Un'occasione perduta

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La manovra finanziaria prevede solo per il personale docente universitario il blocco degli automatismi stipendiali legati all'anzianità di servizio nel triennio 2011-2013, e c'è gia chi storce il naso. Su questo sito abbiamo già scritto che, in media, per quanto producono, i docenti universitari italiani guadagnano anche troppo, almeno rispetto a colleghi di altri paesi. In media, sottolineo, e soprattutto quelli vicini al pensionamento. Tagliare tutti nella stessa misura significa aver perso un'occasione.

Secondo la misura nessuno nel 2011 prenderà uno stipendio inferiore a quello odierno, ma tutti gli stipendi futuri, pensione compresa, saranno inferiori a quanto era stabilito a legislazione vigente, sia perché non ci sarà alcuno degli aumenti previsti, sia perché i docenti italiani perderanno tre anni di anzianità contrattuale, e cioé si troveranno nel 2014 con la stessa progressione di anzianità che avevano nel 2011.

Quindi, la legge stabilisce un fatto interessante: gli stipendi pubblici si possono tagliare. Invece di ridurre il loro livello corrente si cancellano le promesse fatte, riducendo gli stipendi futuri rispetto a quanto avrebbero dovuto essere. Non ci sembra una decisione deprecabile a-priori, ma ci sembra un'occasione persa.

Un'occasione persa perché si poteva fare qualcosa di meritocratico (se non erro, la signora ministro parla spesso di meritocrazia) stabilendo di tagliare in modo differenziato e (inversamente) proporzionale alla produttività. Certo, come misurare la produttività non era ovvio, ma qualsiasi modo, (sottolineo qualsiasi) era migliore della soluzione indifferenziata. Si poteva farlo dipartimento per dipartimento usando le valutazioni delle università dimenticate in un cassetto. Si poteva delegare ai rettori di decidere come fare obbligandoli a non distribuire a pioggia i tagli. Si poteva delegare ai dipartimenti alla stessa condizione. Per esempio, bloccare l'anzianità di 4 anni a qualcuno e di 2 ad altri.

Cari amici de LaVoce, la misura non è iniqua perché colpisce più i ricercatori dei baroni (nella logica che i primi vedranno tagli in più anni di carriera dei secondi). È iniqua perché colpisce nella stessa misura chi non fa nulla e chi produce. Perché non incentiva la produttività nella ricerca e nell'insegnamento. E non credo molto nella infattibilità politica della mia proposta: fino a due mesi fa si credeva poco anche nella fattibilità del tagliare le carriere e gli aumenti.

Insomma si poteva fare qualcosa di più per rompere questo assurdo schema salariale che stabilisce lo stipendio di un docente universitario dal momento dell'assunzione fino al pensionamento e non lo fa dipendere da nulla di nulla.

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Commenti

Ci sono 25 commenti

Se posso aggiungere: l'occasione e' perduta anche perche' si dimostra che i tagli si possono fare rimangiandosi quello che si e' promesso prima, quindi dicendo che se gli va, lo Stato puo' disfare un contratto senza accordo della controparte.

Non leggeteci la difesa della progressione precedente: il problema e' proprio aver promesso troppo prima e averci messo la firma. Sarebbe stato non solo piu' giusto fare come dice Andrea, ma anche piu' furbo per evitare future cause civili ed emorragie di personale valido, perche' quello non valido resta: o e' disonesto quindi i tagli li schiva come un'anguilla o e' mediocre quindi non ha alternative esterne e resta a ciucciare denaro pubblico, anche se di meno.

Notare che queste considerazioni si applicano anche al di fuori dell'universita'.

 

 

Cari amici de LaVoce, la misura non è iniqua perché colpisce più i ricercatori dei baroni (nella logica che i primi vedranno tagli in più anni di carriera dei secondi).

 

Il conto delle perdite integrate sugli anni restanti di vita e' irragionevole per fare un confronto tra chi ha eta' diverse e mi sembra primariamente funzionale a fare propaganda.

Tuttavia considerando gli stipendi netti, credo sia vero che il blocco degli scatti colpisce - in proporzione al salario netto - piu' i ricercatori che associati e ordinari, e piu' i giovani o chi ha meno anzianita' di servizio rispetto a chi ha piu' anzianita' e quindi salari superiori. Non ho potuto controllare di persona, ma infine ritengo anche vero che il blocco degli scatti corrisponde ad una riduzione di compensi molto superiore ai tagli del 5-10% sulla parte di compensi eccedente una soglia piuttosto alta che e' stata proposta per altri comparti statali piu' vicini alla politica.

 

È iniqua perché colpisce nella stessa misura chi non fa nulla e chi produce. Perché non incentiva la produttività nella ricerca e nell'insegnamento. E non credo molto nella infattibilità politica della mia proposta: fino a due mesi fa si credeva poco anche nella fattibilità del tagliare le carriere e gli aumenti.

 

Veramente non si tratta di una misura mai adottata in passato.  Gli scatti di anzinita' sono gia' stati congelati almeno per un anno, nel recente passato.

Occasione super perduta; meglio detto: l'ennesima presa per i fondelli. Mario Baldassarri, questa volta, sembra averla detta giusta

 

Fatti questi tagli, sappiamo che stiamo decidendo che rispetto ad oggi la spesa pubblica corrente aumenterà di 26 miliardi, gli investimenti pubblici diminuiranno di 3 miliardi e il totale delle entrate aumenterà di 45 miliardi. Ecco i tre numeri che stiamo decidendo in quest’Aula; sono totalmente d’accordo che ciò sia necessario ed urgente, ma la realtà è che stiamo decidendo di aumentare la spesa corrente di 26 miliardi rispetto ad oggi – quindi la decisione è vera – di ridurre di 3 miliardi gli investimenti pubblici e di aumentare di 45 miliardi le entrate. Se fate i conti, vi ritrovate il taglio di 25 miliardi.

 

Provo un senso misto di orrore e soddisfazione al rendermi conto che, una volta, ancora, Voltremont ed i suoi seguaci stan raffazzonando una "manovra" che fa l'esatto opposto di quanto Lodovico Pizzati ed io, sulla base di un ragionamento forse empiricamente erroneo ma almeno logicamente corretto, avevamo suggerito mesi fa!

 

Andrea Moro scrive:

 

Cari amici de LaVoce, la misura non è iniqua perché colpisce più i ricercatori dei baroni (nella logica che i primi vedranno tagli in più anni di carriera dei secondi). È iniqua perché colpisce nella stessa misura chi non fa nulla e chi produce.

 

Mi permetto di osservare. Se (quindi se gli autori dell'articolo su LaVoce hanno "ragione") la misura colpisce di più i redditi più bassi che quelli più alti allora si tratta di un provvedimento che "accresce la disuguaglianza", perciò "non-equo".

Il "compensare (le persone) per il maggiore sforzo" profuso ha in una qualche misura a che fare con l'uguaglianza, ma non diretamente e sotto certe condizioni.

Ancora:

 

[...]si poteva fare qualcosa di meritocratico [...] stabilendo di tagliare in modo differenziato proporzionale alla produttività. Certo, come misurare la produttività non era ovvio,[...] Si poteva farlo dipartimento per dipartimento usando le valutazioni delle università dimenticate in un cassetto. Si poteva delegare ai rettori di decidere come fare obbligandoli a non distribuire a pioggia i tagli. Si poteva delegare ai dipartimenti alla stessa condizione. Per esempio, bloccare l'anzianità di 4 anni a qualcuno e di 2 ad altri.

 

è un'ipotesi non praticabile, a mio avviso, nell'univ. italiana. Perchè i direttori di dip, come presidi e rettori rispondono ai loro (grandi) elettori e non potrebbero ( e nemmeno vorrebbero) mai inimicarsi qualcuno e i suoi accoliti riducendone lo stipendio. Un solo esempio: si è discusso in più atenei, in particolare in quelli disastrati, di non concedere il "+2", cioè, per gli esterni, non consentire ad (associati) ordinari di 70 anni di chiedere proroga per il pensionamento a 72 anni. Siccome a decidere (Rettore e Senato) sono (quasi) tutte persone over 60, ovviamente non ne hanno fatto di nulla.

Morale, la relazione tra buone idee e realizzabilità delle stesse non è bigiettiva. Mi convinco, dando ragione ai Minosse lombardi, che l'univ italiana è irriformabile dall'interno (es.i rettori che tagliano il personale fannullone o alla peggio ne decurtano gli stipendi), anche se poi non ne sposo le proposte riformatrici.

 

 

 

 

 

Su cosa sia equo certo, possiamo discutere, e sicuramente hanno ragione quando dicono che la misura colpisce piu' i giovani. Quanto al resto:

 

non potrebbero ( e nemmeno vorrebbero) mai inimicarsi qualcuno

 

Basta obbligarli a farlo no?

Sui 70+2 a me risulta che molte universita' hanno deciso di pensionare a 70

Io non ho dubbi che la riforma colpisca di più i giovani (come ho già accennato ieri). Con uno stipendio iniziale netto di 1250 €/mese (un dottorato prende 1000 €/mese) gli scatti iniziali sono fondamentali. Lo sono meno per chi ha già una bella anzianità. O si limitano gli scatti a chi ne ha già in abbondanza e percentualmente lo stipendio ne risentirebbe di meno, o, meglio, si dovrebbe intervenire percentualmente sul netto che effettivamente uno percepisce in tasca.

Sono d'accordo con Michele che riprende le considerazioni di Mario Baldassarri. Non solo, non è una manovra che non guarda al presente, ma introduce elementi che "accrescono la disuguaglianza".

Sono anche d'accordo nel cercare di introdurre un elemento di valutazione e cercare di legare il salario alla produttività. Lo fare per TUTTO il settore pubblico, parlamentari compresi. Ma la valutazione è cosa assai complicata.

L'ultima considerazione è che i docenti universitari colleghi europei in media prendono uno stipendio decisamente superiore. Io non  mi sentire di abbassare i già miseri 1250 €/mese che percepiscono i neoricercatori...

Tutte le università che conosco (PI,SI, FI, UD perlomeno) hanno negato  i due anni aggiuntivi

Una riga breve perchè mi sovvien un dubbio.

Se da una parte legare i salari alla produttività sarebbe auspicabile, ho quasi quasi paura di questa soluzione (anzi, un certo terrore), nobile in molti paesi, dell'efficacia dubbia in Italia. Basta vedere con quale criterio di merito si finanzia la ricerca pubblica.

O gli appalti dei lavori pubblici.

A parte casi lampanti di gente molto brava nella ricerca e che merita di essere finanziata, spesso ho assistito a finanziamenti anche di una certa entità a ricerche assolutamente ignobili, a gente non competente in materia ma che ha avuto la "soffiata" giusta, bandi per la presentazione di progetti riaperti perchè qualcuno non è riuscito a chiudere in tempo (e che poi ovviamente è stato finanziato), etc., etc., etc....

Se questa è la meritocrazia che ci aspetta, preferisco lo stato attuale....

Segnalo che sulla prima pagina di Repubblica di oggi è apparso un articolo di Tito Boeri dal titolo "La riforma immaginaria dell'Università che muore"

non posso mettere il link perchè non v'è traccia sulla versione online....

Ho trovato un link: http://rassegnastampa.mef.gov.it/mefeconomica/View.aspx?ID=2010072216234905-2

e questo: http://rassegnastampa.mef.gov.it/mefEconomica/PDF/2010/2010-07-22/2010072216234905.pdf