Potremmo arricchirci con il turismo

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Visto che siamo in via di chiusura, faccio pulizia del cassetto contenente le cose iniziate e poi lasciate lì per noia o mancanza di tempo.  Ho trovato queste note sulla storiella del turismo (e la "cultura", ossia le antichità) come petrolio nazionale. Un evergreen come pochi ...

Se provate a digitare in un motore di ricerca le parole "turismo, petrolio, italia" troverete pagine e pagine di indirizzi che vi rimandano ad articoli praticamente tutti concordi (fatte salve poche ed inascoltate voci contrarie) su di un'affermazione: se solo sfruttassimo adeguatamente le nostre risorse "naturali e culturali" potremmo risollevare le sorti del nostro sistema economico e generare lavoro e ricchezza, se non per tutti, per tantissimi che oggi fanno fatica a trovare lavori soddisfacenti e redditizi. Svariate inchieste confermano che questa è l'opinione comune ad un buon 80% della popolazione italiana e le varie sparate di Briatore (eccone una, nel caso ve le foste perse) sul fatto che ammodernando il settore turistico ed investendo sul turismo di lusso si farebbero miracoli, sono generalmente accolte con lo stesso atteggiamento con cui il credente medio accoglie le parole del suo profeta preferito.

Invece sono tutte cazzate. Ma non sono solo cazzate: queste affermazioni e la visione del mondo che le sottende sono anche uno dei tanti indici dell'arretratezza culturale che affligge il paese, da chi legge i giornali a chi li scrive, da chi lavora nelle aziende a chi le dirige, dai votanti agli eletti, dal volgo alle elite. È a questa arretratezza profonda che è dedicato l'articolo ma, per arrivarci, lasciatemi esaminare con un minimo di dettaglio il mito diffuso secondo cui "il turismo sarebbe il nostro oro nero se solo sapessimo sfruttarlo".

Sgomberiamo subito il campo da un uomo di paglia: il settore turistico italiano (dai trasporti di ogni tipo agli hotel, dai servizi di intrattenimento alla gestione del patrimonio culturale, sino alla professionalità ed all'atteggiamento degli operatori) è arretrato. Fa, in media, abbastanza pena ed offre grandi spazi di miglioramento: non c'è alcun dubbio su questi due fatti. Evito la litania e prendo questo dato per acquisito, non sta qui il punto che voglio discutere: se il settore turistico, nel suo complesso, migliorasse le cose, per chi opera in quel settore, andrebbero meglio. Ma questa banalità dovrebbe suggerire due domande, che sono quelle rilevanti. (i) Perché mai non migliora, cosa lo mantiene arretrato? (ii) Anche se migliorasse e raggiungesse i livelli di, per dire, Francia o Spagna, che effetto si avrebbe sull'aggregato, sul complesso dell'economia?

Per provare a rispondere alla prima domanda osserviamo che il settore turistico italiano non è una eccezione in mezzo agli altri settori della nostra economia. Esso è, in media, tanto arretrato (rispetto ai paesi OECD di riferimento) tanto quanto sono arretrati, in Italia, il settore automobilistico e quello chimico, il tessile ed il bancario, quello educativo e quello statale, eccetera. Il turismo in Italia è arretrato tanto quanto buona parte del sistema economico nazionale perché, oggi come oggi e da circa tre decenni, sono diventati progressivamente sempre più arretrati molti nostri settori economici fatta eccezione, forse, per il design (moda, mobilio e affini), la meccanica (di precisione in particolare), l'alimentare, il farmaceutico e poco altro.

Le cause dell'arretratezza non sono solo interne ai settori (scarsa innovazione, imprese troppo piccole, capitale umano inadatto alle tecnologie di frontiera, pochezza imprenditoriale) ma anche, forse soprattutto, esterne e sistemiche. La lista qui è la solita e ve la risparmio visto che su questo blog l'abbiamo fatta ed elucidata decine di volte in questi dodici anni ed ha una fonte ben nota: lo stato italiano nel suo complesso, il fisco, la composizione della spesa, la burocrazia, le pensioni, il sistema della giustizia civile (e anche penale), i servizi pubblici inefficienti (scuola e università anzitutto) ... Mi fermo qui perché quanto voglio suggerire l'ho già suggerito: non c'è alcuna particolare malattia che affligga il settore turistico che non sia condivisa da molti altri settori dell'economia italiana, ossia un lento allontanarsi dalla frontiera mondiale della tecnologia, dell'efficienza e dell'innovazione. Ma non è questo il tema del post. 

Vengo quindi alla questione turismo petrolio italiano. Cosa vuol dire che un settore, se appropriatamente sviluppato, potrebbe essere fonte di crescita economica e benessere diffuso? Vuol dire che, se quel settore si sviluppa, sia il rendimento dai capitali investiti in quel settore sia i salari dei vari lavoratori che in quel settore vengono occupati potrebbero essere altri, superiori alla media attuale e, comunque, destinati a crescere. Il mito che stiamo esaminando afferma che se si riesce a rendere quel settore "efficiente" oltre che "grande" si otterranno redditi uguali o maggiori a quelli della media degli altri settori economici e paragonabili a quelli dei settori più dinamici e profittevoli del sistema economico. Questo afferma il mito del "turismo petrolio italiano". Basterebbe pensarci anche solo un attimo per capire che si tratta di una gigantesca bufala che, ripetuta migliaia di volte, ha creato un mito deleterio in cui quasi tutti credono.

Notiamo, anzitutto, che i redditi di chi lavora nel settore turistico oggi sono, in media, uniformemente inferiori a quelli di molti settori e della media nazionale. Chi non ci crede può andare su Google e fare una breve ricerca usando le parole "settore turistico italia salari", troverà dozzine di documenti al riguardo. Qui solo un esempio, tanto il fatto è scontato. Chi non mi credesse può andare a verificare, per esempio sull'ostico sito dell'Istat, che così è da tempo. Lo imparai all'università, a fine anni '70 e primissimi anni '80, da Paolo Costa che insegnava Economia del Turismo. Infatti: basta vivere in un posto (tipo Venezia, per dire) che del suo enorme successo turistico sta infatti morendo per rendersene conto senza tante statistiche. Quando stesi queste note tornavo da alcuni giorni passati sulla mitica Costiera Amalfitana che sopravvive, male, solo di turismo nonostante la presenza di decine di (mediocri nel servizio) hotel di "lusso" o, almeno, molto costosi. Perché mai quell'intera area, che vive di turismo, continua ad essere, dopo un secolo, così relativamente sottosviluppata lungo ogni dimensione? Basterebbe riflettere su questi e dozzine di altri esempi per rendersi conto della bufala. 

Ma, alcuni insisteranno, questo si deve al fatto che in Italia il settore turistico è arretrato. Se fosse avanzato come - ... come dove? In Francia? Negli USA? In Spagna? -  i redditi medi del settore turistico sarebbero ben maggiori di quel che sono ora e maggiori della media nazionale. Cazzate, ovviamente, come i link precedenti (presi del tutto a caso, tanto ne trovate quanti volete per ogni paese avanzato, basta cercare per dieci minuti) provano. Vi sono delle parzialissime eccezioni, poche e significative: per esempio nelle Mauritius i salari medi del settore turistico (pur molto bassi rispetto a quelli italiani) sono ... inferiori alla media nazionale! Ma comunque "relativamente" (molto relativamente) migliori che in altri settori. La ragione è banale e lascio al lettore intendere il perché; vale il fatto che se avessimo un settore turistico paragonabile a quello delle Mauritius saremmo, comunque, un paese di morti di fame!

Ed infine, i miracoli che Briatore e similia promettono con le loro panzane per polli. Cosa propone il nostro? Semplice: fate hotel e ristoranti di lusso, come me. Bravissimo, non fosse che per due dettagli, o tre, tutti banali. I quali non implicano che non sia bene, se ci si riesce, investire nel turismo di lusso e farlo bene laddove e possibile ma che, facendolo, non si risollevano le sorti economiche del paese né si estrae l'oro nero. Si permette semplicemente ad una frazione minuscola della forza lavoro di trovare un lavoro che paga salari sotto la media dei paesi avanzati. 

(1) Per attirare il turismo di lusso ci vogliono infrastrutture adeguate che servano il turismo di lusso. E quelle non ci sono. Certo, si possono fare ma, per farle, occorre prima risolvere due problemi: (a) Trovare i soldi pubblici e, in un paese dove la spesa pubblica va a spreco, questo richiede tagliarne altre di spese. Sono assolutamente a favore, ma il Briatore dovrebbe cominciare da lì. (b) Fare un bel calcolo costo-opportunità, ossia: i proventi fiscali dell'addizionale turismo di lusso copriranno le spese addizionali per le strutture in questione? Lo dubito. 

(2) Il turismo di lusso, per definizione, è di elite o di nicchia. Ossia è limitato a segmenti relativamente piccoli del mercato e quindi può occupare solo una percentuale molto piccola della forza lavoro. Ammesso, e non concesso vedi punto seguente, che arricchisca tutti coloro che vi lavorano non ha certo la capacità propulsiva di risollevare e far crescere permanentemente i redditi di percentuali sostanziali degli occupati. Che era, invece, il supposto goal del buon, si fa per dire, Briatore. 

(3) Nelle strutture turistiche di lusso guadagna molto (se lo fa bene) l'imprenditore o chi ci mette i capitali mentre guadagnano il loro costo opportunità tutti gli altri. Il cameriere o cuoco o addetto alle pulizie guadagna più o meno quello che guadagna altrove. In altre parole: piuttosto di niente meglio piuttosto ma l'idea che il turismo di lusso possa essere il volano della crescità di un paese di 60 milioni di persone fa solo ridere i polli. Come, vedi sopra, provano gli esempi tipo Mauritius, Kenia, Hawaii e via elencando.

Riassumendo: ho scritto una lunga sequenza di banalità. Ma, d'altra parte, dovevo solo smontare una valanga di stronzate e, a questo fine, le banalità bastano ed avanzano. 

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Commenti

Ci sono 25 commenti

Non posso che dirmi d'accordo.

 

Forse pero' potevate parlarne con Luigi Zingales prima di farci un partito insieme:

 

www.youtube.com/watch

perché quando FARE era in campagna elettorale, questa era pssata come la sua la proposta di punta : www.youtube.com/watch

Che valanga di stronzate. Ed inverte le dimensioni relative delle popolazioni di India e Cina ...

In ogni caso, un giorno mi faccio coraggio e pubblico le mail del maggio-luglio 2012. Cosi' questa storia che LZ l'abbiamo voluto Andrea, Sandro ed io finisce una volta per sempre. E cosi', magari, qualcuno capisce meglio chi e' responsabile di cosa e cosa cercavano questo, quello e quell'altro. 

Grazie per la segnalazione, la inserisco nella versione aggiornata che metto domani sul blog della F500. 

Con tutto il rispetto, prof. Boldrin, io non capisco quale sia il punto dell'articolo. Criticare la nozione che ammodernare un settore dell'economia possa portare vantaggi, oppure quella che sia possibile immaginare di portare crescita all'intero paese tramite il settore alberghiero e che questa sia una delle possibili iniziative per cercare un posto nel mondo all'Italia? Possibile che per un paese avere la Silicon Valley sia l'unica cosa a cui aspirare?

 

Suppongo che molti dei proponenti di questa "cazzata", come l'apostrofa lei, abbiano in mente una strategia di promozione del patrimonio culturale che vada oltre i centri "mainstream". Credo pensino sia possibile portare milioni di persone al di fuori, in posti quali la mia Saluzzo che pur essendo piccoli sono degli autentici gioielli che, non me ne voglia per lo sciovinismo, qui in America si sognano. Dunque creare nuova occupazione, non necessariamente a basse competenze e non necessariamente in piccoli numeri (siccome i ricchi saranno pure pochi sul totale, ma l'1% di 7 miliardi di persone sono pur sempre 70 milioni...).

 

Per farle un esempio concreto, un mio amico dottorando mi ha detto della sua idea che ci potrebbe essere un'opportunità di occupazione per i tanti laureati in "lettere filosofia e altre cose inutili" appunto nel fare da Ciceroni per turisti abbienti, portandoli al di fuori dei centri di massa. I musei hanno recentemente accolto numeri record di visitatori e, pure con difficoltà, si è riusciti a nominare direttori (anche) stranieri.

 

Questo è solo un esempio e "lieve rebuttal" nel merito, sia chiaro, ma davvero non capisco lo scopo del suo articolo in quanto tale se non quello di sfogo nei confronti di un intero paese prima ancora che un articolo che sia utile alle persone per imparare qualcosa. La stessa cosa vale per il suo "editoriale" sulle elezioni.

 

Saluti da Boston.

Bene, allora proviamoci.

L'argomento diffuso in Italia sul turismo lo comprendi? Se non l'hai mai sentito puoi trovarne esempi seguendo i link di Briatore o il video di LZ riportato nei commenti o cercando in rete. 

Ora, tu capisci cosa vuol dire crescita economica per un paese di 60 milioni, vero?

E capisci anche cosa vuol dire avere salari crescenti, giusto?

E capisci che stiamo parlando non di occupare 20mila o 50mila ragazzi in più a fare i camerieri, gli sguatteri, le cameriere ai piani o anche i bagnini pettoruti in spiaggia. No, stiamo parlando di come occuparne, per dire, 1 milione in più a fare ben altri lavori ricevendo ben altri salari. 

Riesci, con i numeri che dai, a farmi due conti due che provino come si possano guadagnare, diciamo, 50-60mila euro lordi annui (guarda che questo è il costo lordo di un professore di liceo, che in Italia ritiene d'esser pagato una miseria) con le attività turistiche che hai in mente?

Riesci a spiegarmi come questi possano crescere al ritmo annuo, in termini reali, del 2% per i prossimi 30 anni? Perché questa è la crescita, anche se modesta (lasciamo stare SValley, lì i numeri andrebbero moltiplicati per un fattore >> 1) di cui il mito parla (e che tu adombri senza esporti).

Sai, di amici laureati in lettere e paraggi che fanno i "ciceroni sofisticati" nel posto che, per metro quadrato, ha la maggior domanda per tali servizi nel mondo quando espressa in USD (ossia, Venezia) ne conosco dal principio degli anni '80. Non è una particolare novità, credimi. Infatti, se i tuoi amici di Saluzzo vogliono dei consigli, forse dovrebbero parlare con i national leader, che sono a Venezia CS ed hanno oramai 60+ anni ... ti posso assicurare che, certo, son sopravissuti e sopravvivono ma ... spero tu comprenda. 

Vedi, non so che economia ti insegnino laddove la studi ma, se davvero ci fossero tutti questi milioni lasciati per terra da decenni, non ti pare che qualche migliaio di giovani italiani avrebbero provato a raccoglierli? Son lì, a sentire molti, dagli anni '70 (il boom nelle città storiche iniziò alla fine anni '70, check the data). Son passati 40 anni, ed ancora nisba. Io capisco bounded rationality, ma questa sarebbe unbounded scemenza se fosse vero che i soldi c'erano. 

Per esempio, tu sei andato a fare un dottorato a Boston, in economia. Questo vuol dire che sei sveglio abbastanza. Com'è che non hai scelto di fare l'imprenditore del turismo a Saluzzo, dove avresti potuto generare quei posti di lavoro meravigliosi che descrivi?

Insomma, al momento più che una rebuttal vedo la conferma che ho fatto bene a tirar fuori le note dal cassetto. Ma magari proverai che ho preso un granchio. 

Io attendo paziente: guarda i dati, guarda i redditi nei settori turistici di altri paesi, guarda come crescono, dai un'occhiata al "Baumol disease" (quello originale, non le confusioni recenti) e scrivimi un articolo che confuti queste mie strane teorie. Se passa il test dei dati e della logica, saremmo felici di pubblicarlo. 

Visito con sempre con piacere i negozi che liquidano il loro magazzino prima di cessare l’attività. Non lo faccio andando in cerca dell’affare della vita, piuttosto mi piace cimentarmi nel capire perché si decida di mettere fine ad una impresa. Si sente dire: «I figli hanno altro da fare e non vogliono continuare l’attività dei genitori», «I titolari hanno aperto un negozio più grande nel centro commerciale fuori paese, poi di qui ormai non passa più nessuno», «Oggi, con l’e-commerce, le piccole librerie/i negozi di dischi non stanno più in piedi»…
Spesso guardando cosa c’è in magazzino viene da domandarsi come abbiano fatto a resistere così a lungo senza chiudere prima. Qualche volta mi è persino capitato di fare anche un affare che non stavo nemmeno cercando.

Da un po’ di tempo su NoiseFromAmerika tira aria di chiusura, anche se i cartelli appariscenti in vetrina non li ho ancora visti, l’incipit di ieri invece mi è sembrato un sobrio fogliettino attaccato vicino alla cassa: «Visto che siamo in via di chiusura, faccio pulizia del cassetto».

Ohibò, andiamo a vedere se c’è qualcosa di interessante!

Anche se ruvido, come sempre, e un po’ meno rifinito del solito, il post mi è piaciuto: va dritto al punto: Potremmo arricchirci con il turismo? No!

 

Nelle strutture turistiche di lusso guadagna molto (se lo fa bene) l'imprenditore o chi ci mette i capitali mentre guadagnano il loro costo opportunità tutti gli altri. Il cameriere o cuoco o addetto alle pulizie guadagna più o meno quello che guadagna altrove. In altre parole: piuttosto di niente meglio piuttosto ma l'idea che il turismo di lusso possa essere il volano della crescita di un paese di 60 milioni di persone fa solo ridere i polli.

 

Messa così, sembra che il settore turistico italiano sia come quei lavoretti estivi che si fanno da ragazzi (spesso proprio nel turismo) per impiegare il tempo e fare un po’ di quattrini per pagarsi gli studi o le vacanze con gli amici. Si occupa il tempo e si fanno un po’ di soldi, ma i guadagni maggiori ed i lavori per la vita restano altri.

Sono d’accordo e vado oltre. Mi verrebbe spontaneo classificare nello stesso modo anche certe attività da sharing economy che solo qualche anno fa dovevano, nelle migliori intenzioni, dare respiro al mercato: come fare l’autista per un’APPpop, affittare la seconda casa su APPBnB o fare il rider per qualche servizio di consegna a domicilio. Non sono anche queste attività dove chi guadagna molto è l’imprenditore, mentre gli altri guadagnano il loro costo opportunità, che in questi casi è addirittura più basso?

Questi anni di NoiseFromAmerika, sono stati un’esperienza interessante, che mi ha permesso di leggere idee raramente scontate e qualche volta mi è persino capitato di poterle scambiarle in prima persona.

Se aprite un Chiringuito in qualche posto, mi piacerebbe farci un salto per continuare a fare quattro chiacchiere.

Grazie!

... che un salto ce lo faccio anch'io. NfA ha solletticato la mia curiosita' intellettuale come pochi altri blog. Mi ha insegnato cose interessanti che difficilmente avrei avuto modo di imparare altrove, ha contributo a cambiare radicalmente la mia percezione iniziale dell'economia come non scienza, e degli economisti come chiaccheroni buoni solo per la politica (o almeno, mi ha dimostrato che ci sono eccezioni ;) ). Peccato per la chiusura, e per la perdita della comunita', in cui lo scambio tra redattori e lettori e' stato spesso interessante, o per lo meno divertente (mi ricordo un tizio che scriveva filippiche contro Bodrin - mi sembra rispetto agli stipendi dei professori universitari - e che d'un tratto spari, ma chi era? Che fine ha fatto? NfA si portera' il segreto nella tomba - edit: altamante si chiamava!).  

Michele, io la vedo cosi': certo, sarebbe bello pensare a policies con growth effects, ma se mi dai una qualsiasi policy che agisce sul level, io la prendo. In Cina sono cresciuti 10% all'anno per 20 anni a furia di level effects.

PS ovviamente il problema del turismo e' un altro: la qualita' del turismo e' endogena al quel level , perche' raramente si va in vacanza lontani da dove si lavora...

... davvero, giuro. Non so neanche che differenza vi sia fra i due effetti. Dev'essere una roba che insegnavano a Penn :)

“Visto che siamo in via di chiusura, faccio pulizia del cassetto contenente le cose iniziate e poi lasciate lì per noia o mancanza di tempo.”

Cosa significa “chiusura” in questo modo?

Il penultimo articolo è stato ripreso nel Blog dei Cinquecento, e allora perché anche questo articolo non può essere ripreso lì? E soprattutto che differenza ci sarebbe tra questo blog e quell'altro? Forse nel Blog dei Cinquecento, si parlerà solo di politica, visto che il precedente articolo era di sola politica, e i contenuti di tipo economico, come questo articolo, non potranno essere ospitati? Non pare proprio, basta vedere i fondatori della nuova fondazione, e leggersi l'ambiziosissimo programma che però non è molto lontano dal programma di Fare.

E allora?

Forse nel nuovo sito non sarà possibile il contraddittorio, ma sarà solo una presentazione unilaterale di articoli, come una specie di giornale stampato che permette solo le “lettere al direttore”?

Boh!

Diciamo che occorre seppellire Fare, per RiFare. E sia pure, mi rendo conto che potrebbero continuare ad esistere vincoli assurdi e non più sostenibili. Quello che conta è la possibilità di continuare ad informarsi e sentire pareri non usuali, scomodi, e insomma qualcosa di più educativo che assistere all'isola dei famosi o scemenze equivalenti. Sperando anche, però, che si possa intervenire, anche con un filtro, in modo da poter seguire qualche discussione accesa o dibattito che permetta di capire meglio. Insomma più o meno come qui, anche se non più qui.

c'è uno spazio dei commenti: ne ho scritto uno 6 giorni fa che è in attesa di moderazione, come immagino vari altri.

...magari la nostra classe politica vuole proprio creare una generazione di sguatteri e camerieri così continueranno a votarla. Altri, impiegati nei settori di punta, che trainano lo sviluppo economico, probabilmente non farebbero altrettanto.

(e incrocio le dita)

Mi sembra che trascuri l'indotto.
Analizzando i redditi da turismo sulla base del salario medio di chi lavora in quel settore, si osservano solo i redditi degli imprenditori del settore alberghiero e della ristorazione, e quelli dei loro dipendenti.
Così si trascurano un sacco di cose. Il turista usa il treno o il bus o il taxi o noleggia una macchina, la parcheggia nel parcheggio a pagamento, la rifornisce di carburante, paga i pedaggi o magari le multe; ovviamente fa acquisti, forse si assicura, se gli capita qualcosa cerca assistenza medica o legale, se non gli capita nulla assiste ad uno spettacolo o ad un concerto.
E quando se ne va porta con se sotto forma di souvenir una quantità di materiale pubblicitario che si è pure pagato, che distribuisce agli amici facendo gratuitamente il promotore turistico.
Del denaro che porta solo una parte va agli operatori turistici tradizionali. Il turismo può dare un reddito addizionale quasi a chiunque.

Caro Boldrin,

ti stimo e ti seguo molto, ma non condivido la tua posizione sul turismo. Credo che tu conosca poco la sua evoluzione...

Il turismo è ormai un mondo estremamente complesso, arricchitosi di professionalità non banali nel settore del management, del marketing, che sappia ragionare in termini di sostenibilità, personalizzazione del servizio, ecc. Tutto questo crea salari che non sono affatto da fame: è vero, gli addetti alle pulizie o i camerieri di bassa specializzazione continuano a percepire i minimi salariali, ma anche i loro colleghi non specializzati di Apple, Amazon o Google ricevono stipendi analoghi (se non inferiori...). In Costiera Amalfitana gli introiti sono bassi; e nel resto dell'area napoletana dove non c'è il turismo? Vogliamo fare i confronti? E con un po' di sforzo, cosa sarebbe la Costa Smeralda se non vi avesse investito l'Aga Khan negli anni '60?

Un turismo gestito in maniera moderna dovrebbe porre alla base della sua programmazione un numero massimo di persone accettabili per località quali Venezia o Capri, ma un po' ovunque. Il vero pericolo è il turismo di iper-massa, delle vacanze low-cost, ecc. Per essere remunerative queste iniziative devono rivolgersi a grandissimi numeri spesso non compatibili con le nostre località.

Insomma, il turismo VA governato, scienza che in questo momento NESSUNO pratica (in Italia). Per farlo occorrono professionalità di alto livello, che sono assolutamente ai margini degli organi che dovrebbero sovrintenderlo. E il fatto che tali organi siano regionali a mio giudizio non ci aiuta.

Infine un ultima considerazione. E' vero che Briatore ha un modo di fare "sborone" che non fa simpatia, e che secondo me attrae una nicchia molto piccola del turismo, quello di coloro che vogliono dimostrare che sono ricchi. Ma il turismo di lusso è tutt'altro, e la tradizione del Danieli o del Gritti della tua Venezia dovrebbero suggerirtelo: è eleganza, personalizzazione, unicità, non necessariamente champagne rosé spruzzato per gioco... Un locale di lusso (inteso come dico io) occupa anche il doppio del personale di un locale corrispondente ma "normale".

Sono già stato troppo lungo, ma credo che tu debba esplorare meglio il mondo del turismo che a mio giudizio è molto diverso da quello che dipingi tu. Con stima.