Sud: cronaca di una morte annunciata

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Sud: la questione meridionale sembra essere uscita dai radar della politica, visto che nel frattempo la classe politica italiana è riuscita nell'improba impresa di meridionalizzare l'Italia intera. Tuttavia alcune considerazioni non si possono non fare visto che, se l'Italia arranca, il Meridione letteralmente affonda.

Cominciamo dalla storia, e, per evitare di entrare in discussioni sterili, affermo tranquillamente che non mi interessa chi, come e perchè [fece cosa]. In questo post affronteremo solo la fotografia, dando uno sguardo a possibili soluzioni e [facendo finta di] scordarci il passato. Questo è stato impresso su una pellicola di celluloide che è andata bruciata quando Calderoli ha bruciato le trecentomila leggi; quindi chi vuole si guardi il film che meglio riflette i suoi gusti. Si parte dai neo-borbonici, per arrivare a ricerche sociologiche che proverebbero l'inferiorità dei meridionali ... poi, per chi desidera qualcosa di serio, c'è sia l'ottimo libro di Giovanni Federico (mi paga per la pubblicità, tranquilli, non ci sono pasti gratis), che quello di Giovanni Vecchi (che è più recente).

La fotografia è impietosa, i primi dati son tratti da un occasional papers della Banca d'Italia e riguardano l'industria meridionale :

E' evidente che se l'Italia arranca per la perdita di competitività il Meridione riesce a fare peggio: un decennio non perso ma addirittura all'indietro. Per citare il paper:

“Nello scorso decennio i divari dell'industria meridionale con il resto del paese si sono ulteriormente aggravati... i divari di produttività con le regioni del Centro-Nord sono rimasti ampi. Divari a sfavore del Mezzogiorno, sia nei livelli che negli andamenti si rilevano anche nel confronto con altre regioni europee in ritardo di sviluppo.” Insomma: è nera.

Statisticamente il Meridione fa da 6 a 11 volte peggio delle regioni spagnole e tedesche meno sviluppate e fa il 50% in meno del Nord del paese (partendo da livelli decisamente inferiori). Se poi dalle statistiche sottraessimo il comparto petrolifero (che ha dinamiche diverse, tanto che al Sud cresce in valore grazie al rialzo del prezzo dei prodotti petroliferi) avremmo le dimensioni del disastro.

Tale quadro nero è accentuato dal fatto che il costo del lavoro al Meridione è del 20% più basso rispetto al Nord sia per un diverso rapporto contributivo sia per l'uso di “rapporti irregolari”, che non sono quelli pre-matrimoniali, ma quelli di Befera. Pesa molto anche il cd. “secondo livello” della contrattazione salariale, praticamente assente al Sud e molto frequente al Nord. Beh, direte voi, allora ci sarà la fila di aziende che vogliono venire al Sud per sfruttare il diverso costo della manodopera. Manco per sogno. La frase magica è “produttività totale dei fattori”. Per la serie “un immagine vale più di mille parole” eccovi una tabella che esemplifica la produttività del lavoro :notiamo che il valore aggiunto del Nord nel 2010 (ultimo dato disponibile) è risalito a 95, quello del Sud a 87, quasi il 10% in meno, l'indice totale, quello celeste ha quasi lo stesso andamento perchè c'è la componente "capitale" all'interno, che è, appunto, maggiore al Sud, ma unità standard di lavoro e valore aggiunto nel Sud fanno peggio, poi ovviamente il grafico è concordante negli andamenti, tutta l'Italia va male, il Sud fa peggio. 

I problemi delle imprese meridionali si riflettono poi sulla redditività, accumulazione di capitale e credito bancario, tanto che il credit crunch per le imprese meridionali è un fatto assodato, su cui non vale la pena soffermarsi più di tanto, se non con la solita tabella, sperando che a nessuno venga in mente che il problema è la “Banca del Mezzogiorno” come disse un illustre commercialista dai calzini a pois prestato alla politica ed il cui prestito è temporaneamente scaduto con sommo rincrescimento dei redattori, che su quel commercialista ci hanno costruito una fortuna.

 

Ed ecco il credit crunch:

Cosa ha fatto la politica nel frattempo ? Il solito: incentivi pubblici, anche se in netto calo. Difatti nel perido 2005-2010 sono stati erogati 21,1 mld di € a favore di imprese operanti nel Meridione d'Italia, a fronte dei 17,7 mld a favore di quelle del Centro-Nord, ma questo divario di 4,6 mld di € esiste solo grazie a un picco del Sud nel 2006, nel 2009 e nel 2010 gli incentivi economici sono andati alle regioni del Centro-Nord per quasi il doppio rispetto al Centro Sud (anche se sono scesi in valore assoluto) 

A livello generale i benefici si mostrano relativi: per quel che riguarda gli incentivi, Caiumi nel 2010 ha stimato che i rapporti intertemporali mostrano che hanno beneficiato di incentivi (L. 488 e 388) imprese che avrebbero comunque effettuato l'investimento, che la 488 essendo legata anche ad assunzioni ha distorto la produttività, poiché si sono generate assunzioni di cui magari l'impresa avrebbe potuto fare a meno, avendo fatto investimenti in innovazione. Insomma, al di là del fronte incentivi (troppi, o troppo pochi) gli effetti sembrano esser stati relativi, e non aver toccato il totale dei fattori produttivi, anzi alterandoli in negativo addirittura in alcuni casi. La strada dell'inferno è lastricata di buone intenzioni e dalle leggi dei politici italiani (con la compiacenza dei sindacati). Ma alle volte è anche spassosa, ovviamente frutto di quel commercialista di cui prima ... 

Dopo le differenze vediamo in cosa, ad esempio, Nord e Sud sono uguali. Ad esempio lo sono negli stipendi pubblici, solo che questi non lo sono rispetto ai salari del privato (che, ricordo, nel Sud è pure inferiore rispetto al Nord), vediamo questi dati (pre-crisi, adesso la situazione è peggiorata): 

Per chi non riesce a leggere il grafico il dato è che nel 2006 le retribuzioni del settore pubblico erano superiori del 36 % a quello privato. Depurando il dato dall'anzianità e dal genere le retribuzioni risultano superiori “solo” del 22 %. A parità di qualifica. La figura è tratta da qui.

Giusto poi per far capire che elefante è l' Amministrazione Pubblica nel Meridione riporto la seguente tabella sui tempi “medi” di realizzazione di un'opera pubblica in Italia. Notare il dato meridionale, senza commenti, please.

Poiché è agosto e sono buono vi fornisco l'ultimo dato: nel 2007 la percentuale di realizzazione delle opere programmate nel 2000 (sette anni prima, lo stesso tempo in cui i cinesi costruiscono una cinquantina di autostrade) era del 90% al Centro-Nord e del 70% al Sud e isole. La cosa più divertente (ma davvero), è che, nonostante i tempi di progettazione siano fra i più alti del pianeta (una media di circa tre anni al Sud), i ritardi effettivi sui tempi di realizzazioni siano poi dovuti, nel 56% dei casi, a “carenze progettuali”. Senza parole (le ho finite tutte). Tanto mi son cascate le braccia che sulla giustizia riporto solo due dati, e niente tabelle: nei procedimenti esecutivi (immobiliari e mobiliari) nel 2007 occorrevano 900 giorni al Nord e 2.023 al Sud. Per un primo grado occorrevano 800 giorni al Nord e 1.200 al Sud.

Da ciò è evidente che il Meridione d'Italia è un'altra cosa rispetto al Nord del paese. L'unica cosa in cui è uguale è il costo dei dipendenti pubblici, che però hanno una produttività decisamente inferiore rispetto al Nord del paese, pur applicando le medesime leggi, e che se proprio volessimo fare le pulci al famoso “trasferimento di ricchezza” dobbiamo parlare di trasferimenti alla voce “salari e stipendi pubblici”, e non di soldi tout-court, anzi nel 2009 e nel 2010 le imprese settentrionali hanno beneficiato di più sussidi di quelle meridionali (su questo punto si accettano scommesse, mi piace vincere facile :)). dal mio punto di vista, oltre ai tempi medi della giustizia e della realizzazione di opere pubbliche (la Sanità l'ho saltata a piè pari, non per i deficit sanitari, ma proprio per i risultati terapeutici, ci vorrebbe un post apposito, però per chi desidera fare un confronto può provare a farsi curare in un Ospedale Meridionale a caso), valgono come cartina di tornasole anche i pessimi risultati delle prove di scuole INVALSI al Meridione, a meno di pensare seriamente che l'intelligenza si è distribuita in maniera anomala in Italia i risultati dei test provano solo che l'insegnamento nelle scuole meridionali è peggiore di quelle settentrionali. A parità di retribuzione degli insegnanti (anzi, con qualche vantaggio dovuto al differenziale nel costo della vita).

Ai fini del dibattito e della cultura segnalo questo paper sulle differenze salariali e sulle differenze fra il Sud d'Italia e le regioni dell'est della Germania, questo paper è un po' datato, tanto che nel 2006 la Germania ha fatto quelle riforme del mercato del lavoro citate nel paper, il risultato è sotto gli occhi di tutti, però è interessante notare come i due autori rilevino che, appunto, i salari reali non riflettano la differenza nella produttività, tanto che i due autori stessi fanno iniziare la fine del periodo di convergenza Nord-Sud con la fine delle cd. “gabbie salariali” al Sud. E notano anche en passant il ruolo distorsivo degli stipendi e salari pubblici, confermando quanto da me evidenziato.

Conclusioni.

La fotografia del Meridione disegna un'area geografica in cui valgono le stesse leggi e le stesse procedure del resto d'Italia, ma che le applica peggio e male, facendo annullare anche il vantaggio di un costo del lavoro relativamente più basso; la scarsa dotazione finanziaria delle imprese meridionali, tipicamente piccole, poco innovative, e rivolte principalmente al solo mercato domestico fa sì che le stesse non si sviluppino, non riescano ad accumulare capitale (tra l'altro le imprese meridionali, anche medie, non hanno gli stessi livelli di profitto delle similari imprese settentrionali) e paghino di più i finanziamenti esterni, che peraltro sono anche inferiori rispetto al resto del paese, proprio per la maggiore rischiosità delle imprese stesse.

La Pubblica Amministrazione oltre che essere palesemente insufficiente e incompetente nell'erogazione dei servizi è costosa, oltre che essere stata utilizzata per strumenti “impropri”, quali assunzioni clientelari, fasulle e assolutamente non necessarie, distorcendo ulteriormente l'economia meridonale.
I trasferimenti statali, quelli che in una visione keynesiana, dovrebbero/potrebbero aiutare a colmare la distanza, sono oramai praticamente nulli, sostituiti da un puro e semplice clientelismo a fini reddituali, e comunque, visti i precedenti è solo un bene.
Quindi ? Quindi parliamo di un altro paese, non di un'altra area dello stesso paese. Quindi, se volessimo davvero parlare di “questione meridionale” dovremmo seriamente cominciare a parlare di “questione dello Stato meridionale”. La famigerata frase “L'Italia è fatta, adesso dobbiamo fare gli italiani” dovrebbe essere quindi riscritta
“L'Italia è disfatta, prendiamone atto”, e agiamo di conseguenza, per evitare di precipitare ulteriormente. Cronaca di una morte annunciata, appunto.

P.S.

Mi si potrebbe accusare di non aver portato nulla di nuovo al dibattito, quindi lo faccio volentieri. Nello studiare l'economia meridionale la prima cosa che salta all'occhio è la frase “industria turistica”, ripetuta in tutte le salse. Tutto sommato al meridione c'è un patrimonio inestimabile di ricchezze storiche e naturali, che è lì, si deve solo sfruttare. Appunto. Secondo il rapporto sul turismo mondiale l'Italia si colloca al 134° posto (su 140...) per la competitività sui prezzi e al 100° posto per le regole “politiche” come insieme (leggi: burocrazia), e siamo al 135° posto per la trasparenza del regolatore politico in particolare, last but not least siamo al 116° posto per il marketing turistico (il portale italia.it dice qualcosa a qualcuno ?). In questo quadro si dovrebbe inserire il “turismo al meridione”. Abbandonando l'economia e andando brutalmente su Trip Advisor scopri che il museo più gradito d'Italia è a Napoli. Beh, facile direte voi, c'è Pompei, il Museo Nazionale con i tesori di Pompei ed Ercolano, curati dal MiBAC...Sbagliato. Il Museo è la Cappella del Principe di Sansevero.
Ed è
privato. 2 + 2 =....

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Commenti

Ci sono 114 commenti

c'e' il cristo velato! Vuoi mettere!

usciamo e svalutiamo così la Sicilia diventa la California (cit.)

Ps:non conosco il funzionamento dei test INVALSI. qualcuno sa quanto pesano le zone a più alta evasione scolastica nel risultato del sud?

Pps:sul turismo in italia e nel sud in particolare meglio stendere un telone pietoso.

usciamo e svalutiamo così la Sicilia diventa lo Zimbabwe (cit.)

Il problema del numero eccessivo di dipendenti pubblici della pubblica amministrazione è importante perché comporta una bassa produttività totale, maggiore che in un sistema con il giusto numero di lavoratori. Mi spiego: se io assumo troppi dipendenti rispetto alle necessità, alcuni resteranno ovviamente senza far niente (i fancazzisti certe opportunità non se le fanno scappare), allora sempre più colleghi inizieranno a porsi la classica domanda: "ma a me chi me o fa fare? tanto non mi mandano via da qua!". Quindi altra gente a far niente.
Chi rimane a produrre sul lavoro, siccome ormai la barca va nella direzione del meno fai meglio stai, verrà ostacolato, se non mobbizzato, dalla ormai maggioranza di colleghi.
Per questo nel Sud bisogna tagliare posti di lavoro nelle PA anche a costo di costosi pre-pensionamenti, altrimenti la giostra continuerà ad andare avanti e il posto di lavoro, per gli statali, sarà una sorta di "bar sport" retribuito.

 

Mi rendo conto che ridurre gli "esuberi" è sicuramente auspicabile ed è più "semplice" da fare che non introdurre una riforma della PA. Quindi spero che qualcuno ti ascolti.

Però, avere più impiegati del necessario, per quanto possa esser dannoso, non è il Problema. E' solo uno dei"danni collaterali" del Problema che sta nell'assunzione clientelare, nella mancanza di meritocrazia e nell'impossibilità di licenziare.

Se sono stato assunto non in base ai miei meriti ma solo perchè sono il cugino dell'onorevole Ciccio Spacchio e non mi possono licenziare (perchè sono cugino e perchè, comunque, nella PA non puoi licenziare neanche Hannibal Lecter beccato a "mangiare" in ufficio) beh tu puoi prepensionarmi tutti i colleghi che vuoi, io continuero a lavorare coi miei "ritmi". 

'Meridionalizzazione dell'Italia' di prezzoliniana memoria, oppure di fuga di lavoratori verso il Nord alla ricerca di ritorni sugli investimenti ed opportunita'.

 

Non so se sia o meno OT, ma 'gettare il cuore oltre l'ostacolo' e' la locuzione che e' stata creativamente - (se non si fosse introdotto un richiamo peace&love alla libro Cuore, certa tradizione non sarebbe stata rispettata) - elaborata per definire il processo di integrazione europeo.

 

Mi domando se l'espression appropriate sia Gettare il cuore oltre all'ostacolo, oppure, 'cronaca di una morte annunciata' (Crónica de Una Muerte Anunciada)?

Gabriel Garcia Marquez inizia dalla fine della storia, svelando a poco a poco gli eventi che portano a un omicidio. La narrazione non lineare crea una tensione insolita. Con la conclusione noto, solo i passi precisi che portano alla tragedia rimangono poco chiari.

 

Il probabile finale di partita della crisi del debito in Europa è già noto - mutualizzazione DE FACTO del debito europeo maggiore integrazione- Ma gli eventi precisi che portano ad esso sono sconosciuti.

La storia è raccontata a ritroso.

 

Di fatto, un meccanismo d integrazione 'stealth', soprattutto attraverso i vari acronomi EFSF (European Financial Stability facility) ELA (Emergency Liquidity Arrangement), LTRO (Long Term Refinancing Operations), the SMP (Securities Market Program) and its new OMT (Outright Monetary Transactions) facility.

 

La EU Commission 2012 State Aid ha calcolato che tra October 2008 e December 2011, i 27 stati EU hanno fornito alle sole banche Euro 1.6 trillion (ca 13% EU GDP) di assistenza. Includendo ulteriori finanziamenti, a inizio anno Euro 3.5 trillion (30% EU GDP), o Euro 7,000 per cittadino EU.

 

Ora e' fuga dei lavoratori tout court dall'Italia. Qual e' l'impatto e il costo di un simile percorso?

 

Ho visto poco, o nulla in Italia su quello che mi sembra il vero tema 'CORE' di un'area valutaria commune.

Perche?

Grazie

C'è un post apposito sull'euro, ove contribuire, se si ha qualcosa da dire, al discorso Euro/Costiveri/Costipresunti.

Partirei proprio da qui: "La fotografia del Meridione disegna un'area geografica in cui valgono le stesse leggi e le stesse procedure del resto d'Italia, ma che le applica peggio e male,...".  Piu' che una foto è un affresco dantesco dalla cui visione si esce quasi sconfortati. La domanda piu' che spontanea è, "come se ne esce, ammesso e non concesso che si possa?".

Non per ottimismo ma per convizione razionale io ritengo che il Meridione possa farcela.  Non mi è affatto sfuggito il particolare non da poco che l'autore predisponendo il testo abbia inserito tra i tag che compongono la colonna degli "articoli collegati" il termine federalismo.

Perché da qui si parte. Si tratta di abbandonare il paradigma per cui regole uguali (le "stesse leggi") inducono o infondono ugualianza. Abbiamo avuto 150 anni  e passa per constatare che non è vero. I divari sono cresciuti. È ora di provare l'altra strada, secondo cui a fronte di realtà diverse occorrono regole e leggi diverse, pur con un ridotto parco di regole comuni di indirizzo (quelle cosiddette "federali"). 

Tra l'altro in questi giorni leggevo lo studio UE che attesta la perdita di competitività regionale delle regioni italiane per cui la famosa blu banana ora non è piu' una banana. La Lombardia la perso 30 posizioni, EMR 28 (ma ha la giustificazione parziale del terremoto) ed il veneto 20. Trovate qui lo studio originale e qui la classifica relative alle sole regioni italiane.

Ebbene con la sola eccezione della sicilia (-30) tutte le regioni/province a statuto speciale, che hanno in modo anche minimo la possibilità di incidere sulla produttività totale dei fattori, hanno visto un discreto miglioramento. Ed ovviamente quando parliamo di regioni a statuto speciale siamo ancora lontani mille miglia dal concetto di federalismo.

Ma basta il federalismo per garantirci una panacea che guarisce tutti i mali? Direi di no perché l'affresco presentato ci mostra un problema enorme, relativo alla qualità del personale pubblco al sud quanto a capacità. I metodi clientelari di assunzione e selezione hanno rimpolpato la PA di persone lontane da ogni concetto di merito e se costoro avessero il compito di rendere esecutivo il federalismo saremmo messi male. Un ricambio sostanziale comporta tempo e sottrazione di risorse private.  Insomma il federalismo è un ottimo concetto ma per funzionare ha bisogno di marciare sulle gambe degli uomini (sia politici sia funzionari pubblici) ed è qui che sono decisamente pessimista o come minimo scettico.

Pronto ad abbandonare ogni scetticismo di fronte a segnali ed indicatori contrari.

Me lo domando anche io se il federalismo è un rimedio oppure no, e nulla mi leva dalla mente che sganciato dal resto d'Italia il Sud farà come l'Argentina (senza le materie prime, però).
Però non vedo altre strade, onestamente stiamo facendo da zavorra a una nave che imbarca acqua, penso quindi che la possibilità di avere leggi diverse (una qualche forma di unità nazionale la manterrei, se non altro per avere costi condivisi per Difesa e Esteri), in un quadro di appartenenza all'area Euro possa costringere il Sud a fare quelle riforme che da un lato fanno paura (diciamocelo: fanno paura a chi non ha strumenti di comprensione evoluti. Quindi al 99,9999% dei meridionali), dall'altro i veti incrociati della politica nazionale impediscono.
Come dire: ultima spes, sed spes.
Però sono personalmente aperto a tutte le altre idee, questo post nasce appunto da questo bisogno, e ringrazio i redattori per l'oportunità che offrono di discutere di Sud, se andate in giro il dibattito è inesistente, come se parlasse un coccodrillo

Se si considera il PIL al netto del settore pubblico, che come dice giustamente Marco, paga gli stessi (o superiori) stipendi indipendentemente dalla produttività, si scopre che il divario nella produttività inizia a riallargarsi dal 1980 quello nei redditi dal 1970 (Mauro, Luciano, 2004. "The macroeconomics of Italy: a regional perspective," Journal of Policy Modeling, Elsevier, vol. 26(8-9), pages 927-944, December) .   In un altro paper (

  1. Luciano Mauro & Francesco Pigliaru, 2013. "Decentralization, Social Capital and Regional Convergence," Working Papers 2013.57, Fondazione Eni Enrico Mattei.) si suggerisce che le cause dello stop della convergenza nei redditi, prima, e nella produttività, poi, siano dovute a due concause: l'abolizione della flessibilità salariale spaziale (abolizione gabbie salariali) e l'introduzione del "federalismo bastardo" vedi regioni (responsabili delle spese ma irresponsabili delle entrate). Da dove iniziare? Primo, o completare il decentramento o ritornare a centralizzare, secondo introdurre differenziali salariali collegati al tasso di disoccupazione dei mercati regionali del lavoro, terzo riformare la pubblica amministrazione legando le retribuzioni a indici di performance. Su quest'ultimo punto si avrebbe un enorme risparmio di spesa pubblica senza la cosidetta "macelleria sociale". Infatti da analisi  BdI si evince che il costo della vita al SUd è il 20% in meno del centro nord. Salari e stipendi sono più bassi di circa il 20%, come giustamente riportato da Marco, ma  gli stipendi statali sono però uguali, il che comporta uno stipendio reale di +20% per gli statali nel Mezzogiorno. 

Innanzitutto mi scuso per non aver letto i tuoi papers, avevo google indicizzato in italiano e quindi non li ho visti.
Su tutti i punti dell'analisi concordiamo, credo che la divergenza successiva all'abolizione delle gabbie salariali sia oramai quasi acquisita al dibattito economico, visto che un "keynesiano" (disclaimer: post di Bisin) come Marani è giunto alla stessa conclusione, nel paper che ho linkato, che la distorsione degli stipendi pubblici anche.

Sulla soluzione mi farebbe piacere una articolazione maggiore: personalmente penso che qualsiasi ritorno al centralismo sia improponibile, e che l'unica soluzione sia un "federalismo" totale: tre macro regioni che abbiano potestà legislativa su tutto, ma proprio tutto, avendo in comune solo Difesa e Esteri, con proibizione totale di avere rappresentanze e/o forze armate interne. Il bilancio federale prevederà quindi solo le spese connesse a queste attività, mentre le tre macro regioni avranno bilanci indipendenti, anche la banca d'Italia cesserà la sua funzione, passandola alle tre banche centrali delle tre macro regioni, con divieto assoluto di acquisto/riacquisto dei titoli pubblici delle tre macroregioni.

Si dovrà trovare una soluzione per il campionato di calcio e la nazionale, onde evitare una rivolta.

Insomma la grande idea sarebbe quella di ridurre gli stipendi della PA del 20% per i dipendenti che lavorano al sud? Mi sembra un po' poco per innescare un processo di sviluppo. La proposta è debole come motivazione: allora per esempio i dipendenti pubblici di Vigevano dovrebbero essere pagati meno di quelli di Milano per tenere conto del differente costo della vita; ed anche il costo della vita non è solo il prezzo delle zucchine: se a Reggio Emilia ho accesso ad un asilo nido comunale a prezzi controllati e a Reggio Calabria me ne devo pagare uno privato il presupposto di base si indebolisce. Comunque vista la gravità della situazione si puo' provare anche questa; magari si potrebbe tentare di renderla politicamente più accettabile se si stabilisse che i quattrini risparmiati tornassero al sud, magari con un rafforzamento della "social card".

Da dove iniziare? Primo, o completare il decentramento o ritornare a centralizzare, secondo introdurre differenziali salariali collegati al tasso di disoccupazione dei mercati regionali del lavoro, terzo riformare la pubblica amministrazione legando le retribuzioni a indici di performance.

A mio avviso il federalismo non è un decentramento un po' spinto e completo. Sono cose diverse e per certi versi antitetici. Anche l'attuale situazione "bastarda" non è per nulla assimilabile al federalismo, qualsiasi aggettivo gli si voglia appiccicare. Comuque è solo una puntualizzazione, perché forse a livello di gergo comune magari intendiamo la stessa cosa.  Quello che conta è rendere responsabili della spesa gestionale ogni giuridizione politica (che sia un comune o una provincia o una regione poco importa) e trasformarle da enti amministrativi a soggetti titolari di una sovranità, pur limitata dalla regole comuni. Non mi esprimo sul secondo punto. Sul terzo è chiaro che se si torna a centralizzare sarà il centro a decidere tale misura, se invece la direzione fosse quella del federalismo vero, sarà ogni sovranità a decidere come assumere e rimunerare il personale in funzione delle risorse economiche a disposizione.

Mi pare l'unica soluzione (approdo). Vera struttura federale, in cui ogni regione trattiene la totalita' delle proprie risorse e ha piena liberta' di politica fiscale (per abbassare le tasse).

 

Servirebbero inoltre a mio avviso:

1) formazione vera, e qualita' dell'istruzione (docenti preparati; opportunita' e valorizzazione del capitale umano)

2) controllo dei risultati di progetto/spesa pubblica (progressivo innesto di forza lavoro efficiente)

3) valorizzazione del turismo; beni culturali, commercio/produzione verso bacino Mediterraneo/Africa/.

Problemi

Noti. Scarsa produttività media degli occupati; utilizzo inefficiente risorse pubbliche catturate (v. qui: www.telegraph.co.uk/news/worldnews/europe/italy/9376202/Italy-repays-307-million-to-EU-after-road-project-mafia-corruption-exposed.html); criminalita' organizzata; lavoro irregolare. Forti resistenze al cambiamento (big reservoir of political consensus).

 

Cambiare incentivi in vista di un vero federalismo a 4/5 anni. Formazione. Molta formazione e cultura. Piu' turismo, commercio e servizi nell'immediato.

Grazie

Non vedo come si possa risolvere qualcosa al Sud senza fondamentalmente sovvertire la cultura imperante. Si fa la macro regione, e poi? Finisce come il serpente che mangia se stesso, gia' vedo le grida contro i cattivi tedeschi che non vogliono foraggiare il povero e sfortunato Sud.

L'unico way out e' una riduzione drastica di tasse, burocrazia e malaffare politico. Praticamente tutti gli imprenditori con un po' di successo si son visti mettere bastoni tra le ruote da qualche politico in carriera. Praticamente tutti i self employed sono massacrati di tasse e balzelli e vivono nella paura costante del fisco (anche avendo commercialista e tutto in regola).

Se vi fosse un sistema "normale", le cose si aggiusterebbero gradualmente. Gli imprenditori ci sono, chi vuole "provarci" c'e', ma non a queste condizioni. Ora, a me sembra piu' facile fare una politica nazionale che faccia saltare il banco e porti a un sistema un po' piu' sensato, che fare il "Sud" e lasciarlo in mano agli elettori o un elettorato imbelle.

Solo una postilla: io spero ardentemente che i tedeschi NON foraggino il sud, sia esso d'Europa che d'Italia.

Caro Marco, non condivido la tua analisi e meno ancora le tue conclusioni. Non posso commentre pedantemente tutti i punti, per quanto ne comprenda le ragioni e le motivazioni. Mi concentrerò solo su un punto, peraltro marginale nella tua analisi, ma che hai posto alla fine quasi come test finale alla tua conclusione e cioè che il problema sia tutto meridionale. Ritengo invece, che il problema è italiano con episodi più salienti e visibili nel meridione.

Il mio punto è limitato allo stato della scuola che tu così bolli

 

 

valgono come cartina di tornasole anche i pessimi risultati delle prove di scuole INVALSI al Meridione, a meno di pensare seriamente che l'intelligenza si è distribuita in maniera anomala in Italia i risultati dei test provano solo che l'insegnamento nelle scuole meridionali è peggiore di quelle settentrionali. A parità di retribuzione degli insegnanti (anzi, con qualche vantaggio dovuto al differenziale nel costo della vita).

 

I risultati della scuola italiana sono notoriamente scadenti, ma non così scadenti come a prima vista può sembrare e non per le ragioni che tu menzioni. Nei test PISA, la Svizzera italiana fa peggio di tutto il nord e di alcune regioni del centro-sud. Non è questione di nazionalità, perché anche l'Austria performa male rispetto all'Italia. Come è noto, le condizioni socio-economiche delle famiglie hanno un forte peso sui risultati dei test PISA. Le condizioni reddittuali e culturali (ad esempio, titoli di studio come lauree e diplomi di scuola superiore) al Sud sono significativamente inferiori rispetto al Nord. E quindi sarebbe lecito sospettare che se si considerassero queste variabili, la colpa forse non sarebbe attribuibile agli insegnanti meridionali fannulloni (rispetto a quelli del nord).

Per darti il senso di quello che sto scrivendo mutuo un esempio preso da altri. Per i paesi OCSE Hervé Boulhol e Patrizio Sicari hanno provato a ricalcolare i risultati dei test PISA tenendo conto di variabili di contesto come le condizioni socio-economiche delle famiglie. Viene fuori che l'Italia guadagna qualche posizione, ma paesi come  Turchia e Spagna ne conquistano molte di più, facendoci mangiare la polvere. Il Portogallo sale sul podio con Finlandia e Korea. Non conosco analisi simili condotte per le regioni italiane, e ringrazio in anticipo chi vorrà darmi una lezione online attraverso un riferimento biblio.

Fatta questa lunga premessa, spero che apprezzerai che non conoscere quanta responsabilità sia attribuibile agli insegnanti meridionali e quanto all'arretratezza relativa dei genitori meridionali determina poi soluzioni inutili o dannose, come quella postborbonica, da te suggerita, di mollare la zavorra perché non c'è più nulla da fare. 

Immagino però che la tua intenzione fosse quella di mettere al centro la questione degli stipendi pubblici. In verità non ho capito se contesti il livello stipendiale del futuro pilota dell'F35 rispetto a un ingegnere con il contratto metalmeccanico nel privato, oppure il fatto che al sud quel pilota prende lo stesso stipendio di uno stanziato al nord. Mentre nel primo caso credo che identificare criteri di equità (privato-pubblico oppure italia-estero) sia difficile ma possibile, per il secondo caso penso che legare gli stipendi pubblici all'andamento dei prezzi (o del costo della vita) alla fine della fiera non produrrebbe un miglioramento per le finanze pubbliche, ma un peggioramento, per quanto più equo per i dipendenti del Nord rispetto a quelli del Sud (o anche per i dipendenti delle grandi città rispetto a quelli dei piccoli centri).

Francesco non intendevo riproporre lo schema "dipendente pubblico vs dipendente privato", mi interessava solo l'aspetto socio-economico finale.
Dici che i test INVALSI sono frutto del contesto socio economico ? Può darsi , il paper linkato riporta che in Francia è così per i test PISA,  ma il punto rimane: pur partendo dagli stessi libri di testo e dagli stessi programmi le performances delle scuole meridionali sono peggiori, e in parte solo può essere spiegato con il materiale umano di "base", ma un'altra parte la puoi spiegare solo con la diversa applicazione del corpo docente, perchè anche a un cretino se gli ripeti che 2+2=4 quello lo impara. Ma se glielo ripeti.

E comunque per evitare polemiche NON ho parlato dei risultati INVALSI, li ho citati come indicatore, ho preferito usare le performances delle opere pubbliche e della giustizia.

Mi dici che gli ingegneri di Reggio calabria sono peggiori di quelli di Brescia per il contesto ? O i giudici di bari sono peggiori di quelli di Verona per il basso livello dei litiganti ?

La mia soluzione non è di "mollare la zavorra", ma di prendere atto che la barca non è mai stata una, ma due, e tenerle ancora con il nastro adesivo significa solo farle affondare entrambe, come sta avvenendo. 

Ma sono aperto ad ascoltare soluzioni migliori, che non siano quelle da sempre riproposte, e mai attuate. 

 

Nei test PISA, la Svizzera italiana fa peggio di tutto il nord e di alcune regioni del centro-sud.

 

Mi pare che questa dicussione ci sia già stata.  Nel caso ribadisco che nella svizzera italiana la percentuale di stranieri è del 27% (90'680 stranieri su 336'000 abitanti) e che questo ha un ovvio influsso sulla didattica e sulle performance medie della lingua italiana. Mi pare che in Italia la percentuale di stranieri sia inferiore al 5%.  Inoltre alle scuole medie i ragazzi oltre all'italiano studiano francese e tedesco (obbligatoriamente) e naturalmente non puo' non mancare l'inglese. La lingua principale è quindi un po' sacrificata ma il vantaggio per i ragazzi è notevole.

 

 

una bella % degli insegnanti del nord sono meridionali. ricordo le campagne della LN al riguardo. Delle due l'una: o gli insegnanti meridionali sono scarsi , e allora anche al nord farebbero danni e non è così, o non è questa la causa. Propendo per la seconda, per questo chiedevo che peso avessero nei risultati le zone ad alta evasione scolastica, dove il successo si misura nella capacità di tenere in aula i ragazzi.

Visto che ci sono, non credo nemmeno che il 99, 9 periodico dei meridionali non sia in grado di capire. Sono convinto che sia uno sfogo, più che giustificato, di marco.

Non ho dati, ma il problema di base è che a causa dell'arretratezza economica, c'è una minoranza consistente che funge da blocco, che vive grazie alla politica e ai soldi che essa gestisce ed elargisce. Ovviamente  si creano pacchetti di voti personali per i politici che gestiscono tali risorse, che non avranno alcun interesse a cambiare le cose. Così mentre la maggioranza dell'elettorato si divide come nel resto d'italia, tra dx e sx per i motivi più disparati, questi pacchetti risultano decisivi per il successo politico e il governo delle istituzioni bloccando tutto.

Per questo, e ritorno alla mia proposta, è fondamentale tagliare il flusso di soldi. Questo sarebbe un salutare shock, ma meno rischioso della ripartizione in tre macroregioni destinate alla separazione.

Non ho bibliografia sottomano, ma dalle rilevazioni della Fondazione Agnelli e altre mi par di ricordare che gli insegnanti, in caso di trasferimento, cerchino semplicemente l'avvicinamento a casa.

Da quello che ho capito, il Sud gode (meglio, godrebbe) di un costo del lavoro minore rispetto al Nord. Date però tutte le altre condizioni, questo vantaggio viene sprecato. La mia domanda (da ignorante, visto che so poco o nulla di economia industriale) è: il basso costo del lavoro non riduce le necessità di aumento di Labour Productivity? 

No, il costo del lavoro è solo una parte del "costo totale dei fattori di produzione", che è peraltro strettamente correlato alla produttività.
Per intenderci: un opeario Volkswagen guadagna più di un operaio FIAT, ma produce molto di più, ovvero il suo costo per unità di prodotto è più basso.

Marco non riesco a intervenire come vorrei, il tema è serio e complicato dato quello che sappiamo (molto meno che di un atomo di idrogeno o della struttura del dna, checchè ne dicano a Chicago). Pero' devo farlo che mi spetta. Lascio perdere i dati (ma stai attento: TFP non è labor productivity e sulla scuola: USA sorpassarono GB prima di avere i premi nobel e avere qualcuno che capisse di Fisica teorica all'interno dei confini). Accenno alle interpretazioni. Qualche mese fa ho letto il libro di Acemoglu e Johnson  "Why nations fail", ero all'estero e non sono riuscito a trovarlo in inglese, avevo urgenza e sono stato costretto a leggerlo in spagnolo (con molta difficoltà), che traduce - nello splendore di quella lingua- Por que fracasan los paises. Non so se esiste già la traduzione in italiano ma credo che qualcosa sul Mezzogiorno insegni. Molte delle cose che si trovano in quel testo mi sembrano  ragionevoli e verosimili (non necessariamente nuove, essendo cresciuto a pane e Pareto e arrosto di Gramsci, come molti altri italiani). Per sintetizzare il loro punto di vista: in un mondo in cui  il sovrano è fuori di senno (dal punto di vista dei cittadini, i.e. istituzioni estrattive) e il suddito è troppo avverso al rischio per rivoltarsi, allora il problema o la chiave è la classe dirigente, (l'insieme di persone vicino al sovrano). Mentre a Milano e Torino la classe dirigente resiste su (o sopravvive, ma questo è un problema ancora diverso) rendite da monopolio di imprese private, al centro su rendite da monopolio ministeriale, al sud questo riguarda le rendite di monopolio locale. A Napoli, come sai bene, questo monopolio locale ha a che fare con la politica (e il sindacalismo),  la pubblica amministrazione e un po' con l'intermediazione finanziaria. I tuoi dati registrano questo fatto più o meno precisamente. Eravamo provincia e abbiamo voluto  trasformarci in un bordello (...).  

Cosa fare? Vedo due strade o la classe dirigente locale si allea con qualcuno al di fuori. Il che ha i suoi rischi, la storia è piena di questi esempi. O si trova nelle condizioni di non avere alternative e reagisce. Per paradossale che possa sembrare il miglior esempio che ho sotto mano di un tentativo di reazione è la chiesa cattolica. E' l'elite intellettuale di quell'istituzione che ha reagito al declino. Vedremo con quali risultati, ma  ha reagito. Nel frattempo il fatto (triste per chi crede nella democrazia, ma spiegabile con le dinamiche di cui sopra) è che  la base, che so l'acli, per quante brave persone abbia associato non ci aveva potuto nulla sull'orizzonte temporale di cui stiamo parlando. 

Su questo orizzonte temporale l'unica chance è che un pezzo di elite del mezzogiorno, consapevole del fatto che se non si muove resta tagliata fuori per altri cinque secoli, prenda decisioni simili. Il problema è che mentre è difficile per l'elite della chiesa cattolica uscire dall'istituzione ed è  quindi costrette ad usare la voce (Hirshman), le elites meridionali hanno una via di uscita molto semplice che hanno usato da decenni. Mandano capitale finanziario e capitale umano fuori, dove ovviamente conviene. Tagliare gli stipendi della pubblica amministrazione serve? Alberto  Francesco Michele e  altri pensano di si. Forza le elites a reagire. Ho una serie di dubbi (non elaboro l'argomento è che non mi dicono- perchè non lo sanno- in che direzione reagisce). Ma questo è un'altro post. O un altro paper. Buon lavoro.

 

 

Solo un punto, prima di argomentare, hai scritto:

 

ma stai attento: TFP non è labor productivity

 

questo l'ho ben presente (è stato oggetto di reprimenda in fase di editing, perchè avevo fatto confusione), difatti ho scritto:

 

 

eccovi una tabella che esemplifica la produttività del lavoro

 

Proprio perchè non è esemplificativa di TFP, ma solo della produttività del lavoro in senso stretto.

Vengo al tuo punto: in una fotografia con delle persone in primo piano lo sfondo si può vedere sfocato, ed è quello che ho (volutamente) fare io, perchè, come te, ritengo la classe dirigente meridionale (ma anche quella italiana in generale) assolutamente inadeguata, e bisognosa di uno shock esterno pesante.

A me sembra chiaro che il processo europeo non ci ha migliorato, anzi, ha permesso per oltre dieci anni di non arrivare al redde rationem, quindi penso che un frazionamento (dell'Italia nel nostro caso) possa costituire quello shock esterno di cui abbiamo bisogno, male che vada non scaricheremo più le responsabilità su un "nemico esterno", come le attuali elites fanno, ma dovremo guardarci di più allo specchio.

Sulla PA: penso che sia attualmente obbligatorio pensare ad una robusta riduzione degli stipendi della PA, in particolare delle posizioni apicali, oltre allo sfoltimento degli organici (nella PA ci metto anche tutte le controllate,partecipate, etc.,etc.), salvando solo la scuola e la sanità dalla scure: nella istruzione  e la sanità occorre il bisturi per rimuovere il marcio.

Ma temo siano elucubrazioni estive e faremo i conti con la realtà nel prossimo decennio.

 

 

Ciao a Tutti

quali potrebbero essere:

  1.  1) passaggi/costi e 'milestones',  ma anche le possibili resistenze, in vista della creazione di una reale struttura federale a livello regionale?
  2. 2) azioni immediate per arginare almeno temporaneamente la situazione al Sud?

Si confronti ad esempio l'editoriale del Dott. Pizzati (http://noisefromamerika.org/articolo/federalismo-non-s-ha-fare) Pare evidente che caveat/resistenze siano direttamente correlati all'entita' della... 'rendita'.

 

  'Il problema strutturale è noto. L’Italia è un paese che gestisce una realtà molto eterogenea in maniera centralista. Da una parte ci sono delle regioni che danno molto di più di quanto ricevono, e sono quindi oberate da una pressione fiscale al netto eccessiva che le rende poco competitive e perdenti nel mercato globale. Dall’altra parte ci sonoregioni che ricevono cronicamente più di quanto danno alimentando un sistema clientelare che incrementa il loro sottosviluppo'.

 

Grazie

Cordiali saluti

 

Sto pensando di scrivere qualche cosa su passaggi e milestones.
Il tempo è risorsa scarsa ma la volontà c'è.

youtu.be/iYuAxN8LZn0

per chi conosce il valore della nostalgia

Con ben due anni di ritardo lo Svimez (pagato con soldi pubblici) scopre che il Sud è in ritardo, e via di analisi copia e incolla (stamane ho letto un pezzo che comincia come il mio....).

Tanto è una moda passeggera, domani non se ne parlerà più, tranquilli.

Ne ho lette tante, io trimango della mia idea: se ne esce solo con leggi diverse (NON SPECIALI), l'iter che va bene a Belluno non va bene a Canicattì, il contratto unico nazionale è una boiata pazzesca (cit.).

Il resto son chiacchere.