Le Estetiste: il collo di bottiglia della crescita italiana

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Non solo estetiste: anche parrucchieri, giornalai, benzinai e cinema ... oltre all'informazione obbligatoria ed il divieto di pubblicita'. Finalmente una liberalizzazione coraggiosa, che va alla radice dei veri motivi per cui l'Italia non cresce.

La stampa italiana riporta i punti

principali di un decreto legge e di un disegno

di legge aventi entrambi l'obiettivo (soi disant) di prendere di petto il

problema dei mille lacci e lacciuoli che ingessano l'economia italiana. Dice

infatti Prodi: «È veramente cominciato il grande lavoro di liberalizzazione e di

dinamicizzazione che avevamo annunciato e che era stato accolto con

scetticismo».

La cosa promette bene, soprattutto per degli inguaribili ottimisti come noi.

Ci siamo quindi gettati a capofitto nella lettura dei nuovi testi sacri, ansiosi

e trepidanti di fronte alle grandi riforme liberalizzanti. Senonche' uno legge,

legge, e piu' legge piu' diventa perplesso. Giunto alla fine del fumo, la perplessita' cede il posto allo sconcerto: dov'e' l'arrosto? Si

prova a riflettere, convinti di sbagliarsi si scambiano due emails con il

collega in linea, medesimo

sconcerto. Lo sconcerto cede poi il posto alla comune incazzatura: trattasi

di una sonora presa per i fondelli. Solito nichilismo distruttivo tipico di

nFA, direte voi. Giudicate da soli, diciamo noi.

Cerchiamo dunque di spiegare perche' le tanto

strombazzate liberalizzazioni di questi giorni avranno effetti miserrimi.

Poiche' la lista di provvedimenti contenuti nei testi di cui sopra e'

lunghissima, non vi annoiamo con troppi riassunti, che potete trovare, per

esempio, sul Sole

24-Ore. Ci soffermiamo sui piu' "significativi", credeteci. Gli altri son

ancora piu' ridicoli.

Ricariche. Si intende vietare agli

operatori di telefonia mobile di applicare «costi fissi e di contributi per la

ricarica di carte prepagate, anche via bancomat o in forma telematica,

aggiuntivi rispetto al costo del traffico telefonico richiesto». Questo e'

indicativo del modus operandi dei nostri governanti e della logica che ispira

l'intero progetto: divieti, proibizioni, imposizioni. L'unico modo vero di

ridurre i costi della telefonia mobile e' quello di favorire l'entrata nel

mercato di nuovi soggetti che, mettendosi in concorrenza con gli operatori gia'

presenti, inducano una riduzione delle rendite oligopolistiche. Invece il

governo che fa? Legifera divieti. Vieta per legge che si facciano pagare dei

costi fissi alla ricarica. Senza chiedersi quale sara' la reazione degli

operatori. Cosa faranno infatti questi ultimi? Ovvio, innalzeranno le tariffe.

Difatti, l'ineffabile Catricala', presidente dell'Antitrust, afferma:

«mi auguro che le tariffe telefoniche, che un po' saliranno, non aumentino così

tanto da sminuire il vantaggio». Mi auguro, capito? Forse possiamo anche

accendere un cero a sant'Antonio da Padova (siam quasi tutti Veneti, qui) gia'

che ci siamo...

Benzinai. il governo vuole imporre

norme per indurre la trasparenza del prezzo della benzina e

la comparabilita' fra i prezzi offerti da benzinai diversi. Concretamente, viene

imposto ai benzinai di "usare «gli stessi metodi [delle societa' che gestiscono

le autostrade] per avvertire, in tempo reale» i propri clienti delle «condizioni

di grave limitazione del traffico»." Cosa vogliano dire, non si capisce, ma

certamente stan imponendo ai benzinai di sobbarcarsi costi addizionali di

pubblicita', l'utilita' sociale della quale e' dubbia, a dir poco. Ovviamente

questo fara' salire i costi, ed i prezzi. Inoltre, nel disegno di legge, si

autorizza la vendita della benzina negli ipermercati dove, sembra, e' gia'

permessa ... Queste vaghe intenzioni, fra l'altro, hanno gia' scatenato la

reazione

dei benzinai, che hanno dichiarato 14 giornate di sciopero! Qui la questione

e' piu' sottile. Se non fosse che gia' e' permessa, la vendita della benzina

negli ipermercati potrebbe incidere sulla struttura concorrenziale del settore:

se esistevano delle barriere all'entrata, e se i benzinai indipendenti sono meno

efficienti delle grandi catene, allora questa norma dovrebbe avere il potenziale

di ridurre i prezzi al dettaglio della benzina. Un po' come nel caso della

vendita di medicinali nei supermercati. A ben guardare pero', la proposta sembra

essere solo punitiva ed inutile, per due motivi, uno teorico l'altro empirico.

Quello teorico e' che in presenza di oligopolio e di costi fissi d'entrata, eliminare la frangia

competitiva rappresentata dai piccoli indipendenti vuol dire eliminare la

disciplina che la loro presenza impone sui grandi

oligopolisti. Quello empirico e' che

i margini

dei benzinai italiani sono gia' bassi: cio' che si potrebbe tagliare, assumendo che il margine del benzinaio diventi esattamente zero, e' una

percentuale risibile del costo totale, attorno al 2% del prezzo della

benzina.

Inoltre imponendo per legge ai benzinai di offrire pubblicita' obbligatorie su

condizioni del traffico (?) e prezzi dei distributori vicini (?), si faranno

salire i costi. Che i benzinai avessero votato tutti per

Berlusconi?

Parrucchieri, estetisti, giornalai, cinema,

facchini ... Questo e' il vero piece de resistance del governo, il

cavallo di battaglia, la vera definitiva liberalizzazione che finalmente

restituira' l'Italia alle sorti magnifiche e progressive che le spettano. La

descrizione del Corriere: "parrucchieri ed estetisti potranno aprire la

propria attività senza più necessità di rispettare le distanze con analoghi

esercizi. E lo potranno fare con la «sola dichiarazione di inizio attività». Le

guide turistiche, salvo i requisiti di qualificazione, non avranno più bisogno

di autorizzazioni preventive o ostacoli legati alla residenza e a parametri

numerici, idem per le autoscuole. Liberalizzazione anche per facchini e

operatori nelle pulizie e disinfestazione." Norme simili, nel DDL, per

l'apertura di nuovi cinema anche vicini a sale gia' esistenti, e per la vendita

di giornali anche fuori delle edicole. Qui la prima reazione e' di stupore, nel

constatare che fino ad oggi era vietato aprire esercizi commerciali troppo

vicini ad esercizi simili gia' esistenti. Sorge immediata la curiosita': qual

era la distanza minima di sicurezza? Cento metri? Duecento? L'intento

del governo e' sicuramente di indurre maggiore concorrenza in settori ampiamente

regolati ed auto-regolati. Occorre pero' chiedersi quale sia l'impatto

quantitativo della possibile riduzione di prezzo in questi settori. Qual e' il

peso totale di questi servizi nel paniere di consumo degli italiani? Il 3% o il

4%? Se riduciamo i loro prezzi, a farla grande, del 10%, cosa otteniamo? Una

riduzione dei prezzi al consumo dello 0,3%? Whow! Nessuno di questi servizi e'

un input chiave nella catena di produzione ed innovazione. Non e' che se le

parrucchiere o i giornalai riducono di un po' i loro margini, varra' la pena

investire in laboratori di biogenetica, o anche in aziende di software, o di

biciclette di lusso, se e' per quello! Se si volesse anche solo rendere la vita

del consumatore piu' facile e - questa si' cosa importante - facilitare la

partecipazione al mercato del lavoro di giovani e donne, perche' non

liberalizzare gli orari dei negozi?

Eppoi ci sorge un dubbio, che avendo poco tempo non andiamo a verificare - siam certi che qualcuno fra i nostri lettori ce lo risolvera'. Non e' che il

divieto ad aprire esercizi commerciali sotto una certa distanza da altri simili

esercizi pre-esistenti si applica a TUTTI, e che solo parrucchieri, estetisti, cinema e

giornalai son finiti nel mirino del prode Bersani? Non e' che, cosi' per caso,

panettieri e fruttivendoli, macellai e pizzicagnoli, tavole calde e

pulisecco, fioristi e tabaccai rimangono tuttora protetti dalla norma sulla

distanza minima?

Autocertificazione delle imprese.

Questa riforma dovrebbe permettere alle imprese di "nascere in un

giorno", come dice il Corriere: "Una comunicazione unica al registro

delle imprese sostituirà tutti gli adempimenti amministrativi finora previsti.

Verrà rilasciata in tempo reale una ricevuta che dà via libera istantaneo alla

nuova attività". Questo e' certamente un passo importante e va nella direzione

giusta (se davvero l'autocertificazione avra' la conseguenza di sostituire tutti

gli adempimenti amministrativi necessari a far nascere un'impresa). Rimangono

ovviamente tutti gli altri impedimenti non amministrativi alla creazione di

imprese redditizie, come le rigidita' del mercato del lavoro, quelle del settore

creditizio inefficiente ed oligopolistico, la tassazione del valore aggiunto in

tutte le sue forme (gia' alta e da questo governo ulteriormente accresciuta)

l'inefficienza dei servizi pubblici ... Quisquiglie, pinzillacchere: ora con

l'autocertificazione ci sara' un'esplosione di nuove imprese altamente

produttive, vedrete.

Mutui immobiliari e scoperti di conto corrente. Sarà più

rapido cancellare l'ipoteca su un mutuo immobiliare. Chi ha un mutuo potrà trasferirlo a una

nuova banca senza perdere i benefici fiscali per la prima casa, e senza pagare

alcuna penalita' se lo estingue anticipatamente. Utile, indubbiamente. Il

mercato dei mutui immobiliari italiani e' primitivo e costoso rispetto al resto

d'Europa. Viene anche proibita la commissione di massimo scoperto, benissimo: le

banche italiane sono inefficienti e devono smetterla di finanziare le loro

inefficienze caricando costi insensati ai loro clienti. Giusto, saggio ma ... ma

la cosa puzza. Perche'? Ma perche' la concorrenza, l'efficienza, la riduzione

dei costi, pensate davvero che arrivino a colpi di divieti di fare questo e

quello? Pensate davvero che impedendo alle banche di appropriarsi di rendite

sotto la forma "penalita' per chiusura anticipata mutuo", le rendite ed

inefficienze bancarie che le generano spariranno? Ma che diavolo di nozione del

mercato, della concorrenza, dell'innovazione imprenditoriale hanno in questo

governo? Dove hanno studiato tutti, negli uffici della pianificazione sovietica?

Nei comitati per la programmazione economica? Son tutti convinti che

l'efficienza economica sia una questione di ordini e decreti?

Perche' qui sta l'intero problema: non solo liberalizzano un pelino solo settori totalmente secondari e

marginali come i facchini ed i giornalai, ma quando toccano, di nuovo d'un

pelino, tre o quattro settori importanti (banche, assicurazioni, telefonia,

trasporto aereo) lo fanno a botte di divieti ed imposizioni. Alcuni li abbiam

gia' visti, ma eccone altri. Le compagnie low cost ora non possono piu'

pubblicare il solo prezzo del loro servizio di trasporto, devono includere

sempre tasse e costi aeroportuali. Perche'? Mica son costi loro, le tasse e le

gabelle aeroportuali! Dovrebbero anche aggiungere il costo del servizio taxi da/per l'aeroporto? Se le inefficienze stan li', non e' meglio che i

consumatori lo sappiano? Non e' che per caso tutto questo e' per coprire un po'

Alitalia ed i vari aeroporti italiani mal gestiti? No, assolutamente no, ma cosa

andiamo a pensare! Idem per le assicurazioni, divieto di far questo, divieto di

far quello. Certo, la pratica dell'esclusivita' nella distribuzione di polizze

danni sembra occludere la concorrenza: ma e' il divieto la soluzione piu' ovvia

ed efficiente? E l'imposizione ai produttori di alimenti di mettere in maggiore

evidenza la data di scadenza dei prodotti, a che serve? Noi abbiamo

l'impressione si leggano perfettamente, non so voi ... in ogni caso, serve per

liberalizzare? A proposito, abbiam finito: non c'e' praticamente altro di

rilevante nei rivoluzionari decreto e disegno di legge. No, non e' uno

scherzo.

E allora, direte voi? Quali sarebbero i tappi strutturali veri? Qui su

nFA ne abbiamo parlato spesso, spessissimo, ad nauseam, quasi come

quello che gridava nel deserto. Basta guardare alla parola-chiave

"liberalizzazione", oppure "Bersani" o "finanziaria 2007", nella nostra

NuvolaDiParole. Non vale la pena ripetere: mica siamo gli unici a

dirlo, son tutte cose abbastanza banali, ovvie. Ma infattibili, sia da parte di

questo governo sia, occorre dirlo, da parte del precedente governo il

cui ex-capo, invece di rilanciare proponendo liberalizzazioni vere, cavalca la

protesta futile delle categorie di piccoli bottegari marginalmente danneggiati

da questa lenzuolata populista.

Tragicommedie italiche, a cui abbiamo fatto il callo, non c'e' di che

preoccuparsi. Noi facciamo notare che non han liberalizzato quantitativamente

nulla e che di propaganda mal impostata e dirigiste si

tratta, ben consapevoli d'andare contro corrente anche fra gli economisti

italiani. Anche a questo ci abbiamo fatto il callo ... Un signore, il cui nome per non maramaldeggiare non ripeteremo, ha persino

dichiarato che «Sotto il lenzuolo non c’è un topolino, ma un buon cane di razza,

un cane da guardia». Cosa non si dice per sopravvivere ...

Qualcuno

piu' pacato di noi vede in questo decreto uno spiraglio positivo, un segnale

d'inizio, un ce n'est qu'un début, continuons le combat ... puo' darsi,

tutto e' possibile: l'Italia e' paese che spesso sorprende, anche se spesso non

dal lato che uno gradirebbe. Magari Casini e la Lanzillotta, con l'aiuto dei

Volenterosi, aiuteranno i Prodi Bersani a far crescere un movimento bi-partisan

e seriamente liberalizzatore, di cui questo decreto e questo DDL saranno poi

visti come le lungimiranti sementi. Magari Berlusconi ascolta il saggio suggerimento, e comincia a fare opposizione utile ed attiva, ossia facendo proposte serie invece di propaganda vuota ma uguale e contraria ... Tutto e' possibile, in teoria, ed il Bel Paese e' popolato da gente saggia ed astuta al contempo.

Nell'attesa che qualcuno di essi, piu' astuto e piu' saggio di noi, approfitti di tale

opportunita' e compia il miracolo, noi continuiamo a predicare nel deserto che

sarebbe cosa buona e giusta se cio' accadesse.

Gutta cavat lapidem, consumitur

annulus usu

 

 

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Commenti

Ci sono 44 commenti

La cosa davvero deprimente in tutto questo can-can è appunto la cialtroneria (ho cercato attentamente altri termini ma non mi è venuto in mente alcunchè) di un'opposizione che, invece che fronteggiare il governo smascherando delle iniziative assolutamente risibilie proponendo liberalizzazioni concrete, ammicca alle varie proteste che si stanno mettendo in piedi...

DEPRIMENTE :(

si e' vero non c'e' cosa piu' cialtrona di fronte ad un governo che fa liberalizzazioni fasulle (e le vende, grazie al suo can can mediatico (PRP), come la rivoluzione d'ottobre), nazionalizza le reti, vende alitalia con il solito processo "perdite pubbliche, profitti privati", alza due punti di pil di tasse, ferma la riforma della scuola, annuncia che mai e poi mai si riformeranno le pensioni (e si attende lo sforo della legge biagi) di un'opposizione che delude.

ma quando c'era il Cav. al governo il piu' cialtrone era il governo o l'opposizione? no, giusto per capire.

(oh so' quasi ironico)

 

Oh voi insensibili economisti dell'acqua dolce, affamatori del popolo, obliteratori dei bisogni delle famiglie, proni ai voleri del capitale.

Non avete visto che l'associazione consumatori ha detto che le famiglie risparmieranno dai 500 ai mille euro all'anno? Ecco quelli sono profitti dei vostri cari capitalisti che ritornano nelle tasche della povera gente.

(oh so' ironico eh?)

 

La Repubblica riporta un'interessante "istant polling " delle opinioni degli italiani sulle norme del decreto+DDL.

Dateci un'occhiata, se ne avete voglia ovviamente, e ditemi se raggiungete le mie stesse conclusioni. Ovvero che cio' che alla gente piu' "piace" non sia il fatto che si crea o meno competizione e concorrenza, ma che ti viene "qualcosa in tasca subito" o che "paga quell'altro", possibilmente una grande ed anonima azienda - tipo le Poste :-). Tutti sono infatti contenti che sia vietata la ricarica, il provvedimento forse piu' stolto e populista dell'intero pacchetto, o, ancor piu', che le date di scadenza dei cibi vengano rese piu' evidenti o che le Poste debbano darci dei soldi se non ci consegnano lettere e pacchi - entro che termine di tempo? Come faro' a provare che mi hanno perso la lettera in cui, quindici anni fa, Sharon Stone mi dicharava la sua grande passione? E quell'altra in cui Soros mi invitava a speculare assieme a lui contro il cambio di Sterlina e Lira, nel 1992, prestandomi pure i soldi? 

A proposito di Poste che pagano la penale: che abbiano anche introdotto normativa e raggiunto accordi sindacali per punire e licenziare i dipendenti delle Poste che perdono le missive o lavorano male, e per premiare quelli che invece fanno il contrario? O e' solo una tassa ulteriore sul cittadino medio per continuare a mantenere pubblica un'azienda di nullafacenti?

 

 

Caspita questa delle Poste mi era sfuggita...

 

Le privatizza e le liberalizza? Sembra di no, ci racconta il sempre attento Francesco Giavazzi. Guarda caso la rete della telefonia fissa e' meglio in "mano pubblica" ... 

I facchini sono un settore strategico, non la telefonia. 

 

Leggo nel programma "Per il bene dell'Italia" , pagina 130:

 Nei servizi a rete (energia, trasporti) la proprietà delle

reti deve rimanere pubblica.

Nel settore cruciale dell’acqua dovranno essere assunti

criteri di massima sensibilità, di precauzione, di forte

investimento programmatico. In questo caso la distinzione

fra rete e servizio è più complessa. Entrambe le funzioni

dovranno dunque rimanere pubbliche.

Crediamo inoltre nell’assoluta necessità di effettuare

robusti investimenti nel potenziamento e ammodernamento

delle reti idriche, soprattutto nel mezzogiorno dove i cittadini

e gli utenti finali hanno ancora gravi e diffuse difficoltà

di accesso all’acqua.

Poi se qualcuno nutre ancora speranze, per favore lo invito a leggersi il papocchio sulla POLITICA INDUSTRIALE a partire dalla pagina 120 del programma per il bene dell'Italia. 

Stanno attuando il loro programma. Tutto qua. Per il bene dell'Italia.

 

Ho alcune domande sui benzinai.

Una prima domanda empirica riguarda le effettive possibilità di riduzione del prezzo. Voi dite che il margine di profitto è comunque ridotto, il 2%. Mi sembra un livello incomprimibile e che testimonia comunque un'accesa concorrenza nel settore, per cui è legittimo essere scettici sul risultato della liberalizzazione. In un articolo su lavoce.info Polo e Scarpa offrono una stima diversa, dell'ordine di 10 centesimi al litro. Questo lascia supporre una consistente riduzione dei margini di profitto. Per il consumatore significherebbe una riduzione del costo del 'pieno' non del tutto irrilevante, intorno a 5 euro. Avete idea delle ragioni della discrepanza? Una possibilità è che Polo e Scarpa siano più ottimisti sui guadagni di efficienza, ma non sono sicuro.

Per quanto riguarda la parte teorica, l'argomento che avanzate sul pericolo di eliminare la frangia competitiva è, se capisco bene, un argomento di predatory pricing. L'idea è che i grossi distributori (le catene dei supermercati), essendo più efficienti, possono price the independents out of the markets. Si noti che, per essere predatory, il prezzo più basso non deve essere dovuto ai costi più bassi (il che è legittimo e auspicabile) ma essere il risultato di una strategia tesa a ridurre il numero di concorrenti.

Predatory pricing è assai controverso tra gli economisti industriali, credo sia stato Stigler il primo a confutare l'argomento nella versione più naive. In sintesi l'idea è che è difficile che convenga sopportare perdite per buttare gli altri fuori dal mercato se non si è molto più efficienti, e se si è molto più efficienti allora non c'è bisogno di fare predatory pricing. Predatory pricing si può giustificare quando c'è asimmetria informativa dei costi (con asimmetrie informative everything goes...) ma questo non mi sembra il caso in un settore con tecnologia così semplice e nota.

L'argomento in base al quale la legge fa aumentare i costi dei 'piccoli' mi sembra anch'esso un po' debole. Non ho letto la legge, ma il link al Sole 24 ore parla solo dell'obbligo di annunciare i prezzi all'ingresso delle autostrade, che è quello che si vede normalmente in Francia. Questo renderebbe anche più sensato il riferimento alle condizioni di traffico. Ma anche se l'obbligo fosse per tutti i benzinai, quali sono le sanzioni in caso di mancata ottemperenza? Sembra una di quelle dichiarazioni di buona volontà senza effetti reali, e quindi senza impatto sui costi.

 

 

qualcuno ha fatto i conticini su da dove derivino i maggiori costi che il benzinaio carica sul consumatore. La risposta è sempre la stessa.

Comprimere il margine di profitto servirà a poco.

 

Siccome l'articolo di Giavazzi e' davvero preoccupante oltre che deprimente, per tirarmi un po' su ho fatto una veloce ricerca su google sul tema delle distanze minime fra esercizi commerciali. Ecco un riassunto.

Per i punti di raccolta del totocalcio, la distanza minima e' di 250 metri.

Il Comune di Bologna ha un regolamento dell'attivita' di barbiere, parrucchiere, estetista che oltre a regolare nel minimo dettaglio il tipo di prodotti che si possono vendere, e come si devono esporre, eccetera, contiene anche una sofisticatissima (!) regola per la determinazione della distanza minima. In particolare, D = radice quadrata di [(S x Q)/P] in cui:

D rappresenta la distanza minima (in metri lineari)

S rappresenta la superficie della zona (in mq.)

P rappresenta la popolazione residente

Q rappresenta il numero ottimale di residenti per ogni esercizio

A Firenze invece la distanza minima fra estetisti e' di 150 mt (distanza piu' breve).http://www.comune.firenze.it/comune/svil_economico/estetista/istr_estetista.htm


A Poggibonsi, il regolamento comunale delle sale giochi impone una distanza minima di 500 mt da altre sale, e di 500 mt da chiese.

A Rovereto, i pubblici esercizi (che vendono pizze, fast food, ma anche pasti tradizionali) possono stare uno affianco all'altro nei centri storici, ma almeno a 40 mt di distanza l'uno dall'altro fuori dai centri storici.

A Torino, gli esercizi che vendono quotidiani e periodici devono stare dai 200 ai 400 mt. l'uno dall'altro (come minimo).

 

 

Domanda legittima, e non facile da rispondere. Pero' credo che utilizzando saggiamente Google, l'economia, la statistica ed il senso comune, tra Giorgio ed io ci siamo arrivati. Ed abbiamo imparato anche un po' di economia industriale applicata ... Anzitutto, quella di Polo e Scarpa non e' una "stima", la loro fonte dei dati e' un "si parla di". Meglio lasciar stare ...

Veniamo ai dati. Da uno studio di Donato Berardi, datato Marzo 2006 e guarda caso pubblicato sul sito de LaVoce, si evincono stime leggermente piu' precise [elaborazioni dello stesso su dati di fonte Ministero dell'Economia]. Egli riporta l’evoluzione nel tempo [2001-2005] dei margini di distribuzione, misurati dalla differenza tra il prezzo industriale ("alla pompa", come specifica nel paper) del prodotto raffinato e la sua quotazione internazionale di riferimento. Berardi dice che "I margini sono destinati a remunerare l’attività di distribuzione sul territorio, ossia la compagnia petrolifera e il distributore finale." Insomma, i margini che riportiamo sono il "surplus" che deve coprire le spese di distribuzione del carburante sul territorio, i "profitti" che compagnie petrolifere e distributori all'ingrosso del carburante ottengono da questa attivita', ed i costi e "profitti" dei gestori di pompe di benzina. Ho messo "profitti" perche' sono da intendersi nel senso contabile, non economico.

I dati di Berardi, Figura 4, dicono che tale margine oscilla intorno ai 14 centesimi al litro sino al 2004 e sale a 15 da allora. Questo ci da' il tetto massimo (ovviamente non raggiungibile a meno di non andare a fare self-service direttamente ai serbatoi delle raffinerie) dei risparmi possibili. A questo punto si tratta di stimare quanto di questi 15 centesimi siano costi incomprimibili e quanto sia spreco dovuto alle inefficienze dei piccoli distributori.

Vediamo alcuni indicatori oggettivi e di fonte altra dal "si dice" e "si parla".

Qui trovate notizia dei primi ipermercati che vendono benzina, nel 2005. Questo conferma, anzitutto, che la legislazione evidentemente gia' lo permette, come avevamo sostenuto. E' oscuro, quindi, che cosa questo DDL fara' per renderlo piu' facile. Non abbiamo visto alcuna delucidazione da nessuna parte, speriamo non siano agevolazioni fiscali ... Ad ogni modo, al momento del lancio la CONAD offre la benzina (self service) a circa 10 centesimi di meno di quelli medi giornalieri comunicati dalle compagnie petrolifere al Ministero delle Attivita' Produttive.

Questi ultimi li trovate qui, e da questi prezzi si evincono tre cose - girate un po' per il sito per verificarle. Le due piu' banali sono: che i prezzi comunicati al Ministero dalle compagnie petrolifere sono uguali al centesimo e si discostano solo nei millesimi (collusione o concorrenza perfetta?), e che la differenza fra prezzi self-service e prezzi comunicati e' di circa due centesimi al litro. Quindi, da quei dieci togliamone due ed andiamo a otto.

Poi c'e' il terzo fatto, che e' piu' interessante: se guardate le colonnine verticali (sulla destra, nel sito) noterete che fra il prezzo piu' alto e quello piu' basso offerti da varie catene di distribuzione, compagnie petrolifere, super/iper-mercati ed indipendenti, la variazione e' di circa ... otto centesimi! E che gli indipendenti sono, in tutte le graduatorie, giusto nel mezzo: 4/5 centesimi piu' costosi del miglior prezzo, e 3/4 centesimi piu' economici del peggiore (sempre uno di una grande compagnia petrolifera).

Insomma, anche assumendo che la CONAD potesse mantenere il prezzo di lancio per sempre, cosa che dubitiamo, il risparmio sarebbe, nella migliore delle ipotesi, di circa 8 centesimi sulla petrolifera piu' costosa e di circa 4 sulla media degli indipendenti.

Ora, sempre sullo stesso sito (andate in fondo alla pagina) trovate la lista dei migliori offerenti. Anzitutto, ci sono molti ipermercati (ulteriore prova che GIA' la vendono la benedetta benzina!) ma anche molti indipendenti! Ci trovate, un po' piu' sotto, anche i peggiori offerenti: quasi tutti grandi compagnie petrolifere! Insomma, i dati mostrano che, delle due l'una: o gli indipendenti sono efficienti tanto quanto le compagnie e quasi tanto quanto la GDO, o si accontentano di redditi e margini netti ben minori!

Dallo stesso studio di Berardi si evince che lo scostamento medio dei prezzi alla pompa in Italia ed in Europa sono di ... quattro centesimi (vedi Fig. 2).

Noi abbiamo detto tre centesimi, basandoci su stime delle associazioni esercenti (Faib). Le associazioni consumatori ne sbandierano sette. I dati qui riportati dicono che ottenere sette centesimo di meno in media sarebbe un autentico miracolo ... Insomma, noi rimaniamo dell'opinione espressa: ben che vada, tre centesimi in meno al litro sono, ed una volta per tutte.

Per quanto riguarda i costi aggiuntivi: cosi' dicono gli articoli dei giornali e le dichiarazioni del governo. Dicono che richiederanno ai benzinai di informare (anche via radio!!) sui prezzi degli altri benzinai! Se poi dicono belinate, beh: che i giornalisti imparino il loro lavoro. Noi prendiamo la notizia per vera, e chiediamo: perche? Tu quando vai dalla Sora Norma a farti gli spaghetti con le acciughe, che ci trovi? Un foglietto in carta patinata con i prezzi degli spaghetti con le acciughe nei ristoranti concorrenti? Forse che il tuo barbiere e' tenuto ad informarti che cinque isolati piu' in la' c'e' un signore che ti fa lo stesso servizio a due euro di meno? Suvvia ...

Vale la pena far notare, infine, che l'Antitrust insiste da parecchio tempo sul fatto che le compagnie petrolifere si dedicano a pratiche oligopolistiche, vedasi qui per una rassegna. Allora ci chiediamo: perche' questo governo e la sua Anti-trust non vanno giu' duri sulle compagnie petrolifere ed il loro eterno colludere, cosa che da decenni (si viveva ancora in Italia e se ne parlava) riemerge? Perche' non multare selvaggiamente i petrolieri (ENI dei cari amici inclusa!) invece di farsi propaganda populista a buon mercato prendendosela con quattro benzinai morti di fame - e nemmemo evasori fiscali, visto che vendono materiale ben controllato dal fisco? Davvero, a che serve tutto questo can can?

 

 

L'argomentazione di predatory pricing e' spinosa, ma non e' quella che avevamo in mente. L'argomento e' piu' semplice. Si basa su due osservazioni banali, e su di un'ipotesi non ovvia (ma quasi, vista l'evidenza empirica menzionata sopra).

Osservazione banale No. 1: vi sono costi fissi di entrata nel mercato dei benzinai, che per il momento i piccoli indipendenti hanno "sunk" (ossia, hanno gia' il distributore) ma che, per chi vuole entrare, non sono banali.

Osservazione banale No. 2: il mercato della distribuzione della benzina e' composto di "nicchie" locali, con competizione monopolistica intensa ma localizzata a sub-aree e/o assi di movimento. Un distributore extra ad Assago non fa nessuna competizione ai distributori di Monza. Una pompa in piu' sulla A4 non fa concorrenza a quella sulla A27 che usiamo sempre.

Ipotesi: le grandi compagnie petrolifere colludono in maniera oligopolistica, e non e' impossibile che anche la GDO lo faccia.

Gioco dinamico, fase 1. Si facilita l'entrata della GDO e delle grandi petrolifere (scordiamoci il fatto che gia' ci sono, seguiamo le ipotesi che il governo ed i suoi menestrelli raccontano sui media), le quali, perche' piu' efficienti, (niente prezzi predatori, dunque) fanno uscire dal mercato gli indipendenti. Questi abbandonano i distributori, e si danno alla coltivazione delle barbabietole nel nord del Minnesota, con grande guadagno di efficienza per i consumatori, che ora comprano la benzina a circa 3 centesimi di meno. Bene.

Gioco dinamico, fase 2.

Finito il repulisti le compagnie petrolifere e le GDO occupano le nicchie locali lasciate libere dagli indipendenti, ed attivano la coordinazione oligopolistica, portando i prezzi all'equilibrio desiderato dal loro cartello. Ossia piu' alti di quanto siano ora. A questo punto la frangia competitiva dovrebbe riapparire, se i margini del cartello sono troppo alti. Ma cosi' non e': le nicchie sono occupate, e poiche' occorre pagare un costo fisso per entrare non vi e' convenienza a farlo, o per lo meno ve ne e' molto poca. Nota che non serve fare prezzi predatori: basta impedirgli di pagarsi e remunerare il nuovo costo fisso d'entrata che devono affrontare.

Morale: la tralasciamo.

 

 

Un commento veloce veloce. Ieri ho assistito alle quattro ore del convegno inaugurale dei Volenterosi... Devo dire che la presenza di Pomicino, De Michelis e altre cariatidi mi ha molto depresso... L'aver affidato poi le conclusioni a Pezzotta non mi sembra - per usare un eufemismo - di buon auspicio.

Ma molti interventi sono stati interessanti, anche se - per esempio - la non nuova idea di ammortizzatori sociali, da  finanziare con l'innalzamento dell'eta' pensionabile e' in palese contraddizione con l'esigenza di procedere alla riforma del sistema pensionistico...

CMP

 

Da Gianni, che ha difficolta' a collegarsi, ricevo e cut&paste

<em>Ho appena

letto il vostro post e devo dire che sono abbastanza d'accordo con quello che

dite. Tuttavia l'analisi sconta un fattore "geografico" di non poco conto: tu

vivi negli States e io a Roma, Italia. Col che voglio dire che la differenza

di percezione delle cose modifica inevitabilmente i giudizi. Hai ragione

quando dici che quasi tutte le misure della lenzuolata toccano marginalmente

gli aggregati macro e non fanno massa critica; i "santuari" non sono stati

toccati significativamente; alcune misure sono populiste. Tutto vero. Il

fatto è che tuttavia un giudizio, altrimenti negativo, diventa almeno

sufficiente se alle cose si guarda con occhio da "indigeno". Ti spiego

meglio. Sono giovane, ho 28 anni, sono laureato in economia e all'università

ho mangiato pane e libero mercato. Poi comincio a lavorare e noto che in

Italia di concorrenziale c'è forse solo la ressa per fare la corte alle belle

ragazze ( ma forse manco quella, vedi vallettopoli). Seguo i lavori di 5 anni

di un governo di centrodestra e noto che di liberalizzazioni non ce n'è

traccia. Un esempio? La riforma delle professioni: 5 anni di pantomima parlamentare (quando Berlusconi, si noti, ha avuto la maggioranza

parlamentare più schiacciante della storia

repubblicana). <em>

<em>Poi arriva questo

governo e qualche cosa, anche se minima o ambigua, comincia a farla. Ho visto

tassisti menare i miei colleghi [giornalisti, NdBoldrin], i farmacisti caricare il cordone della polizia e i

commercialisti panciuti sfilare ai Fori imperiali come gli autonomi nel '77.

E proprio adesso i benzinai minacciare un blocco pazzesco (due

settimane!!!!!). Insomma, le cose si possono riassumere così: in una scala da

0 a 100 anche arrivare a quota 10 può essere un successo se si parte da 0. E'

ovvio poi che vista da quota 80 la vicenda assume connotati ridicoli. Ma

purtroppo la situazione politica italiana è questa. Ti sembra normale che gli

economisti promarket devono schierarsi per il centrosinistra? Ti sembra

normale che Giavazzi cerca di convincere i parlamentari dell'Unione che le

liberalizzazioni, la concorrenza e la meritocrazia sono valori "di

sinistra". No che non lo è. Ma in Italia il

danno più forte che Berlusconi ha

fatto con la sua discesa in politica è stata l'uccisione in culla di un

centrodestra moderno e "normale". E che magari avrei votato anche io e per il

quale avrei scritto. <em>

E quest'ultima, in particolare, la sottoscrivo al 101%: ero anche io pronto a dare una mano nel 1993, fosse nato dalle ceneri della DC un centrodestra "normale". Invece no, e' arrivato l'erede (o il vero padrone?) di Craxi e se l'e' pappato a fini personali. E ci son corsi dietro tutti, i topi, al pifferaio magico ...Ma il fatto che sia successo, e che sia successo cosi' rapidamente e totalmente, non richiederebbe una riflessione molto seria? Sulla "destra italiana", voglio dire, la sua cultura (or lack of it thereof), ideologia, i suoi specialismi, e la sua base sociale. Faremo anche quella. Domani pero', ora andiamo a dormire altrimenti Fausto si spaventa quando arriva di prima mattina italica e mi trova ancora qui ...

 

 

A me pare che il commento di Gianni sia importante. Dice (re-interpreto, forse arbitrariamente): e' vero che queste liberalizzazioni son poca cosa, ma il simbolo, l'effetto segnale conta". Io credo che questo sia un punto importante, perche' e' vero che i simboli contano, ed e' vero che la destra non ha mai fatto nulla per avere in piazza commercianti e professionisti (ma ha avuto insegnanti e magistrati).

Io pero' sono pessimista (tendo a esserlo ultimamente) anche sull'aspetto del simbolo. Io credo che le liberalizzazioni una professione alla volta siano una cosa terribile, e non mandino il segnale giusto. Non mandano il segnale che i guadagni per il paese dalle liberalizzazioni sono  vasti ed estesi, che per una grossa rendita persa ci sono cento/mille guadagni per ciascuno (piccoli, ma cento/mille). Invece mandano il segnale che ci sono alcune professioni  che esagerano, e che quindi puniamo. E' ovvio che queste professioni, 1) perdono solo (non e' che i taxisti compensano la perdita di valore delle loro licenze dovuta al loro raddoppio in numero con un mucchio di tagli di capelli il lunedi'  che finalmente i parrucchieri sono aperti), 2) si sentono attaccate arbitrariamente, e vanno in strada.

Io capisco che cambiare tutto in un sol colpo e' la tipica cosa che chiunque ascriverebbe alla follia teorica degli accademici che non capiscono come va il mondo. Ma secondo me non c'e' altra soluzione. Lo stillicidio delle liberalizzazioni, dal punto di vista simbolico e di segnale fa un gran male. Non conosco esempi di liberalizzazioni fatte un poco per volta, onestamente. Ma qui puo' essere semplicemente che sono solo ignorante.

 

Per quanto riguarda la riflessione sul centrodestra, mi viene da dire "E' l'unico Centrodestra che abbiamo...".

Penso sia piu' facile partire da questo centrodestra e sperare che converga verso le nostre aspirazioni (in fondo Berlusconi non e' immortale...o si'?), piuttosto che pensare che la 'rivoluzione' in Italia la faccia questa sinistra-centro.

Che ne dite?

 

Nella conta dei goals, sto con Alberto. Dal punto di vista aggregato questo governo ha fatto molti piu' danni economici in sei mesi che quello di Berlusconi in cinque anni, non ci piove. Se ne hai voglia, Gian Luca, estraiamo davvero il pallottoliere, quello con dentro le CPU, e proviamo a fare due conti. Sul piano aggregato ed economico, insisto.

Nell'analisi sulle intenzioni di questo centro sinistra, pure sto con i pessimisti: ci vuole davvero tanta fede religiosa a non notare che Prodi ed amici baciapile stan occupando il sistema bancario e delle grandi infrastrutture, mentre Bersani fa fumo di copertura attaccando parrucchiere, tassisti, facchini, e forse anche pizzicagnoli e notai dai ventri obesi e dalle mani sudate ... Suvvia, che se Berlusconi ha lavorato pro-domo sua, e di Previti, per cinque anni, Romano sta dimostrando di non essere da meno ... Bazoli mica e' amico di Berlusca, e neanche mio.

Sul fatto che il problema della destra italiana non sia solamente Berlusconi, non ci piove. E nemmeno quel minus habens di Bossi, ne' l'ex (si fa per dire) fascista vestito a festa di Fini con codazzo di Storace e Mussolini sono, di per se', il problema. Loro non sono il problema, loro sono la manifestazione del problema, esattamente come Prodi, Bertinotti, Cento, Damiano e Pecoraro Scanio sono la manifestazione del problema della sinistra italiana. Quest'ultima vuole ancora i Soviet, le assemblee di fabbrica, il non lavoro, Che Guevara, riprendersi la citta', fare cose veder gente, la casa in campagna e riprendersi la citta', eccetera. Per questo elegge personaggi di tal fatta, perche' promettono le cretinate che i loro frustratissimi elettori sognano, e mai avranno.

Ritorniamo alla destra, per una volta, perche' l problema della destra italiana, e su questo ha ragione Gian Luca, son altrettanto gravi e sono probabilmente la vera ragione per cui il liberalismo in Italia mai ha attecchito. E' vero che la destra italiana e' quella di sempre: nostalgica del Fascio dei tempi buoni (fine anni 20 ed anni 30) quando avevamo un posto al sole e c'era lui, oltre al papa benedicente e sovrano. Quella la nostalgia, la cultura, l'ideologia, i valori e soprattutto, quello il referente socio-economico della destra italiana. Da li' vengono, li' si son formati, li' ritornano a trovar conforto e stimolo.

Chiedendosi cosa avrebbe permesso d'introdurre l'AmeriKanismo (vi lascio indovinare cosa intendesse con questo termine, la "K" l'ho messa io :-)) in Italia, Antonio Gramsci nei suo Quaderni dal Carcere (Primo Quaderno, Par. 135, Americanismo) faceva le seguenti osservazioni sulla politica economica del fascismo e sul ruolo delle corporazioni. Osservazioni che io trovo incredibilmente attuali, e che aprono uno squarcio sulla cultura e gli interessi economici della destra italiana:

 

L'americanizzazione richiede [...] lo Stato liberale, non nel senso del liberalismo doganale, ma nel senso piu' essenziale della libera iniziativa e dell'invidualismo economico [...] La sparizione dei redditieri in Italia e' una condizione del rivolgimento industriale, non una conseguenza: la poltica economico-finanziaria dello Stato e' la molla di questa sparizione [...] Non pare che questa sia la direzione attuale della politica o stia per diventarlo. Anzi. Lo Stato va aumentando i redditieri e creando dei quadri chiusi sociali. In realta' finora il regime corporativo ha funzionato per sostenere posizioni pericolanti di classi medie, non per eliminare queste e sta diventando, per gli interessi costituiti che crea, una macchina di conservazione dell'esistente cosi' com'e' e non una molla di propulsione.

 

Questo, purtroppo, i giovani di belle speranze e di sentimental affiliazione con la destra italiana, sembrano non intenderlo o non saperlo o non volerlo apprendere. La loro affiliazione appare sempre di piu' "ideologico-politica", ossia parte dell'eterna e ridicola lotta di fazioni, Guelfi verso Ghibellini, che martorizza la storia politica italiana, e la rende cosi' orrendamente fatua e socialmente dannosa. Basta vedere cosa questa gioventu' liberale abbia fatto, richiesto, proposto e preteso nei cinque anni di governo della destra per capire che le parole "liberalismo", "competizione", "liberta' individuali", "merito" hanno, nella loro bocca, un valore solamente polemico e simbolico, non fattuale. Basta guardare cosa fa, dice, predica la piu' grande organizzazione che tale gioventu' raccoglie, Comunione e Liberazione, per capire che costoro, purtroppo, allo stato corporativo e cattolico son rimasti e poca intenzione hanno di schiodarsi da tali nostalgie. Han solo appreso a camuflarle con la parola "liberalismo", ma mai vorrebbero dover vivere ed operare in uno stato per davvero liberale.

Questo, per me, il problema: pur aborrendo, perche' troppo bene ne conosco la struttura interna e la cultura, la sinistra italiana, non riesco a trovare ragione per identificarmi anche solo parzialmente con questa destra. Poiche' questo e' vero non tanto e non solo per me individualmente, ma per tutti noi e per l'intero gruppo socio-culturale a cui apparteniamo - che NON e' quello degli economisti accademici, ma quello ben piu' ampio della borghesia altamente qualificata e produttiva - il pessimismo cosmico di Sandro risulta ben difficile da contraddire.

Pero' ha ragione lui ancora una volta nel richiamo al Qujote. Se ricordate, quando si chiaccherava sull'idea nFA, il commento di Sandro per comunicare che ci sarebbe stato di sicuro fu qualcosa del tipo: "Sia mai detto che io mi neghi di partecipare ad una causa persa in partenza. Adelante."

 

 

 

Mi permetto di partecipare a questo dibattito scatenato dalla mia domanda.

A proposito dell'affermazione di Michele per cui il dibattito politico italiano e' afflitto da ideologismo: sono d'accordo, ma non ti sembra che anche parlare di 'rivoluzione liberale' oppure di parole come 'concorrenza' contenga in se' una dose di ideologia e, al limite, di estremismo?

Mi spiego meglio. Conosco bene la realta' americana e capisco che questi concetti siano li' ovvi e naturali. Comprendo anche che per formazione essi ci appaiono come la chiara soluzione ai problemi dell'Italia e dell'Europa. E sono d'accordo con te, probabilmente lo sono.

Ma il vero approccio pragmatico e non ideologico (e qui l'economia dovrebbe cedere il passo alla politica) impone di chiedersi come possiamo applicare queste misure in un contesto europeo che storicamente non e' aduso a tale organizzazione dei rapporti sociali. Al contrario dell'America della Frontiera e dell'immigrazione da tutto il mondo, qui parliamo di Paesi in cui la forma prevalente di rapporti sociali era quella comunitaria: il mio vicino e' il mio simile, mi dispiacerebbe se dovesse soccombere nella competizione, quindi non competo con lui. Il fatto che poi questo comunitarismo sia degenerato in corporativismo, clientelismo, partitocrazia, e alla fine (come in Italia) homo homini lupus e' esattamente il motivo per cui il sistema deve essere cambiato. 

Ma ricordiamoci le origini... 

Siamo sicuri che la "doccia fredda" sarebbe il modo giusto per introdurre misure piu' liberali? Siamo sicuri che un approccio di tal genere non susciterebbe una reazione uguale e contraria in quei gruppi, e sarebbero tanti, che all'inizio ci perderebbero?

Probabilmente la politica di liberalizzazione dei mercati dell'Unione Europea, per quanto lenta e frustrante (e a volta contraddittoria) possa apparire e' ispirata dalla consapevolezza che in Europa tali misure si possono introdurre solo con la politica "dei piccoli passi". La speranza e' questi piccoli passi ci portino al traguardo prima del collasso...

Torno all'Italia, e al confronto destra/sinistra.

La critica principale mossa a questa destra e' l'origine storica nel fascismo, mi sembra. Mi permetto di ricordare che la destra in Italia preesisteva al fascismo e il paese l'ha governato (bene) nei primi vent'anni della sua esistenza. Certo poi c'e' stato il peccato del fascismo. Ma il fascismo in Spagna e' durato fino all'altro ieri, e vi chiedo: questo ha impedito ad Aznar di fare della Spagna quello che e' oggi (senza parlare di Paesi piu' lontani come il Cile)? Un altra critica e' la presenza dell'influenza della Chiesa Cattolica. Mi sembra che in Irlanda e in Polonia il Cattolicesimo sia ben piu' radicato che da noi, e questo non ha impedito a questi Paesi di fare passi importanti verso un'economia competitiva. 

Credo che alla fine si tratti di assumere una prospettiva storica. Storicamente il nostro Paese e' cattolico e comunitario e da li' bisogna partire. Non si puo' cedere al tipico vizio dell'economista e fare ipotesi semplificatrici: Assumiamo che l'Italia sia gli Stati Uniti...

Pero' la stessa prospettiva storica mi rende fiducioso nel fatto che alla fine anche  l'Italia diventera' un 'Paese Normale' (e mi dispiace citare D'Alema). Mi sembra l'equilibrio piu' stabile (certo se mi dimostrate che altri equilibri sono piu' stabili di questo sono disposto a cambiare idea)

E in questo paese normale ci sara' una destra liberale che, e gia' oggi ci sono le premesse (vedi fenomeno Nord Est), rappresentera' gli interessi dei ceti produttivi che aspirano alla competizione basata sul merito. Che non accettano che lo Stato si metta di traverso. Gli interessi di coloro i quali vogliono dimostrare con il proprio lavoro quanto valgono. Nell'arrivare a cio' si fara' comunque attenzione alla storia di questo paese: e' indispensabile per raggiungere il consenso politico. E di questo fa parte il Cattolicesimo e una certa misura di attenzione al 'sociale'.

Ci sara' pure una sinistra socialdemocratica. Magari questa sinistra pure si proporra' la  modernizzazione del Paese. Ma qualcuno dovra' pure rappresentare gli incumbents che sono minacciati dalla competizione. E dovra' pure rappresentare le forze della conservazione. E questo ruolo mi sembra che la sinistra sia ben pronta a svolgerlo. Se ne vedono gia' i semi oggi (leggi sindacalismo, banchierismo, e monopoli vari che sono le maggiori constituencies di Prodi).

Questo e' il mio punto di vista. Probabilmente pecco anch'io di ideologia e interpreto i fatti secondo la mia visione politica. Oppure sono troppo ottimista. Che ne dite? 

 

 

Ma il vero approccio pragmatico e non ideologico (e qui l'economia

dovrebbe cedere il passo alla politica) impone di chiedersi come

possiamo applicare queste misure in un contesto europeo che

storicamente non e' aduso a tale organizzazione dei rapporti sociali.

Al contrario dell'America della Frontiera e dell'immigrazione da tutto

il mondo, qui parliamo di Paesi in cui la forma prevalente di rapporti

sociali era quella comunitaria: il mio vicino e' il mio simile, mi

dispiacerebbe se dovesse soccombere nella competizione, quindi non

competo con lui.

 

Non credo che la questione sia quella. Intanto, gli Americani sono ben lungi dall'essere cosi' frammentati come spesso li si dipinge: la tendenza ad associarsi e' anche piu' forte che in Europa, come gia' notato da Tocqueville, anche se avviene lungo direttrici diverse. E poi, la Gran Bretagna e' anch'essa in Europa, e ha anche una forte tradizone sindacale. Eppure, oggi ha un'economia assai piu' dinamica e aperta al cambiamento di quella continentale.

 

Siamo sicuri che la "doccia fredda" sarebbe il modo giusto per

introdurre misure piu' liberali? Siamo sicuri che un approccio di tal

genere non susciterebbe una reazione uguale e contraria in quei gruppi,

e sarebbero tanti, che all'inizio ci perderebbero?

 

Se vuoi la mia opinione, l'Italia (e l'Europa continentale in generale) cambieranno registro solo quando si troveranno senza alternative, dopo una qualche sorta di collasso (che so, un'insolvenza almeno parziale del Tesoro, o tassi vertiginosi di disoccupazione): crisi di dimensioni piu' modeste, come l'essere costretti a svalutare, non sono piu' possibili dopo l'unione monetaria. Ed e' per questo che sono in disaccordo con le critiche di Michele alle politiche neo-Bundesbankesche della BCE: una politica monetaria piu' lasca toglierebbe ogni residuo incentivo per i governi della zona euro a riformare le economie, a partire dai rispettivi mercati del lavoro. Anzi, la BCE dovrebbe approfittare della sua indipendenza (come diceva, se non vado errato, Teofilatto Dei Leonzi, "E sì che se ne dole, ma a te che te ne cale?") e aumentari i tassi al punto da innescare una seria recessione, specialmente nei paesi piu' indisciplinati dal punto di vista della crescita dei salari. Senza pistole puntate alla tempia del governo, la prossima finanziaria conterra' ulteriori aumenti di spesa nel pubblico impiego e zero riforme serie. La Germania probabilmente evitera' questo travaglio, ma sull'Italia sono pessimista.

 

Un altra critica e' la

presenza dell'influenza della Chiesa Cattolica. Mi sembra che in

Irlanda e in Polonia il Cattolicesimo sia ben piu' radicato che da noi,

e questo non ha impedito a questi Paesi di fare passi importanti verso

un'economia competitiva.

 

La Polonia in realta' non sta messa affatto bene, specie se consideri le vagonate di soldi che le sono arrivate da EBRD, EIB, IMF, World Bank e altre agenzie; e dall'attuale governo degli ineffabili fratelli Kaczynski traspare una miscela di incompetenza economica, conservatorismo sociale e ottusita' nazionalistica da far sembrare il peggiore dei nostri democristiani un Adam Smith. Sull'Irlanda e come meglio imitarne l'esempio ho gia' avanzato qualche ipotesi poco ortodossa in un articolo precedente; certo che il Fianna Fáil autarchico dei tempi di de Valera, attorno agli anni '40 - '50, non faceva sperare molto bene...


 

un commento breve e disarticolato a un post lungo e ben articolato: Inghilterra e Irlanda (e ti risparmio Estonia, che addirittura comunisti erano etc.). l'esempio thatcher e' il piu' calzante (e non sai che fatica ho fatto negli anni ad arrivare qui, ad apprezzare la thatcher). il punto, secondo me (lo ho argomentato da qualche altra parte nel blog ma non ricordo dove) e' che la politica dei piccoli passi e' segnata in partenza. le liberalizzazioni una alla volta, per definizione, hanno costi alti per  un gruppo (le estetiste, i taxisti) e vantaggi minimi per tanti (i non taxisti e le non estetiste). Non c'e' speranza. C'e' bisogno di vantaggi seri per la maggioranza, e questi si raggiungono solo con liberalizzazioni in grande scala. non c'e' speranza altrimenti.

 

 

...ai commenti, rispettivamente, di Michele Enzo ed Alberto. Anch'io sono piuttosto pessimista.

 

Questo, per me, il problema: pur aborrendo, perche' troppo bene ne

conosco la struttura interna e la cultura, la sinistra italiana, non

riesco a trovare ragione per identificarmi anche solo parzialmente con

questa destra. Poiche' questo e' vero non tanto e non solo per me

individualmente, ma per tutti noi e per l'intero gruppo socio-culturale

a cui apparteniamo - che NON e' quello degli economisti accademici, ma

quello ben piu' ampio della borghesia altamente qualificata e

produttiva - il pessimismo cosmico di Sandro risulta ben difficile da

contraddire.

 

 (grazie, Enzo!).

Una considerazione. Se la "borghesia altamente qualificata e produttiva" come la definisce Michele condivide questa visione delle cose, allora perche' non produce persone che sono disposte ad entrare attivamente in politica e cercare di cambiare le cose? Sono cosi' alte le barriere all'entrata? Un motivo di ottimismo tempo fa venne costituito dall'elezione di alcuni sindaci che miracolosamente mostravano del buon senso - mi viene in mente solo Illy a Trieste sul momento, ma ce ne saranno stati sicuramente altri. Non si riesce a "leverage" questi successi a livello locale in cambiamenti a livello nazionale? 

 

Diverte (si fa per dire) notare che il "problema" benzina troppo cara persiste, finte liberalizzazioni notwithstanding. Diverte per svariati motivi.

1) Perche' avendo fallito completamente sul terreno liberalizzazioni questo governo cerca di mantenere in piedi una cortina fumogena "pro consumatori/lavoratori" attivando puntualmente delle mediatiche campagne contro la strega di turno. Ora e' il turno dei benzinai, prima era quello delle tariffe sui cellulari ...

2) Perche' - come Giorgio ed io avevamo notato al tempo senza dover essere "esperti" del settore, come invece i lautamente pagati tecnici del Ministero sono - i prezzi piu' bassi vengono offerti dalla frangia indipendente il che suggeriva e suggerisce (a) di non massacrarla con ridicole richieste aggiuntive (come invece il decreto Bersani faceva) e, (b) che qualche elemento di collusione fra le grandi compagnie deve pur esserci e che dovrebbe essere l'Anti Trust a occuparsene, non il Ministero dello Sviluppo a mezzo di legislazione incompetente.

3) Perche' e' una presa in giro dei consumatori: assumiamo che il prezzo italiano cali e diventi uguale alla media europea. Quale sarebbe il risparmio effettivo per i consumatori? Risibile, perche' dell'ordine del 5% della spesa per benzina. Il "caro-benzina" (ammesso e non concesso che esista) e' dovuto alla tassazione oltre che al crescente costo del petrolio. Prendersela con i costi di distribuzione e' pura demagogia populista.

4) Perche', infine, e' probabile che il "fatto" denunciato in grande pompa da Governo e stampa italiana, nemmeno sussista. La deviazione della media italiana da quella europea e' di circa 7 centesimi al litro, siccome un litro costa circa 135-136 centesimi questo implica che la differenza fra la media italiana e quella europea e' di circa il 5%. Non ho a mano i dati per calcolare la deviazione standard campionaria fra le medie nazionali dei 25 paesi della UE ma, se la memoria non mi tradisce, le differenze di prezzo fra i paesi dove ho comprato benzina (Portogallo, Spagna, Italia, Grecia, Austria, Francia, Germania ...) sono ben maggiori, dell'ordine del 15-20%. Questo suggerisce che un banale test statistico potrebbe rigettare l'ipotesi che ci si trovi di fronte a medie campionarie estratte da distribuzioni con differenti medie "vere" ... se trovo i numeri faccio il calcolo. Saro' malfidente, ma sospetto che ai lautamente pagati tecnici ministeriali questo non sia neanche passato per l'anticamera del cervello.

P.S. In una versione precedente avevo moltiplicato erroneamente i prezzi per dieci, facendo quindi risultare la deviazione italiana dieci volte piu' piccola di quanto sia! Grazie ad Enzo Michelangeli per aver notato l'errore. L'argomento non cambia molto, anche se ora vi e' qualche probabilita' che il fatto sia marginalmente vero. Debbo anche notare (devono essere gli effetti del calore ...) che la propaganda governativa si focalizza sui prezzi industriali, ossia prima dell'imposta, che sono circa il 30% di quelli finali. La differenza di 7 euro, in sostanza, corrisponde ad una differenza di circa il 15-18% rispetto al totale del prezzo industriale. Questo alza la probabilita' che si tratti di una differenza statisticamente significativa, anche se continuo a dubitarlo ... ad ogni modo, i dati paese per paese sembrano difficili da trovare. Rimane inalterata la sostanza: tanto fumo, pochissimo arrosto.

P.P.S. Sembro essere in cattiva compagnia nel fare errori. Il Corriere della Sera mette in linea una tabella di prezzi, e sono i prezzi finali, non quelli industriali ... da questi comunque si evince che i prezzi italiani (almeno quelli al consumatore) sono perfettamente in linea con quelli di Francia e Germania.

Il piu' divertente di tutti, comunque, riesce sempre ad essere questo signor Catricala' che di professione fa il presidente dell'Antitrust ed arriva sempre due giorni dopo affermando cose scontatissime ma in linea con quanto il Governo sta sostenendo nel particolare frangente. Oggi, per esempio, il Corriere ci informa che ha dichiarato la seguente ovvieta': «Le compagnie hanno margini per rendere più efficiente il servizio e ridurre il costo» aggiungendo che loro (l'Antitrust) un'istruttoria sulla questione l'hanno gia' avviata ... attendiamo ansiosi i risultati, come nei casi precedenti. 

 

 

Fermo, i conti li ha gia fatti qualcun'altro: 

epistemes.org/2007/01/19/liberalizzare-o-tagliare-le-tasse/&nbsp;

Un calcolo per tentare di dimostrare che le associazioni di consumatori basano le proprie lamentazioni su argomenti piuttosto fragili lo avevo fatto anch'io, tre mesi fa:

 

http://phastidio.net/2007/05/03/algoritmi-complessi/

4) Perche', infine, e' probabile che il "fatto" denunciato in grande

pompa da Governo e stampa italiana, nemmeno sussista. La deviazione

della media italiana da quella europea e' di circa 7 centesimi al

litro, siccome un litro costa circa 1350-1360 centesimi questo implica

che la differenza fra la media italiana e quella europea e' di circa lo

0.5%.

Ehm, non saranno magari 135-136 centesimi? 

I prezzi della benzina sono elevati? Ci informa il sottosegretario del Tesoro Grandi che la colpa é dell'oligopolio e non della tassazione dei prodotti petroliferi; vedi Corriere

 

Ma se le cose stanno come ci dice Grandi allora poiché:

-un oligopolio senza la partecipazione dell'ENI non é concepibile prima ancora che sostenibile;

-il Tesoro é l'azionista di controllo dell'ENI

ne consegue:

- o che l'azionista ha dato istruzioni affinché ENI massimizzasse i profitti, anche attraverso accordi di cartello, e però al sottosegretario non l'hanno detto;

- oppure che il Tesoro ignaro non si informa su quello che fa una sua controllata

- o, infine che l'ipotesi suggestiva di Grandi non ha nessun fondamento.

Se escludiamo la terza, il buon sottosegretario ha perso una buona occasione per tacere.

 

 

Simplex sigillum veri. Grazie per l'osservazione a cui non avevo pensato (sono cosi' fuori di sintonia con l'Italia che continuo a credere che l'ENI sia una compagnia privata e non di stato ...).

Per chi ha interesse nei dati. Ad Epistemes hanno cercato un po' di numeri - che io ho invocato tirando ad indovinare: grazie "ragazzi", avessi la vostra energia! - e chiarito che dal governo, oltre che prendersela con la Direzione Generale del Tesoro che invia direttive erronee al management ENI, stanno solo facendo un po' di rumore estivo. 

Cio' che in tutto questo mi rattrista (si fa per dire) e' che tutto questo can-can venga dal ministero di Bersani. L'unico fra i membri di questo governo che pensavo fosse una persona seria che cercava di governare e non far propaganda. Bah, siccome sono un ottimista assumo l'abbiano informato male i suoi tecnici, per una volta ancora ...  

 

Avevo invocato i dati, che non si trovano.

Pero' il mio super RA segreto qualcosa ha trovato, questi.

Sulla base dei quali sembra proprio che i 7 cents di differenza non siano statisticamente significativi. Come potete notare la volatilita' anche solo temporale e' notevole.

Nel frattempo i nostri eroi, dopo aver fatto propaganda a casaccio, han deciso d'introdurre il controllo dei prezzi mascherato da "sterilizzazione" l'IVA. In Italia la politica economica ha sempre dei nomi e dei sapori clinici, non so se avete notato ...

Sono curioso di vedere come decidono il prezzo di riferimento e quale sara' il meccanismo "incentive (in)compatible" per decidere quale parte degli aumenti di prezzo di mercato vengono sterilizzati via IVA, e quali no!

Qualcuno conosce qualcuno che fa da tecnico o consulente al Ministero dell'Economia? Dico sul serio, sarei curioso di sapere quali geni consigliano a VV e TPS queste scelte. Cosi', tanto per sapere con chi non perdere tempo a cena o al cocktail party la prossima volta che sono in Italia.

 

 

 

Viene anche proibita la commissione di massimo scoperto

 

Oggi la banca di mia moglie le ha comunicato che siccome e' stata abolita la commissione di massimo scoperto calcolata trimestralmente, al suo posto le addebiteranno una commissione sul fido pari allo 0.5% sull'entita' del fido, calcolata bimestralmente, Che paghera' sia che il fido lei lo usi, sia che il fido lei non lo usi.

Di fronte alle sue rimostranze, il funzionario della filiale le ha detto che al suo livello non poteva fare nulla e di parlare con qualcuno presso la sede centrale. Presso la sede centrale, quando mia moglie ha fatto presente che mi sarebbero aumentati i costi della gestione del conto corrente e che non aveva alcuna intenzione di pagarlo, le e' stato risposto che e' un costo che tutte le banche stanno applicando e che c'e' una sorta di accordo tra di loro, con tanti saluti alla concorrenza.

I nostri conti sono presso una banca locale, perche' abbiamo un rapporto piu' diretto coi funzionari che mostrano di seguirci in modo piu' "dedicato" di quanto avveniva presso grandi banche nazionali, dove la maleducazione e l'arroganza del personale si accompagnava a continui cambi delle condizioni d'uso senza preventiva informazione della situazione. La piccola banca di cui ci serviamo ora, almeno, ci avvisa in anticipo di quanto sta per applicarci.

A mia moglie il fido in questo momento non serve, ma le e' servito in passato, quando i pagamenti dei clienti del suo studio professionale hanno tardato qualche mese (e avendo lavorato con enti pubblici, i ritardi nei pagamenti hanno avuto tempi superiori ai 18 mesi), per cui le hanno fatto comodo. Ora il fido serve piu' come "paracadute" per eventuali emergenze che come strumento di lavoro, per cui probabilmente lo ridurremo drasticamente e tutto si limitera' ad una minore serenita' nel lavorare ed a minore capacita' di rispondere rapidamente alle richieste improvvise che comportino investimenti rapidi.

Giusto per parlare della portata delle "liberalizzazioni" e di come le banche aiutino i propri clienti in questo momento di crisi.

 

 

I nostri conti sono presso una banca locale, perche' abbiamo un rapporto piu' diretto coi funzionari che mostrano di seguirci in modo piu' "dedicato" di quanto avveniva presso grandi banche nazionali, dove la maleducazione e l'arroganza del personale si accompagnava a continui cambi delle condizioni d'uso senza preventiva informazione della situazione. La piccola banca di cui ci serviamo ora, almeno, ci avvisa in anticipo di quanto sta per applicarci.

 

Giusto per curiosità, anche la tua banca ti fa pagare (due euro, se non ricordo male) ogni volta che ti comunica il cambiamento delle condizioni?

Ma non hai diritto a rifiutare la modifica che propongono...mi sembra di si