La revisione della spesa e l’università

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NfA ha sempre sostenuto la necessità di tagliare la spesa pubblica e quindi non può che accogliere con favore il recente decreto. Ma, si sa, il diavolo è sempre nei dettagli e quindi è opportuna un’analisi più approfondita. Questo post si occupa dei tagli all’università e alla ricerca

Premetto. Mi baso sui resoconti di giornali che possono essere, come spesso succede, errati o incompleti. Il testo completo non è ad oggi (8 luglio) disponibile. Inoltre questi decreti sono spesso cambiati o addirittura stravolti in sede di approvazione. In ogni caso, assumo che le anticipazioni siano corrette e che il decreto sia approvato nel testo attuale. A quanto pare, il decreto:

i) taglia i finanziamenti ad alcuni enti di ricerca, compreso l’INFN, che si occupa di fisica delle particelle, un campo improvvisamente popolare grazie alla recente scoperta del bosone di Higgs. Non sorprendente, essendo un programma di tagli di spesa. Non sorprende neppure la reazione negativa degli interessati. Chi scrive non è in grado di valutare quanto questi tagli mettano effettivamente in pericolo la ricerca. Le percentuali non sembrano enormi (al massimo il 10%) ma ovviamente molto dipende dall’efficienza degli enti e dalla presenza di sprechi.  In genere, comunque, meglio finanziare la ricerca attraverso bandi competitivi fra enti diversi, valutati da specialisti piuttosto che allocare i soldi agli enti con decreto ministeriale.  Per esempio, sicuramente la Stazione di Biologia Marina di Napoli ha una lunghissima tradizione, ma chi ci garantisce che non ci sia a Sassari un professore di Biologia Marina con idee più innovative e quindi più meritevole di essere finanziato?

ii) stabilisce che le università possano usare per nuove assunzioni solo una parte del calo delle spese per personale nei prossimi anni (il 20% nel 2014, poi il 50% nel 2015). Questa disposizione susciterà sicuramente molte polemiche fra i professori, perché riduce drasticamente le possibilità di carriera.  Per valutarla, occorre pero' ricordare che il costo medio dei professori che vanno in pensione è molto più alto di quello dei nuovi assunti. Un calcolo preciso è impossibile, in quanto dipende dal grado accademico e dall’anzianità di servizio dei pensionandi e dal costo nei nuovi ricercatori a tempo determinato ex legge Gelmini, che viene stabilito dalle singole università. Ipotizzando che un pensionando costi il doppio di un nuovo ricercatore, si potrebbero assumere, nel 2014, due nuovi docenti per ogni cinque professori che vanno in pensione. Sicuramente sono pochi. Ma non dovrebbe essere un disastro epocale dal punto di vista della didattica, dato che il numero di professori in rapporto agli studenti, pur in rapido calo, è ancora storicamente elevato. Poi nel 2015, sotto le stesse ipotesi, la sostituzione potra' essere fatta in parita': un nuovo docente per ogni pensionato. Certo, le università dovranno fare alcune riorganizzazioni, i professori dovranno insegnare di più  e si dovrà forse chiudere qualche corso. Il problema è più grave per i “giovani” (spesso non più tali anagraficamente) precari che aspettano un posto fisso o almeno la possibilità di concorrere ad un posto quasi-fisso. Molti di loro saranno delusi. Quanti in concreto dipenderà dalle scelte degli atenei: useranno i pochi soldi disponibili per nuove assunzioni o per promuovere ricercatori ed associati già in servizio? Il comportamento sarà un test interessante per capire  quanto l’ostentata preoccupazione per la triste sorte delle giovani generazioni sia sincera. Inoltre, il decreto non toglie alle università soldi: i risparmi sul personale oltre il 20% (poi 50%) potranno essere usati per altri scopi – borse di studio, acquisto di attrezzature di ricerca, missioni di ricerca, edilizia etc. Questo è indubbiamente positivo. Infatti queste spese sono indispensabili per la ricerca e finora sono state sacrificate per aumentare il più possibile il numero di professori e far fare loro carriera. 

iii) infine il decreto aumenta in maniera surrettizia le tasse universitarie. La legislazione attuale stabilisce infatti che le tasse pagate dagli studenti non possano superare il 20% delle entrate dell’università. Il decreto mantiene il limite ma esclude dal calcolo delle tasse quelle pagate dagli studenti fuoricorso e ritocca (in aumento) il denominatore includendo altre fonti di reddito. In pratica,  autorizza le università a far pagare i fuoricorso molto di più. Inoltre, destina (parte) delle somme ottenute a borse di studio. La misura sembra totalmente condivisibile. Il finanziamento pubblico dell’università è profondamente ingiusto: le tasse, pagate dai lavoratori dipendenti a reddito medio, pagano gli studi dei figli degli evasori fiscali e dei ricchi.  Il provvedimento permette di far pagare una parte maggiore del costo agli utenti effettivi, ed allo stesso tempo di sussidiare gli studenti, sperabilmente bravi ma poveri. Starà poi alle università trovare il modo di evitare che gli evasori fiscali siano beneficiati. E’ infine molto condivisibile l’idea di far pagare più i fuoricorso, un problema apparentemente irresolubile dell’università italiana. In realtà, sarebbe facile risolverlo proibendo il fuori corso ed introducendo un esame finale, ma questa soluzione impone una riorganizzazione della didattica che sembra fuori della portata dei legislatori italiani. Se fuoricorso devono essere, perlomeno che siano fortemente penalizzati.

Nessuno è contento dei tagli al proprio settore e quindi,  come professori universitari, non possiamo certo essere contenti di tagli all’università. Nel caso specifico, però, ci sembra che i tagli siano tutto sommato ben congegnati e che introducano alcuni principi che potrebbero essere positivi in futuro.

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Commenti

Ci sono 88 commenti

Al CERN col bosone di Higgs si è solo affinata la nostra conoscenza, ma i 20 anni in cui si è costruito l’acceleratore più potente del mondo, un anello sotterraneo di 26 km dove le particelle sono accelerate e confinate da magneti superconduttori, dove la velocità di trasmissione, memorizzazione ed elaborazione dei dati è almeno 10 volte quella delle applicazioni industriali più sofisticate, pone già da subito le basi per importantissime ricadute tecnologiche e applicative nella elettronica, informatica e criogenia. Per fortuna molte aziende italiane sono state coinvolte. Circa 1/3 dei magneti superconduttori di LHC è stata costruita dall’Ansaldo di Genova (gruppo Finmeccanica, grande industria statale). E’ ritornato in commesse molto di più di quello che l’Italia ha dato al CERN (il contributo è di circa 80 milioni di Eu/anno).

 

Le ragioni del successo si chiamano Università italiana e Istituto Nazionale di Fisica nucleare (INFN, www.infn.it). Tenete presente che faccio ricerche per l’INFN da 40 anni, quindi potrei non essere obiettivo nella mia analisi. Comunque, la caratteristica di questo ente pubblico, che ha circa 2000 dipendenti, 24 tra sedi e laboratori sparsi per l’Italia, che fa centinaia di esperimenti di fisica fondamentale e applicata (non solo l’Higgs), è quella di essere governato da fisici , eletti dalla comunità dei fisici italiani. Il Presidente è di nomina governativa, ma su designazione dei fisici. Questa è la grande differenza con gli altri enti (che hanno un consiglio di amministrazione di nomina poltica). Va riconosciuto che l’autonomia dei fisici è stata rispettata da tutti i governi, anche dal ministro Gelmini, che, pur nella ristrutturazione generale degli enti di ricerca, ha mantenuto per l’INFN la struttura preesistente. L’INFN funziona bene ed è efficiente.

 

Perché è stato tagliato più di altri enti? Perché, dato che spende in personale il 55% e in ricerche e apparati il 45%, INFN è il più virtuoso tra gli enti italiani, che spendono per il personale il 90%. Allora, dato che non si può tagliare sul personale,  si taglia sulle ricerche! Che bella politica. E poi, un taglio del 10% significa almeno un taglio del 25% sulle ricerche. E qui appare in tutta la sua miseria la realtà ragionieristica di questo governo e di chi sostiene questi tagli.

 

Mi sono occupato per 6 anni di amministrare unità di ricerca dell’INFN. Qui gli investimenti in ricerca, fatti in contesti internazionali, richiedono impegni a lungo termine, da programmare in 5-10-15 anni. Ebbene, occupandomi da fisico di aspetti amministrativi, ho capito che ciò che ci ammazza non è tanto la complessità delle norme, quella si può sempre superare, quanto la variabilità e retroattività continua di norme e disposizioni. In 6 anni le norme sul personale (tutte retroattive) sono cambiate 10 volte, quelle sulle gare ed appalti 4 volte, e così via, causando in parte la paralisi dell’ente e un mare di ore uomo buttate via. Per quanto riguarda gli investimenti, INFN funziona con piani di ricerca triennali programmati di concerto col ministero ed elaborati in molti mesi di lavoro. Pur nel quadro di enormi risparmi, eravamo riusciti a mantenere l’ente a livelli di eccellenza. Adesso in una notte ci tagliano il 25% del budget delle ricerche(che era già stato drammaticamente tagliato) e (ancora più grave!) ci riducono del 10% la pianta organica, costringendoci a licenziare almeno 300 ricercatori precari. In una notte si è distrutto un ente efficiente, che faceva anche da volano per la nostra industria di punta.

 

Perché invece non si commissaria la regione Sicilia?

Quanto costa INFN al contribuente? Allora, 2000 fisici, ingegneri e tecnici che fanno centinaia di esperimenti in tutto il mondo, costruiscono apparati e viaggiano. Un ricercatore giovane guadagna circa 1400 euro netti, uno ricercatore medio circa 2000-2500, alla fine della carriera circa 3800 euro. L’ente costa circa 280 Milioni di Eu all’anno, tutto compreso, anche il costo degli apparati. Se aggiungiamo gli 80 milioni dati al CERN siamo a circa 360 Milioni per la fisica nucleare. Questo investimento, in uomini e mezzi è confrontabile con quello degli altri paesi, e i risultati si sono visti. Negli altri campi siamo enormemente deficitari. Qualche confronto: il costo del Senato è di circa 600 Milioni anno, quello della Camera è di 1500 milioni. Come dice quel tale, meditate, gente, meditate…..

Alberto, apprezzo il tuo discorso appassionato, ma non capisco certi numeri. Perche' un taglio del 10% delle risorse significa "almeno un taglio del 25% sulle ricerche"? Mi sembra che sarebbe cosi' se il 10% venisse tolto interamente dal lato ricerca (e quindi niente licenziamento dei 300 precari). Poi, mi piacerebbe che il tutto venisse contestualizzato. C'e' un taglio del 10% all'INFN. Cosa succede ad enti simili, tipo l'INDAM, INAF, CNR? Ed infine, c'e' modo che tutti questi enti possano cercare finanziamenti privati (come succede nel resto del mondo)?

Starà poi alle università trovare il modo di evitare che gli evasori fiscali siano beneficiati

Giovanni, il tuo articolo e' IMHO ottimo ma questo punto mi pare un po' sottovalutato. Tipicamente chi evade all'uni evade prima di tutto all'agenzia delle entrate: l'universita' e' un "di cui". A questo punto, che metodi hanno (lo chiedo sinceramente) gli atenei per verificare l'evasione?

 

Su questo la critica ai tagli e' condivisibile, in generale: vero, molto dipende da come si organizzeranno gli atenei - ma in quelli "cattivi" diminuiranno solo le risorse per tutti, e chi ne sara' maggiormente penalizzato saranno quelli che lavorano seriamente. Certo, almeno si e' iniziato: speriamo si continui.

 

Riguardo il fuoricorso, sono d'accordo ma con vorrei puntualizzare una cosa: ricordiamoci che il fuoricorso trova terreno fertile anche nella disorganizzazione degli atenei, tipicamente in quelli "cattivi" di cui sopra. Per ora va bene cosi', sempre di starve the beast si tratta - tolti studenti immotivati e scaldasedie di lungo corso, si potranno organizzare meglio, almeno si spera. Pero' andra' rivista la situazione tra qualche anno, sempre nell'ottica di starve the beast: se le cose non migliorano, hai voglia a dire che era colpa dell'elevato numero di studenti che non permettevano una migliore organizzazione della didattica...

E' falso che il numero di professori in rapporto agli studenti sia elevato: è il quinto più basso tra i paesi dell'OCSE, peggio di noi fanno solo Indonesia, Repubblica Ceca, Belgio e Slovenia. Ma con Monti possiamo ambire al primato.

 

Fonte:

http://www.oecd.org/dataoecd/61/28/48631144.pdf

 

Starà poi alle università trovare il modo di evitare che gli evasori fiscali siano beneficiati.

 

 

le università` non possono accollarsi i compiti della guardia di finanza

 

 

E’ infine molto condivisibile l’idea di far pagare più i fuoricorso, un problema apparentemente irresolubile dell’università italiana.

 

 

su quali dati si basa questa affermazione, che dice implicitamente, se non esplicitamente, che il problema dei fuori corso sarebbe dell'università italiana e solo dell'università italiana ?

 

 

In realtà, sarebbe facile risolverlo proibendo il fuori corso ed introducendo un esame finale, ma questa soluzione impone una riorganizzazione della didattica che sembra fuori della portata dei legislatori italiani.

 

 

il legislatore ha creato una norma che, se applicata con accortezza, potrebbe, io credo, fare qualcosa per questo problema; pero` questa norma non viene applicata bene e volentieri (si tratta dell'art. 6 del D.M. 270/2004)

 

 

Cosa succede ad enti simili, tipo l'INDAM, INAF, CNR?

 

 

la domanda non ha molto senso, perché non si giustifica un male con altri mali, e, come ha mostrato il prof. Rotondi, il taglio all'istituto nazionale di fisica nucleare e` un male

semplicemente perchè tutti gli studenti deveno passare un esame alla fine del percorso di studi. Chi passa finisce in corso, chi non passa non prende il diploma.

come influisce l'art. 6 del D.M. 270/2004 sul problema dei fuoricorso?

Nella valutazione del numero docenti-studenti occorre considerare che un numero, credo, elevato di studenti sono studenti fantasma, soprattutto nei settori "deboli" (scienze giuridiche e sociali e lettere): studenti fuori corso, impiegati che fanno lo studente a tempo perso. cercando di diplomarsi attraverso la paziente ripetizione degli esami per ottenere, col diploma, la prospettiva di un avanzamento di carriera, in ciò agevolati dall' interesse delle facoltà di "fare numero" e dall' assenza di un esame di ammissione. Sarebbe quindi interessante vedere la classifica limitatamente ai settori "forti" (scienze, ingegneria, medicina) dove in genere gli studenti apparentemente sono studenti veri o almeno meno fittizi anche da noi.

Il problema dei fuori corso in Italia è notevole, ed è vero che molti "ci giocano", laureandosi in tempi geologici, tanto c'è papino.

Ma è anche vero che l'università italiana, per quel che posso dire, non fa nulla per aiutare gli studenti a rimanere a ritmo. Tanto per dire, so che a Bari ci sono corsi part-time per lavoratori in cui è PREVISTO laurearsi nel doppio del tempo, ma è un'innovazione degli ultimissimi anni e non mi pare sia diffusa. In UK invece è una cosa del tutto normale, anche a livello di dottorato.

Un paese con PIL 1000 e zero investimenti in R&D avrà (oggi) una produzione scientifica minore di un paese con PIL 42 ed investimenti in R&D pari a 0.4.

Data questa semplice osservazione (aggiunta a quella che senza il CERN - un ente popolare anche negli anni 90 quando creava, de facto, l'aggeggio che oggi ci permette di pontificare online), ci si domanda quale sia la logica di insistere su tagli all'Università ed alla Ricerca. Domandiamoci: dove sarà il primo paese tra 20 anni e dove sarà il secondo nello stesso periodo di tempo? E soprattutto, poniamoci questa domanda, in presenza di una legge - la 240/2010 - ed un combinato di decreti che rendono la gestione quotidiana simile ai 5000m stile libero nella melassa. Facciamo così. Invece di tagliare l'INFN, cominciamo dai finanziamenti pubblici (o yeah, ce ne sono!) a Via Sarfatti e a Viale Pola, seguiti dai finanziamenti a "certi SSD" (quelli fuori tradizionalmente dalle Lettere e dalle Scienze Naturali ed Ingegneristiche per intenderci). Poi ne riparliamo.

Infine, frasi tipo: "il finanziamento pubblico all'Università è profondamente ingiusto" andrebbero evitate. Sapete com'è: a Berkeley, CUNY, UW, ETH, EPFL, ENA, Karolinska, Tubinga, Aarhus etc potrebbero inalberarsi, ed anche a Bicocca potrebbero girare i cabasisi. E fatemi mettere le mani avanti: un conto è discutere di come rendere il finanziamento pubblico (necessariamente crescente e certo, data la prima osservazione) efficace, un conto è fare affermazioni assolutistiche avendo una "hidden agenda" da "starve-the-beaster" piuttosto evidente. Come facciamo a far in modo che gli Atenei siano in grado di valutare la situazione patrimoniale della famiglia di uno studente? Si dà loro accesso ai data-base della AdE e della AdT. Non è difficile e possiamo cominciare da lì. Invece no. Qui si pensa solo ed esclusivamente a tagliare. Posso anche accettare il principio, ma è ora che a pagarne le conseguenze siano i primi propugnatori di queste misure.

Marco Antoniotti

Non ho capito bene a chi stai rispondendo. Non certo a me. Personalmente, non ho alcuna hidden agenda. La mia agenda è chiarissima. I soldi sono pochi per ragioni macroeconomiche e bisogna usarli bene. Quindi, poche assunzioni mirate, promozioni interne solo per geni assoluti con offerta ad Harvard e tutti i soldi per ricerca vera (acquisto attrezzature, borse, RAs etc.). E aumentare le tasse a chi può permettersele e dare borse di studio ai veri studenti poveri e meritevoli.

Dissento con l'approvazione che Giovanni offre a quella parte dei provvedimenti del governo Monti che taglia i fondi alla ricerca.

Non voglio nemmeno entrare nel merito degli specifici tagli (tagliare l'INFN quando si continua a finanziare, tanto per dire, il DAMS di Bologna è atto d'un antimeritocratico da far piangere); voglio invece fare un ragionamento sia politico che "economico" (fra virgolette, nel senso di applicazione sempliciotta di mechanism design) che contraddice quello di Giovanni.

Se capisco correttamente, Giovanni mi può correggere se sbaglio, il suo ragionamento è il seguente: 

1) nell'università e nell'ambito della ricerca italiana vi sono grandissime inefficienze e sprechi;

2) poiché, a causa di tali sprechi, si potrebbe produrre la stessa quantità di ricerca a costi inferiori, allora occorre cercare di eliminare tali sprechi;

3) i tagli proposti non sono enormi ma forzeranno le istituzioni ad essi sottoposte a darsi da fare per tagliare sprechi ed aumentare efficienza.

Quindi, conclude Giovanni, questi tagli non sono poi così da condannarsi.

Io condivido anzitutto che far pagare agli studenti una % più alta del costo dell'università sia buono, giusto e progressivo (nel senso di ridurre la tassazione regressiva che fa pagare ai morti di fame gli studi universitari dei benestanti) . Quindi il punto (iii) dell'articolo di GF mi convince pienamente.

Sugli altri due, io vorrei contrapporre il seguente ragionamento a quello di GF:

 

1') come 1), siam d'accordo;
 

2') poiché, a causa di tali sprechi, si potrebbe produrre maggiore ricerca con gli stessi soldi, allora occorre cercare di eliminare gli sprechi;

3') per eliminare gli sprechi occorre forzare sul sistema universitario e della ricerca concorrenza e merito, forzando alla sparizione le istanze inefficienti.

Quindi i tagli sono da condannare perché lineari e tipici di chi vuole mantenere in piedi la struttura esistente ed il sistema di potere che essa sottende, invece di sovvertirlo.

Vi è continuità fra i tagli di Monti e quelli di Tremonti-BS: nessun cambio nelle regole del gioco, nessuno sforzo di separare il grano dal loglio, preservazione e difesa degli ambiti di privilegio degli amici (se volete facciamo l'elenco) e riduzione risorse a disposizione del sistema educativo e della ricerca.

Ora, siccome di certo il totale delle risorse NON è particolarmente alto ed andrebbe aumentato invece che ridotto e siccome, SOPRATTUTTO, un taglio lineare operato in un sistema omertoso e medievale come quello della ricerca e dell'università italiana ricadrà (come è sempre ricaduto) su quelli che non sono parte del sistema omertoso, sui non protetti, sugli outsiders e sui giovani, io ne concludo che questi tagli siano da condannare perché generano incentivi nefasti. 

L'università e la ricerca italiana sono uno dei pochi rami della spesa pubblica che non ha bisogno di tagli ma di radicale riforma strutturale per cambiarne il sistema d'incentivi. Non si può sempre usare l'emergenza come scusa e giustificazione. Il governo Monti è al potere da 9 mesi, Profumo è uno che viene dall'interno del sistema: hanno avuto TUTTO il tempo necessario per preparare riforme vere e di struttura.

Se non l'hanno fatto io posso solo concludere che o ben sono degli incompetenti o sono in malafede. O entrambe le cose.  

Non so come pormi di fronte a questo problema.

 

Da un lato Michele ha ragione, ad esempio quando dice che gli effetti di questi tagli quasi certamente si scaricheranno sui precari. Le Università preferiranno spendere in avanzamenti di carriera piuttosto che in ricercatori TD, ad esempio. Insomma, per usare le sue parole, incentivi nefasti.

 

Dall'altro, se i soldi verranno usati male perché il sistema è marcio, perché darli? Prima di aumentare il finanziamento andrebbe rivoluzionato il sistema. Ma come si fa? Da Mussi in poi ci provano tutti, poi al momento di discutere con le parti interessate (in particolare i professori, di cui, ricordiamo, il parlamento è pieno) le riforme si addolciscono e ci troviamo punto e a capo.

 

Il ministro dovrebbe fare di testa sua e rifiutare il dialogo. A me sembra, in questo momento, una cosa politicamente irrealizzabile.

Presumo tu sia d'accordo con la necessità di tagliare la spesa pubblica e spero che tu non voglia fare come l'italiano medio (bisogna tagliare tutto tranne il mio orticello). Dato questo quadro e non un altro, esprimo un giudizio su tagli che sono tutt'altro che lineari (come sarebbe stato un taglio secco del FFO). Sono di tre tipi

i) tagli secchi ad istituzioni di ricerca finanziate dal MIUR. Il mio giudizio era molto dubitativo - dolorosi forse qualcosa è sopportabile. L'INFN, che si occupa di una branca della fisica prende di più di tutto il resto della ricerca italiana

ii) la forte riduzione del turn over. Il mio giudizio era abbastanza dubitativo: si potrebbe sopportare con qualche riorganizzazione se tutti i soldi venissero usati per assumere giovani e non per promuovere docenti già in ruolo. Se poi così non fosse, sarebbe colpa delle università non del ministero. Gli incentivi sono nefasti?  Proviamo a cambiarli (come sai, il processo, lento e molto combattuto, è in corso) ma i tagli in se non sono il problema. Anzi c'è un lato molto positivo: se i risparmi da pensionamento sono superiori al 20%, le università sono obbligate ad usare i fondi per ricerca ed edilizia.

iii) permettono alle università di aumentare le tasse sui fuori-corso. Giudizio ampiamente positivo, soprattutto considerando che parte dei soldi deve andare in borse di studio

 

In pratica,  autorizza le università a far pagare i fuoricorso molto di più.

 

Autorizza a far pagare i fuoricorso quulunque cifra, non c'e' piu' limite di legge, e autorizza a far pagare gli studenti in corso fino a spanne al 100% piu' di quanto pagano ora (ipotizzando ~40% di fuoricorso che pagano mediamente il 20% in piu' di tasse universitarie.

ma annullare qualsiasi spesa pubblica in favore delle università (almeno dal lato "didattica", quindi considerando la ricerca a parte), spendendo invece una quota dei soldi risparmiati in aumento di borse di studio per "meritevoli" non in grado di pagare le (aumentate) tasse universitarie?

altrimenti, volendo mantenere la "pubblicità" del sistema, continua a sembrarmi una doppia tassazione. (trascuro l'evasione per semplicità). il ricco paga, di per sè, più tasse del povero (anche a parità di aliquota, chiaramente): ergo perchè mai dovrebbe essere doppiamente tassato pagando di più del povero anche per mandare suo figlio all'università (genio o nullafacente, nulla cambia)?

Povera patria (f. battiato). Non solo abusi di potere di gente infame, che non sa cos'è il pudore.

 

Ma anche una nuova religione, dove senza capire, senza sapere, senza nemmeno immaginare, ripetere litanie e rosari di mumbo-jumbo economista. Al ritmo dei bonghi.

 

Mah. Io ai miei tempi almeno ho provato a proporre la schiavitù, o colonie inutili e irrealizzabili come Panama. Ammettetelo, anche voi siete della mia pasta, e vorreste la schiavitù (liberale), e cose inutili e irrealizzabili (come l'"efficienza" o la "meritocrazia"). O forse non vedete l'ora di poter sostituire la vostra governante messicana con un fisico dell'INFN.

 

Sincerely Yours,

Andrew Fletcher

Sulla Big Science, com'è il caso dell'INFN, il dibattito tradizionale in letteratura di Science Policy è che questa - dati i vincoli sia pure dinamici e flessibili di risorse - sottrae risorse a Little Science o anche a technology (questa va sì sul mercato in gran parte: MA NON TUTTA; nella ricerca di base, il ruolo di coordinamento e stimolo delle università di eccellenza è SINE QUA NON, la storia recente insegna).

Quindi l'ultima cosa da fare è un taglio lineare del 10%: o resti in campo ed aumenti la spesa, o esci dicendo noi siamo piccoli e belli - voi fisici emigrate non siete più graditi.

Infine, per le policy italiane va fatto un discorso di vantaggio comparato: non abbiamo ancora disperso il patrimonio di via Palisperna, ma ci stiamo lavorando.-(

Via PaNisperna, non PaLisperna!

 

Ma non dovrebbe essere un disastro epocale dal punto di vista della didattica, dato che il numero di professori in rapporto agli studenti, pur in rapido calo, è ancora storicamente elevato.

 

Questa frase mi lascia perplesso. Non sono sicuro che descriva adeguatamente la situazione, in particolare non tiene conto della disomogeneita' del rapporto docenti studenti.

In particolare ho l'impressione che ci siano Dipartimenti che gia' ora hanno un rapporto critico di docenti/studenti, altri dove il rapporto e' decisamente piu' favorevole (e quindi un eventuale taglio meno dannoso).

Il rischio e' che un taglio lineare, uguale per tutti, metta in crisi settori strategici (le scienze dure, ma anche ingegneria). Non mi sembra un buon affare.

 Mi riferivo ai dati totali.  ovviamente è possibile che alcuni dipartimenti abbiano problemi - ma allora dovrebbe esserci qualche forma di mobilità. E' noto che la distribuzione delle risorse dipende ancora in una certa misura dal numero di professori reclutato nel 1980 I pensionamenti potrebbero essere  una buona occasione per una distribuzione più razionale, se le università volessero coglierla

 

Cf per i dati

 

noisefromamerika.org/articolo/finanziamenti-alluniversit-1980-2009

ma questa sarebbe "spending review" mentre quanto ci è propinato come tale è solo continuità dei tagli lineari di Tremonti (e mi chiedo come potrebbe essere differente visto che al MEF, tranne Monti che vive per di più all'estero, sono tutte creazioni tremontiane.

Io non entro nel dettaglio dei tagli (INFN sì,Pinco Palla No, etc.), io non giustifico in alcun modo, nè il 10 %, nè il 2 % nei tagli alla ricerca, anzi, nel più arretrato dei manuali di economia si legge che l'unico modo per crescere nel lungo periodo è fare investimenti importanti nella ricerca e nell'istruzione.

Tutto il futuro tecnologico ed industriale ce lo giochiamo in due campi: nuovi materiali e nuove tecnologie, in entrambi i casi la fisica e la chimica sono fondamentali, l'elettronica e l'informatica sono campi fondamentali, ma in cui la ricerca è demandata molto di più al mercato, ma se oggi abbiamo microchips infinitesimali è per la ricerca nella fisica, non nell'elettronica.

Eliminiamo (SI', eliminiamo) il Fondo Unico per lo spettacolo e gli aiuti all'editoria, perchè oggi le tasse degli operai di Pomigliano servono per  pagare la prima alla Scala al Presidente della Repubblica,  mentre la scuola e l'istruzione che dovrebbero servire a far sì che il figlio dell'operaio di Pomigliano possa diventare Presidente della Repubblica sono continuamente tagliati.

 

E se Feltri, pensionato a 15.000 €/mese, vuol continuare a fare i titoli trash sulla culona lo facesse con i soldi suoi, e non quelli dei contribuenti.

Il FUS vale 410 milioni di € (di cui 140 con un aumento delle tasse sulla benzina fatto da TREMonti), il Fondo per l'Editoria altri 120 milioni, ecco se dovete "tagliare", tagliate l'inutile, non il futuro dell'Italia.

Il primo che dice: "sì, ma la cultura è importante" mi dimostra che i 200 milioni usati per gli Enti Lirici sono ritornati sotto forma di "cultura" per il 99,43% degli italiani e mi rimangio tutto.

Il mercato, non lo Stato deve stabilire cosa è "utile", lo Stato deve fornire istruzione e ricerca di base, per la miseria!

Anche se è da un po' che non posto, ogni tanto leggo ancora NfA, ed i commenti di Marco Esposito mi son sempre piaciuti. A parole tutti quanti dicono di investire in ricerca, formazione e innovazione. A parole tutti sostengono che questi sono i campi nei quali investire a lungo termine se si vuole risollevare il paese. Nei fatti sono fra le prime voci ad essere tagliate.

Già siamo fra i fanalini di coda nei finanziamenti per la ricerca a livello europeo. C'è da tagliare? concordo con Esposito: ci sono molti risorse e rivoletti di finanziamenti vari che potrebbero essere tagliati e che NON fanno parte dei servizi essenziali che uno Stato dovrebbe fornire.

E' deludende.

post che mi lascia perplesso.  cerco di riassumere il perchè

 

1. tasse

 

immagino che rispetto ai miei tempi, 20 anni fa, le tasse si basino ancora sul reddito. Sappiamo benissimo come sono le dichiarazioni dei redditi da noi. Con questo sistema abbiamo che il figlio di due maestri paga il max, e il figlio del professionista paga il minimo o è addirittura esente. Aumentarle significa far pagare di più i soliti.

 

2. Fuoricorso.

spero che l'università sia cambiata. 20 anni fa il punto era laurearsi, non finire in corso visto che era molto difficile. parlo di ingegneria ramo industriale, dove se la memoria mi assiste, le percentuali di laureati erano intorno al 10% degli iscritti e la durata media era sui 7 anni. Se la situazione non è cambiata, alzare le tasse ai fuoricorso, significa far pagare di più quei pochi che arrivano in fondo e non colpire dei fannulloni che gironzolano per i corridoi.

 

3. enti di ricerca

il taglio avrà effetto nefasto sull'attività di ricerca, per cui gli indici di performance dell'ente peggioreranno. La prossima tornata ci sarà chi si domanderà che senso abbia tenere aperto il centro x quando produce molto meno dei suoi omologhi europei, per cui chiudiamolo. Al danno la beffa.  Abbiamo bisogno di più ricerca, non meno. Rendiamo più efficiente la spesa questo si, ma ridurre la già esigua dotazione mi sembra fuori dal mondo.

 

Approfitto della discussione per andare un po' fuori tema, ma di poco, e chiedere al consulente Bondi e al governo Monti: possibile che nella spending review non sia ancora mai emerso che l'Italia paga il suo personale diplomatico molto, molto piu' della media dei Paesi ricchi di tutto il mondo?  Come mai la la Repubblica italiana vuole a tutti i costi mantenere il primato mondiale di questa spesa eccessiva anche quando va a raschiare  il fondo del barile riducendo i buoni pasto per risparmiare?

I sudditi poi rimangono anche in attesa di leggere prima o poi sui giornali che nell'anno 20xx i compensi omnicomprensivi di politici e dirigenti pubblici italiani sono stati finalmente livellati alle medie europee, pesate coi PIL pro-capite.

 

Fonte: Elaborazione del Ceris-Cnr su dati Ocse

"Scienza e Tecnologia in cifre - Statistiche sulla ricerca e sull’innovazione"

CERIS-CNR, http://www.cnr.it/sitocnr/IlCNR/Datiestatistiche/ScienzaTecnologia_cifre.html

i) Tagli agli enti di ricerca. Veramente e' necessario spiegare perche' non si dovrebbero ridurre i finanziamenti alla ricerca, soprattutto in tempi di crisi? Si, ma il 10% e' modesto, che volete bisogna pur tagliare... Ma tagliassero del 10% i sussidi alle imprese, i contributi all'editoria, gli stipendi dei dirigenti delle controllate municipali! E sono solo i primi che mi vengono in mente.

Interessante poi che il taglio piu' cospicuo sia sull'INFN, uno degli enti che ha a disposizione piu' risorse rispetto alla spesa stipendiale (fondamentamentalmente perche' i suoi membri sono stipendiati da altri, le Universita', che i fondi li spendono tutti in stipendi, appunto).

 

ii) Il blocco del turnover indiscriminato (tanto per le Universita' "virtuose", con spesa stipendiale sotto il 90% dell'FFO, come per le altre, da quanto mi sembra di capire) paralizzera' quelle Universita' sfigate che avranno molte cessazioni in questi due anni, mentre si aprira' la guerra tra i vari SSD per accaparrarsi i pochi punti organico disponibili.

Ancora, si colpisce nel mucchio.

 

iii) Non considerare i fuoricorso ai fini del conteggio del 20% della contribuzione studentesca sull'FFO e' una mossa veramente vigliacca. Praticamente il Governo lascia mano libera alle universita' di aumentare le tasse ai fuori corso quanto vogliano, senza alcun limite di legge, mentre agli altri studenti le tasse si potranno aumentare fino al 40%, piu' o meno. 

Come se aumentare le tasse risolvesse automaticamente il problema dei fuoricorso, che gia' pagano piu' dei loro colleghi, pagando piu' a lungo per lo stesso "servizio", come piacerebbe definirlo a voi.

Raddoppiamogli le tasse, cosi' il pelandrone si da una mossa, certamente se non si laurea in tempo sara' perche' e' pigro, non perche' l'Universita' nostrana ha una mentalita' medievale,  un approccio da "30 o niente" (tanto da parte degli studenti come dei docenti), CdL elefantiaci, una classe docente vecchia (ma non preoccupatevi, mettiamo il blocco del turnover, cosi' non si rinnova) e poco disposta a cambiare. 

 

Aumentare le tasse agli studenti e' certo la soluzione a tutti i mali, e se non possono pagarle, beh, che facciano un mutuo che diamine! I nostri Amerikani Redattori possono confermare come questo sistema faccia faville, negli avanzatissimi States. 

Sarebbe stato piu' onesto portare il limite della contribuzione studentesca dal 20 al 50%, o direttamente abolirlo, tanto l'Universita' pubblica a che serve? E' vecchia, non competitiva (almeno secondo questo blog), gli studenti sono dei fannuloni mantenuti da papino, i prof dei baroni parassiti.

Aboliamo direttamente l'FFO e che ognuno si arrangi come puo'.

 

Difendere i tagli a Universita' e Ricerca e' quanto di piu' stupido si possa fare.

Veramente, questo articolo e' una delusione.

 

 

Fonte: SCImago Country Ranking su dati Scopus (link)

Certo che quando uno vede acquistare con i fondi di ricerca imac da 27" utilizzati per leggere email, scrivere documenti con office o simili e navigare in rete, la voglia di una bella sforbiciata ti viene...

quando nello studio hai un computer comperato nel 2000 con cui fatichi ad accedere a siti che ti sono importanti per la ricerca e senti parlare di tagli alle spese la voglia di armarti di randello e scendere in piazza ti viene. Credo sia proprio il punto di Boldrin. Questi tagli sono lineari e non si scaricheranno su coloro che hanno l'imac da 27 pollici ma su coloro che hanno un computer che altrove non viene usato neanche dal portiere. E c'è scarsa correlazione (a dir poco) tra la qualità del tuo computer e quella della tua ricerca.

 

Incomprensibile, per me, l'idea di accorpare l'Indam al CnR, per fortuna rientrata. L'Indam spende in personale il 15% del suo budget (percentuale in costante calo), è sostanzialmente un'agenzia di finanziamento alla ricerca che distribuisce i suoi fondi non a pioggia ma su progetti. Tagliargli i fondi significa tagliare fondi destinati alla ricerca ed assegnati tramite peer-review.

... ma questa mi sembra davvero una baggianata!

 

Certo che quando uno vede acquistare con i fondi di ricerca imac da 27" utilizzati per leggere email, scrivere documenti con office o simili e navigare in rete, la voglia di una bella sforbiciata ti viene...

 

In linea di massima i fondi di ricerca sono allocati sulla base di una valutazione (di un progetto, e/o  della produzione scientifica). Quello che andrebbe controllato non e' tanto il dettaglio di come questi fondi vengono spesi, ma quale sia il rapporto tra l'input (finanziamenti) e l'output (ricerca).

 

Nota a margine: non penso che gli sprechi nell'universita' siano legati agli Imac da 27'' (che peraltro costan circa 1.700 euro), e nemmeno a come sono allocati i fondi per la ricerca. Quando assumi degli incapaci totali (cosa che talvolta avviene), allora si' che fai un bel danno erariale: in quel caso nessuno paga, e temo che nemmeno la spending review riuscira' a far granche' (ma se vedo anche un solo ordinario esodato son disposto a ricredermi ;)

...ma ti rendi conto che taccio come spreco un computer da un migliaio di euro e noccioline che è uno strumento di LAVORO?

 

1- Non è detto che quel PC viene utilizzato solo per documenti office, tu come lo sai? Sei il sysadmin? Noi abbiamo più computer che persone, ma non certo perchè lì sprechiamo, ma perchè io, in questo istante, mentre passo la pausa, ho 24 processori occupati su 4 macchine diverse.

 

2- L'obsolescenza del nostro parco macchine è proverbiale, altro che lamentarsi di sprechi in tal senso. Io ho lavorato 3 anni su una macchina che quando l'ho presa in mano aveva 4 anni, la dovevo coccolare e pulire mensilmente e areare personalmente con un ventilatore puntato, se no non partiva. Ho avuto lo schermo CRT coi fosfori consumati fino all'anno scorso e ho perso una diottria. Scusa se ora ho speso 200 euro di fondi per un LCD 23" su cui lavoro anche per 10 ore filate, e 700 euro per un desktop che mi sono assemblato da me per risparmiare per avere la maggiore potenza possibile. Quando son stato in visita al politecnico di Zurigo si son scusati per la macchina di scarsa qualità che dovevano affidarmi perchè avevano un surplus di ospiti: era solo un iMac 24" di due anni precedenti, e non un modello dell'anno corrente. Quando gli ho detto che ero abituato a lavorare su CRT si son messi a ridere pensando fosse una battuta. Poi hanno rimarcato che neanche in slovenia sono costretti nel 2010 ai CRT.

 

3- Anche se fosse? E' comunque uno strumento DI LAVORO, e una persona che ha una professionalità di un certo livello come un ricercatore, per non parlare di un professore, deve anche poter scegliere quale strumento di lavoro preferisce senza che gli sia fatto terrorismo sui 300 euro. Il Mac ha una favolosa gestione dei pdf, molto intuitiva, ad un professore non eccessivamente tech savvy può far risparmiare ORE... E l'investimento si ripaga in pochi mesi... Sono queste le cose che fanno perdere qualità alla ricerca: il fatto che uno si senta sempre sotto giudizio per ogni minima spesa e non possa affrontare serenamente il lavoro

Mi permetto di dissentire con l'approvazione dei tagli del 10% all'INFN, questo si riverserà in modo abbastanza drastico sulla qualità della ricerca, se l'ente non farà qualche miracolo di gestione nel contenere i fondi.

 

Già ora ci sono schizofrenie assurde, dovute alla mancanza di fondi.

Un esempio?

In quanto dipendente laureato e specializzato che svolge incarichi di ricerca, in trasferta posso godere il rimborso per, al massimo, hotel 3 stelle (anche in paesi del terzo mondo), e due pasti al dì.

Se l'hotel ha la prima colazione inclusa, uno dei due pasti, fra pranzo e cena, è a carico mio (altrimenti la colazione).

Motivazione? Quando si lavora il pasto lo si paga da se, quindi anche in trasferta.

Taxi? Vietati. Ricevute un minimo sospette? Depennate (con l'atteggiamento di chi "ohchebello, evitiamo di pagargli i 7 euro di panino e coca cola perchè lo scontrino (vi sfido a farvelo dare in USA) riporta "rep01" e non è itemizzato").

 

Ora quale dipendente laureato e specializzato, non solo non riceve diaria, ma si paga i pasti in trasferta all'estero?

 

Insomma i tagli, già prima di questa stangata, sono arrivati al punto di fare del terrorismo per evitare la minima spesa e così facendo si fa perdere tempo e serenità ai lavoratori. Si invoglia l'atteggiamento del "in trasferta è meglio che non ci vai, sai che sbattimento compilare le carte poi?" ed in questo modo si stroncano pesantemente le gambe alla ricerca.

 

Questo non è un grosso problema comunque, perchè io in quanto teorico notoriamente non ho bisogno di andare in trasferta e posso fare tutto comodamente nel mio ufficio con foglio di carta e penna (maddecheeee!) e quindi il mio fondo trasferta è ridotto a 500 euro l'anno (e dove ci vado? a celle ligure?).

 

Prospettive in Italia ovviamente nulle, e sebbene non ho un brutto curriculum per l'età e ho già accumulato un paio di invited talk (uno a Yale, meno male, se no facevo la muffa) e una mezza dozzina di pubblicazioni di alto profilo (impact factor medio: 5), non ho la MINIMA speranza di ottenere un contratto in Italia (non che ci tenga particolarmente, dato l'andazzo).

La mia ricerca è salvata dai guest frequenti (4 questo mese) che, a differenza nostra, riescono ad avere fondi per viaggiare.

 

Poi si lamentano della fuga dei cervelli...

 

Più analiticamente è ovvio che anche all'interno dell'INFN stesso ci sono particolarità, situazioni di sovrabbondanza affiancate a situazioni di sussistenza spinta, a causa dei metodi con cui vengono ripartiti i fondi: in generale gli sperimentali hanno molti più fondi, anche per viaggiare, dei teorici. I fisici delle particelle, più fondi dei fisici nucleari...etc... ed in quanto fisico nucleare teorico sono dalla parte sfigata della piramide, ma credo che in molti vivano questa situazione, che il taglio finirà per esasperare.

 

Scusate lo sfogo, ma già ora mettono i bastoni fra le ruote per quanto riguarda il vero lavoro di ricerca, non oso immaginare la situazione quando taglieranno ulteriormente (e io fortunatamente sarò già lontano lontano).

Qualora non ne foste a conoscenza, vi segnalo che Roars ha pubblicato (sostiene) una lettera con cui Sergio Brasini e Giorgio Tassinari (ordinari di Statistica economica) chiedono le dimissioni di Giovanni Federico in seguito al commento scritto su questo post il 20 luglio: www.roars.it/online/

Per inciso, è forse interessante vedere il profilo scientifico di Tassinari: www.unibo.it/SitoWebDocente/default.htm
Di Brasini invece in rete non sono riuscito a trovare altro che il materiale didattico per gli studenti (certamente colpa mia).

E' giusto chiedere moderazione nei toni a chi riveste incarichi istituzionali, certo. Ma è ironico che proprio da Roars - iniziativa tra i cui animatori figura un veterano dei toni provocatori e dell'intervento a gamba tesa nei forum - si imbastisca un attacco del genere (endorsement a una richiesta di dimissioni) in seguito al commento sotto un post nel blog.

 Ricordo solo che il post (con relative risposte) fu pubblicato molti mesi prima del mio "incarico istituzionale", che consiste in una partecipazione gratuita ad una commissione consultiva per la preparazione di una lista di riviste.

La trasformazione di ROARS è curiosa ed anche triste. I promotori che conosco sono ottimi studiosi con una grande competenza tecnica in temi bibliometrici. Avrebbero potuto svolgere un importante ruolo di supporto e critica del processo di riforma. Invece si sono rinchiusi in una posizione di critica a priori di qualsiasi provvedimento del ministero che finisce per fare il gioco della parte più reazionaria del corpo docente italiano.  Mi ricordo il famoso post in cui calcolavano un costo astronomico della VQR sulla base del costo-opportunità del tempo dei valutatori stimato a 500 euro il giorno.   Peccato

 

La lettera che chiede le dimissioni di GF è davvero un brutto segno. Penso che rappresenti la profondità del ventre molle  della vandea accademica italiana che ha intenzione di opporsi pervicacemente ad ogni tentativo di creare un sistema di valutazione.  Tutta la mia solidarietà a GF!!