Referendum subito: i perché di un appello

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Come redattori di nFA ci siamo fatti promotori di un appello per la celebrazione dei referendum elettorali alla prima data utile, il 20 di aprile. L'appello è, di necessità , un documento rapido, sintetico e di natura propagandistica. In questo post spieghiamo in maggiore dettaglio e con ricchezza di argomenti le ragioni di tale appello, ossia perché pensiamo che una modificazione in senso maggioritario della legge elettorale sia utile e opportuna e perché pensiamo che il referendum sia uno strumento idoneo a raggiungere tale obiettivo.

Ci sono due questioni che vanno discusse. La prima è: risulta desiderabile in generale, e nella situazione italiana in particolare, l'introduzione di un sistema elettorale maggioritario? Nel caso in cui la risposta alla prima domanda sia positiva, se ne pone immediatamente una seconda: il referendum è uno strumento adatto a raggiungere tale obiettivo?

Perché vogliamo un sistema maggioritario.


Dato che questo tema è gia stato discusso su questo sito, affronteremo la questione in modo relativamente breve. Un

buon sistema elettorale deve raggiungere un compromesso tra l'obiettivo della rappresentanza (il parlamento deve riflettere fedelmente le opinioni espresse dai cittadini) e l'obiettivo della governabilità (il parlamento deve essere in grado di esprimere un governo che possa prendere decisioni). Per semplificare brutalmente, il primo obiettivo è più facile da raggiungere con un sistema elettorale proporzionale, mentre il secondo si ottiene più facilmente con un sistema maggioritario. Si tratta quindi di due obiettivi almeno parzialmente in contrasto, e un buon sistema elettorale dovrebbe raggiungere un compromesso. Ora, si possono avere idee differenti rispetto a quale sia il compromesso giusto e quanto sia importante la rappresentanza rispetto alla governabilità, ma a noi sembra abbastanza chiaro che il sistema elettorale attuale è palesemente distorto contro la governabilità in modo eccessivo.

L'infernale sistema del premio alle coalizioni ha permesso ai partitini di mantenere un elevato grado di visibilità e di godere al tempo stesso dell'aumento di seggi che il premio di maggioranza ha assicurato alla coalizione vincente. Come era ovvio attendersi i partititini non sono in grado di imporre decisioni alla maggioranza governativa, ma hanno ottenuto de facto un potere di veto sulle decisioni sgradite che ha di fatto condotto alla paralisi di buona parte dell'azione governativa. Forse perché siamo economisti, la cosa risulta a noi particolarmente chiara con riferimento alla politica economica. I partitini della sinistra radicale vorrebbero eliminare per legge tutti i contratti di lavoro diversi da quelli a tempo indeterminato. Fortunatamente, essendo troppo piccoli, non sono in grado di imporre una svolta in senso ancora più vincolistico della legislazione sul lavoro, almeno non quanto vorrebbero. Ma sono comunque abbastanza determinanti da poter bloccare qualunque riforma seria. Il risultato è la perpetuazione dell'attuale regime dualistico, con un diritto del lavoro barocco e irrazionale e palesemente inadatto alla promozione della crescita economica. Discorso analogo può farsi per le liberalizzazioni, un tema su cui questo governo aveva inizialmente fatto sperare e che poi si è arenato, tra le altre cose, per l'opposizione di partitini sia di sinistra sia di centro. Discorso analogo si può fare per la riduzione della spesa pubblica; tutti le forze politiche della maggioranza sono state colpevoli di una scarsa volontà di affrontare il tema, ma è risultato palese che la presenza dei partitini ha contribuito in modo addizionale ad aggravare il problema. E discorsi analoghi si possono fare su tanti altri temi.

Non solo l'attuale legge ha generato paralisi decisionale, ha anche favorito un'esplosione del numero di ministeri e sottosegretariati. Se ogni più piccolo membro della coalizione può farsi forte della sua visibilità e reclamare un pezzo della torta, l'unico risultato possibile è l'ingrossamento della torta a spese dei cittadini. Questi effetti deleteri si riproporrano in forma anche più grave in futuro, se la legge elettorale non viene cambiata.

Tutto questo ci fa giungere alla conclusione che un cambiamento in senso maggioritario della legge elettorale è oggi non solo opportuno ma vitale per il rilancio del paese. L'Italia ha da anni uno dei tassi di crescita più bassi tra i paesi industrializzati, conseguenza diretta dell'incapacità del paese di affrontare in modo deciso i propri nodi strutturali. Restituire alla politica la capacità di decidere può non essere condizione sufficiente per uscire dalla crisi, ma è senz'altro condizione necessaria.

Perché serve il referendum, e perché serve subito.


Nel migliore dei mondi possibili un Parlamento fatto di persone intelligenti e perbene discuterebbe in modo informato e attento della legge elettorale e cercherebbe di varare una riforma che aiuta il paese a uscire dalle attuali secche decisionali. Noi viviamo in un modo diverso, in cui politici furbetti e di basso profilo guardano solo al proprio tornaconto di breve periodo e paralizzano qualunque riforma, elettorale o no.

Diciamo questo a mo' di premessa perché siamo perfettamente coscienti che il referendum è uno strumento imperfetto per ottenere una migliore legge elettorale. Ma, realmente, qual è l'alternativa? Se si critica il referendum come strumento imperfetto bisogna essere in grado di proporre qualcos'altro. Questo qualcos'altro, ci spiace doverlo dire, non può essere la proposta che la riforma elettorale venga interamente delegata ai nostro beneamati rappresentanti, magari nel quadro di una più ampia riforma delle istituzioni. Questo Parlamento ha mostrato finora che non è in grado di approvare una riforma elettorale decente. Il Parlamento precedente ha fatto anche peggio, approvando l'abominevole legge che i referendum stanno cercando di abolire. Come cittadini, occorre riconoscere che il referendum è una delle poche armi che restano efficaci a fronte di un Parlamento sordo e incapace di agire.

Il referendum è uno strumento imperfetto perché la costituzione italiana prevede unicamente il referendum abrogativo, non quello propositivo. Ci sono stati in passato esempi assolutamente clamorosi di referendum disattesi. Gli italiani hanno abrogato il Ministero dell'Agricoltura solo per vederlo sostituire dal Ministero delle Politiche Agricole. Hanno abrogato la norma che definisce pubblica la Rai per avviarne la privatizzazione, senza che poi tale privatizzazione sia mai stata fatta. E purtroppo ci sono vari altri esempi. Anche così, va detto che in altri casi i referendum hanno invece avuto un impatto importante e duraturo. Di più, il caso più evidente di positivi e duraturi effetti è dato proprio dai referendum elettorali. Il referendum sulla preferenza unica del 1991 segnò un punto di svolta nella politica italiana, rendendo chiaro come fosse divenuto tenue la presa delle elites politiche sulla popolazione. Il referendum sul sistema elettorale del Senato del 1993 ha avuto effetti benefici di lungo periodo, causando una modificazone in senso maggioritario della legge elettorale che ha retto fino all'infame introduzione del porcellum. Questo referendum può avere un ruolo analogo. Come minimo, manderà un chiaro segnale che la popolazione è stanca di una politica che non decide, o decide solo come aumentare i privilegi della casta. E in ogni caso il sistema elettorale che uscirà dal referendum sarà migliore di quello attualmente esistente.

Quanto migliore? Inutile nasconderselo, il sistema che uscirebbe dal referendum è ben lontano dall'essere ideale. I promotori del referendum hanno cercato di modificare l'attuale legge in senso maggioritario, ma hanno dovuto tener conto della precedente giurisprudenza della corte costituzionale (si veda qui per un punto di vista critico) e in particolare della necessità che dal referendum esca comunque una legge in grado di essere immediatamente usata. La norma che prevede l'assegnazione del premio di maggioranza al partito anziché alla coalizione può essere senz'altro aggirata mediante la presentazione di liste che sono uniche solo nel nome ma in realtà sono coalizioni mascherate. Anche se la norma non venisse aggirata resterebbe il sistema dei premi regionali al Senato, che costituiscono un'autentica lotteria con aspetti addirittura grotteschi quando si guarda alla consistenza dei premi nelle varie regioni. Lo stesso, come abbiamo già osservato, l'animosità con cui i partitini si stanno opponendo ai referendum è una chiara indicazione del fatto che i referendum avranno delle conseguenze reali e che tali conseguenze andranno nella direzione giusta: limitazione dello strapotere dei partitini, che vedranno ridotta la loro visibilità e il loro potere, riduzione del potere delle elites nella selezione di deputati e senatori, rafforzamento in senso maggioritario del quadro politico.

Infine, perché è importante che il referendum si faccia alla prima data possibile, il 20 aprile? La risposta è semplice: per evitare che i referendum vengano neutralizzati dallo scioglimento anticipato del Parlamento. Questo è un rischio che occorre assolutamente scongiurare. Quanto prima viene fissata la data, tanto più facile sarà assicurarsi che le eventuali elezioni vengano celebrate dopo i referendum.

Anticipare il voto al 20 aprile non avrebbe alcuna conseguenza negativa. Sarebbe auspicabile accompagnare la riforma elettorale ad altre riforme istituzionali, come l'eliminazione del bicameralismo, ma tali riforme richiederebbero un cambiamento della Costituzione. È un processo

lungo che non sarebbe comunque possibile portare a compimento prima del termine

ultimo ammesso dalla legge per la celebrazione del referendum, ossia il 15

giugno; in ogni caso questo è impossibile data l'attuale situazione politica. Ritardare quindi non fornisce assolutamente la possibiltà di inserire

la riforma elettorale in un coerente quadro di rinnovamento istituzionale. Che

piaccia o no, le riforme istituzionali andranno fatte dopo il referendum, o

comunque dopo l’approvazione di una nuova legge elettorale. E se così stanno le

cose, meglio celebrare il referendum il prima possibile e poi mettersi

immediatemente all’opera per portare a compimento le riforme istituzionali. Inoltre, ritardare la celebrazione del referendum

fino al 15 giugno non servirà ad approvare una legge elettorale migliore. Il

tema è stato ampiamente discusso sia dalle forze politiche sia dagli studiosi.

Le posizioni delle diverse forze in campo e i loro interessi concreti sono chiari

e non necessitano di ulteriore dibattito. Se le forze politiche sono in grado

di raggiungere un accordo e produrre una buona legge elettorale, hanno tutto il

tempo di farlo prima del 15 aprile. Se invece non sono in grado di raggiungere

tale accordo allora i due mesi in più di discussione saranno solo una perdita

di tempo e di energie.

In sintesi, celebrare il referendum il prima possibile non danneggerà né

la possibilità di raggiungere accordi più ampi di riforma istituzionale né la

possibilità di approvare una buona legge elettorale. Servirà invece a togliere

più rapidamente il paese dalla paralisi decisionale in cui attualmente si

trova.

La vittoria del SI ai referendum non sarà la fine della battaglia.

Sarà solo l'inizio. Occorrerà poi far sentire alta la voce dei

cittadini, sia per impedire lo snaturamento del risultato referendario

sia per promuovere riforme elettorali e istituzionali che ripristino la

capacità di decisione della politica. Ma da qualche parte bisogna pur

iniziare, e il referendum è un buon punto di inizio.

 

 

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Commenti

Ci sono 8 commenti

"Un

buon sistema elettorale

deve raggiungere un compromesso tra l'obiettivo della rappresentanza

(il parlamento deve riflettere fedelmente le opinioni espresse dai

cittadini) e l'obiettivo della governabilità (il parlamento deve essere

in grado di esprimere un governo che possa prendere decisioni). Per

semplificare brutalmente, il primo obiettivo è più facile da

raggiungere con un sistema elettorale proporzionale, mentre il secondo

si ottiene più facilmente con un sistema maggioritario."

Scusa ma parti da premesse non vere. Con un sistema elettorale proporzionale si rilfette l'opinione del corpo elettorale (e quindi le opinioni di tutto il corpo elettorale), ma non è vero che il sistema elettorale maggioritario possa garantire la governabilità. Lo stesso risultato della governabilità lo puoi ottenere sia con il maggioritario che con il proporzionale, perchè dipende esclusivamente dalla forma di governo che adotti e dagli sbarramenti correttivi che inserisci in una legge elettorale.

In sostanza credo che il sistema elettorale sia solo un falso problema. Cambiarlo non risolverà un bel niente. Spruzzare profumo in una pattumiera ti permette di attenuare il cattivo odore per un pò, ma sicuramente non toglie il problema: devi buttare la spazzatura.

 

È vero che in linea teorica anche un sistema maggioritario non garantisce la governabilità, nel pezzo l'abbiamo detto che stavamo semplificando brutalmente. Ma in termini pratici nell'Italia di oggi è a mio avviso abbastanza chiaro che un cambiamento in senso maggioritario della legge elettorale, per esempio come quello proposto dai referendum, renderebbe più facile governare il paese perché eliminerebbe il potere di interdizione di una miriade di partitini il cui unico scopo è fungere da agenzia di collocamento a spese del contribuenti per i capetti di tali partitini e i loro amici e familiari.

Dissento totalmente dall'idea che il sistema elettorale sia un falso problema. Al contrario, è uno dei problemi cruciali. Gli italiani continuano a baloccarsi con questa idea che hanno solo avuto sfortuna, che è solo per caso che il Parlamento, le Regioni e quant'altre istituzioni sono popolate da incompetenti e manigoldi. Non è così. Le regole di selezione del personale politico sono una determinante importante, anche se ovviamente non l'unica, della qualità dei rappresentanti. Mettiamo regole elettorale che permettono a partitini di furbetti di fare il bello e il cattivo tempo e, guess what, avremo un parlamento popolato da partitini di furbetti.

Ovviamente il sistema politico italiano ha tanti altri problemi e difetti, ma cambiare la legge elettorale, è un inizio importante per ripristinare un minimo di decenza.

 

Ottimista.....

Il referendum servirà per "smuovere le acque" ma non credere che sortirà effetti. Comunque vedremo (se ce lo lasceranno votare, altra cosa di cui dubito fortemente).

Secondo me, con un sistema elettorale maggioritario, Mastella a Ceppaloni starebbe come un topo nel formaggio..... avrebbe l'elezione assicurata.

 

Mastella a Ceppaloni probabilmente vincerebbe con qualunque sistema elettorale.

Se ne esiste uno che ha una chance di scalzarlo è il maggioritario a doppio turno:l' unico che può unire tutti gli antimastelliani di Ceppaloni da rifonzazione ad AN (ed oltre).