Gli incidenti sul lavoro: un confronto sui dati europei

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Il triste episodio dell'incendio alle acciaierie Thyssenkrupp di Torino ha riportato alla ribalta polemiche di vecchia data sull'incidenza delle morti bianche in Italia. Ovviamente ogni evento di questo tipo è una tragedia umana e sociale, e doverosa è la ricerca delle responsabilità specifiche. Siccome però il dibattito facilmente si sposta dalle responsabilità individuali a quelle di un intero sistema economico, politico e/o sociale, vale la pena andarsi a vedere i dati: quanto grave è il fenomeno, rapportandolo alla situazione di altri paesi? Ancora una volta, i database di Eurostat ci vengono in aiuto.

Il primo grafico confronta il numero di incidenti fatali sul lavoro per centomila occupati. La linea continua mostra la media europea. La tendenza generale sembra essere quella di una sostanziale diminuzione rispetto ai livelli dello scorso decennio, anche per l'Italia, che però si attesta su livelli abbastanza superiori a quelli degli altri paesi europei. Il dato del 2004, ultimo anno disponibile, corrisponde a 994 morti, un numero di gran lunga inferiore ai 1325 del 1994, considerando anche il fatto che l'occupazione è aumentata di circa il 10 per cento.

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Migliore per l'Italia il dato sugli incidenti gravi (quelli con più di tre giornate lavorative perse). In questa dimensione l'Italia si colloca a un livello abbastanza vicino alla media, e inferiore a quello degli altri paesi maggiori.

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La posizione della media europea, inferiore al dato dei maggiori europei, è dovuta al fatto che gli altri paesi, pur pesando meno, hanno un tasso di infortuni sul lavoro di gran lunga inferiore. Per esempio, considerando il dato del solo 2004, la Grecia, Svezia, ed Irlanda hanno avuto rispettivamente 1,42, 1,13, e 0,82 incidenti per ogni cento occupati, dati che riflettono probabilmente anche la diversa incidenza dei diversi settori di produzione nel totale dell'occupazione: è difficile per esempio farsi male fabbricando cellulari.

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Commenti

Ci sono 16 commenti

Anche la tendenza in diminuzione dei grandi paesi europei potrebbe essere dovuta a un cambiamento nella composizione dell'output. Nei paesi industrializzati la proporzione di valore aggiunto prodotto dal settore dei servizi é in continua crescita rispetto alla proporzione prodotta dal settore dei beni fisici. Se questi ultimi sono quelli che generano piú incidenti sul lavoro (che normalmente avvengono in fabbrica o in cantiere) la diminuzione di incidenti non sarebbe dovuta ad una maggiore sicurezza ma semplicemente a una riallocazione settoriale (col passare del tempo si lavora di piú nei settori meno rischiosi).

 

Credo anch'io che lo spostamento della manodopera verso i servizi sia il fattore dominante, ma le fabbriche sono cambiate.Fino agli anni '80 nelle tornerie vedevo un sacco di macchine aperte e cascate di trucioli ovunque, ora quasi tutte le macchine sono racchiuse in un carter.Tra l'altro col controllo numerico l' operatore lavora più lontano dalla macchina. 

 

Condivido anch'io il ragionamento di fondo. Due perplessità: lavoro "atipico" e sommerso che dubito siano considerati nei grafici che produci. A naso direi che soprattutto il secondo ha un peso rilevante in Italia per il numero di incidenti nel settore edile. Che ne dici?

 

La tendenza e' drammaticamente invertita, almeno in italia negli ultimi anni. Nel 2006 i morti censiti sono 1280. 1.449 nel 2003; 1.328 nel 2004; 1.206 nel 2005 (eurispes: www.cadutisullavoro.it/documenti/rapporto_eurispes_maggio_07.pdf).

Aggiungi poi i lavoratori al nero morti e non registrati. Mi sa che torniamo ben al di sopra delle medie europee....

 

Mi pare che i dati dell'Eurispes corrispondano ad una definizione diversa di "morti sul lavoro" di quella usata da Eurostat. Secondo quest'ultima, in Italia, gli incidenti fatali sul lavoro sono stati nel 2003 e 2004 rispettivamente 991  e 944.

 

Eurispes come l'Istat elabora i dati INAIL. da questi, come e' noto - in giro si trova l'articolo della Voce e l'audizione parlamentare di Giampaolo Galli dell'ANIA - meta' dei circa 1300 morti del lavoro sono dovuti a incidenti stradali (si pensi alla diffusione del trasporto su gomma per le merci, non solo nelle trasferte, per spiegare la differenza con altri paesi).

Quanto al commento sulla prevalenza del settore edile nelle statistiche sulle morti, che in effetti spiegherebbe il perche' Spagna e Italia hanno dati simili (anche se la prima in diminuzione da tempo), non mi convince perche', in edilizia e' diffusissimo il nero e un incidente di un lavoratore che non esiste per l'INAIL per definizione non rientra nelle statistiche.

Il fatto e' semplice: oggi in fabbrica, a meno che non sia una fabbrica di esplosivi artigianali, si muore molto meno che negli scorsi decenni. 

 

 

 

 

Quanto al commento sulla prevalenza del settore edile nelle statistiche

sulle morti, che in effetti spiegherebbe il perche' Spagna e Italia

hanno dati simili (anche se la prima in diminuzione da tempo), non mi

convince perche', in edilizia e' diffusissimo il nero e un incidente di

un lavoratore che non esiste per l'INAIL per definizione non rientra

nelle statistiche.

 

Che nell'edilizia sia diffuso il lavoro nero non significa che tutti i lavoratori del settore edilizio lavorino in nero. Per cui a meno che l'incidenza del lavoro nero non sia cambiata sostanzialmente negli ultimi anni possiamo benissimo analizzare le statistiche "ufficiali". 

 


Certo. c'e' una omissione nella frase mia sopra dopo la virgola: la forma corretta sarebbe dovuta essere "non mi

convince perche', anche se in edilizia e' diffusissimo il nero, un incidente di

un lavoratore che non esiste per l'INAIL per definizione non rientra

nelle statistiche." 

 

In realtà i confronti internazionali sono sempre difficili, dato i diversi paesi adottano diversi criteri di registrazione degli incidenti.

In Italia, per esempio, è incidente sul lavoro non solo quello che capita sul luogo di lavoro, ma anche quello che si verifica andando al lavoro, c.d. in itinere

Per chi ne ha voglia qui c'è il link dell'INAIL dove sono riportate un po' di statistiche "depurate" dalle difformità di registrazione.

http://www.inail.it/statistiche/andamento/rap_ann2006/S4.pdf

 

 

Il documento dell'INAIL, che presenta un'immagine completamente diversa da quella che risulta dalle figure presentate sopra, e conclude che l'Italia si trova in una posizione favorevole rispetto alla media europea. Il documento riporta dati Eurostat, gli stessi che ho usato io, usando pero' delle serie standardizzate. Spiego la discrepanza.

Il problema di comparabilità riguarda almeno tre fattori:

1) I diversi sistemi di rilevazioni usati dai paesi membri: esistono due gruppi di paesi. I gruppi si differenziano per l'esitenza o meno di una forma (pubblica o privata) di assicurazione specifica degli incidenti sul lavoro. I due gruppi sono, rispettivamente: Insurance Based Systems: BE, DE, EL, ES, FR,

IT, LU, AT, PT and FI; e Universal Social Security Systems: DK, IE, NL, SE, UK and NO.

La documentazione Eurostat dice espressamente che i dati sugli incidenti mortali sono pienamente comparabili fra tutti gli stati membri, mentre quelli sugli incidenti gravi sono comparabili solo all'interno dei due gruppi, ma non comparabili fra i due gruppi. Per i paesi del secondo gruppo Oltre che per IT, AT and PT in una certa misura, il rilevamento non è esaustivo, ed i dati sottostimano i veri livelli.

Da questo punto di vista le statistiche da me riportate, in particolare

quelle sugli incidenti mortali, sono valide e confrontabili, e così sono le statistiche sugli incidenti

gravi, ad eccezione del confronto con il Regno Unito (che, ora mi

accorgo, manco appare nel grafico :-) ).

2) La diversa (o mancata) rilevazione nei diversi paesi di incidenti (sul lavoro) avvenuti dovuti al traffico su strada

3) La diversa composizione settoriale della forza lavoro nei vari paesi, come sottolineato da alcuni commentatori, oltre che dal sottoscritto.

Le statistiche "depurate" dell'INAIL sono i tassi standardizzati che tengono conto di tutti e tre questi fattori, compresa la diversa composizione settoriale.

Urge confrontare i dati settoriali e i dati sugli incidenti avvenuti sulla strada. Lo farò in un secondo articolo che invierò fra breve. Anticipo, che, ad una prima impressione, il problema "incidenti sul lavoro" sembra in realtà essere un problema di "sicurezza sulla strada".

 

 

Molto d'accordo. Parlo da invalido del lavoro: questo è un paese sull'orlo di una crisi di nervi, da sempre. Mi fa specie che nessuno faccia opinione sulle morti da incidenti d'auto... Le corporazioni (inclusi sindacati) e il prelievo coatto da parte dei parassiti di Stato sono il vero problema.

 

Ringrazio ancora Noise e Andrea Moro per le informazioni che, anche dopo l'incidente di Torino, non si trovano sui quotidiani.

Le corporazioni ed il prelievo coatto dei parassiti di Stato saranno un problema davvero, ma non vedo cosa hanno a che fare con gli incidenti sul lavoro.

Visto che si va un pò fuori tema, la badantedi mia mamma è tornata dall'Ucraina a Mestre con un pulmino: viaggio di 36 ore con un'unica persona alla guida (che tra l'altro correva). Se poi ci scappa l'incidente, non è una fatalità.

 

Vero, Mario, non è una fatalità: è semplicemente il prodotto dell'imbecillità. Non ha comunque nulla a che fare né con la legislazione sulla sicurezza lavorativa, né con niente che lo stato debba fare, a parte multare brutalmente chi viola il codice stradale e costruire autostrade più ampie e moderne. Cose che invece, in Italia, viene considerato impopolare fare ...

Il capitalismo selvaggio che uccide i lavoratori e le manifestazioni come quella di Torino, comunque, non c'entrano con gli incidenti stradali in generale e con quelli legati al lavoro in particolare. Chiedo: in quale maniera esse (manifestazioni) aiutano a risolvere il problema? Qual è, poi, il problema? Dico sul serio, qualcuno potrebbe definire il problema in maniera precisa e dibattibile?

L'affermazione, che leggo ovunque sulla stampa italiana, secondo cui gli incidenti sul lavoro sono inacettabili e che occorre lottare contro questo e quello per eliminare "questa piaga", è solo un'idiozia populista, oltre che dannosa. È identica a quella secondo cui la vita non ha prezzo; che invece ce l'ha piaccia o meno ai predicatori domenicali d'ogni religione o setta politica. Quindi, qual è il problema, visto che l'analisi dei dati svolta da Andrea in questo articolo e nel seguente (che apparirà domani) mostra che praticamente tutta la differenza con il resto d'Europa si deve agli incidenti stradali (per un 70%) ed alla composizione settoriale dell'economia italiana (per l'altro 30%)?

Ho guardato e riguardato articoli, servizi ed editoriali dove i vari soloni si strappano le vesti imprecando, e non ho trovato una definizione una del "problema" che andrebbe risolto. Qualcuno ce l'ha?

Sulla base delle analisi svolte da Andra e dai lettori, propongo la mia, in tre parti.

- Il sistema stradale italiano fa schifo perché non si investe nell'alta velocità e nella rete autostradale a causa dell'opposizione demenziale dei verdi e della mancanza di risorse dovute all'eccessiva spesa pubblica per trasferimenti, stipendi e spese correnti. Questo causa morti, feriti, ed ingorghi ad ogni pié sospinto. Oltre che, ovviamente, ridurre gravemente la produttività delle imprese italiane.

- La polizia stradale italiana non fa il proprio lavoro, non multa, non arresta, non punisce. Quindi il comportamento dei conduttori italiani aggrava il problema precedente, alzando ulteriormente il numero di incidenti stradali. Occorre inasprire il codice e, soprattutto, far lavorare i poliziotti italiani che, da bravi funzionari pubblici, tendono a fare l'ameno nulla a cambio di uno stipendio.

- L'economia italiana ha una composizione settoriale e tecnologica arretrata. Questo è dovuto alla scarsità d'investimenti, rispetto al resto d'Europa, ed alla mancanza d'innovazione. Le ragioni per la mancanza d'investimenti e la bassa innovazione sono quelle ben note: alta tassazione, altissimi contributi sociali, rigidità contrattuale, invadenza sindacale, gabbie salariali irragionevoli.

I rimedi sono abbastanza ovvii. Faccio notare che, in base al terzo punto, l'alta tassazione del reddito da lavoro e gli altissimi contributi sociali sono una delle cause (non la maggiore, ma una delle cause) dell'alta mortalità italiana sul posto di lavoro.

Messa nei termini in cui un politico (o giornalista) italiano potrebbe capirla, la mia diagnosi del problema si riassume nei tre slogans

Gli ambientalisti, i sindacalisti, i parassiti pubblici ed i pensionati d'età minore di 68 anni sono i maggiori responsabili dell'alta mortalità italiana sul posto di lavoro.

Le pensioni dello zio sindacalista dei pensionati e della cugina ecologista-rifondarola (ex funzionario ministeriale lui, ex bidella lei, entrambi pensionati a 58 anni) uccidono anche te.

Di' loro di ridursele, e di appoggiare TAV, autostrade e nucleare.