Perché gli studenti del Sud ottengono voti più alti alla maturità?

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Ogni anno alla pubblicazione del report del Miur sugli esiti degli Esami di Stato si ripropone la stessa litania: le agenzie di stampa rilanciano la notizia rimarcando il record di "super meritevoli" nelle regioni meridionali, i governatori leghisti delle regioni del nord protestano citando i risultati dei test Invalsi e sui social si scatenano i commenti con le spiegazioni più fantasiose. Ma perché gli studenti del Sud ottengono voti più alti?

Come ogni anno, il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca ha pubblicato il rapporto preliminare sugli esiti dell’Esame di Stato della scuola secondaria di II grado per l’anno 2015/2016. [1]

Anche quest’anno si è confermato il trend che vede un’Italia spaccata in due, con le regioni del Sud che ottengono i risultati migliori, sia come voto medio, sia come numero di eccellenze, e quelle del Nord che si attestano su valori notevolmente inferiori. Particolarmente clamorosa è la situazione di Puglia e Calabria in cui circa un diplomato su dieci si è diplomato con un voto di 100/100 e dove moltissimi studenti (934 in Puglia e 334 in Calabria) sono riusciti ad ottenere addirittura la lode.

Fig.1 Percentuale di diplomati che ottengono una votazione di 100/100

Puntuali, all pubblicazione dei dati, sono seguite le polemiche di Luca Zaia, Presidente della Regione Veneto. [2]

 

«Come è possibile che vi siano tanti 100 e lode nelle province del Sud quando queste ultime sono costantemente sotto la media nei Test Invalsi? O i test non funzionano o c’è qualche lassismo di troppo negli esaminatori».

 

Al Governatore del Veneto si è contrapposto l’ex Ministro dell’Istruzione Beppe Fioroni, che in un’intervista a Lettera43.it [3] ha definito come «bislacca» la tesi «di un Nord rigoroso e di un Sud che i voti li regala».

Chi ha ragione? Per rispondere, vediamo di analizzare cosa dicono i dati a nostra disposizione.

Test Invalsi

Con il nome di Test Invalsi andiamo a indicare diverse prove standardizzate che vengono proposte agli studenti durante varie tappe del loro percorso scolastico. Per la nostra analisi ci rifaremo ai test di matematica e di italiano che vengono somministrati ogni anno agli alunni delle classi seconde della scuola secondaria di II grado. [4]

Scostamento rispetto alla media italiana nei test Invalsi

Ho elaborato i risultati dei test andando a calcolare, per ogni macro-regione, lo scostamento rispetto alla media nazionale. Com’è molto evidente, e non da oggi, in entrambe le materie si evidenzia una netta divisione lungo l’asse Nord-Sud, con gli studenti settentrionali che ottengono i risultati migliori mentre quelli meridionali, pur con qualche progresso, raggiungono risultati di apprendimento significativamente inferiori alla media italiana.

Test Ocse-Pisa

Il Programme for International Student Assessment o PISA (Programma per la valutazione internazionale dell’allievo), è un’indagine promossa dall’Ocse per valutare il livello d’istruzione degli studenti quindicenni dei paesi OCSE. A questo scopo, ogni tre anni vengono somministrate, in classi campione di tutti i paesi OCSE, delle batterie di test per valutare le competenze linguistiche, matematiche e scientifiche. L’Invalsi ha analizzato i risultati dei test e ha pubblicato un report in cui questi vengono disaggregati e analizzati anche a livello regionale. [5] Ho elaborato questi dati per ricavare, nuovamente, lo scostamento delle singole macro-regioni rispetto alla media nazionale. Anche qui riemergono le stesse dinamiche già evidenziate dai Test Invalsi.

OCSE PISA - scostamento dalla media italiana

Lo stesso rapporto dell’Invalsi, analizzando ad esempio i risultati di matematica, evidenzia come:

 

«Gli studenti del Nord Ovest (509) e del Nord Est (514) si collocano al di sopra sia della media nazionale (485) che della media OCSE (494), con una differenza statisticamente significativa; il Centro (485) è in linea con la media italiana ma sotto la media OCSE, mentre Sud e Sud Isole si collocano significativamente al di sotto delle due medie di riferimento con un punteggio medio rispettivamente di 464 e 446 così come le regioni dell’Area convergenza (Campania, Calabria, Puglia e Sicilia) con un punteggio di 454».

 

Per fare un confronto, 514 è il punteggio in matematica della Finlandia, mentre 448 e 453 sono rispettivamente i punteggi di Turchia e Grecia.

Mele con pere?

Un’obiezione è immediata: se compariamo i risultati degli alunni quindicenni (Invalsi, Pisa) con quelli dei loro colleghi diplomati, non stiamo forse paragonando le mele con le pere? Non stiamo, cioè, confrontando dati disomogenei?

L’obiezione, in sé, non è infondata. In via del tutto teorica è possibile che nel triennio successivo alla somministrazione dei Test Invalsi, gli studenti del Sud abbiano migliorato i loro risultati di apprendimento in modo tale da raggiungere e superare i loro colleghi. Se così, fosse, però, dovremmo trovarne traccia non solo all’Esame di Stato ma anche nelle altre rilevazioni riferite ai loro coetanei e così non è.

Analizzando ad esempio i risultati dell’indagine Ocse-Piaac sulle competenze degli adulti [6] ed esaminando, in particolare, [pp. 120-121] le performance della fascia 16-24 anni, composta in gran parte da studenti, possiamo notare come non vi siano differenze significative rispetto ai risultati di Invalsi e Pisa. Ma se tutte le evidenze empiriche provenienti da studi indipendenti ci prospettano un certo scenario e l’Esame di Stato ne offre un altro, è molto più probabile che queste differenze di performance siano dovute non tanto agli studenti, quanto alla natura dell’esame e alle commissioni giudicatrici.

L’Esame di Stato è un esame oggettivo e uniforme sul territorio nazionale?

Dal punto di vista strettamente teorico e normativo [7], l’Esame di Stato dovrebbe essere una prova tendenzialmente oggettiva e uniforme su tutto il territorio. È composto, infatti, da tre prove scritte di cui due sono preparate direttamente dal Ministero, la maggioranza dei commissari d’esame, tra cui il presidente, sono scelti tra professori esterni alla scuola e il punteggio finale scaturisce dalla somma delle valutazioni delle singole prove, ottenute con l’uso di griglie di valutazioni oggettive, allegate ai verbali d’esame.

La realtà è molto diversa. Un quarto del punteggio finale (25 punti) viene attribuito in base ai risultati scolastici ottenuti nell'ultimo triennio e ogni commissione ha una diversa “sensibilità” nel correggere le prove: spesso le griglie di valutazione vengono compilate ex post e nell’attribuzione dei giudizi entrano in gioco fattori che nulla hanno a che vedere con la prova che si sta esaminando. In sostanza, una stessa prova, in mano a commissioni differenti, può vedersi attribuiti punteggi molto variabili tra loro.

Nessuno scandalo, sia chiaro. Chi, come me, fa questo mestiere sa benissimo che valutare uno studente non significa applicare burocraticamente una griglia per ricavare un punteggio. Però dobbiamo essere consapevoli che, a differenza dei Test Invalsi e Pisa, negli Esami di Stato l’attribuzione del punteggio massimo a una prova non significa che questa sia completa e tantomeno corretta.

Il giudizio potrebbe essere non assoluto ma relativo. Ad esempio, nell’ultimo esame di maturità la correzione della prova di matematica del Liceo Scientifico [8] era demandata a uno dei membri interni [9]. Vista la difficoltà della prova, che ha suscitato non poche polemiche, è molto probabile che sia stato premiato con un punteggio di 15/15 non solo chi è riuscito a completare correttamente tutte le consegne, ma anche chi ha svolto in modo corretto solo i quesiti che riguardavano parti del programma effettivamente svolte in classe.

Ma perché le commissioni d’esame delle regioni meridionali si sono comportate in modo così diverso da quelle del Nord?

Al Sud vengono dati volti alti in virtù delle condizioni di disagio sociale in cui vivono molte famiglie?

È una tesi che ha molti sostenitori. Ad esempio l’ex Ministro Beppe Fioroni nella già citata intervista a Lettera43.it ha dichiarato:

 

«non mi iscrivo al club che taccia i professori del Mezzogiorno di dare voti alti con leggerezza. Bisogna considerare anche la situazione di partenza, lo spaccato sociale. La scuola deve considerare nella valutazione complessiva anche l'apprendimento rispetto alle relazioni di partenza. Voglio dire che ci sono ragazzi che trovano nella famiglia rapporti che li arricchiscono anche nell'apprendimento. Altri, basta pensare ai ragazzi di Scampia o del rione Sanità, che la scuola accoglie e per i quali deve fare tutto».

 

È certamente una tesi affascinante, che suona più o meno così. Al Sud le condizioni sociali disagiate fanno sì che molti ragazzi siano a rischio dispersione scolastica. Per trattenere questi ragazzi a scuola ed evitare che imbocchino brutte strade, si preferisce abbassare l’asticella della sufficienza, rimodulando verso l’alto le valutazioni degli altri studenti, che quindi raggiungono facilmente valori di eccellenza.

Questa tesi è però smentita dai dati.

A complemento delle ottime considerazioni dell’articolo di Maria de Paola pubblicato su Lavoce.info [10] lo scorso anno, voglio aggiungere questa: se la tesi fosse vera, la discrepanza di votazioni tra Nord e Sud dovrebbe evidenziarsi maggiormente proprio in quelle scuole che accolgono alunni proveniente da situazioni disagiate, cioè negli istituti professionali. Invece l’analisi degli Open Data del Miur rivela una storia completamente diversa: la frattura Nord-Sud esiste ed è significativa nei licei, in particolare in quelli ad indirizzo classico, mentre è praticamente assente negli istituti tecnici e in quelli professionali.

Percentuale di studenti che ottengono 100, per regione e tipologia di istituto

Percentuale di studenti che ottengono un voto di 100 al classico, divisi per regione

Conclusione

Oggigiorno un voto di 100/100 alla maturità non è più garanzia di un facile accesso al mondo del lavoro, ma è d’aiuto se l’obiettivo è proseguire gli studi all’università. Sebbene il voto della maturità non contribuisca più al punteggio dei test di accesso alle università a numero chiuso, tuttavia ottenere un buon voto alla maturità continua a portare dei vantaggi.

Innanzitutto molte facoltà [12] offrono esenzioni, totali o parziali, agli studenti diplomati con il massimo dei voti. Inoltre, gli studenti che riescono a meritare la lode beneficiano di un bonus aggiuntivo [13] erogato dal Miur come premio al merito scolastico. Poiché, come emerge dagli studi di AlmaDiploma [14], la scuola italiana resta ancora estremamente classista, lungi dall’essere un premio e un sostegno per i ragazzi meritevoli provenienti da famiglie in difficoltà, la generosità dei voti nelle scuole meridionali è piuttosto un sussidio per i giovani delle famiglie benestanti, che frequentano il liceo classico e proseguiranno gli studi all’Università.

 

Note

[1] Miur, Esiti esami di Stato scuole secondarie di II grado 2015/2016 [link]
[2] “Zaia: Voti a scuola, ci sono due Italie. Così danneggiati studenti del Nordest”, Corriere del Veneto, 12/08/2016 [link]
[3] Faggionato Giovanna, “Scuola, Fioroni: Voti regalati al Sud? Tesi bislacca”, Lettera43, 11/08/2016 [link]
[4] Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione – Rilevazioni precedenti [link]
[5] OCSE-PISA 2012, Rapporto Nazionale 2012 [link]
[6] PIAAC-OCSE, Rapporto nazionale sulle competenze degli adulti 2014 [link]
[7] LEGGE 11 gennaio 2007, n. 1, Art. 6 [link]
[8] Esame di Stato 2016, seconda prova di matematica, Liceo Scientifico [link]
[9] Materie oggetto della II prova scritta e materia affidate ai commissari esterni 2015/2016 [link]
[10] Maria De Paola, “Se il voto di maturità non è uguale per tutti”, Lavoce.info [link]
[11] Dati Aperti della Scuola – Scuola in Chiaro [link]
[12] Università del Salento – Manifesto degli studi [link]
[13] Miur – Valorizzazione delle eccellenze [link]
[14] Almadiploma - Profilo dei diplomati – Indagine 2015 [link]

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Commenti

Ci sono 32 commenti

Nella città in cui sono cresciuto c'erano 4 licei, tra cui il Leomardo Ximenes, classico, ed il Vincenzo Fardella, scientifico.

Lo Ximenes, che ha una storia che affonda le proprie radici nei primi del '600, è sempre stato molto parco nei voti, mentre il Fardella era più liberale. Per non parlare della selettività. Non dico che un 60/100 alla maturità allo Ximenes costasse in termini di impegno come un 100/100 al Fardella, ma non saremmo distanti, e soprattutto una marea di 60/100 al Fardella non avrebbero mai raggiunto la maturità allo Ximenes.

Io sulla selettività personalmente preferivo l'approccio del Fardella, anzi, trovavo perfino il Fardella eccessivamente selettivo, ma questo post facto, perché mi iscrissi e mi diplomai allo Ximenes.

Lo Ximenes oggi non esiste più, se non per gentile concessione del Fardella, che oggi ha cambiato nome in Fardella Ximenes, dopo che negli ultimi anni per sopravvivere lo Ximenes aveva dovuto farsi traghettare dall'artistico Eustachio Catalano.

Quello che è successo è che la percezione di quanto si guadagnava con la selettività e l'obiettivita dei voti dello Ximenes è praticamente scomparsa. Una volta che la qualifica che si ottiene ha lo stesso valore, per quale motivo prendere 60/100 allo Ximenes quando si può ottenere 100/100 al Fardella con lo stesso impegno?

E quindi studenti e famiglie hanno smesso di scegliere lo Ximenes, per scegliere invece il Fardella. Io stesso suggerii alla più giovane delle mie sorelle di iscriversi addirittura al Catalano, perché non essendo per nulla selettivo, le avrebbe garantito la certezza matematica di ottenere un diploma in 4 anni, e se avesse studiato pochissimo, le avrebbe garantito un ottimo voto alla maturità, eventi che poi si verificarono puntualmente.

Il commento di Alessandro è molto interessante perché pone, anche se in maniera un po' obliqua, una domanda importante sulla funzione dei voti. Dal punto di vista economico la scuola dovrebbe servire a due cose. Da un lato, la formazione di capitale umano, anche in senso lato (non solo apprendere nozioni ma acquisire abitudine al ragionamento, all'interazione con altri etc.). Dall'altro, segnalare al resto del mondo la qualità delle persone per favorire una migliore allocazione dei talenti. Lo scenario descritto da Alessandro è interessante perché pare che nessuno dei due aspetti giochi un ruolo importante. In particolare, la formazione di capitale umano sembra essere assente (scegliere una certa scuola per ottenere una formazione migliore, indipendentemente dai voti che da, non entra nelle considerazioni di scelta) e la funzione di segnalazione sembra essere andata persa nel tempo; se tutti passano e tutte le scuole sono facile è chiaro che ben poco può essere segnalato sulla qualità dei discenti.

Restano quindi considerazioni non-economiche. Il titolo di studio serve in quanto è stato deciso dallo Stato che esso è necessario per accedere a certi posti di lavoro (non solo pubblici, la regolamentazione delle professioni spesso impone requisiti) o altro, come l'accesso all'università. Se questa è la principale funzione della scuola allora lo scenario descritto da Alessandro ha senso. Ha anche senso tutta la polemica su ''eh, ma al Sud è più facile''.

Notate infatti che dal punto di vista economico  il voto è irrilevante per la formazione di capitale umano e se è conoscenza comune che al Sud i voti sono ''più facili'' allora semplicemente il segnale dato dal voto verrà reinterpretato a seconda della provenienza geografica. Ci sarebbe poco da far polemica.

Invece la polemica c'è, e questo un po' mi preoccupa. Significa che l'aspetto burocratico-amministrativo tende a essere più importante degli aspetti fondamentali.

Tutto chiaro e preciso. Mi domandavo solo se, nonostante gli scostamenti sui test Invalsi sempre costanti nel tempo, almeno la media nazionale fosse cresciuta nel tempo. Si sa qualcosa, in merito?

Da un certo anno in poi, nei rapporti pubblicati dall'Invalsi, la media italiana è sempre stata posta uguale a 200 e, da lì, sono stati calcolati i punteggi disaggregati. Sicuramente l'Invalsi i dati che chiedi li ha, però se usiamo i test PISA come proxy  vediamo un miglioramento del punteggio, quindi probabilmente è così anche per gli Invalsi.

Dal rapporto INVALSI 2015:

 

Con riferimento alle differenze tra macro-aree del Paese, in questo paragrafo si analizzano le principali tendenze emerse nel corso del tempo, ponendo a confronto le rilevazioni di quest’anno, distintamente per i diversi livelli scolastici considerati, con quelle del quadriennio precedente.

Va ricordato che il confronto considera la posizione relativa, nelle prove di ciascun anno, delle diverse macro-aree (distintamente per livello scolare e per materia, Italiano e Matematica), analogamente, del resto, a quanto fatto nel paragrafo precedente. Questo perché le prove non sono al momento ancorate a una metrica costante nel tempo(45).

L’INVALSI ha ormai definito e quasi completamente realizzato una procedura per pervenire a un ancoraggio delle prove, cioè per legare la metrica sulla quale sono espressi i risultati di una prova con quella con cui sono definiti quelli di una prova del livello scolare successivo. Tale ancoraggio potrà consentire tanto di effettuare confronti assoluti nel tempo, anche per l’intero Paese, quanto di rendere più stabili e precise le indicazioni sulle differenze tra le diverse parti delle prove, di cui si è discusso nel capitolo 4 con riferimento alle singole classi.

Il quadro delle differenze regionali che qui appare è un po’ più incoraggiante rispetto a quello descritto nel paragrafo precedente. Sebbene le differenze a sfavore del mezzogiorno che emergono dalla rilevazione 2015 si confermino come un dato non nuovo, l’entità del divario sembra però mostrare, nel tempo, una tendenza alla riduzione in Italiano, mentre in matematica, questa tendenza, almeno rispetto al 2014, pare essersi arrestata, se non, in alcuni livelli scolari, addirittura invertita.

45) Anche la metrica dei dati nei cinque anni è diversa, essendosi in passato utilizzato il dato sulla percentuale di risposte corrette (che risulta peraltro fortissimamente correlato con la metrica adoperata in questo rapporto). Per superare il problema della comparabilità di risultati espressi su scale diverse, la differenza del risultato di macro-area per ogni livello e anno è stata standardizzata rispetto alla media nazionale di quel dato livello e anno.

 

E qui ci sono i risultati dal 2010 per italiano:

E matematica:

segnalo typo nella seconda figura: dice Italiano per entrambi ma una delle due deve essere matematica.

Anche qui si confronta la coda di una distribuzione (i 100 ed i 100 e lode) con la media di un'altra distribuzione (i test Invalsi/PISA). Questo si può fare quando le distribuzioni sono uguali, ad esempio gaussiane, cosa che non è mai dimostrata. Non mi stupirebbe una distribuzione bimodale al Sud, con una coda di eccellenza dovuta alle condizioni familiari.

Benché comunque interessante, la discussione avrebbe basi più solide confrontando i 100 alla maturità con, ad esempio, i risultati nei test invalsi del miglior 10% degli studenti. Aiuterebbe un minimo dare almeno le percentuali di 60/100 perché, come descritto nell'articolo, i voti della maturità non sono mai assoluti, ma sono quasi sempre relativi alla popolazione scolastica della classe/scuola.

I rapporti PISA mostrano anche la distribuzione, o almeno parte di essa. Sarebbe interessante darci un'occhiata. Se poi uno volesse scaricarsi i microdati...

In ogni caso, capisco l'appunto tecnico, ma se esistono cosi' tanti genietti in puglia, gli altri devono essere delle scimmie per generare medie cosi' basse. 

Tabella voti

I rest my case. Dopotutto anche la media dei voti è più alta al sud.

Del rapporto ocse-pisa ( link 5 ). Questo e molti altri grafici nel documento continuano a far pensare che pur considerando solo le code la differenza nelle percentuali di 100 al sud non sia giustificata dalle competenze.

Interessante.

Sarebbe ancora piu' interessante poter guardare le distribuzioni statistiche del voto.

Ragionare con medie e scostamenti da medie è un primo approccio, ma se non siamo in presenza di campioni gaussiani, come soprattutto i casi di diverso "inquinamento" soggettivo (permettete il termine, usato con l'accezionie piu' statistica e meno accusatoria del caso) dei campioni tra nord e sud porterebbero a pensare, beh, sarebbe il caso di utilizzare qualche strumento piu' robusto.

Conclusioni drammaticamente vere. Mi viene solo da aggiungere che sarebbe esaustiva a corredo dell'indagine una fotografia della situazione dei maturati di Nord e Sud a 5 e a 10 anni di distanza dalla maturità sulla situazione del percorso universitario eventualmente intrapreso.

Sono d'accordo, per quel che posso dire io, con le osservazioni di Capuani. La mia impressione è che i docenti considerino grosso modo il voto medio come sufficiente, e si regolino di conseguenza. Se (per amor di ipotesi) immaginiamo per il Nord rendimenti mediamente migliori e raggruppati in un delta tra rendimento massimo e rendimento minimo più ristretto che al Sud, allora i conti possono tornare. In altre parole: con al Nord un tot di "geni", ma nessun vero disastro, e con al Sud lo stesso numero di "geni" ma anche una serie di studenti scarsissimi (sotto la media e con valori assoluti più bassi del nord), è possibile spiegarsi la distribuzione dei voti, con uno schiacciamento verso l'alto nelle regioni del Sud.
Questo spiegherebbe anche come mai nelle bocciature nei quattro anni precedenti quello finale (dove non ci sono esami), i tassi di bocciature ai licei seguano uno schema diverso e meno netto. Per l'anno 2014/2015  i tassi di bocciatura nei soli LICEI sono i seguenti (fonte MIUR -non riesco a linkare l'immagine):

Piemonte 5,2

Lombardia 5,3

Veneto 4,1

FVG 5,1

Liguria 4,8

Emilia Romagna 4,5

Toscana 5,5

Umbria 2,9

Marche 3,3

Lazio 5,2

Abruzzo 3,7

Molise 3,9

Campania 5,0

Puglia 3,5

Basilicata 3,5

Calabria 3,5

Sicilia 4,9

Sardegna 8,7

Media Italia 4,8

(Vd'A e Trentino dati assenti)

 (Mi spiace non aver usato i dati di quest'anno, ma questi avevo sottomano. E l'anno scorso la situazione dei 100 era identica)

Sopra la media ci sono Toscana, Piemonte, Lombardia e FVG, ma anche Lazio (generoso anche lui assai di 100 e pieno zeppo di licei classici), Campania, Sicilia e anche la Sardegna (8,7! Ma dà anche pochi 100). Bassissime bocciature in Umbria e Marche, peraltro. Relavitamente pochi bocciati anche in Veneto, solo il 4,1.

La mia spiegazione è coerente con una situazione in cui via sia abbondanza di 100 in regioni dove si boccia molto non già agli esami (dove pure mezza commissione è di professori esterni che non hanno contatto con la scuola da almeno 5 anni), ma agli scrutini intermedi, dove la commissione (nota come "consiglio di classe") è fatta completamente di professori interni e la valutazione si basa completamente sui voti messi da quegli stessi professori e dalla loro "coscienza".

Se la ragione dei tanti 100 fosse il favoritismo, negli anni intermedi dovremmo avere bocciature bassissime, visto che bocciare un figliolo a qualcuno significa certamente sottrargli il 100 (per una questione di crediti) e il contatto tra docenti e genitori è molto stretto.

La tabella, non riuscendo ad inserirla altrimenti, la trovate qui: www.facebook.com/photo.php;

La media italiana è 4.8  inferiore a quella di Lombardia, Piemonte, FVG, Toscana. Uguale a quella della Liguria e superiore a 3/4 di quelle delle regioni del Sud!

Unica vera eccezione la Sardegna, che conta pochissimo nella popolazione e NON ha una % particolarmente alta di 100 alla maturità! Le tre regioni che citi nel titolo (Lazio, Sicilia e Campania) hanno differenze dalla media che sono statisticamente non significative! Ma ti rendi conto di quello che hai pubblicato e di cosa cerchi d'argomentare?

Nella regione dove i 100 e 100L ai licei vengono regalati a quasi uno studente su 5 (tutti geni in Puglia?) le bocciature sono INFERIORI alla media nazionale e, questa si, la differenza è statisticamente significativa!

Ma come diavolo fai a pensare che questo argomento sia convincente quando gli stessi numeri che posti ti danno torto?

Io capisco essere accecati dalla difesa di uno status culturale tanto ridicolo quanto dannoso ma pensare di poterlo fare qui con gente come noi è veramente d'una arroganza impossibile da credere!

I numeri che hai postato NEGANO la tua affermazione a supposto supporto dell'altro argomento assurdo del Capuani!

Per favore, non scrivere assurdita' di questo livello, sono imbarazzanti, davvero. Anzi, sono francamente OFFENSIVE perche' presumono che chi ti legge sia un idiota incapace delle operazioni logiche piu' elementari. Per favore, un po' di rispetto.

Non convincermi che sei anche tu diplomato ad un classico pugliese con 100L ... 

 

Sicilia 4,9

...
e anche la Sardegna (8,7! Ma dà anche pochi 100)

 

Personalmente lo vedo come un progresso, ma devo ammettere che a me, che ci passai 25-30 anni fa, il 4,9% di bocciati in Sicilia sembra bassissimo. Ai miei tempi nella mia classe, ma anche nelle altre sezioni, era attorno al 15% annuo, e veniva dopo una selezione mostruosa alle medie, nel mio caso 42% annuo in media di bocciati nei 3 anni, e non eravamo nemmeno la sezione peggiore.

Non mi stupirei che il risultato della Sardegna testimoniasse semplicemente un certo ritardo all'uniformarsi ad una tendenza che ha ridotto la selettività delle scuole italiane.
 

L'aspetto per me piu' interessante di queste discussioni e' l'arrivo, regolare e predictable, dei "difensori' del povero Sud" che, con argomenti tanto speciosi e bizantini quanto ridicoli (e dalle ridicole implicazioni razziste) si affannano disperati a giustificare il tutto come "spiegabilissimo" invece di riconoscere quello che tutti sanno: che, nel Sud, le regole dell'interazione "pubblica" sono tali da generare questi fenomeni. 

Il quadro e' chiarissimo e le cazzate sulla incomparabilita' delle distribuzioni (ma da quando in qua ???) e sulle "bimodali" inventate o i poveri disagiati e tutto il resto, sono argomenti bizantini che le "elite" (si fa per dire) culturali del Meridione (quel 15-20% di geni che prende 100 e 100L al liceo classico) producono da almeno un secolo e mezzo per occultare le loro responsabilita' sociali: aver mantenuto il Sud Italia in un equilibrio "signorile", dove i "signorini" del centro citta' usano lo stato ed i poteri di monopolio che questo loro ha conferito per perpetuare i propri privilegi mantenendo il resto (i cafoni) at bay. Sic et simpliciter. 

La differenza più grande confrontando le distribuzioni OCSE/PISA ed i risultati scolastici è che al sud non si boccia abbastanza (trave, parliamo del 20% della popolazione scolastica). Per non bocciare si fanno due cose 1- si alzano tutti i voti e 2- si abbassa il livello medio delle competenze trasmesse alla classe (i dati Invalsi dimostrano che in ingresso---2 elementare---i risultati sono omogenei).

Infine, visto che i voti che sarebbero in assoluto 93-94 sono comunque 50 punti più alti dei 43-44 (che sono diventati 60) i 100 sono effettivamente più di quello che dovrebbero essere. Quindi, ci saranno un 5-6% (pagliuzza) di 100  che non sarebbero tali al nord (guardo la Campania).

Chiaramente non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire (mi si attribuisce un tentativo di difendere le elite del sud di cui non faccio parte e che non apprezzo) ed andare in giro a dire che si dovrebbe bocciare il 20% degli studenti del sud non raccoglie simpatie. In tutto questo mi sono pure letto il rapporto Invalsi 2016 che riporta dati fino al 95 percentile e quindi lascia pure il dubbio se i voti ottenuti dal miglior 5% sia stato usato.