Ma spia, fa rima con meritocrazia?

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Tempo fa avevo pubblicato una sorte di "elogio della spia" quando essa agisca a detrimento dei copioni e dei bari. Fra le tante reazioni c'è stata quella di un lettore, professore di liceo, che ha deciso di usare il mio testo per aprire una discussione con i suoi allievi. Gli allievi hanno scritto dei temi.

Presentazione (a cura del docente Marco Zanini)

Il tema del "honor code" discusso su nFA è stato raccolto e girato a due classi di liceo (4° anno) nelle ore di filosofia, con l'intento di approfondire da un lato la struttura della argomentazione proposta (legame tra premesse e conclusione, consistenza delle premesse, loro estensione, validità e verità della conclusione), dall'altro lato soprattutto i contenuti in discussione, in particolare il tema del "merito" scolastico e la relazione tra comportamenti privati e ricaduta pubblica, rispetto a un atto come quello del "copiare / far copiare".

È stata senz'altro una occasione per aprire agli studenti uno spiraglio sul "mondo", rispetto al rischio sempre presente di chiusura autoreferenziale della scuola, e inoltre un modo per stimolare i più disponibili a mettersi in gioco, provando a ragionare, esporsi, argomentare... Uno spunto forse anche per altri docenti-lettori di nFA: temi da proporre in discussione ai propri studenti, qui, se ne trovano davvero tanti.

Il dibattito in classe è stato molto animato e articolato: evidentemente è un tema che tocca da vicino valori, scelte, comportamenti quotidiani nella scuola. Le reazioni si polarizzavano attorno ai due estremi, con prevalenza dei contrari/dubbiosi alla introduzione di un simile codice d'onore in Italia. Alcuni, tra questi ultimi, anche con motivazioni relative alla "efficienza" del sistema classe: copiare e far copiare permetterebbe di valorizzare le diverse competenze (dei pochi e soliti noti, osserva scettico l'insegnante...), scambiandosi i frutti di una divisione del lavoro (io ti dò matematica e tu mi passi latino) che permette il risparmio del tempo sulle materie meno apprezzate; tempo così prezioso in una scuola che ha così tante materie e così poche opzioni, che ti presenta un piano di studi "prendere o lasciare".

Qui di seguito sono presentati gli interventi di due studentesse che, dopo essersi confrontate da due punti di vista opposti nel dibattito in classe, hanno accettato la sfida di esporsi, tentando di motivare la propria tesi.

Avviso redazionale agli inflessibili lettori e commentatori di nFA: le autrici hanno 17 anni, non fanno il ministro e, ci dicono, non hanno un altisonante doppio cognome ... Detto altrimenti: alzo di tiro appropriato al bersaglio, please.

 

L' "Honor code"? Bella utopia per l'Italia

Credo che la reazione suscitata in classe dalla lettura dell'articolo sull'honor code negli Stati Uniti nasca e si esaurisca nella parola "meraviglia", ma non nel senso di ammirazione, anzi, di stupore. Stupore verso qualcosa che qui non si conosce: una vera meritocrazia.

Sarebbe bello importare un sistema simile. Uso il condizionale perché sono realista: è quasi impossibile. Anche le persone con una morale più limpida qui faticano a pensare alla concretizzazione di questa bella utopia. E i più, inoltre, accusano questo sistema di egoismo e ne hanno paura, ad esempio, per i risvolti che potrebbe avere nei rapporti tra gli alunni. Si chiedono dove vadano a finire la collaborazione, la solidarietà, l'altruismo.

Io trovo che queste argomentazioni siano solo delle maschere costruite, inconsciamente, solo perché non abbiamo esperienza di un sistema che faccia veramente leva sulla morale e lo percepiamo, per assurdo, quasi immorale. Qui si pensa persino che produca odio e competizione.

Bè, competizione forse sì, ma è fruttuosa, perché è da essa, e dunque dalla voglia di dare il massimo, di fare quel "di più" che ci permette di distinguerci, che emerge la parte migliore di ognuno.

Ma, in fondo, se si è abituati a non copiare e a non far copiare, come negli Stati Uniti, se questa è la sola realtà che si conosce, il problema non si pone. I tentativi diminuiscono e denunciare chi va contro la regola non è più mettersi contro la maggioranza rischiando l'emarginazione, ma mettere in evidenza un atto sbagliato commesso da una minoranza, facile da "punire" e rieducare senza risvolti sui rapporti tra gli studenti.

Allora, una volta consolidata questa idea, si riesce a capire che, suggerendo si nuoce in primis a se stessi e che in realtà l'atteggiamento egoistico è il chiedere di copiare, perché non si pensa al danno che il "migliore" rispetto a noi subisce permettendocelo. Infatti in un sistema meritocratico quest'ultimo rischia, in un ideale "graduatoria" degli alunni, di abbassarsi al livello di colui che ha aiutato a ottenere buoni risultati pur non avendo conoscenze sufficienti per meritare la propria postazione. Dunque il "migliore" diventa uno dei tanti e perde la sua occasione di essere premiato. Ma qui da noi, in Italia, è già elemento invisibile di una moltitudine anche nel caso in cui egli sia eccellente. Se si ottiene un voto alto alla maturità si è agevolati nell'ammissione alle università a numero chiuso, questo è vero, ma, eccezion fatta per le regioni a statuto speciale, essa resta un'istruzione a pagamento che non risparmia nemmeno i più meritevoli. In più, una volta terminati i costosi e lunghi studi, ci si trova magari con un attestato su cui è stampato un 110 e lode, ma privi di prospettive per il futuro e anche di speranze perché qui il mercato del lavoro apre le porte soprattutto a chi ha le conoscenze giuste, con o senza bei voti.

Dunque perché impegnarsi, distinguersi nello studio se esso in molti casi (c'è sempre qualche eccezione, ovviamente) non porta a nulla? Se i miei sforzi non vengono premiati perché affrontarli lo stesso? La vita è troppo breve per spenderla in estenuanti fatiche atte a raggiungere qualcosa a cui si può arrivare molto più facilmente. Questa è la mentalità che va per la maggiore qui.

Non mi illudo che gli Stati Uniti siano un'isola felice priva di corruzione, dove ogni cosa funziona bene, dove la gente è onesta ed esclusivamente chi lo merita arriva in alto. Ma penso che, in ogni caso, siano avanti anni luce rispetto all'Italia, dove spesso chi studia si ritrova a doversi motivare da solo, ovvero a studiare solo per il gusto di farlo e niente di più, dove gran parte di coloro che possiedono titoli di studio non ne sono all'altezza.

Io trovo interessante sia riflettere sul fatto che l'onestà si costruisca già in tali piccole cose e che su esse si basa ogni rapporto umano, dal familiare al politico; sia su quanto sarebbe "facile" iniziare a sradicare una morale sbagliata che è ormai data per scontata, cambiando "solo" il sistema educativo. Infatti a scuola si va per imparare non solo le poche righe scritte sui libri, ma anche a costruire la propria persona, i propri atteggiamenti, seppur essi siano influenzati anche dal contesto familiare in cui si vive. Ma se già tra i banchi si fosse obbligati a compiere delle scelte basate sull'onestà, si creerebbe un'abitudine che si ripresenterebbe ogni qual volta ci si trovi a dover decidere quale comportamento sia più giusto assumere, anche al di fuori del contesto scolastico.

Infatti è a scuola che si passa gran parte del proprio tempo e si vivono gran parte delle esperienze quando si è più giovani e quindi più veloci ad apprendere, più duttili e facilmente influenzabili.

Se si è onesti a scuola, una realtà ristretta, ma assolutamente fondamentale per un ragazzo, lo si è anche in seguito in realtà più ampie, più importanti proprio perché tali e perché così si è stati abituati a fare. Un procedimento forse lungo, ma, se si vuole, non irrealizzabile. In fondo non si può affermare nulla con sicurezza fino a che non si sperimenta il sistema, finché non si dà il via a tale processo provando ad introdurre un "honor code".

Certo, sarebbero utili, a questo punto, dei buoni modelli, visto che l'esempio non è uno dei modi più efficaci per insegnare, ma l'unico, e questa è una faccenda molto più complessa, ma risolvibile col trascorrere del tempo e con la diffusione del modello, sempre se chi di dovere, ovvero in primis i politici addetti alle riforme che riguardano tale problematica, si dimostra propenso ad attuare il suddetto cambiamento.

Ed è qui, purtroppo che si incontra la vera difficoltà. È per questo che un sistema simile resta ancora un sogno forse troppo lontano per l'Italia, dove si continua a preferire all'"egoistica individualità" il lavoro di "squadra".

 

 

Valutazioni sul codice d’onore studentesco

Dalle prime comunità umane del Neolitico alle megalopoli odierne, l’uomo ha sempre cercato di creare una forma di governo stabile. Ogni associazione ha inseguito il desiderio di creare un potere forte e affidato a persone capaci. È per tale necessità che si è iniziato a creare situazioni meritocratiche, in cui il comando sia affidato a personaggi distintisi per la loro bravura.

In una visione come questa, diventa complicato reputare positivamente un’attività che lede tale principio, come il copiare in classe. Tale tecnica può anche essere considerata negativamente, ma è la massima applicazione di un dettame, che viene molto prima della meritocrazia: la collaborazione.

Infatti ogni sistema antico o moderno che si rispetti, deve essere basato sull’aiuto reciproco, e sulla capacità degli uomini di collaborare e di sapersi aiutare nel momento del bisogno. Lasciare un compagno in balia delle difficoltà, in nome di un principio, va a ledere in modo pesante il rapporto instaurato fra i due. Non si può creare una società stabile, se ognuno pensa solo e soltanto a curare il proprio “orticello”. Il sentimento di collaborazione e aiuto deve essere alla base di qualunque rapporto, sia esso di piccola entità o di grande rilevanza. Rompere in tal modo i legami creati fra le persone, porterebbe ogni associazione alla degenerazione totale in un agglomerato di persone, che non vedendo nell’altro un collaboratore, lo considerano un avversario.

Favorire la collaborazione fra gli studenti non porta all’eliminazione del metodo meritocratico, in quanto le capacità di una persona si possono rilevare da altri fattori, non direttamente connettibili con la copiatura. Si potrebbe anche sostenere che copiare non sia l’unico modo per aiutare una persona, ma anche dando per vero ciò, non è considerabile l’idea di lasciare una persona in una situazione difficile in nome di principio.

Oltre a tale aspetto, è necessario, sottolinearne un altro: chiunque si senta visto come un avversario, automaticamente, reagisce trattando anche gli altri come tali. Ciò porta a creare un ambiente non solo pesante ma anche deleterio: come si può infatti creare un sistema che porti risultati positivi, se non si hanno intorno persone con cui si può avere uno scambio di collaborazione? Un ambiente sano, infatti, è necessario per poter produrre qualunque cosa.

Se in ogni società venisse applicato questo principio, si otterrebbe sicuramente un sistema meno egoista e più propenso al lavoro di squadra. La collaborazione infatti, non può che essere considerata un fattore positivo all’interno di qualunque tipo di organizzazione.

Considerato che le basi della futura società partono dalla scuola, non è giusto valutare così negativamente la collaborazione che si viene a creare fra gli studenti, che sperimentando tale principio già a scuola, lo potranno applicare in seguito. Se in tutte le scuole venisse “concesso” di copiare, si avrebbe una scuola, in cui gli studenti sarebbero più spinti ad aiutare ed essere aiutati, e la stessa cosa avverrebbe nella società, la quale sarebbe più in grado di risolvere le questioni di tutti appunto collaborando.

In conclusione, si può affermare che, nonostante la pratica della copiatura in classe sia valutata in modo pesantemente negativo, essa crea le basi per la costruzione di un mondo di domani non egoista e non egocentrico.

Non mi sembra il caso di aggiungere commenti miei, visto che la mia posizione è sia chiara che ben nota e visto che i due testi sono piuttosto espliciti e rappresentativi di due "Gestalt" praticamente ortogonali.

Il quesito socialmente interessante, ovviamente, è capire quanti giovani ritengono che copiare all'esame sia equivalente a "barare" o "rubare" e quanti, invece, pensino sia una maniera di "darsi una mano" e "collaborare". Perché, voi capite, il signor BS è oggi accusato del reato di concussione per un gesto che, a sentir lui, era motivato da generosità e consisteva semplicemente nel "dare una mano ad una persona in difficoltà ..."

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Commenti

Ci sono 85 commenti

Complimenti alla proposta del professore!

 

Sul tema copiare/non copiare...beh io non credo sia giusto farlo agli esami, per il semplice motivo che (olte alla moralità etc etc) quelle sono delle basi che non sappiamo se in futuro serviranno o meno (quindi è meglio saperle). Aggiungo poi che chi copia alle superiori, lo farà anche all'università (e ad ogni esame lo vedo) e nella vita. Arriverà ad essere  laureato senza un pezzo (speriamo piccolo) di quella base universitaria che poi davvero servirà in futuro. Per questo quando sento laureati (anche con 110 e lode) lamentarsi, non mi schiero subito dalla loro parte ma mi fermo a pensare il come siano arrivati a quel risultato. Mia mamma fa paghe, assunzioni/licenziamenti, e spesse volte arriva a casa dicendomi che la tal azienda ha licenziato un ragazzo uscito dall'uni con voto x>100 perchè totalmente incapace di fare anche cose elementari (ok, qui però si dovrebbe aprire un dibattito molto più ampio..era per fare un esempio).

Sul fatto poi di chi copia e da chi, credo sia palese che lo studente modello sia sempre la vittima della copiatura da parte degli studenti fannulloni, quindi il ragionamento io aiuto te in materia x, tu aiuti me in materia y, sia falsa. Paragonandolo alla vita reale, il ricco (che lo è diventato onestamente) deve mantere il povero tramite suddisi perchè questo non ha voglia di imparare un nuovo lavoro/lavorare e quindi se ne sta a casa a far nulla.

 

Per fare le cose onestamente (come facevamo noi al liceo), PRIMA delle verifiche, il matematico ipotetico aiutava il latinista a PREPARARSI alla verifica di mate....stessa cosa PRIMA di una versione di latino: il latinista aiutava il matematico a preparasi.

Questa è una divisione del lavoro (a scuola si intende) onesta e volta a migliorare e migliorarsi, oltre che a favorire i rapporti sociali. Secondo me almeno.

Questa è una divisione del lavoro (a scuola si intende) onesta e volta a migliorare e migliorarsi, oltre che a favorire i rapporti sociali. Secondo me almeno.

Forse più che alle intenzioni sarebbe necessario guardare ai risultati. Che poi son quelli che vediamo e viviamo ogni minuto e dei quali vediamo l'inefficienza e l'ingiustizia.

    Allucinante! Il secondo tema descrive in modo allucinante è limpido la situazione attuale italiana come il migliore dei mondi possibili. La prima si sente come una sognatrice circondata, ma almeno riesce ad immaginare qualcosa di migliore. Sarebbe bello avere una risposta dalla seconda ragazza alla seguente domanda:

    supponiamo che tu debba essere operata diciamo al fegato, puoi scegliere tra due ospedali, in ogni ospedale ci sono quattro medici "abilitati" ad eseguire l'operazione. Solo che nel primo solo uno ha studiato a fondo il fegato, ne sa tutti i segreti, ed all'università ha passato il compito a gli altri tre, che per questo sono adesso abilitati ad eseguire tale operazione e con il massimo dei voti. Nel secondo ospedale ci sono sempre quattro medici, che però prima dell'esame sul fegato si sono visti in biblioteca per oltre un mese e "collaborando" insieme hanno studiato a fondo l'argomento, sviscerandolo grazie ai diversi punti di vista. Inutile dire che hanno superato l'esame con il massimo dei voti tutti e quattro senza copiare.

   Per cui nel primo ospedale hai solo una possibilità su quatro di avere un buon esito dell'operazione (sai come si dice la "fortuna"), nel secondo il  buon esito dell'operazione è certo (o quasi, l'imprevisto è comunque in agguato).
   In quale ospedale ti faresti operare?

PS.

   nel primo ospedale, i tre che hanno copiato hanno in odio il secchione perché si sente un dio solo perché conosce bene la medicina, e non riesce a capire che anche gli altri tre hanno il suo stesso "titolo", per cui in ospedale c'è un clima di tutti contro tutti. Nel secondo invece i quattro medici sono ottimi amici, sai affrontare le difficoltà insieme crea "fratellanza", per cui se uno di loro ha dei dubbi su un'operazione è pronto a chiedere un parere ad uno dei suoi "amici".

 

Sì le ipotesi delle due giovani studentesse sono ortogonali. Anche l'opinione della prima tuttavia presenta segni di scetticismo da scoraggiamento per quanto vede accadere.

La studentessa la quale enfatizza la collaborazione e la solidarietà sfugge con una connotazione cattoliceggiante che in effetti il copiare ed il far copiare non sono solidarietà ma una furbuizia da scansafatiche di chi chiede di copiare o perfino una furbizia strumentale di chi lascia copiare. A scuola, ma non solo, la solidarietà dovrebbe esercitarsi sotto forma di supporto offerto a chi rimane indietro spronandolo ovvero affiancandolo nello studio. E' un aspetto di trasparenza e solidarietà vera in quanto tende ad indurre chi rimane indietro all'impegno ed al tirar fuori quello che di migliore ha. E' come se chi lascia copiare ritenesse chi copia un inferiore al quale l'unica soluzione possibile da offrire è la regalia della copia. I medesimi concetti non valgono ovviamente solo per la scuola. Anche la seconda giovane non pare avere consapevolezza della realtà che la circonda fatta, appunto, di finta solidarietà finta collaborazione e zero meritocrazia.

Vogliamo dire che la solidarietà è una scusa? e, se pensiamo che sia "cattolicheggiante", vogliamo ricordare alla studentessa la parabola dei talenti? 

Sono d'accordo.

Bisognerebbe vedere tutto il materiale ma mi sembra una foto perfetta dell'Italia di oggi.

Un gruppo  minoritario di persone che almeno in astratto percepiscono l'importanza di comportamenti corretti per costruire una società giusta. Questo gruppo è comunque sfiduciato e si adegua per pressione sociale (di qui il senso di lontanza che traspare dalla prima lettera)

Dall'altro la mafiosità perfetta, trovo ironicamente adeguato il riferimento al neolitico, in cui si chiama collaborazione la formazione di un microclan che va avanti non per meriti, ma sfruttando semplicemente la coesione e la massa critica. Notate come non sorga neanche il dubbio che avvantaggiare altri secondo una propria scelta personale (parlo di chi passa ovviamente, chi copia è ladro by definition) svantaggiando contemporaneamente tutti gli altri sia esattamente l'antitesi di una società giusta.

Notate anche come il concetto di copiare sia vestito di un concetto più alto come la collaborazione, per giustificarsi intellettualmente.

Il riferimento al Neolitico è perfetto, è che noi italiani socialmente siamo li.

 

Bah, non c'è nulla di simile alla situazione italiana nel secondo tema. La "copiatura" viene poi utilizzata (in pratica) in modo del tutto "egoista ed egocentrico", contrariamente da quanto auspicherebbe il tema. Stigmatizzare una ragazzina per aver descritto un'utopia buonista è penoso, da frustrati. 

La "copiatura" viene poi utilizzata (in pratica) in modo del tutto "egoista ed egocentrico", contrariamente da quanto auspicherebbe il tema

beh, il mondo continua ad essere come è, piuttosto che adeguarsi ai nostri più pii desideri. Anche gli asini si ostinano ad usare le zampe per camminare, piuttosto che usarle per volare, come auspicherebbe il tema.

Qui non si stigmatizza nessuno, direi.

Si fa un'analisi dei valori che vengono trasmessi da una società a coscienze in formazione.

Dall'articolo precedente sull'argomento, si capisce come in altre società si trasmette un valore corretto e lo si mette in pratica

Nella nostra si oscilla tra qualcuno che lo percepisce corretto, ma già a 17 anni non ci spera e qualcuno che lo inquadra nel fenomeno della collaborazione spontanea.

Una collaborazione spontanea che non rispetta tutti ma solo gli "amici".

E' questo che trasmettiamo come società italiana.

Premesso che sono fresco di scuola superiore (anche se ormai sono passati 7 anni), mi permetto di intervenire in questa discussione senza esprimere in nessun modo un giudizio di merito o ragione nei confronti delle due studentesse che hanno scritto i succitati temi. Tuttavia ritengo opportuno discutere circa l'essenza dei temi stessi.

Il primo parla dell'"Honor code" come di un sogno o addirittura di una utopia, il secondo ne parla come di incubo. Pur apprezzando lo sforzo che la prima studentessa ha fatto nell'immaginare una società priva di illegalità e ingiustizie, mi pare opportuno sottolineare che in entrambi i casi, non c'è stato, a mio modesto avviso (se sbaglio, voglio una spiegazione chiara), il minimo sforzo volto a ipotizzare concretamente una società, sia essa tra i banchi di scuola, tra i palazzi politici, tra i colleghi di lavoro, etc, dove impera la lealtà e la meritocrazia. Esiste, invece, la sicurezza conscia che la nostra società sia talmente corrotta e piena di illegalità, al punto tale da considerarla buona in quanto favorisce la collaborazione e l'aiuto reciproco (il secondo tema) o non recuperabile in nessun modo (il primo tema).

Leggendo tra le righe di entrambi i temi delle studentesse, alle quali rivolgo i miei sinceri complimenti per la bravura con cui hanno espresso il proprio pensiero su un argomento spinoso e delicato, ho notato un senso di demoralizzazione da incapacità a cambiare le sorti proprie e del paese. Su questo, sono particolarmente dispiaciuto in quanto ritengo che debbano essere loro (per loro intendo tutti gli adolescenti o pre-adolescenti) i primi ad avere un senso innato legato ai valori di lealtà, giustizia e meritocrazia (questo non lo dico io, basta leggere qualche libro sulla psicologia nei processi di sviluppo in età adolescenziale e pre-adolescenziale). 

Tralasciando la discussione in merito all'"Honor code" che ritengo un ottimo strumento per agevolare il cambiamento nella società italiana, ne approfitto per incitare le due ragazze a credere di più nei propri sogni e a non pensare che in giro ci sia sempre il solito "andazzo" e che nulla può una singola persona. L'intento di questo blog, come ha specifico Michele Boldrin in un commento recente, è di creare uno spazio all'interno del quale si possa parlare seriamente di problemi seri (come il succitato), che nessuno fuori ha il coraggio di sfiorare con un pizzico di serietà e buon senso. Pertanto, vi esorto a non farvi imbrigliare dalle dinamiche tipiche dei luoghi comuni tanto cari ad una grande parte degli italiani, ma cercate in ogni modo di costruire quotidianamente un piccolo spazio all'interno del quale coltivare le vostre idee e i vostri sogni.

 

 

 

Mi chiedo cosa pensi la seconda studentessa dello sport. Mi chiedo anche se pensi che lavorare in gruppo sia equivalente a copiare in sede d'esame. Mi chiedo infine che solidarietà creerebbe la copiatura se fosse una concessione invece che qualcosa per cui gli studenti debbono organizzarsi.

Leggendo l'articolo mia moglie mi ha raccontato il metodo utilizzato dal suo insegnante di latino per introdurre l' honor code:

"Copiate ! Copiate pure nello scritto! Non è importante, tanto nell'interrogazione alla lavagna saprò capire chi ha studiato e chi no."

L'orale come simulazione della "vita fuori". Dove aver copiato non ti servirà, ti servirà sapere veramente le cose (suona un po' ridicolo scriverlo, dato che la materia è il latino, ma concettualmente è giusto e soprattutto funzionava:-) ).

PS

Chi, nei commenti, afferma che il secondo tema descrive la situazione italiana sbaglia.

Nella realtà il "perfetto" tema italiano è il primo: "Si bisognerebbe fare così; sarebbe auspicabile ma, purtroppo, siamo in Italia"

Il secondo invece ha ammesso di non reputare "il copiare" negativamente.

Quindi, d'ora in poi, ogni sua "opera" corre il rischio di venir considerata come frutto di copiatura.

Il cosidetto "effetto Krasic" (già "effetto Nicola Berti") che, avendo ammesso una volta di essersi "tuffati", vennero per sempre bollati come "tuffatori".

Insomma da noi si fa ma non si dice finche non si è raggiunto lo scopo finale (diploma in questo caso) poi ci si può anche vantare di "essere stati furbi"

 

 

il signor BS è oggi accusato del reato di concussione per un gesto che, a sentir lui, era motivato da generosità e consisteva semplicemente nel "dare una mano ad una persona in difficoltà ..."

 

Dare una mano è nel DNA di Silvio : da giovine si faceva pagare , ora la dà senza contropartita.

Mentre tutti invecchiando diventano più duri lui diventa più generoso!Tenero!

Meno male che Silvio c'è!

Al liceo dai salesiani di via Copernico, anni di sveglia alle sette e messa ogni mattina, Berlusconi già imprenditoreggiava: «vendeva» i compiti ai compagni, ma se i lavori non prendevano la sufficienza, lui rimborsava

 

ora la dà senza contropartita

 

E' a lui che non la danno senza contropartita :-)!

La storia di lui che vendeva i compiti ai compagni mi è sempre sembrata "agiografica". Cioè s el'è inventata lui per darsi un'aria da enfant prodige. Secondo te è plausibile ?

Io credo che la prima delle studentesse andrà a studiare negli states per non tornare mai più. Questo mi pare di intuire tra le righe del suo testo.

Leggere questo estratto di cosa pensano i giovani non mi ha lasciato molte speranze per il futuro del nostro paese. Yet ci sono docenti - come questo professore che ha proposto il tema - che hanno ancora le idee chiare. Speriamo bene.

Premetto che in passato mi è capitato di far copiare e di essere stato insultato e deriso quando invece mi sono opposto, ma s'impara a fregarsene e rispondere le rime. Provo ad aggiungere un paio di elementi da interno al mondo degli studenti.

Nel contesto italiano, nonostante la "collaborazione", siamo vittime di individualismo sfrenato. Tutte le richieste, dai compiti di verifica fino alle ricerche e i progetti sono individuali. Nemmeno all'Università capita spesso di dover presentare un progetto collettivo, un lavoro di gruppo per il quale la valutazione finale sia condivisa. Certo, il lavoro può essere svolto insieme ma la presentazione e la valutazione sono individuali.

Questo genere di approccio è, secondo me, molto controproducente in termini di honor code. Gli studenti sono forzatamente costretti a convivere e hanno bisogno di condividere qualcosa, di collaborare perché la convivenza non risulti opprimente. Non potendo collaborare in un contesto positivo che apprezza e favorisce il lavoro in team come avviene nelle aziende, si finisce per condividere situazioni che dovrebbero essere invece personali. 

Nella mia esperienza, la copiatura non è nemmeno un modo per ridurre la competizione, ma crea risentimenti, frenati solo dall'obbligo di dover continuare a condividere gran parte del proprio tempo. E' quindi doppiamente negativa perchè escamotage per non creare tensioni con gli altri e portatrice di un malessere interno. Dall'altro lato della medaglia si finisce per vedere persone immeritevoli negli studi ma audaci e capaci di creare consenso intorno a sè che partecipano a peggiorare la situazione.

Purtroppo non tutti sono in grado di sfanculare questi pseudo-leader e per non isolarsi accettano questa miserevole pratica.

Per non restare nell'astratto, io introdurrei delle fasi di valutazione collettiva rispetto ad un lavoro di gruppo, all'interno del quale ciascuno esprime poi una valutazione sui colleghi, da riportare al professore che deve valutare il gruppo. A fianco, una componente di valutazione individuale con feroce repressione di cattivi comportamenti. Questi scemerebbero come numero in virtù del fatto che nella fase collettiva, per non essere vittime di cattive valutazioni, anche gli scansafatiche saranno obbligati a metterci impegno. 

Magari non è LA soluzione, perché in fondo ognuno risponde ai propri principi, però dubito che possa peggiorare la situazione attuale.

detto brutalmente, è colpa delle famiglie e della moralità (ormai scarsa) che inculcano ai ragazzi. Chiarisco, la maggior parte dei genitori preferisce un 7 copiato di un 5 meritato. Io, e mia moglie (sarà che è cresciuta in USA) no, se mai mia figlia o mio figlio facessero una cosa del genere la punizione sarebbe biblica. Purtroppo molti si sdraiano sui voti nella convinzione che "sbausciare" i successi scolastici dei figli li faccia salire nella graduatoria sociale del paesello.....Io credo invece che i voti contino zero....come le cinture nelle arti marziali... I voti come sono dati possono essere tolti la conoscenza no (solo una cosa te la può togliere..l'Alzhaimer...)

La punizione biblica e' per copiare o far copiare? 

 

D'accordo che gli italiani hanno tutti i vizi del mondo però dire che la maggioranza dei genitori preferisce un 7 copiato a un 5 onesto mi sembra solo una gran cazzata. Senza offesa eh...

 

Io sono assolutamente in riga con la seconda studentessa, infatti gia' nel mio commento originale all'articolo avevo esposto lo stesso principio (avra' copiato?)

Mi sembra pero', leggendola, che la sua sia chiaramente un'analisi piu' che una giustificazione e, essendo d'accordo con lei, non posso che definirla un'analisi molto appropriata. 

Trovo quindi assolutamente miopi i commenti di chi in questo thread parla di questa visione come una visione mafiosa, non etica, tira in ballo lo sport il chirurgo il fegato e berlusconi. 

Edit: ho dimenticato di dire che il professore merita una maglietta nFA o una foto autografata degli editors vestiti da bee gees o qualcosa di similmente valuable.

 

Io sono assolutamente in riga con la seconda studentessa

ho letto anche il commento linkato dove presenti la distinzione tra le prove scritte ed orali a cui gli studenti sono sottoposti. Sono interessato, se ne hai voglia e tempo, ad avere un approfondimento su questo aspetto e cioè sul perchè dovrebbe essere diverso il caso dell'esame orale, caso in cui lo studente è solo dal caso di una prova scritta per la quale la "collaborazione"/copiatura sarebbe non negativa o ininfluente. Capisco che nel caso di prova orale è molto difficile "copiare o farsi suggerire gli argomenti, ma perchè dovrebbe cambiare l'approccio degli studenti.

Non avevo interpretato quel tuo primo commento come un'apologia della copiatura. Mi sembrava un tentativo (più o meno riuscito) di analisi "positiva" di una delle ragioni per cui in Italia si copia a man bassa mentre negli USA no. Sembrava rifarsi all'idea diffusa, ed a mio avviso valida, secondo cui in una società ancora medievale come l'Italia lo stato è il nemico (e la maestra altro non è che un rappresentante dell'autorità statale) da cui occorre difendersi, mentre altrove lo stato è (anche) una cosa che lavora per noi e funge da giudice imparziale di competizioni private.

Ora scopro che ritieni migliore il sistema italiano perché, come dice la seconda studentessa, "crea le basi per la costruzione di un mondo di domani non egoista e non egocentrico." ... Interpreto male?

Se la mia interpretazione è corretta, in che senso ti sembra che un sistema educativo funzioni meglio quando la maestra (o il professore: se c'è un posto dove in Italia si copia a man bassa è all'università, dove la gente si fa fare le tesi a pagamento per non parlare degli esami scritti!) è un'avversario invece che un arbitro neutro delle performances?

P.S. Si spera che, in entrambi i casi, sia anche una che insegna qualcosa che gli studenti ancora non sanno ...

Quindi, per capirci, tu preferisci farti curare nel primo ospedale e non nel secodo?

PS.

in effetti ripensadoci su, hai ragione il mio esempio era miope, daltronte la morte e la salute è un tema secondario nella vita di noi uomini (italiani) immortali. Ed anche l'esempio era sballato, come dici tu c'è sempre l'esame orale, che fa venire i nodi al pettine. In particolare prendiamo il gruppetto di tre cialtroni ed un secchione. Grazie alle loro conoscenze, i tre passano l'esame orale a disquisire di quale fosse il colore bianco del cavallo di Napoleone, passando brillantemente l'esame, mentre il secchione non conoscendo nessuno, ma solo la materia, viene bocciato. Per cui nel primo ospedale lavorano solo i tre cialtroni ed è per questo che i fortunati pazienti dell'ospedale lo chiamano amichevolmente "il mattatoio".

 

 

Mi sia consentito notare che c'è un (perlomeno) un "cambio di prospettiva" in questi temi - per i quali mi unisco al ringraziamento verso il docente - rispetto all'articolo originario di boldrin sull'"honor code", e cioè il fatto che qui è stata messa in discussione la regola del "vietato copiare/far copiare" rispetto all'originario intento di discutere il coinvolgimento degli studenti quali vigilantes nell'applicazione della regola (i.e.: "fare la spia").

E' uno slittamento semantico non da poco, perchè si tratta di questioni distinte, e anche distanti, nella percezione italica.

Da una parte, mi fa piacere vedere che il concetto di "collaborazione" non è ancora così negletto nel comune sentire dei giovani italiani, dall'altra mi preoccupo, ovviamente, per la sua applicazione distorta "all'italiana", che significa inquinamento tout court del concetto.

Ci tornerò sopra in seguito.

RR

 

Questo e' un punto importante:

Da una parte, mi fa piacere vedere che il concetto di "collaborazione" non è ancora così negletto nel comune sentire dei giovani italiani, dall'altra mi preoccupo, ovviamente, per la sua applicazione distorta "all'italiana", che significa inquinamento tout court del concetto.

La collaborazione, ed il "copiare" in certi casi sono aspetti positivi, a patto che si distinguano i casi. In fin dei conti lo studente copia dai docenti, e questo fa parte del processo di apprendimento. Faccio un esempio: facevo degli esami con un alto contenuto in informatica (ma non di informatica) in cui gli studenti erano suddivisi in gruppo, erano incoraggiati a scambiarsi le informazioni, a copiare anche da internet, e a copiare le tecniche di programmazione html impiegate. Potevano copiare tutto cio' che volevano, a patto pero' di saper spiegare in fase d'esame (orale) cosa avevano prodotto.

E' chiaro, poi, che la fase dell'esame e' individuale, siamo li' per valutare le capacita' del singolo (espositive, di comprensione, nozionistiche, etc...), che possono si' essere esaltate e migliorate dal lavoro di gruppo, ma l'esame ha lo scopo di valutare quanto il singolo vale.

Anch'io ho notato che, rispetto anche al titolo, si parla ben poco di "fare la spia", ma piuttosto si discute sulla validità o meno del copiare. Le cose, è vero, sono collegate, ma la questione "fare o non fare la spia", credo, aprirebbe anche tutta un'altra serie di discussioni.

Una scusa classica per convincere uno a lasciar copiare il compito è "ma tu cosa ci perdi?" (tradotto: è welfare improving!).

Forse se la relazione tra ranking scolastico (i.e. merito) e ranking sociale (reddito atteso, status atteso: fate voi) fosse più chiara, sarebbe più difficile convincere il secchione a passare il suo lavoro. Anche prescindendo da questo effetto (tu non mi fai copiare), credo che copiare diventerebbe meno attraente, se fosse evidente il danno inflitto a chi non copia (e in primis al copiato).

Le spie, pur sufficienti, forse potrebbero non essere necessarie.

 

Da ex secchione che faceva copiare al liceo (parlo di 4-5 anni fa) provo a fare l'avvocato del diavolo della categoria, pur  condividendo adesso, con "il senno di poi", l'elogio della spia. 

Oggi come oggi (e come da generazioni avviene in Italia), ragionando in termini economici, per un secchione far copiare ha un payoff assolutamente positivo: costi pressoché nulli (anche nella remota ipotesi di essere beccati, il professore si limiterebbe al più ad un richiamo) e benefici - in termini di rapporti sociali con la classe (e/o tornaconti economici, come il caro SB) - ampiamente positivi. Se decidesse il contrario, ci perderebbe. Tutte le considerazioni sulla "questione morale" sono totalmente fuori dalla sua portata, variabili esogene su cui il secchione non ha potere.

Il pericolo, però, secondo me non deriva tanto da chi predica bene (in pubblico) e razzola male (in privato), quello in fin dei conti è sempre accaduto. Il salto di qualità che si sta facendo, riassunto mirabilmente dallo scritto della seconda ragazza e dalle parole sulla concussione, è verso l'apologia dell'immoralità: copiare/far copiare (o commettere concussione) non è sbagliato ma è "collaborazione" in una società egoista e individualista. Se questi sono i presupposti della "nuova società" post-berlusconiana...

 

Oggi come oggi (e come da generazioni avviene in Italia), ragionando in termini economici, per un secchione far copiare ha un payoff assolutamente positivo:

Archètipo della situazione italiana, caratterizzata da visione locale (miope) di mero apprezzamento dei vantaggi personali contra il dividendo proveniente dalla coltivazione di un certo bene comune/interesse generale.

RR

Di rigore, anzitutto, il plauso all'insegnante: questo è educare!

Mi riconosco pienamente nell'esperienza di MatteoB, salvo il fatto che la cosa succedeva ahimè quasi mezzo secolo fa... e ugualmente condivido il giudizio sulle motivazioni di chi fa copiare.

Brave ambedue le ragazze per la capacità di esprimere con chiara sintesi la loro sensibilità e le loro visuali (in questo migliore la seconda, la vera "italiana", la prima con nostalgie amerikane perde a momenti il filo).

Ma all'italiana sfugge un lato essenziale del contesto: qual'è lo scopo del compito in classe? La valutazione, se non sbaglio, non il conseguimento di un obbiettivo comune e condiviso di tutta la classe. E dato che è la valutazione lo scopo, qualsiasi artificio inteso ad alterarne i risultati è una frode, quindi una cosa moralmente riprovevole e disciplinarmente perseguibile. La secchia del caso (è difficile che ci sia un copiatore senza uno che quanto meno lascia fare) è in ogni caso collusa con la frode, quindi non ne esce pulita.

Confesso che questo a 16 anni io non lo capivo, non vedevo questo collegamento che oggi mi appare chiarissimo. Peraltro mai mi sarei avventurato in una frode "attiva", perchè il mio senso legalitario in senso attivo era ferreo. In tutto il liceo non ho fatto una dico un'assenza di comodo.: con mio padre era fuori discussione farla in modi giustificati, e mai mi sarei sentito di confezionare una firma falsa, cosa che i miei compagni - tutti senza eccezione - facevano con disinvoltura che mi appariva stupefacente.

Tornando alla prima ragazza, stupisce un po' che pur nella sostanziale correttezza della sua visuale non si ponga mai il quesito conseguente: "Ma se qualcuno - magari io - cominciasse a comportarsi in modo diverso, non potrebbe forse cambiare qualcosa?".

Ma noto questo per mero spirito di discussione, a questa ragazza va la mia simpatia, e concordo con Boldrin ricordandomi che hanno 17 anni, e che anch'io a quell'età non capivo niente.

 

 

 

Molto bella questa attivita' didattica che mi riprometto di somministrare ai miei studenti di Italian III at The International School of Naples, dove insegno da cinque anni e sono la prof di italiano per tutti i figli di dipendenti NATO di stanza a JFC.(Bagnoli, Napoli) Insegno a livello scuola superire, con curriculum americano, ma io devo fare un lavoro piu' di cultura italiana ( letteratura e storia). I ragazzi delle svariate nazioni di appartenenza alla Nato che scelgono di segure la mia classe devono affrontare un curriculum simile al liceo classico; arrivano da me all'ultimo anno, in 12esima ,e leggiamo tanto, facciamo temi, discutiamo...e oltre ai compiti per casa (a dir la verita' pochi) abbiamo moltissimi compiti in classe.

 In generale nella nostra scuola in assoluto i ragazzini greci sono quelli che copiano di piu', con un livello di specializzazione sulla copiatura fantascentifico: si preparano prima di arrivare a Napoli, si documentano, si passano libri ed interi quadreni da una famiglia all'altra. Molto simili anche gli studenti spagnoli. In generale copiano spudoratemente ragazzi con potenziale intellettivo alto ma con voglia di studiare scarsa...i miei veri studenti in pericolo perche' non capaci di assimilare le materie: cercano aiuto prima, per poi poter passare e per loro la sufficenza ha il valore di un 100% o una A. I ragazzi italiani copiano con meno sfacciataggine e sicuramente con metodi meno sofisticati. Nella nostra scuola, che valuta i ragazzi per meritocrazia su base 100, e' importante arrivare all' Honor Roll, e per alcune nazioni questo risultato numerico si deve ottenere con ogni mezzo. Gli studenti (che non copiano)  decretati eccellenti, dal punto di vista della gioia di un professore: rispettosi, educati, studiosi , volonterosi sono turchi; molto validi tutti gli studenti provenienti dagli ex paesi dell'est europeo: ungheresi, bulgari , sloveni, rumeni sono tutti figli di famiglie che tengono molto all'educazione e arrivano da noi, alla scuola superiore, con un bagaglio culturale invidiabile. I francesi fanno scuola a se, sono arrivati solo l'anno scorso, troppo poco per diventare una vera statistica, in generale sembrano tutti bene educati e paradossalmente introversi. Le svedesi, belle come da stereotipo, sono anche molto studiose e lige al risultato conseguito onestamente. Gli olandesi sono onesti nel mostrarsi per quello che sono ed accontentarsi del voto ottenuto con le proprie forze.

Interessante notare che il professore predisposto nella nostra scuola alla scoperta di chi copia e con quale mezzi, e' il piu' giovane docente: 27enne italo-canadese professore di matematica che afferma di essere a conoscenza di tutti i nuovi metodi ideati dai giovani, in quanto fresco di laurea...piu' vicino ai ricordi del lavorio tra i banchi, dall'altra parte della barricata; noi decane cinquantenni veniamo sempre prese in giro perche' troppo naive... I ragazzi bravi, studiosi, corretti non copiano, ma non sono molto amati dai compagni perche' non lasciano copiare.

Trovo aberrante che si equipari copiare al lavoro di squadra, voglio sperare che sia una definizione satirica. Il lavoro di squadra e' ben altra cosa e denota un impegno di tutti , ognuno con le sue capacita' per arrivare ad un lavoro finale che da il voto uguale a tutti. Nella nostra scuola il lavoro di squadra e' uno dei compiti in classe, il piu' temuto dai bravi che odiano dover lavorare per gli scansa fatiche che cercano sempre di approfittarsi del lavoro dei diligenti. Uno dei pregi pedagogigi del modello americano , mission statment della nostra scuola, e' proprio fornire i mezzi ai ragazzi per capire che cosa sia un lavoro di squadra, e credetemi: quando vengono toccati sul vivo della media perche' chi non si impegna prende lo stesso voto di chi fa..trovano il modo di farsi capire fra di loro e di lavorare tutti. Voglio sperare che il ragazzo che etichetta la copiatura come un modello di cooperazione e di lavoro di squarda abbia parlato satiricamente. Altrimenti poveri noi.

Scusate la lunghezza, ma spero che il resoconto di una realta' scolastica multinazionale sia di interesse al dibattito. I miei ragazzi sicuramente troveranno l'argomento stimolante per la discussione.

Guliana Allen

Giuliana, grazie per il contributo.

Devo dire che mi ritrovo perfettamente nella descrizione che fai. inclusi i pattern comportamentali paese per paese. Nel senso che corrispondono alla mie esperienza. Interessante.

Gentil Prof. Allen, le sono grato per un motivo che mi ha sempre lasciato perplesso, e mi conferma che l'impressione non deriva dal grande balzo in avanti (del morbo di Alzheimer che affligge il sottoscritto.)

Trovail il problema delle "copie" grave qui (ZA), gravissimo nel mondo del mediterraneo e inesistente in Turchia (Bogazici universitesi, ex Roberts College di Bebek.)

Ergo non esiste una cultura mediterranea del "furto". Se qualcuno insegna a AUB e AUC mi dice che succede li'?

 

 

Onde evitare le usuali accuse:

nel vicino Oriente vi sono per tradizione tre sorelle AUB AUC BU

AUB the american university of Beyrouth

AUC the american university of Cairo

BU bogacizi universtesi (appunto a Bebek)

 

Trovo aberrante che si equipari copiare al lavoro di squadra, voglio sperare che sia una definizione satirica.

 

Non e' una definizione satirica, e' il sentimento autentico di uno dei due 17enni che lo ha espresso nel tema, ed e' parere condiviso anche da non pochi adulti, forse la maggioranza in Italia.  Ci sono persone note che se ne vantano pubblicamente. Tutto cio' e' abbastanza indicativo del degrado civile in cui si trova la societa' italiana, ma si puo' capire secondo me come nasce l'equiparazione conoscendo la societa' italiana stessa.

Ci sono due elementi alla base di questa stortura e di tante altre tipiche dell'Italia:

  1. l'alfabetizzazione tardiva delle masse italiane, che conduce molti italiani ad adottare comportamenti egoistici anti-sociali finalizzati al vantaggio personale/familiare di breve termine contro l'interesse generale di lungo termine, che non viene nemmeno capito proprio per mancanza di istruzione sia personale sia familiare storica sedimentata
  2. La predominanza nella societa' italiana di elites istruite si' ma di bassa qualita' che storicamente hanno usato leggi e regole per acquisire potere e ricchezza personale piuttosto che per l'interesse generale dichiarato. In una lunga fase storica in gran parte dell'Italia le elites italiane si sono cosi' comportate collaborando con l'occupazione o l'egemonia straniera.

Il punto (2) spiega perche' per molti italiani leggi e regole non sono percepite come risultato di consenso democratico finalizzato all'interesse generale, ma come provvedimenti arbitrari che trasferiscono ricchezza dai sudditi verso quello che oggi si chiama Casta, in altre fasi storiche occupanti o egemoni stranieri collaboranti con elites locali.

Se leggi e norme sono cosi' interpretate (e non si puo' non notare come molte norme e leggi italiane debbano essere cosi' interpretate, nella sostanza della loro applicazione) allora diventa encomiabile "resistere" violandole. Nel caso specifico della Scuola, se la valutazione viene interpretata come un'imposizione arbitraria dall'alto, e se non viene compreso che serve a diversi scopi di utilita' generale, come ad es. incentivare l'impegno personale, o segnalare al resto dellla societa' le diverse competenze acquisite dagli studenti, se non si capisce che la regola di non copiare durante gli scritti ha come fine di nuovo premiare l'impegno personale e dare una valutazione corretta, allora diventa "razionale" perseguire il vantaggio personale/familiare di breve termine, violando norme e regole, per ottenere il massimo vantaggio (voto) col minimo sforzo. Piu' le regole appaiono arbitrarie e ingiuste, o comunque almeno non comprese, e piu' la loro violazione assume connotati "eroici" che stimolano emulazione, collaborazione e ammirazione.  Bisogna prendere atto che questa e' la condizione per una parte importante della societa' italiana, e non solo. Il fatto che le regole siano interiorizzate, accettate e correttamente interpretate come finalizzate all'interesse generale e' invece tipico di contesti sociali avanzati e civili come ad esempio Olanda e Svezia.

fantastic giuliana !!!

proprio in questo periodo sto studiando in che modo le differenze culturali si riflettono nei modi di gestire un' organizzazione, nelle relazioni che si instaurano tra manager e collaboratori ,nel lavoro di gruppo ecc.

mi ha colpito del tuo post il fatto che gli studenti piu orientati alla scopiazzatura provengono dai paesi oggi messi peggio nell'area euro:grecia spagna italia ;invece coloro che studiano di piu e che danno allo studio un valore rilevante sono studenti provenienti da paesi ex comunisti con tanta voglia di arrivare.a mio parere esiste una forte relazione tra questi fattori.

riguardo la scopiazzata ,beh che dire ,mi sono trovato da entrambe le parti della barricata, molto  spesso,a dire il vero  io ero colui che chiedeva.

se consideri la scuola come un unicum ,composto da prof e studenti ,il copiare non è assolutamente un lavoro di squadra, lo diventa invece quando gli studenti , 16 17 18 anni,  concepiscono l'esame come uno scoglio da superare a qualsiasi costo, ed ecco che vien fuori la coalizione ,il gruppo, pronto a sostenere i membri in difficoltà pur di non lasciarli indietro, soprattutto se i loro componenti   condividono tempo extrascolastico e valori comuni  a cui  danno maggior peso rispetto al valore 'istruzione e meritocrazia';a questo punto si potrebbe aprire un dibattito sul perchè questi studenti ,in giovane età e con una personalità e valori in via di formazione, diano così poca importanza all'istruzione e al merito;personalmente visto che hai parlato delle differenze culturali tra paesi mi verrebbe da dire, da buon siciliano:caliti juncu ca passa la china,filosofia di vita ,questa,rinforzata e ritenuta di successo, visto le personalità che abbiamo al governo del paese; e penso al tutore della nipote di mubarak e ai meccanismi di selezione della classe dirigente;all'interno di questo circolo che ruolo hanno le famiglie?non saprei dirlo,però dopo aver sentito le intercettazioni, nelle quali le mamme invitavano le figlie a far compagnia al premier nelle 'allegre e spensierate'serate di arcore mi sono cadute le braccia;sicuramente trattasi di una minoranza, la cui presenza però è piuttosto allarmante

chiudendo voglio dirti che, secondo me, dopo aver superato  l'età in cui sei in balia ,i veri valori e la vera personalità vengono fuori e coloro i quali hanno copiato ma non apprezzano il valore dello studio o hanno altre preferenze,non penso proseguano gli studi mentre tutti gli altri, che nel frattempo hanno avuto l'opportunità di maturare, e che proseguiranno nello studio, saranno costretti necessariamente a ritornare indietro e a percorrere la strada interamente rendendosi conto che le scorciatoie prese in passato a nulla sono servite per il loro futuro     

Scusatemi tutti se mi concentro, dopo aver letto i 51  commenti di ieri, ad esprimere un mio ulteriore pensiero.

Facendo parte attiva della categoria insegnanti, con tutti i problemi attuali legati anche alla riforma in atto, mi sento in dovere di esporre la mia personale esperienza. Nella mia scuola siamo in 40 professori, dal pre-k alla 12esima, quindi spaziamo dall'educazione primaria alla secondaria e come giusto che sia, la scuola applica il suo mission statment dalla base fino alla fine: ebbene, i professori che si sforzano ad inculcare un minimo di etica negli alunni non sono le mosche bianche a cui fa riferimento Federico Bernardi lodando il professore che ha dato inizio a questa discussione sottoponendola agli studenti. Nei nostri consigli dei docenti questo problema della copiatura e dell'insegnare ai ragazzi il perche' cio' sia eticamente sbagliato e' un sentimento generale.

 La punizione poi e' uguale per entrambi gli studenti: qualora vengano scoperti prendono un brutto voto, una F, sia chi copia che chi fa copiare. No, non siamo per nulla un' isola felice, siamo una scuoletta di 300 anime che vive tra mille peripezie e che si scontra con tutti i problemi correnti della societa' italiana, compreso quello ben evidenziato dalla vignetta satirica che avete postato che fa vedere come nella societa' odierna nessuno si voglia assumere le proprie responsabilita': genitori e studenti scaricano la colpa del brutto voto sull' insegnante.

 Vedo con piacere che in questo forum si richiama all'ordine e alla decenza anche sulla scelta dei vocaboli , e trovo questo vostro modo molto gratificante: abbiamo tutti bisogno di pulizia mentale e di decoro. 

Alcuni si chiedono come mai gli studenti si adagino all'andazzo e non si ribellino: non e'  sempre e solo cosi'. Come ogni voto singolo vale in democrazia, cosi' anche ogni singola coscienza giovanile che si interroga su questi aspetti e non si arrende alla decadenza sociale odierna e' un successo. Ci sono esempi di onesta' tra gli studenti e a loro va il mio plauso.

 Il mondo della scuola, essendo un ambiente popolato da adolescenti vive di grandi idealismi; i ragazzi fanno prestissimo a capire chi di noi prof. fa questo mestiere per portarsi a casa uno stipendio e chi invece lo fa caricandosi dell'onere di contriubuire  a creare una nuova generazione di adulti. I ragazzi sono spietati nei loro giudizi e ammirano e tendono molto di piu' alla onesta' e alla lealta' del fair play di quanto noi adulti siamo disposti a dar loro credito.

 La copiatura e' un modo per confrontarsi direttamente con la propria etica: se vedo copiare e lascio fare sono anche io complice? Se copio rubo? Se mi rifiuto di far copiare sono insensibile ed egoista? Che cosa significa aiutare? La scuola deve essere una palestra di vita e confrontarsi con questi argomenti aiuta i ragazzi a capire veramente la loro natura, i loro valori, dove vogliono migliorarsi, come affrontare poi la societa' adulta.

Giuliana Allen

Articolo molto interessante, che mi era sfuggito nella forma originale, e che trovo ancora più ricco dopo l'aggiornamento. Mi sorprende in particolare come il dibattito sfugga fin dai primi interventi dal nodo centrale proposto dall'autore: "copiare e lasciar copiare impedisce un confronto meritocratico, e introduce la pratica del familismo". Le costruzioni argomentative vagano dal retaggio marxista (ciascuno secondo......) alle logiche assembleariste di matrice cattolica, e per la maggior parte mi sembra di capire che finiscano per giustificare il comportamento, fino addirittura a colpevolizzare chi si oppone alla pratica della copiatura. E' davverò così? E' possibile che siamo ancorati a posizioni talmente perdenti? E qui devo confessare che sono anch'io profugo dall'Italia, e che vivo da quasi tre decenni negli USA.

Non si può continuare ad appellarsi al retaggio della dominazione borbonica e al sospetto per la pubblica amministrazione per giustificare responsabilità che sono, e devono restare individuali. Argomentare poi che certe scelte di deroga all'integrità individuale possono essere più "funzionali" al'interno di un certo sistema sociale mi sembra suicida, o più esplicitamente cannibalistico. E badate bene che non si tratta di questioni di principio morale, ma molto semplicemente di pura razionalità. Abbiamo bisogno nei posti di lavoro come nella società di sapere chi sa fare cosa, in modo da funzionare al meglio come comunità. Poi possiamo pensare a mille interventi di compensazione per impedire che la scala di valore diventi punitiva, e puntare sull'idea che abbiamo tutti qualcosa da contribuire, e che possimao funzionare solo come un gruppo.

I miei figli che frequentano la scuola pubblica negli USA hanno ben chiari i due concetti. Sanno che copiare è una violazione del principio di fiducia, un tradimento di se stessi e degli altri. Sanno anche che la valutazione scolastica è una delle componenti del successo individuale, ma non è certo l'unica. La vita li chiamerà ad altri giudizi di valore, che potranno affrontare solo se confortati da un forte senso di integrità.

 

Butto nel calderone dei commenti la mia esperienza:

-alcuni test a scelta multipla fatti alle superiori venivano fatti correggere in classe scambiandoci i fogli, in questo modo ognuno correggeva il test di un compagno (pratica che spero venga evitata il più possibile). Quale è stato l'esito?

Alcuni casualmente avevano esiti altissimi e in controtendenza rispetto allo storico nella materia. C'era chi senza problemi cambiava le risposte al compagno, con il tempo ci fu chi arrivò a lasciare in bianco alcune domande in cui i dubbi erano più forti.

Chi rispettava le regole era la maggior parte e devo dire che non vedeva di buon occhio questa cosa. Segno che un po' di competizione c'è anche in Italia.

C'erano anche assenze programmate per migliorare la preparazione studiando anche al mattino (peccato che così non hai il rischio di un'interrogazione), con tanto di copertura del gruppo "sì stava male! Me lo ha detto al telefono ieri.". Chiaramente smascherare i comportamenti sarebbe stato socialmente sucida.

Il guadagno immediato in ogni caso ci sarebbe: con la media danno punti per la maturità, borse di studio di varie fondazioni o banche. Pure nei test universitari il voto di maturità conta soprattutto in quelli per le scuole di eccellenza.

 

 

 

 

C'erano anche assenze programmate per migliorare la preparazione studiando anche al mattino (peccato che così non hai il rischio di un'interrogazione), con tanto di copertura del gruppo "sì stava male! Me lo ha detto al telefono ieri.". Chiaramente smascherare i comportamenti sarebbe stato socialmente sucida.

 

Questa non l'ho capita ? Lo studente si dava malato per saltare l'interrogazione o per prepararsi meglio all'interrogazione (ovviamente di un altro giorno) ? Che c'entrano questi comportamenti con il lasciar copiare ?

 

 

Adesso è chiaro.

Però mi sembra una cosa diversa dal "copiare" è sempre aggirare le regole ma, vedendola dal punto di vista dello studente preparato:

1 il mio compagno si prepara veramente all'esame e verrà valutato per quel che veramente sa

2 posso usufruire dello stesso vantaggio in seguito

mentre nel copiare:

1 il mio compagno si avvantaggia senza aver studiato e verrà valutato come me

2 io non posso usufruirne

Non potresti usufruirne, c'è l'obbligo di frequenza e dovresti portare una giustificazione in caso di assenza (firmata dal genitore se hai meno di 18 anni).

E anche qui ci sono degli equivalenti leciti come concordare interrogazioni con un calendario programmato con l'insegnante o chiedere un carico esami per settimana non eccessivo. Cose che in effetti si fanno.

Poi chiaramente è diverso dal copiare, era un altro esempio di disonestà.

Il fatto che venissero poi coperti dai compagni è figlio dello stesso atteggiamento mafioso e ostile al docente visto come nemico.

Avevo intenzione da tempo di rispondere a questa domanda, poi avevo altro da fare, arrivo in ritardo.

La riflessione che faccio è che copiare è un furto, sic et simpliciter, è il furto della mia preparazione/intelligenza/voglia a vantaggio della tua impreparazione/stupidità/svogliatezza e la società italiana, americana, et similia poco c'entrano.

La prima studentessa scrive:

 

sempre se chi di dovere, ovvero in primis i politici addetti alle riforme che riguardano tale problematica, si dimostra propenso ad attuare il suddetto cambiamento.

 

ovverossia il comportamento è endogeno: sono altri che devono correggere, la riforma deve essere calata dall'alto, commettendo l'errore di pensare che i politici siano migliori degli amministrati, e qui mi fermo, perchè fra i ladri incompetenti che qualcuno si ostina a chiamare "politici" c'è anche chi pensa che la "politica" abbia il primato su tutto. E invece no! Il comportamento è nostro, siamo noi a passare il compito, non il politico, far introdurre un "honor code" in Italia non sposterebbe di una virgola il problema, siamo noi a dover introdurre un codice d'onore, non i politici. Se "spia" fa rima con meritocrazia è meglio spia, anche se ai mei tempi non era quello che non passava i compiti (al massimo era definito secchione bastardo) a essere definito spia. Quello su cui si doveva riflettere era: in una società basata sul merito, copiare è ammesso? Se la risposta è no, e poi passi il compito ti sei già detto in che società vuoi vivere: in quella in cui Ruby è un valore, oltre che una voce di un verbo.

La seconda studentessa commette un errore da penna rossa: confonde la cooperazione con la sostituzione. Cooperare significa che se si deve fare un autovettura ecologica c'è chi disegna lo stile, chi il cambio, chi i motori, chi gli interni, poi ci si siede intorno a un tavolo e si cerca di mettere tutto insieme. Sostituzione è quella in cui faccio tutto io, e quando ci si siede intorno al tavolo io so costruire un auto ecologica e gli altri no.

 

Se in tutte le scuole venisse “concesso” di copiare, si avrebbe una scuola, in cui gli studenti sarebbero più spinti ad aiutare ed essere aiutati,

 

Se in tutte le scuole fosse concesso di copiare (venire, mi sembra, non è un ausiliare in italiano, ma i miei studi risalgono al neolitico), si avrebbe una scuola in cui alcuni studiano, gli altri sarebbero una massa di ignoranti (già è così), ma se fosse concesso di competere seriamente anche chi arriva ultimo avrebbe almeno messo la testa sui libri, e qualcosa gli rimarrebbe attaccata.

Comunque complimenti all'insegnante, che ha capito che la cosa importante è far muovere il cervello.

 

 

(venire, mi sembra, non è un ausiliare in italiano, ma i miei studi risalgono al neolitico)

 

È giusto, ma nella formazione del passivo ci sono altri verbi che fungono da ausiliari. La mia grammatica (Marcello Sensini, Le parole e il testo) dice che il passivo si può formare anche "con lievi diversità di significato e, talora, con miglior effetto espressivo" con i verbi: venire, andare, stare, restare, rimanere, finire; ma solo limitatamente ai tempi che richiedono un ausiliare di forma semplice.

Discussione interessantissima... ci metto il mio soldino anche io, per quello che vale.

Nella mia esperienza (università, facoltà di medicina) l'effetto distorsivo della copiatura sulla valutazione è praticamente nullo. In massima parte perchè gli studenti mediocri non sanno neppure copiare, quindi continuano a ottenere risultati mediocri pur provando a fare i furbi. Inoltre ci sono le prove orali a compensare le eventuali falsificazioni degli scritti. Quindi il problema delll'incapace che fa strada grazie al cheating è minimo, praticamente irrilevante.

Dove la copiatura è invece estremamente deleteria è da un punto di vista formativo, perchè sviluppa una mentalità lassista e cialtrona e degrada l'importanza e il valore dell'impegno di ciascuno sulla propria formazione. I copiatori non prendono sul serio lo studio, ma nemmeno se stessi e la propria dignità. Questo, direi, è il messaggio che mi sforzo di fare arrivare: dopo qualche tempo arriva abbastanza, anche se ovviamente non a tutti, quasi sempre l'idealismo giovanile è accessibile a questo tipo di riflessioni.

Concludo con i miei complimenti al docente Marco Zanini e a tutti quelli che, come lui, svolgono con onore e competenza uno dei lavori più difficili del mondo.

Il successo del "Codice d'onore" è legato, a mio parere, al sistema di incentivi.

L'incentivo a denunciare chi copia durante gli studi è chiaro, ed è già stato ampiamente descritto precedentemente; gli studenti meritevoli vogliono entrare nella facoltà di medicina, master / dottorato o venir selezionati dalle aziende migliori, e non sono disposti a perdere il posto a favore di chi lo merita meno di loro. L'incentivo in questo caso è il beneficio personale in termini di carriera, retribuzione, capacità di ripagare i debiti rapidamente, ecc.

Altro aspetto importante è che il Codice d'onore che gli studenti ereditano quando entrano al college è già molto rodato e rispettato, ed invocarlo non genera alcuna "rappresaglia" da parte del corpo docente, amministrativo e degli studenti. Anzi, si viene giustamente addidati come esempi di rigore morale.

 

Quando questi stessi studenti entrano nel mondo del lavoro, gli incentivi a denunciare comportamenti scorretti crollano immediatamente. Molto spesso i "bari" sono superiori, colpevoli di appropriazione indebita, non rispetto della compliance, favoritismi. In quest'ultimo caso dovrebbe scattare lo stesso incentivo del college a denunciare il baro, in quanto, per esempio, la carriera e retribuzione possono venire penalizzate a a favore di colleghi meno meritevoli.

Ma qui subentra il muro di omertà che dice: "ma chi te lo fa fare, guarda che poi te la fanno pagare, nessuno ci ha mai guadagnato, ecc" avvallando così atteggiamenti omertosi.

 

Prova ne sia il fatto che negli Stati Uniti esiste il "Whistleblower Proection Act" atto a tutelare e incoraggiare gli "spioni" che denunciano comportamenti scorretti, nel governo come nelle aziende.

Tornando al tema degli incentivi, in questo caso il solo incentivo a denunciare è il beneficio morale: "Lo faccio perchè ritengo sia giusto farlo".

Se si pensa al caso Arthur Andersen / Enron è possibile ipotizzare come molti dipendenti di entrambe le aziende, forse paladini del Codice d'onore al college, una volta parte di queste aziende si siano ben guardati dal denunciare comportamenti scorretti, per le ragioni sopra citate.

Ciò detto, nella mia esperienza il Codice d'onore universitario filtra anche nelle aziende americane, dove, al di là di alcune ipocrisie, si fa molta attenzione ai temi di integrità e compliance.

Ultime notizie sul tema. Non particolarmente buone direi.

 

Ultime notizie sul tema. Non particolarmente buone direi.

 

L'articolo e' istruttivo sulla realta' italiana.

Copiare a scuola e' fenomeno di massa che distingue il Belpaese nel mondo

 

hanno poi classificato i sentimenti di chi attinge a piene mani, nascondendosi al professore: 6 su 10 risultano indifferenti, uno su quattro è soprattutto soddisfatto per la furbizia dimostrata. La gioia supera di un soffio il senso di colpa: 38,5 per cento contro 37,1. Un atteggiamento mentale lontano, almeno apparentemente, da quello tedesco

 

si inizia a copiare alle elementari, e col supporto del perdonismo dei docenti

 

solo il 24,4 per cento dei professori ritiene il fatto di copiare il compito in classe "molto condannabile", mentre chi suggerisce ai compagni può essere perdonato secondo il 77 per cento. Il campione utilizzato dall'autore tra gli alunni di quinta elementare e quelli delle medie inferiori,

 

Intellettuali ed eminenze morali della sinistra prescrivono che si deve far copiare:

 

Lo scrittore Claudio Magris ne fa, invece, una questione di lealtà: "Passare il bigliettino al compagno in difficoltà insegna a essere amici di chi ci sta di fianco"

 

e in maniera simile si esprimono i condottieri dell'imprenditoria privata:

 

La pensa allo stesso modo Fabrizio Jacobacci, avvocato, titolare di uno degli studi più importanti al mondo specializzati nella tutela dei marchi, e dunque nelle strategie anti-plagio. "Ero bravo in matematica - racconta - e facevo in modo che tutti i miei amici riuscissero a copiare da me. Almeno allora non ci vedevo nulla di male".

 

Il campione dei copioni e' anche il campione dei grandi imprenditori italiani, degno possibile leader del Partito della Nazione:

 

Luca di Montezemolo, che nel maggio del 2007 incoraggiò così gli studenti della Luiss: "A scuola ero campione mondiale di copiatura, facevo sempre in modo di mettermi vicino a qualcuno bravo e generoso..."

 

Infine si capisce perche' tanti italiani ideologicamente rifiutano il modello USA:

 

La condanna morale del copiare, invece, è al centro del sistema scolastico americano, dove la parola usata è cheating, imbrogliare. "Per chi studia negli Stati Uniti - dice Daniela Del Boca, economista, docente, studi a cavallo tra i due Paesi - si tratta di una possibilità che non esiste, specialmente una volta arrivati all'università, dove si paga molto e in genere si è molto motivati. Ma copiare viene stigmatizzato fin dal liceo. Copiare significa non credere in se stessi, che si scontra con l'individualismo alla base del loro pensiero, mentre da noi prevale la tendenza a conformarsi ad un gruppo. Personalmente, se scopro uno studente che copia annullo la sua prova, ma perlopiù cerco di responsabilizzarli".

 

 

Alle riflessioni delle studentesse "sul copiare" vorrei aggiungere quelle pubblicate ieri sul Corriere sotto il titolo "Vietato non copiare". Non riesco a linkare solo l'articolo quindi metto qui una copia del corriere completo (articolo a pag 33 del corriere, non del pdf). L'articolo inizia citandone un altro (neretto mio):

 

Persino ClaudioMagris, tempo fa, era arrivato a scrivere— giusto su queste pagine — un «elogio della copiatura» che, pur partendo da premesse  diverse, giungeva a conclusioni ancor più drastiche: «Anzitutto copiare (in primo luogo far copiare) è un dovere,un’espressione di quella lealtà e di quella fraterna solidarietà con chi divide il nostro destino che costituiscono un fondamento dell’etica

 

Qui l'articolo di Magris dall'eloquente titolo "Elogio del Copiare".

Invece qui sotto alcuni estratti da "Vietato non copiare" (il neretto e alcuni "a capo" sono miei)

 

In Germania (come nel mondo anglo-sassone),però, copiare è ancora uno stigma sociale. Mentre da noi la pratica sembrerebbe ormai sdoganata; dichiarare di aver copiato non è più tabù.

«A scuola ero campione mondiale di copiatura —ha confessato, tra i tanti, Luca Cordero diMontezemolo.Questo dimostra che anche chi copia ha speranza, perché anche così qualcosa si impar.

Stimola la creatività, aguzza l’ingegno, in fondo è un modo alternativo per studiare

E così molti insegnanti si rassegnano: finito il tempo delle punizioni draconiane, il più delle volte ci si limita a una ramanzina, anche perché — lo racconta bene un anonimo prof delle medie, intervistato dal sociologo Marcello Dei nel suo Ragazzi, si copia. A lezione di imbroglio nelle scuole italiane (Il Mulino) — rispetto a chi consegna in bianco, «denota un senso di responsabilità, un fatto positivo: voler superare la prova».

Qualcuno diceva che solo i cretini non copiano, perché copiare vuol dire rielaborare. Io aggiungo che per copiare, bisogna sapere». Francesca Lavizzari, dirigente scolastico all’Istituto Cavalieri di Milano, ha passato una vita tra ragazzini dielementari e medie. Sarebbero loro, secondo Dei, i«nuovi  scopiazzatori»: tra ultimo anno della primaria e fine della secondaria inferiore, solo il 25,9% dichiara di non copiare «mai».

«Ma alle medie cosa c’è da copiare? Tutt’al più un risultato di matematica, e in questo caso è meglio che incartarsi su un calcolo, se si è compreso il ragionamento. Se c’è una rielaborazione personale, un eventuale input iniziale non mi scandalizza. Purché al centro ci sia sempre una cultura della legalità:

 

Mia moglie, che mi ha segnalato l'articolo, si domandava: "chissà che ne penserebbe Boldrin".

 

 

"chissà che ne penserebbe Boldrin".

 

Ne pensa: QED. Un paese senza speranza. Delinquenti e moralisti ipocriti sin da piccoli.

Ma con la cultura della legalità e l'afflato solidaristico che è il fondamento dell'etica dei claudio magris e del familismo amorale.

Graziaddio il volo da Fiumicino parte fra 30 minuti. L'ho scampata un'altra volta.

finalmente!!!

 

<em>Un appello culturale<em>

<em>Non fate più copiare gli studenti<em>

<em>L'educazione alla legalità comincia proprio con i valori della scuola<em>

 

Un appello culturale

Non fate più copiare gli studenti

L'educazione alla legalità comincia proprio con i valori della scuola

In questi giorni un gruppo di insegnanti e presidi va raccogliendo adesioni in calce a un appello che invita quanti saranno commissari e presidenti di commissione negli esami di terza media o di maturità a non «chiudere un occhio» se qualcuno copia e a non «fornire ai propri allievi traduzioni o soluzioni» durante lo svolgimento delle prove d'esame. Si tratta di un appello (si veda il testo in sul sito gruppodifirenze.blogspot) che sarebbe pleonastico nella maggior parte dei Paesi europei. E ancor più risulterebbe superfluo negli Stati Uniti, dove gli studenti universitari, nei loro «codici d'onore», s'impegnano non solo a non copiare ma - fatto per noi inconcepibile - a denunciare chi copia. Ma certo pleonastico non è in Italia, dove non sono rari i casi di insegnanti che fanno proprio le due cose appena citate: tollerano che si copi o addirittura forniscono loro stessi un «aiutino» agli studenti. Il fatto è che nella nostra cultura il copiare a scuola è spesso considerato come qualcosa di lecito, perfino come un atto di altruismo (da parte di chi fa copiare), mentre di solito percepiamo poco o nulla quanto simili comportamenti penalizzino l'equità e il merito, che richiedono il rispetto di regole certe nella valutazione di ciascuno.

I promotori dell'appello (al quale hanno aderito la Uil Scuola e l'Associazione nazionale presidi) scrivono di ritenere che la maggioranza degli insegnanti agisca di norma in modo corretto. Eppure il fatto stesso che abbiano sentito il bisogno di prendere una simile iniziativa lascia supporre che la minoranza che si comporta diversamente non sia quantitativamente insignificante. Del resto, l'anno passato l'Invalsi, i cui test in italiano e matematica ormai fanno parte integrante degli esami di III media, dovette invitare gli insegnanti delle discipline oggetto della prova a rimanere fuori dalle aule, per evitare appunto che loro stessi potessero suggerire agli studenti, come era avvenuto l'anno prima.

Dietro quelli che l'Invalsi chiamava pudicamente i «comportamenti opportunistici» di studenti e insegnanti non c'è soltanto una certa propensione nazionale al buonismo e all'indulgenza; c'è piuttosto, per quel che riguarda specificamente il corpo docente, la diffusione di una pedagogia fondata sulla comprensione e sul dialogo (cose sacrosante, naturalmente), che però non riesce ad affiancare all'una e all'altro - quando sia necessario - la sanzione. Ecco come un insegnante - la cui testimonianza si trova nel libro che un sociologo, Marcello Dei, ha appena pubblicato sull'argomento (Ragazzi, si copia, Il Mulino) - ha sintetizzato il proprio comportamento di fronte all'alunno sorpreso a copiare: «Il mio atteggiamento è di confronto. Voglio capire perché lo sta facendo, voglio discutere con lui, capirne le ragioni, e poi prendere delle decisioni, anche lasciarlo copiare o smettere di copiare. Ecco, dipende dalla discussione che ne nasce». Si tratta evidentemente di un caso limite, ma l'idea che il copiare non si configuri come un comportamento in quanto tale condannabile è invece abbastanza diffusa. In tanti insegnanti, si ricava dalla ricerca di Dei, sembra prevalere un atteggiamento fatto di disinteresse per il problema, di bonaria indulgenza, a volte di una sostanziale giustificazione del copiare che chiama magari in causa l'insicurezza psicologica dello studente o il fatto che, se quest'ultimo copia, è solo perché l'insegnante ha evidentemente spiegato male. Né è da sottovalutare il fatto che, fingendo di non vedere chi copia, un insegnante evita le scocciature a non finire - dalle proteste dei genitori all'eventuale ricorso al Tar - che un diverso comportamento avrebbe potuto provocare. Eppure, ci sono pochi dubbi sul fatto che, come scrivono i promotori dell'appello per la correttezza degli esami, l'educazione alla legalità comincia proprio con l'esempio di comportamenti coerenti con i valori e i principi che la scuola deve insegnare.

GIOVANNI BELARDELLI
30 maggio 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

Altro che FINALMENTE!!!!!!!

Da scriverlo in lettere di bronzo.

Anche se per ora questi insegnanti sono "rara avis" speriamo davvero che il loro movimento si estenda, e che un numero sempre maggiore di loro colleghi trovino l'energia e la determinazione di uscire dalla frustrazione alla quale l'andazzo della scuola nazionale costringe anche i migliori.

Trovo significativo, possibilmente ancora di più, che anche alcuni (anche se per ora pochi) rappresentanti sindacali si siano espressi a favore dell'appello del gruppo di Firenze.

GD

Fa quasi sperare, anche perché viene da un sindacato.

Hanno tutto il mio appoggio, speriamo riescano a provocare un dibattito nazionale.

Mi è sempre sembrata una delle cose peggiori della sub-cultura italiota. La sua recente santificazione da parte della cultura dei salotti di sinistra (e.g. Claudio Magris & Co) mi è apparsa come l'ennesimo segnale che le elites di sinistra sono dannose al paese in modo quasi più profondo che BS ... fra le altre cose perché hanno gli stessi valori di BS. Li vendono diversamente, ma vogliono le medesime cose: un paese medievale dove ci sono pochi privilegiati (loro) e tanta massa osannante e plebea che si arrabatta in una illegalità diffusa.

 

finalmente!!!

 

Veramente! Confesso che due i articoli del Corriere mi avevano stesomi sembrava che l'Italia fosse diventata un paese con gente fuori di testa stile gli adulti di South Park (sì, lo so, come riferimento culturale non è altissimo ma verrà rivalutato).

Speriamo sia il segno di un'inversione di tendenza.

Chi fa la spia
non è figlio di Maria
non è figlio di Gesù
quando muore va laggiù

Questa discussione mi ha ricordato questa filastrocca che ho imparato al tempo delle scuole elementari. Lo so, è aneddotico, ma non ci avevo mai pensato fino ad ora, ed evidenzia un certo sostrato culturale, anche perché la si impara da bambini...

 

 

Giro un interessante commento sulla questione, motivato dalla recente lettera di alcuni insegnanti contro la pratica di lasciare copiare gli studenti.

 

Certo che il mondo è proprio capovolto: se sono gli insegnanti a doverci spiegare perchè è meglio non copiare e ad intervenire presso i loro colleghi per fare si che non devono lasciare passare episodi di cui sarebbero testimoni.

E come dire: per favore, fatte rispettare la legge!

Però, va bene, mettiamo questo sul conto della diversita culturale. :)

 

E come dire: per favore, fatte rispettare la legge!

 

Amico mio, fa doppiamente male sentire questo commento (più che giustificato, ça va sans dire) da parte di uno straniero residente in Italia.

Ma la realtà è purtroppo proprio questa, tant'è che è stato recentissimamente pubblicato un libro che mi riprometto di acquistare, il cui titolo dice tutto.

Del resto, l'appello del Gruppo di Firenze, salutato con grande favore anche qui su nFA, sembra sia stato sottoscritto sinora da 312 (avete letto bene, trecentododici) professori e presidi in tutta italia. Per non farci del male in apertura di giornata non stiamo a calcolare la % sul totale....

GD

 

Per non farci del male in apertura di giornata non stiamo a calcolare la % sul totale....

 

Tutto vero, ma io proverei comunque a vederci un segnale positivo.In un paese dove gli intellettuali magnificano "il copiare" sulla pagina culturale di uno dei principali quotidiani (vedi miei link sopra) è comunque una presa di posizione netta anche se minoritaria (e paradossale se vista con gli occhi di uno straniero.)

 

E come dire: per favore, fatte rispettare la legge!

 

Caro Olivier anche qui è un miglioramento. Non noti mai sulle strade italiane quei costosi pannelli elettronici con la scritta "rispettate i limiti"?

Li ho sempre trovati interessanti. Se ci sono dei limiti è ovvio che io debba rispettarli ca va sans dir o no?

Al limite potrebbero ricordare ai più distratti quanto è il limite. Inveco no, ti chiedono di rispettare il limite come fosse una tua scelta. Mi son sempre chiesto, gia che si sono, perchè non scrivono anche "non uccidere" e "paga le tasse"?

 

stanno per finire le scuole, abbiamo un nuovo ministro dell' istruzione e ci si rimisura con l'annoso problema se copiare sia il primo gradino verso l'accettazione della connivenza con l'illecito nella societa' italiana o se si dovrebbe essere inflessibili contro la copiatura come negli stati anglosassoni...si strombazzano nuovi studi di univerista' USA in materia e si snocciolano frasi celebri da personaggi arrivati sia di confindustria che di letteratura per giustificare, yet again, una pratica che la dice lunga sul culto dei "furbi" e delle furbate a tutti i costi

http://27esimaora.corriere.it/articolo/copiare-a-scuola-e-sbagliato-come-spiegarlo-ai-figli/