Viva l'Occidente e i suoi valori!

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Voglio dire l'Occidente illuminista, razionalista, liberale. Che crede nel diritto, nella separazione fra chiesa e stato, nel primato della giustizia. E che da i premi Nobel per la pace a chi, come l'avvocato Shirin Ebadi in Iran, difende i diritti delle donne.

Ho appena finito di leggere l'autobiografia di Shirin Ebadi, premio

Nobel per la pace 2003 che da anni lotta a Tehran per difendere i

diritti civili e umani delle donne, ma anche di dissidenti, prigionieri

politici, giornalisti, studenti che osano protestare contro la

dittatura della repubblica islamica iraniana.

Attraverso il racconto della sua storia personale (ragazza di buona

famiglia cresciuta sotto lo Shah, laureata in legge e nominata giudice

nel 1970 a 23 anni, partecipa alla rivoluzione di Khomeini nel 1979.

Nel 1980 le viene tolta la carica di giudice perche' donna, ed e'

costretta a lavorare come segretaria al ministero di giustizia. Nel

1992 ottiene di nuovo la licenza di avvocato e comincia a difendere

vittime (soprattutto donne e bambini) in casi di discriminazione e

abusi di diritti civili. Negli anni successivi riceve numerose minacce

di morte. Nel 2000 viene imprigionata dal regime per 25 giorni. Nel

2003 riceve il Nobel per la pace) si segue anche la storia recente

dell'Iran, dagli anni Cinquanta ai nostri giorni.

Faccio di seguito alcune considerazioni, cosi', a ruota libera.

L'orrore della dittatura islamica. I racconti della Ebadi sono

allucinanti. A parte le donne costrette a portare il velo, costrette ad

abbandonare posti di lavoro per cui sono piu' che qualificate,

costrette a subire la legge islamica (ma si veda il punto successivo)

che crea profondissime discriminazioni a proposito di divorzio,

custodia dei figli, attivita' patrimoniali, eccetera. A parte gli

oppositori del regime minacciati, imprigionati, molestati, torturati,

ammazzati. A parte la corruzione ed il clientelismo rampanti (sounds

familiar??). La cosa piu' allucinante e' la cosiddetta "polizia della moralita' " che

controlla che i veli non siano di colori troppo sgargianti, e che le

donne non si dipingano le unghie. A parte tutto, i contribuenti

iraniani dovrebbero ribellarsi ad un uso cosi' deficiente dei soldi

raccolti con le loro tasse. Ma forse la cosa che piu' mi disturba di

tutto questo e' che in fondo non e' una posizione molto diversa da

quella della Gardini, o della Mussolini, o degli evangelici cristiani

ultraconservatori, ecc. Uno dei motivi per cui piu' amo New York e'

proprio la tolleranza di fondo, il fatto che tu puoi essere bianco nero

verde giallo etero gay trans comunista figlio dei fiori repubblicano

neocon clintoniano monaco arancione testimone di geova pakistano

irlandese messicano wasp seminudo coperto col velo eccetera eccetera, e

a nessuno gliene puo' fottere di meno. Alleluia!

L'importanza del diritto e delle leggi. Questo e' pacifico, da

un certo punto di vista. Lo sappiamo tutti che uno stato di diritto e'

fondamentale. Il racconto della Ebadi sottolinea due aspetti a mio

avviso interessanti. Primo, che anche in una dittatura esistono

i tribunali, esiste il processo legale, esiste la possibilita' di una

difesa legale che a volte porta frutto e che puo' essere usata come

strumento di salvaguardia dei diritti civili degli individui. Il

secondo aspetto, ancora piu' interessante, e' che anche in una

dittatura fondamentalista islamica esistono i tribunali, il

processo legale, la possibilita' di una difesa legale. E la strategia

della Ebadi e' una di second best: dato che il diritto iraniano

dall'avvento di Khomeini e' basato sulla legge islamica, ebbene dato

questo vincolo esterno lei cerca di massimizzare lo spazio di manovra a

favore dei diritti civili, dei diritti della donna, della liberta' di

opinione. La strategia e' di fare uso delle diverse possibili

interpretazioni del Corano (che, come tutti i testi sacri, si presta

continuamente ad un ampio e mutevole ventaglio di interpretazioni) per

spingere posizioni secolari e liberali nell'applicazione della legge

islamica e, di riflesso, nel dibattito interno alla societa' civile

iraniana. Il che mi porta direttamente al punto successivo...

I movimenti di opposizione interni all'Iran, e il ruolo dell'opinione internazionale. Dal

racconto della Ebadi, come qualunque lettore attento delle vicende

iraniane puo' confermare, risulta chiaramente che la societa' iraniana,

pur sotto la dittatura, rimane una societa' viva, intellettualmente

attiva, capace di scambi e dibattiti anche vivaci e molto critici del

regime. Si sono formati nel tempo non solo numerosi movimenti

d'opposizione, ma anche un tessuto diffuso di "coscienza critica"

formato da intellettuali, scrittori, studenti, professionisti. Tutto

questo fermento ha portato ad una specie di "primavera di Tehran" fra

il 1997 e il 1999, con l'elezione di Khatami a presidente della

repubblica. La repressione del luglio 1999, ad opera dell'Ayatollah

Khamenei, e l'elezione nel 2005 di Mahmoud Ahmadinejad come presidente

hanno portato ad un riflusso, ma e' importante ricordare che permane in

Iran una societa' civile relativamente capace di opposizione e di

dibattito critico. Il ruolo dell'opinione internazione a sostegno di

tale opposizione e' cruciale, perche' legittima e rafforza l'operato di

persone come la Ebadi in difesa dei diritti umani e civili.

I maldestri atti di politica estera USA. Lungi

dall'intenzione di questa nota quella di essere un trattato di

relazioni internazionali! Due episodi pero' sono istruttivi, visti

attraverso i commenti della Ebadi, una che di certo non puo' essere

accusata di fanatismo religioso. Dal 1951 al 1953 l'Iran fu sotto la

guida del primo ministro Mossadegh. Questi, forte di un enorme sostegno popolare, nel

1953 nazionalizzo' l'industria del petrolio iraniana, diventando cosi'

immediatamente inviso a Gran Bretagna e Stati Uniti. Cosi' inviso che

gli USA, per mezzo della CIA, organizzarono e finanziarono un colpo di

stato nel 1953 per deporre Mossadegh e riportare al potere lo Shah Reza

Pahlevi. Nelle parole della Ebadi, questa fu una profonda umiliazione

per i cittadini iraniani, e di certo contribui' a fomentare odio o

comunque antipatia nei confronti degli Stati Uniti. Durante la guerra

fra Iran e Irak poi, dal 1980 al 1988, gli Stati Uniti sostennero

apertamente Saddam Hussein contro l'Iran, al punto da chiudere un

occhio quando Saddam adopero' armi chimiche contro i soldati iraniani.

Di nuovo, questa politica non appare molto saggia alla luce della

storia piu' recente, e non pote' che aumentare l'ostilita' iraniana nei

confronti degli USA.

Quale politica estera allora? Azzardo

alcuni suggerimenti. Visto che in Iran sembra esistere una societa'

civile attiva, intellettualmente vivace, e potenzialmente in grado di

riformare la repubblica iraniana dall'interno, sarebbe utile evitare le

caratterizzazioni monolitiche, che dipingono l'Iran come un paese

uniformemente pericoloso e parte di un asse del male. Sarebbe utile

fare leva su quegli elementi della societa' civile che appaiono piu' in

grado di tenere aperto un dibattito interno e di spingere verso

posizioni moderate e riformiste. Sarebbe utile adoperare il tema dei

diritti umani come chiave per rafforzare potenziali movimenti di

opposizione all'interno dell'Iran. Sarebbe utile mantenere dei canali

di comunicazione e di libera circolazione delle idee. Sarebbe utile non

dare ulteriori munizioni alla propaganda iraniana interna anti-USA, che

gia' puo' attingere a mezzo secolo di atti ostili da parte degli Stati Uniti

per fomentare le paranoie dei fanatici. La midterm election che ha

portato i Democratici al controllo del congresso pare stia inducendo

una correzione di rotta sulla guerra in Irak, che comporterebbe anche

l'apertura di un dialogo diretto con Iran e Siria. Fusse ca fusse la volta bbona!


 

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Commenti

Ci sono 37 commenti

Buonasera Giorgio, mi sa dire con un esempio concreto come si puo' "fare leva su quegli elementi della societa' civile", "adoperare (?!?) il tema dei diritti umani", "mantenere dei canali di comunicazione"? Se a queste vaghe buone intenzioni aggiungiamo l'immagine da Gaeta-Villani o Camera-Fabietti (noti manuali di storia dei licei italiani) dell'"Occidente che ci piace tanto", mi sembra onestamente che i toni del suo bel temino di attualita' ricordino le tante assemblee mensili delle superiori...Io ero tra quelli che restavano in classe a studiare...o, se proprio dovevo bigiare, avevo di meglio da fare che spararle grosse sul tema di varia umanita'/socialita' di turno...

 

> mi

sembra onestamente che i toni del suo bel temino di attualita'

ricordino le tante assemblee mensili delle superiori...Io ero tra

quelli che restavano in classe a studiare...o, se proprio dovevo

bigiare, avevo di meglio da fare che spararle grosse sul tema di varia

umanita'/socialita' di turno...

E come mai ha abbandonato queste buone abitudini, e ora perde tempo a postare commenti acidi invece di restare in ufficio a lavorare? 

 

Caro MICHELE,

onestamente non avevo idea di cosa fossero il camera-fabietti o il gaeta-villani, perche' il liceo non l'ho fatto in una scuola italiana, ma bensi' qui. Se vuoi leggerti qualcosa sulla filosofia di queste scuole, guarda pure qui. Per un esempio recente della loro attivita', guarda anche qui.

Ma la tua domanda e' legittima. Sull'efficacia della pressione internazionale in tema di diritti umani, il racconto della Ebadi sottolinea come in diverse occasioni la dittatura islamica abbia dovuto liberare (o astenersi dall'eliminare) suoi avversari politici proprio a seguito di una forte pressione da parte dell'opinione pubblica internazionale. E l'Iran e' solo un esempio.

Rispetto invece all'efficacia di cooptare delle componenti interne ad un paese terzo per perseguire i propri obiettivi di politica estera, la storia recente e' piena di esempi. Pensa all'utilizzo tattico e strategico della mafia siciliana da parte degli alleati in preparazione dello sbarco in Sicilia. Oppure alla cooptazione di elementi interni alla societa' civile (e militare) cilena da parte degli Stati Uniti per indurre il golpe del tuo amico pino. Oppure alla recente cooptazione di milizie locali e di elementi chiave del gruppo etnico Pashtun per rovesciare il regime dei Talebani in Afghanistan, nel giro di poche settimane.

Lo so, questi sono esempi "militari" mentre il mio pezzo suggeriva scenari "civili" o "pacifici". Di questi ultimi me ne viene in mente solo uno di concreto: il programma di borse di studio Fulbright per stranieri che il Dipartimento di Stato americano istitui' nel 1946. Lo scopo dichiarato di tale programma era di costruire dei legami personali concreti con potenziali leaders futuri di paesi con cui gli Stati Uniti volevano mantenere dei rapporti di "amicizia", cooperazione, eccetera.

In generale, rimango convinto che la sopravvivenza di una classe "media" in Iran, con alti livelli di educazione e di scolarizzazione, e con legami personali con l'Occidente (vuoi perche' tuo figlia e' emigrata in Canada, vuoi perche' hai rapporti di affari con societa' occidentali), sia cruciale per evitare la definitiva caduta dell'Iran in mano ai fanatici che controllano le unghie delle signorine e vogliono solo eliminare Israele dalle mappe.

 

 

Giorgio...mi consenti di dissentire totalmente sulla tua esaltazione della liberta' che si respira qui a NY?

 

La cosa che mi infastidisce maggiormente che qui il ragionamento e' "basta che non mi infastidisci e non limiti la mia liberta' e puoi fare e pensare cio' che vuoi.."

 

Se permetti, questa non e' tolleranza, ma relativismo morale, frutto di un maledetto giacobinismo che ha invaso tutto il mondo occidentate

Mentre la tua definizione di tolleranza è........?

 

Giacobinismo? I Giacobini tagliavano la testa a chi non giudicavano "incorruptible" come loro, e pertanto un ostacolo sulla via della virtu' ("La terreur n'est autre chose que la justice prompte, sévère, inflexible; elle est donc une émanation de la vertu"). Ai giorni nostri, dopo la felice estinzione del socialismo rivoluzionario, i loro autentici eredi sono i seguaci di Max Shachtman passati a destra: i vari Kristol, Podhoretz e assortiti sostenitori della "diffusione della democrazia" con la forza delle armi (e i soldi dei contribuenti). Altro che tolleranza liberale.