In questi giorni, avvicinandosi la fine dell’anno giudiziario, la Corte Suprema statunitense sta snocciolando decisioni a raffica. Non sono un esperto costituzionalista, ma mi affascina spesso leggere la logica usata dai giudici nelle motivazioni delle sentenze, che qui chiamano “opinions”, che vengono pubblicate immediatamente assieme alle motivazioni dei giudici dissenzienti. Per capirle occorre fare un po’ di salti mortali, ma con un po’ di esperienza si riesce a capire il nocciolo della questione. Anche perché, alcuni concetti giuridici a parte (con questi wikipedia aiuta molto), le opinioni sono scritte in uno stile comprensibile ai comuni mortali (a differenza dello stile adottato dai giudici nostrani, che dovrebbero imparare a mettere un punto almeno dopo dieci subordinate). È un po’ come leggere l’Orlando Furioso: si inizia capendo poco, ma dopo dieci pagine ci si abitua al linguaggio e ci si comincia a divertire. Il divertimento, come cercherò di spiegare, è nello scoprire la logica e contro-logica delle opinioni di maggioranza e di quelle dissenzienti (lo so, lo so, piu’ nerd di cosi’ difficile diventarlo, chiedo venia). La decisione su cui mi soffermo oggi riguarda un caso di discriminazione sul lavoro, denominato AT&T v. Hulteen.