La terra dei Social

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Dove si presenta qualche dato sull’utilizzo che gli italiani fanno della rete. Dati sorprendenti. O forse neanche troppo.

Si discute spesso della carenza infrastrutturale come uno dei problemi alla base delle difficoltà del nostro paese. Spesso però il problema non è legato soltanto alla carenza di infrastrutture ma al pessimo utilizzo che si fa di quelle che già sono in essere. Per esempio l’accesso alla rete internet.

I World Development Indicators delle Banca Mondiale contengono una ventina di indicatori sulle infrastrutture ed alcuni di essi si riferiscono alla diffussione delle tecnologie di informazione e comunicazione. Per quanto concerne l’accesso alla rete l’indicatore standard è il numero di utenti (ogni 100 individui), definito come il numero di persone che si sono connesse ad internet almeno una volta nel corso degli ultimi 12 mesi. L’Italia non figura particularmente bene, nel 2015 fa registrare un dato intorno al 66/100 parecchio al di sotto delle media delle Unione Europea (circa 80/100) e di quella dei paesi OCSE (circa 77/100). Gli Italiani invece risultano ben al di sopra sia della media UE che di quella OCSE per quanto concerne il numero di abbonamenti a servizi di telefonia mobile 151/100 (più di 1 e mezzo a persona!) versus 123/100 e 116/100 rispettivamente.

Il problema non sta solo nell’accesso alla rete, ma nell’utilizzo che se ne fa. L’ultimo rapporto sull’economia dell’informazione pubblicato dalla Conferenza delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo economico (UNCTAD) monitora, tra le altre cose, il comportamento degli utenti internet su scala globale con particolare attenzione all’utilizzo dei social network ed agli acquisti online. Come si evince dalla figura qui sotto, il numero di persone che effettua acquisti online varia enormente fra paesi; si passa dal 5% scarso fatto registrare nel 2013 in Tailandia e Messico a valori oltre il 60% per il Regno Unito, la Danimarca e l’Australia. In generale, nella stragrande maggioranza delle economie in via di sviluppo solo una percentuale relativamente bassa degli utenti effettua aquisti online mentre nei paesi piu ricchi la percentuale di utenti attiva nell’internet shopping è molto superiore. L’italia qui la fa da outlier, meno del 15% degli individui effettua aquisti online; un dato in linea con quelli registrati in Brasile, Turchia o Bulgaria e molto al di sotto rispetto ai paesi con un PIL per capite più elevato. Un dato preoccupante perchè la diffusione dell’e-commerce tende a ridurre costi di transazione e quelli operativi, abbassa le barriere all’entrata, facilita il raggiungimento di nuovi consumatori e rende dunque i mercati piu concorrenziali.

Figura 1. Percentale di individui che acquistano prodotti online, 2013. (UNCTAD Information Economy Report 2015, pp 17).

Per certi versi ancora più interessante è il dato relativo all’utilizzo dei social networks. In questo caso, i tassi di attività sono relativamente alti nei paesi più poveri e si abbassano in quelli più ricchi. Come mostrato nella figura in basso (relativa in questo caso al biennio 2012-2013), nelle economie più avanzate il numero di utenti attivi sui social è generalmente inferiore a quello che effettua acquisti online mentre nei paesi in via di sviluppo il rapporto è invertito. Il comportamento degli Italiani appare anche qui molto più in linea con quello fatto registrare in Brasile, India o Turchia che con ciò che avviene nel Regno Unito, in Germania o negli Stati Uniti d’America: il numero di utenti attivi sui social nel belpaese è circa il triplo di quelli impegnati nell’internet shopping.

Figura 2. Percentale di utenti internet che acquistano prodotti online ed utilizzano i social network, 2012-2013. (UNCTAD Information Economy Report 2015, pp 18).

La marcata differenza nel rapporto fra utilizzo dei social networks e dell’attività di shopping online fra paesi a livelli di sviluppo differenti può essere ricondotta alle differenze di potere d’aquisto ed alla disponibilità (ed all’efficacia) dei servizi di consegna (per quanto concerne la componente di shopping) ed all’opportunità offerta dai social di sopperire a carenze di altri mezzi di comunicazione, come le linee telefoniche, o di aggirare la censura in contesti in cui i diritti civili sono poco tutelati (si pensi ad esempio al ruolo avuto da facebook e twitter nel corso della Primavera Araba di qualche anno fa).

Queste motivazioni però non aiutano a spiegare l’anomalia italiana. Volendo azzardare delle ipotesi, nel nostro caso potrebbero influire lo scarso livello di fiducia negli altri (cui in parte ci si affida per le transazioni online) o la scarsa alfabetizzazione finanziaria che ci rende più avversi al rischio e dunque restii ad inserire in rete gli estremi delle nostre carte di credito. E poi, be' poi c’è la passione dilagante per i social networks, utilizzati da chi ha acceso alla rete nel nostro paese più che in Germania o nel Regno Unito, la terra dei social appunto.

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Commenti

Ci sono 7 commenti

"Attività Social" è il numero di utenti registrati o misura il numero di post e commenti? A parte questo chiarimento, direi che l'uso del termine "anomalia italiana" è una forzatura perchè altri paesi europei si comportano nello stesso modo. Spagna, ad esempio, come anche la Grecia (la condizione socio-economica del Sud Italia non mi pare molto diversa dalla Grecia).

 

Claudio, vero che in Grecia e Spagna (comunque piu poveri di noi) si fa piu uso dei social di quanto non ci si dedichi all'e-shopping ma restiamo indietro anche rispetto a loro...

la variabile sull'attivita' nei social network non rappresenta ne’ il numero degli utenti registrati ne’ il volume di post&commenti. I dati su cui sono generate le figure sono household survey data per cui la variable è una stima del numero degli utilizzatori dei social networks ottenuta sulla base delle risposte fornite dal campione (le source sono Pew ed Eurostat a seconda del paese in questione)

Io da anni quando leggo questi articoli ho un riflesso pavloviano, mi chiedo immediatamente cosa fanno Spagna e Grecia. La ragione che mi sono dato è che il problema sia demografico. La struttura demografica di questi paesi causa tutta una serie di problemi simili, tra cui quelli presentati in questo articolo.

Ricordo un paesino svizzero in una valletta laterale isolata ma assolutamente connesso con il resto del mondo da un servizio postale veloce, economico ed efficiente. Con i servizi postali che abbiamo in Italia ci sarebbe da stupirsi se l'e-commerce prende piede.

come mezzo di consegna, dal mio vicino in certi periodi c'è un andirivieni di corrieri che sembrano i taxi alla stazione.

P.S. personalmente non acquisto online perchè generalmente parto con un'idea che poi cambio "durante" e non faccio parte di nessun social network .... ma questa è un'altra storia.