Moralità innata e universale

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Qualche e-mail imprudente rivela come si fa ricerca. No, non è di nuovo global warming: questa volta è la ricerca che dimostra che gli uomini sono "nati buoni".

Una forma estrema di "preferenze profonde" è quella che dichiara che gli uomini hanno una moralità innata e universale. Innata e universale sono parole scelte con cura, quindi vediamole bene. Innata significa: precedente a ogni formazione culturale e a ogni insegnamento. In ultima istanza, geneticamente determinata. Universale significa: comune ad ogni popolazione e cultura. E’ una conseguenza della prima tesi, con in più l’idea che il corredo genetico che determina la moralità sia abbastanza antico da essere lo stesso in popolazioni diverse.

Un sostenitore di questa tesi di recente è stato Marc Hauser di Harvard. Hauser era in origine uno studioso dei linguaggi nei primati. Per esempio, i suoi risultati iniziali famosi erano che le scimmie possono in parte avere una abilità di comprendere e usare una struttura generativa del linguaggio. Questa è la tesi di Chomsky, che il linguaggio umano abbia una struttura generativa: cioè che parole, o frasi, che fanno parte di un linguaggio specifico, si compongono usando poche regole semplici e universali, ovvero valide per tutti i linguaggi.

Che c’entra la morale? Basta applicare le tre parole chiave  usate per il linguaggio, generativo, innato e universale, alla morale. La morale (come il linguaggio) ha regole semplici, che generano tutte le prescrizioni che vengono gudicate morali. La morale (come il linguaggio) è innata; e siccome è basata su regole semplici che sono comuni a tutti gli esseri umani, la morale (come il linguaggio) è anche universale. Bene, fin qui tutto chiaro: gli uomini sono "Nati per essere buoni" (ll titolo di Rorty è ironico, ma rende bene l’idea). Però c'è un problema.

Di recente il professor Marc Hauser (Harvard) è stato messo in leave dalla sua università dopo una inchiesta di tre anni. La ragione: l’inchiesta ha raggiunto la conclusione che i dati usati da Hauser erano sospetti (fabbricati, è il termine scortese usato dal New York Times). I dettagli in breve sono qui (New York Times) e in maniera più approfondita qui (Science e Nature).

Che dimostra questa vicenda? Un primo fatto è così ovvio che non lo dico nemmeno. Ce n’è un altro. Il primo avvertimento che qualcosa non andava non è venuto ieri, ma nel 1997, quando Gordon Gallup, un ricercatore della State University of New York at Albany, scoprì che i risultati di uno dei primi famosi papers di Hauser erano infondati. Nel 2001 Hauser annuncia che non è riuscito a replicare quei risultati. Da allora la sua ricerca ha incontrato difficoltà: un paper del 2002 è stato appena ritrattato. Poi i problemi recenti. L'inchiesta di Harvard ha individuato otto esempi specifici di scorrettezza scientifica ("scientific misconduct"). Eppure, gli eventi recenti sono venuti fuori perché dei collaboratori di Hauser si sono rifiutati di sottoscrivere i risultati che lui sosteneva di aver ottenuto in un risultato sperimentale. I dettagli sono disponibili in rete, leggete con cura nel paragrafo che comincia "i am getting a bit pissed here".

La vicenda ha qualcosa in comune con la scoperta che diversi centri di ricerca, in particolare quello della University of East Anglia, manipolavano i risultati delle indagini sul Global Warming. Basta a stabilire che c'è una distorsione sistematica? No. Però basta per consigliare di tenere gli occhi aperti. E per ricordarci una cosa semplice: i risultati delle scienze sociali possono essere più o meno graditi ai politici. Se un certo paradigma suggerisce che gli essere umani sono buoni, o bisognosi di assistenza, o tutte e due le cose; o se dimostra che c'è bisogno di un intervento pubblico in larga scala, il politico vede un'occasione di impiego lucrativo, perché c'è bisogno di lui per compiere quegli interventi.

Un terzo commento riguarda la ricerca sul linguaggio e quella sulla morale di Hauser. Le critiche alla prima hanno un impatto sulla seconda? Seconde me sì, e mi spiego. Il cuore della tesi è di rendere le facoltà innate più ampie possibili. Dire che le scimmie hanno facoltà vicine a quelle degli esseri umani (per esempio il linguaggio, o la capacità di capire le intenzioni degli altri) è un passo essenziale in questo esercizio retorico: se anche le scimmie le hanno, allora anche per noi uomini, che abbiamo una gran parte del corredo genetico delle scimmie, queste facoltà sono innate, genetiche, e non culturali.

Un quarto, e ultimo, commento. Come già nota Rorty nella recensione (e molti altri) la facoltà morale sembra essere flessibile in un modo preoccupante, se deve essere innata e universale. Ma non è tanto il fenomeno della esistenza di diverse morali, una a fianco dell’altra, che mi disturba. E’ la sorprendente coincidenza della morale con gli interessi di chi la sostiene. Un gran vecchio con la barba la chiamava falsa coscienza. Non voglio dire che la morale non possa guidare le azioni ma che, a volte, le azioni desiderate guidano la morale.

Concludiamo con una nota più leggera. Alla serie "quale sia la vera natura dell’uomo" si è aggiunto negli ultimi giorni il libro di Ryan e Jetha, Sex at Dawn. La tesi qui è che insieme a tutto il resto, anche i costumi sessuali sono stati determinati nell’età dei cacciatori-raccoglitori, e siamo oggi come venimmo determinati allora, anche in fatto di matrimonio e sesso. Ora, quella era una società dove non c’era proprietà privata, e si metteva in comune tutto, quindi...

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Commenti

Ci sono 93 commenti

Mi è tornato alla memoria il raccontino dei tre bambini, uno israeliano, uno arabo e l'altro europeo che crescono insieme come fratelli legatissimi l'uno all'altro vivendo in una bella famiglia fino alla pubertà. Ciascuno poi è costretto a ritornare a vivere nella sua terra d'origine. Reincontrandosi dopo altri 10 anni i 3 sono ex fratelli e si sparano addosso. Non so di ricerche, ma che la moralità possa essere innata ed universale e prescindere dal contesto umano e sociale nel quale ci si forma lo percepisco come poco convincente.

Quello che non mi convince del tentare di derivare conclusioni sostanziali dall'innatismo è che la mente umana ha una capacità di manipolare le pulsioni di base che fa paura. Basta dare un simbolo e la mente umana distorce le pulsioni alla luce del nuovo simbolo, nel bene e nel male.

Per fare un esempio che è significativo ma puzza di psicanalisi (cioè è metodologicamente poco fondato) la paura della morte può dar luogo alla religione, al fanatismo politico, alla ricerca del sublime artistico, all'amore verso la prole. Etc.

Un tizio che dice "gli uomini hanno paura della morte e quindi X, Y e Z" deve rendersi conto che con un po' di fantasia la mente umana oltre a X, Y e Z può usare la stessa caratteristica per A, B, C, D, E, ... e dubito che l'alfabeto basti.

Io ho visto persone fare X perché in realtà avevano un problema Y, e non c'era alcun legame tra le due cose salvo qualche tenue associazione di idee, quasi tutta a livello inconscio, per cui per compensare Y si fissavano con X. Questa è un'osservazione che ho fatto diverse volte, anche su me stesso: in alcune occasioni mi sono fissato su cose apparentemente insignificanti e poi ho capito che avevano un significato "simbolico" riguardante qualcosa di più profondo che a livello conscio non avevo realizzato per anni.

E poi: se la nostra moralità è da hunter-gatherers, che ce ne facciamo, ora che viviamo - più o meno - nella "hayekian great society"? L'egalitarismo delle tribù uccide la divisione del lavoro e la libertà economica (A meno che non sia egalitarismo legale, cioè ognuno ha gli stessi diritti negativi). Le società a forti valori egalitari, come la Russia zarista, sono spesso disfunzionali dal punto di vista dei valori del liberalismo, e una delle ragioni è che l'egalitarismo deve controllare gli esiti, e ha necessità di una struttura gerarchica più o meno onnicomprensiva che li controlli. Che "naturale" significhi "migliore" è tutto da vedere. La schiavitù è più naturale della Bill of Rights.

 

Il tema è senza dubbio interessante ed è trattato in un modo che mi è piaciuto molto (chiaro, documentato, senza pedanteria) in un libro che ho segnalato in un commento recente.  Il libro si chiama Il gene egoista e la tesi che sostiene è: l’unità di base della selezione è il gene e i geni che vengono selezionati sono quelli riescono a replicarsi meglio nel contesto in cui si trovano.
Questo vuol dire che se c’é un gene che porta ad aiutare gli individui dello stesso gruppo familiare (verosimilmente portatori dello stesso gene), questo avrà più probabilità di replicarsi di un gene che induce l’individuo a un comportamento assolutamente egoista.
Questa è moralità?  Dubito, e infatti anche l’autore del libro (Richard Dawkins) mette in guardia dal ritenere che gli uomini siano buoni “di natura”: dobbiamo insegnare loro a esserlo, altrimenti avranno comportamenti come da corredo genetico (cosa che prevede molte cose che sono antisociali).
Il ragionamento, piuttosto, porta ad altre conclusioni, quali che non c’è alcun bisogno di scomodare concetti “alti” com la moralità, la bontà e l’altruismo per giustificare quelli che possiamo vedere come “comportamenti virtuosi”: essi hanno un senso perfetto anche se inquadrati in una logica di massimizzazione del profitto; sempre nei commenti di questi giorni si ricordava Smith e di come le transazioni commerciali non si basano sulla fiducia nell’altro, ma sulla fiducia che l’altro stia cercando di massimizzare il suo tornaconto.
Allo stesso modo è interessante vedere come questa “moralità innata”, se proprio dobbiamo vederla all’opera nel mondo in cui viviamo, ha invece molto a vedere con quel familismo amorale più volte stigmatizzato (era questo infatti l’argomento del thread in cui avevo citato il libro): dal momento che ho una predisposizione genetica a essere altruista e buono con i miei simili, e questo altruismo e questa bontà sono direttamente proporzionali alla vicinanza di parentela (sono molto buono coi miei fratelli, buonissimo con i figli, un po’ meno buono con i cugini e via a scendere), risulta immediato che in un contesto in cui si ignorano le regole poste dalla società questa tendenza salti di nuovo fuori.  Chiaramente va fatta una tara, perché il familismo amorale non riguarda la sola famiglia di sangue, ma credo sia ragionevole vederci gli stessi meccanismi, che ricordo essere estremamente efficaci visto che sono stati selezionati da un bel po’ d’anni d’evoluzione.

Per inciso, sono assolutamente persuaso che la società sia nata anche dall'osservare questi meccanismi: visto che i gruppi che si sostengono fra loro (potremmo chiamarli i proto-familisti amorali), perché non estendere questo meccanismo a gruppi più grandi? Le regole sono quindi il supporto culturale (qui sì abbiamo il superamento della pura biologia) per estendere un meccanismo oltre le sue basi genetiche. Chiaramente una legge è meno forte dell'istinto, quindi si accumulano tutte le problematiche relative al suo rispetto, ma l'idea di fondo credo che sia: se funziona per gruppi piccoli perché non dovrebbe anche coi gruppi grandi? In effetti mi sembra abbia funzionato. Il punto è che non ci vedo altro che massimizzazione del profitto, non "bontà".

 

Non è l'unico ricercatore che afferma che

un certo tipo di moralità esiste nei bambini

Un attimo. Chomsky parlava se non erro di un "istinto del linguaggio" il che significa che esiste una parte innata (e strutture celebrali adeguate) che portano poi all'apprendimento di un linguaggio tra le 5000 o piu' lingue parlate sul pianeta.  Per la morale puo' essere lo stesso. Puoi esserci un istinto innato ad avere una morale. Quale non lo si puo' sapere: dipende dal contesto culturale e storico. Lingua e morale ci vengono poi insegnati dai genitori o da chi si prende cura di noi ma noi saremmo predisposti sia ad imparare un linguaggio sia ad apprendere una morale. Fin da piccoli.

Sulla flessibilità dovremo comparare le 5000 lingue. E non solo le nostre indo-europee ma anche quelle a schiocco dei boscimani. In tutte pero' esistono strutture che prevendono, con alcune variazioni,  soggetti, verbi, azioni, oggetti, declinazioni di tempi, di genere e di quantità, avverbi, aggettivi.

Lo stesso unico istinto del linguaggio si sviluppa con migliaia di lingue e decine di migliaia di dialetti.
Non mi meraviglierei se una cosa simile fosse per la morale. Infatti possiamo chiederci se avere una morale è o meno un vantaggio evolutivo. Se lo è è chiaro che il cervello si predispone gradualmente con aree specializzate. Mi pare di ricordare che ci sono lesioni in parti del cervello (incidenti, traumi, tumori, ictus) che rendono il soggetto "immorale" e quindi una parte genetica, anche solo per costruire la zona specifica in fase embrionale, deve esistere. Che poi chi sostiene questa tesi abbia falsificato gli studi che ha fatto, cio' non falsifica l'ipotesi stessa.

Francesco

 

PS: sulla proprietà collettiva nelle popolazioni di cacciatori raccoglitori credo che sia una bufala da sfatare. Lo studio delle popolazioni attualmente dedite alla caccia ed alla raccolta di bacche mostra una realtà diversa. Il prodotto della caccia viene spartito subito nel villaggio per ovvi motivi di deperibilità (se non sonio state già individuate tecniche atte a conservare la carne) ma il capo del villaggio fa le parti considerando una serie di fattori (chi ha cacciato, i bambini, le donne, i legami familiari). Invece il raccolto di bacche, frutta e tuberi non viene assolutamnete condiviso, se non in famiglia. Chi fa il furbo non partecipa ad alcuna condivisione. Sorry se non ricordo le fonti ma deve essere su un libro di Pinker.

 

Un attimo. Chomsky parlava se non erro di un "istinto del linguaggio" il che significa che esiste una parte innata (e strutture celebrali adeguate) che portano poi all'apprendimento di un linguaggio tra le 5000 o piu' lingue parlate sul pianeta.  Per la morale puo' essere lo stesso.

Esattamente. Infatti Hauser cerca di decifrare quali sono le componenti generative della morale, cioe' le regole semplici elementari che (quelle si') sono universali. Per esempio (trolley problem), alle due domande: domanda:

A. Un treno sta per arrivare e uccidera' cinque persone. Hai la possibilita di deviarlo su un binario diverso, ma facendo cosi' una persona verra' travolta. E' giusto deviare?

B. Un treno sta per arrivare e uccidera' cinque persone. Hai la possibilita di deviarlo gettando una persona grassa in fronte del treno, abbastanza grassa da fermarlo. E' giusto gettare?

La risposta e' in maggioranza si' alla prima e no alla seconda. Trovare a regola che spiega questo fenomeno.

Mi pare di ricordare che ci sono lesioni in parti del cervello (incidenti, traumi, tumori, ictus) che rendono il soggetto "immorale" e quindi una parte genetica, anche solo per costruire la zona specifica in fase embrionale, deve esistere.

Ci sono parti del cervello che rispondono specificamente alla visione di un biglietto di cento euro. Ora essendo l'euro nato meno di dieci anni fa..

 

come spiegarsi via regole che il grassone non si butta sotto il treno?

con l'assioma della perfetta neutralita': vale a dire si puo' buttare uno qualunque ma non uno che sia grasso (che viene ingiustamente discriminato.)

test: solo la mamma di Mozart e la mamma di Einstein sono sul ponte? (sono due) le buttate giu' per salvare i cinque che vengono non investiti data la deviazione del trenino?

 

Aldo, una domanda su una cosa che non mi risulta chiara. Tu dici

 

Se un certo paradigma suggerisce che gli essere umani sono buoni, o bisognosi di assistenza, o tutte e due le cose; o se dimostra che c'è bisogno di un intervento pubblico in larga scala, il politico vede un'occasione di impiego lucrativo, perché c'è bisogno di lui per compiere quegli interventi.

 

Mi spieghi perché i risultati di Hauser e tutti quelli che dicono che siamo tanto buoni ed egualitari dovrebbero piacere ai politici? Ossia, capisco la parte sul ''bisognosi di assistenza''; se siamo tutti un po' scemi e i politici sono più intelligenti di noi, allora avanti tutta a regolare. Ma perché serve che gli esseri umani siano ''buoni''? L'implicazione che traggo io è che se siamo tutti buoni non abbiamo bisogno di nessuno che ci regoli e in particolare non c'è assolutamente bisogno di politiche redistributive. If we like egalitarianism so much, i ricchi dovrebbero spontaneamente dare i soldi ai poveri, no? Invece la lettura abituale sembra essere l'esatto contrario, quindi c'è chiaramente qualcosa di molto importante che non vedo. Mi dai una mano a capire?

Con tutto il rispetto.... MA

ma I FATTI, dicevano i commissari.

1. le accuse a Hauser hanno nulla a che fare con i suoi ragionamenti (a mio avviso dubbi) sulla grammatica morale (la documentazione e' pubblica meno lo stato anonimo di uno degli accusatori)

2. sulla tesi: NULLA segue sulla bonta'. Quel che Hauser sostiene ( e ripeto non io) e' che esiste una forma "quasi" grammaticale di utilitarismo (per questo a suo avviso i famosi problemi dei trenini son cosi' importanti.)

3. se anche ho torto (ergo se 2 e' errato) anche se fossimo "buoni" (un vocabolo che aborro, perche' mi sembra di sorte, vale a dire trovo le buone pizze, i buoni camions, persino i buoni articoli di filosofia, non so che cosa sia di un individuo umano esser "buono"  --capisco meglio come un cane e' buonio a far la guardia etc.) dove sta l'inferenza politica?

3.1 se fossimo buoni si vede meno (non di piu') a che cosa s'attacca il politicante che vuole "programmare" pianificare, in breve decidere al posto mio.

3.2 Se uno crede alla corbelleria della "moralita'" sarebbe piu' utile al politico che tutti fossimo tanto, ma tanto cattivi, nel caso limite tanto cattivi da metter tutti nei lager.

 

4. Suggerisco 

 

 

 

http://www.wjh.harvard.edu/~mnkylab/publications/recent/dupoux_and_jacob.pdf

 

 

per alcune osservazioni pertinenti.

 

 

 

A parte tutto questo le supposte o reali analogie tra FLS [la facolta' del linguaggio stretta] o FLL [la facolta' del linguaggio larga] e la "morale" non esistono. Il motio principale che per chiunque dovrebbe essere chiaro, e' che la morale ha zero ricorsione, e nessuna composizione.

Mentre Hauser si occupava di qualcosa di un po' piu' serio della "morale", scrisse (e non e' poco fare il coautore di Noam) il (semi celebre) Fitcher-Hauser-Chomsky.

Di nuovo per chi abbia interesse in questo tipo di problema:

 

http://www.bendyglu.domainepublic.net/archives/chomsky%20reader/FitchHauserChomksyLangFacCog.pdf

 

Mi scuso e mi associo a sandro Brusco -scrissi senza legger tutti i commentarii prima dei miei.

Mentre le posizioni (tipo C. Sustein) secondo cui il popolo e' bisognoso di "assistenza" et ergo gruppi di illuminati devo intervenire per far del "bene" ai dementi, se il popolo sia buono, o perfido ha zero effetti.

Sandro e Adriano:

Due affermazioni: una di fatto e una di teoria. Quella di fatto e' che ai politici piace l'idea che gli uomini siano buoni. A me pare vera, ma sono pronto a discutere. Veniamo a quella di teoria. Sandro dice:

L'implicazione che traggo io è che se siamo tutti buoni non abbiamo bisogno di nessuno che ci regoli e in particolare non c'è assolutamente bisogno di politiche redistributive. If we like egalitarianism so much, i ricchi dovrebbero spontaneamente dare i soldi ai poveri, no?

Io ho in mente una situazione cosi': immaginate un mondo in cui meta' della popolazione ha tanto e meta' ha nulla. Tutti gli uomini pero' sono buoni, nel senso che la loro utilita' dipende da quello che consumano, ma anche decresce quando la distribuzione e' disuguale. Per essere formali, l'utilita' ha un termine che decresce con la varianza della distribuzione, ma se qualcuno non capisce quello che dico va bene lo stesso. E diciamo che tutti starebbero meglio se tutti avessero una uguale quantita', ugualmente spartita fra tutti. Nelle parole del Presidente a Joe Wurzelbacher detto ''l'idraulico'', ``Se si sparge la ricchezza in giro, e' meglio per tutti''.  Affermazione di evangelica semplicita' ma, si noti, positiva, cioe' sulla natura umana, non un programma politico.

Nello stato di natura, senza politici, ognuno puo' trasferire quello che vuole agli altri. Pero' siccome il contributo di un individuo e' ininfluente sulla distribuzione, perche' troppo piccolo il suo effetto, la considerazione del consumo proprio prevale, e nessuna trasferisce nulla, o poco. Risultato: si rimane nello stato originario.

Ora arriva il Politico e dice: ``Io farei cosi'. Siccome tutti sono buoni, io imporro' che tutti trasferiscano la meta' della loro ricchezza un fondo comune. Chi non ci sta perde tutto.'' Ora, facendo un passo indietro, se si chiede alle persone, tutte, se vogliono un mondo con il Politico o senza, tutti dicono ``Quello con il Politico''.

Mi pare ci sia una grande somiglianza con il Global Warming. Tutti preferiscono un mondo che non viene incenerito dal dissennato comportamento individuale, pero' che io vada in bicicletta o no non cambia nulla, quindi vado in macchina. Ora arriva Al Gore, e tutto va a posto.

In due parole: il Politico risolve un problema di coordinamento. Per' ci deve essere il problema, e' cioe' che tutti vorrebbero un mondo dove c'e' molta meno disuguaglianza, per esempio.

 

Dunque.. dunque.

Sui fatti, il sottoscritto nel suo piccolo pensa che ai politici non potrebbero essere di meno interesse questioen come quelle della bonta' dei propri sudditi. Li vogliono virtuosi, paganti tasse, e facendo meno che il necessario in termini di rivolet e crimini. Siccome la question empirica e', non resta che tirare fuori qualche elemento (dichiarazione? brain scan del parlamento?) indicante che essi pensano la cittadinanza buona.

Sulla teoria. Provai a cautelare sull'uso di "buono", e fallii, perche' come tutti i termini intuitivamente chiari e' oscurissimo.

Si confronti e si contrasti: un termine di folgorante buio come "bosone di Higgs" e' perfettamente definibile. Un termine di folgorante chiarore come "bottiglia" e' difficilissimo da definire (chiunque guarda un vocabolario viene bocciato, spiego perche' solo se non si capisce perche' la questione e' sia sottiel che illuminante, ma i dodici lettori sono intelligentissimi e hanno gia' capito [assumo, for argument's sake that nFA's readers are more than 12 and more than intelligent]

 

'BUONO' e' anche peggio. Ma mi provo ad accettare (lo scenario di Aldo) il confronto impari.

Si pensi ad una societa' in cui vi siano tre categorie di persone:

a) disgraziati

b) samaritani

c) martini

 

gli a vivono nudi al freddo, i b li nutrono, i c si privano del mantello per scaladare i c.

Mi spiegate come mai dovrebbe esserci un politico che pianifica.. cosa: le disgrazie?

 

ecco, a mio parere (ripeto che non mi fido del mio parere) quella composta di a, b, e c e' una societa' che e' buona e ha nessun bisogno dei politici.

I politic per giustificare i loro "piani" devono (di)mostrare che i piani (concepiti dai politici) sono piu' intelilgenti delle azioni non pianificate di persone buone, ovvero possono anche sostenere che il popolo non e' composto di a, b, e c, ma di canaglie che godono alle altrui sfortune (e che quindi vanno tassati, etc.)

 

Aldo, va bene, se si deve giustificare la necessità dell'intervento pubblico si finisce sempre più o meno su correzione esternalità/soluzione del free rider problem. Ma, francamente, qua mi sembra deboluccio.

In primo luogo, se veramente si giustifica un intervento redistributivo sulla base del fatto che a tutti noi piace l'uguaglianza (e non banalmente che chi ha meno preferisce avere di più) allora la redistribuzione andrebbe diretta verso i paesi più poveri, non verso le classi medie (o medio-basse) dei paesi sviluppati. Il fatto che non lo sia rende molto difficile usare ''taste for equality'' come giustificazione di politiche redistributive da parte di chicchessia.

In secondo luogo, se veramente di coordination problem si tratta, dovremmo lasciar stare comunque i più ricchi. Bill Gates e Warren Buffett fanno già un sacco di beneficenza da soli, per cui perché rompergli le balle? Vanno tassati quelli del ceto medio o medio alto (per esempio i docenti universitari :-)) che guadagnano bene ma non abbastanza da fare differenza agendo individualmente. Che poi, anche quello è discutibile; se sono buono, egualitarista e middle class posso sempre aiutare la gente intorno a me, anche se non cambio la varianza della distribuzione mondiale del reddito, e se tutti lo fanno il problema di coordinamento è risolto. Aiutare chi ti sta vicino è un naturale focal point per risolvere il problema di corrdinamento.

Mah, resto perplesso. A me continua a sembrare molto più facile argomentare in favore dell'intervento redistributivo in un mondo di gente egoista.

Pero' siccome il contributo di un individuo e' ininfluente sulla distribuzione, perche' troppo piccolo il suo effetto, la considerazione del consumo proprio prevale, e nessuna trasferisce nulla, o poco. Risultato: si rimane nello stato originario.

Mi viene da distinguere tra "bontà" ed "egalitarismo", a volte sembra che i due termini siano usati come sinonimi.

Il "buono" è felice di dare a chi ha di meno. Se lui ha di più, è felice, almeno fino ad un certo punto, di dare a chi ha meno. Che senso ha in questo caso dire che "l' effetto è troppo piccolo"?

L' egalitario invece è felice quando puo' osservare una certa distribuzione della ricchezza (e al limite, quando l' obiettivo è realistico, contribuisce con il suo per comprarsi questo pezzettino di felicità in più).

In questo senso il ruolo della politica rimane quello tradizionale: coordinare gli egoisti. Un problema che con i buoni non si pone. Se fossimo buoni la politica avrebbe chiuso.

Se poi noi siamo nati egalitaristi, allora forse più che di morale innata parlerei di ideologia innata. In ogni caso, con cardinailità e confrontabilità tanto labili, le politiche redistributive le lascerei da parte.

Io non so che cosa sia innato e che cosa non lo sia, né quali siano le basi empiriche di questo dibattito.

Mi chiedo soltanto se la moralità (cooperazione) non possa emergere dall’interazione tra individui egoisti per il fatto (come dice Robert Axelrod)  “che i soggetti coinvolti non hanno interessi strettamente opposti” e quindi non sia necessario presupporre basi genetiche ed eventualmente neppure culturali ma semplicemente un puro meccanismo di “calcolo” per spiegare l’emergere di comportamenti  “morali”.

Attendo con rassegnazione e con interesse le bastonate del prof. Rustichini che so essere un esperto di teoria dei giochi.

Dario:

simpatico. Io non bastono nessuno, sono buono.

Teoria dei giochi e' neutrale su come i giocatori considerano le conseguenze materiali dei giocatori. Cioe' se sei un giocatore, e consideri una situazione in cui sia io che te abbiamo 5 euro, o quella in cui tu hai 10 e io nulla, sei perfettamente libero di preferire l'una all'altra. Tu mi dici quale e' la tua utilita' per le due a me teorico dei giochi, e io parto con the teoria.  Si' c'e' un bel buco, che si sta cercando di riempire.

Aldo,

Vista la promessa di clemenza, azzardo una domanda ulteriore.

A me sembra che il presupposto di Axelrod "che i soggetti coinvolti non hanno interessi strettamente opposti" descriva una condizione prevalente nei rapporti umani, così come in economia. Quindi, se l'utilità complessiva della cooperazione supera quella del comportamento puramente egoistico, la teoria non dovrebbe prevedere l'affermarsi della prima, anche in assenza di fattori genetici o culturali o di interventi regolatori?

 

Quindi, se l'utilità complessiva della cooperazione supera quella del comportamento puramente egoistico, la teoria non dovrebbe prevedere l'affermarsi della prima, anche in assenza di fattori genetici o culturali o di interventi regolatori?

Se teoria e' Teoria dei Giochi direi di no, e' una delle idee fondamentali che un gioco possa avere un solo equilibrio, e che a quell'equilibrio tutti stiamo peggio di un'altra possibile alternativa. Ma non c'e solo la morale e gli interventi regolatori come soluzione di questo dilemma degli equilibri inefficienti.

Mi spiego: questo fatto che gli equilibri possano essere inefficienti era (credo) la ragione per cui persone nella tradizione di equilibrio economico generale erano molto sospettose di Teoria dei Giochi, Ed Prescott e' il primo nome che viene in mente. Naturalmente un teorema e' un teorema: il sospetto era piu' profondo, che se un gioco ha equilibri inefficienti vuol dire che magari non si e' ancora lasciato ai mercati il modo di completarsi. Certo ci sono le asimmetrie informative, l'azzardo morale. Ma anche in quel caso il gioco si puo'ambiare con contratti piu' ricchi.

Noam Chomsky è lo scienziato più disonesto, malizioso e impostore del secondo dopoguerra. Ora sto andando a dormire, e non ho tempo per argomentare in modo approfondito, però volevo suggerire un buon libro su questo tema: Anti-Chomsky Reader.

Basti dire che i lavori scientifici di Chomsky non sono MAI stati oggetto del peer review (tranne, mi sembra, i primi tre articoli degli anni '50).

I discorsi sull'innatismo del linguaggio vanno presi con ENORME cautela: si tratta di speculazioni filosofiche non sostenute da alcuna prova reale. 

Io nella sua polemica con Piaget, stavo con quest'ultimo

Ma non vorrei che in realtà si mirasse al Chomsky critico degli Usa...

 

[...] Ora sto andando a dormire, e non ho tempo per argomentare in modo approfondito

 

mi ricorda Fermat, quando scrive:

Cubum autem in duos cubos, aut quadratoquadratorum in duos quadratoquadratos, et generaliter nullam in infinitum ultra quadratum potestatem in duos euisdem nominis fas est dividere cuius rei demonstrationem mirabilem sane detexi. Hanc marginis exiguitas non caperet

 

 

La discussione su "Perché la convinzione che siamo nati buoni serve al politico che vuole controllare il mondo?" mi sembra improntata ad un equivoco.

Da tempo immemorabile tutti quelli che hanno cercato di convincerci che, se davamo il potere a loro, avrebbero messo in atto una grande riforma sociale che ci avrebbe ricondotto nell'Eden, han sempre sostenuto le stesse cose:

- Allo stato naturale l'uomo è "buono"- dove "buono", che non vuol dire un piffero di per sé come correttamente insiste Palma, va interpretato nel senso di "avente le caratteristiche che il profeta di turno ritiene desiderabili".

- La società, il mondo così come è oggi, l'ha rovinato, alienato, alterato, corrotto, reso peccatore, eccetera. Ma questa alienazione dell'uomo dalla sua "bontà" intrinseca è il prodotto artificiale della mala conduzione della società, non uno stato di natura. Nello stato di natura originale l'uomo era buono. Il suo non essere buono ora e' un artificio sociale, della mala conduzione della societa'.

- Mala conduzione che è attribuibile ad alcuni, rarissimi, "cattivi", inviati sulla terra dal diavolo, il nemico del profeta o del dio che egli rappresenta e nel nome del quale parla. O dell'altro pensiero, quello erroneo contro cui il profeta predica e combatte. Tali cattivi sono gli strumenti dell'alienazione: non è improbabile che essi pure potessero essere "buoni" ma sono stati così catturati dal male sociale da essere inevitabilmente corrotti.

- Trucidati, eliminati, imprigionati, bruciati, fucilati, espulsi, ricondizionati i cattivi, il resto del popolo, la grande maggioranza del popolo, riscoprirà la sua bontà sotto la guida del profeta o, almeno, quella dei suoi discepoli e, soprattutto, dei suoi precetti.

In secula seculorum, amen.

 

Michele:

d'accordo sul resto, ma

 "buono", non vuol dire un piffero di per sé come correttamente insiste Palma, va interpretato nel senso di "avente le caratteristiche che il profeta di turno ritiene desiderabili".

questa idea che dobbiamo essere uguali e' antica, nel bene e nel male. Almeno quanto i Gracchi, circa 133 avanti Cristo. I Gracchi erano, e sono, miei eroi. Anche se l'ambizione personale muoveva (vedi la pagina 163) loro come credo e spero tanti altri.

 

Da tempo immemorabile tutti quelli che hanno cercato di convincerci che, se davamo il potere a loro, avrebbero messo in atto una grande riforma sociale che ci avrebbe ricondotto nell'Eden, han sempre sostenuto le stesse cose:

- Allo stato naturale l'uomo è "buono"- dove "buono", che non vuol dire un piffero di per sé come correttamente insiste Palma, va interpretato nel senso di "avente le caratteristiche che il profeta di turno ritiene desiderabili".

 

ho qualche dubbio in proposito. Anche quelli che sostenevano per principio che l'uomo non è buono, anzi è malvagio, avevano o supportavano o sono stati usati per supportare, una agenda politica che finiva con

Trucidati, eliminati, imprigionati, bruciati, fucilati, espulsi, ricondizionati i cattivi

Vedi la tradizione Paolo-Agostino-Lutero, con la giustificazione della schiavitù o del potere assoluto (Lutero e la guerra dei contadini); vedi la tradizione cattolico per cui l'uomo ha bisogno del depositum fidei e della mediazione della chiesa gerarchica (e se legge la bibbia da solo ci pensa l'Inquisizione); vedi la giustificazione hobbesiana dell'assolutismo... ecc. ecc.

Mentre ad es. la tradizione cristiana con un atteggiamento meno "siete tutti dannati!!!burn in hell!!!", diciamo Pelagio-Socini-Erasmo-Zwingli-Roger Williams, almeno ha sostenuto la tolleranza religiosa, che magari è meglio della guerra dei Trent'anni o delle streghe di Salem.

se poi la polemica era contro il marxismo...Marx non è Rousseau, non mi pare che parli di natura umana buona o di passato edenico. Just my two cents 

 

 

 

C'è qualche affermazione in controtendenza rispetto alle teorie che vorrebbero i politici affermare che gli uomini sono buoni.

 

    [...] If men were angels, no government would be necessary.   If angels were to govern men, neither external nor internal controls on government would be necessary. In framing a government which is to be administered by men over men, the great difficulty lies in this: you must first enable the government to control the governed; and in the next place oblige it to control itself. A dependence on the people is, no doubt, the primary control on the government; but experience has taught mankind the necessity of auxiliary precautions. [...]   In the compound republic of  America, the power surrendered by the people is first divided between  two distinct governments, and then the portion allotted to each subdivided among distinct and separate departments. Hence a double security arises to the rights of the people. The different governments will control each other, at the same time that each will be controlled by itself. Second. It is of great importance in a republic not only to guard the society against the oppression of its rulers, but to guard one part of the society against the injustice of the other part. Different interests necessarily exist in different classes of citizens. If a majority be united by a common interest, the rights of the minority will be insecure. There are but two methods of providing against this evil: the one by creating a will in the community independent of the majority that is, of the society itself; the other, by comprehending in the society so many separate descriptions of citizens as will render an unjust combination of a majority of the whole very improbable, if not impracticable. The first method prevails in all governments possessing an hereditary or self-appointed authority. This, at best, is but a precarious security; because a power independent of the society may as well espouse the unjust views of the major, as the rightful interests of the minor party, and may possibly be turned against both parties. The second method will be exemplified in the federal republic of the United States. (Da:   FEDERALIST No. 51    Friday, February 8, 1788.
    HAMILTON OR MADISON )

 

Mi pare che qui sia chiaro che almeno i padri fondatori erano consapevoli che governati e governanti non sono angeli.

Francesco

 

 

per la cronaca, Kant era dello stesso avviso (la famosa citazione del legno storto:

Aus so krummem Holze, als woraus der Mensch gemacht ist, kann nichts ganz Gerades gezimmert werden

 

 

dalla "storia generale, con scopi cosmpoliti".)

In effetti tutte le tradizioni a cui riesco a far riferimento notano come vi sia o uno "stato naturale" (in cui forse gli umani son buoni) che e' corrotto da storia, fatti, prevalenza degli egotimsi ed egoismi, oppure una realta' in cui gli umani angeli non sono (e proprio per questo servono, necessitano!, istituzioni, guardiani, carceri, sorvegliare e punire.)

 

Due: Chomsky e i suoi critic. La metto giu' breve. In scienza, son scemenze (Horwitz e' cretino o quasi), in politica le due cose hanno nulla a che fare.

Il primo articolo di chomsky e' per la caduta di Barcellona. Ecco.. mentre in scienza (della mente/linguaggio che e' la stessa cosa, non chiedete perche') NaC progrdi' parecchio, in politica ha le stesse idee degli anni '30, europei.


La vicenda ha qualcosa in comune con la scoperta che diversi centri di ricerca, in particolare quello della University of East Anglia, manipolavano i risultati delle indagini sul Global Warming.

Mi scusi Professor Rustichini, non ho seguito benissimo la vicenda, ma avevo letto questo articolo che mi pareva discolpasse la manipolazione dei dati.

http://news.bbc.co.uk/1/hi/sci/tech/8618024.stm

Ho forse capito male o sono troppo ingenuo?

Buona giornata!

Alessandro Tampieri

PS: ho provato a selezionare l'opzione "blockquote" ma non mi funziona.

 

Lord Oxburgh [presidente del Panel che "discolperebbe" i climatologi] is currently president of the Carbon Capture and Storage Association and chairman of wind energy firm Falck Renewables.

Critics say clean energy companies would benefit from policies to tackle climate change. But Lord Oxburgh insists the panel did not have a pre-conceived view.

 

Ah beh, allora ;-)

Ma quanti begli argomenti si discutono in questo blog. Fatico un po' a focalizzare il nocciolo del dibattito su questo post: riassumendo agli estremi, c'è qualcuno che ha creduto di dimostrare che gli "uomini nascono buoni", poi è stato accusato di avere falsificato i dati (non conosco la storia e mi documenterò). L'economista commenta che c'era da aspettarselo, perchè questo tipo di ricerche servono a fare contenti i politici ai quali conviene che qualcuno certifichi ufficialmente che, appunto, gli uomini nascono buoni (non capisco perchè, come molti altri commenti hanno sottolineato). Poi si discute se sia vero o meno che la "morale" è innata, se pensiamo come i cacciatori-raccoglitori, se la società dei cacciatori raccoglitori era egualitarista o no, etc. Mi sembra che i temi "biologico" ed "economico" si intreccino in un groviglio un po' confuso. Da biologa non userei mai termini come "morale" innata. Direi semplicemente, ed è un'ovvietà, che la specie sociali sono equipaggiate con un make-up genetico che rende gli individui propensi ad interagire fra loro, stabilire gerarchie, alleanze e forme di cooperazione, in quanto tutto ciò migliora le possibilità di sopravvivenza del singolo. Inoltre il nostro cervello è stato plasmato dall'evoluzione come macchina per trovare nessi, cause e significati. Gli uomini non nascono nè "buoni" nè "cattivi", nascono sociali, quindi strutturati per fare i conti con gli altri e trovare il loro posto in una collettività. Cosa che abbiamo in comune con molti altri mammiferi, a cominciare dalle scimmie, specie le scimmie antropomorfe. Morali e religioni sono i nostri speciali strumenti di consenso e coesione sociale, creature del nostro potente e complesso cervello anteriore. Ma, anche se a qualcuno piace pensarlo, la biologia non ci detta in modo "innato" come ci dobbiamo comportare, ed è per questo che siamo qui a discutere, no?

 

 

Ma, anche se a qualcuno piace pensarlo, la biologia non ci detta in modo "innato" come ci dobbiamo comportare, ed è per questo che siamo qui a discutere, no?

 

A me non piace pensarlo tuttavia mi pare che non si discuta di un senso innato che detti il comportamento (quale) ed il linguaggio (idem) ma di una sorta di "organo" o "senso innato" ad esso preposto, che poi riempiamo di contenuti culturali/ambientali. Per il linguaggo si sono aree apposite (broca) e se danni in una certa sede del cevello rendono immorali le persone, significa che anche in questo caso l'evoluzione ha operato in alcune zone in modo che si specializzassero nel senso della morale, cosi' come abbiamo la memoria, l'equilibrio, la visione, il linguaggio etc. 

Francesco

Sebben espresse con l'avallo di Wikipedia, le cortesi fantasie tali sono e rimangono, meritando nessuna considerazione. Il tapino poco capisce di Peano e meno ancora di ricorsivita'. Se i numeri sono chiusi sotto addizione e le frasi sono chiuse sotto congiunzione, ne segue che la proprieta' non distingue gli uni dall'altro, non l'opposto. Punkt, mi ricordava quando ero piccolo il professor Levi-Minzi facendomi imparare il tedesco.

Provo e smetto di qui per sempre, a riassumere perche' NaC (Noam Avram Chomsky) ha sconvolto e modificato la linguistica. Fino a quel punto (circa il periodo che precede la grande guerra del 39-45) chi fece il linguista si occupo' di questioni di chi scrisse su tartaruga e chi scrisse su betulla, se e' bene dire 'prego' dopo 'grazie'  o 'please' prima di 'thank you', appunto i cosidetti fenomeni di comunicazione.

NAC per ragioni storiche che sono affatto indipendenti da quel che scrivo qui, pose la linguistica di fronte a due problemi

1. esiste uno stato zero di un sistema (chiamalo mente/cervello/moduli/ quel che ti pare.) Lo stato zero e' non linguistico. Il sistema passa da non essere linguistico al suo stato zero  ad uno stato uno che e' linguistico. Quel che e' (empiricamente) osservato e' che al momento giusto chiunque passa allo stato uno in qualsiasi posto (bambino di mamma mongola messo a Burano parla in buraneo e viceversa). Il sospetto che questo sia un fenomeno universale e' forte. ERGO (questa e' un inferenza di tipe Peirceano) sembra vi sia un meccanismo che gli umani hanno e manca ai gatti, alle gazze, alle galline, ai geranii (e' innato? mah? sembra di si)

questo e' un problema di acquisizione.

domanda QUALE E' QUESTO MECCANISMO? ipotesi: esiste un GU ("grammatica universale" che e' insieme di regole/meccanismi/parametri e quanto serva che puo' essere indagata empiricamente, ad esempio ipotizzando delle regole e vedendo se tali regole facciano una apparizione alla superficie di quel che i parlanti/segnanti/scriventi fanno -- Si noti che il possibile "spazio" logico delle grammatiche potenziali e' immenso e tutti i bambini parlano GU (nel senso in cui vi sono regole di GU che si possono vedere anche alla superficie.) Dunque come i bambini risolvono il problema? quali sono i confini ed i limiti?

questo e' il problema della grammatica. Il resto son corbellerie inventate da signori col cervello surgelato nelle steppe, dannati perche' i non lessero il grandioso opuscolo di J. Stalin sul tema

2. secondo problema. Per quanto appaia ancora piu' difficile, sembra proprio che sapendo cosi' poco sappiamo cosi' tanto (noto al popolo come il problema di Platone), vale a dire sulla base di limitate o nulle "esperienze" si formi un cosi' grande repertorio di capacita' cognitive.

Il resto sono altre cose mal definite, ed per questo che NAC qualifica la linguistica come una pseudoscienza (nel suo linguaggio e' precedente a Galilei, vale a dire forse approssima delle domande formulabili, ma non ha o non ha ancora mezzi per fornire risposte adeguate.)

Vale anche la pena ricordare che, il fatto che la teoria cambi (vale a dire che molteplici proposte su che cosa siano di fatto le regole di GU siano sul mercato) nulla dimostra. Se cosi' fosse i diagrammi (Feynman) sarebbero stati falsificati da MMM (su MMM suggerisco la semplice esposizione qui a tutti disponibile http://www.sns.ias.edu/~witten/papers/mmm.pdf)

Dunque,

l'innatismo e' una scemenza e non deriva in nessun modo da Chomsky (leggasi la prima delle lezioni di Managua)

due i problemi sono seri, se i gatti e i garruli umani infanti vengono esposti alla stessa esperienza, come mai i bambini hanno un linguaggio e gattini no?

Anche se so che da queste parti il San Raffaele institute non gode di grande popolarita' se volete vedere un linguista al lavoro e  in italiano, leggasi andrea moro, nella "breve storia del verbo essere" o nei "confini di Babele"

 

 

Siccome il signor Keidan s'arrabia ... evito di replicare. Consiglio solo la lettura di o Benacerraf (non il Nobel, suo fratello) o S. Shapiro, Ohio State

 

 

Per il resto, in una breve (50 minuti) lezioe il solito sospetto (NAC medesimo) illustra il fatto forse sorprendente per il sig. Keidan che non l'ipotesi "innatista" non esiste.

La lezione si svolge alla fine di Marzo del 2010 (a Stuttgart, dopo il conferimento del premio Fromm.) e la trovate qui, sotto il titolo di "stipulare restrizioni: le conseguenze e le sfide"

 

 

http://ifla.uni-stuttgart.de/index.php?article_id=137