fisso indipendente dalla capacità contributiva. L'unico modo legale di evitarla è non comprare la televisione, ossia un bene che viene consumato principalmente da persone a basso reddito (chi ha più soldi trova facilmente cose più divertenti da fare). È anche una tassa di una certa consistenza, nel 2007 ammontava a 104 euro. Per dare un'idea dell'ordine di grandezza, il sussidio agli incapienti che il governo ha sbandierato come importante elemento di lotta alla povertà è di 150 euro.
Cosa ovvia No. 3, il canone si paga in alcune zone del paese e in altre no. I dati sulla densità di abbonamenti Rai ci dicono che a Bari il 79,68% delle famiglie paga il canone, mentre a Napoli la percentuale è il 44,32. Spero nessuno sia così fesso da credere che a Napoli il televisore è un bene molto meno diffuso che a Bari.
È molto facile rimediare a questa situazione. Basta vendere la Rai e abolire il canone. L'operazione non costerebbe nulla allo stato, e c'è anche il caso che ci scappi qualche soldino. L'operazione inoltre sarebbe decisamente progressiva, visto che la tassa che si elimina è capitaria. Infine, il provvedimento eliminerebbe ingiuste disparità regionali dovute al grado differente di evasione. Con un po' di fortuna (ma non contiamoci troppo, bisognerebbe fare un po' di antitrust serio) potrebbe perfino aumentare il pluralismo e la qualità dell'informazione. Se esiste un qualche parlamentare onesto e di buon senso, per favore batta un colpo.
sillogismi ineccepibili, purtroppo. come non riflettere sulla mancanza di onestà intellettuale da parte di chi ci governa? non so se sia peggio questo o la mancanza di buon senso. in ogni caso il risultato per chi sta a guardare (e a pagare) non cambia.
una nota: qualcuno ritiene possibile o utile una riconversione (previa smantellamento e cessione del suo, diciamo, 70%) della RAI a servizio pubblico "reale"?
temo che la riconversione auspicata da gabriele paolacci non sia né possibile né utile: sull'utile, basta vedere l'attuale condizione di BBC, che è più o meno quanto ci sia di più vicino a un servizio pubblico "reale"; sul possibile, si accomodi chi crede che RAI sia riformabile solo perché sarebbe razionale farlo.