Il valore legale del titolo di studio: resoconto di una conferenza

/ Articolo / Il valore legale del titolo di studio: resoconto di una conferenza
  • Condividi

Ho partecipato ieri a Padova ad un convegno organizzato dalla Federazione degli Ordini degli Ingegneri del Veneto (per gli amici, FOIV) sul tema del valore legale del titolo di studio, sul quale avevo scritto un articolo provocatorio agli albori di nFA. Al convegno hanno partecipato diversi esponenti del mondo politico, accademico e professionale.

Ringrazio l'ordine degli Ingegneri per l'invito, dal convegno ho imparato molto. In questo post trovate le slides, come ho promesso all'inizio del mio intervento, e, a seguire, alcune riflessioni.

Download: convegno FOIV - Moro

 

<object classid="clsid:d27cdb6e-ae6d-11cf-96b8-444553540000" name="doc_297789659910228" id="doc_297789659910228" codebase="http://download.macromedia.com/pub/shockwave/cabs/flash/swflash.cab#version=9,0,0,0" width="100%" align="middle" height="500">

<param value="http://d.scribd.com/ScribdViewer.swf?document_id=11688003&amp;access_key=key-1lqzq71a3fauiixq165y&amp;page=1&amp;version=1&amp;viewMode=" name="movie" />

<param value="high" name="quality" />

<param value="true" name="play" />

<param value="true" name="loop" />

<param value="showall" name="scale" />

<param value="opaque" name="wmode" />

<param value="false" name="devicefont" />

<param value="#ffffff" name="bgcolor" />

<param value="true" name="menu" />

<param value="true" name="allowFullScreen" />

<param value="always" name="allowScriptAccess" />

<param name="salign" /> <embed type="application/x-shockwave-flash" allowscriptaccess="always" allowfullscreen="true" menu="true" name="doc_297789659910228_object" bgcolor="#ffffff" devicefont="false" wmode="opaque" scale="showall" loop="true" play="true" pluginspage="http://www.macromedia.com/go/getflashplayer" quality="high" src="http://d.scribd.com/ScribdViewer.swf?document_id=11688003&amp;access_key=key-1lqzq71a3fauiixq165y&amp;page=1&amp;version=1&amp;viewMode=" width="100%" align="middle" height="500"></embed>

</object>

 

Il succo del mio intervento, è che il valore legale serve, se serve, a garantire un livello di qualità minima; per quanto ho avuto modo di imparare, la normativa negli Stati Uniti è molto simile, salvo che l'accreditamento avviene da parte di organismi formalmente privati legati agli ordini professionali. Il problema dunque, per l'Italia, non è tanto il valore legale, ma l'esistenza di un sistema di concorsi ed esami di stato che del valore legale si fidano troppo, tanto che progressioni salariali e di carriera spesso dipendono solo, oltre che dall'anzianità, dall'acquisizione di titoli di studio (da parte di scuole riconosciute, ovviamente). Dato che il pubblico impiego costituisce una fetta enorme del mercato del lavoro dei diplomati e laureati, ne consegue un appiattimento dell'offerta didattica e formativa: agli studenti la qualità non serve.

Gli altri interventi si sono soffermati sostanzialmente sulle alternative disponibili. Il prof. Modica ha ribadito con una certa forza che il PD, salvo alcuni esponenti, non ha nessuna intenzione di togliere il valore legale, e ha espresso con una certa enfasi l'idea che non sia il valore legale il problema dell'università italiana. Il dott. Rodeghiero, chiamato a rappresentare le idee della Lega, preferisce un sistema di accreditamento simile al modello anglosassone. Ho imparato dal prof. Galvanetto, un cervello di ritorno dall'Inghilterra, che nel Regno Unito gli ingegneri possono avere la "firma" anche senza aver preso la laurea. Alla faccia del modello anglosassone, visto che, da quanto ho capito io, questo è impossibile negli USA.

Principalmente gli interventi si sono susseguiti sui pro e i contro del valore legale rispetto all'accreditamento anglosassone (qui semplifico, ma si è parlato molto di questo). Negli interventi del pubblico, composto principalmente da ingegneri, si è addirittura avanzata la possibilità di riformare l'esame di stato. A quel punto ho capito che si era persa la prospettiva giusta del dibattito, e ho voluto replicare.

Tutti i meccanismi di cui si è parlato: valore legale, accreditamento anglosassone, esame di stato, etc..., servono a garantire la qualità minima della laurea. La qualità minima però non è il problema dell'università italiana. Io mi azzardo a dire che la qualità minima va abbastanza bene. Il problema maggiore è la qualità massima. La mancanza di eccellenza che formi le elites del paese. Questo è il problema. Certo qualche centro di eccellenza esiste, ne conosco un paio in economia, ma si tratta di esempi sporadici e dovuti al caso.

Occorre dunque trovare meccanismi che creino eccellenza. È possibile, in linea teorica, che eliminando in qualche modo il valore legale, sostituendolo con l'accreditamento, cambiando l'esame di stato, etc..., la qualità media dell'istruzione cambi: chi vuole eliminare il valore legale, mi pare, ha questo obiettivo in mente. Esistono anche altre iniziative meritevoli con lo stesso obiettivo, come l'agenzia di valutazione delle università di cui ha parlato Modica. Io però dubito fortemente che questo basti.

E ho concluso con un aneddoto che secondo me è rivelatore. L'aneddoto mi è tornato in mente perché la conferenza si teneva nell'aula dove, 400 anni fa, insegnava Galileo Galilei. L'eccellente libro La figlia di Galileo, di Dava Sobel, racconta che durante la sua carriera all'università di Padova, Galileo ricevette una proposta dal granduca di Toscana per andare ad insegnare a Firenze. Il granduca gli offrì un salario più alto di quanto riceveva a Padova, meno insegnamento, e fondi per costruire un nuovo cannocchiale. Esattamente le tre dimensioni (salario, carico di insegnamento, fondi di ricerca) che le università di mezzo mondo usano per attirare docenti e ricercatori. Ebbene, nel 2009, il rettore dell'Università di Firenze non può fare quanto il suo equivalente poteva fare 400 anni fa. Su questo occorrerebbe riflettere.

 

Indietro

Commenti

Ci sono 59 commenti

Mi limito a stendere un velo pietoso sul rettore dell'università di Firenze ed a notare come il confronto fra Cosimo II de'Medici e Marinelli sia, a voler essere buoni, impietoso.

(lo so, sono off-topic rispetto all'argomento)

  Io aggiungerei anche un dettaglio, che mi sembra di fondamentale importanza: il Rettore è votato dai Professori (e risponde a questi), Cosimo II de' Medici corrisponderebbe all'attuale finanziatore delle Università.   L'equivalente degli amministratori delle università USA o delle private italiane.

  Confesso di non avere mai capito completamente che cosa si intenda con la “abolizione del valore etc.” Ho provato ad andare su Google (oramai, non se ne può fare a meno) e, sulla voce vi sono 435 mila (!!!!) siti. Evidentemente l’idea appassiona una quantità di persone: penso non sia estraneo al fascino il fatto che sia stata avanzata (per primo o tra i primi) da Luigi Einaudi, una icona del liberalismo, oggi di moda (più che altro a parole).

 Va detto in premessa che non esiste una legge da abrogare: esiste solo la (recente) affermazione che le lauree, rilasciate da università (riconosciute) hanno pari valore legale. Questa affermazione la si ritrova all’art. 4. par. 3 del Dm 270/04 (in Gu 12 novembre 2004, n. 266), dove si stabilisce che i titoli conseguiti al termine dei corsi di studio dello stesso livello, appartenenti alla stessa classe, “hanno identico valore legale”.  Esiste poi un “valore legale indiretto”, considerando che la disciplina del Rd 30 settembre 1923, n. 2102, raccolta nel Rd 31 agosto 1933, n. 1592, art. 172, r stabilendo  che i “titoli di studio rilasciati dalle università hanno esclusivamente valore di qualifiche accademiche”, mentre “l’abilitazione all’esercizio professionale è conferita a seguito di esami di Stato, cui sono ammessi soltanto coloro che abbiano conseguito presso università i titoli accademici”.

   Una volta le università riconosciute dallo Stato avevano curricula rigidamente definiti dal Ministero: i più anziani ricordano quante fosse penoso addirittura accendere una nuova materia da inserire nel curriculum. Oggi, questa uniformità non esiste più: ogni università modifica programmi, inventa nuovi titoli, e curricula. Il pari valore delle lauree è di fatto scomparso, come sa bene ogni addetto ai lavori o chi si interessa di reclutamento presso aziende. 

   Il cosidetto “valore legale” fa ancora capolino quale pre-requisito in due circostanze: per la partecipazione al concorso indetto da una amministrazione pubblica e per l’iscrizione agli albi professionali. Ciascuna di questi due situazioni prevede esami nei quali la qualificazione attribuita dalla laurea può non avere alcun ruolo.

   Tutto ciò premesso, vorrei che qualcuno di coloro che fa la crociata sulla “abolizione etc” mi spiegasse in dettaglio quali sarebbero i provvedimenti da prendere per abolire quello che è ritenuto essere il “catenaccio” che non permette alle università di evolversi verso una sana e meritocratica competizione. Non resterebbe che abolire i due vincoli ai quali abbiamo fatto cenno: accedere ai concorsi pubblici e agli ordini professionali senza laurea pertinente.  E’ questo quello che si vuole?

Tutti si lamentano del fatto che i concorsi pubblici spesso non premiano i migliori, ma solo i più raccomandati. Pensiamo che l’abolizione del vincolo della laurea migliorerebbe questo aspetto?

E che cosa dire dell’iscrizione agli albi professionali? Vogliamo forse ingegneri che difendono in giudizio o avvocati che progettano ponti? Forse, andrebbero rafforzati gli esami di abilitazione alle professioni, proprio in considerazione del fatto che le lauree sono già diverse l’una dall’altra e sarebbe opportuna una verifica per quelle attività che richiedono una preparazione specifica e coinvolgono responsabilità anche gravose.

   Gli esami di abilitazione professionale sono in diversi casi poco più che una burletta.  Non sarebbe sbagliato ripristinare un minimo di serietà e di rigore per questi esami, abbiano o meno le lauree “valore legale”.  Non vi è dubbio che l’attuale situazione è coerente con l’idea dei “requisiti minimi” della laurea; mischiare questo argomento con la necessità (reale) di pensare ad “università di eccellenza” oggi inesistenti, può solo confondere le idee. 

 

L'abolizione del valore legale del titolo secondo me non dovrebbe comportare effetti particolari sul mercato del lavoro. Per quanto riguarda il settore pubblico, il titolo ha una incidenza discriminante (partecipi SI/NO), ma è il concorso che decide chi passa (e dove è previsto, chi verrà promosso). Lo studente di un buon corso di laurea, unitamente a un IQ adeguato (dico questo perchè i concorsi in genere favoriscono quelli con IQ più elevato ceteris paribus), già oggi ha più possibilità, in media, rispetto a uno proveniente da un corso di laurea mediocre. Abolendolo non cambierebbe molto (e sarei favorevole all'abolizione più che altro per permettere anche a uno che ha studiato nel kazakistan di poter partecipare), se non in termini di un aumento di concorrenti che partecipano come se fosse una lotteria. A meno che non si voglia dare un peso diverso alle diverse università (A e B), ma le implicazioni in questo caso sono molteplici e vanno in diverse direzioni. Ciò che succede dopo in termini di merito, motivazione, efficienza etc. dipende dai criteri di gestione del personale e di organizzazione. Sia chiaro il criterio di selezione è importante per individuare i più capaci per una certa professione (quindi il concorso in se non è abbastanza informativo se non come proxy dell'IQ e di una preparazione generale, ma non dell'etica del candidato o della sua attitudine psicologica), ma in questo meccanismo il valore legale del titolo non aggiunge o toglie molto. Chi viene da una università scadente soffrirà di più, come già succede ora. Amen. 

Con o senza valore legale, le università si farebbero più concorrenza? Non credo che sia il punto chiave. Forse l'unico effetto sarebbe la deresponsabilizzazione ulteriore dell'autorità amministrativa deputata a controllare (semmai lo avesse finora fatto) la qualità dei corsi. Non so se le eccellenze aumenterebbero, ma ho il sospetto che le mediocrità andrebbero ad aumentare, di fatto lasciando agli studenti la responsabilità di discriminare le buone dalle cattive, dalle cattivissime. Tutte le mamme a leggere la classifica delle università su Italian News & World Report alla ricerca delle top 3? Why not? Peggiorare non si può.

Di solito i professionsti italiani e gli ingegneri ne fanno parte a pieno titolo, hanno una sola cosa in mente (dopo aver superato l'esame di stato): limitare il più possibile l'arrivo di nuovi concorrenti.

Se si potesse fare un una fMRI in tempo reale degli uditori, si vedrebbe accendere le meningi solo quando si parla di aumentare la difficoltà dell'esame di stato o dei corsi di laurea.

Si spegnerebbero subito, invece, se di parlasse di obbligo di formazione continua con valutazione finale in ogni settore di iscrizione.

Congratulazioni per essere sceso nell'Arena italica su un tema denso di ideologia (secondo gli standard e la prassi della politichetta nostrana).

Io da anni cerco di fare sondaggi, sollecitazioni, interventi, per capire cosa vogliano 'sti Itagliani su questa materia, ma non l'ho mai scoperto. Mai. 

Quando avro' novita' ve le faro' sapere!

Intanto colgo l'occasione per dire che e' mia intenzione scendere, a mia volta, nell'Arena sul tema dei "concorsi" (a buon intenditor...).

Ciaociao,

Renzino l'Europeo 

Ieri era il mio compleanno e gl'Inglesi hanno deciso di farmi un regalo, nella forma di un onesto e bel report di Roger Brown dell'Higher Education Policy Institute sulla comparabilità degli standard nelle Università britanniche (che per loro significa "problema dell'equivalenza" - ciò che da noi viene discusso nelle polemiche sul c.d. "valore legale") - sul quale non posso che concordare, come ebbi a riassumere recentemente, e che consiglio a tutti gl'interessati. Queste le conclusioni:

Historically, the UK has had a strong attachment to the principle of comparability of degree standards. However, it is increasingly doubtful whether, in a diverse mass system that incorporates significant student choice, a real degree of comparability, in the sense of equivalent levels of student learning achievement across all institutions and subjects, is practicable or even desirable.

However, this need not mean a dilution of standards – minimum standards need to be maintained, and as far as possible differences in standards should be recognised and described. There are a number of things that the sector could do to achieve this. Many of these are already in train. Perhaps the most fundamental is to improve the quality of assessment, with much greater professionalism and much more systematic comparisons of student performance on similar programmes across a range of institutions. This could be done either through a reformed external examiner system or through the creation of new subject-based networks, or some combination of them. Contrariwise, if a consensus is not achieved on comparability then the current moves to reform quality assurance, including the review of external examining and the evaluation of the academic infrastructure, may prove nugatory.

RR

 

 

Segnalo questo articolo di Gennaro Carotenuto sulla visita di Cesare ad E-campus in quanto concordo largamente, e mi dà lo spunto per tornare sul mondo all'incontrario che va in iscena in questo luglio 2010.

Cesare visita un Ateneo telematico che ha ad occhio nudo delle caratteristiche moolto poco accademiche, cosa peraltro rilevata anche da quei buoni a nulla del CNVSU. Epperò in vista dell'arrivo di possibili sanzioni estreme (c'erano state visite e relazioni negative recenti sulle Università telematiche), il CNVSU non è stato più prorogato (è scaduto il 30 giugno), mentre l'ANVUR sarà operativa, se va bene, a Novembre, e quando comincerà a lavorare dovrà anche ovviamente riprendere in mano tutti i dossier con una certa lentezza e ri-ponderazione.

Nel frattempo lo stesso Cesare dice una cosa giusta, quando afferma che non si deve togliere il "valore legale" delle lauree, ma il senso del suo intervento si inscrive in un contesto torbido e di fatto inapplicabile proprio al caso che fa da sfondo alle sue affermazioni: la concessione del potere di rilasciare titoli di studio è una cosa seria, e come tale va considerata e mantenuta. 

Così siamo messi. 

RR

 

Grazie del link. La visita al CEPU si configura come la volonta' di annullare l'universita' pubblica in favore di quella privata? Sembrerebbe di si'. Non solo per questo, ma per molti, tanti, altri segnali. Correggetemi se sbaglio....

Così siamo messi.

Cioe' male, anzi, malissimo....

 

E' un dramma che la "destra" pensi che il titolo di studio sia un "pezzo di carta", e non un certificato che attesta le conoscenze e le competenze acquisite durante il corso di studio

 

Questa è una errata descrizione ed una confusione tra causa ed effetto. Non è la destra a pensare in quel modo. Ci sono persone che lo pensano, persone interessate al "pezzo di carta" e non alla reale conoscenza, l'esistenza di questa domanda consente l'esistenza di corsi dove si presentano tesi come queste.

Voglio dire: a prescindere che sia o meno valida, l'idea della destra di chiedere l'abolizione del valore legale nasce proprio per far sì che la laurea cessi di essere considerata "un pezzo di carta".

 

Questa è una errata descrizione ed una confusione tra causa ed effetto. Non è la destra a pensare in quel modo. Ci sono persone che lo pensano, persone interessate al "pezzo di carta" e non alla reale conoscenza, l'esistenza di questa domanda consente l'esistenza di corsi dove si presentano tesi come queste

Io non faccio una disamina sociologica, soprattutto perchè in due righe non si può proprio, ma commentavo un articolo de "l'Occidentale". Che del resto si appoggia nientemeno che a Einaudi, il quale aveva scritto proprio così. Un pezzo, quello di Einaudi, che non è valido in alcuna sua parte.

Quanto al tuo giudizio sulle persone che pensano quella cosa lì, ti rammento sommessamente che in Italia i titoli/"pezzi di carta" non si possono comprare, ma per ottenerli si deve dimostrare invece l'effettivo possesso di conoscenze e competenze, e questo grazie proprio alle norme che definiscono e proteggono i titoli di studio. L'attuazione di tutte quelle norme è demandata ovviamente alle Università, che dovranno interpretarle con il rigore professionale da loro atteso. Quindi anche se qualcuno pensa che il titolo di studio sia un "pezzo di carta", ciò non significa che sia realmente così. Se tu giudichi il livello di quella tesi inadeguato, ciò attiene alla sfera del giudizio accademico, e ti invito quindi ad unirti a me e a molti altri per chiedere finalmente una effettiva sorveglianza di quello ed altri aspetti della formazione accademica. Io di mio posso fare poco, per esempio posso fare un sito web come questo, per spiegare come si fa. Tu forse, e nFA, potete fare di più.

Se non sono stato chiaro, puoi fare altre domande.

RR

 

 

 

La destra pensa che l'abolizione del valore legale spingerebbe le università a migliorare ed uniformare il rigore professionale nell'applicazione delle norme perchè è abbastanza evidente che così purtroppo non sia.

Ma ripeto, a prescindere che quella sia o meno la giusta soluzione al problema, io volevo semplicemente dire che l'affermazione che la destra consideri la laurea un "pezzo di carta" è sbagliata, sia perchè la proposta nasce proprio per tutelare il valore del corso di studi, sia perchè, anche nell'articolo de "L'occidentale", il termine "pezzo di carta" viene utilizzato tra virgolette per fare il verso a chi lo ritiene tale.

 

La destra pensa che l'abolizione del valore legale spingerebbe le università a migliorare ed uniformare il rigore professionale nell'applicazione delle norme perchè è abbastanza evidente che così purtroppo non sia.

E io ho scritto, per l'appunto, che la destra italiana è l'unica al mondo a pensarla così, e quindi colgo l'occasione per ripetere che questo è un dramma per il Paese.

Ma ripeto, a prescindere che quella sia o meno la giusta soluzione al problema, io volevo semplicemente dire che l'affermazione che la destra consideri la laurea un "pezzo di carta" è sbagliata, sia perchè la proposta nasce proprio per tutelare il valore del corso di studi, sia perchè, anche nell'articolo de "L'occidentale", il termine "pezzo di carta" viene utilizzato tra virgolette per fare il verso a chi lo ritiene tale.

E vuol dire che fa il verso a Einaudi, e a tutti i soloni commentatori che scrivono così. Ma poi io ho aggiunto anche una seconda parte, e cioè che è un dramma che la destra non consideri il titolo di studio come un certificato delle conoscenze e delle competenze acquisite durante il corso degli studi - che è la definizione internazionale. La cosa mi pare sufficientemente grave per rimarcarlo in un commento su nFA.

RR

 

scusate era un post inutile dettato dal nervosismo. C'è un sistema per cancellarlo?

 

Credo sia possibile solo donando qualcosa al trust nfa, questo tra l'altro ti metterebbe al sicuro dal fatto che qualche malintenzionato possa inoltrare il tuo post a quelli fra i tuoi docenti che si sono laureati nel meridione! Baciamo le mani.

:-D Ovviamente scherzo! Non puoi cancellarlo tu ma possono toglierlo gli amministratori (ovviamente togliete anche sta stupidata di replica, perfavore)

 

concordo in toto con Renzino, la fissazione sul valore palingenetico dell'abolizione del valore legale del titolo continuo a non capirla, sarò troppo superfisso. 

in quanto a

Semplicemente la laurea "legalmente riconosciuta" dovrebbe dare il diritto di fare il concorso ma non influire sul punteggio.

Così se al comune X serve un chimico, al concorso potranno partecipare i laureati in chimica poi però le competenze le valuta il concorso.

 

devo citare il "I'm shocked, truly shocked" di "Casablanca"?

http://www.imdb.com/title/tt0034583/quotes

 

Tranne che per i concorsi per soli titoli, già adesso funziona così. Il bando richiede il possesso di un certo titolo (c'è da discutere sulle equipollenze, ma di solito se serve un ingegnere la laurea in lettere non è equipollente) ma la vera selezione avviene all'esame (il punteggio di laurea può contare ma le prove d'esame contano di più per default. 

 

 

 

 

 

Il punteggio di laurea però incide, poco, ma incide, quindi l'aver preso 110 e lode all'Università di Topolinia dà un vantaggio contro chi magari si è fatto anni d'inferno per strappare un voto inferiore in un'università di livello superiore.

Voi direte "ma c'è la prova", e allora togliamo il voto di laurea dal punteggio.

Io infatti non sono per l'abolizione del valore legale ma qualcosa per aggiustare la situazione bisogna farla.

 

 

ma le prove d'esame contano di più per default. 

 

per non parlare delle raccomandazioni

 

Credo di aver già espresso la mia opinione su queste pagine in merito al valore legale dei titoli di studio universitari, ma tanto vale ripetermi (lo fanno tutti). Credo che, con le dovute eccezioni che riguardano prevalentemente le professioni sanitarie, si debba evitare di conferire a specifiche lauree il monopolio di alcune attività. Ad esempio fino a una ventina (o forse meno) di anni fa non c'era nulla che il dottore commercialista potesse fare che non  potesse fare un ragioniere non laureato, o, in alcuni casi un avvocato. L'ordine dei commercialisti non possedeva il monopolio di nessuna attività. La situazione è cambiata, a mio parere in peggio, quando si è cominciato a richiedere un diploma universitario triennale per accedere alla professione di ragioniere e quando si sono poste ulteriori barriere per la professione di revisore contabile (che non è piu' aperta agli avvocati). Storture di questo genere sono associate all'intreccio perverso tra ordini professionali e ordinamenti didattici per le lauree. Credo che siamo l'unico paese europeo dove è necessaria una laurea specifica per diventare attuario, una professione normalmente accessibile ai laureati in matematica (attraverso esami non facili). Non si sa perché esista l'ordine dei chimici, cui non puo' accedere un laureato in scienze dei materiali che risulti laureato nella "classe" di fsica, o l'ordine dei biologi cui non può accedere unlaureato in biochimica. E' recente la istituzione dell'ordine degli assistenti sociali cui non si può accedere che con la laurea specifica, triennale e magistrale. Un percorso come laurea triennale in fisica seguita da laurea magistrale in ingegneria nucleare non da' accesso all'ordine degli ingegneri (va bene invece se la laurea triennale è in una qualche ingengeria). Continuano a muoversi corporazioni e associazioni di laureati per creare nuovi ordini professionali. Sulla stessa linea si muovono molti sindacati del pubblico impiego (quando non chiedono sanatorie). Non so a che punto siano arrivati i giornalisti nel richiedere la laurea per poter scrivere sui giornali, ma sono all'opera da decenni. Insomma mentre tutti parlano di abolire il valore legale del titolo di studio nessuno si cura di combattere i tentativi di limitare la concorrenza ai laureati "doc", da parte dei non laureati o  da parte di chi non possiede la laurea che si crede adatta per un dato mestiere.

Le mie proposte di attenuazione (non abolizione che non si sa che vuol dire) del valore legale del titolo di studio, (fermo restando la disciplina delle lauree magitrali a ciclo unico previste dall'Unione Europea) sono:

1) Prevedere che chi è stato iscritto per cinque anni ad un ordine professionale riservato ai laureati triennali possa sostenere l'esame per entrare nell'ordine corrispondente riservato ai laureati magistrali.

2) Prevedere che l'accesso ad un ordine professionale non sia più legato alla denominazione della laurea ma soltanto ai contenuti specifici misurati in termini di crediti, e che ogni laurea possa essere "integrata" con il conseguimento di ulteriori crediti attraverso quello che il TU chiamava "iscrizione a corsi singoli".

3) Applicare i criteri 1) e 2) ai concorsi pubblici, ad esempio un impiegato con laurea triennale ed esperienza di lavoro di alcuni anni dovrebbe poter partecipare ai concorsi in cui si chiede la laurea magistrale.

Queste proposte tendono a salvare la laurea magistrale dall'affollamento derivante dal suo eccessivo valore legale. Solo affrontando il problema dell'eccessivo valore legale della laurea magistrale si potrà ottenere l'effetto di una proporzione alta (2/3) dei laureati triennali che scelgono di non proseguire. Questo consentirebbe di chiudere molti corsi di laurea magistrali con risparmio di spesa e miglioramento della qualità dei corsi di laurea restanti.

1) Prevedere che chi è stato iscritto per cinque anni ad un ordine professionale riservato ai laureati triennali possa sostenere l'esame per entrare nell'ordine corrispondente riservato ai laureati magistrali.

Occhio che al momento attuale essere iscritti ad un ordine a volte richiede solo il titolo e non una effettiva attivita' professionale. Non so se qui manca la norma o il controllo da parte di specifici ordini, ma anche fosse il punto 1 rischia di spostare solo il problema: prendo la laurea, faccio l'esame per l'ordine (e qui anche c'e' da scegliere: lo devo fare da qualche parte in specifico? Chi garantisce che sia uguale per tutti - al di la' delle prove, intendo il giudizio - e al meglio?) pago la quota di iscrizione per 5 anni e poi posso partecipare ai concorsi.

Per questo io ad esempio propugno l'abolizione del valore legale. Con "abolizione" intendo proprio il termine effettivo: se mi laureo in tetrapiloctomia con 110 all'universita' di Vattelappesca, lo Stato non deve pensare nemmeno a garantire l'equivalenza con il Politecnico di Chissaddove. Se devo fare un concorso, mando un CV. Se non ho esperienze lavorative, mando la tesi. Il fatto di costituirsi in Ordine professionale e' competenza esclusiva dei Tetrapiloctomi, ma serve a garantire i loro interessi (ed e' anche giusto) quindi per me che devo assumerne uno deve valere un giudizio effettivo e dimostrabile, e scegliero' io quale sia questo giudizio.

Poi se voglio, io Stato posso tranquillamente mettermi a fare le pulci per capire se questi istituti siano seri, ma questo e' un altro paio di maniche.



 

3) Applicare i criteri 1) e 2) ai concorsi pubblici, ad esempio un impiegato con laurea triennale ed esperienza di lavoro di alcuni anni dovrebbe poter partecipare ai concorsi in cui si chiede la laurea magistrale.

Colgo l'occasione per commentare solo questo frammento dell'intervento del Professore, sotto due profili.

Per quanto riguarda l'equipollenza del requisito dell'esperienza lavorativa di N anni con una laurea magistrale, faccio notare che questa operazione corrisponde in qualche modo a forme di accreditamento dell'esperienza pregressa di cui abbiamo parlato altrove in questo thread. E' per sistemare e chiarire queste situazioni che si è aperto tutto il capitolo del Recognition of Prior Learning, un settore in crescita magmatica e che altrove è già più sistematizzato e regolato. Non mi dilungo qui ora, ma faccio notare che ovviamente se un datore di lavoro richiede delle competenze corripondenti a quelle acquisite con un certo corso di laurea magistrale, vorrà parimenti richiedere quelle competenze se nel caso fossero accreditabili dall'esperienza lavorativa pregressa. Quindi si apre il capitolo della valutazione individuale piuttosto che l'equipollenza generalizzata "a priori".

Faccio poi notare che molti bandi, nel resto del mondo, richiedono comunque N anni di esperienza lavorativa come requisito essenziale per la partecipazione al concorso (in generale, peraltro, per motivi diversi rispetto al caso precedente, in cui si volevano compensare delle competenze specifiche acquisite in ambiente formale): non ditelo ai critici del "valore legale", che altrimenti comincerebbero a scagliarsi contro questa "violenta e inaccettabile equiparazione forzata [con un timbro] di esperienze che sono naturalmente diverse"...

RR 

- il titolo è nel 90% dei casi un requisito di ammissione, dopodichè se uno è più bravo dell'altro può dimostrarlo durante le prove scritte ed orali del concorso (che valgono più del 90% del puntaggio totale)

- se il concorso è truccato lo è anche con l'abolizione del valore legale dei titoli di studio (quindi il discorso dei carabinieri cade)...anzi senza il valore legale, le raccomandazioni potrebbero essere anche peggiori (persone con la terza media, per intenderci)

- sulle lauree magistrali, molti corsi hanno abolito il 3+2 (come ad esempio giurisprudenza) quindi, se altri corsi seguiranno questa strada le proposte di alessandro, anche se giuste,  potrebbero rivelarsi poco efficaci

- sull'ordine professionale...la laurea (più il praticantato e l'esame di stato, si ESAME) serve soltanto all'iscrizione, dopodichè sarà il consumatore a scegliere il proprio avvocato,  comemrcialista, e così via

La questione, quindi, si riduce ad una sterile questione accademica sulla "libertà di aprire un'università", sull'"intervento statale nell'istruzione" (che casca con la lettura dell'art. 33 Cost. "L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.", La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.").

Poca roba, all'atto pratico.

- il titolo è nel 90% dei casi un requisito di ammissione

...che provoca appunto una barriera all'ingresso. Non e' che questo sia un male a prescindere, ma crea un problema perche' un conto e' dire "ok, fammi vedere questo che ha scritto sul CV e se non vai bene non partecipi" e un conto dire "eh mi spiace, lei senza 'sto timbro e' inutile anche che ci mandi solo il CV".

Sarebbe gia' piu' onesto, come capita anche in alcuni concorsi, chiedere X anni di esperienza nel campo, dimostrabile con versamenti INPS e/o contratti con le aziende. Succede, e sicuramente piu' "selezionante": quel lavoro devi averlo fatto, mentre la laurea a volte significa solo che sai fare esami - e nemmeno tutti riguardanti quel lavoro.

se il concorso è truccato lo è anche con l'abolizione del valore legale dei titoli di studio, anzi senza il valore legale, le raccomandazioni potrebbero essere anche peggiori (persone con la terza media, per intenderci)

Quanto dici sul trucco vale sia per i carabinieri che per le raccomandazioni: il raccomandato che ha bisogno di una laurea se la prende pagando a "berkley" (che NON e' la famosa universita' californiana...) e magari facendosi fare la conversione alla Pio VI. Bastano un po' di soldi, il tempo e' relativamente basso.

Senza valore legale cade solo il discorso che un laureato alla Bocconi sia equivalente a un laureato alla LUM, con timbro dello Stato a garanzia.

sull'ordine professionale...la laurea (più il praticantato e l'esame di stato, si ESAME) serve soltanto all'iscrizione, dopodichè sarà il consumatore a scegliere il proprio avvocato,  comemrcialista, e così via

Si' il consumatore puo' scegliere, ma sempre tra gli iscritti all'ordine. Parliamoci chiaro, questi corporativismi ovviamente fanno i loro interessi, che non sono quelli del consumatore. Se io faccio l'esame di Stato da ingegnere dove mi chiedono come si costruiscono i ponti - e magari io mi sono laureato a ingegneria gestionale - gia' e' una idiozia. Se me lo chiedono con mezzi e tecniche che si usavano venti anni fa, e' un'altra (e non lontana dal vero per certi settori, ricordiamoci degli esami da giornalista con la Lettera 22 che hanno dismesso l'altro ieri).

Ancora peggio: faccio l'esame di Stato, sono un ingegnere civile e mi chiedono come costruire i ponti, e per 10 anni io faccio tutt'altro ma pago la quota dell'ordine. Pero' intanto firmo progetti per arrotondare, tanto sono abilitato. Che interesse ha l'ordine a perdere la mia quota, verificando che io faccia quel lavoro per cui mi ha abilitato, che lo faccia bene o lo continui anche solo a fare?


a proposito di valore legale del titolo di studio

La lettera di una docente dell'Università San Raffaele dopo la laurea della figlia del premier
"Il rettore don Verzè si è rivolto solo a lei, alla presenza del premier, offrendole una cattedra"

qui

specifico trattarsi di laurea triennale conseguita a 26 anni.

 

 

Ha fatto bene la Prof. ad indignarsi. Credo che ci dovrebbe essere un limite a tutto. L'indignazione, invece che arrivare dall'alto, arriva dal basso, indice di un mondo che si è capovolto, dove i gli stallieri sono diventati condottieri. Il rettore Don Verzè, poi non mi pare uno "stinco di santo":

prete “interdetto” dalla Curia milanese il 26 agosto 1964 con "la proibizione di esercitare il Sacro ministero" a causa di un finanziamento statale di 600 milioni ottenuto attraverso i suoi stretti legami con alcuni leader della Dc romana.

Nel marzo 1976 è stato condannato dal tribunale di Milano ad un anno e quattro mesi di reclusione per tentata corruzione in relazione alla convenzione con la facoltà di medicina dell’università Statale e la concessione di un contributo di due miliardi di lire da parte della Regione Lombardia. Inoltre è stato incriminato di truffa aggravata nei confronti della signora Anna Bottero alla quale ha sottratto un appartamento del valore di 30 milioni di lire.

Nel marzo del 1977 Verzé è riconosciuto colpevole di «istigazione alla corruzione».

Esiste un limite?