Il signor Paolo Valentino, a corto d'idee e di notizie, cerca nei ritagli internet della stampa USA qualcosa da scrivere e scopre che McCain si trova davanti a un drammatico conflitto d'interessi, anzi due, a causa delle ricchezze della sua attuale consorte.
Il confronto che m'è venuto spontaneo è banale: il giornalista del Corriere pensa che
John McCain abbia un conflitto d'interessi. È possibile, anche se io
nemmeno riesco a capire dove il conflitto d'interessi sia (c'è un
problema politico di scelta tattica e d'immagine che si vuole dare, ma
è altra questione). Comunque il giornalista l'ha visto. Benissimo.
Ma
se McCain ha un conflitto d'interessi, allora cos'ha l'uomo BS? E
cos'hanno i vari Giuliano Urbani, Willer Bordon, Francesco Rutelli, e
via elencando membri della casta, destri o sinistri ch'essi siano?
Ma in Italia, a Milano, in via Solferino, nelle stanze alte: ma uno specchio per guardarsi e vergognarsi non ce l'hanno proprio?
Ovviamente quanto vale per via Solferino vale per gli altri indirizzi bene dove si fa la "buona informazione" italiana.
Gli italiani si rendono conto del livello a cui sono scesi, o no? Qualunquismo il mio? Qualunquismo un piffero: non è BS che fa il magnaccia, è l'intera casta politica che, come si sospettava vedendo la gente con cui s'accompagna e le cose che dice e fa, sembra dedicarsi alla seconda professione più antica. Il che spiega il loro bipartitico ed unanime ferreo attaccamento al "servizio" pubblico che la RAI fornisce.
Servizio pubblico, appunto ... Avessero almeno la decenza di riaprire i bordelli per il popolino!
Scusa, ma proprio non vedo, in questo caso, un conflitto d'interessi.
A me pare, invece, un'azione di marketing che deriva da una
coincidenza d'interessi tra due aziende private appartenenti alla
stessa proprietà, sempre che, naturalmente, ciò non violi la normativa
vigente in materia pubblicitaria, che non conosco: questa è, quindi, la
verifica da effettuare ed, eventualmente, la strada da percorrere anche
in termini sanzionatori.
Ben diverso sarebbe, evidentemente, il caso della medesima
operazione ad opera dei telegiornali RAI che, ferma restando
l'osservazione relativa al rispetto delle norme, immagino si
configurerebbe come una distorsione di risorse pubbliche a vantaggio di
un soggetto privato.
In realtà l'irrisolto problema di fondo rimane la situazione di
sostanziale duopolio televisivo, che dovrebbe essere modificata - il
grande quesito riguarda la modalità che, a mio parere, dovrebbe contemplare limiti ai singoli gruppi privati, accanto alla completa privatizzazione dell'attore statale, eventualmente pensando a "contratti di servizio" per garantire funzioni di pubblica utilità da definirsi - per consentire l'accesso al
mercato di altri operatori, al fine di ritrovarsi in un corretto regime
di concorrenza.
Non mi sembra, però, che tale percorso interessi veramente ad alcuno
schieramento: da un lato per ovvi motivi di convenienza personale e
dall'altro al fine di conservare una possibile arma politica,
puntualmente brandita nelle occasioni elettorali, con minacce di
riorganizzazioni epocali mai portate a conclusione.