Spesa pubblica italiana nel sol levante

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Ci informa il Sole 24 Ore che il fondamentale testo ''La paura e la speranza'' è stato tradotto in giapponese, grazie a un'iniziativa ''cui ha contribuito anche l'Istituto Italiano di Cultura di Tokyo''.

Non molto da aggiungere a questa notizia, solo qualche cortese richiesta di informazione visto che la sulla stampa non abbiamo trovato tutti i dettagli di questa iniziativa.

Prima domanda. L'Istituto Italiano di Cultura di Tokyo è, ci informa il suo sito web, un ''organismo ufficiale dello Stato Italiano''. Dipende, se non andiamo errati, dal ministero degli esteri. I soldi che spende sono quindi soldi dei contribuenti italiani. La domanda è pertanto: quanti soldi dei contribuenti italiani sono andati alla promozione del libro?

Lo chiediamo perché, a nostro modesto avviso, ci sono solo due possibilità.

- La prima è che il libro, risultando di vasto interesse per il pubblico giapponese, sarebbe stato pubblicato dalla ''Ichigeisha Publishing House, società editoriale specializzata nei testi di pedagogia e sociologia'' anche senza il contributo dello stato italiano. In tal caso il contributo dell'Istituto Italiano di Cultura si manifesta come un puro e semplice spreco di denaro dei contribuenti, segnatamente in forma di regalo alla Ichigeisha Publishing House.

- La seconda possibilità è che, in assenza del contributo pubblico, la traduzione non ci sarebbe stata perché il libro non era d'interesse sufficiente per il pubblico giapponese. In questo caso, il contributo pubblico serve a coprire i costi che la Ichigeisha Publishing House non prevede di essere in grado di coprire con le semplici vendite del volume. Se le cose stanno così, il contributo pubblico si configura, in particolare, come un regalo all'autore, che d'ora in poi potrà fregiarsi del titolo di ''tradotto in giapponese'' anche se la logica del mercato (o del mercatismo?) non glielo avrebbe concesso. E magari riceverà anche qualche diritto d'autore (questo la nota né lo dice né lo nega).

Seconda domanda. Posto che ogni contributo pubblico alla traduzione di un libro rappresenta un favore all'autore, potrebbero i responsabili dell'Istituto Italiano di Cultura di Tokyo raccontarci il processo decisionale che ha condotto alla scelta di questo fondamentale titolo? Siamo certi che i responsabili hanno affrontato dilemmi terribili. Dopotutto, il fatto che un ente governativo decida di fare un favore a un membro particolarmente in vista del governo, può apparire alquanto negativo alle menti meno pure e più maliziose. Ma, nonostante il rischio di destare immotivati sospetti, i simpatici funzionari governativi italiani in terra nipponica hanno nondimeno deciso di procedere, convinti evidentemente che omnia munda mundis, tutto è puro per i puri di cuore. Ecco, giusto per fugare i dubbi degli impuri come noi: quali altri testi sono stati considerati come possibili destinatari del contributo? Quali economisti, sociologi o scienziati politici non italiani sono stati interpellati per prendere la decisione? Così, tanto per saperlo. Fosse mai che anche noi si decida di chiedere un contributo per tradurre un libro in giapponese.

Terza domanda. Questa la rivolgiamo all'autore del libro. In questo periodo lei sta chiedendo sacrifici agli italiani, sia in termini di minori servizi e sussidi ricevuti dallo stato sia in termini di tasse più alte da pagare. Crediamo sia convinzione diffusa, che sicuramente anche lei condivide, che le prime spese da tagliare dovrebbero essere quelle la cui esistenza meno si giustifica in termini di solidarietà sociale o di efficienza produttiva. Tra le varie misure di cui si è parlato (e di cui è da verificare la sopravvivenza al dibattito parlamentare) vi è l'aumento del coefficiente di invalidità necessario per ottenere la relativa pensione, dal 74% attuale fino all'85%. Ossia, se un signore ha un coefficiente di invalidità dell'84%, prima della manovra avrebbe avuto diritto alla pensione di invalidità, dopo la manovra no. La domanda è: veramente lei pensa che il contributo alla traduzione del suo libro sia più importante che dare pensioni di invalidità a chi ha un coefficiente dell'84%?

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Commenti

Ci sono 27 commenti

Bene bene...prosegue il bombardamento del quartier generale. Sogno che questo metodo fatto di domande imbarazzanti si diffonda nel giornalismo. Anzi, dovrebbero riprendere direttamente le parole di Sandro visto che non hanno la forza o l'acume per farle loro le domande.

Chissà se risponderà Tremonti.

Sempre grandi, (ed informati), nei commenti.

Certo che ascoltando quanto è uscito durante la vostra presentazione trentina del libro, (ci arriverete al giappone?): telefonate del buon ministro, giornalismo pavido...ho i miei dubbi sul diffondersi di questo "morbo"

E' bello leggere di buon mattino notizie tanto gratificanti.Sapere che un centinaio di milioni di giapponesi condivideranno la grande opportunità di leggere un testo tanto importante qui in berlusconistan fa subito dire "avere compagno al duol scema la pena"

Non fossilizzatevi su Voltremont in Giappone (allucinante)....temo che iniziative di questo tipo stiano prolificando. Finalmente una bella discussione con dati su NFA sugli istituti di cultura, sui loro costi e sul modo in cui promuovono le iniziative "culturali": io speravo che con la manovra finalmente quest'imbarazzante situazione sarebbe stata risolta.... E invece mi sembra che siano molto più vispi a attivi che mai! Ma a chi giova(-no)? 

Che disdetta! 

Giovano a infinite persone che ne ricevono contributi e prebende. 

Non si capi' mai a che cosa servono, nella mia modesta esperienza ad organizzare cenette epr piu' o meno ricche persoen che vivono a Tokyo, Paris, etc. Non e' da escludere l'occasionale festa per il luminare di passaggio, da creatori di moda a velisti impegnati.

riprendendo le parole di GT ad annozero "ma dalli ai poveri!"...

Che tristezza...

Il traduttore poi ha fatto seppuku per l'orrore e la vergogna?

Non scandalizzatevi troppo, questa è la prassi di gran parte dell'editoria universitaria che marcia a contributi stampa sottratti a spese per didattica e strutture. Per quanto Voltremont mi stia antipatico, però la terza domanda è retorica. Io gli avrei chiesto perché allora non lo ha fatto tradurre e mettere in rete con una licenza open source per la sola edizione giapponese, tanto non danneggerebbe certo l'editore italiano.

Ho fatto una ricerca sulla casa editrice ed ho trovato questo:

http://www.imvu.com/shop/product.php?products_id=1230032

vorrà dire qualche cosa?

Vorra' dire forse che la casa editrice gliel'ha trovata un collega di Tarantini nel Sol Levante. O forse direttamente l'utilizzatore finale visto che si parlano con frequenza (anche se di recente pare non si amino troppo) :-)

In linea di principio, concordo. Ma davvero pensiamo che il costo del contributo avrebbe permesso di mantenere le pensioni d'invalidità nella fascia indicata?

invece ridurre, ma che dico ridurre.. ELIMINARE i compensi dei giocatori della nazionale di calcio si, immagino.

 

Ovviamente no, chiaro che è solo un esempio di spese non necessarie e a forte contenuto pro-casta che non sono state toccate dalla manovra. Però, giusto per eliminare i dubbi residui, ci potrebbero dire la cifra esatta.

Più in generale però, Valentina in un commento sopra ha giustamente sollevato la domanda su quanto sia necessaria la spesa degli istituti italiani di cultura. Se li eliminassimo tutti, vendendo anche i lussuosi immobili nei quali sono normalmente locati (almeno nei due-tre casi che ho visto) sospetto che il risparmio sarebbe almeno nell'ordine di grandezza di quello ottenuto con la stretta alle pensioni di invalidità. Quest'ultimo, è bene ricordarlo, non è gran che: hanno lasciato intatta tutta la normativa sulle indennità di accompagnamento, che conta per i tre quarti della spesa ed è la componente che ha manifestato crescita anomala nell'ultimno decennio.

Non vedo perché attaccare Tremonti per questo: l'iniziativa ha una doppia finalità:

  • rieuqilibrare la bilancia con l'estero (se ne vendiamo milioni ci rifacciamo delle PSP e delle WII che compriamo);
  • possiamo sperare di contaminare la mente di qualche politico nipponico che potrà mettere sottosopra il sol levante, a tutto vantaggio delle imprese italiane (che, come sappiamo, sono in crisi a causa delle minacce orientali.

È ora di finirla con queste polemiche strumentali.

Ma scusate ma gli Istituti di Cultura esistono anche per gli altri paesi? Di Germania e Francia sono certo che esistano, del primo in particolare perchè ci abitavo vicino (nei pressi del Comando Generale della Guardia di Finanza a Roma). Ma, per esempio, Fulbright è assimilabile a un istituto italiano di cultura?

L'unica cosa che posso dire è che per essere credibili questi "enti di cultura" dovrebbero essere del tutto slegati dal potere politico ed essere in mano a scienziati o accademici che si occupino di relazioni culturali con l'Italia, non con relazioni di altro genere con la classe politica italiana...sennò il rischio è che questi istituti di cultura siano un po' come delle Prefetture d'Oltremare, con a capo funzionari nominati dal governo che agiscono in ossequio a qualunque direttiva provenga dal centro.

Aggiungo inoltre che Libero e il Giornale fanno sempre giustamente polemica contro i film finanziati con soldi pubblici e che parlano del '68 e di tutti i ribellismi vari che tanto sembrano piacere a questo popolo di conservatori sempre indietro su tutto che sono gli italiani. Ecco, mi chiedo, perchè adesso Libero e il Giornale non fanno (come sono soliti fare) un bel titolo scandalistico  tipo: "Tremonti: Tokyo Decandence".

Un saluto a tutti, innanzitutto, perché è da molto che vi seguo ma è la prima volta che commento. Sotto copioincollo un paio di informazioni da una mail sugli IIC che avevo mandato a Marco Boninu in risposta al suo commento, e che lui mi ha cortesemente sollecitato a inserire qua:

- gli Istituti di cultura non solo esistono anche negli altri paesi, ma si riuniscono, per quel che riguarda quelli espressione dei paesi europei, in un'associazione chiamata EUNIC (http://www.eunic-online.eu); nella città in cui mi trovo (Lubiana), ne fanno parte non solo l'IIC, ma anche gli equivalenti francese, britannico, austriaco, tedesco e spagnolo. In altre realtà (prendo ad esempio la prima grande città su cui ho cliccato a caso navigando per il sito EUNIC, Berlino), ce ne sono più di venti (nella capitale tedesca il Belgio ne ha addirittura uno per ognuna delle due comunità linguistiche, e c'è anche l'istituto serbo che è extra UE);

- per quel che riguarda la dipendenza dal potere politico o l'efficienza, non mi esprimo perchè mi trovo in una capitale in fondo piccola e quindi marginale, perchè nulla so da novellino tirocinante che fino a un mese fa a malapena sapeva dell'esistenza degli IIC, e perchè non intendo affatto offrire o esprime un'opinione; per quel che concerne le funzioni, oltre all'attività di promozione culturale, gli IIC organizzano anche corsi di lingua per tutte le età, e rilasciano, dopo apposito esame, un certificato linguistico (ad esempio il CELI, dell'Università per Stranieri di Perugia), in analogia a quanto fa, ad esempio, il British Council con l'IELTS. Per tale motivo, vi lavorano insegnanti e lettori, ed è disponibile (almeno in molti casi, credo) una biblioteca. 

 

Ma scusate ma gli Istituti di Cultura esistono anche per gli altri paesi?

 

Posso confermare che per la Francia esistono (io ho avuto contatti con quelli di Grenoble e Marsiglia) e devo dire anche che sono piuttosto attivi, organizzando attivita' culturali di vario genere (teatro, conferenze, mostre, cinema, corsi di italiano...). In genere mantengono anche una piccola biblioteca.

 

 

Esistono in svariati paesi. Quelli Italiani sono (qui almeno) divisi tra una "Dante Alighieri" che fa corsi di lingua piu' o meno utili a chi vuole diventare assistente di Dolce e Gabbana. Il resto e' un po' bizzarro, ma immette dosi notevoli di funiculi funicula in terre lontane.

Devo riconoscere che e' assai difficile che so, veder Rubbia all'istituto italiano di cultura, mente e' facile vedere persone che producono immagini un po' strapaesane.

Fulbright e' tutt'altro ed e' un effetto di guerra fredda (palma, fulbright fellow 1981-1989)

Anche nel sito dell' Istituto Italiano di Cultura di Tokyo viene illustrata la funzione degli istituti. La spiegazione e' un po' vaga, e non trova grande rispondenza nell'attività concreta dell'Istituto, di cui si da' conto nella sezione 'eventi'
Nel 2002 ci furono molte polemiche per il nuovo corso imposto dal governo Berlusconi sia ai consolati che agli istituti di cultura, fino a quel momento troppo poco attenti alla 'cultura del fare' o, meglio, 'dell'affare' (cfr., per esempio, l'intervista al sottosegretario agli Esteri dell'epoca, Mario Baccini, 'Il Tempo', 26/2/2002: "…La promozione della cultura all'estero significa non solo mobilitare le intelligenze e la credibilità dell'Italia all'estero, ma soprattutto creare il terreno necessario a una maggiore penetrazione economica e commerciale dei nostri prodotti e delle nostre imprese…").
Le polemiche riguardarono soprattutto Londra (vedi: http://www.firthissimo.it/pol1.htm ) e Berlino e i cosiddetti “direttori di chiara fama” (cioè non funzionari).
Baccini, in altra intervista, non smentita (cfr. Il Mattino, 7/3/2002), cito' alcun “direttori di chiara fama” che sarebbero stati riconfermati nella loro carica, aggiungendo: “Diversa e' la situazione in altri Istituti, ove, invece di promuovere il bello dell’Italia, sono stati ospitati attacchi al nostro Governo: e' inaccettabile che sia stato fatto in sedi ufficiali e con i soldi dei contribuenti” come "a Parigi … dove e' stata, invece, favorita la presenza, anche al Salon du Livre, di autori che vanno dicendo che in Italia la democrazia e' a rischio. Assurdo” o "a Bruxelles, dove nel nostro Istituto è stato presentato un libro del giudice Caselli e ciò ha dato motivo per unilaterali polemiche sulla giustizia. E a Berlino dove e' stata favorita la proiezione di filmati antigovernativi sul G8. Per il buon nome dell'Italia, non per convenienza politica, non potremo più tollerare episodi come questi”. 
Tornando a Tokyo, la' il direttore dell'Istituto e' Umberto Donati, già segretario generale dell' Associazione di amicizia Italia - Giappone che, nel 1995 - 96 , contribuì al progetto "Giappone in Italia" e costituì poi, con il ministero degli Affari Esteri italiano, una nuova fondazione no profit a partecipazione (direttore generale fu lo stesso Donati, presidente onorario Umberto Agnelli, grande promotore dei rapporti con il Giappone, mentre Uberto Pestalozza fu il coordinatore per la Farnesina). Scopo della Fondazione, la prima a partecipazione pubblico - privata costituita dal ministero degli Esteri, era l' organizzazione e le gestione della rassegna "Italia in Giappone 2001" 
(per la Fondazione Italia Giappone vedi:
http://www.italiagiappone.it/chi_siamo.html
http://www.italiagiappone.it/cda.html
http://www.italiagiappone.it/soci.html
http://www.italiagiappone.it/associarsi.html )
Donati e' stato un collaboratore di Umberto Agnelli (all'Istituto ci sono una Sala Umberto Agnelli e un Auditorium Umberto Agnelli) e l'istituto di Tokyo sembra, a prima vista, particolarmente legato alla Fiat, il cui nome compare spesso fra gli sponsor degli eventi culturali.
Il problema, mi pare, stia nel fatto che l'evento culturale spesso costituisce solo la foglia di fico per un evento commerciale. Per esempio, prendete la mostra del 2008 “"Le vie del tempo” dell’artista Giuliano Ghelli, con la quale "l’Istituto Italiano di Cultura di Tokyo prosegue la sua azione di promozione dell’arte contemporanea italiana in Giappone. Giuliano Ghelli appartiene ad una corrente espressiva di surrealismo fantastico, come emerge dalle opere esposte realizzate a partire dagli anni ’90 che conducono il visitatore in un mondo magico di sospensione, altamente cromatico e caratterizzato da messaggi positivi". 
Con tutto il rispetto per l'opera di Giuliano Ghelli e per il suo mondo magico di sospensione altamente cromatico, non e' difficile scoprire il vero motivo per cui proprio lui era stato scelto per rappresentare l'arte contemporanea italiana a Tokyo. Basta dare un'occhiata a una delle sue opere e tutto diventa più chiaro.
C'era bisogno di girarci tanto intorno? L'evento culturale era la nuova 500: amen e chiudetela li', senza cercare tanti pretesti per giustificarvi.
E adesso? Che cosa pensare del contributo dell'Istituto alla traduzione del libro del ministro?
Una graziosità da parte della Fiat tramite l'Istituto di Cultura? E perché proprio a lui?