Le illusioni della tassazione sostitutiva sui BOT

/ Articolo / Le illusioni della tassazione sostitutiva sui BOT
  • Condividi

Nei giorni scorsi fonti governative hanno ventilato l’idea di finanziare una riduzione dell’IRPEF con una aumento della tassazione sui BOT. Non mi sembra una buona idea. Probabilmente le ragioni per cui viene proposta hanno a che fare con la cattiva comprensione di alcuni principi economici, o con voglia di fare cassa velocemente ma in modo pericoloso.

Prima di entrare nei dettagli dell'analisi, è importante premettere che le conclusioni che seguono si riferiscono alla proposta di sottoporre anche i BOT alle imposte sostitutive che vigono per gli altri redditi da capitale. Che per questi ultimi l’imposta in Italia (e altrove) sia sostitutiva dell’imposta sul reddito, e che quindi l’aliquota sia la stessa per tutti i contribuenti, è un aspetto non trascurabile su cui si basano le conclusioni di questo post (le cose si fanno più complicate nel caso di sistemi fiscali in cui l’aliquota di tassazione sul debito pubblico sia invece l’aliquota marginale sul reddito individuale; si veda per esempio Diamond [1965]).

La cattiva comprensione dei princìpi economici

Cominciamo da uno dei due motivi, citati nel sommario, che possono aver portato alla proposta di tassazione sui BOT: cattiva comprensione di alcuni principi economici. Qui ci sono due miti da sfatare. Il primo è che l’esenzione dei BOT dall’imposta sostitutiva implichi la presenza di una distorsione volta a privilegiare l’investimento in titoli pubblici rispetto all’investimento in altri titoli. Il secondo è che l’esenzione dei BOT implichi una perdita di gettito fiscale per lo Stato. Sfatare questi due miti porta alle seguenti conclusioni.

Innanzitutto, non appare sensato mettersi a fare i conti di quante risorse di bilancio si liberino, tramite questa nuova tassazione, al fine di ridurre in modo permanente le tasse altrove. La manovra infatti non libererebbe alcuna risorsa. Inoltre, non ha alcuna utilità fare rilievi sul fatto che i BOT siano più o meno tassati di altri titoli finanziari. Il livello della tassazione sostitutiva sui BOT è infatti irrilevante. Perche'? Guardiamo al semplice esempio in cui il governo decide di aumentare dell'1% l’imposta sostitutiva che colpisce le nuove obbligazioni emesse sul mercato e detenute in portafoglio dagli investitori. Per semplicità, assumiamo qui che l’imposta sostitutiva colpisca, come farebbe una patrimoniale, il valore dell’investimento, piuttosto che il reddito da esso derivato (questa semplificazione è irrilevante ai fini del nostro ragionamento). Qui dobbiamo distinguere il caso in cui le nuove obbligazioni siano emesse da un soggetto privato oppure dal governo (BOT).

Nel caso di emissione privata, l’aumento della tassazione avrà i seguenti effetti a cascata. Innanzi tutto la domanda di obbligazioni private scenderà, in quanto il rendimento netto, che è quello che interessa agli investitori, è ora sceso dell’1%. Di conseguenza, al fine di continuare a piazzare le proprie obbligazioni, l’emittente privato dovrà compensare gli investitori offrendo loro un rendimento lordo più alto. Di fatto è come se ora l’emittente privato dovesse coprire di tasca propria la differenza dell’1% che si è creata fra il rendimento lordo, da lui sborsato, e quello netto, percepito dagli investitori. Allo stesso tempo, tuttavia, siccome emettere obbligazioni è diventato più costoso, il soggetto privato ne emetterà di meno. In questa minore emissione risiede la distorsione dovuta all’aumento della tassazione. Una minore emissione si tradurrà necessariamente in un minore peso delle obbligazioni private nel portafoglio degli investitori. [Nota tecnica: in questo caso la funzione di offerta di obbligazioni da parte dell’emittente è elastica rispetto al rendimento lordo. Essendoci quindi distorsione nell’ammontare emesso, l’aumento del rendimento lordo di equilibrio sarà inferiore all’1%, pur rimanendo vero che il cuneo fra il rendimento lordo e quello netto è aumentato esattamente dell’1%.]  

Nel caso di emissione di BOT, l’aumento della tassazione avrà i seguenti effetti a cascata. Anche qui la domanda di BOT inizialmente scenderà. Di conseguenza, al fine di continuare a piazzare le proprie obbligazioni, l’emittente pubblico dovrà compensare gli investitori offrendo loro un rendimento lordo più alto. Tuttavia, per quanto a prima vista ciò possa sembrare contro-intuitivo, l’aumento del rendimento lordo non si traduce in maggiori costi effettivi di emissione da parte del governo. Questo lo dimostriamo tra un attimo, ma il motivo, naturalmente, e' che la tassa e' per il governo una partita di giro. Non essendo quindi cambiato il costo di emissione, il governo emetterà tanto debito quanto prima. Non vi sarà dunque alcuna distorsione. Ma se l’ammontare emesso non varia, allora, affinché gli investitori siano disposti a continuare ad acquistare lo stesso ammontare di BOT nonostante la nuova tassa, deve accadere che il rendimento netto per gli investitori in BOT non cambi. In altre parole, il rendimento lordo dovrà salire esattamente dell’1% [Nota tecnica: l’offerta di titoli è quindi, in questo caso, completamente inelastica rispetto al rendimento lordo. La tassa sui titoli di Stato si trasla perciò completamente sull’emittente, cioè lo Stato stesso]. E veniamo al nocciolo della questione: perché in questo caso, a differenza del caso in cui era il privato ad emettere titoli, la tassazione non cambia il costo di emissione dell’obbligazione? La ragione è che è vero che a seguito dell’introduzione della tassa il governo deve garantire un rendimento lordo che è ora salito dell’1%. Ma è anche vero che ora il governo incassa, sotto forma di tasse, l’1% in più per ogni titolo che emette. Il governo di fatto sta pagando a se stesso, sotto forma di maggiore rendimento lordo, la tassa. L’effetto netto sul bilancio è perciò nullo. L’esenzione dei BOT dalla tassazione sostitutiva non causa quindi né distorsioni nelle decisioni di emissioni di debito pubblico (l’ammontare emesso, e quindi in portafoglio, non è variato), né causa una modifica di gettito per lo Stato. L'eliminazione dell'esenzione sui BOT di nuova emissione non sarebbe quindi né una misura buona né una misura cattiva. Sarebbe semplicemente irrilevante.

Far cassa in modo pericoloso

Veniamo ora alla possibilità che la proposta di tassare i BOT sia figlia della voglia di fare cassa velocemente, ma in modo pericoloso. Come visto sopra, un cambiamento nella tassazione sostitutiva sui BOT di nuova emissione non ha alcun effetto sul bilancio pubblico. Tuttavia, tale tassazione porterebbe ad un aumento temporaneo di gettito fiscale se applicata alle vecchie emissioni non ancora scadute. In questo caso il maggiore gettito deriverebbe dal fatto che gli investitori in BOT sarebbero presi di sorpresa dal governo. Si tratterebbe dello stesso meccanismo di una tassa, quale quella notturna di Giuliano Amato, venti e passa anni orsono, sui depositi bancari, che va a colpire in modo inaspettato assets accumulati in passato. Tuttavia, colpire con una tassa inattesa i detentori di debito pubblico ha una natura un po’ diversa dal colpire con una tassa inattesa i detentori di un conto corrente. Nel secondo caso il governo sta raschiando il fondo del barile al fine di raccogliere risorse da spendere per onorare il proprio debito. Nel primo caso, invece, il governo sta raccogliendo risorse direttamente dai propri creditori. Attraverso la tassa inattesa sui BOT già emessi, il governo riduce temporaneamente i pagamenti netti (una parte dei pagamenti viene ora trattenuta sotto forma di tassa) sui propri debiti pregressi. Si tratta, di fatto, di un piccolo default (Alesina, De Broeck, Prati, Tabellini [1992]). Credo che, vista l’aria che tira, l’ultima cosa che sia consigliabile per il nostro governo sia di creare ulteriori dubbi negli investitori riguardo alla volontà del Paese di onorare il proprio debito pubblico.  

Bibliografia

Diamond P.A. (1965), On the Cost of Tax-exempt Bonds, Journal of Political Economy, vol. 73, 399-403.

Alesina A., De Broeck M., Prati A., Tabellini G. (1992), Default risk on government debt in OECD countries, Economic Policy, vol. 7, 427-463.

Indietro

Commenti

Ci sono 131 commenti

che sino ad alcuni anni or sono (non ricordo con precisione) i titoli di stato erano esenti da qualsiasi imposta, presente o futura.

Adesso si profila addirittura un incremento retroattivo dell'imposizione sui titoli già emessi, in radicale contrasto con lo statuto del contribuente: non sarebbe più dignitoso abrogarlo, visto che l'ottimo Delrio è convinto di poter legittimamente tosare le vecchiette ?

grazie della paziente spiegazione, ripetere e ancora ripetere è l'unica speranza .

è plausibile che l'obiettivo sia davvero far cassa in modo irresponsabile e il precedente storico del 1986 lo confermerebbe: l'introduzione dell'aliquota del 12,50% suigli interessi dei titoli di nuova emissione fu accompagnata dalla misura retroattiva di un'aliquota del 6,25% sui titoli già esistenti.

l'impatto non fu rilevantissimo per varie ragioni. all'epoca, la libera circolazione dei capitali era agli inizi, lo stock di debito molto inferiore e di durata breve, gli interessi reali alti. e l'aliquota retroattiva bassa. ma pur sempre di mini-default si trattò. come definire altrimenti la modifca unilaterale delle condizioni pattuite?

applicando oggi retroattivamente un bel 20% ai risparmatori domestici, un po' di tesoretto salta fuori e questo deve aver abbagliato gli sprovveduti come renzi e delrio, che sanno fare a stento una moltiplicazione.

la considerazione che sia gettito fatalmente irripetibile e che sopratutto mostri al mondo una persistente volontà di venir meno ai propri impegni, non deve averli scalfiti, se salta la baracca, possono sempre sostenere di essere nati ieri e che "non sono stati loro". si direbbe puro azzardo morale.

santa maria cannata, ora pro nobis.

 Renzi e Del Rio non sono affatto sprovveduti (chiunque diventi presidente del consiglio a 39 anni non può esserlo).  Ma (dire di) tassare le rendite è popolare.  Poi vediamo se lo fanno.

In realtà il mercato è segmentato tra lordisti e nettisti. I primi, essenzialmente società e investitori esteri, basano le loro scelte sul rendimento lordo, mentre i secondi, essenzialmente i privati residenti in Italia, guardano il rendimento netto. Un aumento delle imposte farebbe calare la domanda dei nettisti ed aumentare i rendimenti con conseguente aumento della domanda dei lordisti. Quindi alla fine l'aumento dei rendimenti sarebbe inferiore all'aumento dell'imposta. Si consideri che oggi oltre la metà del debito è detenuto da investitori esteri e banche italiane che guardano al rendimento lordo.

Mi si permetta poi una piccola provocazione. Se fosse vera l'analisi di Brighella, non vedo perché avversare l'aumento dell'imposta (o gioire per una sua abolizione), visto che poi non cambierebbe nulla. 

è nella seconda parte del ragionamento di Brighella, mi pare di capire: è necessario evitare di "creare ulteriori dubbi negli investitori riguardo alla volontà del Paese di onorare il proprio debito pubblico"

Giustamente mi stai raccontando che gli investitori esteri non pagano le imposte italiane ma pagheranno quelle del loro paese di residenza, che rimangono immutate. Questo renderebbe meno appetibile il BOT per gli indigeni e saremmo molto piu' soggetti alla valutazione degli operatori  esteri. È proprio quello che si vuole?

La Vecchietta di Del Rio

E' un classico di tutti gli incompetenti: annunciare misure di tassazione dei capitali (i BOT della vecchietta del ministro Del Rio) per poi fare retromarcia. Il danno di spaventare gli investitori è fatto, e le entrate per il governo sono nulle. Il peggior risultato possibile. Una semplice osservazione: aumentare la tassazione sui titoli di stato, che è di per se lecito, equivale ad un ripudio parziale del debito: si promette di restituire 100 e invece si restituisce 100 - l'aumento delle tasse. Col nostro livello di debito pubblico e una crescita zero che mina la nostra solvibilità, il neo-ministro farebbe molto meglio a non scherzare col fuoco.

brighella ha visto giusto.

nella nostra beata ingenuità giovanile:-) io e altri abbiamo digitato varie ipotesi di tassazione dei nettisti per i titoli di nuova emissione, concludendo appunto per l'invarianza del gettito e per la grullaggine dei proponenti, che avrebbero davvero dovuto sostenere au contraire la detassazione del titolo di stato, per chi è così imprudente da detenerlo nominativamente.

ma se per far cassa le nuove aliquote si applicano ai titoli in essere, il gettito c'è, sia pure transitorio, perchè destinato ad esaurirsi con la scadenza dei titoli "vecchi". trattasi però di patrimoniale secca, mascherata con malizia da prelievo ordinario sugli interessi. è la situazione di chi ha comprato e pagato alla cassa il carrello della spesa settimanale e due giorni dopo si vede richiedere dalla guardia giurata venuta al nostro domicilio, una percentuale aggiuntiva, visto che nel frattempo il supermarket ha aumentato i prezzi.

chi ha già sottoscritto titoli di stato li ha pesati, annusati, letto gli ingredienti e il prezzo e poi ha deciso per l'acquisto. variare d'imperio i termini del contratto già concluso è default, poche storie. e default iniquo, perchè colpisce i soli nettisti. bancarotta preferenziale?

La differenza fra lordisti e nettisti (questi ultimi sono relativamente pochi) complica di parecchio l'analisi. E' per questo motivo che all'inizio del post si dice che i risultati di neutralità ottenuti valgono solo se assumiamo, semplificando, che tutti gli investitori paghino la stessa aliquota.

La presenza di lordisti, nettisti, e investitori esteri obbliga a fare un'analisi alla Diamond (bibliografia). In tal caso si tratterebbe di stimare in modo non semplice le elasticità di domanda di ciascuna classe di investitori. Il risultato di neutralità salta, ma ciò non significa che il governo riesca ora a raccogliere un ammontare significativo di risorse alzando l'aliquota sostitutiva. Anzi, come Diamond mostra, il gettito potrebbe addirittura diminuire.

Il punto quindi, in questo caso, sta nel dire che non vi è ragione economica per pensare che, in genere, alzare la tassazione sostitutiva sui BOT porti a maggiore gettito per l'erario. Dare questo per scontato significa illudersi, applicando in modo sbagliato i princìpi economici, in particolare quello secondo cui i tassi di equilibrio si modificano, e anche l'allocazione fra agenti con diversa aliquota marginale cambia (NB: se, a seguito di un anche parziale aumento del tasso lordo, il debito si rialloca nelle mani di soggetti ad aliquota particolarmente bassa, soggetti esteri per esempio, allora c'è perdita netta per il fisco). Il post riporta un caso semplice in cui l'effetto sarebbe nullo. Nella realtà potrebbe essere sia positivo che negativo, ma mi pare che, visto quanto sarebbe complicata l'analisi, nessuno si sia messo a sostenere la validità della proposta sulla base di analisi di elasticità. Magari qualche esperto di funzioni di domanda di titoli di Stato saprebbe come rispondere.

E' scritto chiaramente che il risultato semplificato sulla neutralità non porta né ad essere a favore, né a sfavore della misura. E' una misura irrilevante (nel mondo  semplificato), o di cui non sappiamo a priori gli effetti (nel mondo reale). Ciò che porta a considerare in modo negativo la proposta sono, invece, gli effetti che avrebbe sulle vecchie emissioni.


Toni anche piuttosto pacati, i Suoi.  Ben piu' coerente, semmai, ad esempio:

°  -1% GDP su corporations (Tax rate) ca. - €16 bn

° -  € 16bn (- 1%GDP) su Employees (almeno; sottolineo, almeno.)

°  + 1%GDP (-> al 20%) su financial assets (+€10bn)

Con ulteriori €10/15 bn recuperati da lotta all'evasione e revisione della spesa pubblica. ma si puo' fare molto di piu', sul fronte della spesa pubblica. Lo conferma l'OECD (by Cofogs)

   Non si parla di taglio del cuneo fiscale; non si parla di cash removal e di riforma del sistema fiscale (qualcuno deve mangiarci sopra). Qualcuno, inoltre, ha ancora amici parcheggiati nel comparto televisivo ('Guidi' pure lei....) e giustizia. Chissa' come mai...E nessuno ha mai scritto come si possa edificare Milano2 partendo from scratch....Dell'utri, Nicola Cosentino  e l'eroe Mangano...forse qualche idea l'hanno.

Il tema e': Italia (fonte world bank 2012): total tax rate (% profit) 68.3 Bisogna trovare un driver per il cambiamento, chiaro e semplice.

Proporrei un  benchmarking: 2 slides/e 2 grafici semplici che dimostrino con i numeri - non suscettibili di bla bla bla/interpretazione - quanto costi l'unbearable heaviness of being Italian. Lo sta facendo il prof. Perotti su la voce info.

Scenario a tendere, con zero crescita (nonostante tassi flat: anche un incapace.!!!). Debito da: state a ----> private

Meri trasferimenti intertemporali di tasse, partite di giro a saldi invariati, e zero risorse aggiuntive. Il tutto, sempre in attesa che qualcuno capisca/illustri la  portata del Karlsruhe based German Constitutional Court's ruling. Non vivo piu' in Italia....ma almeno un articoletto su qualche giornale domestico....

Bonne chance.  Toni duri. J'avais besoin d'épanchement, ma credevo anche che la bevanda nazionale fosse il caffe'

argomentando in modo più comprensibile. i tuoi ex compatrioti apprezzerebbero, credo.

 

Chissa' come mai...E nessuno ha mai scritto come si possa edificare Milano2 partendo from scratch....Dell'utri, Nicola Cosentino  e l'eroe Mangano...forse qualche idea l'hanno.

 

Se le interessa, qualcuno in passato aveva scritto (e continua a ripetere) in merito.

Oggi sono di corsa, e mi scuso. Scrivo a Lei, ma in realta' e' come se esponessi il mio pensiero.In termini generali, se ci si propone di fornire una chiave di volta, occorrerebbe un approccio strutturato (sfide/opportunita'/prossimi passi), quale ad esempio:

1. Challenges Italia:

sistema fiscale inefficiente; elevata spesa pubblica (di pessima qualita'); elevata spesa pensionistica; illegalita' diffusa; inefficienza sistema legale (e troppi avvocati!)

Opportunita': bassa competitivita' (next steps: formazione; R&D; aggregazione ed internazionalizzazione dei distretti di eccellenza); basso market share in settori chiave; bassa produttivita' (labour productivity); alto costo energetico; sistema legale inefficiente e - repetita iuvant -troppi avvocati!; R&D risibile)

Tutto quanto precede e' tutto cio' che manca da decenni per rendere l'Italia un paese business&Italian friendly. Non lo vedo da nessuna parte.

2. GCI Italia 2012/2013;: rank 49 score 4.41. Roba da emerging. L'Italia va considerata un paese emergente. Servono riforme radicali, dal regionalismo, alla riforma del Titolo V della Costituzione, al cuneo fiscale.

Fermo il mio apprezzamento/condivisione per l'editoriale, servirebbero: 2 slides che illustrino benefici, vantaggi, e next steps, e differenziali di spesa, livelli di servizi tra paesi

 Moretti e' contento.....,,

http://www.sncf.com/sites/default/files/reports/sncf_financier_fr_2013_13.pdf

Io meno..

http://www.oecd-ilibrary.org/economics/country-statistical-profile-italy_20752288-table-ita

Su quello che esponi non mancano di certo articoli passati qui su nFA.
Sempre meglio comunque continuare a rimarcare la dose, per non dimenticare perché gli italiani dimenticano. 

La differenza a mio avviso esiste  solo perché il fisco non è capace di fare il suo lavoro e quindi predispone un'imposizione forfettaria separata invece di fare come la teoria tributaria vorrebbe e cioè di considerare tutti i redditi annuali ricorrenti nel loro insieme e da li' applicare l'aliquota risultatne, considerando come acconto le varie ritenute alla fonte eventualmente applicate. 

In pratica dovrebbero essere tutti lordisti e pagare in funzione della somma reale di tutti i redditi conseguiti in un anno.  A questo punto l'aliquota delle ritenuta alla fonte poco importa: quella che conta è l'aliquota sui redditi. Pero' tutti i possessori di BOT dovrebbero dischiararli per avere il conguaglio ed il volume della dichiarazioni aumenterebbe. Cosa che il fisco non vuole.

Ho già risposto sopra: la distinzione tra lordisti e nettisti oggi è IRRILEVANTE. Il mercato finanziario è mondiale, la tassazione del 12.5% riguarda tutti i titoli di stato (e obbligazioni cd 'sovranazionali) mentre i soggetti a cui si applica - i risparmiatori italiani che posseggono direttamente titoli di stato, per quanto posseggano prevalentemente titoli italiani - sono una goccia rispetto al totale mondiale dei soggetti che agiscono sul mercato finanziario. Non è possibile che i comportamenti di una piccola minoranza abbiano degli effetti rilevanti.

 

In pratica dovrebbero essere tutti lordisti e pagare in funzione della somma reale di tutti i redditi conseguiti in un anno. 

 

la tassazione separata impedisce la compensazione fra redditi di natura diversa e comunqu e limita la validità delle minus a quattro anni.

in periodo di grave crisi finanziaria, è ben possibile che sia rischioso per  l'erario  "mettere tutto in denuncia" sia pure con aliquote progressive. inffatti nessun governo l'ha mai proposto.

un cassettista che ha comprato per decenni azioni della banca sotto casa, potrebbe decidere di cominciare a recuperare subito le ingenti minus non ancora realizzate, azzerando  tutta l'irpef dovuta per anni.

D’accordissimo con l’articolo e gran parte dei commenti: sembra l’ennesima partita di giro, Rischi tanti, benefici pochi/nulli.
Un prodotto per il quale l’Italia ha una vera e propria passione.

Vado leggermente OT  ma mi aggancio a ciò che lo stesso Brighella dice, ossia che l’operazione serva a  coprire il taglio IRPEF a due cifre che ormai è il cavallo d battaglia di Renzi.
Per quel che mi concerne, per microimprese, PMI e P.IVA autonome, l’IRPEF è il minore se non l’ultimo dei problemi.

Prima:
-    Bureaucrazy  (sic)
-    Contributi
-    Tassazione Indiretta
Giusto per cominciare.
Prima #enricostaisereno adesso però #matteostaiinformato, chiedi in giro o al massimo leggiti un qualche forum visto che sei ggiovane e padroneggi il mezzo.
Così vedrai che il 90% dei piccoli dicono “aumentate pure l’IRPEF ma risolvete i problemi di cui sopra”.
E’ mai possibile che l’uomo della strada che vuol mettere su l’impresetta debba avere già appena apre P.IVA un giro d’affari certo ed immediato di almeno 4k Euro/mese ( arrotondo decisamente per difetto)  sennò non ci sta dentro?

Renzi ha sempre parlato di "cuneo fiscale sul lavoro" mai solo di IRPEF, quindi perlomeno include l'IRAP (citata esplicitamente più volte)ed ha anche parlato più volte di semplificazioni quindi ha messo dentro anche la burocrazia.

Insomma, sarà triste da dire, ma mi sembra che tra i leader politici attualmente assisi in parlamento, sia uno dei più attenti alle tematiche che citi...almeno a parole.

Il cuore del problema risiede proprio nella presenza di queste due categorie. E' stato già detto, ma mi sembra opportuno ripeterlo: la semplificazione di ignorare questa differenza toglie valore alle conclusioni. E' inutile invocare l'elasticità della domanda dei nettisti, questa sì, a mio parere, è una complicazione inutile. I nettisti subiscono il mercato che è fatto dai lordisti e non hanno nessuno stimolo a liberarsi dei TdS in loro possesso per effetto della mutata tassazione, perché questa si applicherà in egual misura ai titoli diretti concorrenti dei TdS italiani (TdS di altri emittenti, denominati in euro e di qualità simile). Non ci sarà nessuna corsa a vendere e, per quanto modesto, l'aumento delle aliquote determinerà un incremento del gettito.

 

 I nettisti subiscono il mercato che è fatto dai lordisti e non hanno nessuno stimolo a liberarsi dei TdS in loro possesso per effetto della mutata tassazione, perché questa si applicherà...

 

 

al nettista in previsione dell 'inasprimento paventato anche sul titolo  di stato italiano che ha in mano, conviene venderlo prima e comprare subito altro titolo di pari rendimento e prezzo perchè questo  è di rischiosità inferiore e costa/rende uguale solo per via della tassazione diversa.

domani, cioè a provvedimento in vigore, sarà tardi, cioè indifferente, adesso forse no.

nettista vuol dire che guardo al netto e posso/devo approfittare dei prezzi fatti dai lordisti.

Appare ormai chiaro ed evidente che in Italia lo stato di diritto è facoltativo per chi in teoria e nella realtà dovrebbe rappresentare la garanzia istituzionale ed amministrativa per il cittadino e il lavoratore.
L'ennesimo furto mascherato qui evidenziato ne è la prova (e non è l'unico ovviamente).

Renzi:  Tasseremo le rendite pure, non i bot

E Michele 7 ore fa twitta: Definizione di "rendita pura" cercasi.

Come predissi il 23:

 

Il membro del governo la butta lì (direttamente o tramite giornalisti amici), poi osservano la reazione dell'opinione pubblica, se è veemente allora smentiscono, dicendo di non aver mai pensato a nulla del genere, se è moderata provano a proporre una via di mezzo, se è blanda allora si procede.

 

Ci hanno provato, l'opinione pubblica è insorta moderatamente, quindi vanno per l'opzione B: "Vi aumentiamo solo le "rendite finanziarie pure" ma non i Bot. Non siete contenti?"

Non vedo l'ora di vedere Lupi et similia in tv che ci spiegano come hanno difeso i BOT dei bravi risparmiatori e tassato le azioni ed i fondi dei biechi speculatori.

Gia adesso, solerti membri del PD,  hanno iniziato a spiegarci come sia ingiusto che le rendite da lavoro siano tassate fino al 43%, mentre le rendite "speculative" solo del 22%.

Non parliamo di medie europee,  sappiamo tutti che l'Italia e' uno dei piu' fieri oppositori dell'armonizzazione europea delle aliquote fiscali  per ovvi motivi.

Non si puo' avere la media a la carte solo quando piace

Datemi un prelievo fiscale/contributivo complessivo in media europea

Datemi un servizio pubblico in media europea

Allora possiamo discutere di allineare la media del prelievo  sul risparmio (laddove secondo me siamo gia' sopra per altro)


Bisognerebbe allora che questa comparazione costo/qualitativa (già di per se difficile) pesasse i costi (o i prezzi?) col reddito medio. Ma mi sembra inutile, ai fini speculativi.

Più interessante, un confronto in base alla forma giuridica della gestione dei servizi garantiti dal pubblico.
Ad esempio, la qualità del servizio sanitario elvetico è associato ad una gestione pubblica molto limitata.

Personalmente detesto anche solo l'idea di uno stato-dottore, o di uno stato-professore.

Ma anche di uno stato banchiere. E qui diventa più difficile. Perché il controllo pubblico ora è oscurabile da persone giuridiche formalmente private, ma che private non sono.

Infine, si potrebbe anche disquisire sul  significato nei diversi paesi del termine "gestione pubblica".
In Italia, gestione "pubblica" significa "partitica".
Nel senso che i posti di controllo dei servizi sono assegnati dai partiti politici tra i loro iscritti, amici, parenti e "conoscenti" (spesso: di letto).

In altri paesi, la gestione "pubblica" è soggetta a criteri di competenza più o meno rigorosi.

Ma non penso che vi siano in giro comparazioni geopolitiche di questo tipo. La demagogia di cui siamo succubi congela i cervelli.

messo di frotne ai due articoli non saprei a quale dare più merito...

www.lavoce.info/rendite-finanziarie-tasse-tassazione-disuguaglianza/

quello della Voce si fonda essenzialmente su un'esigenza di redistribuzione del carico fiscale come strumento di riduzione della diseguaglianza. Per il resto non contraddice Brighella, se non ho capito male.

 

L'articolo linkato è la conferma di quanto sostenuto da molti (compreso il sottoscritto) in questa discussione: ignorare la presenza lordisti e nettisti porta a conclusioni sbagliate. E poi, ma questa è una mia personale opinione, l'uso politico di questi modellini che dimostrano che al crescere delle aliquote diminuiscono le entrate ha un po' stufato ...

Altra riflessione: sempre nel caso il bilancio delle rendite fosse equiparato a reddito (soggetto a IRPEF), immagino che la progressività dell'imposta frenerebbe gli investitori con alti redditi. Mi sbaglio? E non penso che il livello dei redditi (irpef) degli investitori nel mercato mobiliare sia generalmente basso.

Faccio però notare che acquisti e vendite tramite broker esteri sfuggirebbero al controllo del Fisco.  Conclusione: mi sembra che in un paese in cui la pressione fiscale travalica i limiti del buon senso attraverso l'arbitrio, qualunque clausola del "contratto sociale" si trasformi in "guerra sociale".

nel calcolo della base imponibile soggetta all'irpef rientrano già le rendite da capitale, così come i redditi fondiari, i redditi di lavoro dipendente, i redditi di lavoro autonomo, i redditi di impresa e redditi diversi (qualsiasi cosa voglia dire...)

In risposta a Guido

Solo se le imposte sono elevate. Ma in svizzera si fa cosi' e nessono scappa, perché le aliquote sono basse. E pensa che c'è pure l'imposta sul capitale. 
Il problema torna sempre alle spese dello stato. Se sono alte allora salgono le imposte e per non far pagare prezzi elevati ad alcune categorie si fanno regimi speciali e separati, tartassando gli altri.

Speculazione teorica:
nel caso il bilancio delle rendite fosse equiparato a reddito (soggetto a IRPEF), bisognerebbe considerarne il valore nominale o quello reale?

Poiché l'effetto inflattivo è il frutto di politiche monetarie inflattive, penso non sarebbe corretto farne pagare il prezzo all'incolpevole investitore. Anche in considerazione del fatto che è proprio la necessità di sfuggire alla perdita di valore del capitale che induce ad affrontare il rischio dell'investimento ed il congelamento della disponibilità (argomento trascurato dai sostenitori dell'innoquità della deflazione).

 

Poiché l'effetto inflattivo è il frutto di politiche monetarie inflattive, penso non sarebbe corretto farne pagare il prezzo all'incolpevole investitore.

 

Un poco OT, tuttavia non è sempre un effetto monetario. E' anche probabile che possa derivare da un aumento della domanda da parte dei consumatori (e quindi essi stessi eventuali investitori) di beni e merci, rispetto all'offerta.
Considererei comunque il problema che deriva dal fiscal drag, cui i governi italiani non hanno mai pensato di agevolare tale situazione.

e non in finanza suona bene, ma è un'esortazione troppo generica se non si chiariscono i particolari.

Partiamo dalla premessa che l'imprenditore (individuale o collettivo poco importa) abbia bisogno di capitali per sostenere ed eventualmente espandere la sua attività: può prenderli a prestito dalle banche, emettere obbligazioni sul mercato, oppure emettere titoli di partecipazione da collocare pur sempre su un mercato, in pratica cercare dei soci. La prima scelta è la più facile, a prima vista: ma si assoggetta al controllo di un creditore molto attento e, in linea di massima, prudente, al quale deve rendere conto della sua attività. 

    Ma il nostro imprenditore vorrebbe avere più fonti di finanziamento: ammettiamo che sia in  condizioni di fare appello al pubblico risparmio, proponendo un'emissione di obbligazioni o di azioni. In questo caso è tenuto pur sempre a trasmettera al mercato una congerie di informazioni sia nel momento dell'emissione, sia per tutto il tempo in cui i titoli restano in vita: non solo, se non ha un'organizzazione adeguata, deve avvalersi di qualche banca per l'organizzazione ed il collocamento dei titoli. Ma chi investe in questi titoli cosa fa? null'altro che un'operazione finanziaria perché si tratta di strumenti finanziari, destinati ad essere negoziati sui mercati: altrimenti, non investirebbe in essi.

      Allora, perché contrapporre investimenti nella finanza a investimenti nell'economia? chi non ha la vocazione imprenditoriale ma deve investire capitali cospicui - per es., i fondi comuni che raccolgono il risparmio delle famiglie, i fondi pensione che costruiscono la pensionie integrativa dei lavoratori - come fanno affluire tali capitali all'economia? mediante operazioni finanziarie. Operazioni finanziarie si compiono anche prestando soldi allo Stato.

Ora, l'aspetto peculiare degli investimenti di natura finanziaria è che chi investe non ha diritto alla restituzione del capitale impiegato se non in circostante inusuali: altrimenti ha diritto a percepire un interesse periodico (se ha sottoscritto obbligazioni o titoli di stato) e neppure a quello, se ha sottoscritto azioni di società ... a meno che questa faccia utili e gli amministratori propongano di distribuire un dividendo (spesso inferiore agli interessi correnti).   

Così stando le cose, grosso modo, cosa vuol dire "forzare" gli investitori a trovare investimenti migliori rispetto a quelli finanziari? se anche sottoscrivessero quote di fondi chiusi che compiono operazioni di sostegno a start-ups, sempre investimenti finanziari sarebbero!

Anche la moneta è uno strumento finanziario alla fine. Pensare che la finanza non sia una parte dell'economia è l'ennesimo slogan socialistoide e populista.

(spero che il riferimento al troll non sia per me dato che i miei errori eran in buona fede e legati all'assurdità dell'attuale sistema :-) )... comunque, riprendendo il discorso, le realtà alla quali si riferisce sono quelle di aziende già solide e affermate, che in italia non sono che la minima parte dell'imprenditoria (pare che circa il 90% delle aziende abbia meno di 10 dipendenti)... prima di arrivare ad emettere obbligazioni nei mercati regolamentati la dimensione dell'azienda è già consolidata, quello che manca da noi è il finanziamento alla smes (il famoso credi crunch...). detto ciò, l'attuale peso dato ai rating (con relative implicazioni ai requisiti di capitalizzazione) è l'ostacolo da risolvere a monte (ben prima del problema fiscale): il sistema attuale disincentiva fortemente gli investimenti in piccole società ad "alto rischio" (che poi fanno fatica a causa del grande carico fiscale) e alta remunerazione, facendo preferire investimenti in realtà già affermate che garantiscono rendimenti più bassi ma sicuri... è evidente che il tema fiscale sia solamente uno tassello del grande puzzle da risolvere, ma da qualche parte bisogna pur cominciare non potendo andare alla EBA e dire noi dei vostri giudizi ce ne freghiamo...
sostanzialmente, quello che secondo me potrebbe essere utile Fare, sarebbe agevolare l'attività delle piccole e medie imprese spostando il carico fiscale da queste a quello di rendite finanziare... si è fatto un grosso regalo in termini di capitalizzazione grazie alla rivalutazione delle quote di banchitalia, che queste risorse vengan usate in modo sensato ora...

feed the trolls!

Topo Gigio ha colpito le "rendite finanziarie" da investimenti nell'economia salvaguardando quelle da debito pubblico. Proporrei di chiudere questa discussione e passare ad altro tema.