L'esecuzione di Saddam, il governo italiano e Cesare Beccaria

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L'iniziativa del governo italiano presso l'ONU per abolire la pena capitale era rivolta agli italiani, non al resto del mondo, che l'ha bellamente ignorata. Il governo voleva rassicurarci della nostra superiorita' morale nei confronti, in particolare, degli americani, che non hanno voluto evitare la barbarie dell'impiccagione di Saddam.

E' piacevole sentirsi superiori, magari ostendando la nostra tradizione

culturale. Non pochi commentatori hanno ricordato nei giornali le

origini intellettuali della contrarieta' italiana alla pena capitale,

che risalgono agli scritti di Cesare Beccaria. Sono andato percio' a

riguardarmi il suo "Dei delitti e delle pene", facilmente

rintracciabile online, che

dedica il Capitolo 28

alla pena capitale. L'illuminista Beccaria non usa considerazioni etiche per dimostrare la sua contrarieta' alla pena di

morte. Piuttosto, cerca di dimostrare che la pena di morte non costituisce un adeguato deterrente al crimine. Ma senza presentare alcuna

evidenza per supportare la validita' empirica dei suoi argomenti.

Beccaria suggerisce per esempio che l'estensione della pena e' piu' efficace della sua intensione,

o intensita'. Con questo intende dire che e' peggiore una piccola

sofferenza, ma ripetuta (come la prolungata limitazione della liberta'

personale), piuttosto che un grande dolore ma limitato nel tempo (come

quello inflitto dalla morte). L'idea e' che la violenza della morte

sorprende l'uomo, ma viene presto dimenticata, mentre la schiavitu'

perpetua fornisce un monito costante al potenziale criminale. Idee

forse condivisibili, ma da dimostrare. Gli effetti preventivi della

pena di morte sono studiati da decenni, e non esiste ancora consenso in

letteratura.


Beccaria inoltre sente il bisogno di rispondere a

chi lamenta che la schiavitu' dell'ergastolo e' tanto crudele quanto la

condanna a morte. Egli sostiene che, sommando tutti i "momenti

infelici" della schiavitu', forse essa e' anche piu' crudele della

morte. Tuttavia, i momenti infelici sono stesi per tutta la vita del

condannato, mentre la morte esercita la sua forza in un solo istante.

Per questo, la schiavitu' spaventa piu' chi la vede che chi la soffre,

perche' "chi

soffre trova delle risorse e delle consolazioni non conosciute e non credute dagli

spettatori, che sostituiscono la propria sensibilità all'animo incallito dell'infelice".

Beccaria

sembra sostenere che il valore atteso attuale delle pene sostenute

nell'arco della vita e' maggiormente negativo di quello della morte. Se

cosi' fosse, sarebbe vero che l'ergastolo avrebbe maggiore valore

deterrente. Ma Beccaria usa questo ragionamento per negare che

l'ergastolo sia troppo crudele, sostenendo che la sofferenza dell'ergastolano percepita

dall'osservatore e' diversa da quella percepita dal condannato. Per il

condannato all'ergastolo la disutilita' e' piu' lieve, trovando

consolazione in pensieri non ben specificati, non internalizzabili

dall'osservatore. Ma cos'e' che ha valore preventivo, la percezione di

sofferenza sperimentata osservando il carcerato o l'aspettativa di

sofferenza futura subita in quanto carcerati, che - credendo al

ragionamento - sappiamo essere inferiore? Boh! Ammetto che il ragionamento possiede una certa logica interna, ma resta da verificare

empiricamente la sua validita'.

Infine, vale la pena notare che Beccaria non esclude totalmente l'uso della pena di

morte. Uno dei casi in cui la trova ammissibile e' quello del

condannato che "quando anche privo di libertà [...] abbia ancora tali relazioni e tal potenza che

interessi la sicurezza della nazione; quando la sua esistenza possa produrre una

rivoluzione pericolosa nella forma di governo stabilita".

Curiosamente, qualcuno potrebbe citare questo passaggio per sostenere

che Beccaria avrebbe giustificato l'impiccagione di Saddam.


Insomma,

citare e appropriarsi di Beccaria per ostentare una presunta superiorita' morale - che semmai e' propria degli individui, non delle nazioni - sembra a

me alquanto ardito. Tutti i suoi argomenti sono confutabili, e in qualche caso secondo me anche le assunzioni usate per stabilire il ragionamento logico sono piuttosto deboli. Bene ha fatto il governo iracheno a

ricordare che tanto diversi non siamo visto che poco piu' di 60 anni fa

abbiamo appeso Mussolini per i piedi, dopo averlo fucilato senza

nemmeno

una farsa di processo. Trovo abbastanza deboli i tentativi di sottolineare le differenze

fra i due casi, che esistono, ma non ci rendono poi tanto superiori.

Personalmente, ho trovato l'iniziativa del governo tardiva e

strategicamente

inopportuna. Meglio sarebbe stato adottare l'atteggiamento

pragmatico di Beccaria per sollecitare, per esempio, una soluzione meno

cruenta. Il governo avrebbe potuto adoperarsi presso la diplomazia

americana per evitare la barbarie dell'impiccagione. O perlomeno le circostanze del suo svolgimento. Il video dell'esecuzione e' facilmente rintracciabile online. L'ho scaricato anch'io, ma non ho avuto il fegato di guardarlo. Ho girato la testa, e ne ho solo ascoltato l'audio, le grida e gli insulti, che ho trovato raccapriccianti. Io sono contrario alla pena di morte, e posso solo cercare di capire l'inevitabilita' di questa esecuzione. Nel XXI secolo

esistono pero' metodi meno cruenti e teatrali, e non sarebbe stato male se si

fosse speso un po' di capitale politico verso un obiettivo almeno

teoricamente realizzabile, piuttosto che per fare propaganda interna ex post.

 

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Commenti

Ci sono 22 commenti

"Ma Beccaria non

presenta alcuna

evidenza per supportare la validita' empirica dei suoi argomenti."

Beh, e' passato un po' di tempo da allora, ed appare chiaro oggi che la pena di morte non e' un deterrente.  Se si controlla per altri fattori (come lo stato dell'economia, numero di giovani maschi, disoccupazione) la presenza o assenza della pena di morte negli stati USA, per esempio non ha effetto sui crime rates.

 "Nel XXI secolo

esistono pero' metodi meno cruenti e teatrali, e non sarebbe stato male se si

fosse speso un po' di capitale politico verso un obiettivo almeno

teoricamente realizzabile, piuttosto che per fare propaganda interna ex post."

La pena di morte di Saddam e' stata chiaramente diretta  a mantenere in Iraq una situazione d'emergenza, e continuare gli handouts di public money (o meglio di public debt) agli amici dell'industria bellica almeno per i prossimi due anni.  Non c'era assolutamente alcuna ragione ne' necessita', e anzi ha impedito la conclusione dei numerosi procedimenti nei confronti dell'ex dittatore.

 

 

Sono d'accordo, e mi chiedo appunto come mai il governo si sia mosso dopo l'esecuzione anziche' prima.

 

 

Ciao PAolo,

la "deterrenza" o meno della pena di morte non può essere dimostrata, e in ogni caso non ha molta importanza. Chi sostiene la pena di morte non lo fa per la sua funzione di deterrente, e chi è contrario probabilmente non smetterebbe di esserlo se fosse dimostrato che avesse una tale funzione.

La PdM ha un ovvio vantaggio rispetto all'ergastolo: le probabilità che il condannato esca di prigione (vuoi per una fuga, vuoi per un mutato clima politico o giuridico) e ri-offenda sono esattamente zero. Un altro vantaggio è che la comunità, e in particolar modo le stesse vittime del crimine, non sono costrette a pagare il mantenimento del criminale per anni, con le loro tasse. Un ovvio svantaggio della PdM è la possibilità di giustiziare un innocente, anche se si può obiettare che il progresso scientifico e la presenza di telecamere pressocché ovunque nelle grandi città rendono questo sempre più difficile.

Se si è favorevoli o contrari alla PdM è solo per il rapporto tra la sensazione di disagio che si prova all'idea di giustiziare una persona e quella che si prova leggendo dei crimini che ha commesso, o dell'ennesimo criminale che è uscito dal carcere e ha ammazzato di nuovo.

 

Le tesi di Andrea sono in qualche modo collegate -se capisco bene- a quelle espresse da Emanuele Severino sul Corriere qualche giorno fa:

archivio.corriere.it/archiveDocumentServlet.jsp

 

 

 

Grazie della segnalazione. Sono d'accordo la contrarieta' alla pena di morte non si possa affidare puramente a motivazioni che si basano sull'inefficacia repressiva. Se cosi' fosse, sostiene Severino, allora se un giorno si scoprisse un gruppo di persone per le quali esiste effetto deterrente, allora bisognerebbe ammetterla per gli appartenenti a questo gruppo (in soldoni).

 

Andrea, sono d'accordo con la tesi di fondo. Credo pero' che la mossa Italiana sia stata appena piu' realistica. L'ambasciatore all'ONU sembra (sul sito www.italyun.org non ho trovato niente) aver presentato una richiesa di moratoria e non di abolizione.

 

Due osservazioni semplici.

Le esecuzioni di Saddam, di Mussolini, di Eichmann *non* fanno testo.

Sono atti di guerra e come tali vanno letti. Si puo' benissimo opporvisi in termini tattici e persino strategici, ma quella opposizione e' assai diversa da chi pensa sia sbagliato avvelenare un cretino che mangia i bambini, o che uccide iul benzinaio dopo aver rubato la benzina.

 

 

Secondo, lo stimato Becker sostiene di aver dati sull'effetto di deterrenza e francamente mi sembra assai difficile aver un'opiniione netta sul tema.

Per chi ha una opposizione di principio alla pena di morte, meglio averla su basi strettamente etiche di ordine deontologico e non utilitarista.

 

 

"...atti di guerra e come tali vanno letti. Si puo' benissimo opporvisi in

termini tattici e persino strategici, ma quella opposizione e' assai

diversa..."

In entrambi i casi si usano mezzi inefficaci che in piu' hanno lo svantaggio morale di mettere il pubblico sullo stesso piano del deviante.

"Per chi ha una opposizione di principio alla pena di morte, meglio

averla su basi strettamente etiche di ordine deontologico e non

utilitarista."

Per me questa frase e' completamente priva di significato.  E su cos'altro la fondi un'etica se non su principi di convivenza civile che tu chiami "utilitaristi"?  Su arbitrari principi religiosi?  Su polverosi libri sacri scritti da pastori e beduini?  Ma non scherziamo.

 

 

 

 

"Insomma,

citare e appropriarsi di Beccaria per ostentare una presunta

superiorita' morale - che semmai e' propria degli individui, non delle

nazioni - sembra a

me alquanto ardito. Tutti i suoi argomenti sono confutabili, e in

qualche caso secondo me anche le assunzioni usate per stabilire il

ragionamento logico sono piuttosto deboli."

Da quel poco che ho letto di Beccaria, mi è venuto più volte da pensare che se non fosse stato il nonno di Manzoni sarebbe probabilmente finito nel dimenticatoio...