Ode al Tribunale di Rimini.

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Il fallimento di Aeradria, gestore dell'aeroporto di Rimini, indica una soluzione praticabile al problema dell'occupazione di vasti settori economici da parte dei partiti: quella giudiziale.

Lo scorso 27 novembre, il Tribunale di Rimini, presieduto dalla Dottoressa Rossella Talia, ha decretato il fallimento di Aeradria, la società che gestisce l'aeroporto della città dal 1962. I soci principali dell'ormai defunta azienda erano la provincia di Rimini (38%), il comune di Rimini (18%), la Confartigianato (9%), Rimini Fiera, a sua volta controllata da provincia, comune e CCIAA (7.5%) e la regione Emilia Romagna (5%). Il restante capitale era suddiviso tra una moltitudine di enti locali limitrofi all'aeroporto.

Nonostante il ruolo molto limitato che lo scalo riminese gioca nel sistema aeroportuale nazionale, la notizia ha creato un qualche scalpore  perché il tribunale ha rigettato l'istanza di concordato nonostante questa fosse appoggiata dal creditore principale, Banca Carim. Appoggio che non sorprende, visto che la banca è controllata al 56% dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini, a sua volta controllata dai politici locali.

I motivi del dissesto finanziario sono un classico della gestione della cosa pubblica sul suolo italico, e sono felicemente riassunti nell'intervento con cui Carla Franchini, consigliere comunale del Movimento 5 Stelle, motivò il proprio voto contrario alla richiesta di aumento di capitale avanzata dal management di Aeradria nell'estate del 2011. In questa sede basta ricordare che, secondo il bilancio certificato da Deloitte, nel 2010 Aeradria spese più di un milione di Euro (pari a circa il 10% del fatturato) in consulenze, e 4,5 milioni per marketing e promozioni. Queste ultime spese, si scoprì poi, consistevano perlopiù in sussidi per le compagnie aeree operanti sullo scalo. Nel 2010, le perdite di esercizio assommarono a ben 7,6 milioni di Euro, più del 70% del fatturato!!

Nonostante queste cifre, e pur in mancanza di un piano industriale, i vari soci acconsentirono a versare 6 milioni nel 2011 e ne promisero altri 7 nel 2012. Nel frattempo, però, la situazione debitoria si era deteriorata a tal punto da rendere improcrastinabile l'istanza di concordato.

La buona notizia è che il Tribunale ha rigettato tale istanza, evitando che lo spreco al carico del contribuente si protragga ulteriormente nel tempo. I politici locali hanno reagito con dispetto, decretando che il fallimento della società di gestione avrebbe determinato la cessazione dei voli  sull'aeroporto, arrecando un grave danno all'economia locale. Il motivo del loro sconforto, sospetto io, è la constatazione di avere perso uno dei loro giocattolini preferiti, un carrozzone dove infilare amichetti vari in cerca di impiego. Fino all'agosto scorso, per portare un esempio, il presidente di Aeradria era Massimo Masini, già sindaco di Riccione negli anni '90 e poi dirigente della provincia di Rimini. Insomma, un manager con forti esperienze nella gestione aeroportuale. Il signor Masini risulta indagato dalla Procura di Rimini per falso in bilancio, accesso abusivo al credito e bancarotta fraudolenta.

Lungi dal determinarne la cessazione, il fallimento costituisce una condizione necessaria per il rilancio dell'infrastruttura aeroportuale che, giustamente, gli operatori turistici ritengono essenziale per lo sviluppo delle loro attività. L'ENAC ha annunciato di aver già avviato le procedure per il bando europeo che dovrà assegnare la gestione dell'aeroporto. La speranza, ovviamente, è che il prossimo gestore sia scelto in base al prezzo e alle capacità gestionali dimostrate in altri ambiti.

Un'ulteriore speranza, di portata ben maggiore, è che tutti i tribunali che nel futuro prossimo si troveranno a decidere le sorti delle società partecipate che consegneranno loro i libri contabili, seguano l'esempio dei loro colleghi riminesi. Come è noto, un numero elevatissimo di tali aziende, a cominciare da quelle che si occupano di trasporti, è in forti difficoltà finanziarie. La novità, rispetto al passato, è che gli enti che le controllano hanno una ridotta capacità di farsi carico della loro ricapitalizzazione. Quando le stesse aziende, obbligate dal codice civile, si rivolgeranno ai tribunali, starà a questi decidere se prolungarne l'agonia, infliggendo perdite a creditori e cittadini, o, come è stato nel caso di Aeradria, chiuderle per sempre.

Ecco dunque che, in una situazione in cui il mercato politico è sempre meno contendibile -- cioé i politici fanno quello che gli pare -- quella giudiziale diventa forse l'unica soluzione praticabile per ovviare all'occupazione da parte della politica di enormi settori dell'economia nazionale.

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Commenti

Ci sono 19 commenti

è arrivato prima, decretando il fallimento della ben più importante SEAF (solita partecipata al 100% da  enti pubblici) già nel marzo scorso.  in parallelo, ci sono inchieste su svariate ipotesi di reato. niente male, per gli eredi di francesco baracca.

la novità interessante, mi pare,  nel provvedimento di rimini è che è stato preso nonostante l'assenso dei creditori a un ristrutturazione estremamente pesante. va da sè che le banche non si siano troppo preoccupate dei propri shareholders.

il tribunale ha quindi mostrato iniziativa ed indipendenza di giudizio. visto il dilagare recentissimo di procedure concorsuali vergognose, c'è da sperare che sia vero e che faccia scuola.

Francesco Baracca era di Lugo -- che dista anni luce da Forli', qualunque sia la metrica :-)

Ovviamente, il fatto che qualche esempio di buon governo debba essere demandato alla magistratura perché chi di competenza di fatto è non pervenuto, non è proprio una situazione idilliaca...anche perché qui il tribunale ha fatto una cosa santa, ma il TAR del Lazio sembrerebbe meno brillante, almeno quando si parla di scienza e medicina...

facciamo attenzione al senso delle cose. Il Tribunale di Rimini ha deciso se la proposta di concordato fosse realizzabile e, riscontrato che non lo era, l'ha respinta dichiarando il fallimento: almeno, questo è un possibile esito di tali proposte che, di regola, sono rivolte proprio ad un Tribunale. Mi sembra una forzatura ravvisare in questo caso una ipotesi di supplenza.

La decisione del TAR del Lazio - stando a quel poco che se n'è capito dalla stampa - sembra piuttosto un provvedimento di natura cautelare, inteso cioé a non pregiudicare nulla nell'attesa di una decisione più meditata. Capisco che l'idea che un Tribunale si spinga a valutare questioni di pertinenza dei filosofi della scienza o degli scienziati tout court faccia scandalo: ma purtroppo siamo in buona compagnia, avviene anche in altri ordinamenti, ivi inclusi gli USA (cfr. Sheila Jasanoff, La scienza davanti ai giudici, trad. it. di M. Graziadei, Giuffrè 2001) .

AENA ha perso nel 2012 quasi 400 milioni di Euro sui servizi aeroportuali (pag. 84, o 91 del PDF, http://www.aena.es/csee/ccurl/543/263/Aena%20EPE%20Consolidad.pdf), e questo senza nemmeno considerare eventuali interventi mercatistici delle comunità locali. Mi pare di capire che altri concorrenti facciano lo stesso, anche se magari non in così grande stile. Il Gruppo AENA dipende formalmente dal Ministero dei Lavori Pubblici spagnolo . Ora, o si riesce seriamente a impedire alla Spagna & co. di continuare questo comportamento, o bisogna prendere atto che per mettere gli operatori turistici italiani su un piano di parità con i propri concorrenti tocca perlomeno pareggiare gli incentivi spagnoli colpo su colpo. Sono perfettamente d'accordo che non tocchi certo alle società di gestione aeroportuale, anche perchè nè singolarmente nè collettivamente avrebbero mai la forza di contrastare uno Stato sovrano di quelle dimensioni, e d'altra parte, tranne rarissimi casi, non hanno generalmente i mezzi per potere implementare politiche mercatistiche volte a bilanciare l'immane dumping spagnolo, se non in maniera velleitaria e comunque soltanto per brevi periodi prima di suicidarsi finanziariamente. Anche quando intervengono le comunità locali, penso alla Puglia o alla ex Provincia Regionale di Trapani, pur se oggettivamente maggiormente in grado di investire le risorse delle comunità locali per mitigare gli effetti distorsivi determinati dalle politiche dei concorrenti, rimane il fatto che questi interventi sono scoordinati, raramente armonizzati, a macchia di leopardo, e non di rado finiscono per danneggiare mercantilisticamente più i propri micro-concorrenti italiani che i grandi concorrenti esteri. Mi chiedo quindi che azioni svolga in merito il governo centrale italiano? Mi chiedo altresì se all'interno dei ministeri ci sia una benché minima comprensione dell'argomento? Mi chiedo poi se prima di parlare di turismo come una risorsa dal potenziale inespresso, i politici italiani abbiano mai collegato i neuroni e si siano mai chiesti come fare ad avviare un circolo virtuoso incentivando l'ingresso di turisti stranieri, e si siano chiesto cosa e come facciano i paesi concorrenti? Ricordandomi infine che Malaga o Antalya fanno ognuno quasi il doppio dei passeggeri dei 4 aeroporti siciliani tutti assieme appassionatamente, e se escludessimo dal computo gli indigeni questo moltiplicatore esploderebbe, e mi domando se per caso in Sicilia, ma volendo un po' in tutta Italia, in questo caso non sia e non si stia sbagliando qualcosa di macroscopico?