Il meridione o i meridionali

/ Articolo / Il meridione o i meridionali
  • Condividi

Ci importano di più il meridione o i meridionali?

Quella della distinzione tra il meridione e i meridionali è questione che mi gira per la testa da un po'.

Mi spiego: tipicamente si utilizzano dati macroeconomici relativi alle regioni meridionali per trarre implicazioni sul benessere (o il malessere) dei meridionali. Il Sud non cresce - il reddito pro-capite delle regioni meridionali è solo 2/3 di quello del Nord, la disoccupazione è elevatissima, e via discorrendo amabilmente. Nessun problema, ma bisogna stare attenti a non farsi prendere la mano da questi ragionamenti. Questo modo di affrontare il problema nasconde infatti, almeno potenzialmente, un errore logico/concettuale importante. Non è solo la tradizionale quesitone che i dati macroeconomici sono misure imperfette:

La questione che invece mi pare fondamentale è che il meridione, da un secolo almeno, è terra di emigrazione - prima verso gli Stati Uniti e poi, dagli anni cinquanta/sessanta, verso il Nord. Tanti meridionali - o meglio, discendenti di meridionali, stanno a Milano e a Brooklyn; qualcuno, meno, anche a Buenos Aires, a Toronto, a Zurigo e a Bruxelles.

Proviamo a fare una stima rozza (ma proprio rozza; nella speranza che i lettori forniscano dati per costruirne una più precisa) della frazione di discendenti dei meridionali dell'Unità d'Italia che ancora vivono al Sud. Questi son quei calcoli che gli amerikani dicono fatti sul retro di una busta, ma che per me son fatti sul retro del cartoncino dei Toscanelli.

La popolazione totale del Mezzogiorno (secondo i rilevamenti Istat del dicembre 2008) ammonta a circa 21 milioni di abitanti (di cui 6,7 milioni nelle isole).

Il Census del 1990 conta circa 15 milioni di americani di discendenza italiana; per circa l'80% di questi i discendenti provengono da regioni meridionali. Fanno 12 milioni di meridionali negli Stati Uniti solamente. Nel 1990. Facciamo che non siano cresciuti ad oggi.

Dal bel paper di Bonifazi et al. scopro che dal 1946 al 1965, 5,6 milioni di italiani (soprattutto dal Sud) sono emigrati, in particolare verso paesi del Nord-Europa (Francia, Belgio, Svizzera, Germania, Svezia, Inghilterra). Facciamo pure 80% dal Sud, come in America. Fanno 4,5 milioni. Ce ne poi saranno 500 mila a Toronto? Facciamo conto di sì. E in America Latina? 1 milione mi pare una enorme sottostima anche considerando che l'emigrazione in Argentina è in larga parte dal Nord. L'Argentina ha 40 milioni di persone e, a sentir loro, almeno la meta' hanno "(bis)abuelos italianos", ossia, potrei dire 10 milioni senza timore, ma dico solo un decimo.

Dal 1955 al 1970 (dati sui cambi di indirizzo, da Bonifazi et al.) indicano un flusso migratorio netto dal Sud al Nord (e Roma) di oltre 2 milioni di persone (a me paiono pochi, ma questo è il dato che ho; continuamo). Anche solo negli ultimi 10 anni (dati Svimez) il flusso è stato di circa 600 mila persone. Questo flusso fa notizia; assumiamo quindi un flusso molto inferiore dal 1970 al 1998: facciamo 500 mila in 30 anni.

Sommiamo il tutto, in milioni: 12 in USA + 4,5 in Nord-Europa + 0,5 a Toronto + 1 in America Latina + 3,1 in Nord-Italia -- fanno oltre 21 milioni di meridionali fuori dal meridione.

Stiamo pure larghi:

un (discendente di) meridionale su due non vive nel meridione

Anche eliminando il milione e mezzo che ho imputato senza dati (Toronto e America Latina), fanno quasi 20 milioni, e il discorso non cambia per nulla.

Giusto per provare a dare robustezza ai calcoli (in realtà è che ho un'altra scatola di toscanelli da scribacchiare) guardiamo anche ad alcuni dati di flusso. Questi dati sono difficili da utilizzare ai nostri fini, perché i conti dipendono maggiormente dalle ipotesi che si fanno sui tassi di crescita della popolazione. Ma gli ordini di grandezza paiono consistenti (sotto una ipotesi di popolazione essenzialmente costante): 26 milioni di emigranti dall'Italia dal 1876 al 1970, con 9 milioni di ritorni (Birindelli, 1984).

E via un'altra scatola: estrapolando dal tasso di crescita della popolazione di Napoli dall'Unità d'Italia fino al 1921 - e assegnando la popolazione mancante in quota ai (discendenti di) napoletani fuori Napoli, arrivo essenzialmente alla stessa stima:

un napoletano fuori Napoli per ogni napoletano a Napoli.

Ecco i conti. Napoli all'Unità d'Italia, nel 1861 (dati Istat da Wikipedia, voce Napoli - vedi Tabella sotto), aveva 484 mila abitanti circa. Oggi (2001) ne ha poco più di un milione. Assumiamo eroicamente che, i) Napoli sia rappresentativa del Sud in termini demografici, che ii) da Napoli si emigri ma che nessuno emigri a Napoli, e che iii) i napoletani, ovunque essi siano si sposano prevalentemente con i napoletani, avendo cioé figli napoletani, iv) .... E poi tante altre assunzioni, facciamo, così tante che non val nemmeno la pena elencarle, che saranno ovvie a tutti.

Evoluzione demografica della citta'di Napoli (migliaia)

Allora, dal 1861 al 1921, subito dopo la Prima Guerra Mondiale (è forse arbitrario scegliere il 21, che già gli Stati Uniti avevano chiuso le porte, ma il tasso di crescita cambia poco se mi fermo all'11), la popolazione di Napoli è passata da 484 mila a 859 mila abitanti. Un tasso di crescita di circa l'1% annuale (cioé, 1.01 alla 60-esima=1.8, che a sua volta è = 859/484; così se ho sbagliato i conti qualcuno se ne accorge). Supponendo lo stesso tasso di crescita fino al 2001 (80 anni), gli abitanti sarebbero un milione e 900 mila. Invece, nel 2001, gli abitanti di Napoli sono circa un milione.

Ok, che ce ne facciamo di questa stima a spanne? Beh, molti di questi meridionali che non stanno al Sud sono integrati culturalmente ed economicamente a New York e a Milano, o duvunque essi siano. A New York non vivono nemmeno più tutti a Bensonhurst o ad Arthur Ave. Stanno economicamente bene, molto meglio, in media, dei napoletani a Napoli. In media, dati NORC, gli italiani d'Amerika hanno un anno di università (sei anni oltre la scuola dell'obbligo) e un reddito di circa 33 mila dollari. Mi fido di questo divertente sito, spero di non riporre male la mia fiducia negli italo-americani (potrei guardare a U.S. Census, o ai dati NORC direttamente - ma poi il gelato da Simonetti non faccio più in tempo a prenderlo, che sta invecchiando Simonetti, il figlio vende gelati in Sud Africa e lui ormai chiude presto la sera).

Ecco quindi cosa ce ne facciamo della stima. La usiamo per ricordarci che quando pensiamo allo sviluppo (mancato) del Sud, non dobbiamo dimenticare i meridionali di New York e Milano. Hanno pagato un costo elevato (sono espatriati - che, anche se uno lo fa come l'ho fatto io, di espatriare, con tutti gli agi, o quasi, i costi sono notevoli); immaginiamoci per loro, quelli di Ellis Island o delle miniere del Belgio - o anche quelli delle foto di Uliano Lucas sotto il Pirellone ); ma i loro discendenti stanno bene, per loro lo sviluppo non è mancato affatto.

Voi direte, vabbé, è ovvio. Chi se ne frega. Resta che quelli che sono rimasti vanno aiutati, che hanno basso reddito, ... Gli altri sono andati, via, sono "altri".

E poi uno legge le seguenti affermazioni (dal Corriere del 18 Luglio - di Giovanni Russo) e capisce dove vado a parare. Dove sta l'errore logico/concettuale nel dimenticarsi di quel napoletano su due che sta via.

 

Il fenomeno più allarmante denunziato dal «Rapporto Svimez 2009» riguarda l' emigrazione intellettuale dal Mezzogiorno. I giovani che si trasferiscono al Nord sono quasi tutti diplomati o laureati. [...] Dagli anni Novanta l' emigrazione dal Sud verso il Nord è ricominciata, ma questa volta non sono più contadini analfabeti. Il Mezzogiorno oggi si impoverisce non solo economicamente, [...] ma si impoverisce culturalmente e intellettualmente. [...] il Sud perde i suoi giovani migliori: i laureati «eccellenti». Nel 2004 sono partiti per il Nord il 28% dei laureati meridionali con il massimo dei voti; tale percentuale è salita nel 2008 al 28%.

 

È chiara la logica? il Sud si impoverisce. Il Sud ... la terra, le zolle, il cemento ... I laureati che vanno al Nord, però, con ogni probabilità si arricchiscono (a parte i costi di "espatrio"). Ma a noi che ci frega dei meridionali che espatriano, a noi ci importa il Meridione ... la terra, le zolle, il cemento.

E naturalmente, vai con le conclusioni di politica economica facile. Denaro sul meridione:

 

Bisogna quindi che il governo si impegni a rovesciare le politiche attuali per dare ai giovani prospettive di lavoro nel Mezzogiorno, altrimenti si corre il rischio di lasciarvi una popolazione solo di anziani e pensionati [...]

 

Perché bisogna crearle nel Mezzogiorno le prospettive di lavoro? Ok, se ci si riuscisse si ridurrebbero i costi di espatrio. Questa è una buona ragione. Ma sono decenni che ci si prova senza successo. E allora, all'espatrio... che rimanga "una popolazione solo di anziani e pensionati".

Ok, lo so, mi sono fatto prendere la mano e sto esagerando con le provocazioni. Ma l'argomento è chiaro, no? Se ci preoccupiamo dei meridionali e non del meridione (nel senso di terra, zolle, cemento) allora forse l'emigrazione non è affatto una opzione da evitare come la peste. Specie ora che Ellis Island non c'è più e quelli che "tel chi el terun" fanno ridere invece che piangere.

<object width="425" height="344">

<param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/O8v84HzJq4c&amp;hl=en&amp;fs=1&amp;" />

<param name="allowFullScreen" value="true" />

<param name="allowscriptaccess" value="always" /><embed src="http://www.youtube.com/v/O8v84HzJq4c&amp;hl=en&amp;fs=1&amp;" type="application/x-shockwave-flash" allowscriptaccess="always" allowfullscreen="true" width="425" height="344"></embed>

</object>

Davvero, l'ultima cosa che mi preoccupa è la migrazione intellettuale dal Sud. Chi l'ha detto che bisogna nascere-vivere-morire dove sono nati-vissuti-morti i nostri antenati?

Indietro

Commenti

Ci sono 228 commenti

bella idea, via tutti dal meridione così il pizzo i mafiosi se lo chiedono tra loro :). Tra l'altro il clima di rassegnazione che c'è lì rispetto al lavoro non fa bene.

Poi all'estero si comporterebbero sicuramente meglio...

La cosa mi ricorda un'intervista di Bob Lucas (un premio Nobel per l'economia, per chi non lo conosce) al TG3 Sardo durante la conferenza dell'SED ad Alghero, nel lontano 1999. 

TG3: cosa bisogna fare per i giovani sardi senza lavoro?
Lucas: i giovani sardi senza lavoro devono andare dove il lavoro c'e'.

Giornalista trasecolato e tutti noi a sghignazzare

A parte le difficoltà che si collegano allo spostamento dei lavoratori, che ci sono e sono reali, effettivamente tutta la questione dello spostarsi per cercare lavoro è vista in maniera molto retorica...al sud come riporti tu, Alberto, si pensa che il movimento delle persone sia una specie di "sconfitta" personale, sia dell'individuo in questione, o della società che in qualche misura "lo obbliga" ad andarsene...mi sovviene quell'altra cosa che hai scritto un po' di tempo fa: "può la politica risolvere tutti i problemi?", la risposta era no, ma qui al sud siamo ostinatamente convinti del contrario, per cui se le cose vanno male si incolpa la politica, nelle sue manifestazioni istituzionali, e si reclama un tavolo di trattativa. Ultimamente in Sardegna, si invocano tavoli e trattative per quasi tutto: per la chimica; per l'alluminio; per il costo dell'energia; per le industrie metallurgiche ancora in piedi; per l'agricoltura; poi ci sono i tavoli a palazzo Chigi; quelli con la Tirrenia, per scongiurarne la privatizzazione...e ogni volta il leit motiv è appunto l'immigrazione, se cresce vuol dire che le cose stanno andando male...ancora nell'ultimo sciopero generale che hanno fatto i sindacati (non ve ne siete accorti, dello sciopero? In effetti...) la fuga dei giovani era l'argomento principe.

Ma da un punto di vista economico, l'assenza di movimento interno in un paese cosa significa? Che c'è uno sviluppo "armonioso e omogeneo" o che non si muove nessuno chè sono tutti morti? Esiste uno spostamento di lavoratori comparabile in altre regioni d'Europa? Come si discute, in US, dello spostamento di gente da uno stato meno ricco ad uno più benestante? No perchè se scoprissimo che nel meridione d'Italia succedono cose non molto diverse che in altri paesi europei, io inizio la settimana più sollevato.

 

Mi risulta (da studi assai approfonditi svolti a Villa Manin da personale dell'universita' di Udine) che l'emigrazione dal Nord (il particolare mi riferisco alla parte nord orientale dell'Italia) sia enorme (per chi ha dubbi si vedano le famiglie friulane in Australia. Come mai, se cosi' fosse, non vi e' una questione settentrionale?

La battuta di Lucas mi sembra solo buon senso. Esattamente quale e' l'argomento per star sempre nello stesso posto?

Ti posso assicurare che non era assolutamente una battuta... era serissimo

tanto e' che son perfettamente d'accordo al punto che da 40 anni vado dove e' il mio lavoro e maiporto il mio lavoro dove vado.

Alberto, non sono d'accordo. Promuovere il benessere di una determinata area geografica è un obiettivo in sè e non serve solo a minimizzare i costi di espatrio. Credo si possa difendere questa affermazione non solo con argomenti basati su motivazioni intrinseche: il senso civico o il patriottismo. Ma anche notando che espatriare ha dei costi che non tutti possono sopportare e l'ignoto fa paura a molte persone capaci.

Provo a spiegarmi con una provocazione: sei pronto a fare lo stesso ragionamento per l'Italia? Che importa che le persone più istruite e, per esempio, i professori universitari più capaci vanno all'estero? Sono decenni che si prova senza successo a trattenerli, allora rinunciamo.

Mi spiego ancora meglio: il punto, in Italia come nel mezzogiorno, non dovrebbe essere assistere coloro i quali rimangono per trattenerli, ma provare a rendere una determinata area geografica (sì, anche le zolle, la terra e il cemento) un posto migliore e più attraente per le persone più capaci.

 

Ma anche notando che espatriare ha dei costi che non tutti possono sopportare e l'ignoto fa paura a molte persone capaci.

 

Anche lavorare ha dei costi che non tutti possono sopportare, specialmente se si tratta di lavorare duro. Ed è vero, l'ignoto fa paura a tante persone "capaci" di fare altre cose. Vuol dire che faranno altre cose, no? Quelle per cui sono "capaci", per esempio. Non è che tutti debbano fare tutto sempre e dovunque, no?

 

Provo a spiegarmi con una provocazione: sei pronto a fare lo stesso ragionamento per l'Italia? Che importa che le persone più istruite e, per esempio, i professori universitari più capaci vanno all'estero? Sono decenni che si prova senza successo a trattenerli, allora rinunciamo.

 

Non so Alberto, ma io lo stesso ragionamento per l'Italia l'ho fatto da tempo. Non tanto con intenzioni normativa, ma come spiegazione di quanto avviene: quanto scrivi descrive quanto avvenuto e sta avvenendo (sempre con le solite eccezioni, che essendo appunto eccezioni confermano la veridicità di quanto descrivi). Nessuna provocazione, direi.

Infatti, se poni la questione nella versione "Italia" è più facile capire dove stia il problema. Se X se ne va altrove perché là dov'è non gli viene permesso (dagli altri, da chi rimane, eccetera) di esprimersi, lavorare, ricevere le soddisfazioni esistenziali che va cercando e questo suo andarsene intristisce o rende più poveri e meno capaci quelli che rimangono dopo che X se n'è andato, quale potrà essere la soluzione? A me ne viene spontanea solo una: che coloro i quali non sono X e rimangono, impoveriti dalla sua dipartita, si attivino per trattenerlo, per farlo tornare, per farlo sentire a suo agio là dove stava prima.

Se non lo fanno, se proprio non ci provano (come, aldilà delle chiacchere, sembra essere il caso) vuol dire che non vogliono, no? Che a loro non interessa. Che gli sarebbe andato bene se X fosse rimasto, gratuitamente per così dire, a tirare la carretta per loro. Ma se è il caso di compensarlo per questo, allora non conviene più. Si chiamano "preferenze rivelate" io direi.

P.S. Seriamente, cosa c'entra il "senso civico"? Io manifesto il senso civico nelle comunità dove vivo, o anche dove semplicemente risiedo per brevi periodi di tempo. Quale altro criterio dovrei usare? Quello di nascita? Dovrei fare donazioni al comune di Padova perché son nato li? Non capisco. Io voglio bene ai miei amici veneziani, li vado a trovare, ci vado pure in vacanza ogni anno (tra 6 giorni esatti, infatti) ma di piazza Barche e della fondamenta dei Cereri, per se, cosa me ne importa?

Idem per "patriottismo", non ti pare? Conta "l'Italia" o contano "gli italiani", come giustissimamente sottolinea Alberto? Quale criterio morale implica che l'Italia (nel senso di bandiera, zolle, alsfalto e pattumiere) dovrebbe contare più degli italiani?

Cereto la mobilità non è intrinsecamente negativa. L'aspetto che a me pare negativo dell'emigrazione giovanile ed acculturata è che rimangono nel ruolo di classe dirigente coloro che hanno costruito l'attuale pessimo contesto del mezzogiorno. Questi sono coloro che fanno sempre e solo questione di quattrini, ontologicamente incapaci di comprendere che varrebbe più qualche buona liberalizzazione, qualche attività di accrescimento della concorrenza che cifre immense.

luigi zoppoli

Mettere in contrapposizione persone e territori mi sembra di una assurdità tale da andare al di là della pur nobile discussione da bar.

Se qualcuno facesse un simile ragionamento in una qualunque istanza politica sarebbe impallinato senza indugio, e con solidi motivi.

In Europa abbiamo le ben note politiche strutturali e regionali. Non vanno in contrapposizione, ma si affiancano alle politiche - o "strategie" - per la competitività e la concorrenza, incluso la mobilità delle persone e la "flexicurity" nel mercato del lavoro.

La posizione "ufficiale" cui ci si attiene "per consenso" è che i due tipi di politiche non si devono mescolare indebitamente. Faccio un esempio più che concreto: se decido di fare una valutazione di merito e una assegnazione di fondi alle università su criteri "di qualità", tale sistema va mantenuto scevro da influenze "spurie" date dalle condizioni "locali", ed è una politica "globale" - per definizione e nella sua concreta pratica. Affiancabile ad essa, ma distinta e distante, vi può essere una politica di sostegno alle istituzioni che si trovano in situazioni regionali e di contesto svantaggiate, sulla base di criteri e metodi specifici e di altro segno (è proprio il caso dei fondi strutturali, che sono stati vieppiù resi disponibili ad interventi indirizzabili ad Università ed enti di ricerca). Come addendum su questo argomento, ricordo che in tutta Europa esistono distinzioni ab ovo di mission e compiti per una parte consistente delle istituzioni di istruzione superiore, per cui i Polytechnics e le Fachhochschulen sono tenute a servire in maniera stringente i bisogni e le esigenze del mercato del lavoro locale e dello sviluppo regionale. In tal caso i criteri di valutazione per i due tipi di istituzioni vanno tenuti distinti, e non avrebbe senso fare classifiche indifferenziate, sia per la (tipologia della) ricerca sia per determinazione dei corsi di studio.

RR

l'aria al di sopra delle alpi non dev'essere troppo ossigenata.

1: spiegaci i solidi motivi per cui uno dovrebbe essere impallinato (in qualunque istanza politica) se rompe il tuo dogma della non contrapposizione territorio-persone, altrimenti sembra che tu intervenga soltanto per poter fare la tua pontificatina europea in italiano noioso cinque righe sotto.

2: Il resto che scrivi, comunque, ci azzecca come i cavoli a merenda con il pezzo. Alberto ha fatto una provocazione da discepolo di Gary Becker (Chicago, non Bruxelles): perché, nell'analisi della questione meridionale, dovremmo continuare a usare i vecchi (ed europei, se vuoi) strumenti e metriche di analisi, cioè quelli delle politiche per lo sviluppo del territorio (e dei fondi a pioggia senza ritorno, nel senso di return: rendimento)? C'è una ventina di milioni di meridionali che ha fatto fortuna altrove: è un male come vogliono farci credere i politici? Dove è scritto che la politica debba garantire che ognuno faccia fortuna a casa sua? Qual è la definizione di casa propria, al giorno d'oggi? Il sud non può diventare la florida d'europa (una terra di vecchi e pensionati, con il clima secco e mite, bel mare, vino buono, e i cui giovani vanno a far fortuna altrove)? Non è che non lo sta diventando e resta un perenne incompiuto (le famose cattedrali nel deserto vecchie e nuove, hai presente?) perché c'è una classe politica che vive della gestione di questi sussidi (che vengono in effetti anche dalle famose politiche europee per competitività e balle varie) e impedisce, comprando il consenso a suon di posti e posticini in enti per lo sviluppo del territorio e organizzando clientele, che si compia questa "naturale" trasformazione?

mah, considerato che i meridionali espatriati (o emigrati al nord) hanno mediamente ottenuto risultati dignitosi se non eccellenti, e nessuno ha loro regalato nulla, e dato per acquisito che cent'anni e più di regali a fondo perduto al meridione hanno prodotto poco o nulla, se non un illecito arricchimento di chi gestisce i flussi di denaro, la soluzione migliore per i meridionali che hanno scelto di restare in meridione, o che non hanno potuto andarsene sarebbe di  bloccare completamente i finanziamenti, e dopo una decina d'anni iniziare a chiedere la restituzione di quanto versato finora.

visto che se vogliono sanno farsi valere come e quanto qualsiasi altro gruppo, e l'hanno dimostrato in tutto il mondo, facciamogli colonizzare il mezzogiorno, e vediamo come se la cavano. a patto però di non finanziare l'operazione.

ricordo, anni fa, che venne chiamato un supermanager giapponese a risolvere il passivo perenne dell'ILVA di Taranto. venne il sollevante, esaminò conti, strutture e impianti, e poi fece due domandine semplici semplici: dov'è il posto più vicino in cui comprate ferro e carbone per produrre acciaio? e dov'è il mercato più vicino dove lo vendete? sentite le risposte (rispettivamente, Nord Europa e Nord Italia) offrì la soluzione: CHIUDERE IMMEDIATAMENTE (e possibilmente costringere l'ideatore dell'operazione al seppuku) per il semplice motivo che trasportare l'acciaio costa...... se si considera che tutti i progetti industriali per il mezzogiorgio sono stati concepiti con la stessa ottica demente, si può ben capire che le cose non possono comunque funzionare, anche al netto di tangenti e ruberie varie.....

 

Ci importano di più il meridione o i meridionali?

 

Se utilizzo la logica utilizzata e seguo l'argomento del post la risposta è semplice:

Nessuno dei due.

Il meridione non interessa in quanto "terra, zolle e cemento", che vada in malora.

I meridionali emigrino, tutti al Nord, a fare i presidi a Vicenza, ad esempio, che Bossi questo ha detto: tutti qui li vogliamo, con vago accento siculo. Alla fine avremo risolto il problema e avremmo delle sagge parole per porre fine all'annosa questione.

Mi viene solo da pensare, che come diceva Bellavista, noto filosofo napoletano, in arte l'ingegner De Crescenzo: c'è sempre qualcuno più a Sud di te.. anche loro stanno arrivando, tutti a trasferirsi da Bossi & Co. che li stanno accogliendo a braccia aperte, come noto.

O sbaglio ?

 

Davvero, l'ultima cosa che mi preoccupa è la migrazione intellettuale dal Sud. Chi l'ha detto che bisogna nascere-vivere-morire dove sono nati-vissuti-morti i nostri antenati?

 

Essendo uno che sta vivendo (per il morire c'è tempo) lontano da dove sono vissuti i suoi antenati, mi sento di poter affermare che la domanda di Alberto è mal posta.

Il punto non sono i meridionali, ma gli italiani in generale.

Ciò che dobbiamo chiederci e se è utile per una nazione essere capace di attrarre talenti, oppure chi la governa deve solo limitarsi a prendere atto del fatto che tra il suo materiale da esportazione ci sono anche i suoi cittadini più istruiti, che dopo essere stati formati  vanno a fare fortuna all'estero ?

In altri termini, è utile tentare delle politiche che rendano più stimolante per un barese/torinese laureato in ingegneria rimanere lì dove ha studiato o (il che è lo stesso) rendere interessante per un ingegnere irlandese/polacco/bengalese trasferirsi a Bari o Torino ?

Il punto non è se fare qualcosa, ma cosa fare.

In fondo tutto il parlare che si fa su questo blog credo serva a trovare - o almeno suggerire -  delle soluzioni all'(in)efficienza italiana, altrimenti Alberto & Co. se ne starebbero tranquillamente in Amerika a guardarsi il baseball in Tv senza rovinarsi il fegato con le ultime trovate di Papi e famigli vari.

Insomma la questione è:

quali politiche sono necessarie perchè uno come Alberto (o un altro degli editors) possa ritenere stimolante tornare in Italia ad insegnare ?

Con ogni probabilità sarebbero le stesse politiche capaci, magari nel medio periodo, di evitare ad un laureato meridionale di cercare la via di Milano o di Londra.

Alberto, non capisco dove finisce la provocazione e dove inizia il vero ragionamento sulla policy.   Faccio solo un'osservazione cretina: esperienze come quelle dei quartieri dormitorio insegnano che guardare solo all'utilità dei singoli non paga, e che qualsiasi intervento politico su temi di sviluppo economico deve considerare esplicitamente "il territorio". Territorio inteso come "terra, zolle, cemento" ma soprattutto come una complessa rete di rapporti e relazioni sociali, che, volenti o nolenti, esistono e vanno tenuti in conto.

Questo, ti assicuro, da una persona che ha sempre guardato all'emigrazione come ad una cosa positiva, a volte da incentivare attivamente.

Alcune riflessioni sparse:

1) trovo la questione sollevata molto interessante, ma se si estende il ragionamento di Alberto, allora i meridionali non esistono: siamo tutti, probibalmente discendenti degli stessi gruppi di uomini e veniamo (immagino) dall'Africa. Quindi bisogna decidere chi sono i meridionali. Io propongo: i meridionali sono quelli che vivono al meridione da molti anni,  o quelli che al meridione vi sono nati (o se vogliamo estendere, quelli che almeno abbiano i genitori che vi sono nati).

2) Promuovere lo sviluppo del meriodione (inteso come regione), sembra a me, un dovere di chi il meriodione lo amministra (a livello locale e nazionale). Il modello che ho in mente e' uno dove tutte le zone d'Italia possono svilupparsi piu' o meno allo stesso livello. Dunque,  a meno che non si dimostri che il  massimo di risorse viene prodotto  per l'Italia nel suo complesso (concedetemi per il momento che questo  sia l'obiettivo) creando le condizioni affinche' tutte  le persone migliori vadano a vivere nello stesso posto (per esempio a milano),  allora io credo che sia efficiente promuovere lo sviluppo del meridione, nel senso di creare le condizioni affinche' le risorse della terra siano efficientemente utilizzate da chi abita quella terra. Credo che questo sia in linea con il ragionamento di Sabino.

3) mi sembra che la discussione sulla teoria dello stato fatta da Michele abbia valenza soltanto all'interno di gruppi di persone che hanno gia' stabilito la tutela della liberta' individuale come valore fondamentale. Mi sembra che l'unica teoria dello stato che possa farsi, nel senso piu' ampio, e non come teoria delle istituzioni o mechanism design in small worlds, sia una sulle origini dello stato. Cioe'  e' importante chiedersi perche' e come sono nate e prosperate le forme organizzative che osserviamo oggi (per esempio perche' si tende verso una forma di organizzazione che promuove la libera scelta), perche' altre si sono estinte, e cosi' via. Lo dico come provocazione, ma ho motivo di credere che l'organizzazione che metta al centro gli individui non sia destinata necessariamente al successo qualora l'uomo dovesse  permanere sulla terra ancora per millenni.

mi pare che questo dibattito sia parecchio confuso. I temi sono diversi

1) ha senso una politica regionale, una cioe' che cerchi di evitare concentrazioni urbane quali quelle della zona metropolitana del triangolo industriale? Secondo me si. Ne guadagnerebbe la salute (l'inquinamento nella mia ridente, si fa per dire (chi ha mai visto un bergamasco ridere) cittadina e' altissima e cosi il costo della vita). Il problema e' che le politiche regionali non sembrano aver funzionato granche' -- mi si corregga se sbaglio, ne' in Italia ne' all'estero -- anche se non e' dato sapere cosa sarebbe successo se non fossero state nemmeno tentate.  Insomma, l'obiettivo sembra giusto, ma gli strumenti messi in atto per realizzarlo non sembrano essere stati efficaci.

2) Cio' e' chiaro nel caso del Meridione. Le politiche di promozione dello sviluppo non sono state efficaci. Ma questi soldi sono stati spesi bene? Se si spendessero meglio -- non saprei dove, non sono un esperto in materia  -- non sortirebbero un altro effetto? Secondo me a questa domanda qui non si e' risposto.

3) Siamo certi che le condizioni economiche del Meridione sono quelle che suggeriscono le statistiche economiche? Non ne sottovalutano il livello di reddito? In questo elevato consesso di economisti e statistici dovrei forse tenere  la bocca chiusa, ma tuttavia mi faccio coraggio e oso. Vado da trent'anni in Puglia in vacanza e non ho fatto, ogni anno, che notare un parco macchine piu' lussuoso, valori immobiliari piu' elevati, case piu' belle e stili di vita pi[u costosi.  Ad avere un lavoro -- e questo e' il quisibus -- io mi sono spesso detto che si vive assai meglio in un paesello della provincia di Lecce che in uno della provincia di Bergamo.  Non sara' che le statistiche mentono sulla reale condizione economica di Nord e Sud?

4) finalmente la questione emigrazione intellettuale. E' giusto che un giovane emigri dove vuole, dove il suo lavoro e' riconosciuto (e pagato).  Ma, fintanto che l'educazione e' sussidiata dalla collettivita', per questa collettivita' l'emigrazione e' una perdita. Un paese che educa i propri cittadini e li incoraggia -- per azione o omissione -- ad andarsene una volta educati, e' un paese che si spara nel piede.

Non te ne frega niente della terra e delle zolle perche' sei veneto dentro e non apprezzi o' sole e o' mare. Io ritengo il sud italia paesaggisticamente piu' bello, climatamente piu' vivibile e storicamente piu' ricco del nord. Se mai tornero' in Italia vorrei che fosse in riva ad una spiagga della sicilia o della puglia, non lignano sabbiadoro. Quindi smettetela, veneti che non siete altro, di dare idee malsane ai nostri governanti!

 

(al di la' dello scherzo: se c'e' una cosa che il federalismo creera' sara' proprio l'emigrazione di massa che per il momento e' contenuta dal fatto che il meridione e' supportato interamente dallo stato centrale.)

 

Non te ne frega niente della terra e delle zolle perché sei veneto dentro e non apprezzi o' sole e o' mare. Io ritengo il sud italia paesaggisticamente più bello, climatamente più vivibile e storicamente più ricco del nord. Se mai tornerò in Italia vorrei che fosse in riva ad una spiagga della sicilia o della puglia, non lignano sabbiadoro. Quindi smettetela, veneti che non siete altro, di dare idee malsane ai nostri governanti!

 

A mi lignano e caorle no me piaze ... in compenso mi piace o' sole e pure o' mare (pulito): per questo sono al mare alle Baleari, grazie :-)

La terra e le zolle (meglio, i sassi, preferibilmente grandi e stabili), invece, mi piacciono assai (specialmente se dolomitici). Appunto per quello preferisco terre e zolle sottosviluppate! Io, di mio, "ri-sottosvilupperei" le aree di montagna, onde ridurre al 10% i rompiballe strombazzanti che, fra una settimana, faranno il possibile per rovinarmi le uniche vacanze che contano!

P.S. Scherzi a parte: si fa (anche in questa discussione) una grande confusione fra "amare una terra" nel senso di trovarcisi a proprio agio, sentircisi a casa, volerla mantenere intatta, ammirarne la bellezza, provare nostalgia per essa, eccetera, e doverci vivere 365 giorni all'anno. Il primo pilastro di Tofana di Rozes è bellissimo, ma non vedo ragione alcuna per passarcisi più di qualche ora in un'intera vita.

 

Senza lasciarsi prendere la mano, trovo questo post di Alberto una quasi ovvietà, tanto che mi stupisce il numero di commenti. Saranno le ferie imminenti, la voglia di lavorare che quasi non c'è più (qualcuno lo spieghi alla Fiat, che mi stanno rompendo per dei lavori con consegna a fine Agosto. Come se in mezzo ci fossero 30 giorni lavorativi..).

E' un dato di fatto che fuori dal Sud c'è un numero quasi uguale di nativi di quest'area del paese, ovviamente abbiamo esportato sia Caruso che Al Capone, entrambi, sia pure per motivi diversi hanno guadagnato molto di più di quanto avrebbero guadagnato in patria.

Difatti oggi il Meridione esporta molti più Al Capone che Caruso, e quelli come me sarebbero dispostissimi a dare anche degli incentivi a quel tipo di gente per farli emigrare. Chi se li prende ?

Anche a me non preoccupa l'emigrazione, anzi sono favorevolissimo a esportare in toto i seguenti quartieri di napoli: Secondigliano,Scampia, Ponticelli,Montecalvario, Avvocata, Rione Traiano. Ditemi dove mandarli che li impacchetto e ve li spedisco. A spese mie.

Per il resto sono affezionato a questo lembo di pianeta che mi ha visto (suo malgrado) crescere, che non me ne staccherei volentieri.

Chiudo con una nota verso quello studio Svimez da cui è partito AB e le sue scatole di micidiali toscanelli: "partono laureati e diplomati". In che cosa ? se esportiamo filosofi non me ne preoccuperei molto, anzi... come al solito fanno una ricerca (lo Svimez) e tirano fuori le conclusioni di comodo.

"partono laureati e diplomati". In che cosa ? se esportiamo filosofi non me ne preoccuperei molto, anzi...

Uff, che antipatico che sei! :-)  Purtroppo però hai ragione...

Non mi pare proprio che il pezzo di Alberto sia un'ovvieta', visto il dibattito politico e, in particolare, l'ultima esternazione del Presidente della Repubblica. Per me, la chiave di lettura del pezzo non sta tanto nei numeri, per quanto sempre condizione necessaria per l'argomentazione (vedi sotto), ma nel richiamo alla responsabilita' personale, un concetto che risulta arcano a molti residenti in Italia, ma ovviamente non altrettanto a coloro che se ne sono andati. In questo caso, responsabilita' personale significa prendersi carico del proprio destino, senza piangere o ricriminare.

Due tra le tue affermazioni mi lasciano a dir poco perplesso. Eccole:

 

Difatti oggi il Meridione esporta molti più Al Capone che Caruso,

 

 

...partono laureati e diplomati". In che cosa ? se esportiamo filosofi non me ne preoccuperei molto, anzi...

 

Non ho dati a disposizione, ma mi stupirei se il Meridione esportasse piu' Al Capone che Caruso o piu' filosofi che ingegneri.Ti prendo letteralmente unicamente per motivi dialettici.

Primo: se ci limitiamo ai Paesi industrializzati, e' difficile pensare ad una destinazione che ad un criminale possa apparire piu' vantaggiosa di diverse parti del Mezzogiorno. Non credo si possa dire lo stesso per la lirica.

Secondo: per i filosofi il differenziale salariale tra Mezzogiorno e resto del mondo e' di molto inferiore a quello degli ingegneri.

 

Mi sono letto la discussione con un po' di calma. Mi pare ci sia una certa confusione sulla questione di politica economica, certo ingenerata dal mio post - anche perche' ho volutamente cercato di evitare la politica economica. Vorrei pero' a questo punto provarci.

La questione non e' se sia diritto o meno che una regione si sviluppi economicamente in modo che il reddito dei propri abitanti cresca senza espatriare. Non e' nemmeno chiaro cosa sia un "diritto" in un contesto come questo. Mi pare comunque ovvio che diritto non sia (nella maggior parte della accezioni che conosco di questa parola), ma chesarebbe meglio succedesse. Nel Sud come in Africa o in India. 

La questione di politica economica, se vogliamo semplificare brutalmente e ipoteticamente, e' la seguente:

Abbiamo 100 miliardi di euro da spendere nello sviluppo del Meridione. Quali delle quattro opzioni e' la migliore - assumendo che tutte costino 100 miliardi (aggiustare le quantita' appropriatamente)?

a) li assegnamo agli amministratori locali per appalti di costruzione di  ospedali scuole e strade

b) costruiamo porti e una acciaierie

c) detassiamo i redditi da lavoro e capitale prodotti nel Meridione

d) finanziamo 4 voli A/R all'anno e un mese di vacanze a chiunque lasci il Meridione per lavorare o studiare altrove

Il post implicitamente suggerisce non che d) sia la migliore, ma che non sia ovvio che non lo sia, come sembra tutti pensano. 

PS Il fatto che la Comunita' abbia stabilito a) o b)  non e' ragione a sufficienza per argomentare che sia la migliore.

 

Il fatto che la Comunita' abbia stabilito a) o b)  non e' ragione a sufficienza per argomentare che sia la migliore

Nota tecnica: leggersi la Politica Regionale in oggetto prima di sentenziare.

RR

 

Abbiamo 100 miliardi di euro da spendere nello sviluppo del Meridione.

 

Scusa Alberto, ma da dove esce questa cifra ? se è il FAS (Fondo Aree Sottosviluppate), l'UE ha stabilito che si debba applicare a livelli nazionale, lo studio Svimez , nel suo documento di sintesi, riporta che, per le politiche di "sviluppo" il governo centrale ha stanziato lo 0,8 del PIL; stanziamenti, tra l'altro, utilizzati, come sottolineato dall'MPA, per finanziare poi altre cose, tutte situate al Centro-Nord.Ad esempio il fondo di ricerca, pensato per le imprese meridionali, poi obbligatoriamente (dall'UE) esteso a tutto il territorio nazionale, è stato assegnato al 94%  a imprese del Nord.

Se vuoi mi leggo il rapporto SVIMEZ e te ne faccio un riassunto, ma io questi 100 miliardi non li ho visti.

In verità non ho nemmeno visto i "soldi veri" promessi a Marcegaglia & co., per cui dovrei essere in buona compagnia.

Ciò nonostante, se veramente ci fossero io quei 100 miliardi non li vorrei, e così molti come me, basta con questi soldi che comunque o vanno finire ai soliti noti, o tornano al Nord piagnone, che sventola i "soldi dati al Sud" e poi se li prende, come il fondo di ricerca, che però si intitola ancora "Fondo per l'innovazione e la ricerca nelle aree svantaggiate". Milano, Torino e Venezia, secondo l'effettiva allocazione.

Noi non abbiamo nè il mercato (del lavoro, i salari adeguati alla produttività, ad esempio), nè la liberta di impresa. Sempre per esempio, la Sicilia e la Sardegna risultano esportatrici nette di derivati del petrolio, il problema è che queste risorse sono in mano all'ENI (una società monopolistica statale, con sede al Nord: S. Donato Milanese) e ai Moratti per la Sardegna. In qualunque parte del pianeta si sarebbe sviluppata anche un'industria chimica di base, ricerca, innovazione e sviluppo, ma l'ENI, monopolista nordcentrico, affida tutte queste cose a società del Nord, tanto che questo settore si è sviluppato. Dove ? A S. Donato Milanese.

Il mio non è spirito di "revanche" meridionale, ma mi sono stancato di sentire piagnistei. Meridionali e Settentrionali, senza distinzione. Lasciassero agire il mercato, quello serio, non quello delle vacche o dei voti assistenzialisti.

Tutto sommato per lo sviluppo di un'area basterebbe Adam Smith, e credo che anche lui non darebbe alcun peso all'emigrazione, secondo Hobsbawn (che però è marxista) il secolo della borghesia è stato un secolo di grandi migrazioni.

Chiudo con una nota sul rapporto Svimez: alla fine di ogni capitolo fa una sua nota di "politica meridionalista", se ti sei stupito per il loro "rammarico" per l'emigrazione non leggere il resto..

Mentre ci affanniamo a trovare ragioni che convincano noi meridionali a muoverci di più, ci tocca sentire queste emerite cialtronate.

La Lega, cioè, vuole inserire un test, per i professori, che attesti, per dirla con le parole di Paola Goisis, «il loro livello di conoscenza della storia, della cultura, delle tradizioni e della lingua della regione in cui vogliono andare ad insegnare». I titoli di studio, quindi, passeranno decisamente in secondo piano. «Non garantiscono un'omogeneità di fondo - osserva il deputato del Carroccio - e spesso risultano comprati...>>

Uno dice: stanno abolendo le abilitazioni e il valore legale dei titoli di studio? No, infatti leggiamo che:

Così - racconta ancora la parlamentare leghista - abbiamo chiesto che ne venisse recepita almeno una parte nel testo unificato che ora era all'esame della Commissione Cultura. Abbiamo rinunciato a tutto, tranne che ad un punto sul quale insisteremo fino alla fine: ci dovrà essere un albo regionale al quale potranno iscriversi tutti i professori che vogliono. Ma prima dovrà essere fatta una pre-selezione che attesti la tutela e la valorizzazione del territorio da parte dell'insegnante»

Io di follie di promozione lingustica in Sardegna ne vedo già tante...adesso ne vedremo anche altre...

NO, Marco, no ... perché mi costringi a difendere la Lega?

Facciamo così, io non dico niente, però voi andate a vedere cosa succede nel campo scolastico in tutti quei paesi dove le autonomie locali corrispondono a comunità/nazioni con lingua e cultura "proprie" in un passato più o meno lontano ma recente abbastanza da essere ricordato o assunto come proprio da chi lì vive (tanto per dire, Belgio, Spagna, Regno Unito ...). Ok? Poi ne parliamo.

P.S. Per quanto riguarda poi la vexata questio di "dialetto vs lingua", ricordo a tutti che un dialetto è, usualmente, una lingua priva dell'esercito ...

P.P.S. Per Francesco: quante lingue/dialetti si insegnano nelle scuole pubbliche svizzere? Sapresti mica dirmelo?

Quello che mi sembra ripetersi è sempre la solita storia: appena qualcuno prova ad invocare il mantenimento e la valorizzazione di culture locali, forse la vera ricchezza dello stivale, cominciano insulti e risatine.

Queste provengono il più delle volte propro da Sud, dove, come nell'emblematico caso Sardo, vorrei proprio vedere cosa direbbero (o cosa succederebbe...) i tuoi co-regionali se fossero tagliati tutti i contributi per cultura e lingua Sarda.

Allora, mi dai una buona ragione perchè non possa avere gli stessi diritti in Veneto o Lombardia?

Il punto, a mio avviso, è molto più banale. L'unità garantisce il flusso di denaro direzione Nord-Sud, per cui il pericolo vero è che le genti del Nord, riscoprendo mai cancellate radici regionali o localiste siano un pò meno disposte a sovvenzionare uno stato forzatamente unitario.

Mi sbaglio?

Se le regioni del Sud fossero ricche, diciamo come la Catalogna, interessebbe molto se in Veneto fanno 2 ore alla settimana di lingua e cultura locale?

 

Domanda: cosa propone Alberto di fare dei meridionali che non volessero emigrare ed essere ricchi, belli e felici all'estero e che, per un semplice meccanismo di adverse selection, potrebbero essere i meno capaci? Li sterminiamo? Smettiamo di sussidiarli (togliendo  loro il diritto di voto)? Continuiamo a sussidiarli?

Giovanni: prima lasciami precisare che  non ho detto che andrei con d) (sussidiare gli emigranti), ma solo che non lo escluderei a priori. E' importante, non per pararmi il didietro, ma perche' il mio punto e' proprio che d) non e' nemmeno considerata logicamente come politica. 

Poi rispondo: nulla. se il sussidio lo diamo a quelli che partono gli altri stanno, ricevono un sussidio in quanto incapaci (non in quanto Meridionali - che gli incapaci ci sono anche in Tirolo) e godono di un "accresciuto prodotto marginale del lavoro incapace" se i capaci sono quelli che se ne vanno (come assumi tu). 

E rispondo anche con una domanda alla domanda: e se invece sussidiamo  quelli che stanno come facciamo da decenni, cosa facciamo di quelli che vanno - che pagano un prezzo salato per andarsene (i costi di emigrazione)? 

Li sterminiamo? Cominciamo a sussidiarli (dando  loro il diritto di voto)? Continuiamo a non sussidiarli?

Davvero Giovanni, non ti pare che le tue domande retoriche si possano girare (come ho fatto)? Non ti pare che tu stia proprio facendo quello che secondo me e' l'errore di considerare gli emigranti "altri" di cui non ci importa nulla? Perche'? 

Proprio non capisco.

Ora me ne vado in spiaggia, ci risentiamo stasera ...

Nel frattempo, quelli con le iniziali che fanno MB (come la mia, cioé ...) cercate di non scannarvi. Che a modo vostro avete ragione tutti e due, solo che una cosa non implica l'altra. È tutta una questione di da che parte si guarda l'erba: da quella delle radici o da quella dell'albero? Non c'è nulla di male con il plurilinguismo, per ridicoli possano essere gli estremi che raggiunge (ma l'afflato nazionalista che non s'è mai reso ridicolo scagli la prima pietra!). Se ha dei costi e quelli che lo vogliono perché vogliono preservare la lingua X son disposti a sobbarcarseli, che male c'è?

Bon, vado a scottarmi le chiappe, che son quasi cotte oramai ...

Io raccolgo l'invito a scambiarci un segno di pace...

1) Mi incuriosisce sempre che per criticare l'asserito monolinguismo praticato e predicato dallo stato italiano, e per avallare l'idea che la diffusione di una lingua può essere frutto di un progetto politico intenzionale, si citi l'esempio, appunto, della diffusione della lingua italiana presso segmenti di popolazione che ne erano all'oscuro anche dopo l'unità d'Italia. La sottolineatura di questo fatto storico indubitabile serve due fini che per i tradizionalisti sono complementari: a) dimostrare che si può, a colpi di delibere e decreti imporre una lingua, basta solo cominciare e poi le rose fioriranno; e b) dimostrare che il processo che ha condotto all'affermazione della lingua nazionale ha conculcato le diversità linguistiche locali. Da quello che leggo sembra che quel processo di affermazione del monolinguismo sia stato percepito come negativo od odiosamente intollerante delle diversità...non capisco però perchè se quel processo è così riprovevole, allora lo si debba replicare, su base locale. L'italiano è stato imposto e la cosa non era giusta? Perchè imporre ora il sardo sull'Italiano. E qui veniamo all'altra questione

2) Quando dico imporre, intendo diffondere ope legis. Nessuno sano di mente impedisce a chichessia di usare la sua lingua, manco i turchi con i kurdi fanno più una cosa del genere. Quello che mi secca è che si usino soldi pubblici, e leggi, per imporre la conoscenza del bergamasco o del sardo, perchè di questo si tratta. La Lega non vuole creare un'associazione culturale privatistica per la diffusione della cultura locale, ma vuole una legge erga omnes. Perchè? Per il consenso? Perchè ci crede? Non lo so. So che non sono maggioranza neanche nelle zone dove prendono voti e dunque non possono proporre una cosa così controversa. Se uno vuol fare promozione della propria lingua natia può farlo, ma perchè pretendere di usare risorse pubbliche per imporre leggi e sanzioni per chi si distacchi dalla visione, minoritaria, di Lega e Sardisti in merito a come regolare le faccende linguistiche?

3) Per tutti gli "sconfitti" linguistici è il momento della rivalsa. Siamo davvero nell'epoca della riproducibilità tecnica infinita. Si possono fare siti internet di sardo; fare i sottotitoli in sardo di Sex and City; fare i fascicoli "Il sardo per tutti" e venderne le dispense in edicola (mi immagino le pubblicità: "il sardo è sempre più importante per i tuoi affari. Da oggi anche tu puoi impararlo..."). Voglio dire, perchè questa foga di passare per lo stato per salvaguardare le proprie radici? Adesso ci sono mezzi che possono davvero garantire la diffusione e la preservazione delle culture indigene, in maniera certo impensabile anche solo fino a pochissimi anni fa.

4) Poi c'è la storia delle elites, che per distanziarsi dal popolino studierebbero le lingue che questo non conosce e per disprezzarne l'ignoranza...poi le stesse elites impongono lo studio di quella lingua e allora non si capisce quale uso esclusivo le elites avessero in mente. Però io vorrei dire una cosa un po' antipatica e lo dico con riferimento al sardo così non rischio di offendere chi sardo non è. Ma davvero imparare l'italiano, per i figli di contadini sardi nel 1930, era un atto di oppressione? A mio modesto parere era un atto di grande affrancamento culturale perchè apriva nuove possibilità, impensabili con l'uso del sardo e basta. Tra l'altro io capisco benissimo due varianti di sardo: quella da cui provengono i miei e quella della zona dove vivo: a parte certe espressioni, il dialetto mi serve solo per fare battute.

Visto che in questo post Aldo Giovanni e Giacomo ce li ha messi l'autore, ecco la loro Lezione di Sardo.

Mah, io saro' cieco ma non vedo nessuna domanda culturale per il Lombardo nelle scuole o nelle istruzioni delle merendine. In Veneto puo' essere diverso, ma in Lombardia allarghiamo le vocali e basta, nulla di piu', il dialetto non lo parla nessuno sotto i 75 (vabbe' esagero, ma la differenza col Veneto e' enorme). 

Ecco perche' le boutade della Lega tali sono, imho. Non facciamoci prendere in giro dalla questione Catalana; l'analogia non tiene - non perche' diversa qualitativamente ma quantitativamente (a loro gli importa davvero a noi no). E poi adesso anche i Siciliani vogliono fare i Catalani (dice Lombardo - non ricordo dove ho letto). Io non credo nemmeno che l'obiettivo della Lega sia di raccattare rendite, ma solo di fare un po' di casino che senno' gli elettori si accorgono che per mantenere la sua positione a Roma Ladrona Bossi ha calato le braghe con Miccicche'. 

Pero' detto questo, la questione teorica aperta da Michele, cos'e' una lingua, come cambia,.. e' affascinante davvero ... un po' imnpossibile,.. ma e' estate, se non si filosofeggia adesso..

 

 

In Veneto puo' essere diverso, ma in Lombardia allarghiamo le vocali e basta, nulla di piu', il dialetto non lo parla nessuno sotto i 75 (vabbe' esagero, ma la differenza col Veneto e' enorme).

 

Non e' del tutto vero, nelle aree fuori dalla provincia di Milano e fuori dai capoluoghi di provincia il dialetto lombardo viene ancora usato, meno che in Veneto ma non e' scomparso.  Anche in Veneto sono abbastanza italianizzati solo i capoluoghi di provincia, mentre mi dice chi ha insegnato nella provincia che il 100% degli alunni veneti fuori dai capoluoghi ha come lingua madre il veneto.  Le aree di provincia del Veneto (dove vie i 2/3 della popolazione) non sono troppo lontane - per uso del dialetto - dalle aree di provincia di Lombardia e Piemonte. Non bisogna fare l'errore di prendere a paradigma quello che mostra la TV e i luoghi dove si arriva facilmente in treno o aereo.

Io non credo nemmeno che l'obiettivo della Lega sia di raccattare rendite, ma solo di fare un po' di casino che senno' gli elettori si accorgono che per mantenere la sua positione a Roma Ladrona Bossi ha calato le braghe con Miccicche'.

Eccco qui la verità! E senza troppi giri di parole (in dialetto o italiano che siano)!

Ma veramente qualcuno pensa che l'italiano sia stato "imposto"? La lingua dei "dotti" contro quella del popolo ? Troppo sole... null'altro. O il cervello portato all'ammasso, sia esso leghista che non.

Difendere le tradizioni e la cultura del proprio territorio non passa nè per una difesa a oltranza della lingua locale, pagata con i soldi degli altri, nè ponendo barriere, perchè presto o tardi la storia le spazza via.

Leggere di "difesa" di "barriera", di "quote" in un sito che dovrebbe essere un alfiere del liberismo mi sa tanto che qualcuno o non sa quel che dice, o è nel posto sbagliato.

Dove è il merito, dove è la capacita di trasmettere il sapere, base di un progresso sociale, dove è la libertà individuale nella proposta della Lega ? Che tra l'altro se l'è appena rimangiata ? facendo fare una figura barbina a chi nei commenti ha difeso questa scelta ? Parliamo di cose serie, che ieri ho chiuso i bilanci e oggi vado a pagare le tasse, anche per i nullafacenti che seggono in Parlamento e parlano per dare aria ai denti, senza rendersi conto che poi c'è gente che crede a quello che dicono.

Nota di servizio: il figlio di Bossi è stato promosso. per lui niente esame di "lumbard", solo un comodo posto di lavoro a Bruxelles nella segreteria di qualche leghista. Roma ladrona, la Lega non perdona!

 

Nota di servizio: il figlio di Bossi è stato promosso.

 

Si, al quarto tentativo. La battuta che gira è che stavolta il padre non è riuscito a passargli il compito...

 

Nota di servizio: il figlio di Bossi è stato promosso. per lui niente esame di "lumbard", solo un comodo posto di lavoro a Bruxelles nella segreteria di qualche leghista.

 

Ditemi dove, che qualche ortaggio da lanciare lo trovo...

RR

 

Segnalo che nFA (che il giornalista confonde sbagliando con la LN...) sta sfondando anche tra i comunisti di Pot-Op:

Da http://www.affaritaliani.it/politica/partito-sud290709.html :

 

Franco Piperno è un uomo del profondo Sud, nato a Catanzaro nel gennaio del 1942. E soprattutto è un attivista della sinistra estrema. Tanto che è stato con Toni Negri fondatore di Potere Operaio. Attualmente è docente di Fisica della Materia all'Università della Calabria. E proprio da lui arriva una proposta rivoluzionaria (e molto leghista) per affrontare e risolvere la questione meridionale: "Per salvarci toglieteci tutti i finanziamenti".

[...]

Secondo Piperno, non solo il lavoro nero per il Sud  è "evidentemente una risorsa perché se fosse stato emerso con la fiscalità che c'è in Italia non ci sarebbe stata sopravvivenza", ma non è nemmeno detto che la fuga di cervelli verso il Nord sia per forza un fenomeno negativo e "il federalismo sarebbe un'ottima cosa per il Sud, soprattutto in forme radicali: non tra regioni, ma tra comuni, tra città.

 

 

Mi sembra che alcuni, anche qui, si facciano prendere un po' troppo dal campanilismo, un po' come succede nelle beghe DX vs SX.

Credo sia meglio non perdere mai d' occhio un fatto banale: ci sono eccellenze e schifezze ad ogni latitudine, sia che parliamo di persone che di istituzioni. La distribuzione non è uniforme come piace sostenere a politici e media, ma le generalizzazioni e gli atteggiamenti da ultrà non servono a nulla.

l' UNICO MOTIVO per cui ha senso parlare di nord e sud è che il voto è organizzato su base geografica, per cui se vogliamo convincere gli elettori a far dimagrire lo stato abbiamo più speranze di successo dove ci son meno persone che dipendono da esso.

Purtroppo la Lega non mira a far dimagrire lo stato, ma a trattenere in loco e per se una fetta più consistente delle risorse statali.La lega raccoglie molti voti tra chi è stufo di "Roma ladrona",ma ha deciso da tempo di rappresentare soprattutto gli interessi di quei settentrionali che vogliono vivere di rendite pubbliche come molti fanno a sud.Banalmente, vorrebbero si licenziare 20000 (ok, 19000) forestali in Calabria, ma per assumerli a Varese.La vicenda Alitalia/Malpensa è li a dimostrarlo.

 

Purtroppo la Lega non mira a far dimagrire lo stato, ma a trattenere in loco e per se una fetta più consistente delle risorse statali.

 

La LN opera a mio parere in maniera positiva sia se cerca di ridurre lo Stato sia se cerca di trattenere in loco una fetta maggiore delle risorse in tutte quelle regioni che sono finanziatrici nette.  Questa azione risponde sia a criteri di giustizia sia a criteri di utilita', e dovrebbe essere seguita da tutti i partiti.

 

La lega raccoglie molti voti tra chi è stufo di "Roma ladrona",ma ha deciso da tempo di rappresentare soprattutto gli interessi di quei settentrionali che vogliono vivere di rendite pubbliche come molti fanno a sud.  Banalmente, vorrebbero si licenziare 20000 (ok, 19000) forestali in Calabria, ma per assumerli a Varese.La vicenda Alitalia/Malpensa è li a dimostrarlo.

 

C'e' una differenza molto grande tra la rendita pubblica degli operai forestali calabresi e i dipendenti di Malpensa, che sono dipendenti di una societa' privata posseduta dagli enti locali che opera in prima approssimazione secondo criteri di mercato e da tempo ormai non gode assolutamente di alcuna rendita legata alla presenza della linea aerea nazionale.

In ogni caso anche per assurdo licenziare 16000 forestali calabresi su 20000 e assumere 16000 forestali nuovi di zecca in Lombardia risponderebbe solo ad un banale principio di equita' sulla base del numero degli abitanti o del territorio. Non ci vedrei nulla di male.  Certo si puo' fare di meglio e licenziare 19500 forestali calabresi tenendo solo i 2000 che gia lavorano in Lombardia. Perche' Fini, Berlusconi, Di Pietro o Franceschini non lo propongono??? Scommetto avrebbero anche i voti della LN. Non sara' che le politiche di questi signori elencati sono ancora peggiori e piu' inique di quelle della LN?

Meno male che ci sono patriotti come Ernesto GDL che ci ricordano che:

La grande maggioranza degli Italiani sa come stanno le cose: sa che nell’ultimo secolo e mezzo non vi è stato altro strumento che abbia contribuito alla sua libertà, al suo progressomateriale, alla formazione della sua coscienza civile, più dello Stato unitario che si chiama Italia.

ma sopratutto che, quello che conta è l'Italia e non gli italiani.

 

Professor Bisin, la sua provocazione necessiterebbe di definire espressamente quale sia il suo intento finale. Senza questa definizione, alla fine del pezzo uno si chiede:

"Ma allora dobbiamo sostenere l'emigrazione dal Sud?"

Io sarei felicissimo, svuotiamo il Sud, mettiamo un bello steccato a Sud di Roma e istituiamo la più grande area wilderness d'Europa. Che tanto il Sud è solo terra, zolla, cemento... E al Nord ormai c'e' solo cemento... 

Ma l'intento (ignoro il risultato perché è di intenti che stiamo parlando) delle politiche per il mezzogiorno è quello di fare arrivare lo Stato là dove è sempre mancato per ragioni storiche - mancanza alla radice del fenomeno mafia, tra le altre cose.

La vera domanda allora è: quali sono le politiche che aiuterebbero il Sud a progredire (in senso sociale, economico, istituzionale, ecc.)? Lasciar perdere i problemi dell'occupazione (conclusione che volente o nolente emerge dal suo pezzo) vuol dire non solo emigrazione, ma anche un bel pò di nuove leve per le organizzazioni mafiose - non proprio il massimo della vita.

Sembra che anche Repubblica si veda costretta a pubblicare i rapporti di Bankitalia con una certa frequenza. Quest'ultima pare molto attiva sul tema del post, saranno mica tutti leghisti?

E gli tocca pure di prendere atto che al Nord, un pò di stipendi differenziati, non è che dispiacerebbero troppo...