Magistratura e politica. Tutti la fanno, solo MD lo dice

/ Articolo / Magistratura e politica. Tutti la fanno, solo MD lo dice
  • Condividi

In quanto membro di MD, vorrei rispondere all'articolo postato da Axel Bisignano la scorsa settimana.

L’01.08.91 mettevo piede per la prima volta in un palazzo di giustizia come magistrato. Ero a Genova e la circostanza ha la sua importanza. Nel '92, ancora prima di terminare il periodo di tirocinio mi iscrivevo all’associazione nazionale magistrati (ANM) ed a magistratura democratica (MD), una delle 4 "correnti" dei magistrati.

Non ho mai partecipato ad un congresso di MD. Non ho mai partecipato alle elezioni degli organi direttivi di MD. Non ho mai partecipato ad alcuna riunione nazionale tenuta da MD. Non conosco il volto della maggior parte dei colleghi che si sono succeduti nelle cariche di MD al consiglio nazionale (l’organo esecutivo centrale) e quelli che ho avuto occasione di conoscere non li vedo da almeno 8 anni. Eppure continuo a pagare la quota mensile di 20 €, ininterrottamente, da 17 anni. Perché?

Iniziamo col dire perché mi iscrissi a MD a soli 27 anni, dopo appena un anno di trascorso come magistrato tirocinante a Genova. Vi erano colleghi in tribunale, come in procura, la cui porta era sempre aperta, dalla mattina alle 08,00 alla sera alle 20,00. Erano colleghi noti, gli “inventori” del danno biologico o gli autori di scritti celebri sul nuovo codice di procedura penale o protagonisti di importantissime indagini penali. Nonostante la montagna di carte e la fama riconosciuta trovavano sempre il tempo per spiegarti con pazienza il mestiere. La sera tardi in ufficio correggevano le prime bozze di sentenza che redigevo od i primi provvedimenti da P.M.. Erano tutti colleghi di MD ed in questo erano diversi da altri. Mi iscrissi ad MD principalmente nella speranza di somigliare a loro, da grande.

Perché sono tuttora iscritto a MD? Certamente non più per quella speranza. I miei pregi ed i miei difetti sono quasi immutabili e quell’iscrizione non garantisce una professionalità maggiore di quella guadagnata sul campo anche grazie a quegli esempi.

Ecco allora alcuni dei motivi per cui continuo a pagare quella quota.

1) MD è non solo una corrente dell’ANM, ma è anche la rivista bimestrale Questione Giustizia, una rivista che viene acquistata da numerosissime biblioteche ed università italiane. Vi scrivono magistrati, professori universitari, avvocati. Un solo esempio: leggete il volume dedicato ai 60 anni della Costituzione, vi si aprirà il cuore e la mente.

2) MD è la rivista Giudici a Sud in cui si tenta di analizzare come sia possibile parlare di giustizia e cosa possono fare i magistrati nelle aree del nostro bel paese con il tasso di omicidi più alto d’Europa (ed almeno questo non è colpa della magistratura).

3) MD è anche MEDEL, l’associazione autofinanziata dei magistrati europei (spagnoli, francesi, tedeschi, austriaci ecc., oltre che italiani) che per la sua autorevolezza ha lo status di consulente–osservatore del Consiglio d’Europa e che offre supporto alle associazioni dei paesi in fase di consolidamento democratico, da quelli dell’America Latina, alla Turchia, alla Serbia, alla Georgia eccetera. Due degli ultimi tre presidenti di MEDEL sono di Magistratura Democratica. Se solo sapeste cosa fa MEDEL per aiutare le giovani (in termini di maturità democratica) magistrature degli altri paesi sareste fieri anche voi, come me, che una parte della quota versata vada a rimborsare le spese di questi colleghi che con fatica e senza alcun ritorno perdono il loro tempo per un’idea di giustizia oltre l’Italia.

4) MD sono le centinaia di iniziative che organizza su tutto il territorio italiano. Guardate su internet cosa è accaduto a La Spezia dove MD a maggio di quest’anno ha organizzato “Le parole di Giustizia” in collaborazione con il comune di La Spezia, in ricordo di un suo scomparso esponente.

5) MD sono gli innumerevoli libri scritti in materia di giustizia. Un ultimo esempio? Il libro LA Carta e le Corti sui diritti umani in Europa. Il libro viene presentato, su richiesta di associazioni culturali ed ordini professionali, in decine di città italiane, oggi, nel 2009.

Mi importa poco cosa dice lo statuto di MD, che io come molti di MD abbiamo letto non più di una volta nella nostra vita. Guardo ai fatti.

Potrei continuare ancora per molto, elencando le fondazioni, le iniziative benefiche, le opere letterarie di MD. Ma credo che abbiate compreso che MD è un’associazione culturale che si occupa di temi di giustizia. Non è solo e non è tanto una corrente dell’ANM.

Un ultimo motivo per cui sono di MD lo devo però elencare, in quanto si collega all’accusa di politicizzazione.

Rimango in MD perché mi ha insegnato qualcosa che non avrei forse mai compreso. I magistrati veramente indipendenti sono quelli che rivendicano la possibilità di esprimere le loro opinioni su temi sociali, economici, di giustizia, nei limiti di forma ed opportunità che il caso raccomanda. Leggendo gli scritti di MD ho imparato la storia della nostra magistratura. Ho imparato che nel regime fascista i magistrati avevano il divieto di appartenenza a partiti politici e di svolgere attività politica; erano magistrati del regime: gli epurati furono coloro che non si sottomisero all’ideologia fascista. Il divieto era funzionale a mantenere lo status quo, a poter intervenire dietro le quinte, quando occorreva, sui magistrati, garantendosene l’asservimento. Il ministro della giustizia del primo governo Badoglio di unità nazionale, il liberale Vincenzo Arangio Ruiz (mica Palmiro Togliatti), quale primo atto tolse quel divieto, ritenendolo un privilegio odioso (sono parole sue).

La storia repubblicana ha confortato quell’assunto: diffidate dell’apoliticità, perché può spesso nascondere la subordinazione più deteriore. Domenico Pone, segretario della corrente di Magistratura Indipendente (MI, la corrente c.d. di destra), fu radiato dalla magistratura per l’appartenenza alla P2; un vincolo nascosto, che prevedeva il finanziamento da parte della P2 della stampa di Magistratura Indipendente. Antonio Buono, anch’egli di MI, andò in pensione prima del giudizio finale del procedimento disciplinare a suo carico per l’iscrizione alla P2. Ed oggi non vi sembrano strumentali le polemiche sulla magistratura rossa o politicizzata? Sottosegretario al Ministero della Giustizia è Giacomo Caliendo, già dirigente della corrente della magistratura c.d. di centro, UniCost; il ministro ombra della giustizia del PD è un ex membro del CSM, anch’egli esponente della stessa corrente di UNICOST. L’on.le Mantovano, di AN, dichiarava la scorsa legislatura che vi era una questione deontologica per quei magistrati che scendono in campo con plateali prese di posizioni politiche; MANTOVANO è oggi parlamentare, in precedenza ricopriva incarichi di governo quando era ancora magistrato, benché fuori ruolo per gli incarichi di governo.

I magistrati più temibili per coloro a cui non piace la legalità sono proprio quelli che non si nascondono, che firmano le petizioni per l’abrogazione di leggi che ritengono inique od incostituzionali e non si celano dietro l’apoliticità di facciata. Perché sono realmente indipendenti, non controllabili da alcun potere. La collega Gandus e gli altri due giudici del Tribunale nel processo Mills applicano il lodo Alfano anche se ne contestano la costituzionalità; Gherardo Colombo, anch’egli di MD, applicò la norma sul falso in bilancio che portava alla prescrizioni dei processi contro esponenti del centro destra. I magistrati che esprimono le loro idee hanno l’onestà intellettuale di sapere quali sono i propri limiti e, soprattutto, sono realmente indipendenti, perché trovano l’unica subordinazione nella legge e nelle idee su come applicarla, idee che tranquillamente espongono e sottopongono alla critica altrui. Quell’applicazione della legge che ha determinato l’assoluzione di Formigoni nel processo c.d. Oil for Food; dimenticavo: presidente era Nicoletta Gandus.

Vedete, ogni persona seria ed onesta, che ha frequentato i primi due anni di giurisprudenza sa che la legge non dice tutto e non prevede tutto. I giudici devono far vivere le leggi in contesti sociali mutevoli, con situazioni che il legislatore nemmeno conosceva e prevedeva. Il codice civile del 1942 che cosa ne sapeva del leasing, del factoring, dei contratti pronto contro termini, e tutto il resto? Tutti i giuristi sanno che il giudice nell’applicare la legge in parte la crea, la adatta, la sviluppa. Basta leggere un qualsiasi manuale di teoria generale del diritto per averne una conferma. La legge non dice tutto e non è mai completamente chiara. Dovete allora preferire i magistrati che non si nascondono, che espongono le loro opinioni senza vergognarsi delle loro idee che inevitabilmente condizionano l’interpretazione della legge. Anche quelli apparentemente agnostici, che nascondono le loro idee, ne sono condizionati; vengono condizionati dall’essere credenti o meno, cattolici o meno, conservatori o progressisti. Non ve lo dicono? Diffidate di loro. Non è questione di appartenenza a partiti politici, divieto che l’ANM ha stabilito per i suoi iscritti dal 1992, ma di non essere preda di poteri forti ed occulti. Chi espone le proprie convinzioni (ovviamente in generale, non sul singolo processo) è privo di condizionamenti indebiti, se non quelli che derivano dalla propria cultura ed avrà anche il coraggio di darvi ragione, magari a malincuore.

Un ultimo argomento: quello della carriera dei magistrati. MD si è battuta per l’attuazione del principio secondo cui i magistrati, come vuole la costituzione, si distinguano solo per la diversità di funzioni. Un magistrato di primo grado guadagna come un magistrato in cassazione con la stessa anzianità. Ciò ha consentito a Borsellino e, prima, a Falcone, di morire avendo esercitato sempre funzioni di primo grado, quelle più delicate e pericolose, guadagnando come i loro colleghi in cassazione, anche di quelli che annullavano i processi di mafia. Questo sacrosanto principio non vuol dire che i magistrati non debbano subire rigorose valutazioni di professionalità prima di ricevere aumenti di stipendio. Sicuramente è questo che oggi non funziona. Ma su questo MD non solo non ha colpe, ma ha sempre trovato la resistenza di altre correnti.

E’ vero, talvolta vi sono stati degli eccessi da parte di esponenti di MD nell’esprimere alcune convinzioni, magari richiamando a sproposito ideologie politiche a mò di comizio. Ma tali eccessi e le relative accuse non hanno mai riguardato provvedimenti giudiziari. La sentenza contro Mills è stata scritta a tre mani, da tre colleghi che non avevano alcun interesse e, soprattutto, potete starne certi, non sono stati in alcun modo condizionati dalle loro idee, poiché se avevano qualcosa contro il governo di destra o di sinistra, non avrebbero avuto bisogno di scriverlo in sentenza, ma, più onestamente e trasparentemente, avrebbero firmato, come ha fatto la Gandus, documenti con i quali quelle obiezioni sono state motivatamente ed onestamente illustrate.

Indietro

Commenti

Ci sono 62 commenti

questa è una difesa di MD più che una difesa del diritto dei magistrati a esprimere pubblicamente le proprie idee e a organizzarsi in forma di correnti di "pensiero". quindi MD va bene se è buona, ma non se è cattiva? cioè una associazione di magistrati fascisti è accettabile o no dal punto di vista dell'autore di questo articolo?

su come si comporta un sistema giudiziario apolitico e come reagiscono i giudici in caso di "scossoni", mi viene in mente www.cambridge.org/catalogue/catalogue.asp in cui una political scientist studia come hanno reagito i giudici apolitici cileni al passaggio alla dittatura appiattendosi senza fiatare al nuovo regime e legittimandolo, e come invece gli omologhi brasiliani e argentini, meno apolitici, siano stati meno malleabili e più "vocal".

 

Mi pare che uno dei punti principali di quel post fosse che i magistrati devono "apparire" imparziali e giusti nelle loro decisioni, e non "soltanto" esserlo. E questo agli occhi della grande maggioranza delle popolazione, non solo di chi ha fatto i primi due anni di giurisprudenza. Se posso permettermi, in questo post di risposta non leggo nulla su questo argomento, che a mio parere e' fondamentale.

Grazie per il post,ma :

MD sarà anche tante altre cose, ma è una corrente politica, il fatto che alcuni di voi abbiano letto solo una volta lo statuto, o forse nemmeno quella, non vi esime dal chiederne quantomeno il riesame, leggendo quello statuto vengono i brividi, e si dà facile argomento sulla politicizzazione della magistratura, che non solo deve essere imparziale, ma anche apparirlo. Insomma, se non avete letto lo statuto, ignorantia legis non excusat.

 

E’ vero, talvolta vi sono stati degli eccessi da parte di esponenti di MD nell’esprimere alcune convinzioni, magari richiamando a sproposito ideologie politiche a mò di comizio.

 

E' questa l'accusa più pesante, la sua ammissione le fornisce sicuramente la patente di onestà intellettuale, ma il(i) fatto(i) rimane.

 

Questo sacrosanto principio non vuol dire che i magistrati non debbano subire rigorose valutazioni di professionalità prima di ricevere aumenti di stipendio. Sicuramente è questo che oggi non funziona. Ma su questo MD non solo non ha colpe, ma ha sempre trovato la resistenza di altre correnti.

 

Manca l'argomentazione, questa affermazione è sicuramente generica: ci può dire dove e in quali documenti MD si è espressa a proposito della valutazione meritocratica dei magistrati ? E chi si è opposto, e con quali argomenti ?

 

Seguendo la logica del titolo del post, mi vengono in mente quei carissimi amici, l'un contro l'altro armati, che, dinnanzi alle rimostranze per la poca obbiettività di "giornalisti" come Fede e Santoro, rispondono: "eh ma almeno loro lo ammettono che sono di parte e non fanno finta di essere imparziali"...certo a prenderli troppo alla lettera quei miei amici poi si offendono: se commetto un torto contro di loro, e dinnanzi alle loro rimostranze ribatto, "eh ma almeno io lo dico apertamente che sono uno stronzo" allora l'argomento non me lo fanno valere più: scopro a mie spese che non basta l'autoenunciazione del possesso di una qualità per giustificarla pienamente.

Ma tornando al post, (e ringraziando davvero l'autore che ha avuto la pazienza di scrivere qui per noi lettori) mi ha colpito questa idea di eroismo che percorre lo scritto. Sia chiaro che non mi permetto di irridere nessuno per i suo sforzi (ci mancherebbe), lavorativi ed extralavorativi, anzi sono meritori davvero. Forse però con tutto il rispetto, involontariamente, l'autore del post ha dato l'immagine più efficace di come si sono concepiti e ancora si concepiscono i membri di MD: idealisti, attenti al bene comune, fanno i campi di lavoro nel terzo mondo :-)...essi inoltre sono quelli che si espongono, e il loro esporsi, così è scritto sopra non piace a chi non ama la legalità; loro si espongono e gli altri? E gli altri magistrati fanno lo stesso, ma non lo dicono e per questo sono doppiamente inaffidabili, sempre se ho capito bene.

In realtà, mi lasci dire, il fatto che essere neutrali sia difficile non significa che non sia importante provarci: Kant li chiamava ideali regolativi della ragione; qui, fra economisti come direste: asintoticamente tendenti alla neutralità? Che poi, guardi che anche qui si è tradito, eh...e cosa sarebbe questa critica della neutralità in teoria, se non una rivisitazione della critica del giovane Marx all'idea di astrattezza del diritto e delle istituzioni borghesi, che in fondo nascondono sempre interessi materiali e di parte?

E poi, perchè invocare la qualità del vostro tempo libero per giustificare le vostre scelte? La domanda non era se magistratura democratica è composta di persone decenti, la risposta la sapevamo anche prima ed è positiva. La domanda era, ma tutto questo impegno politico garantisce la percezione di neutralità dei giudici da parte dei cittadini?

"Ciò ha consentito a Borsellino e, prima, a Falcone, di morire avendo esercitato sempre funzioni di primo grado, quelle più delicate e pericolose, guadagnando come i loro colleghi in cassazione, anche di quelli che annullavano i processi di mafia. "

Falcone e Borsellino appartenevano a Magistratura Democratica?

"Falcone e Borsellino appartenevano a Magistratura Democratica?"

No, Massimo. Considerando tutte le cose "carine" che MD disse contro Falcone credo proprio di no... sai... per loro era uno venduto alla politica... ;)

Com'era quel detto? L'inferno è lastricato di buone intenzioni...?

 

 

"La storia repubblicana ha confortato quell’assunto: diffidate dell’apoliticità, perché può spesso nascondere la subordinazione più deteriore. "

"I magistrati più temibili per coloro a cui non piace la legalità sono proprio quelli che non si nascondono, che firmano le petizioni per l’abrogazione di leggi che ritengono inique od incostituzionali e non si celano dietro l’apoliticità di facciata. Perché sono realmente indipendenti, non controllabili da alcun potere."

Letto cosi' sembrerebbe che i magistrati che NON sono iscritti a Magistratura Democratica, siano servi del "potere".

Se tanto il post di Alex Bisignao che questo fossero entrambi veri, se ne potrebbe dedurre che non ci si puó fidare di NESSUN magistrato, MAI.

Consolante, no?

 

 

se ne potrebbe dedurre che non ci si puó fidare di NESSUN magistrato, MAI.

 

In realtà è proprio così, non è del singolo magistrato che ci si deve fidare, ma del sistema.

Il singolo è sempre esposto all'errore o alla mala fede ed i suoi comportamenti sono sempre a rischio, è il sistema che deve avere gli adeguati contrappesi per impedire le degenerazioni o, semplicemente, le inefficienze.

La questione italiana oggi è tutta qui: è il sistema giusitizia, ben al di là dei singoli, che non riesce a dare fiducia ai suoi utenti, che poi siamo tutti noi.

Trovo davvero stimolanti le tue riflessioni sul mito dell'indipendenza e sul valore della trasparenza. L'indipendenza di per sè non è un valore ma lo è in relazione alla libertà delle scelte che consente o dovrebbe consentire.

Ad esempio, nella misura in cui il nostro presidente del consiglio riesce a compiere e far compiere azioni orientate al proprio interesse personale possiamo dire che è indipendente (gli elettori mostrano di apprezzare questa indipendenza).

Nella misura in cui ha bisogno per queste scelte dell'apporto di altri, in quanto debitore, è meno indipendente.

Quindi il valore è la libertà, non l'indipendenza.

Da cittadino però mi chiedo: l'attuale assetto della magistratura (organi, organizzazioni, associazioni) la rende di fatto libera?

   Mi sembra che questo articolo rappresenti bene l'apologia di quella (pretesa)"superiorità morale" che, tra l'altro, sta affossando, politicamente parlando, la sinistra. Giustamente Francesco Lovecchio chiede e si chiede se una associazione di magistrati fascisti sarebbe altrettanto apprezzabile. Il quesito fondamentale è il seguente: è giusto applicare le leggi leggendole attraverso le lenti della politica? Possono i cittadini fidarsi di una tale giustizia?

"E’ vero, talvolta vi sono stati degli eccessi da parte di esponenti di MD nell’esprimere alcune convinzioni, magari richiamando a sproposito ideologie politiche a mò di comizio. Ma tali eccessi e le relative accuse non hanno mai riguardato provvedimenti giudiziari"

Questa affermazione mi sembra impegnativa, per usare un eufemismo. Come può l'autore garantire che nessun magistrato di MD si siano fatto mai influenzare dalle proprie convinzioni - p.es. nei processi sui licenziamenti o in quelli sull'interruzione di pubblico servizio per menifestazioni sindacali o simili?

 

 

E come possiamo garantire che altri magistrati di altro orientamento politico non siano altrettanto influenzati dalle loro opinioni politiche? Quando fui chiamato, come medico del lavoro, a scrivere una perizia per un caso di cancro di sospetta origine professionale in un verniciatore (deceduto) di una importante azienda automobilistica italiana, l'avvocato della famiglia mi disse, non so con quanta credibilita', che la causa aveva ben poche probabilita' di successo per il peso "politico" dell'azienda e che il giudice era sensibile a queste valutazioni di opportunita'. Ora, io stesso avevo forti dubbi sulla sussistenza del nesso di causa. Quel cancro e' piuttosto raro e l'evidenza non e' clear-cut. Il punto non e' questo. Il punto e' che l'avvocato mi ha privatamente confessato questi timori prima ancora che io avessi formulato il mio giudizio scientifico. Ovvero il sospetto e' endemico in Italia e non riguarda solo gli appartenenti a MD, evidentemente.

Tra le varie cose l'articolo mi pare ponga un tema interessante. Quanto la trasparenza limiti le distorsioni del sistema che emergono dal fatto che la legge non puo' regolare puntualmente ogni controversia? Mi par di capire che secondo l'autore dell'articolo ritenere che la legge debba essere semplicemente "applicata" perche' da sola contiente tutte le regole necessarie al giudizio sia illusorio e fuorviante e che criteri piu' "personali" entrino sempre in gioco nel processo. Insomma la legge non e' la cartina del mondo di Borges (cosi' dettagliata da essere il mondo stesso) e il giudizio presuppone sempre un elemento soggettivo. E' cosi'?

Se e' cosi' ci si deve chiedere: Quanto il dichiarare le proprie posizioni politiche, che invevitabilmente il magistrato si forma nella vita e nel corso della sua attivita' professionale e che ne influenzano le decisioni e le interpretazioni della legge, ponga il magistrato stesso sotto un maggiore scrutinio critico rispetto al magistrato silenzioso, che usa criteri interpretativi ma li mantiene impliciti, segreti. Quanto questo maggiore scrutinio rappresenta una tutela? Quanto invece la supposta "imparzialita' apparente" non rappresenti una foglia di fico per sfuggire al vaglio del proprio operato?

Questa storia dei giudici che non dovrebbero aver, od almeno manifestare, opinioni politiche mi pare sempre più ridicola. C'è la considerazione di "politica" come parolaccia.
Invece, svolgono (come ho già detto commentando il precedente articolo) un ruolo "politico", che non è quello legisltivo o di governo, ma appunto giudiziario. Un giudice che non avesse opinione politiche sarebbe un pessimo giudice, perché avulso dalla realtà.
Perché nessuno si stupisce che, ad esempio, il Ministro degli Interni (che ha ben maggior potere di un giudice) abbia dichiarate posizioni politiche, od il Presidente della Repubblica, e ci si scndalizza per un giudice?
Poi, non vedo perché dovrei temere la parzialità del mio giudice politicamente schierato se, per dire, litigo col vicino o sono accusato di furto: non parliamo di credibilità in generale. La discriminante, anche nei commenti, si riferisce solo ai giudizi su argomenti di lavoro dipendente: chiamiamo le cose col loro nome.
Aggiungo che un giudice che dichiarasse di non essere politicamente schierato mi darebbe minor fiducia, perché ben poco credibile. Ancora, il discorso è partito da un articolo di Bisignano, che ha introdotto l'argomento con una stiracchiatissima interpretazione della Costituzione, dandola per ovvia: in base a ciò, se se dovessi averlo come giudice, quello di cui mi fiderei di meno sarebbe proprio Bisignano...

 

Un giudice che non avesse opinione politiche sarebbe un pessimo giudice, perché avulso dalla realtà.

 

Ritengo che tutti abbiano opinioni, anche chi non le dichiara. Ma chi le dichiara pubblicamente e/o fa militanza politica tuttavia ha opinioni mediamente piu' marcate, meno modificabili dall'evidenza empirica, potenzialmente piu' distorcenti il suo lavoro.

 

Perché nessuno si stupisce che, ad esempio, il Ministro degli Interni (che ha ben maggior potere di un giudice) abbia dichiarate posizioni politiche, od il Presidente della Repubblica, e ci si scndalizza per un giudice?

 

Perche' l'azione del ministro dell'interno viene valutata, come quella del governo cui appartiene, e ogni 5 anni gli elettori italiani possono decidere di bocciare la maggioranza di governo e "licenziare" il ministro fazioso.  Cio' non accade invece per i magistrati, che sono costituzionalmente inamovibili.

 

Poi, non vedo perché dovrei temere la parzialità del mio giudice politicamente schierato se, per dire, litigo col vicino o sono accusato di furto: non parliamo di credibilità in generale.

 

Se tu stesso militi in una fazione, e il magistrato che ti giudica milita in un'altra opposta, hai ragione di temere la parzialita' del magistrato, specie in Italia.

 

Un giudice che dichiarasse di non essere politicamente schierato mi darebbe minor fiducia, perché ben poco credibile.

 

Esistono molte persone che pur avendo opinioni non le dichiarano pubblicamente e non militano in partiti politici.  C'e' ragione di ritenere che chi non fa militanza sia piu' equilibrato, anche se si tratta sicuramente di una valutazione statistica e non certa.

Janko, chiara la tua posizione che i giudici devono essere liberi di avere “opinioni”, che io condivido, ma poi annulli il tuo ragionamento con la tua chiosa finale quando dici che proprio per le opinioni espresse da Bisignano “dovessi averlo come giudice, quello di cui mi fiderei di meno sarebbe proprio Bisignano...”. Allora esprimere opinioni pubblicamente crea dubbi sull’imparzialità, specie se non se ne condividono le impostazioni. E’ un po’ come quegli americani che criticano la guerra del Vietnam (o in Iraq) non perché fosse ingiusta e sbagliata, ma perché si è perso!

Giusto come notazione di colore a stelle e strisce, quando i giudici della corte suprema entrano in sessione vi è la tradizione della “conference handshake”, in cui ogni giudice stringe la mano agli altri per sottolineare il fatto che sebbene possano tra di loro avere differenze di ideologia e opinioni, tutti condividono un comune obiettivo.

L'argomento centrale del mio pensiero non è la difesa delle idee di MD. Tale difesa viene dopo ed è del tutto eventuale; non a caso il pluralismo di pensiero, sensibilità e prospettive nella magistratura è un dato che MD non solo accetta, ma addirittura rivendica e sponsorizza (basti dire che negli ultimi 20 anni MD è stata sempre al governo dell’associazione nazionale magistrati – ANM, alleandosi sempre con tutte o alcune delle altre correnti, a dimostrazione dell’assenza di ideologismo assolutista, ed ha spessissimo espresso il Presidente dell’ANM, eletto anche dalle altre correnti).  

Come significativamente molti di voi hanno colto, il presupposto del ragionamento è una constatazione. IL giudice, qualsiasi giudice, in qualunque parte del mondo, fa politica, poiché la politica è insita nell'applicare le leggi. L'indeterminatezza semantica del linguaggio (il diritto è linguaggio) fa si che l'interpretazione della legge è un'attività creativa; molto spesso il giudice ed il PM nell'interpretare la legge hanno più scelte applicative, tutte egualmente sostenibili anche se in contrasto tra loro. La preferenza per le possibili opzioni può essere dettata dalla c.d. pre-comprensione, vale a dire da ciò che siamo, dalla cultura che abbiamo, dall'educazione e dalle nostre ideologie. Il giudice proprio per il suo ruolo di imparzialità ed indipendenza sbaglia se nega di essere influenzato dalla sua pre-comprensione, perché nega di avere delle idee, di considerarsi un essere pensante, ciò che non può esistere. Se è in buona fede può anche essere convinto di applicare solo la volontà del legislatore, ma ciononostante sbaglia e non ha gli strumenti per correggere il suo errore. Quante volte P.M. ed avvocati sanno che, ad esempio, alcuni giudici, non iscritti ad alcuna corrente, hanno una valutazione dei processi per infortuni sul lavoro per cui il P.M. ha vita facile. Di contro di altri colleghi è notorio che hanno la mane pesante nei confronti di certe fasce di delinquenti, quelli da strada, mentre tendono ad essere decisamente innocentisti nei confronti dei colletti bianchi, semplicemente per cultura, inclinazione, educazione, non sempre per servilismo.

Ebbene se ciò è la descrizione di un fenomeno e non una valutazione, allora il giudice che trasparentemente espone le sue idee politico-culturali è colui che è in realtà più indipendente ed imparziale, perché il suo pre-giudizio può essere sfidato apertamente. Un esempio: le norme che prevedono limiti di tolleranza delle polveri negli ambienti di lavoro (ad esempio l'amianto fino al 1992, ora è proibito in assoluto), vanno interpretate nel senso che quei limiti non sono una patente di liceità, ma consentono di proseguire l'attività d'impresa fino a raggiungere quel livello di esposizione se e solo se tutte le misure di sicurezza per ridurre o eliminare l'esposizione siano state adottate. In altri termini risponde del tumore anche chi ha rispettato quei limiti, ma poteva abbassare il livello di esposizione con accorgimenti tecnici. Una tale interpretazione è una scelta politica, poichè anche la diversa interpretazione potrebbe essere sostenuta. Allora il giudice trasparente non si nasconde dietro il formalismo: io applico la legge. In realtà più onestamente quel giudice dovrebbe asserire che il nostro ordinamento lascia uno spazio ad entrambe le interpretazioni ed allora io giudice in questo spazio attribuisco maggior valore alla salute dei lavoratori valorizzando le norme costituzionali di tutela del lavoro e della salute, rispetto agli interessi economici dell'impresa o della nazione. Voi potrete sfidare un tale giudice, cogliere le falle del suo ragionamento, cercare di fargli cambiare idea, poiché è consapevole dell’assenza di una sua verità definitiva. Diversamente chi nega il suo pre-condizionamento rimarrà preda dello stesso nei migliori dei casi, in altri casi preda di poteri forti e/o nascosti con cui, sentendosi sempre nel giusto e superiore, potrà allearsi.

Come manifestare il proprio pensiero e, soprattutto, esporlo al dubbio ed alle critiche altrui, è poi una questione personale. C’è chi scrive nelle riviste, chi fa gli editoriali sui giornali, chi partecipa alla vita di MD e di altre associazioni, come altri cittadini. Ma nascondersi del tutto è sintomo, nel migliore dei casi, di mancanza di consapevolezza del proprio lavoro, nei peggiori di intenzionale pregiudizio. Ovviamente stiamo parlando del giudice al di fuori del singolo processo, in cui il riserbo deve essere assoluto.

L’associazione dei giudici fascisti, per rispondere ad una domanda, non va bene in radice, poiché nega l’altrui pensiero, non ammette l’errore e lavora per escludere, non per confrontarsi. In una parola non è democratica.

Qui entra in gioco la professionalità del giudice, poiché il mettersi continuamente in dubbio e la necessità di essere coerenti nel proprio ragionamento (che va applicato anche quando nel caso di specie ha effetti contrari a quelli che si sono voluti in altri casi), implica conoscenze tecniche e culturali di alto livello. Il libro dell’anm LA MAGISTRATURA E LA SFIDA DELLA PROFESSIONALITA’ è stato curato da E. Bruti Liberati, presidente dell’ANM, esponente storico di MD. IL CSM nel 98 redasse un parere favorevole al disegno di legge FLICK che voleva le c.d. pagelle ai magistrati; relatori erano due consiglieri di MD: DUSI e PIVETTI. MD venne attaccata da molti magistrati proprio per questo ed oggi viene attaccata perché si ritiene che essa sia contraria all’individuazione dei carichi di lavoro esigibili (al di là dei quali dai giudici non si potrebbe pretendere altro). Mi fermo qui anche se gli esempi potrebbero continuare, ma volevo rispondere ad una giusta osservazione per cui nel mio contributo ero stato generico nel rivendicare per MD (ma anche la corrente del MOVIMENTO PER LA GIUSTIZIA non è stata da meno) le spinte verso la maggiore professionalità dei magistrati.

Detto questo dissento spesso da opinioni di merito e da metodi di MD, ma devo dire che il collega Bisignano ne aveva dato un’immagine deformata e del tutto irreale; ritengo ciò sia dovuto alla mancata conoscenza della sua storia passata ed attuale.

Scusatemi per la lunghezza e complimenti a chi è arrivato a leggere fino alla fine!!!

 

 

Ebbene se ciò è la descrizione di un fenomeno e non una valutazione, allora il giudice che trasparentemente espone le sue idee politico-culturali è colui che è in realtà più indipendente ed imparziale, perché il suo pre-giudizio può essere sfidato apertamente.

 

Concordo che se il giudice ha dei pregiudizi è preferibile che li esprima, ma sapere che sarà mio amico o nemico non lo rende per nulla più imparziale.

E poi lo ribadisco: tra esprimere le proprie preferenze politiche ed associarsi (tra magistrati) per promuoverle ce ne passa.Nel suo intervento non ho trovato una sola ragione a favore.Cosa fa di bello MD che non potrebbe fare senza colore politico?

 

nascondersi del tutto è sintomo, nel migliore dei casi, di mancanza di consapevolezza del proprio lavoro, nei peggiori di intenzionale pregiudizio

 

Nascondersi forse si, ma ci saran pure giudici con scarse simpatie politiche che non si esprimono perchè non si sono mai interessati di politica, o comunque non si sentono vicini a nessuno.Qui è pieno di gente così, seppure non sian magistrati.

 

L’associazione dei giudici fascisti, per rispondere ad una domanda, non va bene in radice, poiché nega l’altrui pensiero, non ammette l’errore e lavora per escludere, non per confrontarsi. In una parola non è democratica.

 

Non svicoli: per quello basta sostituire i fascisti coi missini, democratici ma con idee molto simili.

Adesso è tutto chiaro: se vai a giudizio spera di avere culo e acchiappare un magistrato che la pensa come te.

Avevo già scritto in un post della mitica pretura del lavoro di Barra (NA): tutti giudici di MD (almeno nel 1992): persi una causa su cui il mio avvocato mi aveva già detto: la perderei in primo grado e la vincerai in appello. Sapeva chi erano i giudici, non sapeva il diritto.

Nessun dubbio sul fatto che i magistrati debbano avere delle opinioni politiche, che possano anche, in minima parte, farsi influenzare, ma qui non siamo più alle correnti, ma ai tornados, e questo mi sembra un pessimo esempio sull'amministrazione della giustizia, anzichè avere uno sproloquio come statuto, non potreste dire: aderiscono a MD tutti i giudici con una forte sensibilità sociale, ma che mai e poi mai deve diventare argomento per lotta politica, anzichè parlare di lotta fra le classi ? Non sarebbe meglio, così da eliminare il sospetto che un giudice di MD, oltre alla pre-condizione abbia anche una post-condizione del tipo : Berlusconi Silvio sempre colpevole ? (è un sospetto indotto dalla parte BS, ovviamente).

Sulla pazienza di leggere fino alla fine vorrei dire: dipende. Anche dal corpo lettera, ad esempio-).

 

L’associazione dei giudici fascisti, per rispondere ad una domanda, non va bene in radice, poiché nega l’altrui pensiero, non ammette l’errore e lavora per escludere, non per confrontarsi. In una parola non è democratica.

 

 

Un pò come quella eventuale associazione di giudici che si ispirasse alla teoria comunista... non credi?

Per il resto, in estrema sintesi, ritengo che tu abbia argomentato in maniera suggestiva, ma non convincente. Tuttavia, entrerò nel merito domani (e di questo mi scuso) perchè è tardi :)

 

 

 

Quello è solo un' obiettivo asintotico, non lo è e non lo sarà mai.La politicizzazione dei giudici lo allontana, non lo avvicina.

 

lascio perdere l'altro post che si commenta da solo col tuo esempio del kkk e pure la faccenda del prendersi sul serio visto che pare ci sia gente che non riesce a capire quando un post è serio e quando non lo è.
a me pare però che concordiamo sul fatto che l'imparzialità sia un obiettivo verso cui tendere ma impossibile da raggiungere nella pratica. mi pare anche che sia innegabile la presenza in ogni uomo di pregiudizi politici o lateralmente politici (fatto che in un magistrato, visto che esercita un potere, è la stessa cosa).

a questo punto bisogna capire, al di là delle opinioni che tali rimangono, cosa si possa fare per migliorare le situazione. possiamo vietare le correnti nella magistratura? è un obiettivo praticabile? in teoria si potrebbe arrivare a vietare ad un giudice di tesserarsi per un partito ma la cosa non cambierebbe di una virgola il "problema" perchè, come ti si sta tentando di spiegare, le opinioni politiche non sono opinioni partitiche.

 

a questo punto bisogna capire, al di là delle opinioni che tali rimangono, cosa si possa fare per migliorare le situazione. possiamo vietare le correnti nella magistratura? è un obiettivo praticabile? in teoria si potrebbe arrivare a vietare ad un giudice di tesserarsi per un partito ma la cosa non cambierebbe di una virgola il "problema" perchè, come ti si sta tentando di spiegare, le opinioni politiche non sono opinioni partitiche.

 

Credo non si possa far nulla di più che sensibilizzare al problema.

 

allora il giudice che trasparentemente espone le sue idee politico-culturali è colui che è in realtà più indipendente ed imparziale, perché il suo pre-giudizio può essere sfidato apertamente

 

Ma chi puo' "sfidare" il suo pre-giudizio? Cosa significa questa frase?

Il giudice e' inamovibile, non e' un politico eletto e "licenziabile" dopo 5 anni. Non esistono nemmeno meccanismi di valutazione che abbiano conseguenze economiche, per un giudice. Chi lo sfida e come, se esprime convinzioni estreme e le applica nell'interpretazione della legge, che secondo la tradizione italiana e' piu' "creativa" che altrove e piu' orientata a sfruttare il cavillo formale per rovesciare la sostanza dei fatti?

Se vogliamo in tempi recenti la "sfida" corrisponde agli attacchi personali ai giudici basati sulla loro militanza politica opposta a quella degli imputati. Ma non credo che siano queste le "sfide" preferibili o preferite dai magistrati stessi.

Detto questo, mi sembra che nel contesto italiano non ci sia soluzione.  Il sistema italiano si basa sul fatto che nel concorso per l'accesso alla magistratura vengano selezionati magistrati competenti. In quel momento nessun controllo viene fatto sulla loro moderazione in materia di convinzioni politiche oppure meglio sul fatto che non applichino la legge secondo la prescrizione di Giolitti.  Non sarebbe nemmeno facile, prima che abbiano iniziato ad operare.  Poi la Costituzione e la sua applicazione reale impediscono ogni sanzione a chi applica la legge secondo la prescrizione di Giolitti.

Ritengo che il sistema giudiziario disegnato dalla Costituzione sia radicalmente errato, si tratta del tipico costrutto dell'idealismo italiano, avulso dalla pratica empirica, destinato a fallire miseramente come tutti i costrutti ideali che non tengono conto della realta' concreta e della natura degli uomini.  Molto migliore e' il sistema tedesco per esempio, in cui i magistrati vengono valutati, con conseguenze, per il loro operato. Una forma di controllo e aggiustamento empirico e' necessario in ogni attivita' umana.

Finche' rimaniamo nel contesto italiano, sarebbe nell'interesse dei magistrati stessi, per evitare attacchi personali, astenersi da fare militanza politica. Il problema dell'applicazione giulittiana della legge pero' rimarrebbe, e un magistrato potrebbe essere attaccato per una serie di interpretazioni a senso unico.  In un sistema dove ogni magistrato venga valutato, con conseguenze, per il suo operato concreto, e dove il sistema di valutazione abbia una ragionevole credibilita', allora sarebbe plausibile e difendibile il magistrato militante che pero' e' stato ripetutamente valutato equo nel suo lavoro.

 

Molto migliore e' il sistema tedesco per esempio, in cui i magistrati vengono valutati, con conseguenze, per il loro operato. Una forma di controllo e aggiustamento empirico e' necessario in ogni attivita' umana.

 

come funziona nella pratica?

Tutti si preoccupano del "bias" ideologico-politico del magistrato. Io invece temo che i problemi più gravi li ponga il "bias" correntizio-carrieristico del magistrato, moltiplicato da un insano rapporto con l'opinione pubblica come espressa dai giornali e specialmente la televisione. I principali ostacoli all'indipendenza dei giudici sono il CSM e ANM e le sue correnti. Esempi di giudici che sono stati perseguitati per aver esercitato in maniera indipendente la loro funzione sono Clementina Forleo, che ha dovuto definire il termine "terrorista" lasciato nel vago da una legge improvvisata (Pietro Micca era un terrorista?), e Corrado Carnevale che si è trovato a dover correggere "errori" sapientemente infilati nelle procedure da magistrati siciliani, forse intimoriti dalla mafia. Ambedue sono stati abbandonati dalla Associazione Magistrati e perseguitati dal CSM. Ambedue i casi restano come monito per i giudici troppo indipendenti. [Sul caso De Magistris ho più dubbi]. Io penso che sia un errore criticare le correnti perché esprimono ideologie e motivazioni politiche. Le correnti della magistratura sono criticabili nella loro funzione di cordate carrieristiche. Quando MD (ma non Caselli) al CSM, sotto la guida di Elena Paciotti, si schierò contro Falcone (mi sembra per la posizione di procuratore antimafia), non lo fece certo per "bias" politico, ma per convenienza correntizia.