La Seconda Repubblica

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Il Financial Times ha dedicato un articolo sugli ultimi 10 anni dell’Italia, in cui sostiene che l’economia Italiana sopravviva nonostante lo scarsissimo livello dei propri governanti. In questo articolo mi propongo di estendere l’intervallo di tempo preso in considerazione e fare un bilancio della seconda Repubblica: un periodo partito con grandi speranze di rinnovamento.

Times are hard when things have got no meaning

Dopo tangentopoli e il Parlamento degli inquisiti, si inaugura nel 1994 la 12° legislatura, dopo elezoni con un sistema a prevalenza maggioritaria e con una parte proporzionale. Si può discutere su quando esattamente sia nata la Seconda Repubblica, ma di sicuro lo era già nella primavera del 1994. Si tratta di un periodo in cui molti Italiani si aspettavano un rinnovamento della propria classe dirigente e in particolare di quella politica, con la speranza che questo avrebbe portato grandi cambiamenti in meglio per il paese.

Proviamo qui  a ricapitolare brevemente i principali risultati ottenuti in questo periodo per chiederci se la classe politica sia stata all’altezza del momento storico. In particolare ci vogliamo cimentare in un esercizio: valutare se i cambiamenti ottenuti dalla classe politica passino il test qualitativo dell’inerzia, chiedendoci cioé se i nostri politici in questi 16 anni abbiano ottenuto risultati che sarebbero arrivati comunque tramite governi che raccogliessero semplicemente un ragionevole minimo sindacale, indipendentemente da chi era al potere, oppure se chi governava abbia guidato o anticipato il cambiamento.

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Un’analisi “scientifica” della Seconda Repubblica va oltre lo scopo di questo lavoro. L’obiettivo dell’articolo è cercare di fornire un’idea generale basata su fatti analizzando fonti di informazioni pubblicamente disponibili in rete e alcuni conti relativamente semplici. Il principio guida è quello dell’80-20, per cui vogliamo formarci un giudizio che colga la maggior parte di quanto fatto durante la Seconda Repubblica, pur senza ricerche approfondite, che ci farebbero andare nei dettagli.
Visto l’approccio liberale in politica ed economia di NfA, cercheremo di valutare i passi avanti dell’Italia in termini di crescita economica e promozione della libertà dal 1994 in avanti. Un’analoga analisi la meriterebbe l’ampio tema delle libertà civili, ma esula dallo scopo del presente articolo.

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L’indice di libertà economica della Heritage Foundation per il 2010 riporta l’Italia al 74° posto su 179 Stati, giudicandola un paese “moderatamente libero”. Analizzando nel dettaglio il risultato del nostro paese, vediamo che l’Italia è sotto la media mondiale nelle seguenti categorie:


•    Libertà fiscale: le tasse sono circa il 43.5% del PIL per il 2009
•    Spesa pubblica: la spesa pubblica è il 47.9% del PIL e lo stato ha ancora diverse partcipazioni soprattutto nei trasporti e nell’energia
•    Libertà nel lavoro: il mercato del lavoro è abbastanza rigido


D’altronde, ci sono altri ambiti che, pur non essendo sotto la media mondiale, risultano problematici, come la corruzione e la difesa dei diritti di proprietà, in parte dovuta a un sistema giudiziario che può essere lento e non offrire le certezze che un investitore si auspica. In generale, la media di libertà economica Italiana è poco sopra quella mondiale, grazie soprattutto alla libertà nel commercio e alla politica monetaria, ambiti guidati soprattutto dall’appartenenza del paese all’Unione Europea e all’Eurozona, una scelta strategica avviata prima del 1994 e implementata e poi mantenuta durante la seconda Repubblica.

L’Italia è un paese fondatore dell’Unione Europea e un membro del G7, ha un’economia sviluppata ormai da tempo. Per questo i risultati di libertà economica sono deludenti. D’altronde, le potenzialità non mancano e se il paese vuole, c’è spazio per migliorare molto, come si può intuire dall’articolo del Financial Times.

Vediamo a questo punto, come siamo arrivati a questo risultato. A questo proposito, cominciamo dando un’occhiata al grafico con l’andamento del punteggio di libertà economica Italiano negli ultimi 15 anni. Questo ci mostra che l’Italia è stata abbastanza stabile. Per avere un termine di paragone, ecco gli andamenti di altri paesi Europei di dimensioni simili all’Italia: UK, Germania, e Francia. Vediamo che anche gli altri paesi hanno avuto un andamento altalenante attorno ai livelli press'a poco attorno ai livelli di partenza del 1994.

Per questo conviene rivolgerci anche a un altro indicatore, il PIL, per avere un'idea sintetica del benessere del paese. Ecco ora l’andamento della variazione annua del PIL anno per anno dal 1994 al 2008 (fonte IMF WEO):

Anno Italia
19942,15%
19952,83%
19961,10%
19971,87%
19981,40%
19991,46%
20003,69%
20011,82%
20020,45%
2003-0,02%
20041,53%
20050,66%
20062,04%
20071,48%
2008-1,32%

Se prendessimo il valore iniziale del Pil nel 1994 e quello finale nel 2008 e calcolassimo il tasso annuo medio di crescita (CAGR), questo sarebbe del 1,35%.
Per fare un paragone nel periodo precedente tra il il 1980 e il 1994, che, come ci hanno spiegato su questo sito non ha brillato quanto a politica economica, il tasso di crescita è stato del 1,97%.

Tale mediocrità economica emerge anche da un altro sguardo di sintesi alcune valutazioni macro-economiche. Come suggeritomi dal professor Rustichini, il World Economic Forum (WEF) pubblica ogni anno uno studio sulle condizion in ogni paese del mondo necessarie per lo sviluppo economico. Il rapporto, tra le altre cose, produce un indice e una classifica relativa dei paesi del mondo. I paesi sono divisi in tre grandi gruppi, corrispondenti a tre fasi dello sviluppo: i paesi in fase iniziale di sviluppo, dove contano i fattori di produzione, quelli in una fase intermedia, in cui lo sviluppo è guidato dall’efficienza produttiva, e infine i paesi con un’economia a forte dose di innovazione.
L’Italia è al 48° posto su 139, come l'anno scorso. Ci sono due pagine dedicate al nostro paese, 192 e 193, ricche di informazioni interessanti, tanto che meriterebbero di essere prese e stampate entrambe. Anzitutto si può vedere un grafico con l’andamento del PIL pro capite a parità di potere d’acquisto negli ultimi venti anni, fino al 2009, paragonato a quello delle economie avanzate (i dati del PIL sono presi dall’IMF anche in questo caso), da cui emerge che l’Italia ha perso terreno stabilmente dall’inizio degli anni Novanta. In particolare, oggi le aree in cui l'Italia è classificata peggio, e quindi che bloccherebbero maggiormente lo sviluppo economico sono:


•    Inefficienza del mercato del lavoro - 118° posto su 139
•    Sviluppo del mercato finanziario (i.e. più un mercato finanziario è sviluppato e maggiore è l’accesso ai finanziamenti) - 101° posto su 139
•    Le istituzioni (i.e. sistema legale e amministrativo, governo) - 92° posto su 139
•    Stabilità delle condizioni macroeconomiche (immagino che qui conti l’incertezza legata all’enorme debito pubblico nazionale) - 76° posto su 139

Alcuni degli aspetti considerati più problematici per fare business in Italia sono i seguenti, ottenuti tramite a interviste a esperti:

•    Burocrazia inefficiente
•    Accesso ai finanziamenti (i.e. sia tramite l’assunzione di debito che tramite la vendita di azioni di una società)
•    Tasse: sia per l’elevata pressione fiscale che per la complessità delle regole
•    Infrastrutture inadeguate
•    Mercato del lavoro

E la classe politica in tutto questo?

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Per rispondere alla domanda ecco una lista dei Governi che si sono succeduti dal 1994 a oggi, con una lista dei maggiori risultati ottenuti e il CAGR del PIL in quegli anni. Tenete presente che per i risultati mi baso sui miei ricordi di adolescente degli anni Novante, neanche tanto interessato alla politica, per questo la lista potrebbe non essere esaustiva. Tenete inoltre presente che nel corso degli anni Novanta hanno avuto luogo le Privatizzazioni e la creazione di authorities, che si sono protratte nel corso degli anni.

 

Legislatura

 
 

Governo

 
 

Anni

 
 

Maggiori risultati ottenuti

 
 

CAGR PIL periodo

 
 

XII

 
 

Berlusconi I

 
 

1994 - 1995

 
 

 

 
 

2,83%

 
 

XII

 
 

Dini

 
 

1995 - 1996

 
 

Riforma pensioni

 
 

1,10%

 
 

XIII

 
 

Prodi I

 
 

1996 - 1998

 
 

Ingresso nell’Euro zona

Legge Draghi sulla finanza

Introduzione IRAP al posto di altre imposte

 
 

1,64%

 
 

XIII

 
 

D’Alema I

 
 

1998 - 1999

 
 

Riforma dell’università (3+2)

Guerra in Kosovo

 
 

1,46%

 
 

XIII

 
 

D’Alema II

 
 

1999 - 2000

 
 

 

 
 

3,69%

 
 

XIII

 
 

Amato II

 
 

2000 - 2001

 
 

 

 
 

1,82%

 
 

XIV

 
 

Berlusconi II

 
 

2001 - 2005

 
 

Depenalizzazione falso in bilancio

Guerra in Iraq

Legge Biagi sul mercato del lavoro

Legge fecondazione assistita

Scalone Maroni

 
 

0,05%

 
 

XIV

 
 

Berlusconi III

 
 

2005 - 2006

 
 

Legge elettorale porcellum

 
 

2,04%

 
 

XV

 
 

Prodi II

 
 

2006 - 2008

 
 

Indulto

Abolizione scalone Maroni

Riduzione cuneo fiscale

Liberalizzazioni

Fallita vendita di Alitalia

 
 

0,07%

 

 

 

 

 

Appare chiaro che i governi che si sono succeduti hanno brillato soprattutto per inazione. Alcune delle riforme tentate sono state soltanto parziali, come il testo unico sulla finanza e la riforma Biagi. Come abbiamo visto, le riforme del mercato finanziario e del lavoro sono fondamentali per far partire la crescita. E' interessante notare, come suggeritomi da Aldo, che si tratta didue riforme a basso costo economico, ma probabilmente ad alto costo politico. Se ne è parlato per molti anni, ma, per mancanza di coraggio e forse anche di comprensione del problema, si è fatto poco, sicuramente meno di quanto il paese avesse bisogno.
D’altra parte, la spesa pubblica, che, tra le altre cose, porta burocrazia inefficiente, è aumentata, mentre non si è rivista l’organizzazione della pubblica amministrazione in maniera meritocratica, legando gli incentivi ai risultati, prediligendo spesso aumenti di salario o tagli di spesa “a pioggia”. Anche sulle tasse si è fatto poco. E non si poteva fare altrimenti! Infatti non c’erano proprio margini di manovra, visto che nessuno ha avuto il coraggio di diminuire la spesa pubblica e visto che il debito pubblico è stato saldamente sopra il 100% rispetto al PIL per ogni anno dal 1994 al 2008, stando al solito IMF (massimo di 121,8% nel 1994, minimo di 103,4% nel 2007).
Infine, non ci sono state neanche riforme istituzionali significative, e con la legge elettorale si è fatto un passo indietro rispetto allo spirito maggioritario dei referendum dei primi anni Novanta, tornando al proporzionale, con liste bloccate e imposte dalle segreterie di partito, senza la possibilità per gli elettori di scegliere il proprio deputato e senatore.

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What if Analysis

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La storia non si fa coi se, ma io non sono uno storico e sono curioso di chiedermi: cosa hanno fatto altri paesi paragonabili al nostro negli anni della Seconda Repubblica?
Ecco una tabella con la variazione annua del PIL dell’Italia assieme a quella della media dei paesi del G7 e della zona euro:

 

Anno Italia Area Euro G7
19942,15%2,50%3,16%
19952,83%2,58%2,38%
19961,10%1,55%2,71%
19971,87%2,58%3,23%
19981,40%2,83%2,73%
19991,46%2,92%3,33%
20003,69%3,87%3,84%
20011,82%1,88%1,18%
20020,45%0,94%1,31%
2003-0,02%0,81%1,78%
20041,53%2,17%2,91%
20050,66%1,70%2,35%
20062,04%2,98%2,59%
20071,48%2,77%2,23%
2008-1,32%0,65%0,17


L’Italia ha fatto peggio degli altri: il CAGR della zona euro è del 1,90%, mentre quello del G7 è del 2,04%, contro quello Italiano dell'1,35%.
A questo punto può essere interessante esercitarsi in uno scenario e rispondere alla domanda: quale sarebbe stato il PIL Italiano nel 2008 se fosse cresciuto con la stessa media degli altri paesi? Ecco alcuni dati per avere un’idea. I casi sono quello che abbiamo effettivamente avuto (Italia as is), quello che avremmo avuto con una crescita media come quella della Eurozona (Italia –EU) e con quella del G7 (Italia – G7). Le fonti sono IMF WEO, come prima, e l'ISTAT:

 

Caso

 
 

CAGR

 
 

PIL 2008
(Mld €)

 
 

Delta PIL
(Mld €)

 
 

PIL pro capite (€)

 
 

Delta PIL p.c. (€)

 
 

Italia as is

 
 

1,35%

 
 

1,272

 
 

 

 
 

21,335

 
 

 

 
 

Italia – EU

 
 

1,90%

 
 

1,373

 
 

101

 
 

23,025

 
 

1,691

 
 

Italia – G7

 
 

2,04%

 
 

1,399

 
 

127

 
 

23,473

 
 

2,138

 

In altre parole, il fatto di essere andati peggio della media negli ultimi 16 anni ha fatto perdere a ogni Italiano circa 1,700€ l’anno nel 2008 in un caso o 2,100€ nell’altro, cioé tra i 140€ e i 180€ mensili a testa circa. Volendo condurre l’esercizio un pò oltre, ma sempre senza troppe complicazioni, abbiamo anche calcolato la somma di queste differenze anno per anno dal 1994 al 2008. Ecco i risultati:

 

Caso

 
 

Somma differenze PIL 1994-2008
(Mld €)

 
 

PIL p.c. totale “perso”
1994-2008
(€)

 
 

Italia – EU

 
 

539

 
 

9,037

 
 

Italia – G7

 
 

723

 
 

12,125

 

Insomma, crescendo meno degli altri, come abbiamo fatto, ci siamo persi una fortuna tra i 540 e i 720 miliardi di euro, oppure tra i 9 e i 12mila euro a testa, in pratica un’utilitaria in più a testa per tutti nel caso conservativo e anche un motorino nuovo in quello aggressivo, visto che negli anni Novanta ero adolescente. Altro che incentivi per le auto!

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Da qualunque lato la si guardi, l’Italia non ha brillato in questi ultimi 16 anni. Era proprio necessario o inevitabile che l’Italia andasse così peggio degli altri? Si poteva prevedere questo andamento?

Non riesco a pensare a qualche causa esterna così grave da aver impedito strutturalmente all’Italia di crescere come altri paesi avanzati occidentali. Perciò è più probabile che le cause della scarsa crescita siano dovute a motivi interni, cioé all’incapacità dell’Italia di rinnovarsi e rendersi competitiva, come peraltro più volte sottolineato su questo blog. I vari governi non sembrano aver né anticipato né guidato il cambiamento in maniera significativa. Non mi sembra ci siano state decisioni strategiche prese durante la seconda Repubblica che abbiano effetto significativo sul presente.

Purtroppo non si può neanche dire che in questi anni abbiamo perso terreno perché abbiamo fatto riforme o investimenti paritcolari che avrebbero avuto dei costi iniziali. Anzi in molti sostengono, gli stessi politici in primis, che sia stata proprio la mancanza di riforme a detereminare la debolezza dell’Italia. Da questo punto di vista, ai politici manca vision. La classe politica della Seconda Repubblica non supera il test qualitativo dell’inerzia, perchè non è riuscita ad anticipare e guidare il cambiamento portato dai tempi e non è stata neanche brava a fare il minimo sindacale, cioé la manutenzione della Repubblica.

E’ surreale, soprattutto per gli Italiani all’estero, che una seria discussione su tali problemi sia assente dal  dibattito politico Italiano. E’ pacifico che in Italia l’economia vada male e che stia andando così da un pò di anni. Un’economia che peggiora significa meno ricchezza in media per ciascun Italiano, e avere una torta che si rimpicciolisce può acuire tensione sociale e un sacco di problemi, perché la gente, in generale, non è contenta di essere più povera. Eppure i politici degli ultimi anni non si sono occupati seriamente di questo, ma sono stati auto-referenziali, senza rendersi conto che stanno spartendosi le briciole di una barca che sta piano piano andando sott’acqua. E’ difficile dire se lo facciano perché pensano di riuscire ad abbandonare la nave col bottino per tempo (moral hazard) oppure semplicemente per ignoranza. Nessuno dei due casi fa loro onore.

L’impressione che uno ha quando guarda al lavoro dei politici è che non abbiano capito il mondo, e/o che non abbiano le idee chiare su cose fare e anche quando dicono di avere delle idee sono estremamente inconcludenti a realizzarle e provare che hanno avuto conseguenze positive. In pratica, non sono stati bravi a ottenere risultati. Insomma, gli Italiani sono migliori di chi li governa? Penso proprio di sì: almeno l’economia l'hanno tenuta a galla!

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Commenti

Ci sono 113 commenti

Per il periodo 1996/98 (Prodi I) ci sarebbe da aggiungere la legge Treu, precorritrice della Biagi:

http://www.repubblicadeglistagisti.it/law/legge-quadro-312520-luglio

 

Insomma, gli Italiani sono migliori di chi li governa? Penso proprio di sì: almeno l’economia l'hanno tenuta a galla!

 

E come mai questi italiani migliori dei loro politici continuerebbero a votare la nostra pessima classe dirigente? Come e' possibile che in una democrazia gli elettori siano peggio degli eletti?

Come e' possibile che in una democrazia gli elettori siano peggio degli eletti?

 

 

Credo volessi dire il contrario. Cmq. la causa potrebbe essere la non perfetta democrazia/concorrenza del ns. Paese, più simile ad una monarchia costituzionale del XIX secolo che ad uno stato moderno.

Caste stracaste e ancore caste? E chi c'è fuori fatica ad entrare?

 

credo che la classe politica sia fedele espressione del popolo che la elegge (cosa che pochi di noi riescono ad accettare). Probabilmente ne accentua un po' di più i difetti ma in generale riassume la nostra profonda ignoranza e dissolutezza, il nostro disprezzo per le istituzioni, la nostra disgregazione come nazione e non per ultima, la nostra profonda ammirazione per i furbi, coloro che con qualche escamotage riescono a raggiungere i propri fini, anche passando sopra a moralità ed etica.

 

Insomma, gli Italiani sono migliori di chi li governa? Penso proprio di sì: almeno l’economia l'hanno tenuta a galla!

 

Bello e deresponsabilizzante ma credo falso: la classe politica è composta da italiani ed è da italiani votata.

Se sembra tautoligica come affermazione perchè: c'è "la casta", c'è il "porcellum". Insomma: la parte sana del paese non può influire direttamente e chiedere le riforme; allora si consideri l'esistenza di lobby potenti come la CGIL, la Confindustria, la Confartigianato, Mediobanca ecc ecc che potrebbero influenzare (anche tramite i mezzi di comunicazione) verso determinate decisioni.

Gli stessi italiani quando gli costruiscono la discarica sotto casa son capaci di proteste formidabili (a dire il vero anche se gli vendono Lentini)

Inutile illudersi: in realtà non è (solo) la classe politica che non vuol fare certe riforme, è la maggioranza del paese che non le vuole.

Sia per convenienza immediata, ignoranza economica o mancata comprensione del momento storico fatto sta che la medicina cattiva delle riforme la vogliono in pochi preferiamo tenerci il mal di denti.

Un esempio: il primo governo BS tento la riforma delle pensioni, cadde travolto dal voltafaccia della LN preoccupata dell'insurrezione dell'opinione pubblica (povero Maroni che firmava decreti senza leggerli....). La riforma venne fatta dal governo Dini. Governo "tecnico" che se ne poteva fregare dell'impatto elettorale.

Sicuramente i nostri politici non rappresentano il meglio del paese, ma sono ben consci che in Italia tutti vogliono l'energia pulita però nessuno vuol pagare la bolletta più alta per averla.

 

PS

Complimenti per il post e per il link al WEF

 

 

 

allora si consideri l'esistenza di lobby potenti come la CGIL, la Confindustria, la Confartigianato, Mediobanca ecc ecc che potrebbero influenzare (anche tramite i mezzi di comunicazione) verso determinate decisioni.

 

ma non bisogna dimenticare la lobby più potente di tutte, trasversale alle categorie, assolutamente invincibile, quella che mette insieme Mondadori, Fininvest, Mediolanum, Medusa, Edilnord, ilGiornale, A.C. Milan... che, è una mia impressione passibile di contestazione, ha influenzato direttamente ed indirettamente determinate decisioni politiche (forse anche attraverso i mezzi di comunicazione, ma anche qui è una mia opinione...)

  Magnifico post che delinea in modo semplice ma chiaro i numeri del declino del nostro Paese. Non sono d'accordo sulla affermazione finale, che è poi un luogo comune: il popolo è migliore della sua      classe dirigente.  Per parlare - magari a vanvera - sulle cause di quanto accade, vorrei segnalare il fatto che da più di quaranta anni la scuola di ogni grado è in costante declino. Ed all'incirca nello stesso periodo l'iniziale espansione economica (il miracolo italiano) ha portato al palcoscenico uomini nuovi, che hanno assunto il ruolo di classe dirigente senza - ahimé - averne in molti casi il sottofondo morale e culturale. Lo scorrere del tempo non ha fatto altro che aggravare il tutto ed oggi l'inettitudine e l'ignoranza della classe dirigente è esattamente lo specchio della realtà del paese.  Dopo oltre quaranta anni di arretramento della scuola, non è difficile pensare che questo sia allo stesso tempo causa ed effetto del generale declino: in breve io sono convinto che la situazione italiana può essere schematizzata grossolanamente dicendo che il paese sta affogando nella propria ignoranza. Del resto, se guardiamo ai sondaggi che descrivono l'attenzione dei cittadini alla scuola od alla giustizia ci rendiamo conto di quale sia la diffusa ignoranza e quale sia l'importanza dei valori civili nella percezione dei più.

 

Bellissimo articolo. Mi permetto una considerazione un po' "cerchiobottista" riguardo alla classe politica italiana. In questo grafico, si vede l'evoluzione del rapporto debito/PIL negli ultimi 40 anni. E' abbastanza evidente come proprio da meta' degli anni novanta l'esplosione del debito pubblico abbia subito una decisa inversione. Questo mi porta a due considerazioni.

 

1) La prima e' una domanda. In che misura possiamo pensare che le politiche fiscali restrittive degli ultimi 15 anni abbiano contribuito alla stagnazione italiana? Mi verrebbe da pensare che qualche responsabilita' l'abbiano avuta. Possiamo pensare che l'utilitaria oggi non possiamo permettercela perche' stiamo ancora pagando le rate della Thema Ferrari presa negli anni 80?

 

2) Sempre guardando il grafico sarebbe lecito chiedersi se la classe politica affermatasi nella seconda repubblica non sia, almeno sotto questo aspetto, piu' responsabile di quella che l'ha preceduta. Certo, niente riforme strutturali, semplice gestione piu' oculata della cassa. Ma almeno questo...

 

PS: Nel grafico credo che ci sia un errore riguardo all'ultimo dato, schizzato al 115% nel 2009.

 

C'è solo da essere pessimisti, secondo me.

Il declino dell'Italia di questi lustri non credo che sia nemmeno avvertito dalla nostra classe dirigente. Non è all'ordine del giorno. Anzi, dal governo si nega addirittura che si stia peggio degli altri, che la colpa della mancanza di competitività sia ora della globalizzazione, ora dei cinesi, ora della concorrenza sleale.

Se anche ci fosse questa consapevolezza, mancherebbero gli strumenti teorici per l'analisi, l'individuazione delle cause e la sua descrizione in termini economici. La classe politica intende l'economia come una collezione di 'scuole di pensiero', esercizi intellettuali, come se non avesse un'utilità pratica e non fosse uno degli strumenti per far funzionare la macchina. Ha una formazione politica classica, legata ai vecchi schemi concettuali ottocenteschi, e intende la politica in senso gramsciano. Mancano le personalità abituate ad approcciarsi ai problemi in maniera analitica, non ideologica. Chi fa problem shaping all'interno dei partiti?

Insomma, non c'è la percezione del problema, manca la gente in grado di elaborare un quadro teorico sistematico che dia un senso ai fatti disordinati, mancano i politici che, coerentemente a una visione, sappiano elaborare una strategia e agire di conseguenza.
(Il capitolo politici, poi, è particolarmente deprimente: ometti che vivono alla giornata, tatticismi greedy, il tutto finalizzato ad alimentare clientele e feudi piccoli e grandi).

Non resta che aspettare il crollo, come nella Saigon prima dell'invasione vietcong. Si preferisce guardare altrove e confidare nello stellone.

 

La classe politica è lo specchio nel quale si riflette il nostro sostanziale fallimento come nazione ad assumere decisioni collettive riguardanti le modalità della nostra convivenza. Perciò, come vado dicendo da tempo, sono ormai berlusconiano per necessità logica (sb come migliore proxy dell'italico spirto), coerenza morale  (lo meritiamo) e calcolo attuariale (giungerà di certo la sua piazzale Loreto, metaforicamente parlando s'intende e spera). Dal crollo di questo sistema, nascerà certamente qualcosa di nuovo,  forse (ma FORSE dico) di meglio.

Riporto in calce il noto brano della Morante scritto alla notizia della morte di Mussolini, recentemente circolato in rete (questa credo sia la versione corretta) - volevo inizialmente mettere in grassetto le parti più rilevanti, ma poi ho capito che non avrei fatti che grassettare il 90% del testo: il popolo della sinistra gongolava su Facebook rimarcando l'analogia Mussolini / Berlusconi, quando a me pare evidente che ci si debba invece disperare per l'analogia tra gl'Italiani del 1945 e quelli del 2010:

Mussolini e la sua amante Clara Petacci sono stati fucilati insieme, dai partigiani del Nord Italia.
Non si hanno sulla loro morte e sulle circostanze antecedenti dei particolari di cui si possa essere sicuri. Così pure non si conoscono con precisione le colpe, violenze e delitti di cui Mussolini può essere ritenuto responsabile diretto o indiretto nell’alta Italia come capo della sua Repubblica di Sociale.

Per queste ragioni è difficile dare un giudizio imparziale su quest’ultimo evento con cui la vita del Duce ha fine.

Alcuni punti però sono sicuri e cioè: durante la sua carriera, Mussolini si macchiò più volte di delitti che, al cospetto di un popolo onesto e libero, gli avrebbe meritato, se non la morte, la vergogna, la condanna e la privazione di ogni autorità di governo (ma un popolo onesto e libero non avrebbe mai posto al governo un Mussolini). Fra tali delitti ricordiamo, per esempio: la soppressione della libertà, della giustizia e dei diritti costituzionali del popolo (1925), la uccisione di Matteotti (1924), l’aggressione all’Abissinia, riconosciuta dallo stesso Mussolini come consocia alla Società delle Nazioni, società cui l’Italia era legata da patti (1935), la privazione dei diritti civili degli Ebrei, cittadini italiani assolutamente pari a tutti gli altri fino a quel giorno (1938).

Tutti questi delitti di Mussolini furono o tollerati, o addirittura favoriti e applauditi. Ora, un popolo che tollera i delitti del suo capo, si fa complice di questi delitti. Se poi li favorisce e applaude, peggio che complice, si fa mandante di questi delitti.

Perché il popolo tollerò favorì e applaudì questi delitti? Una parte per viltà, una parte per insensibilità morale, una parte per astuzia, una parte per interesse o per machiavellismo. Vi fu pure una minoranza che si oppose; ma fu così esigua che non mette conto di parlarne. Finché Mussolini era vittorioso in pieno, il popolo guardava i componenti questa minoranza come nemici del popolo e della nazione, o nel miglior dei casi come dei fessi (parola nazionale assai pregiata dagli italiani).

Si rendeva conto la maggioranza del popolo italiano che questi atti erano delitti? Quasi sempre, se ne rese conto, ma il popolo italiano è cosìffatto da dare i suoi voti piuttosto al forte che al giusto; e se lo si fa scegliere fra il tornaconto e il dovere, anche conoscendo quale sarebbe il suo dovere, esso sceglie il suo tornaconto.

Mussolini,uomo mediocre, grossolano, fuori dalla cultura, di eloquenza alquanto volgare, ma di facile effetto, era ed è un perfetto esemplare e specchio del popolo italiano contemporaneo. Presso un popolo onesto e libero, Mussolini sarebbe stato tutto al più il leader di un partito con un modesto seguito e l’autore non troppo brillante di articoli verbosi sul giornale del suo partito. Sarebbe rimasto un personaggio provinciale, un po’ ridicolo a causa delle sue maniere e atteggiamenti, e offensivo per il buon gusto della gente educata a causa del suo stile enfatico, impudico e goffo. Ma forse, non essendo stupido, in un paese libero e onesto, si sarebbe meglio educato e istruito e moderato e avrebbe fatto migliore figura, alla fine.

In Italia, fu il Duce. Perché è difficile trovare un migliore e più completo esempio di Italiano.

Debole in fondo, ma ammiratore della forza, e deciso ad apparire forte contro la sua natura. Venale, corruttibile. Adulatore. Cattolico senza credere in Dio. Corruttore. Presuntuoso: Vanitoso. Bonario. Sensualità facile, e regolare. Buon padre di famiglia, ma con amanti. Scettico e sentimentale. Violento a parole, rifugge dalla ferocia e dalla violenza, alla quale preferisce il compromesso, la corruzione e il ricatto. Facile a commuoversi in superficie, ma non in profondità, se fa della beneficenza è per questo motivo, oltre che per vanità e per misurare il proprio potere. Si proclama popolano, per adulare la maggioranza, ma è snob e rispetta il denaro. Disprezza sufficientemente gli uomini, ma la loro ammirazione lo sollecita. Come la cocotte che si vende al vecchio e ne parla male con l’amante più valido, così Mussolini predica contro i borghesi; accarezzando impudicamente le masse. Come la cocotte crede di essere amata dal bel giovane, ma è soltanto sfruttata da lui che la abbandonerà quando non potrà più servirsene, così Mussolini con le masse. Lo abbaglia il prestigio di certe parole: Storia, Chiesa, Famiglia, Popolo, Patria, ecc., ma ignora la sostanza delle cose; pur ignorandole le disprezza o non cura, in fondo, per egoismo e grossolanità. Superficiale. Dà più valore alla mimica dei sentimenti , anche se falsa, che ai sentimenti stessi. Mimo abile, e tale da far effetto su un pubblico volgare. Gli si confà la letteratura amena (tipo ungherese), e la musica patetica (tipo Puccini). Della poesia non gli importa nulla, ma si commuove a quella mediocre (Ada Negri) e bramerebbe forte che un poeta lo adulasse. Al tempo delle aristocrazie sarebbe stato forse un Mecenate, per vanità; ma in tempi di masse, preferisce essere un demagogo.

Non capisce nulla di arte, ma, alla guisa di certa gente del popolo, e incolta, ne subisce un poco il mito, e cerca di corrompere gli artisti. Si serve anche di coloro che disprezza. Disprezzando (e talvolta temendo) gli onesti , i sinceri, gli intelligenti poiché costoro non gli servono a nulla, li deride, li mette al bando. Si circonda di disonesti, di bugiardi, di inetti, e quando essi lo portano alla rovina o lo tradiscono (com’è nella loro natura), si proclama tradito, e innocente, e nel dir ciò è in buona fede, almeno in parte; giacché, come ogni abile mimo, non ha un carattere ben definito, e s’immagina di essere il personaggio che vuole rappresentare.

 

Grande articolo!

 

ci siamo persi una fortuna fra i 540 e i 720 miliardi di euro

 

Quando le cifre valgono più di mille parole. Bisognerebbe fare delle magliette con questa frase sopra...


ho un unico dubbio... l'Italia è mai cresciuta come i restanti paesi del G7 o dell'area euro? o la nostra crescita è sempre stata inferiore?

L'articolo mi è sembrato approssimativo e lacunoso come non mai: mancano un bel po' di dati interessanti che dovrebbero servire a misurare la bontà della politica.

Dando un'occhiata veloce non ho potuto fare a meno di notare almeno una omissione clamorosa e un errore marchiano. L'omissione riguarda le leggi Bassanini: possibile che queste riforme epocali non siano inserite tra i risultati ottenuti? Ho 31 anni, ma ricordo benissimo quanti certificati inutili bisognava fare senza quelle leggi e quanto hanno cotnribuito alla semplificazione amministrativa.

Tra gli errori segnalo in particolare questo: come diavolo hai calcolato il CAGR del Governo Prodi II? Tra tutti i conti che ho fatto l'unico che si avvicina di più è quello che si ottiene facendo la media tra la crescita 2007 e la (de)crescita 2008: solo un folle potrebbe fare un calcolo simile (2008? Ma se a maggio il PIL era ancora positivo? E il 2006?), ma il conto farebbe comunque 0.08 e non 0.17.

Altre omissioni (le elenco a caso e a memoria): Berlusconi I non ha partorito la 626? Amato 2 e D'Alema 2 si sono grattati la pancia? [qui ci vorrebbe un coro di: magari!] Mettere tra i principali risultati ottenuti il porcellum è una battuta? Dire che la "Fallita vendita di Alitalia" è un "risultato del Prodi 2, oltre che una battuta, è anche una vera fesseria.

Ero abituato a ben altro livello di articoli; visto che la premessa era

 

In questo articolo mi propongo di estendere l’intervallo di tempo preso in considerazione e fare un bilancio della seconda Repubblica

 

Forse era meglio prendersi un altro po' di tempo e approfondire l'indagine.

Uhm. Detto che e' impossibile giustificare questa classe politica in qualsiasi modo, quest'analisi mi sembra un po' semplicistica.

Ossia non riesce a spiegare davvero, rispetto all'ipotesi iniziale, come mai il tasso di crescita del PIL in Italia sia sistematicamente minore dei due gruppi di riferimento.

Se ci limitiamo a considerare il PIL (anche questo molto opinabile, ma gli 'economisti' non ci offrono molto di meglio), si dovrebbe condurre una regressione per capire quale sia l'impatto delle 'riforme' su di esso.

L'articolo addebita la mancata crescita solo a quello, mentre secondo me i problemi sono anche e soprattutto altri.

Mancanza di infrastrutture adeguate, imprese piccole a bassa innovazione, mancanza di educazione nella popolazione, mancanza di concorrenza tra le imprese, corporativismo, economia basata sulla produzione e sul basso costo del lavoro, outsourcing selvaggio in Romania e Cina, invecchiamento della popolazione, miseranda percentuale di donne che lavorano, ristretto 'salotto' della finanza che decide, fallimento della grande industria, mancanza di una politica energetica, mafie, norme ambientali non rispettate, enorme debito pubblico, aiuti di Stato usati e abusati, evasione fiscale mostruosa, economia sommersa e cosi' via.

Sono solo le 'grandi riforme' il problema quindi, o il cambio della classe dirigente gli unici problemi? Mah. Gli italiani secondo me non sono migliori di chi li governa.

Gli italiani non hanno capito che nel mondo globalizzato di oggi, il campanilismo e il particolarismo non portano da nessuna parte. Ma da contraltare ai politici abbiamo personaggi come Emma Mercegaglia, Luigi Abete, Marco Tronchetti Provera, Matteo Colaninno, Rocco Sabelli e tutti i vari altri 'capitani di impresa'. La politica, soprattutto nel mondo di oggi, e' schiava dell'economia, non viceversa.

Quindi caro Michele, dovremmo chiederci come mai l'economia italiana produca questa classe politica, non viceversa. E la risposta sta nei tre lustri che hai considerato: 1994 - 2009, che hanno visto l'ascesa di un certo tipo di imprenditore.

Massimo, from Columbia

Vedo che il commento finale sugli Italiani che sono migliori dei propri politici ha suscitato parecchia discussione. Sono assolutamente d'accordo che sia una questione più complessa di quanto io l'abbia trattata, ma avevo la necessità di risvegliare i lettori con una frase ad effetto dopo avervi ammorbato con più di 2,400 parole e senza neanche una figura!

La mia affermazione seguiva una logica coerente con il tema dell'articolo: i politici Italiani non sono stati bravi a ottenere risultati, gli Italiani, invece, hanno mandato avanti la baracca, nonostante la zavorra di una politica che non li aiutava, ma anzi spesso li penalizzava. Tra l'altro, questo era il punto anche del FT.
Ovviamente è molto interessante affrontare la questione da un punto di vista più ampio e la risposta è senz'altro meno facile. Perché le cose sono andate così in Italia? Penso che questa sia la domanda chiave. Forse interrogarsi sul rapporto tra politica ed elettori può aiutare a farsi un'idea.
Io non mi occupo di queste cose e non ho una risposta alla domanda. Se ci penso, alcune fattori che mi vengono in mente che potrebbero aver influito a selezionare e conservare questa classe politica sono i seguenti in ordine sparso:
- La disillusione dei cittadini che vedono che le cose più di tanto non cambiano e quindi prestano poca attenzione
- I meccanismi di selezione del personale politico, e in particolare la legge elettorale, che rendono difficile un ricambio dei politici, che quindi si accorgono che non sono necessariamente puniti dal voto se fanno male il loro lavoro
- L'opinione pubblica, che evidentemente non svolge bene la sua funzione di "vigilanza" sull'operato di chi ha potere
- L'inerzia di una parte dell'elettorato, che se ha sempre votato da una parte, continuerà a farlo e al massimo si astiene oppure per cambiare partito o leader da votare gli ci vuole tempo per convincersi

Ora alcune risposte sparse.

@ Steve Robinson Hakkabee
Hai ragione, anche la legge Treu è da mettere, grazie.

@ Faust
1. Su questo punto ti potranno rispondere meglio i nostri economisti. I miei due cent: mi sembra ragionevole pensare che una politica di austerità possa aver diminuito la crescita. D'altronde non so quante alternative si avevano con un debito al 120% del PIL, dovuto a un clima di spesa diciamo un pò allegra. Una domanda per gli economisti in ascolto: se foste stati voi al governo nel 1992, come avreste gestito la crisi economica?
2. Non so: anche qui dovremmo capire quanto siano stati responsabili loro e quanto abbiano fatto così, perché proprio non si poteva sbragare di più, causa vincoli esterni (e.g. l'Europa, il rischio default, etc.)

@ Paolo Casillo
Non ho capito se sei d'accordo sulla sostanza dell'articolo oppure no.
In ogni caso, grazie per la segnalazione della legge Bassanini. Come dicevo, non era cattiva volontà da parte mia escluderla, ma non avevo tempo per fare ricerche estensive. Inoltre, ti faccio notare che intendo "risultati" in maniera neutra, per questo non ho messo una lista di cose solo positive, ma anche cose negative, ma rilevanti.
Il CAGR l'ho calcolato con la formula= (Valore finale / Valore Iniziale) ^ (1 / (numero anni)) -1. Gli input erano i valori del PIL dati dall'IMF. Purtroppo non avevo valori mensili, ma annuali. Detto questo, il risultato era 0,07%, non 0,17%, ma comunque, di nuovo, mi sfugge il punto: pensi che la classe politica della Seconda Repubblica abbia fatto un buon lavoro?

@ Massimo
Sei un Massimo che conosco?
Il mio scopo non era di trovare le cause profonde che hanno impedito agli Italiani di cambiare l'Italia in meglio durante la Seconda Repubblica, ma di vedere cosa era successo in questi anni, con un pò di dati alla mano. Non intendo dire che le uniche cause di scarsa crescita siano quelle suggerite dal WEF o dalla Heritage Foundation e che ci volevano solo "grandi" riforme, mi sembra però che siano cause ragionevoli e ho provato a vedere come si sono comportati i vari governi rispetto a quelle dimensioni. Mi rendo conto che col senno di poi è più facile dire cosa era giusto e cosa era sbagliato, però non mi sembra che ci volesse un Ph.D. per rendersi conto in corso d'opera che le tasse o il mercato del lavoro avrebbero potuto essere un problema. In ogni caso, molte delle cose che tu elenchi rientrano nell'ambito delle riforme che la politica avrebbe potuto fare.

Forse interrogarsi sul rapporto tra politica ed elettori può aiutare a farsi un'idea.

Ai fattori che hai elencato come incidenti sui rapporti politica-elettori, aggiungerei il monopolio mediatico e teleisivo.

La mancanza di "urgenza" nella percezone della crisi che notava un commentatore credo sia figlia della continua minimizzazione che ne hanno fatto governo e la stessa TV e senza escludere quotidiani che si sono esibiti in notizie semplicemente fuorvianti. Mi sebra un buon esempio a confermare l'assenza di una informazione onesta.

L'articolo comunque, inquadrato nell'ambito delle precisazioni che hai premesso è interessante per l'approccio, mettendo in relazione le politiche realizzate ed i risultati conseguiti. L'andamento modesto del PIL e dell'ecoomia in generale, la caduta della produttività sono fenomeni di lunga durata segnalati da anni da WEO o dalla Heritage che citavi, cos' come da OCSE ed altri organismi. La classe politica è stata perfino incapace di servirsi di queste anaoisi che avrebbero potuto essere un ragionevole elenco di cose da fare. Ascoltando le chiacchiere da bar circa Basilea 3 che si levano dal parlamento o i vaniloqui si zaja sui libici in UniCredit o il ministro tremonti che vaneggia che nel catalogo di interventi utii anche per la crescita c'è l'energia nucleare  al primo posto, si capisce che non abbiamo alcuna speranza.

 

Non ho capito se sei d'accordo sulla sostanza dell'articolo oppure no.

 

Assolutamente d'accordo, ma con una postilla: sì, è vero, l'Italia è andata avanti grazie ad italiani che l'hanno trascinata nonostante la politica. Per me, però, non si tratta degli italiani nella loro totalità, perché io nella maggioranza vedo la stessa sciatteria, lo stesso familismo amorale che è amplificato nei poitici di maggioranza e opposizione; penso, piuttosto, ad una stretta minoranza di gente che riesce a mandare avanti il paese nonostante tutto.

Probabilmente è così un po' ovunque: una piccola minoranza riesce a mandare avanti una nazione; la differenza è che in Italia questa piccola minoranza è solo di rado chiamata a governare.

A questo punto, però, se vogliamo portare avanti la nostra tesi dobbiamo essere precisi con i riferimenti: perché se è vero questo

 

Il CAGR l'ho calcolato con la formula= (Valore finale / Valore Iniziale) ^ (1 / (numero anni)) -1. Gli input erano i valori del PIL dati dall'IMF. Purtroppo non avevo valori mensili, ma annuali. Detto questo, il risultato era 0,07%, non 0,17% [...]

 

Allora siamo facilmente attaccabili: in pratica attribuisci a Prodi la crescita del PIL per il 2007 e per tutto il 2008 (ha governato per soli 5 mesi e quando se ne è andato il PIL era in crescita), escludendo il 2006 (in cui ha governato 7 o 8 mesi); qualunque fan prodiano (ne esisteranno?) potrebbe dirti "Vedi, nascondi i dati, in realtà la seconda repubblica è un completo disastro ad eccezione del nostro eroe".

 

ma comunque, di nuovo, mi sfugge il punto: pensi che la classe politica della Seconda Repubblica abbia fatto un buon lavoro?

 

Un buon lavoro non direi: ci sono state qui e lì alcune opere di modernizzazione, ma è sempre difficile fare confronti storici; le leggi Bassanini, le lenzuolate Bersani... (ho citato le leggi più liberali che mi sono venute in mente) ci sarebbero state nella prima repubblica? Di getto mi verrebbe da dire di no, ma tutto sommato a pensarci bene la 241 è del 1990, in piena era CAF. Su una cosa posso essere certo: tranne poche piccole eccezioni la seconda repubblica ha fatto veramente male.

Ragazzi siamo Italiani dal nord al sud isole comprese, fondamentalmente antimeritocratici con poco senso del bene comune e con una minoranza che manda avanti il paese che è anche essa è divisa tra cattoipocritici/credenti e sinisbuonisti e che  quindi non riesce ad aggregarsi (come si fa a non capire  che Fini tra statalismo,immigrazione breve senza meritocrazia, posizione sul caso Englaro potrebbe essere votato solo dalla sinistra laica i cui elettori in ogni caso non lo voterebbero mai .... ma ci vuole una scienza per capirlo?).

Abbiamo nel 2010 un presidente della repubblica comunista in una nazione che ha  all'interno del suo territorio lo stato del vaticano che è più potente della nostra stessa nazione, altro che potere mediatico delle televisioni (prevalentemente di destra) che dei giornali (prevalentemente di sinistra).

Questa quota minoritaria che manda avanti il paese sarà sempre più minoritaria perchè:

a) cercherà di mandare i figli a studiare e/o lavorare all'estero

b) se ha una eredità da lasciare al figlio per farlo vivere bene  in italia contribuirà a renderlo italiano perchè nella buona parte dei casi cercherà di non fare una beata mazza

 

Pur condividendo la tesi di fondo (l'Italia va avanti nonostante la sua classe politica - servono riforme liberali che però non si capisce da dove possano venire), io mi sono anche fatto questa idea.

Negli ultimi 15 anni il Pil è cresciuto molto poco, ok. Perchè? Pare sia risaputo, perchè la produttività non cresce*. Ora, non vorrei sembrare troppo "classico" o semplicistico, ma mi pare che si parli troppo poco di CAPITALE. La produttività per unità di lavoro cresce - coeteris paribus - all'aumentare del capitale investito disponibile, o sbaglio?

Negli ultimi 15 anni sono cambiate tante cose, ed una di queste è la diminuzione dell'italico risparmio.

Il concetto, molto banalmente, è: meno RISPARMIO > meno accumulazione di CAPITALE > Produttività ferma > pil per unità di lavoro fermo.

Prima avevamo tanti difetti, ma questa dinamica era piuttosto diversa, e si è interrotta, a spanne, proprio una 15ina di anni fa.

Mi attirerò delle critiche, ma se a rompere questo equilibrio "virtuoso" fosse stato in discreta parte Sant'EURO, con i suoi tassi bassi (che indubbiamente incentivano i consumi e scoraggiano il risparmio), col suo falso rigore monetario (giacchè mi pare che abbiano espanso che è un piacere), col suo aumento dei prezzi degli asset (sensazione che il "salvadanaio" ingrassi da solo, senza necessità di immettervi monete)? Diciamo dal processo di convergenza in avanti. Come tempi più o meno ci siamo. Può sembrare paradossale data l'allegra gestione della lira in precedenza, ma mi pare che un senso lo possa avere.

Non è che prima del '94 fossimo un modello di virtù liberista, di efficienza statale e normativa, ecc., eppure bene o male si cresceva.

Qualcosa si è "rotto" 15 anni fa, e francamente sentire in tanti commenti che "è colpa di Berlusconi" mi fa cadere le braccia, pur condividendo molte critiche alla sua inerzia ed alle sue mancate riforme liberali (molti lo hanno sempre votato per queste - chiamateli stupidi ma forse, seppur ingenui, molti italiani sono meglio di chi li rappresenta).

*al contrario, nonostante la rigidità del mercato del lavoro, il numero di ore lavorate (in genere "poco qualificate") mi pare sia aumentato, ed il Pil è cresciuto - poco - solo ed esclusivamente per questo.

PS: chiaramente disponibile a portare numeri e grafici in merito a quanto affermato, se il discorso interessa. Ma non fatemi perdere tempo per niente ;)

 

Il concetto, molto banalmente, è: meno RISPARMIO > meno accumulazione di CAPITALE > Produttività ferma > pil per unità di lavoro fermo.

 

C'e' un grosso errore nella catena citata, ovvero che dall'accumulazione di capitale derivi produttivita' maggiore: succede solo se il capitale lo investi. Gli italiani non sono mai stati un gran popolo di investitori: certo praticamente tutti si comprano casa, ma questo tipo di investimento non aumenta la produttivita'.

La produttivita' puo' crescere in molti modi: in generale, aggiornando i processi produttivi in modo da rendere di piu' per ogni risorsa (ora di lavoro, materiale, mezzi ecc.) usata. Questo dipende da quanto l'investitore voglia rischiare nell'attivita'. La propensione al rischio e' sempre stata bassa in Italia, perche' i servizi fanno essenzialmente schifo e per ogni minimo problema che finisce di fronte al governo (locale o nazionale) si spendono soldi in attivita' legali o spese burocratiche.

Puo' crescere la produttivita' anche cambiando le leggi in modo che sia piu' conveniente investire in una attivita' che sia piu' produttiva di comprar casa o mettere i soldi in banca. Questo e' decisamente mancato.

 

Qualcosa si è "rotto" 15 anni fa, e francamente sentire in tanti commenti che "è colpa di Berlusconi" mi fa cadere le braccia, pur condividendo molte critiche alla sua inerzia ed alle sue mancate riforme liberali (molti lo hanno sempre votato per queste - chiamateli stupidi ma forse, seppur ingenui, molti italiani sono meglio di chi li rappresenta).

 

Colpa di Berlusconi?  E perché?  Non ricordo di aver mai sentito dire in questi posti cose simili.  La situazione è ben più articolata.  Berlusconi altro non è che un prodotto esemplare di questa situazione (e non è il solo).  Hai ragione, comunque, qualcosa si è rotto 15 anni fa, e imho è l'aver capito che una certa gestione della cosa pubblica era insostenibile.  La vera produttività ha probabilmente smesso di crescere molto prima, ma 15 anni fa abbiamo anche smesso di indebitarci fino al collo per sostenerla.  Le colpe di Berlusconi sono (e di queste si parla da queste parti, mi pare) di non aver saputo o voluto fare nulla per cambiare il trend.  Ignoranza o malafede è impossibile dirlo, ma i risultati sono sotto gli occhi di tutti.  Non è il solo, chiaramente, ma è quello più in vista.  Ce ne sono chiaramente molti altri da nominare, sia fra i suoi che fra gli avversari politici, ma le aggravanti per Berlusconi e i suoi sono (sempre imho) il professarsi liberale quando, a conti fatti, è tutt'altro e l'aver avuto posizioni di governo per più tempo.

Mi attirerò delle critiche, ma se a rompere questo equilibrio "virtuoso" fosse stato in discreta parte Sant'EURO, con i suoi tassi bassi (che indubbiamente incentivano i consumi e scoraggiano il risparmio), col suo falso rigore monetario (giacchè mi pare che abbiano espanso che è un piacere), col suo aumento dei prezzi degli asset (sensazione che il "salvadanaio" ingrassi da solo, senza necessità di immettervi monete)? 

La produttività ferma, ti hanno già fatto notare, non è necessariamente legata alla mancanza di accumulazione di capitale (anzi, a occhio e croce direi che il passaggio logico è l'opposto.  L'equilibrio che si è rotto, come ho detto prima, mi pare fosse vizioso più che virtuoso (o meglio, virtuoso per i presenti e vizioso per i futuri).  L'Euro ha effettivamente dato una ragione per essere rigorosi, ma ti sembra un male?  E poi:

  • I tassi bassi sono un male?  E perché?
  • Se la tua tesi è che la BCE abbia una politica eccessivamente espansiva, perché abbiamo un'inflazione così bassa?
  • A cosa ti riferisci con aumento di valore degli asset?  A me sembra che siano semplicemente quotati in una valuta che "regge", quindi il loro valore reale (rapportato cioè ai salari reali) tiene meglio.  E' un male questo?  E' un salvadanaio che si gonfia da solo o è il risultato di una politica non dico saggia ma quantomeno meno folle di quanto visto in passato?

 

 

Questo articolo dimostra quanto sono faziosi coloro che pretendono di far risalire i nostri guai agli anni ottanta, magari i primi, quelli in cui abbiamo superato la Gran Bretagna come PIL e in cui inondavamo il mondo con i prodotti "made in Italy".
Qualcuno dice che la colpa è degli italiani, ma gli italiani, nel 1992, ancora avevano votato il vecchio pentapartito, poi spazzato via dalla rivoluzione giudiziaria. Cosa c'entrano gli italiani in tutto questo? Fu un mezzo colpo di stato di una casta statale, con il risultato che la qualità del nostro settore pubblico è precipitata.
Ogni casta pubblica pretendeva "autonomia": l'università, la magistratura, la dirigenza... Questa autonomia senza responsabilità ha portato alle varie caste a farsi gli affari propri: i professori universitari facevano concorsi per sistemare mogli, figli e amanti, la magistratura produce poco e vuole soprattutto tenere a bada i politici in modo che non li disturbino e possano continuare a produrre poco e guadagnare molto, i dirigenti si sono moltiplicati e la maggior parte sono burocrati esperti in cavilli e quindi nel pararsi le terga, privi di ogni iniziativa.
In tutto questo marasma ci si ostina ancora a dare la colpa alla politica, perché alle varie caste fa comodo. I politici, dal proprio canto, a tutti i livelli, tirano a campare e lottano tra loro per una poltrona che dà molti privilegi e pochi poteri.
La paralisi del settore pubblico è ben conosciuta dagli investitori, e l'Italia non attira capitali. Qualcuno può fare il nome di qualche rilevante realtà industriale nata negli ultimi quindici anni in Italia? Tutte riconversioni, ristrutturazioni di realtà esistenti.

Niente capitali, niente crescita.

Pigi, credo sia inutile discutere con te, ma almeno devo farti notare che la decade in cui ''inondavamo il mondo di prodotti made in Italy'' è stata una decade in cui le partite correnti sono state in rosso tutti gli anni tranne due. Dai per favore un'occhiata ai dati prima di dire scempiaggini. Magari studiati anche un po' le principali identità della contabilità nazionale, così non farai troppa fatica a capire perché negli anni 90 le partite correnti hanno fatto decisamente meglio. Sul ''superamento della Gran Bretagna'' poi meglio non parlare.

 

...qualunque fan prodiano (ne esisteranno?)...

 

presente!

Nell'analisi manca la mancata ricostruzione dell'Aquila dopo il terremoto. Anche la peggiore DC dei Gava e Pomicino sebbene rubando ha ricostruito l'Irpinia.

Non esageriamo! La situazione all'Aquila (dove abitano i parenti di mio padre) mi sembra molto migliore di quella che si è verificata in Irpinia (hanno tutti un tetto) e finora senza gli sprechi assurdi che si son verificati in Irpinia: 36 comuni colpiti gonfiati a 687!!Circa 30 MILIARDI di Euro spesi per 300.000 abitanti colpiti! Senza contare i ritardi gravissimi nei primi soccorsi e che ad oggi non è ancora stata completata (pregasi visitare Torre Annunziata)

Certo non è perfetta (anzi) ma non è nemmeno quella che hanno mostrato la Guzzanti e Santoro nei loro show propagandistici ed è lontana dallo scandalo avvenuto in Irpinia.

 

aggiungo al mio precedente post per meglio spiegare che NON ESISTE in Italia un partito politico che sia SUFFICIENTEMENTE:

liberista con politiche meritocratiche

non buonista

che pur mantenendo una generalizzata cultura cristiana permette ad una persona come Englaro di morire come minchia gli pare e piace.

 

E non esiste una aggregazione di partiti che può SUFFICIENTEMENTE garantire i tre punti da me indicati di coesistere.

 

Probabilmente le riforme di tipo liberale non rientreranno tra le priorità italiche nemmeno in futuro.

 

Ho letto l'articolo del link che ha segnalato Corrado Ruggeri "Lavoro: un giovane su due sogna il posto fisso" e confermo che i giovani di adesso sono ancora più conservatori di quelli di prima. Lo dico da 33enne che vive in Italia e sente ogni giorno i commenti dei propri coetanei, il posto fisso è il massimo dei desideri (a seguire nozze-bambini-villetta con giardino se possibile). Non c'è nessun spirito di iniziativa, di "rischio", di voglia di osare nella mia generazione. Proprio qualche sera fa parlando con alcune amiche veniva dato del "pazzo" ad un ragazzo che si era licenziato dall'azienda in cui lavorava per finire la laurea specialistica in ingegneria. Nella discussione la laurea veniva considerata senza nessun valore, meglio il posto fisso, come se l'istruzione non avesse nessuna rilevanza per il percorso futuro di una persona. La mentalità in Italia è questa e quello che mi spaventa è che non cambierà perché le generazioni giovani sono identiche a quelle vecchie. I migliori stanno tutti emigrando.

Vedi, la Stampa ha un'opinioine diversa sui giovani Italiani: più attratti dall'imprenditorialità...

 

Insomma, crescendo meno degli altri, come abbiamo fatto, ci siamo persi una fortuna tra i 540 e i 720 miliardi di euro, oppure tra i 9 e i 12mila euro a testa, in pratica un’utilitaria in più a testa per tutti nel caso conservativo e anche un motorino nuovo in quello aggressivo, visto che negli anni Novanta ero adolescente. Altro che incentivi per le auto!

 

 

 

"In 16 anni una crescita più lenta rispetto a quella degli altri Paesi ci è costata la bellezza di 540 miliardi di euro di Pil rispetto all’area Euro, 720 miliardi rispetto al G7 - ha sottolineato la Marcegaglia intervenendo al convegno "Occupazione e competitivita" di Genova. Cumulativamente si tratta di 9 mila euro in meno per ogni italiano relativamente ai Paesi dell’Euro e di ben 12mila rispetto a quelli del G7"

 

le enunciazioni che fanno i vari enti tutto benne. il problema sorge in questa nazione quando vai a governare.partiti piccoli o inesistenti come quelli di fini, che dice che in caso di elezioni possono arrivare addirittura all'8 % possono modificare il corso della legislatura. in francia sarebbe una cosa che farebbe ridere i polli.