Dalla Frislandia all'Estotilandia

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Un libro letto durante Spring Break. Per chi vuole approfondire sulle avventure dei fratelli Zen che navigarono il Nord Atlantico, ai confini con il Nord America nel lontano 1300.

Titolo: Irresistibile Nord

Autore: Andrea Di Robilant

Alfred Knopf, 2011

Non avevo mai sentito parlare dei fratelli Zen, eppure qualche anno fa lessi su internet che avevano scoperto l’America un secolo prima di Cristoforo Colombo. Un po’ strano che una scoperta così eclatante venga nascosta dai libri di storia... ed è più probabile che si tratti dell’ennesima frottola del web, ho pensato. Però stiamo parlando di due commercianti veneziani del Medioevo, perciò la cosa non può non incuriosire, perché è del tutto plausibile che siano esistiti dei Marco Polo dell’Ovest.

Irresistibile Nord, di Andrea di Robilant, è una ricerca storica/giornalistica che come saggio divulgativo riassume mezzo millennio di opinioni sul puzzle dei fratelli Zen, e sebbene l’autore non si sbilancia con una conclusione definitiva, questo reportage fa luce su un sacco di punti interrogativi in maniera del tutto convincente.

La ragione per cui i fratelli Zen sono quasi del tutto sconosciuti è perché dai primi dell’Ottocento fino a metà Novecento il resoconto dei due navigatori veneziani non era nemmeno considerato una mezza verità, ma una totale e completa invenzione letteraria: la più grande bufala della storia. Al contrario nei secoli precedenti, dal Cinquecento fino al Settecento, la carta da navegar della famiglia Zen era stata accorpata dentro la famosissima mappa di Mercator con tanto di topografia zeniana (Estotilandia, Frislandia, Icaria, ecc…), e considerata per generazioni come del tutto autentica.

Di Robilant fa ordine. Intanto i fratelli Zen sono realmente esistiti nel ‘300: Carlo, un eroe della guerra contro Genova; Nicolò un ricco commerciante con diversi incarichi pubblici per la Serenissima nel Levante, prima e dopo il decennio passato nel Nord Atlantico; Antonio, meno conosciuto ma anche lui presente negli atti veneziani del quattordicesimo secolo.

Per quanto i fratelli Zen siano realmente esistiti, le imprese dei due (Nicolò [il vecchio] e Antonio) sono state rese pubbliche dal bis-bis-bis nipote di Antonio, Nicolò [il giovane] Zen nel Cinquecento. Nicolò il giovane, senatore della Repubblica Veneta, membro del Consiglio dei Dieci, architetto di professione e storico dilettante, aveva messo assieme le lettere spedite dai suoi due avi ai familiari a Venezia in una pubblicazione del 1558 con tanto di inedita cartina geografica del Nord Atlantico. Il titolo è un po’ lungo: Dello scoprimento dell’isole Frislanda, Eslanda, Engrovelanda, Estotilanda & Icaria fatto sotto il Polo Artico da due fratelli Zeni.

Ora, Eslanda (Islanda) e Engrovelanda (Groenlandia) ok, ma Frislanda, un’isolona fantasma a Sud dell’Islanda grande quasi tanto quanto, e Estotilanda, che combacia in dimensioni e collocamento con Terranova? Per non parlare della mitologica Icaria, posizionata nella mappa Zen vicino a Estotilanda, e la landa dei cannibali: Drogio. Per decenni queste lande in mezzo all’oceano sono state ricopiate in mappe inglesi e francesi e solo a fine ‘700 queste isole sono state dichiarate inesistenti. E da lì comincia la ritorsione, come se offesi da una beffa: oltre le isole fantasma, come mai Zen disegna mezza dozzina di isolette ad Est dell’Islanda del tutto inesistenti? Come mai Zen parla di monasteri in Islanda? Chi li ha mai visti? Una montagna fumante in Groenlandia? Ma quando mai...Per non parlare di descrizioni del pane islandese che lievita senza bisogno di fuoco. Insomma, Nicolò il giovane, a distanza di secoli, passa per bugiardo o come minimo come l’autore di un fantasioso racconto rinascimentale che cavalca l’onda delle recenti scoperte nel nuovo mondo, attribuendo ai propri avi delle strabilianti scoperte antecedenti a Colombo.

A livello accademico, già il professor Giorgio Padoan di Ca’ Foscari nel 1988 ha ridato veridicità all’impresa dei fratelli Zen, ma le spiegazioni di Andrea di Robilant, basate su un’indagine sul luogo in stile giornalistico credo siano ulteriormente convincenti, se non altro per il valore aggiunto di alcune intuizioni. Intanto la toponomastica: Frislanda sono le isole Faroe (tra l’Islanda e la Scozia). I toponimi di Frislanda sono riconducibili alle Faroe solo nel lato Est, ma di Robilant riconosce i toponomi del lato Ovest con le isole Orcadi (Orkney) appena sopra la Scozia. Le isolette inesistenti attaccate all’Islanda appartengono con tutta probabilità alla zeniana Estlanda (l’archipelago delle Shetland, tra le Faroe e la Scozia). Insomma, Nicolò il giovane, mentre riproduceva le lettere di un avo vissuto due secoli prima in una carta geografica avrà fatto i suoi comprensibili errori. Susciterebbe più sospetto l’assenza di confusioni geografiche. E ricordiamoci che non solo non aveva google map, ma nessuno in Inghilterra, in Francia, in Germania, ne tantomeno nel Meditterraneo aveva mai visto una mappa di quei luoghi. Sorprende poi la precisione del profilo della Groenlandia. E la montagna fumante? Di Robilant, l’ha trovata, proprio dove un veneziano di otto secoli fa l’aveva collocata: non è lava di un vulcano (non ce ne sono in Groenlandia) ma scisto bituminoso.

Insomma, i fratelli Zen hanno realmente navigato l’Atlantico settentrionale. I critici ottocenteschi non potevano sapere dell’esistenza di monasteri medievali in Islanda, confermati solo con ricerche archeologiche del ventesimo secolo. Probabilmente non si immaginavano che in Islanda tuttora il pane lievita in alcuni forni grazie al calore geotermico. Non sapevano nemmeno che fino al tempo dei fratelli Zen esistevano ancora insediamenti dei discendenti dei vichinghi, non solo in Groenlandia, ma anche in Terranova (perlomeno l’ultimo viaggio documentato dal Nord America all’Islanda risale al 1347). Per i critici dell’Ottocento, una mappa con isole inesistenti e descrizioni di luoghi inverosimili sono bastati per screditare i viaggi di mercanti medievali come opera di fantasia letteraria rinascimentale.

E l’America? La parte riguardo il nuovo mondo viene riportata da Antonio, quando Nicolò il vecchio era già tornato a Venezia. Il grosso della narrazione non viene da un’esperienza diretta di Antonio, ma dal resoconto di un pescatore ritornato a Frislanda dopo ventisei anni al di là dell’Atlantico. Parla dell’isola di Estotilanda, grande pressapoco come l’Islanda, mille miglia a ovest di Frislanda, popolata da gente di costumi simili, ma di lingua incomprensibile (a parte un precedente naufrago di lingua latina). Commerciano con la Groenlandia, hanno tanto oro, e poi parla di terre di cannibali a Sud.

In base al racconto del pescatore Antonio Zen e altri salpano verso Ovest, e dopo otto giorni di tormenta arrivano in un’isola con nativi ostili che non li permettono di scendere a terra. Non parlano la stessa lingua, a parte un islandese tra loro che funge da interprete e li informa che l’isola si chiama Icaria (e qui parte un mix di mitologia greca). Antonio e i suoi vengono respinti e da lì si dirigono verso Nord arrivando in Groenlandia dove incontrano gli eschimesi Inuit e poi tornano a casa. In sintesi, la parte delle avventure dei fratelli Zen più importante (l’arrivo nel nuovo mondo) è quella più inverosimile, probabilmente abbellita da Nicolò il giovane, e per questo rende il tutto meno credibile.

In conclusione, Antonio Zen ci è arrivato in America prima di Colombo? Se la storia di Icaria è vera, e navigare nei pressi dell’isola conta anche senza poter metterci piede, allora forse si. Ma la parte più importante credo sia la testimonianza dei fratelli Zen dell’esistenza di un collegamento di insediamenti tracciato un paio di secoli prima dai vichinghi che arrivava al di là dell’Atlantico. Questo ponte nordico non è stato appurato fino al secolo scorso con i ritrovamenti vichinghi in Terranova, e nell’Europa rinascimentale di Nicolò Zen il giovane, oltre la già remota Groenlandia era tutto da riscoprire.

Il libro è un saggio per chi vuole approfondire questa storia di un veneziano che pare arrivi in America a fine ‘300, ma lo stile di Andrea di Robilant è qualcosa di più. La trama è romanzata, un intreccio tra la Venezia medievale dei fratelli Zen, la Venezia rinascimentale di Nicolo' Zen, e le indagini dell’autore nel Nord Atlantico sulle tracce dei fratelli Zen otto secoli dopo.

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