Lo Spreco

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Per questo weekend è previsto l'arrivo in Italia di un'altra ondata di freddo porco per i nostri standard. Immaginate di essere in casa, con sciarpa e cappello di lana, di aprire il giornale e leggere che ogni giorno viene buttata via tanta energia sufficiente a mantenere tutte le case degli italiani a 22 gradi giorno e notte, nonché a scaldare l'acqua per tutti gli usi domestici. Cosa pensereste? Pensereste, scandalizzati e offesi: che spreco!

Ma poi leggete in fondo all'articolo che quell'energia viene "buttata via" in mezzo a qualche deserto in Australia, dove il sole scalda le pietre invece dei vostri pannelli solari. Allora pensate: ah, vabbé!

La storia del pane buttato via a Milano raccontata da una giornalista del Corriere della Sera, Rita Querzé, il 3 gennaio scorso è più o meno la stessa storia. Perché allora tanto scandalo? Querzé ha riportato che a Milano si buttano via, mediamente, 180 quintali di pane al giorno. Inoltre, ha intervistato accademici, produttori, e operatori del terzo settore per documentare la natura fisiologica di questa eccedenza in una grande città e la virtuale impossibilità di utilizzarla utilmente. Ciononostante nei giorni successivi non si sono fatti attendere gli inevitabili commenti moralistici. Eccone due, entrambi pubblicati dallo stesso Corriere.

Inizia Angelo Bagnasco, cardinale, il 5 gennaio:

Questo spreco enorme del pane è scandaloso

Sviluppa Claudio Magris, tuttolofo, il 6 gennaio:

Quello spreco di pane appartiene alla follia generalizzata in cui e di cui viviamo [...] Esso desta giustamente scandalo, perché è un’offesa oggettiva a chi non ha pane. [...] Quei 180 quintali buttati via sono uno scandalo.

Scandalo di fronte allo spreco, quindi. Ma leggiamo bene cosa riporta Querzé:

Non si potrebbe distribuire [il pane avanzato] a famiglie in difficoltà, associazioni di volontariato? «Macché — risponde Fugazza [presidente di un'associazione di panificatori milanesi] —. Il nostro pane a fine serata non interessa più nessuno. Lo abbiamo proposto persino ai canili, ma andrebbe integrato con altri alimenti, e così la preparazione del cibo costerebbe troppo in termini di manodopera». [...] Le grandi associazioni del volontariato spiegano così il paradosso del pane buttato. «Attrezzarsi con un furgoncino per andare a raccogliere ogni sera quel che resta ai panettieri comporterebbe uno sforzo e un costo considerevoli»

Che possiamo farci? Quel pane non interessa più a nessuno, dicono i panificatori (se no mica lo butterebbero, no?), e anche se interessasse a qualcuno il valore (in termini di utilità della pancia piena, non di valore di mercato che evidentemente è già zero) di quel pane sarebbe inferiore al costo di trasportarlo dal cesto pieno alla pancia vuota, proprio come il sole che scalda le pietre nel deserto in Australia.

Se questa è offesa oggettiva a chi non ha pane, la neve che a primavera si scioglie in Groenlandia è offesa oggettiva a chi non ha acqua nel deserto, una notte vivace di Rocco Siffredi (o una mattinata di intenso lavoro) è un'offesa oggettiva a chi va regolarmente in bianco, persino lo scandalizzarsi di Bagnasco e Magris è offesa oggettiva a chi non si scandalizza ... e viceversa naturalmente.

Suvvia, smettiamola di offenderci per un tozzo di pane. A Milano e altrove in questo paese, pare a me, è ben altro lo spreco contro il quale bisogna alzare la voce.

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Commenti

Ci sono 85 commenti

Non so quanti panettieri ci siano a Milano ma credo a spanne ce ne saranno massimo 200, quindi significa in media 90 kg di pane buttato al giorno dal panettiere. Scusatemi la domanda, forse un po' stupida: ma se c'è un'eccedenza tale di pane, perchè i panettieri non ne producono di meno? Mica sarà che anche loro ricevono sovvenzioni?

L'articolo parla di 500 panetterie con un'eccedenza di 3-7 kg di pane al giorno. Ora, che si possa passare dai 500 x 7 = 3.500 kg (nel caso peggiore) ai 18.000 kg giornalieri di cui si parla nello stesso articolo a me indica solo che parecchi danno numeri a caso.

Di una cosa sono sicuro: le reali statistiche sulla produzione di pane i fornai non le raccontano neanche alle loro mogli, figuriamoci ad una giornalista o ai concorrenti.

Comunque no, non ci sono contributi pubblici per la produzione di pane e se un forno ha troppe rimanenze in breve e' costretto a chiudere.

Poi un giorno mi spiegherete come si fa ad avere fiducia nelle statistiche dei giornali, che tutte le volte che parlano di qualcosa che io conosco, vedo numeri che non stanno in piedi.

 

 

Un paio di giorni fa, qui in Amerika, è uscita questa notizia e mi pare che il risultato per le aziende coinvolte sia stato un bello sputtanamento. Vedi anche Yahoo:

 

 

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H&M and Wal-Mart destroy and trash unsold goods

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This week the New York Times reported a disheartening story about two of the largest retail chains. You see, instead of taking unsold items to sample sales or donating them to people in need, H&M and Wal-Mart have been throwing them out in giant trash bags. And in the case that someone may stumble on these bags and try to keep or re-sell the items, these companies have gone ahead and slashed up garments, cut off the sleeves of coats, and sliced holes in shoes so they are unwearable.

 

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Credevo che i surplus dei negozi finissero messi in vendita da aziende come questa.

 

Interessante. Questo e' chiaramente un caso diverso. Cappotti e scarpre non sono affatto beni deperibili e istituzioni come Goodwill troverebbero (sono quasi sicuro) molto conveniente andare a ritirare quello che un Wal-Mart Superstore tira giu' dagli scaffali.

Se davvero mandano tutto al macero non ho problemi a chiamarlo spreco.

Da wikipedia leggo che gli abitanti del comune di Milano sono 1.3 Milioni, se vengono sprecati 180 quintali al giorno questo corrisponde ad uno spreco di ~14 grammi al giorno per abitante (che appare plausibile). Sempre su wikipedia leggo che il consumo pro-capite di pane e' 66 kg all'anno, quindi ~181g al giorno. Quindi il 7.7% del pane verrebbe sprecato a Milano, forse meno se a Milano il consumo e' superiore alla media italiana, forse meno se si parla dell'area metropolitana invece del comune. Sarebbe stato opportuno basare la discussione sulla stampa su numeri del genere piuttosto che sproloquiare, ma questa purtroppo e' la cultura italiana.

Per mia personale impostazione culturale il mio spreco di pane e' molto vicino a zero, perche' preferisco metterlo in freezer e tostarlo piuttosto che buttarlo. Tuttavia i numeri citati appaiono compatibili con considerazioni economiche generali: il costo di produzione marginale del pane lo immagino molto basso (potrebbe essere ~0.5 euro al kg rispetto ad un prezzo di vendita medio che se non erro e' 2.5 euro al kg)  rispetto ai costi fissi di personale, macchinari e immobili per la vendita, quindi il guadagno viene massimizzato evitando di esaurire il pane fino all'orario di chiusura. Anche all'interno delle famiglie e' plausibile che venga buttato il pane vecchio. Rispetto ai costi di raccolta, trasporto e distribuzione ai poveri, probabilmente conviene di piu' acquistare direttamente pane all'ingrosso perfino a chi volesse distribuirlo a chi ne ha necessita'.

Per un'analisi dettagliata dei costi di produzione del pane, si puo' guardare questo documento. Il costo delle materie prime e' stimato in 53/54 centesimi, se si includono anche i costi per manodopera, macchinari e gestione del negozio la stima e' di 1.27/2.08 euro, a seconda delle economie di scala ottenute mi pare.

Ohhhhhhh,  bravo Giulio! E non se ne poteva più di questi Christmas carol di noi opulenti che sprechiamo le briciole mentre il mondo langue nella fame esattamente perchè io non ho finito tutto il pane acquistato. Prevalgono anche atteggiamenti molto superstiziosi. In Sardegna alcuni anziani addirittura non vogliono che sia "messo male a tavola"...e poi mica lo spreco è sempre intenzionale, anche a volerci stare attenti può capitare...mah, secondo me queste storie sono tipiche da Corriere della Sera, che dovrebbe fare il giornale della grande borghesia del Nord e ogni tanto vuole mostrare con certe storielle che loro non sono mica il giornale degli insensibili padroni delle acciaierie...e via con i servizi sulla Milano sazia e disperata: insomma, al Corsera dopo gli Aperol e i Martini della Milano da bere, passano ai Martini della Milano che pensa e fa del bene.

Ma sono bastati due conti fatti da Alberto per ridimensionare questo "scandalo" che ha infastidito gli animi di tutti i pauperisti.

E poi basta che uno che si compri il pane diciamo in cassetta (confezionato, tipo quello Mulino Bianco) e alla fine non butta nulla perchè si conserva meglio. Ma in Italia si sa, con tutte le donne a casa che non lavorano, possiamo permetterci di mandarle in giro a  comprare ogni giorno il pane fresco...una cosa che non capisco proprio. Quello si che è uno spreco!

Sul Foglio di Ferrara lessi una cosa simile alla tua Giulio. (Link via IBL)

Le stime di Alberto sono in linea con lo spreco di pane quotidiano di una famiglia milanese che conosco molto bene. Si tratta di una quantità di pane che spesso non ha nessun plausibile utilizzo alternativo.

Giulio, dati i miei limitati mezzi cognitivi, non ho capito francamente dove volevi andare a parare nel tuo post... colpa mia ovviamente...

perchè poi polemizzare con Bagnasco e Magris, hanno fatto la stessa operazione che hai fatto tu, ma dal loro punto di vista, e cioè commentare un articolo scritto da un altro...

E poi a Magris "tuttofolo" è quantomeno gratuito: Claudio Magris è uno che ha una "capa tanta", un pò di rispetto se non per la persona quantomeno per l'età e anche di correttezza nell'apostrofarlo in contumacia così (non credo legga nfa) ...

L'unico dato sul pane che ho da fornire io è che a Milano è più buono che a Siena (e non solo perchè non è "sciocco")

 

e., il senso del post e' questo: poiche' quegli avanzi di pane sono fisiologici (sommandoli tutti viene un numero grande ma i conti di alberto lusiani mostrano che si tratta di briciole per una famiglia) e non hanno usi alternativi, gridare allo scandalo e' inutile moralismo. tutto qui.

il "tuttolofo" e' stato messo da un uccellino in fase di approvazione del post (io avevo incorrettamente scritto filosofo), ma io l'ho a mia volta approvato e ho anche ringraziato l'uccellino. magris e' uno scrittore che filosofeggia un po' su tutto, e ha pieno diritto di farlo, da cui il bonario appellativo.

quanto al rispetto, impara tu a rispettare il pane toscano :-). ma non te ne faccio una colpa: lo so che voi altri di fuori non capite che il pane "sciocco" s'abbina al companatico salato. prova a mangiare una fetta di soppressata di cinta senese con un pezzo di panaccio milanese e poi mi dirai. per non parlare della fettunta (con l'aglio, s'intende).

 

Provo io a spiegare.

Il punto di Giulio è che l'articolo dimostra sostanziale analfabetismo economico. La realtà dei fatti è che agli italiani (come dimostrato in vari commenti) il pane piace fresco di giornata e in più piace sceglierlo di tante qualità diverse. Niente di sbagliato in ciò, anzi, ma il dato di fatto è che offrire pane fresco e di tante qualità diverse inevitabilmente genera la necessità di mantenere scorte più alte. Essendo il pane fresco un bene deperibile questo genera inevitabilmente un certo eccesso di produzione che finisce buttata. Per lo spreco delle famiglie il discorso è analogo. Alla famiglia italiana non piace che manchi il pane fresco in tavola. Essendo il consumo variabile, assicurarsi contro la mancanza di pane richiede che in media si compri un certo ammontare in eccesso (visto anche che alla fine il pane non è poi questa gran parte del budget familiare) piuttosto che rischiare di restar senza la mollica per far scarpetta al piatto di pasta. Inevitabilmente questo fa sì che il pane avanzi e venga buttato via.

Perché prendersela contro l'analfabetismo economico? Per due ragioni.

Primo, perché l'analfabetismo conduce a vedere problemi dove non esistono. In questo caso lo spreco di pane è un non-problema, non deriva da inefficienze nella produzione e nella distribuzione (nota: non so se tali inefficienze esistono, dico solo che l'articolo non porta nessuna evidenza che esistano) ma dalla struttura dei gusti delle famiglie italiane e dalle caratteristiche del processo produttivo. L'articolo cerca semplicemente di usare il ruolo totemico del pane nella nostra cultura per fare una lamentela assolutamente inutile e stupida sulla cultura consumista. Sono sicuro, date le caratteristiche del prodotto, che si buttino via anche tanti sushi, magari per un valore superiore a quello del pane, ma un articolo sui sushi sprecati non se lo cagava nessuno. Se si è preoccupati della presenza di gente che muore di fame si parli di distribuzione del reddito, non della michetta che avanza sulle tavole delle famiglie ed è palesemente irrecuperabile a costi ragionevoli.

Secondo, perché l'analfabetismo conduce a individuare non-soluzioni che rischiano di aggravare i problemi. Guarda il commento di Pietro Puricelli sotto. E' chiaro che, se si abbassa il prezzo del pane, per le famiglie diviene meno costoso assicurarsi contro la mancanza di pane in tavola, quindi lo spreco è probabile aumenti. Di cazzate del genere è pieno il dibattito economico in Italia, alimentato da politici ignoranti e giornalisti ancora più ignoranti di loro.

Veniamo infine a Bagnasco e Magris. Questi hanno sì commentato un articolo come ha fatto Giulio. La differenza è che Giulio ha usato un minimo di logica e conoscenza dell'economia, mentre i due signori summenzionati hanno sparato cazzate a ruota libera. Quando qualcuno fa così bisogna rispondere a muso duro, è l'unico modo di sperare di risollevare le sorti del dibattito economico in Italia.

Magris è sicuramente una ''capa tanta'', nessun dubbio al riguardo, ma questo non lo esime dal dovere di informarsi prima di parlare. Io, che non sono capa tanta, non mi permetto di berciare le prime cazzate che mi vengono in mente sulla letteratura mitteleuropea. Se lo facessi, e se il Corriere fosse tanto sconsiderato da pubblicare le mie sciocchezze, sono sicuro che verrei duramente e giustamente bacchettato. Lo stesso vale per Magris. Il fatto di essere noto e capace intellettuale non implica che possa parlare di argomenti di cui, con tutta evidenza, non capisce nulla. O meglio, può anche farlo ma poi deve rassegnarsi al fatto che almeno qualche outsider senza rispetto per l'autorità si diverta a mettere in luce le cazzate che scrive. 

Se poi Magris ci legge o non ci legge non lo so. Di sicuro una volta ci leggeva il figlio, che si premurò di farci sapere con un articolo sul Sole 24 Ore che ci considera una banda di zotici villanzoni che dicono parolacce e, appunto, non rispettano l'autorità. Noi, che non vogliamo deludere nessuno, continuiamo con la nostra politica.

 

L'articolo in questione dice che allo spreco di pane di 3-7 Kg al giorno per panetteria. pari a 3,5 ton/giorno si possono sommare dalle 13 alle 15 ton/giorno di pane buttato dalle famiglie in base ad una analisi statistica a campione dei sacchi della spazzatura, 13 ton su 1,3 milioni di abitanti sono 10 kg annui, cioè 200 g settimanali, io che compero il pane al supermercato una volta alla settimana ( quello dell'Esselunga è BUONO ), e lo faccio surgelare, fatico a non sprecare qualche panino ogni tanto e quindi anche nella situazione più efficiente mi sembrano dati realistici.
Ma la cosa che mi sembra più assurda è la dichiarazione finale dell'articolo, «Ma la vera soluzione sarebbe abbassare i prezzi di vendita del pane dopo le sei del pomeriggio—conclude con una proposta Paolo Martinello, presidente di Altroconsumo —. Così i negozi ridurrebbero l’invenduto. E le famiglie avrebbero una strada per risparmiare».
Se la maggior parte dello spreco è dovuto alle famiglie la logica elementare è che una riduzione dei prezzi dovrebbe peggiorare la situazione.

 

Ma la cosa che mi sembra più assurda è la dichiarazione finale dell'articolo, «Ma la vera soluzione sarebbe abbassare i prezzi di vendita del pane dopo le sei del pomeriggio—conclude con una proposta Paolo Martinello, presidente di Altroconsumo —. Così i negozi ridurrebbero l’invenduto. E le famiglie avrebbero una strada per risparmiare».

Se la maggior parte delo spreco è dovuto alle famiglie la logica elementare è che una riduzione dei prezzi dovrebbe peggiorare la situazione.

esattamente...

Disclaimer: sono iscritto ad Altronsumo da nonsopiùquanti anni.

Epperò, talvolta, penso che il motivo potrebbe essere ormai solo un'abitudine, anziché la convinzione di una reale utilità. In particolare quando leggo sciocchezze come quella profferita da Paolo Martinello che, come non di rado avviene a chi scrive nelle pagine della rivista, pone - giustamente, dal suo punto di vista - l'interesse di un ipotetico consumatore al di sopra di ogni cosa, ma evidenziando scarsa conoscenza delle fondamentali nozioni d'economia. In alcuni casi - duole dirlo - ci si lascia anche prendere la mano da una sorta di sacro furore, e si giunge ad richiedere (benché più raramente rispetto ad altre organizzazioni consumeristiche, in particolare quelle legate al carro della politica) il varo di normative draconiane ed immancabilmente dirigistiche, con poco rispetto della libertà individuale.

Tempo addietro, da socio che si preoccupava di fornire un contributo fattivo al miglioramento, scrissi loro una e-mail in tal senso. Non ricevetti risposta.

@ Gilberto: sono assolutamente con te. Da amante del pane, inorridisco all'immondo paragone ...... :-)

Probabilmente, l'economia è un argomento del quale si può discutere al bar più che della fisica o della matematica, per il semplice motivo che si tratta di una disciplina certamente più sentita.

Lo stesso avviene per il diritto... in Italia si sentono tutti CT della nazionale ed avvocati, perchè il calcio è il calcio e chi non ha mai preso una multa o litigato con un vicino di casa per la musica troppo alta? Fisica, matematica... sono cose distanti...

L'economia - a mio modestissimo parere che sarà sicuramente e velocemente fatto oggetto di ogni sorta di dottissima e sarcastica smentita - è tutt'altro che una scienza esatta, così come non lo è il diritto. Si tratta di materie molto più umanistiche di quanto, generalmente, i rispettivi esponenti accademici ritengano. Per questo motivo a me viene sempre da sorridere quando ho l'impressione che tali materie siano trattate con il piglio e l'atteggiamento della scienza esatta.

Tra i commenti all'interessante dialogo su una enciclica del Papa, che è stato linkato più sopra, scrive Marco Boninnu:

 

La mia tesi, udisci udisci, è che il liberalismo non può essere equiparato a concezioni religiose dell'uomo e della società.

 

Come no?! Il liberalismo non si basa forse su una particolare visione dell'uomo e, quindi, della società? Non è la stessa dottrina economica classica che si basa sul concetto di homo economicus, che è un concetto teorico, ideologico, certamente non scientifico nel senso delle scienze esatte? Il liberalismo non presuppone forse una precisa scelta in campo etico?

Io sono un liberale convinto ed ho la consapevolezza che la mia convinzione non è basata sulla scienza... è solo la mia visione del mondo, è la mia etica, la mia morale... certamente non l'unica possibile.

Io leggo con estremo piacere NFA le cui posizioni molto spesso mi rappresentano, pur se a volte presentate con la boria tipica di chi fa parte del mondo accademico, che (anche se non ve ne rendete conto e, anzi, fate la parte dei prof. alla mano) vi caratterizza esattamente come avviene per i professori italiani e non è certo cancellata dalla parolacce. La cosa non mi infastidisce, perchè sentirsi il sale della terra è una debolezza fisiologica nei rappresentanti del mondo accademico...

Dico questo perchè, se c'è qualcosa di NFA in cui, al contrario, non mi riconosco è l'idea, sulla quale alcuni articoli e posizioni sembrano fondarsi, che l'economia sia una scienza esatta. Che si possa applicare una formula matematica per risolvere ogni problema economico, che non ci debba mai essere spazio per le scelte etiche, morali, filosofiche...

Leggendo il dialogo sulla enciclica del Papa ho avuto l'impressione che siate riusciuti (è una seconda persona plurale generica ovviamente...) a trattare l'argomento solo ed esclusivamente nelle misura in cui lo avete, secondo me con una forzatura evidente, ricondotto sui vostri binari... è come se aveste trasformato l'etica in scienza per poterne parlare in termini economici, perchè proprio non riuscite ad accettare l'idea che l'economia è una forma di etica quanto lo è il cristianesimo e quindi non riuscite a parlare di economia, o di liberismo o di liberalismo come di forme di etica... dovete prima trasformare queste cose in scienza... non so se sono chiaro.

Credo che questo articolo non si sottragga a questa logica.

Sia chiaro, io apprezzo tantissimo le spiegazioni di Giulio Zanella e di Sandro Brusco. Le apprezzo perchè, a me che non sono economista, hanno fatto capire con linguaggio semplice e chiaro che si spreca una certa quantità di pane a causa della particolare struttura del relativo mercato e non certo perchè siamo una società di porci schifosi che buttano il cibo nella spazzatura al grido di: "Alla facciazza tua sporco bambino del Biafra!".

Quello che, invece, non posso condividere, è il passo successivo. E ciò la conclusione che, siccome lo spreco è determinato dalla struttura del mercato del pane, allora questo spreco NON è un problema.

Sono convinto che questa conclusione sia dettata dall'idea, che io non condivido assolutamente, che il libero mercato non sia una forma di etica.

In linea teorica, l'allocazione della risorsa costituita dal pane può essere determinata secondo i più disparati criteri. Tra i tanti possibili, abbiamo scelto quello del libero mercato. Questa è una scelta etica. E' etica perchè operata in vista di un fine ben preciso che è quello di assicurare il maggior benessere per il maggior numero possibile di persone. Voglio dire, abbiamo scelto il liberismo perchè vogliamo raggiungere un certo specifico fine o sbaglio? O ci è caduto dal cielo il liberismo? Perchè in occidente abbiamo scartato il comunismo? Perchè abbiamo ritenuto più efficiente il libero mercato? Più efficiente in relazione a quale specifico scopo?

E se questo scopo c'è, come io credo, ed è costituito dal maggior benessere possibile per il maggior numero possibile di persone, per quale motivo al mondo non dovrebbe costituire un problema il fatto che lo strumento da noi scelto (il libero mercato) non ha raggiunto del tutto il fine per il quale lo abbiamo scelto?

Io credo che costituisca, eccome, un problema. Pertanto, chi ha scritto l'articolo incriminato sarà anche ignorante dell'abc dell'economia, ma, per quello che mi riguarda, ha registrato un problema che esiste e che, se è possibile, deve essere risolto.

Ed il fatto che io sia dell'idea che il libero mercato non abbia funzionato del tutto e che questo sia un problema e che questo problema debba essere risolto non fa di me una fighetta socialista... resto un liberale convinto!

A me personalmente non capita mai di buttare il pane per un motivo molto semplice: se ne avanza lo taglio in porzioni singole e lo surgelo... se non mi basta, semplicemente, scendo nuovamente sotto casa e lo ricompro. Perchè non si dovrebbe potere sensibilizzare le famiglie a comportarsi come me? Ferma restando la libertà individuale di ognuno di noi, cosa ci sarebbe di male (di anti-liberale, contrario alla scienza esatta dell'economia) se la politica elaborasse degli incentivi/disincentivi per spingere le famiglie a tagliare il pane in eccesso in porzioni singole e surgelarlo e ad evitare di comprarlo in abbondanza perchè scoccia rimettersi le scarpe a andarlo a ricomprare nel caso finisca?

 

Capaneo, scrivi in modo più sintetico, per cortesia. Alle 3 cominciano le partite.

Capaneo, inizio a risponderti io tanto la Samp oggi ne prendera' due o tre a Napoli quindi non seguo le partite :-)

Sull'epistemologia dell'economia e delle scienze sociali in genere, credo tu stia sfondando una porta aperta. Io, almeno, sono d'accordo con te e non mi sognerei mai di dire che l'economia e' una scienza esatta, ne' di utilizzarla come tale (su questo torno piu' sotto). La teoria economia e' assiomatica, se cambi gli assiomi cambiano le conclusioni, naturalmente. Ma l'economia e' disciplina assai varia. Esiste anche un approccio sperimentale (simile a quello usato da sempre dagli psicologi sociali) che e' piu' vicino alla nozione comune di scienza e che, tra l'altro, mette continuamente in discussione proprio gli assiomi tradizionali (homo oeconomicus e dintorni). Comunque, questo non ha importanza, anche perche' altri ritengono che devi valutare una teoria economica non in base agli assiomi ma in base alla sua capacita' predittiva.

Ok, l'economia non e' una scienza esatta. Ma non e' neppure un'etica. Guarda, io sono ragioniere e mi tremano le gambe ogni volta che parlo di queste cose (infatti cerco di parlarne poco) perche' c'e' un'altissima probabilita' che dica sfondoni. Comunque, per quanto ne capisco l'economia non e' un'etica perche' non dice cosa e' giusto e cosa non e' giusto fare. Non prescrive comportamenti (al massimo puo' dirti cosa devi fare se vuoi ottimizzare qualcosa e non sprecare risorse; si, ho detto sprecare, ci torno sotto), si limita a descriverli.

Veniamo quindi al tuo dissenso sul merito della questione pane buttato:

Quello che, invece, non posso condividere, è il passo successivo. E ciò la conclusione che, siccome lo spreco è determinato dalla struttura del mercato del pane, allora questo spreco NON è un problema.

No, non ci siamo capiti. Qui il mercato non c'entra niente. L'argomento e' molto piu' semplice, da economia domestica, te lo illustro con la storiella di Pottino. Pottino, si narra in Toscana giu' verso la Maremma, era uno che bruciava gli asciugamani per vendere la cenere -- da cui il detto "fare il guadagno di Pottino", che si spiega da solo. Immagina che Pottino fosse mosso da motivi filantropici (questa si, e' etica) e che facesse questo per donare il ricavato della vendita ai poveri. Dice allora l'economista (o qualunque massaia, vedi che gli economisti sono umili, altro che spocchia! :-)) a Pottino: Pottino caro, tu faresti tanto piu' bene ai poveri se invece di bruciare gli asciugamani tu li vendessi. Infatti cosi' facendo avresti piu' risorse da distribuire ai poveri.

Io ho detto, sotanzialmente, questo, e Sandro Brusco l'ha detto meglio di me nel suo commento che andrebbe messo al posto del mio articolo tanto e' chiaro! Siamo tutti convinti che ci siano tanti panettieri che il pane lo regalano ai barboni a fine giornata e tutti riconosciamo che questo e' desiderabile: meglio nella pancia di qualcuno, quel pane, che nell'inceneritore a produrre carbonio. Ciononostante, dopo che tutti i panettieri hanno donato e tutti i barboni hanno preso, pare che ci siano ancora diversi quintali di pane che all'inceneritore ci finiscono. Perche'? Non perche' i panettieri sono senza cuore o i barboni poco furbi, ma semplicemente perche' non e' economico utilizzarli. Dovremmo mobilitarci, raccogliere quel pane a tutti i costi ed utilizzarlo in qualche modo perche' non vada buttato? No, dicono l'economista e la massaia, questo sarebbe fare quello che faceva Pottino.

Come vedi non c'entra il mercato, ne' e' necessario considerare l'economia una scienza per giungere a questa conclusione. Questo semplice ragionamento da massaia rende chiaro cosa e' spreco e cosa non lo e' e pertanto non costituisce un problema degno di rilevanza nazionale.

 

@Capaneo

Provo a rispondere.

L'economia non sarà una scienza esatta, ma si basa su ragionamenti e collegamenti logici.

Il libero mercato provoca delle inefficienze. Bello... Hai in mente qualche altro modello economico che provochi meno inefficienze? E se si, in che modo lo farebbe?

Perché, al mio paese, questo modo di fare informazione è distorsivo, punto. Non mi sembra il caso di fare ragionamenti sull'etica per degli sprechi che non possono essere evitati.

Rispondo a tutti con un unico intervento.

Scrive Giulio Zanella:

 

Ciononostante, dopo che tutti i panettieri hanno donato e tutti i barboni hanno preso, pare che ci siano ancora diversi quintali di pane che all'inceneritore ci finiscono. Perche'? Non perche' i panettieri sono senza cuore o i barboni poco furbi, ma semplicemente perche' non e' economico utilizzarli. Dovremmo mobilitarci, raccogliere quel pane a tutti i costi ed utilizzarlo in qualche modo perche' non vada buttato? No, dicono l'economista e la massaia, questo sarebbe fare quello che faceva Pottino.

 

Io sono perfettamente d'accordo. Sia chiaro, il mio argomento non è: dobbiamo a tutti i costi raccogliere e distribuire il pane che viene sprecato. Il mio argomento è: se c'è del pane che viene sprecato questo è un problema (di economia o di economia domestica, non ha importanza) e si devono cercare possibili soluzioni. Se poi queste possibili soluzioni non esistono, o costano di più del pane che verrebbe recuperato, allora ci teniamo lo spreco e amen. Ciò che non posso condividere è l'idea che, siccome lo spreco è determinato da un comportamento economicamente razionale da parte dei soggetti interessati, allora non è un problema.

I dati non sono chiari e se lo fossero probabilmente non sarei in grado di interpretarli correttamente, ma posso comunque capire che una parte dello spreco è da attribuirsi ai panettieri che infornano più pane di quello che vendono. Altra parte dello spreco è costituita dalle persone che comprano più pane di quello che mangiano.

Io, personalmente, prima di dire che non è un problema, cercherei di capire se posso evitare in maniera razionale questo spreco. La prima cosa che farei è sensibilizzare le persone su questo tema.

Questo tipo di cose può funzionare. Io oggi, giusto per fare un esempio, faccio la raccolta differenziata... qualche anno fa non sapevo nemmeno cosa fosse. E faccio la raccolta differenziata perchè dopo anni di informazione martellante ho capito che la raccolta differenziata porterà dei benefici. Sarebbe così sbagliato spiegare ai cittadini che se quei pochi grammi di pane che sono avanzati, invece di buttarli, li surgelano e li mangiano il giorno dopo, contribuiranno a contenere uno spreco che, a livello di individuo sarà pure di qualche mollica, ma a livello globale è certamente rilevante?

Capisco perfettamente che fare il giro dei fornai per raccogliere il pane avanzato e distribuirlo ai poveri costerebbe di più del pane stesso... e va bene, ma questo è l'unico modo possibile di distribuire quel pane? Non si potrebbe fare il contrario? Cioè si potrebbero informare le famiglie meno abbienti che il fornaio X generalmente alla sera si ritrova con tot pane in avanzo e sarà poi la famiglia ad andarsi a prendere il pane, senza necessità di un furgoncino che faccia il giro della città...

Non mi sembra ci sia nulla di male in questo. Tuttavia, per poterlo fare, prima devo partire dal presupposto che lo spreco del pane è un problema... se lo liquido immediatamente come un comportamento economicamente razionale e quindi, quasi per definizione, un non-problema, tutto questo non lo posso fare...

 

(o qualunque massaia, vedi che gli economisti sono umili, altro che spocchia! :-))

 

Più che degli economisti, la spocchia è tipica dei professori universitari di ogni tipo, forma o misura... nell'arte della spocchia, anzi, i professori di diritto credo rimangano in assoluto insuperati ed insuperabili... tutto sommato, la cosa non mi dà alcun fastidio... anzi, in un certo senso mi piace... trovo comprensibile che quando una persona raggiunge livelli di conoscenza tali, in un dato ambito, da insegnare in una struttura universitaria, cominci a guardare il resto del mondo dall'alto verso il basso... l'importante è che di ciò il soggetto abbia, intima ed inconfessabile, la consapevolezza. Questo vale come risposta anche a Marco Boninu.

 

Scrive Alessio:

 

Il libero mercato provoca delle inefficienze. Bello... Hai in mente qualche altro modello economico che provochi meno inefficienze? E se si, in che modo lo farebbe?

 

Non ho in mente nessun altro modello astrattamente migliore del libero mercato. Rivendico solo il diritto di correggere, ove possibile, quelle inefficienze. Per farlo, prima di tutto, devo ammettere che si tratta di inefficienze, di qualcosa di non desiderabile, di problemi e devo anche ammettere che la soluzione potrebbe non risiedere negli stessi meccanismi del mercato.

 

Non mi sembra il caso di fare ragionamenti sull'etica per degli sprechi che non possono essere evitati.

 

Perfetto! Però che questi sprechi non possono essere evitati dobbiamo verificarlo veramente. Il fatto che siano determinati da comportamenti razionali da un punto di vista economico, non implica necessariamente il fatto che non possano essere evitati.

Scrive Michele Boldrin:

 

O tutto questo è un altro giro di aria fresca per cercare di sostenere che l'acuto Bagnasco nel suo populistico cazzeggiare ha detto qualcosa di "profondo" che le menti deboli come la mia non hanno notato?

 

Guarda, non so neanche che cosa abbia detto Bagnasco e me ne frega meno di zero. Per la cronaca: l'ultima volta che ho messo piede in una chiesa era la mia prima comunione. Come dici tu, avrò scoperto l'acqua calda, però ho l'impressione che per quanto ovvie, certe cose siano, nei fatti, spesso dimenticate. Ripeto: probabilmente io non ci avrò capito nulla, ma mi pare che il senso di questo articolo sia: lo spreco del pane è determinato da una serie di comportamenti economicamente razionali e, pertanto, non è un problema. Da qui le mie considerazioni. Da qui le mie domande. Sarà ovvio che il mercato è uno strumento e che il fine è di vivere meglio, ma allora se è solo uno strumento, perchè non si devono potere cercare al di fuori di esso ulteriori strumenti che, ove da solo il mercato non sia riuscito a raggiungere quel fine, vengano in aiuto. Se è ovvio quello che stiamo dicendo perchè, gira che ti rigira, gli economisti in genere (e quindi spesso anche qui su NFA) si ha l'impressione guardino al mercato come a qualcosa di così totalizzante?

In altre parole, perchè se il mercato non riesce a risolvere il problema dello spreco del pane, allora questo problema, come dice Alessio, non può essere risolto? E' lo stesso discorso che si è fatto riguardo al mercato dei servizi legali, dal quale probabilmente nasce l'antipatia di alcuni qui dentro nei miei confronti. Perchè se il mercato degli avvocati non trova un equilibrio ottimale, non si devono cercare altrove (io avevo indicato maggiore severità nelle università) gli strumenti per raggiungere quel fine? A tutt'oggi non riesco a capire cosa ci sia di così eretico nel guardare oltre le regole del libero mercato, ove queste non siano sufficienti a garantire il raggiungimento del fine.


Rispondo, adesso, a Marco Boninu, scusandomi per avere precedentemente scritto male il nome.

Non mi pare di avere mai messo in dubbio che il liberalismo abbia contenuti differenti rispetto a quelli tipici delle religioni ed infatti non capisco perchè hai scritto tutto quel papello... ti ringrazio per la lezione, ma ribadisco (e non mi pare tu lo abbia negato, anzi confermato) che, come le religioni, il liberalismo (ma anche il liberismo) si basa su una particolare visione del mondo e dell'uomo... essere liberale è essere eticamente liberale, come essere cristiano è essere eticamente cristiano. Se tu preferisci il liberalismo perchè portatore di un'etica che occupa uno spazio differente rispetto a quello che tipicamente occupa l'etica sposata dalle religioni, buon per te... io ho fatto la stessa scelta...

Tuttavia, ci possono essere persone che operano una scelta diversa dalla mia e dalla tua. Questa scelta, trattandosi di etica, visione del mondo e dell'uomo e quindi non scienza, non è migliore nè peggiore della nostra... è semplicemente un'altra. E qui passo all'enciclica del Papa.

Tu scrivi:

 

se tutti gli scambi economici devono avvenire in subordine ad una stessa metrica di giudizio, cioè la carità fulminata ex cathedra, allora tutti noi dovremmo convenire di avere un set di valori condivisi in maniera così uniforme in tutta la società, tale che quello scambio possa sottostare ai vincoli normativi che la visione del "mercato" pontificia comporta. Quella situazione, dicevo, sarebbe non desiderabile perché  eliminerebbe una circostanza positiva delle nostre società politiche, ovvero il pluralismo e perché si ridurrebbe in maniera intollerabile il range dei moventi e delle aspirazioni dei cittadini (tutti scambierebbero tutto con un desiderio di fare del bene che sarebbe beneficenza, non mercato); in secondo luogo, il fatto che gli scambi debbano essere condotti sulla base del valore obbiettivo di carità ad esso assegnato da un autorità sottratta alla discussione pubblica e alla critica implicherebbe l'impossibilità di fare scambi liberi (se tutti aderissero già a quella metrica papalina non ci sarebbe bisogno di discorsi per convincere della bontà di quella metrica: se alcuni, in maniera libera e volontaria rifiutano quella metrica ORA, augurarsi che essa si diffonda anche a loro, configura una potenziale limitazione della loro libertà). In più aggiungevo, come una sorta di esperimento mentale, che se esistesse anche solo un caso dove lo scambio stipulato fra due parti, delle quali una delle due svantaggiata in partenza, fosse benefico in misura maggiore proprio per la parte svantaggiata allora bisognerebbe ipotizzare un punto di vista esterno alla transazione e alle parti che decidesse se sia più utile la carità o lo scambio interessato non motivato altruisticamente…una situazione materialmente impossibile.

 

Questo mi dà ulteriore conferma di quanto ho sostenuto più sopra e cioè che a volte sembra abbiate difficoltà (e dire che tu non sei un economista...) a guardare oltre l'economics ed il libero mercato, a considerare questo libero mercato come un semplice strumento che serve a raggiungere gli scopi che una data società in un dato momento storico ritiene eticamente auspicabili... che si tratta solo e semplicemente di una scelta etica tra tante possibili, che non ha nulla di scientifico.

Il discorso è molto semplice: al Papa non gliene frega NIENTE dell'utilità (in senso economico) della carità. Non gli interessano le conseguenze nefaste che una generalizzata carità avrebbe sugli scambi commerciali. Non gli importa un fico secco del minore pluralismo che ciò comporterebbe e men che meno si porrebbe il problema di stabilire se la carità ha avuto l'effetto di produrre un reale vantaggio a chi l'ha ricevuta... tutte queste cose interessano a te, perchè riconduci la visione del Papa sui tuoi personali binari. Perchè forzi quella carità nel sistema di valori liberale, in una economia di libero mercato. Perchè, istintivamente, parti dal presupposto che sia IMPOSSIBILE immaginare un mondo in cui gli scambi non rispondano alla logica di utilità e di raggiungimento di benessere. Ed infatti, nel dialogo, una delle premesse fondamentali (senza le quali, sembrerebbe, non ci sarebbe stato nemmeno il dialogo, ma solo una risata...) è che ciò che il Papa auspica sia un mutamento delle "preferenze". Cambiano le preferenze e, pertanto, lo scambio resta ciò che è... semplicemente mentre prima era utile scambiare un paio di scarpe con 30 monete, adesso è utile regalare un paio di scarpe... ma sempre l'utile è ciò che guida lo scambio.

Nella visione del Papa non c'è nulla di tutto questo... nel suo mondo ideale si fa la carità non perchè è utile, ma perchè è GIUSTO. Ciò che cambia, e radicalmente, è il punto di vista. Nel mondo papale la gente certamente VUOLE fare la carità e prova piacere (diretto o indiretto che sia) nel farla, certamente preferisce la carità al guadagno sfrenato, ma lo fa per una scelta etica, morale. Lo farebbe anche se avesse la perfetta consapevolezza che non è utile. E questo può avvenire perfettamente, perchè l'idea che lo scambio debba rispondere ad utilità non è scientifica, ma è filosofica, etica, morale (o come la vuoi chiamare) e, pertanto,può ben essere sostituita da un'altra scelta di segno diverso. Solo se non riesci a concepire questa alternativa (perchè percepisci il tutto come una scienza) senti la necessità di trasmormare la carità in utilità... lo scambio DEVE essere utile e quindi devono cambiare le preferenze nel senso che la carità deve diventare una utilità da perseguire...

 

Capaneo, ma per favore…dai l’economia è un etica come il cristianesimo?

 

Sono stato certamente infelice nell'esposizione. Sostituisci il termine economia con liberismo, libero mercato ecc. ecc.

@Capaneo

E' lì che sbagli.

Il modello prevede delle inefficienze. Se il 70% della benzina che brucia il motore della tua macchina viene dispersa in calore, non parli di spreco. Cercherai dei modelli più efficienti, è vero, ma nessuno utilizzerà il 100% della benzina solo per il trasporto (fino a che valgono i principi della termodinamica).

Se il modello del libero mercato secondo te provoca troppa inefficienza, allora proponi alternative, modifiche. Qui nessuno ti viene a dire che quel pane deve essere buttato.

Ma tu mischi tutto, ci dai degli spacconi (e io son solo studente), ci dici che abbiamo visioni limitate, e non proponi una, dico una, alternativa al modello che tu dici essere troppo (il troppo è importante) inefficiente.

Oltretutto, la visione limitata è frutto del ragionamento scientifico che va dagli assiomi alle teorie. Per dire, l'utilità che tu critichi è un'assioma, non c'è solo quello in economia. Non avrai mai il 100% della realtà spiegata da una teoria, semplicemente perché tutte le teorie discendono, e ne sono limitate, da assiomi.

Tu puoi fare 2 cose per "colpire" un'economista: 1) gli invalidi gli assiomi (e lo hai parzialmente fatto criticando l'utilitarismo); 2) gli invalidi le connessioni logiche tra i concetti.

Ergo, proponici degli assiomi e relazioni fra concetti, proponi una teoria fondata, facci capire perché quell'inefficienza è troppa. Perché fino ad ora hai solo mischiato etica, mercato, papa, religione, morale e io, sarò limitato, non capisco dove vuoi arrivare.

Che vuoi farci, Capaneo è avvocato: dilungarsi mescholare un po' la carte sarà una seconda natura :)

Però sulla mancata condivisione delle premesse da parte del clero (papa o bagnasco cambia poco) ha ragione.

La sua critica mi pare piuttosto infondata dal punto di vista razionale: la massimmizzazione dell' utilità sarà pure un' assioma, ma non è arbitrario: si sposa molto bene col fatto che gli uomini sono principalmente mossi dal tornaconto personale.Ed ha imbastito un discorsone giocando sul cavillo che lo spreco inevitabile sarebbe comunque spreco, ineccepibile dal punto di vista formale quanto irrilevante da quello pratico.

Certo, si potrebbero buttare soldi pure per sensibilizzare contro lo spreco del pane, o per mettere sensori nei cassonetti e multare chi lo butta, ma sinceramente non sento il bisogno di nuove follie, tanto più che il valore totemico del pane è tanto arbitrario da essere una fissazione italiana: gran parte di Asia, Africa e Sudamerica il ruolo del pane è occupato dal riso, in Belgio dalle patate fritte.

 

[blockquote]Se poi queste possibili soluzioni non esistono, o costano di più del pane che verrebbe recuperato, allora ci teniamo lo spreco e amen.Ciò che non posso condividere è l'idea che, siccome lo spreco è determinato da un comportamento economicamente razionale da parte dei soggetti interessati, allora non è un problema.[blockquote\]

 

Ora il problema è l'idea. Ma non vai a fondo nemmeno in quello. L'idea che di uno spreco inevitabile si può solo prendere atto è razionale. Ora, se tu sostieni quello sopra, con tanto di preambolo sul fatto che pure tu capisci perché non è possibile recuperare il pane, quello che ci stai proponendo è un modello a-razionale, ergo, non scientifico.

Il problema di questi ragionamenti è che non sono misurabili (dove la trovi l'unità di misura? Se non è razionale è anche soggettivo), non sono falsificabili (cosa falsifichi di un modello che si falsifica da solo?), non progrediscono (se non sono falsificabili...).

Mi sembra il modo tipico di far politica in Italia.

 

se sta tanto a cuore potrebbero dare il pane avanzato per l'allevamento degli animali (maiali,...). Ma se il suo valore di "riciclo" fosse vicino al costo di acquisto il panettiere sarebbe incentivato ad ordinare più pane e ne finirebbe molto di più in ricicleria.

per ridurre lo spreco di pane bisognerebbe che i tutti i clienti specificassero alcuni giorni prima la quantità che vogliono o che la quantità acquistata da tutti i clienti fosse prevedibile. un inutile ipotesi accademica

 

 

Ci hanno già pensato agli animali, è scritto nell'articolo trattato nel post nella citazione del sig. Fugazza ;-)

Fabrizio

 

--- spostato al posto giusto (risposta a Caos), scusate ---