La riforma elettorale delle Europee

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Nel consiglio dei ministri del primo agosto è iniziata la discussione di una proposta di legge per la riforma del sistema elettorale dei delegati italiani al Parlamento Europeo. Credo che nessuno possa seriamente dire che di tale riforma ci fosse un disperato bisogno. Perché occuparsi, quindi, di tale esoterica faccenda? La risposta è semplice: il centrodestra deve far fuori Storace, e a quanto pare si è abituato a scegliere le leggi elettorali unicamente in funzione dei propri interessi immediati. A differenza del porcellum l'operazione viene fatta stavolta con il beneplacito del PD, che ha interesse a far fuori l'estrema sinistra.

Per comprendere il contesto in cui nasce l'iniziativa elettorale del centrodestra è importante tenere a mente due cose.

Primo, il Parlamento Europeo ha approvato il 15 luglio 1998 un progetto di principi elettorali comuni che indica il proporzionalismo come criterio base per l'elezione delle varie delegazioni nazionali. Il progetto, anche se non vincolante, è stato ampiamente recepito. Anche Stati tradizionalmente maggioritari, come la Gran Bretagna, usano oggi un sistema proporzionale per il Parlamento Europeo. La cosa ha senso. Il principale vantaggio dei sistemi maggioritari è quello di garantire meglio la governabilità, favorendo la creazione di maggioranze parlamentari, mentre quelli proporzionali garantiscono meglio la rappresentatività e costringono a raggiungere decisioni mediante negoziazioni e ricerca del consenso. Data la realtà istituzionale dell'Unione Europea non esistono serie alternative al negoziato e alla ricerca del consenso: è politicamente impensabile che gli affari europei possano essere

governati a botte di risicate maggioranze. Un sistema proporzionale appare quindi, per ora e per il futuro prevedibile, la scelta più indicata.

Secondo, per una volta tanto l'Italia è ben in linea con le direttive europee. Il sistema usato fino ad ora è stato infatti decisamente ultraproporzionalista. In principio il territorio è diviso in cinque macro-circoscrizioni, ma non fatevi ingannare dalle apparenze. La divisione in circoscrizioni è fittizia, in realtà i seggi vengono assegnati a livello nazionale, ossia come se esistesse un collegio unico nazionale. Più grande è il collegio, più probabile è che anche i partiti più piccoli possano rosicchiare un seggio (per i fanatici dei dettagli aggiungo che i resti vengono gestiti con il sistema Hare, più favorevole ai piccoli partiti, piuttosto che con il d'Hondt). L'unico elemento che può impedire l'ingresso dei micropartiti è il limitato numero di parlamentari, pari a 72 per le prossime elezioni.

Tutto bene quindi, che bisogno c'è di intervenire? In realtà non c'è alcun bisogno, così come non c'era bisogno di introdurre il porcellum. Invece, sia il PdL sia il PD hanno iniziato a parlare fin da maggio di modificazione della legge elettorale che ne limiti il carattere proporzionalista. Ci sono due modi principali in cui la legge elettorale può essere

modificata per favorire i partiti più grandi, pur mantenendo un

impianto proporzionalista e quindi evitando di incorrere nelle ire

europee. La prima, la ''via tedesca'', è l'introduzione di soglie

percentuali minime al di sotto delle quali non si ottiene la

rappresentanza. La seconda, la ''via spagnola'', è la creazione

effettiva di circoscrizioni relativamente piccole. Infatti se, per

esempio, si creano sette circoscrizioni ciascuna delle quali elegge una

decina di deputati (al posto della singola circoscrizione nazionale che

in pratica opera adesso) allora si escludono di fatto tutti quei

partiti che non sono in grado di raggiungere percentuali vicine al 10%

in almeno una circoscrizione. Al momento non è ben chiaro quale sarà il

meccanismo utilizzato, o se verranno utilizzati entrambi.

Ma perché intervenire proprio ora e proprio su una legge che sembrava già soddisfare i criteri europei? La risposta è: convenienze immediate di partito. Non lo dico io, lo dice il senatore PdL Gaetano Quagliarello su L'Occidentale. Leggete attentamente l'articolo perché è brutale nella sua franchezza. In esso si consiglia di correggere l'attuale sistema introducendo soglie minime. Non si invocano ragioni di governabilità, efficienza, congruità con la normativa europea o altro. Si dice, papale papale, che tale misura serve a far sparire i partiti piccoli e favorire quelli grossi. Sottolineo, l'argomento non è che i partiti grossi vanno favoriti per favorire la governabilità. Nel pensiero del senatore Quagliarello vanno favoriti e basta, immagino perché egli appartiene a un partito grosso.

Pur essendo franco sotto questo aspetto, l'articolo è invece straordinariamente untuoso da un altro punto di vista: si rivolge al PD incoraggiandolo ad accordarsi con il PdL su questa misura, affermando che il PD ne sarebbe il principale beneficiario. Si tace invece la vera ragione per cui il PdL vuole riformare la legge elettorale: l'eliminazione politica di Francesco Storace e del suo partito.

Ma veniamo alle convenienze del centrodestra. Perché è così importante far fuori Storace? Che prezzo si paga per raggiungere l'obiettivo? Quali altri strategie vengono messe in atto per raggiungere l'obiettivo? Andiamo per ordine.

Far fuori Storace è importante per due ragioni. Primo, alle ultime elezioni Storace ha ottenuto il 2,4% dei voti. È un bottino che fa gola al centrodestra. Tutti sanno che l'attuale legge elettorale per la Camera e il Senato ha conservato intatte le sue spinte centrifughe, per cui è perfettamente possibile che alle prossime elezioni si arrivi, come nel 2006, alla formazione di due grandi coalizioni estremamente eterogenee. Diventa quindi importante per i partiti grossi infliggere il massimo danno possibile ai piccoli. In tal modo, come minimo se ne indebolisce il potere contrattuale al momento di formare le coalizioni. Come massimo, li si fa sparire e si incamerano i voti. Una percentuale del 2,4% può significare la differenza tra vittoria e sconfitta, sicuramente sarebbe stata determinante nel 2006. La Destra è rimasta esclusa dal parlamento nazionale ed è in ovvia difficoltà. I suoi dirigenti contano chiaramente sul Parlamento Europeo per ottenere una assai necessaria boccata di ossigeno, sia in termini di finanziamenti sia in termini di visibilità mediatica. Tagliare loro l'accesso a tale risorsa è quindi cruciale. La seconda ragione è che, in guerra e in politica, la diserzione in tempo di battaglia è una reato gravissimo che normalmente è sanzionato con la morte, rispettivamente fisica e politica. Storace ha abbandonato il centrodestra poco prima delle elezioni e deve essere punito per questo. Incidentalmente, questa è anche la ragione per cui Veltroni ha accettato alleanze con Di Pietro e i radicali ma non con il Partito Socialista. Questi ultimi erano colpevoli principalmente di aver dato asilo ad alcuni disertori dei DS, come Angius e Spini.

Veniamo al secondo punto. Che prezzo paga il centrodestra per far fuori Storace? Il prezzo principale è che insieme a La Destra si rischia di eliminare anche l'estrema sinistra. Questo, per il centrodestra, è chiaramente un male. L'estrema sinistra, soprattutto ora dopo la svolta ''purodurista'' di Rifondazione, può congelare e rendere inutile un consistente blocco di voti che andrebbero altrimenti al PD. In effetti, quando nel maggio scorso erano iniziate a circolare le prime voci di un cambiamento della legge elettorale europea, Diliberto aveva dichiarato senza mezzi termini che contava sulla protezione della destra. Più precisamente ha detto testualmente che ''al partito di Berlusconi non conviene la nostra sparizione dalle istituzioni: possiamo essere spine nel fianco per il Pd''. Osservazione assolutamente corretta, ancorché un po' sconcertante per gente che fa pur sempre finta di essere di sinistra. Purtroppo per loro, Diliberto e compagni sono finiti per essere vittime collaterali di un'altra guerra.

Infine, il terzo punto. Quali altre strategie si mettono in atto per raggiungere l'obiettivo dell'annichilimento di Storace? Due cose sono fondamentali per distruggere un partito: tagliare l'accesso alle istituzioni e tagliare l'accesso ai media. La riforma elettorale delle europee si prende cura del primo aspetto. Per il secondo, si usa il ferreo controllo dei media, in particolare dell'informazione televisiva, che il centrodestra può esercitare. Sono in questi giorni in Italia e seguo un po' la televisione italiana. La differenza di copertura tra Storace e i vari partitini dell'estrema sinistra è assolutamente impressionante. Storace è stato praticamente oscurato, mentre l'estrema sinistra ha una presenza che non appare in alcun modo giustificata dalla sua rilevanza istituzionale e dalla sua consistenza numerica; l'impressione è quella che i media cerchino a tutti i costi di resuscitare un cadavere in forma di zombie. Se volete rendervi meglio conto della strategia mediatica del centrodestra nei confronti di Storace, provate ad andare sul sito de ''Il Giornale'' e mettete ''Storace'' nel motore di ricerca. Vedrete che il neofascista ha ricevuto poca o nulla attenzione dall'organo di casa Berlusconi. Un articolo che segnala che Storace invita a votare per Alemanno a Roma (come si fa a non metterlo?) e alcuni altri nella seconda metà di luglio che preannunciano scissioni e fine del partito. Punto e basta. Ignorare per eliminare. L'articolo di Quagliarello su L'Occidentale è, da questo punto di vista, esemplare: tutto l'articolo è in realtà su Storace, ma il nome di Storace non viene menzionato mai.

Finora abbiamo analizzato le motivazioni del centrodestra, che sono quelle veramente rilevanti dato che la legge comunque la faranno loro. Cosa fanno gli altri? Il PD ha tutto l'interesse a eliminare l'estrema sinistra, per cui si è distinto fin da maggio per la sua disponibilità

alla modifica della legge elettorale. La disponibiltà è

rimasta costante fino a oggi, pur negli andirivieni del dialogo sulle ''riforme''. L'ultima tappa d questo percorso di ammiccamento reciproco è stato il pranzo di fine luglio tra Fini e d'Alema, in cui hanno dichiarato la loro ''comune volontà riformatrice''.

La strategia di eliminazione dell'estrema sinistra sarà un po' meno efficace di quella di eliminazione dell'estrema destra, dato che il PD non può accoppiare l'esclusione dalle istituzioni con l'esclusione dai media. Ma, insomma, il PD le elezioni le ha perse e si deve quindi accontentare.

Le vittime designate, estrema sinistra ed estrema destra, si sono accorte subito di cosa stava succedendo e si sono lanciate in strali furibondi. Hanno però solo armi spuntate. L'estrema sinistra minaccia di colpire il PD nei governi locali, ma questo suona molto come il marito che minaccia la moglie di tagliarselo. L'estrema sinistra infatti è esclusa da tutti gli altri ambiti istituzionali, quindi i governi locali sono per comunisti e dintorni assai più importanti che per il PD. Storace invece non può fare proprio nulla. La sua presenza nei governi locali è ridottissima, e in più il suo partito viene oscurato da stampa e TV. La Santanché, donna di principi, sembra pronta ad abbandonarlo per tornare in PdL ed il tapino è ridotto a ribellarsi sul suo blog.

La manovra ha anche altre vittime collaterali. Il Partito Socialista perde qualunque speranza di procurare un posto al sole ad almeno uno dei suoi dirigenti. Essendo uomini di mondo è probabile che scenderanno rapidamente a più miti consigli, invocando l'aiuto di Veltroni.

Scaricheranno gli ex-diessini e mendicheranno un piatto di lenticchie. Il rischio, d'altra parte, è quello di dover andare a fare un lavoro vero, tipo il DJ (no, non sto scherzando). Di Pietro è un altro che rischia, e infatti non è per nulla contento. Il problema però è minore, dato che il partito gode al momento di buoni consensi e le soglie previste non dovrebbero danneggiarlo. Discorso simile per l'UDC. Il partito prese il 5,6% alle politiche dell'aprile scorso. Imbarcando le residue truppe di Mastella dovrebbero farcela senza grossi problemi, a meno di un tracollo nei consensi. Resta l'MpA, della cui partecipazione al dibattito non ho trovato traccia. Si vede che Lombardo è appagato dalla presidenza della Sicilia. O forse conta per i suoi fidi su qualche posto nella lista PdL. In ogni caso, per tutti questi partiti il problema è assai meno grave che per estrema sinistra, estrema destra e socialisti. Loro, infatti, non sono rimasti esclusi dal parlamento nazionale e i dirigenti il loro posto al sole se lo sono già preso.

 

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Commenti

Ci sono 11 commenti

i consensi del pd alle scorse politiche sono stati gonfiati dal richiamo assillante all'antiberlusconismo.

mantenere il proporzionale ora come ora potrebbe segnare la definitiva caduta di Veltroni.

e d'altro canto il fattore che avrebbe spinto il pd a non toccare la legge o a spingere per inserire uno sbarramento lieve è saltato - vendola segretario di Rifondazione con una possibile alleanza all'orizzonte o convergenze di qualche tipo anche con sinistra democratica. in tutto questo bisogna ricordarsi che il pd non è veltroni ma è anche veltroni e la sua "area".

l'analisi su storace è perfetta. tra le altre cose il pdl si ritrova abbondantemente ben equipaggiato per coprire l'elettorato alla sua destra estrema - fascisti e filo fascisti.

 

 

Lombardo un po' la voce la sta alzando, anche se e' difficile capire perche'. Non credo che ad un partitino del genere la legge elettorale delle europee possa interessare granche' (avrebbero comunque piu' speranze di mandare qualcuno a Strasburgo facendolo transitare per le liste del PDL); ci deve essere qualche bega interna...

In ogni caso, come facevo notare in un commento precedente, sembra proprio sia arrivata la stagione delle interviste "schiette e sincere"...

 

 

Sono disponibili da qualche parte maggiori dettagli sulle leggi elettorali dei vari paesi europei?

 grazie

 Massimo Maraziti

 

Sul sito del parlamento europeo ho trovato questo.  È vecchio (1997) ma da quel che ne so l'unico paese che da allora ha cambiato legge è il Regno Unito, che è passato al proporzionale. Questa tabella è più recente ma contiene informazione meno dettagliata, per esempio non dice se esistno soglie minime di esclusione. Sostanzialmente tutti i paesi usano il proporzionale per lista, tranne Malta e Irlanda che usano il Single Transferable Vote (che comunque ha effetti abbastanza proporzionali). La voce di wikipedia non è fatta molto bene ma ha links che possono essere utili.

 

Un altro aspetto interessante della faccenda e' la fregola di abolire - gia' che ci sono - le preferenze. Sono veramente senza ritegno.

 

 

Storace ha abbandonato il centrodestra poco prima delle elezioni e deve essere punito per questo.

 

Per come ho capito io i fatti, Storace voleva entrare nella coalizione di Berlusconi ma con la sua sigla. Questo pero' intralciava seriamente il progetto del PDL come fusione di AN e FI e avrebbe svuotato AN dentro il PDL, per cui (probabilmente dopo aver anche controllato i sondaggi) Berlusconi ha rifiutato l'apparentamento. E sempre per questo motivo Berlusconi e Fini vogliono liquidare Storace.


Simmetricamente, per il PD e' abbastanza importante liquidare i socialisti e in generale tutta la sinistra che dietro l'insegna della laicita' punta a boicottare l'unione dei DS coi cattolici e proprio come Storace col piano di svuotare il consenso elettorale dei DS nel PD a loro favore.


Riguardo all'MPA tutto dipende da come la legge elettorale sara' congegnata. E' probabile che rendera' possibile per lo scopo di superare la soglia una coalizione Lega-MPA come alle politiche 2008.

Segnalo sulla legge elettorale un articolo del Corriere della Sera. Ritengo la soglia nazionale al 4% disgustosa perche' senza altra giustificazione che quella di eliminare i piccoli partiti. Lo spirito della raccomandazione europea e' quello di salvaguardare la rappresentativita' perche' il Parlamento europeo viene considerato piu' organo consultuvo- legislativo che organo di governo esecutivo. Con una soglia al 4% possiamo avere un partito che prende il 39% in un decimo del Paese (Lazio o Sicilia per fare un esempio) e che pero' non ha diritto di rappresentanza.

L'articolo sopra riporta anche il piano di istituire 10 circoscrizioni (Piemonte, Valle d' Aosta, Liguria; Lombardia; Trentino, Friuli, Veneto;

Emilia, Marche; Toscana, Umbria; Lazio, Abruzzo; Campania, Molise;

Puglia, Basilicata, Calabria; Sicilia; Sardegna). Questa mi sembra una riforma condivisibile. Senza la soglia nazionale al 4%, queste circoscrizioni sarebbero del tutto adeguate (fin troppo!) anche allo scopo di eliminare i piccoli partiti se non si consentisse di recuperare i resti (come nella proposta Vassallo di sistema elettorale "tedesco-spagnolo" per le politiche).

 

 

Anche su affari italiani si confermano le voci sullo sbarramento al 4%. C'è una cosa che risulta non interamente chiara riguardo all'aumento delle circoscrizioni. Se ho capito bene queste continuano a essere circoscrizioni ''finte'' come quelle attuali. Ossia, il numero dei parlamentari da assegnare ai vari partiti si stabilisce a livello nazionale, in base alle percentuali nazionali, e le circoscrizioni servono solo per determinare chi viene eletto. È, in altre parole, un collegio unico nazionale mascherato. Non ho visto la bozza di legge, ma tutto lascia indicare che le cose continueranno a essere così. D'altra parte, se così non fosse, servirebbe a poco la soglia del 4%. Se veramente l'elezione avvenisse a livello di circoscrizione allora con 10 circoscrizioni ci sarebbe una media di 7-8 candidati per circoscrizione. Servirebbe ben più del 4% a livello di circoscrizione (e non credo proprio che l'UDC darebbe la sua approvazione).

L'unico effetto pratico sarà quello di garantire rappresentanza a regioni piccole come Liguria e Sardegna, che prima finivano spesso schiacciate dentro le macroregioni. Forse è anche importante che uno o due su 700 e passa membri del parlamento europeo siano liguri, ma faccio un po' di fatica ad eccitarmi.

 

 

Il piano di escludere La Destra dal Parlamento Europeo, privando quindi i loro dirigenti e il partito di visibilità mediatica, lavoro stabile e finanziamenti sta sortendo gli effetti previsti. È di oggi la notizia che Daniela Santanché, insieme a 50 dirigenti del partito, sta meditando l'abbandono del partito e l'approdo al PdL. Azzardo la previsione che in cambio verrà candidata al parlamento europeo, la poverina risulta al momento disoccupata. Il danno collaterale dell'operazione, la sinistra radicale, è anch'essa in fermento. Rifondazione è di fatto diventata due partiti, con Nichi Vendola che cerca di costruire una forza diversa che sia lontana dalle ''scorie del comunismo'' e che favorisca la ''ripresa del dialogo con il PD''. Qui i processi credo saranno più lunghi, ma assegno probabilità 50% (così non sbaglio mai :-) ) al fatto che alle prossime europee ci sarà una pattuglia della sinistra radicale ''ospite'' delle liste del PD. Tutto questo ovviamente se passano la legge con lo sbarramento, cosa che mi aspetto succeda a meno di fatti straordinari e totalmente imprevisti (tipo caduta del governo).

 

Oggi arriva la notizia che Angius, Grillini e altri ex DS che erano confluiti nel PS stanno pensando di rientrare nel PD. Il PS ovviamente sarebbe uno dei danni collaterali di uno sbarramento anche solo al 3%. Senza l'ancora di salvezza di uno scranno a Starsburgo, ed essendo improbabile un seggio regionale in tempi rapidi, i nostri coraggiosi e intransigenti difensori del laicismo di sinistra si sono accorti che il PD non è poi così male. Direi che a questo punto all'appello mancano i verdi e diliberto. Attendiamo pazienti gli sviluppi.

 

Per i Verdi sembra che non bisognerà aspettare troppo. Per chi non ha voglia di leggersi l'articolo, che è scritto in modo mortalmente noioso, il riassunto è: noi verdi veniamo alla manifestazione del PD e speriamo tanto che ci diate una mano nel futuro.