Le vittime dell'indulto di Mastella

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hanno nomi comuni e fanno lavori banali, come Salvatore Buglione, edicolante.

Questa (ossia che gli assassini di Buglione sono stati presi, sono quattro e tre di loro erano usciti con l'indulto di Luglio 2006) non e' la prima notizia del genere, sono cominciate praticamente due giorni dopo che Mastella, con il supporto della grande maggioranza d'un parlamento d'irresponsabili, aveva rimesso in liberta piu' di ventimila criminali. Ovvio, direte voi. Ovvio, dico anche io. Ma va ricordato, nonostante sia ovvio. E va ricordato, e lo ricorderemo, che sia il nostro senatore che i nostri deputati hanno votato a favore di tale vergognoso decreto.

Intanto, ci raccontano, Napoli brucia travolta da criminali di tutte le risme e dall'illegalita' dilagante. L'illegalita' ed il convivere con essa, sino a farsene travolgere, sembra essere diventata una passione tutta italiana, una specie di "death-wish" collettivo. Nessuno ne parla con preoccupazione, specialmente fra i politici. Nessuno sembra manifestare la seria intenzione d'intraprendere un qualche atto politico, di ripristinare la legalita', nelle sue forme banali e quotidiane, come precondizione della vita civile e dello sviluppo economico-sociale. Grida scandalizzate e populiste ad ogni stupro e rapina, seguite da passivita' totale del governo, dei prefetti, delle forze di polizia, dei partiti politici. Ed ogni tanto, con l'appoggio di tutti, da Bertinotti a Berlusconi, dal presidente della repubblica al presidente della CEI, un bel indulto in nome della giustizia e dell'umanita'. Perche' e' 'Pippotto' la vittima della societa', non Salvatore Buglione.

Perche' non chiedono a gran voce che il signor ministro della Giustizia si dimetta nell'ignominia che s'e' cosi' rapidamente e brillantemente guadagnato?

 

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Ci sono 8 commenti

La descrizione dell'Espresso si riallaccia alla discussione su questo sito in calce all'articolo sull'E-stonia. E cioe' che una delle condizioni fondamentali per lo sviluppo economico e l'afflusso di investimenti privati sia la presenza di legalita', di diritti di proprieta' certi, di giustizia che funzioni. Napoli sembra essere l'esempio estremo di cosa succede quando manca la legalita' e la volonta' politica di far rispettare le leggi. Il famoso indulto e' gravissimo proprio perche' segnala che tutto e' rinegoziabile, che le pene non sono vere pene, che non gliene fotte niente a nessuno se il tabaccaio viene massacrato o se il negoziante che non voleva piu' pagare il pizzo viene giustiziato.

A New York alla fine degli anni Ottanta la criminalita' era in forte aumento, scippi accoltellamenti rapine e omicidi erano pane quotidiano, e la gente aveva paura di prendere la metropolitana. La tolleranza zero del sindaco Giuliani, una forte azione di polizia, ma soprattutto la volonta' politica di non tollerare questa situazione e di non rimettere in circolazione criminali con le mani sporche di sangue hanno in pochi anni reso New York una delle citta' piu' sicure del mondo. Col perdonismo non si arriva da nessuna parte.

 

Oggi sul corriere

www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2006/09_Settembre/18/imar1sio.shtml

Sono davvero costernato. 

 

Grazie, Rabbi, della segnalazione. Prima che il link venga cancellato, faccio cut and paste da Il Corriere della Sera, 18 Settembre, 2006.

 

NAPOLI -

Lo svedese non lascia passare nessuno. Lo svedese fa il suo lavoro di

guardiano, si alza dal secchio sul quale è seduto in via Gerusalemme

Liberata, angolo via Miracolo a Milano. «Voi qui dentro non potete

entrare, è meglio se ve andate subito », intimamentre perquisisce con

lo sguardo l'interno dell'auto, come fosse un carabiniere. È il suo

collega sull'altro lato della strada che lo chiama «svedese», sarà

perché è biondo, alto e smilzo. È inutile dirgli cosa stai cercando. È

inutile insistere, perché lo svedese-vent'anni al massimo-alza la felpa

blu per mostrare il «ferro» e ripetere che da qui non si passa.

 Un anno fa lo scontro tra il clan Di Lauro e gli «scissionisti» procurò 57 morti in due mesi. A Secondigliano e Scampia (fonte Cgil) tre abitanti su 4 non lavorano, percentuale superiore del 30% a quella dell'intera Campania
  Un anno fa lo scontro tra il clan Di Lauro e gli «scissionisti» procurò 57 morti in due mesi. A Secondigliano e Scampia (fonte Cgil) tre abitanti su 4 non lavorano, percentuale superiore del 30% a quella dell'intera Campania  

Qui è Terzo mondo, nel senso del rione che fa da

cerniera tra Secondigliano e Scampia. È sabato sera, ore 21.30, a

Napoli e nel resto d'Italia la gente esce per strada, cammina, entra

nei bar. Tra questi palazzacci grigi non si può. Le strade non sono di

tutti. Solo di alcuni. A ogni incrocio c'è un guardiano e una macchina

parcheggiata di traverso, per costringere chi arriva a rallentare,

fermarsi. Andarsene via non basta, c'è sempre un'altra auto che ti

segue fino ai bordi di Secondigliano, finché non sei fuori, lontano

dalle case dei boss e dal mercato che devono proteggere.

A parte «loro» non c'è nessuno sui marciapiedi. Soltanto

un gruppo di ragazzi in coda davanti a un'inferriata a maglie strette

che delimita il perimetro di un altro edificio in via Gerusalemme

Liberata. Aspettano il loro turno per la «pallina», l'equivalente di un

grammo di cocaina, che da queste parti ha il prezzo più basso

dell'universo, 10-12 euro a dose. Il meccanismo è semplice e

collaudato: dall'altra parte del cancello lo spacciatore prende i

soldi, si allontana di poco per farsi passare la coca attraverso una

finestra, anch'essa chiusa con una grata, e poi la porta al ragazzo che

aspetta. Il percorso con la droga in mano è di una decina di metri, in

territorio protetto, al chiuso. Se arriva un'auto sospetta, si sbarra

il cancello esterno e ci si nasconde con calma nella pancia del

palazzo.

Senza parlare di cocaina non si può raccontare quel che

succede a Napoli. E la cocaina che arriva fin nei quartieri del centro

parte sempre e ancora da Scampia, da questi palazzi.

Un anno fa: 57 morti in due mesi, il risultato del

Vietnam scoppiato tra il clan dei Di Lauro e gli «scissionisti ». Teste

tagliate, madri uccise, corpi scempiati dalle torture prima del colpo

di grazia. Il «lasciamo che si ammazzino tra loro », sentimento molto

diffuso tra cittadini e forze dell'ordine, si mischiò allo stupore per

tanta atrocità. Scampia e Secondigliano finirono molto in alto nei

notiziari della sera, arrivarono tanti poliziotti e promesse di ogni

genere. Il 16 settembre 2005 venne arrestato il boss dei boss Paolo Di

Lauro. Ancora qualche delitto e poi la tregua, tutto in pochi giorni.

Sipario su Scampia.

Oggi: Lucia (il nome è di fantasia per motivi facilmente

comprensibili) è nel suo piccolo appartamento di fronte al «blocco H».

Tormenta con le mani un blister di psicofarmaci e racconta la sua vita

quotidiana che gira intorno a un figlio «addormentato» da salvare: «È

molto peggio di prima. Adesso ci sono i ragazzini che fanno i capi.

Vogliono fare paura, e ci riescono bene». Scampia ha il record italiano

per consumo pro capite di psicofarmaci, dicono al Presidio sanitario

locale. Lucia è una donna di 45 anni, suo figlio Mauro (nome di

fantasia) ne ha tredici. Racconta: «È amico di altri ragazzi che sono

figli di "quelli". A loro, i padri hanno regalato computer e telefonini

con video, e anche quelle macchine che si possono guidare senza

patente. Mauro mi chiede perché io non posso averli? "Quelli" glieli

regalano, lui torna a casa tutto contento. Gli danno dei soldi, pure,

per vestiti alla moda e motorino. Un giorno smettono e gli chiedono di

cominciare a guadagnarseli ». Il resto della storia sta in Mauro che è

appena uscito dal carcere minorile e sta nascosto, mentre Lucia si

aggira per le stanze dove l'altro giorno sono arrivati con mazza da

baseball e due spranghe a spaccare tutto, perché il ragazzo non ha

saldato i suoi debiti. «Io gli sto sempre addosso, ma lui ha occhi per

vedere. E vede che qui comandano soltanto "loro", loro hanno i soldi,

loro decidono a chi darli, lo Stato qui sono loro». A Secondigliano e

Scampia, dati della Cgil locale, tre abitanti su quattro non fanno

nulla, una percentuale superiore del 30 per cento a quella dell'intera

Campania, l'unica regione nella quale il tasso di occupazione non è

salito, anzi, è leggermente sceso, dal 44 al 43% nel primo trimestre

2006.

I due cortili del «blocco H» di Scampia sono un

supermercato della droga all'aperto e all'ingrosso. I palazzi con le

grate servono al piccolo spaccio, qui si entra dal primo spiazzo di

cemento e si esce con l'auto dall'altro, senza mai scendere. Fanno

tutto «loro». Una notte soltanto a Scampia e la mappa dei palazzi dove

si vende la droga assume contorni netti e precisi. Tutti sanno. Una

notte soltanto a Scampia e non si vede un'auto della Polizia in giro.

Eppure tutti sanno. Ogni tanto, quando l'attenzione dei media si alza,

c'è qualche prudente arresto, ma ai margini del rione. Finito il bagno

di sangue, il «Sistema» è tornato fare ciò che faceva anche in quei

giorni ad alta sorveglianza. Presidia un territorio che sente suo e che

gli serve come roccaforte italiana del traffico di droga, condiziona

ogni singolo movimento delle persone che ci vivono. Nel «blocco H» e

nelle famose «Vele» paga gli inquilini, interi palazzi comprati per

essere vedette, magazzinieri, ausiliari, in una parola: complici. A

Scampia lo Stato è arrivato, ha guardato e se n'è andato, dice amaro

Giovanni Corona, il magistrato che arrestò Paolo Di Lauro. «Continua a

non esserci nulla. Serve la prevenzione, ma sui nascituri, perché chi

ha oggi 5-6 anni è già perso ».

Applicato a Napoli, il genere apocalittico e

ultrapessimista trova sempre terreno fertile. Ma l'ottimismo è ormai

merce rara anche in chi per mestiere deve coltivare la speranza,

comedon Fabrizio Valletti, gesuita sessantenne che guida la parrocchia

di Santa Maria, in via Ghisleri, nel cuore di Scampia. L'unica chiesa

in Italia che sembra un bunker, con la porta blindata e le gabbie di

ferro per tenere lontano gli indesiderati. Qualcosa a Scampia c'è: una

rete di volontariato che produce piccole cose buone come il centro di

formazione per il lavoro e la cultura «Hurtado» dei gesuiti. Don

Valletti le chiama «piccole palme nel deserto», ma aggiunge di non

credere che sortiranno un effetto: «Qui manca tutto, compresa la

libertà individuale. La gente non è padrona della propria vita, in un

anno la situazione è peggiorata. Al Sistema camorristico andrebbe

opposto un altro sistema, quello dello Stato. Che alternativa diamoa

ragazzi che sanno di poter scegliere soldi facili e sporchi? Nessuna».

Non ci sono locali, non ci sono cinema, le distanze sono enormi, almeno

mezz'ora per raggiungere la stazione delmetrò. Ma se cedi la vita ai

clan, puoi accomodarti in uno dei tanti circoli privati costruiti

abusivamente dai clan: piscine riscaldate, solarium, sale multivision e

stanze da biliardo. Ne hanno sequestrato uno quattro giorni fa.

Il religioso chiede scusa del suo umore nero. È che ha

avuto una cattiva giornata. Marito e moglie sono corsi in chiesa a

chiamarlo. Nel palazzo dove vivono, i guardiani hanno fiutato un

allarme. Come sempre in questi casi, hanno chiuso i cancelli. Chi è

dentro ci rimane, chi è fuori pure, fino a nuovo ordine. Il figlio

piccolo della coppia era rimasto in cortile, da solo. La donna ha

chiamato i pompieri per tagliare i lucchetti. Sono gesti di ribellione

che si pagano. Il padre si è nascosto in chiesa. Dice don Valletti che

è brutto vedere un uomo piangere di paura. Anche se a Scampia capita

spesso.

Enzo d'Errico

Marco Imarisio

18 settembre 2006

 

 

I dati che ho trovato io (da una veloce ricerca e chiedo aiuto su questo a chi può aver approfondito maggiormente l'argomento) sono che la recidiva (cioè il commettere nuovamente crimini da parte degli scarcerati) è contenuta in poco più dell’11% e

ancora molto al di sotto dei suoi tassi ordinari e "fisiologici" (dal

60 al 68%).

Quindi direi che l'indulto ha funzionato, se visto con l'ottica dei suoi obbiettivi iniziali: permettere un detenzione "dignitosa" (cioè in strutture non straripanti) senza far ricadere le conseguenze sui cittadini (ed il basso tasso di recidivi lo dimostra).

 

La versione aggiornata dello studio al quale forse ti riferisci [qui in PDF] (che era stato condotto dopo sei mesi dall'indulto, a questo periodo si riferisce l'11%) parla di un 20% alla fine del 2007. Oggi la cifra e' probabilmente maggiore, ma in effetti siamo sotto il livello di precedenti indulti. Mi chiedo se questo non sia dovuto al probabile rimpatrio dei molti stranieri indultati.

L'aspetto interessante del (relativamente) basso tasso di recidiva e' che il fatto che le carceri siano oggi affollate come prima dell'indulto non e' dovuto, come dice il ministro Alfano, alla recidiva. Mi pare una mistificazione: le carceri non possono essere piene di recidivi. Sarebbe utile che il Ministero rendesse pubblici i dati aggiornati: qualche mese fa c'era una interessante sezione statistica sull'indulto, ma e' sparita. Peccato.

 

Non son certo che intendo la logica (tecnicamente: la funzione di utilità sociale) implicita in questo giudizio de "l'indulto ha funzionato".

C'erano due alternative.

1) Lasciare i delinquenti in galera e spendere un 500-1000 milioni di euro per costruire nuove prigioni.

2) Lasciarne liberi circa 22mila (e più) generando, secondo i dati riportati in questo commento e corretti/aggiornati da Giulio Zanella nella sua risposta al medesimo, almeno 5000 crimini aggiuntivi (valore stimato molto per difetto, come spiego alla fine). Molti di questi crimini sono consistiti di stupri, rapine, omicidi, ossia atti che non solo causano danni materiali e patrimoniali ma anche morali e psicologici gravissimi e difficilmente quantificabili. Anche calcolando, molto cinicamente, che un crimine "medio" abbia un costo sociale di circa 100mila euro (costa molto di più se pensate a tutto il lavoro di poliziotti e magistrati che genera, oltre ai danni alla vittima) siamo già a 500 milioni di euro , quindi abbiamo già pagato parecchie prigioni aggiuntive ...

Questo, ovviamente, senza contare il valore sociale della "giustizia", l'incentivo che così si crea per i futuri malviventi ed il fatto che, avendo rinunciato a costruire le prigioni, i delinquenti ora in galera vivono peggio di quanto avrebbero potuto vivere se gli indultati fossero rimasti dentro e si fosse scelta la strada numero 1).


A fronte di questi fatti sarei davvero curioso di capire secondo quale logica si possano affermare le cose che il lettore "ndrini" afferma senza alcuna giustificazione.

P.S. Il tasso di recividità così misurato SOTTOSTIMA brutalmente la recidività effettiva. Infatti, esso si basa sul numero di delinquenti arrestati che erano stati precedentemente indultati. Poiché una percentuale sostanziale dei delitti (specialmente quelli contro il patrimonio) rimane impunito, l'ipotesi più ragionevole è che il tasso di recidività effettivo si aggiri (due anni dopo) almeno sul 50%! In altre parole: il costo sociale dell'ultimo (speriamo) atto di malgoverno di Mastella Clemente ai danni dell'Italia è, a conti ben fatti, enorme.