La Grecia e l'architettura degli organismi internazionali

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Una crisi di liquidità della Grecia  potrebbe scoppiare da un momento all'altro: senza un rinnovo dei prestiti non sarà facile pagare pensioni e salari dei dipendenti pubblici. Ma come siamo arrivati a questa situazione? Se si tratta solo di un problema di liquidità non dovrebbe esso essere di facile soluzione attraverso nuovi prestiti? Senza una soluzione il governo greco apparirà sempre meno credibile e il Fondo e gli altri creditori sempre più crudeli agli occhi degli osservatori esterni e anche a quelli di coloro che partecipano alla negoziazione. 

A prescindere da come andrà la questione, nei prossimi giorni e soprattutto nei prossimi mesi, una volta risolta (si spera) l'emergenza, bisognerà mettere mano all'architettura istituzionale dei rapporti tra paesi sovrani debitori e organismi internazionali. È chiaro ai più che il sistema non funziona, che ha problemi sostanziali e per giunta sistematici. Alla base vi è una questione di mancanza di chiarezza in questi rapporti. Elaboriamo. 

Sono giorni di mercati nervosi. La presunta bolla sull'azionario cinese non aiuta, né lo fa l'incertezza sui cambi. Ma la Grecia contribuisce probabilmente in modo determinante all'altalena dei prezzi sui mercati finanziari. La crisi di liquidità del paese potrebbe scoppiare da un momento all'alto: senza un rinnovo dei prestiti non sarà facile pagare pensioni e salari dei dipendenti pubblici. Siamo quindi nelle fase finali di una negoziazione che appare procedere secondo un canovaccio ormai noto: il governo annuncia l'accordo vicino e i creditori, in primo luogo il Fondo Monetario Internazionale, invece raffredda gli animi. Si raggiungono accordi temporanei, buttando la palla in avanti per darsi tempo e spazio prima di raggiungerla un'altra volta. Ma se anche fosse così per ancora un po' di tempo, si eviterà sì la catastrofe, ma non senza costi rilevanti. Innanzitutto i mercati non reagiscono mai bene all'incertezza e queste scosse si pagano sempre prima o poi. Poi i risparmiatori greci si affrettano a ritirare i depositi per mandarli in Germania (chi può) o tenerli sotto il materasso, così mettendo sempre più in crisi il sistema bancario e facendo deteriorare la crisi finanziaria col rischio di una spirale pericolosissima (per i greci innanzitutto) contro la quale poco è possibile. E infine questo comportamento delle parti negoziali rafforza gli stereotipi che le caratterizza, i greci inaffidabili e la Troika affamatrice dei popoli. A prescindere da come andrà la questione, nei prossimi giorni e soprattutto nei prossimi mesi, una volta risolta (si spera) l'emergenza, bisognerà mettere mano all'architettura istituzionale dei rapporti tra paesi sovrani debitori e organismi internazionali. È chiaro ai più che il sistema non funziona, che ha problemi sostanziali e per giunta sistematici. Alla base vi è una questione di mancanza di chiarezza in questi rapporti. Cerchiamo di sviscerare la questione, così come la vediamo. 

Il Fondo Monetario Internazionale e gli altri organismi internazionali (la Troika, appunto) agiscono come creditori, salvaguardando i propri interessi a scapito di quelli dei debitori, o piuttosto come istituzioni di politica economica che hanno invece a cuore anche il benessere del paese debitore? Sulla carta siamo nel secondo caso, ma la situazione è poco chiara e trasparente, e in questa mancanza di chiarezza e trasparenza stanno molti dei problemi e delle incomprensioni cui stiamo assistendo nel caso della Grecia. Questa situazione permette ad esempio al debitore di insinuare che il creditore si comporti in modo inappropriato e permette al creditore di atteggiarsi a giudice sopra le parti pronto a condannare il debitore nel tribunale dell'opinione pubblica internazionale. Si tratta di una questione importante, oseremmo dire il punto cruciale. Per capire da dove nasce questa mancanza di chiarezza e trasparenza che lamentiamo nel ruolo degli organismi internazionali creditori è bene fare un passo indietro e addentro alla struttura di governance del Fondo Monetario Internazionale.

A inizio 2010, mentre si apprestava a firmare il primo programma di salvataggio Troika, il governo greco si trovava in una posizione di conclamata bancarotta. Determinare se un paese (o una banca, o un’impresa non finanziaria) sia solvibile ma temporaneamente illiquido, o se sia piuttosto radicalmente insolvente, è una compito spesso arduo. Nel caso greco però la situazione era abbastanza chiara: con debito pubblico al 130% del PIL, in gran parte in mano estera, denominato in una valuta di valore stabile; con un deficit fiscale al 15% del PIL in buona parte di natura strutturale e un deficit della bilancia dei pagamenti esteri di pari ammontare; con un’economia rigida la cui crescita strutturale, passata la sbornia degli anni di spesa pubblica a go-go, era bassa; con tutto questo, era altamente improbabile che la Grecia sarebbe stata in grado, economicamente e politicamente, di ripagare i propri debiti. Il governo greco era palesemente in bancarotta. Se a ciò si aggiunge che la reale situazione di bilancio della Grecia venne nascosta grazie ad una falsificazione della contabilità governativa (la dimensione di tale falsificazione venne a galla tra il 2009 ed il 2010, quando si scoprì che il deficit per il 2009 non era pari a circa il 6% del PIL come inizialmente stimato, ma era di ben il 15%) appare chiaro che la bancarotta sembrasse inevitabile. I mercati, questo, l’avevano capito. Chiunque avesse una ragionevole capacità di valutare lo stato delle finanze del paese l’aveva capito.

Che la crisi Greca fosse strutturale, cioè che la Grecia fosse insolvente e non solo solamente illiquida è fondamentale. Per gli organismi istituzionali questa distinzione è assolutamente cruciale: prestiti devono essere concessi solo in casi di crisi di liquidità, non di insolvenza. Vediamo perché.

Per quanto un prestito pubblico di ultima istanza possa avere un effetto catalitico sui prestiti privati è tuttavia normale che, nel breve periodo, i capitali pubblici vadano parzialmente a sostituire quelli privati. Tale sostituzione parziale è, in un certo senso, proprio lo scopo di un efficace prestito ponte ad un debitore solvente ma temporaneamente illiquido. Una volta ristabilita la liquidità del debitore, i capitali privati torneranno a sostituire i capitali pubblici, che non subiranno così alcuna perdita sul prestito concesso (è proprio questo il presupposto che giustifica i bassi tassi di interesse che il prestatore di ultima istanza deve applicare al debitore). Tale fenomeno è in atto ora, per esempio, in Irlanda. Similmente, il fatto che i capitali privati inizialmente fuoriusciti dal paese non subiscano perdite significative non rappresenta un indebito sussidio pubblico alla finanza privata. I capitali privati che sono scesi dal treno prima del ponte risalgono poi alla fine del ponte, senza che nel tragitto nessuno (nemmeno il finanziatore pubblico) abbia perso soldi. Il debitore, da parte sua, si sarà risparmiato i costi associati a una disastrosa bancarotta. Questa è la teoria classica del prestatore di ultima istanza. Se applicata in modo adeguato essa aiuta a evitare alcuni problemi associati a pericolosi fallimenti del libero mercato. Allo studio degli equilibri fallimentari attorno a cui l’azione del libero mercato può coordinarsi e all’analisi, in tali situazioni, di quali siano le migliori politiche di intervento pubblico ha contribuito in modo cruciale lo sviluppo della teoria dei giochi, le cui intuizioni economiche prima ancora che matematiche permeano in modo sostanziale qualsiasi ambito della disciplina economica.

La situazione sopra descritta cambia radicalmente quando il prestito di ultima istanza viene concesso ad un debitore insolvente. La conseguenza è triplice. Primo, il piano di rientro dal debito accordato fra creditore e debitore sarà, per definizione, irrealistico. Secondo, il creditore pubblico si esporrà con alta probabilità a perdite (default o drastiche ristrutturazioni) che, prima o poi, andranno ad abbattersi sul prestito. Terzo, la creazione del prestito ponte avrà permesso ai creditori privati di scendere dal treno giusto in tempo prima di essere colpiti dalle perdite. I sussidi (bailout) mascherati da questo tipo di prestiti di ultima istanza generano un ambiente finanziario piagato dall’azzardo morale dei privati.

Riassumiamo in breve: la struttura di governance degli organismi internazionali creditori definisce che essi operino negli interessi del paese debitore e anche dei propri (vedere ripagati i crediti concessi) - lo fanno finanziando il debitore in caso di crisi di liquidità e non in caso di crisi di insolvenza. Se lo finanziassero anche in caso di crisi di insolvenza, aiuterebbero soprattutto i mercati dei capitali privati (bisogna dirlo alto e forte - non sempre i comunisti sbagliano!!!) e, nel caso fosse conoscenza comune che la distinzione tra liquidità e solvibilità non sia determinante nella concessione di prestiti, favorirebbe comportamenti fiscalmente irresponsabili da parte del paese debitore (che portano i creditori a perder soldi e i debitori a buttarli - qualcuno ci guadagna, cioè chi li prende al volo, ma il tutto è assurdamente inefficiente). 

Ma nonostante la manifesta insolvenza della Grecia, l’Europa e l’FMI fecero, in pubblico, finta di niente e decisero di fornire alla Grecia un “prestito ponte” a condizioni favorevoli (col tempo rese poi ancora più favorevoli).  Perché?

La crisi greca portò a galla una latente crisi esistenziale sulla natura dell’Unione europea. Di fronte a questa crisi, e alle domande che essa poneva, i governi europei decisero di non decidere. Optare per un default greco significava, nel mezzo della crisi finanziaria globale, mettere a rischio anche la stabilità di paesi europei ben più importanti per dimensione (il “rischio sistemico”, ne parliamo fra un attimo) oltre a causare ulteriori significative perdite per le banche europee che in Grecia avevano investito. Puntare invece ad un vero e proprio bailout, con assunzione volontaria e definitiva da parte degli altri governi europei dei debiti greci, era considerato parimenti impraticabile da un punto di vista sia politico sia legale. I trattati di Maastricht prevedono esplicitamente la non legittimità di tali operazioni. Agire illegalmente, in barba alle prescrizioni dei trattati, avrebbe messo in mano i destini europei non alla politica, ma ai probabili ricorsi alle corti costituzionali dei paesi membri (come avvenuto, per esempio, in Germania nel caso del programma OMT). Cambiare i trattati avrebbe invece richiesto tempo, voti parlamentari e probabili bocciature da parte degli elettorati di alcuni paesi. Togliere dai trattati la clausola di no-bailout sarebbe infatti stata una scelta di enorme valenza politica. Avrebbe trasformato, definitivamente e di colpo, l’unione monetaria in un’unione fiscale. Tale passo avrebbe necessariamente richiesto, come contrappeso al gigantesco problema di azzardo morale dei bilanci statali, la centralizzazione in capo a Bruxelles di una significativa fetta delle risorse fiscali dei paesi membri, ed una forte e ulteriore limitazione alla sovranità dei paesi membri.

Che una decisione per l'Unione europea fosse difficile da prendere è chiaro ex-post, tanto che infatti non è stata presa. Ma ex-ante il problema è chiaro: non è possibile mettere in piedi un sistema monetario a decisioni fiscali decentrate senza una esplicita e chiara procedura di default e uscita. L'esistenza di una procedura di questo tipo invece indurrà i mercati a fare attenzione e implicitamente fornire ai paesi incentivi finanziari alla responsabilità fiscale, che alla fine è proprio quello che vogliamo ottenere. 

Ma procediamo con la storia. Il canto della sirena del “decidere di non decidere” si fece sentire fino all’FMI. Semplificando un po’, la struttura dell’FMI si divide in due parti. Un Board, organo ultimo incaricato di votare le decisioni sui prestiti, che ha natura politica ed è composto dai rappresentanti nominati dai governi di ciascuno paese. C’è poi lo staff tecnico, cioè i “dipendenti” dell’FMI. I “dipendenti” si impegnano a lavorare in modo libero dalle pressioni politiche dei paesi membri, incluse quelle dei paesi di cui i “dipendenti” sono cittadini. Lo staff tecnico ha il compito di fornire analisi per quanto possibili oggettive e indipendenti da sottoporre poi alle scelte squisitamente politiche del Board. Il Board può dissentire dallo staff, e lo staff può dissentire dal Board. L’ultima parola, generalmente, resta comunque in capo al Board. L’indipendenza dello staff è il contrappeso necessario a far sì che il Board sia messo, nella sua discrezionalità, di fronte alla responsabilità di fare scelte politiche motivate e tecnicamente trasparenti. Tuttavia, sull’onda delle spinte politiche che arrivavano dall’Europa, il meccanismo di bilanciamento sopra descritto venne gravemente a mancare nel 2010.

Sebbene le cancellerie europee avessero deciso di non decidere, e influenzassero in questa direzione l’attività del Board dell’FMI a Washington, restava però il fatto che la Grecia era in bancarotta e che lo staff dell’FMI, nella sua indipendenza, aveva il dovere di dirlo nei documenti ufficiali. Ma ciò non accadde, e i documenti ufficiali che arrivarono in discussione al Board, e quindi al mondo, risultarono già in partenza addomesticati per supportare la volontà politica dei governi. Fu in tal modo possibile violare le regole stesse di funzionamento del FMI, regole che erano state scritte per evitare che si ripetesse la disastrosa esperienza del caso argentino. La regola in questione è abbastanza semplice e può essere riassunta così: i prestiti possono essere fatti solo a paesi che, con alta probabilità, sono solventi. La ratio della regola è chiara e si rifà ad uno dei classici (nel senso di ottocenteschi, cfr. Bagehot) fondamenti del ruolo del prestatore pubblico di ultima istanza, la cui funzione è di ovviare ai fallimenti del mercato dovuti alla temporanea illiquidità del debitore. Il governo greco però non era illiquido ma era, con alta probabilità, insolvente, cioè si trovava in una situazione in cui non vi è spazio per il prestatore di ultima istanza. Come fece quindi l’FMI ad aggirare le regole di condotta che esso stesso si era dato? L’operazione fu duplice, mettendo in luce sia le responsabilità dello staff (che mancò al proprio mandato di indipendenza) sia a quelle del Board.

In primo luogo, proprio in concomitanza con l’approvazione del prestito alla Grecia, il Board dell’FMI cambiò al volo, con una delibera “ad personam”, le regole del gioco. Veniva introdotta così un’eccezione alla regola di solvibilità per cui, nel caso speciale in cui il default di un paese sia causa di potenziale rischio sistemico, il prestito può essere concesso anche se la stima della probabilità di solvibilità del paese non è alta. Il caso greco era però così disperato che anche questa operazione di abbassamento dell’asticella non era sufficiente a soddisfare le nuove regole. Qui entra in gioco la responsabilità dello staff. Il prestito si doveva fare, costi quel che costi, e per dargli una parvenza di legittimità era necessario “massaggiare” le previsioni in modo da dare all’olimpionico greco una spinta verso l’alto sufficiente a superare la già truccata asticella. Ecco dunque che lo staff dell’FMI, tra mille dubbi, accettò di presentare al Board un programma di aggiustamento che conteneva previsioni di crescita incredibilmente ottimistiche e sufficienti a far sembrare che con una probabilità ragionevole, sebbene non alta, la Grecia sarebbe riuscita a non finire in default. La ricetta del disastro, e di un secondo “caso argentino”, era dunque servita: il Board mise il timbro ed il prestito fu approvato.

L’idea che il peccato originale del prestito greco risieda nel “doppio trucco” consumatosi al Board dell’FMI non è soggetta a particolari dubbi. Lo stesso staff dell’FMI, finalmente rinsavito, lo ammette chiaramente nel documento di valutazione del prestito (documento non soggetto ad approvazione del Board) che le regole dell’FMI impongono di stilare. Il documento è del 2013 (per un’interpretazione giornalistica del “dietro le quinte” può essere interessante questo). In esso si ammette anche, in modo cristallino, che proprio il prestito Troika ha permesso, fra il 2010 e il default parziale del 2012, a un ammontare significativo di capitali privati (“in pericolo” di default) di fuoriuscire dalla Grecia venendo sostituiti dai capitali pubblici del prestito internazionale. A subire il default controllato del 2012 arrivò quindi un capitale privato il cui valore di facciata era sceso a circa la metà del suo valore nel 2010. Come dicevamo, finanziare un paese in crisi di insolvenza aiuta i capitali privati. 

Fast-forward al 2015 ed eccoci ad una nuova crisi greca. Il primo programma di aggiustamento della Troika si è dimostrato così irrealistico da richiedere, a stretto giro di posta, un default controllato nel 2012. Nonostante la parziale ristrutturazione del 2012 e le condizioni di prestito estremamente favorevoli, il debito pubblico del paese si trova di nuovo al 170% del PIL. Il deficit è ora più o meno sotto controllo, ma per evitare un nuovo default il governo greco dovrebbe mantenere per molti anni un surplus primario che, per quanto in principio possibile, è di non chiara raggiungibilità politica. Gli spazi per una nuova ristrutturazione del debito a esclusivo danno dei creditori privati sono ora inesistenti: a forza di “prestiti di ultima istanza” quasi tutto il debito greco è finito nella mani dei creditoripubblici. Su di essi quindi cadrebbe il peso di una nuova ristrutturazione del debito, un evento che rappresenterebbe solo un’ulteriore dimostrazione della generosità con cui fu permesso, ai creditori privati, di scendere dal treno fra il 2010 e il 2012.  Ancora una volta: dire che i greci hanno agito e continuano ad agire in maniera irresponsabile, quantomeno da un punto vista fiscale, non implica nascondere che la Troika ha fatto il gioco dei privati!

Le ferita della crisi greca del 2010 ha portato alla luce i latenti dubbi esistenziali alla base dell’unione monetaria europea. Un’unione puramente monetaria può funzionare se a essa vengono ammessi (tra l'altro in barba alla lettera e allo spirito dei trattati istitutivi, ma questo è un altro discorso) membri con un debito elevato e una conclamata e pessima tradizione nella gestione delle finanze pubbliche? Abbiamo già risposto. Si tratta di definire il più possibile esplicitamente come deve agire l’Unione una volta che una crisi del debito pubblico esploda in quei paesi.  Il paese deve essere libero di mettere in atto un default, accettando però di subire autonomamente i costi di immediata austerità (nel caso greco, un’immediata riduzione dal 15% del PIL a zero del deficit pubblico). Devono essere chiare la procedura e le condizioni a che ciò avvenga.  Il paese non deve essere salvato con un vero bailout (assunzione diretta del debito) da parte degli altri membri - questo può avvenire solo in caso di una forte riduzione (e un vero commissariamento) della libertà di gestione finanziaria degli stati dell’Unione.    

Nel 2010, con la crisi greca, l’Europa decise di non decidere del proprio futuro politico. La modifica “ad personam” delle regole FMI chiarisce che l’errore del prestito greco non fu fatto semplicemente per aiutare quel paese, ma per evitare rischi ad altri paesi e ad altre istituzioni finanziarie (ricordate la motivazione del “rischio sistemico”?). Rinviando la partita sul proprio futuro, l’Europa trascinò il colpevole FMI nel vortice di un prestito concesso in violazione dei propri princìpi di funzionamento e di ogni classica analisi del ruolo di prestatore di ultima istanza. La responsabilità di tale scelta ricade in primo luogo sul Board dell’FMI, e in secondo luogo sui vertici dello staff, tra cui spicca il Managing Director di allora. Nemmeno dai capi dipartimento, alcuni dei quali particolarmente noti per l’abitudine ad esprimere liberamente il proprio provocatorio pensiero, giunsero prese di posizioni chiare e ufficiali. La storia ha un modo ironico di imporsi: documenti su documenti, regressioni su regressioni dedicate, dopo il 2011, a calcolare moltiplicatori fiscali che spiegassero come, a causa dell’austerity, la crescita fosse risultata più bassa di quella prevista inizialmente. Neanche un paper o una parola ufficiale, però, per spiegare nel 2010 una verità ben più cruciale politicamente, ben più onesta intellettualmente, ben più condivisa teoricamente e ed empiricamente, ben più fedele allo statuto dell’FMI e al ruolo di indipendenza che esso affida allo staff: la Commissione europea e la BCE, in qualità di organizzazioni interne all’Unione, erano libere e avevano il dovere di prendere le decisioni che volevano, ma l’FMI non doveva decidere di prestare alla Grecia in quelle condizioni; i fondamenti del prestito FMI e la praticabilità del programma di rientro erano minati alla base ben prima e ben più classicamente a fondo dei “moltiplicatori” utilizzati. Le conseguenze, anch’esse classicissime, dell’errore compiuto nel 2010 sono ora sotto gli occhi di tutti.

L’FMI ha dimostrato, negli anni, di essere un’organizzazione dinamica. Il buio della ragione (o della convenienza politica) nelle scelte del 2010, lascia spazio già dal 2013 ad un ufficiale cambio di rotta e a un ritorno alla realtà. La spinta dell’FMI sarà fondamentale nel mettere in chiaro che l’alto debito greco non era affrontabile solo con misure di austerità (anche su impulso dell’FMI, una ristrutturazione parziale avvenne nel 2012). La salutare spinta alla chiarezza, e al ristabilire la reputazione dell’istituzione, continua con le recenti dichiarazioni della Lagarde, secondo la quali l’FMI si chiama fuori da un qualsiasi ulteriore programma alla Grecia che non abbia delle basi solide: che i panni sporchi se li lavino in casa gli europei.

La palla ritorna in campo europeo. L’Unione deve ora prendere le decisioni a cui si è sottratta cinque anni fa. Le scelte sbagliate del passato condizionano però la situazione presente. Mentre nel 2010 era possibile effettuare una radicale ristrutturazione del debito greco a carico degli investitori privati (banche europee in primis), ora questa opzione non è più sul piatto. Grazie al prestito ponte un buon numero di buoi sono scappati dal recinto e il cerino del debito greco è rimasto in mano ai creditori pubblici. Una ristrutturazione a carico di questi ultimi si scontra però con un limite politico e legale molto più forte di una ristrutturazione a carico dei privati. Un default sui titoli detenuti da BCE e FMI sarebbe un atto gravissimo. Un defaultconcordato (invece che unilaterale) sui titoli detenuti dai fondi europei “salva-stato” rappresenterebbe proprio quel bailout fra stati membri che i trattati intendono impedire.

Decidendo di non decidere l’Europa si è infilata, a cinque anni dall’inizio della crisi, in un angolo politicamente e legalmente ancora più complesso. E’ venuto il momento che l’Europa smetta di nascondersi e che prenda importanti decisioni esistenziali. Comunque vada la questione greca, ora, è necessario rimettere ordine all'architettura istituzionale dell'Unione in modo da evitare di infilarsi in questo pasticcio in futuro. È necessario forse chiarire quali sono i paesi con caratteristiche istituzionali adatte a rimanere nell’Unione. Ma certamente è necessario creare chiari precedenti che mostrino quali sono le regole effettive (e non solo quelle astratte) che governano il rapporto fra fiscalità statale e dell’Unione, quali siano le condizioni e le procedure perché un paese insolvente vada in default. Queste  rappresentano un passaggio inevitabile per proseguire sulla strada del progetto europeo. La prossima volta non ci sarà, speriamo, l’FMI a fare da indebita stampella.  

Un ultima nota. Non siamo nati ieri - sappiamo che nonostante le regole chiare che auspichiamo la politica troverà spesso una via per aggirarle - nonostante tutto il FMI ha ben aggirato tutto l'aggirabile in questa corcostanza. Non si tratta di definire un'architettura istituzionale che renda impossibile comportamenti politici irresponsabili, da parte dei paesi membri o da parte della burocrazia degli istituti internazionali. Questo sì è impossibile. Si tratta di definire un'architettura istituzionale che renda difficile farlo, politicamente costoso. Si tratta di definire un'architettura istituzionale che utilizzi le potenzialità stabilizzatrici ex-ante dei mercati, invece che una che copra i mercati ex-post dopo averli incentivati ad agire in modo destabilizzante. 

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Commenti

Ci sono 187 commenti

chiarezza cristallina

complimenti

Correggetemi se sbaglio. Il meccanismo scelto dall'UE è quello di un punishment molto alto del tipo "fai azzardo morale giocando sul fatto che poi noi ti aiutiamo? Benissimo, e infatti ti aiutiamo. Ma il costo che dovrai pagare, in termini politici ed economici, sarà così alto che ti passerà la voglia di farlo in futuro".

Ovviamente un meccanismo di questo tipo necessita di essere credibile e la Grecia è servita anche a questo scopo. Tutto sommato è stato necessario, else i problemi di azzardo morale da parte di paesi come il nostro avrebbero reso insostenibile l'intera unione monetaria (perchè mai i tedeschi dovrebbero pagare per i nostri sprechi?). E infatti Monti si è ben guardato dal prendersi il punishment ed è riuscito a salvare l'Italia senza necessità di chiedere aiuto.

Questa è probabilmente la terza via (alternativa tra semplice sistema monetario a tasso fisso da un lato e vera e propria unione monetaria e fiscale dall'altro) scelta dall'Unione Europea e non mi sembra si veda chiaramente nell'articolo ed è l'unico modo (appunto) perchè il sistema possa sopravvivere senza centralizzare troppo le decisioni fiscali.

Logica vorrebbe quindi che ora la Grecia venisse salvata (il punishment in effeti se lo sono bevuti fino all'ultima goccia), ma l'atteggiamento greco rende questo salvataggio difficile.

Che l'FMI con tutto questo non c'entri niente è pacifico ma in questo modo Commissione e BCE sperano di ridurre il costo a carico dell'UE

Il salvataggio non risolverebbe nulla, perche' i greci non hanno alcuna intenzione di adattare il loro tenore di vita a quello che producono, e lo hanno dimostrato eleggendo l'attuale governo che sta rovesciando le poche riforme fatte da quello precedente. Ormai l'unica strada possibile e' prendere atto del fatto che la Grecia e' incompatibile con un'Europa che non pratichi sostanziosi trasferimenti fiscali, e lasciarla andare per la strada che i suoi cittadini hanno scelto. Che, stanti le regole attuali, comporta l'uscita non solo dall'Eurozona ma anche dall'Unione Europea.

Il secondo paragrafo si ripete alla fine del terzo ("A prescindere da come andrà la questione...").

Segnalo anche "corcostanza" e "è una compito spesso arduo".

I greci sono stati messi di fronte a una strana scelta: avere il miele che sgorga dai rubinetti (a chiacchere) o bere l'amaro calice (che già stavano bevendo), ovvio che è un no brain: hanno scelto il miele dai rubinetti.
Pensare che un elettore medio greco sia meglio di un elettore medio italiano (che vota PD,M5S e FI, ovvero tre partiti statalisti) o francese (che ha votato Hollande) è una pia illusione: quello perde il lavoro e gli si dice "è colpa dell'Europa, che fosse per noi si mangerebbe e berrebbe gratis" cosa può fare ? Quli strumenti cognitivi ha per capire che non è così ? Quindi per me la Grecia farà default solo perchè lelettore medio greco ha premiato l'ennesimo venditore di fumo, ma non aveva alternative (forse).
Il problema, evidenziato anche da Alberto, è la mancanza di una cornice: quando la Grecia finirà di fare il salto nel vuoto cosa succede ? Se fosse vero che la UE vuole svolgere una moral suasion non ha altro da fare che dire pubblicamente "se la Grecia il 30 Giugno farà default non c'è alternativa alla sua uscita dall'Euro e dall'Unione Europea, come previsto dai trattati, l'uscita dalla UE però potrebbe non essere automatica, ma soggetta a trattativa" , l'ultima parte giusto per non essere cattivi.
Allo stesso tempo per tacitare quelli come Stglitz e altri che dicono "si tratta di aiutare un popolo", confondendo carità con stupidità si può dire: "Al momento non chiediamo la immediata restituzione dei 400 mld che la Grecia deve ai cittadini europei, come segno di solidarietà, ma attenderemo un anno per fare in modo che la Grecia DA SOLA esca dalla crisi, visto che non ha accettato le nostre richieste.
Giusto per far capire che già ci abbiamo rimesso 400 mld di €, che non sono bruscolini....

il senso dell'articolo: o piuttosto, mi sembra che sia stato scritto per proporre una critica alle scelte dell'IMF ed a quelle dell'UE piuttosto che per dare un contributo alla comprensione della crisi greca. Infatti, i commenti puntano esclusivamente a questa e sembrano esprimere una diffusa insofferenza verso il governo della Grecia. Quest'insofferenza sembra avere buone ragioni, perché è evidente come esso stia giocando d'azzardo: ma non è possibile che sia tutta una messa in scena per fare digerire ai contribuenti-elettori europei una qualche forma di bail-out?

Davvero dobbiamo credere che si miri a costringere il governo greco - notoriamente di sinistra radicale - ad adottare una politica che esso ritiene esprimere il peggio del neo-liberismo?

continuare a sussidiare la Grecia all'infinito? Costringerla ad uscire dall'euro?

Dove trovo qualche dato sui contributi UE alla Grecia prima dell'adozione dell'Euro (1981-2001)? Ricordavo fossero consistenti ma non trovo nulla di solido.

posso provare a giustificare il "decidere di non decidere" del 2010, da parte dei prestatori di ultima istanza. il rischio sistemico, anche se assomiglia sempre a un babau buono per tutte le stagioni, ottimo per fomentare "principi di precauzione"e che poi coprono tutt'altro, si era appena  appalesato DAVVERO con lehman. come altri hanno fatto notare, la fase acuta della crisi finanziaria è stata sostanzialmente un bankrun da parte degli operatori professionali, cosa nemmeno immaginabile prima.

in queste condizioni, con regole e rating creditizi tutti da riscrivere, con tornate di stress test tutte da interpretare, rischiare che la piccola grecia inneschi ancora il panico, si avvicinava alla temerarietà. forse non è stata solo inerzia, confusione ed impotenza politica a far deragliare da principi ben saldi. quei principi (illiquidità vs insolvenza etc) erano buoni per evitare una argentina, ma per un'altra lehman?

oggi magari si comprende e misura meglio il rischio sistemico, c'è voluto quel tempo che le "non decisioni" hanno concesso. non gratis, evidentemente.

Vero, nel 2010 il rischio di contagio era forte, il sistema finanziario di mezzo mondo era sotto pressione, nessuno sapeva chi di preciso avesse il debito greco, l'OMT non esisteva e nemmeno esisteva il Single Supervisor Mechanism.

Non fare cadere la Grecia allora poteva avere un senso. Non dico che sia stata necessariamente la scelta giusta, ma l'ipotesi che andasse tenuta in piedi merita, per lo meno, il beneficio del dubbio e un certo rispetto. A volre le scelte di policy sono davvero difficili, ed il mondo non è dipinto in bianco e nero.

Tuttavia, rileggendo il primo paragrafo qui sopra, appare chiaro che la scelta di "decidere di non decidere", anche fosse stata corretta dal punto di vista degli europei, trovava le sue radici logiche in un'unica ragione: la costruzione della moneta unica aveva i piedi d'argilla e la sua strutturale istituzionale era gravemente manchevole, anche e sopratutto a causa dell'eterogeità dei paesi che vi facevano parte. Alcuni paesi furono fatti entrare in barba alla sostanza (anzi, direi anche alla lettera) dei trattati. La crisi esistenziale della costruzione europea era latente e dovuta a scelte sbagliate del passato: la crisi greca ha semplicemente fatto emergere il tutto. La crisi esistenziale è reale, profonda e di certo non transitoria. Giusto o sbagliato che sia stato per gli europei il "decidere di non decidere", resta il fatto che la crisi va affrontata una volta per tutte e, possibilmente, alla radice. Questo è uno degli aspetti sottolineati nel post.

D'altro canto il post si concentra sull'FMI, non sugli europei.

Gli europei potevano "ben decidere di non decidere", ma questo non implica necessariamente che l'FMI dovesse metterci i soldi. Gli europei, da soli, avrebbero avuto tutti i soldi necessari per "mettere in frigorifero" la situazione greca per qualche anno. L'Europa ha fatto la scelta politica di non gestire da sola le proprie difficoltà interne, ma di metterle in parte in mano ad un ente che, sulla carta, era "terzo" alle parti in causa. L'Europa avrebbe avuto la forza politica interna (comunione d'intenti fra i paesi membri, legittimità di fronte agli elettorati nazionali) per gestire in autonomia un comissariamento della Grecia? Se la risposta è "no", e cioè se c'era bisogno della partecipazione di uno scapegoat esterno (FMI), allora non resta che concludere che l'Europa è politicamente così fragile, disomogenea, e gode di così poca legittimità dal basso (i.e.: i tedeschi si sentono tutt'altro che un solo popolo coi greci, e viceversa), che non è capace di gestire da sola nemmeno il "congelamento" di un affare interno come quello greco. Ciò dovrebbe far riflettere: com'è possibile pensare che l'Europa sia politicamente capace di reggere l'urto di sfide politicamente ben più ardue, in termini di cessioni di sovranità e di corrispondente legittimazione politica, quali quella di un'unione fiscale (grande tentazione che, poco saggiamente, abita le menti di alcuni fasce d'elettorato del sud Europa?)

L'FMI è un'istituzione sovranazionale, non un'istituzione europea. La governance dell'FMI è in profondo cambiamento, in direzione di una maggiore voce in capitolo da parte dei paesi emergenti e di un minore peso degli europei. Le regole di funzionamento dell'FMI sono importanti nel garantire la reputazione dell'istituzione quando essa agisce in ogni parte del mondo, non solo in Europa. Il mancato rispetto delle regole e la produzione di analisi volontariamente irragionanevoli da parte dello staff è un fatto grave, che rimarrà nel futuro come una macchia da lavare. L'FMI si è fatto trascinare in un pasticcio che ne ha danneggiato la reputazione agli occhi dei governi, e degli elettorati, del mondo intero. E' bene che ciò non passi in silenzio, e che questi accadimenti portino ad una riflessione sul come fare affinché, in futuro, le procedure di approvazione dei prestiti FMI siano migliorate e supportate da analisi tecniche più trasparenti ed indipendenti da pressione politica. I politici, poi, facciano liberamente le proprie scelte, ma che le analisi che vengono presentate a loro e al mondo (accountability dei politici) siano però essere prive di gravi pregiudizi. Non parlo di errori, perché di analisi errate ce ne saranno sempre. Parlo proprio di pregiudizi, nel senso di analisi volontariamente corrotte già a priori. Possiamo ribaltare al questione guardando al futuro. Nel 2010 la pressione politica da parte di politici europei all'interno dell'FMI ha portato l'FMI a presentare al mondo documenti affetti da gravi bias. Con la riforma della governance dell'FMI e la probabile nomina di un non-europeo (anzi, non-francese) alla guida dell'istituzione, l'influenza politica dei paesi emergenti andrà a crescere. Che ne so, di un cinese: chiedere che il disprezzo per le buone regole di trasparenza mostrato nel caso del prestito FMI alla Grecia non si ripeta più mi pare sia una buona idea...


Sono via e purtroppo ho perso facus anche per ragioni personali.  Ma rispondero' al piu' presto. 

Concordo totalmente con l' articolo, aggiungendo qualche se e ma, con i quali però non si fa la storia, mi chiedo se poteva finire in modo differente questa storia? Ovvio che devo per forza domandarmi se non fosse arrivato Tsipras con il suo partito folle, ma Samaras avesse continuato cosa sarebbe successo ?

Probabilmente non sarebbe cambiato molto, sarebbe arrivato qualcun' altro più in là e questa storia sarebbe finita in ugual modo un pochino più in là... i greci purtroppo sono vittime delle proprie scelte, L' europa e l' FMI avevano dato una grossa chance che non meritavano e ora è finita... certo una chance da 400 mld ma poco importa ormai... impareranno molto duramente questa lezione e cresceranno, la prossima generazione sarà forse in grado di non commettere gli stessi e con il senno di poi si mangeranno le mani, mi spiace perchè impiegheranno forse più di 20 anni per riprendersi... penso che per i professori di economia questo potrà rappresentare un immenso  caso di studio... 

 

 impareranno molto duramente questa lezione e cresceranno, la prossima generazione sarà forse in grado di non commettere gli stessi e con il senno di poi si mangeranno le mani, mi spiace perchè impiegheranno forse più di 20 anni per riprendersi... penso che per i professori di economia questo potrà rappresentare un immenso caso di studio...

 

Veramente il default sembra fare parte del folklore greco come l'ouzo e il sirtaki. Anche la posizione di Varoufakis "è colpa vostra che ci avete prestato troppi soldi" è sconcertante; di lunedì ci rimprovera per esserci fidati, di martedì ci chiede di fidarci di nuovo. O forse no; in effeti ci chiede altri soldi affermando chiaramente che NON ce li restituiranno. Quanto ai professori di economia (o forse di storia economica) lo studio dei default precedenti non sembra aver aiutato.

Nonostante le precisazioni di Forti e di Brusco, si continua ad accomunare bancarotta ed uscita dall'UE.

La Grecia non sarebbe obbligata. Né le converrebbe. Neanche la possibilità di ricominciare a stampare dracme la obbligherebbe a rinunciare anche all'euro, né al libero scambio (in euro).

Solo, lo scambio diverrebbe presto unilaterale, visto che le dracme non le vorrà nessuno.

Poiché con quelle verrebbero pagati i dipendenti statali, questi ultimi diminuirebbero automaticamente senza licenziamenti. Anche i pensionati (o i loro figli e nipoti) tornerebbero a produrre beni appetibili al mercato euro (e non).

Salvo che il governo greco tenti di fissare il cambio euro-dracma, tipico della miopia socialista (ma anche fascista, nazista ed "ista" in genere).

Se lo facesse, NEANCHE il tentativo di ritorno della grecia ad attività produttive ne salverebbe i suoi cittadini.

Un diverso approccio riuscì negli anni '30 ad Hitler che rimandò la bancarotta del paese comprando materie prime da cecoslovacchia e polonia in cambio di prodotti finiti futuri (alla guida dei quali si presentò effettivamente qualche anno più tardi). Penso che nessuno ci cascherà più.

In assenza di un vero governo europeo, la sopravvivenza dell'Euro si basa sull'ipotesi che sia possibile per ogni paese dell'unione monetaria riguadagnare il gap di competitività grazie alle "riforme". Questa è un'idiozia a cui solo i tedeschi fanno finta di credere. Ci sarà sempre un paese "ultima ruota del carro", poco competitivo relativamente agli altri. Senza l'unione politica i paesi forti non vorranno e non saranno obbligati a sostenere i paesi più deboli (meno competitivi) indefinitamente. Questa volta è la Grecia, la prossima sarà un altro paese. Non ci sono meccanismi o trattati che possano evitarlo, l'unica speranza è la creazione di un governo europeo. Ho sempre più l'impressione che l'Euro farà la fine di una di quelle tante unioni economiche che si trovano nei libri di storia.

Se per riforme ci si riferisce alla legislazione ordinaria, che può essere cambiata istantaneamente da uno Tsipras qualunque, hai ragione.

Se intendessi profonde riforme costituzionali e istituzionali (approvate con sistemi di democrazia diretta) che qui invece non si vedono, allora obietterei.

La realtà è che queste ultime avrebbero dovute essere imposte come biglietto di entrata nella UE, al posto dei parametri economici.

Il concetto è: "un mercato è un sistema giuridico". Se non funzione quest'ultimo, non funziona neanche il mercato.

Pensare che istituzioni da paese dei puffi come grecia ed italia avrebbero potuto dare qualche garanzia economica era, ed è tuttora, da folli.

Non capisco quale sarebbe l' impedimento dei PIIGS all' aumento della propria competitività ? perchè dovremmo obbligare i paesi virtuosi ad aiutare i non virtuosi abbiamo appena dimostrato che è stato un errore aiutare Atene e non ha funzionato, perchè mai dovremmo continuare a farlo con altri paesi? aiutare Atene non ha reso quest' ultima virtuosa, anzi, se non riescono in europa non riusciranno nemmeno da soli perchè dovrebbero riuscirci ? Le ricette di Tsipras non avrebbero funzionato nemmeno al monopoli...

 

Ci sarà sempre un paese "ultima ruota del carro", poco competitivo relativamente agli altri. Senza l'unione politica i paesi forti non vorranno e non saranno obbligati a sostenere i paesi più deboli (meno competitivi) indefinitamente.

 

A me pare che sistemi federali come USA e CH abbiano una considerevole unità politica ma nessuno dei membri sia obbligato a sostenere quelli piu' deboli indefinitivamente. Ci sono fondi perequativi verticali ed orizzontali, c'è il welfare che dà sostegno ma se uno fallisce è responsabilità sua e mamma federazione non interviene. E non mi pare che nel caso di detroit qualcuno abbia dato la colpa al dollaro.

Sono d'accordo con Franco. Guido invece scrive:

 

finché ci saranno dei cretini a sostenere che le regioni povere debbano essere mantenute dalle ricche, le prime resteranno povere

 

Non mi sento offeso, perchè non l'ho mai sostenuto. Sono allibito che mi venga presentato il caso di Detroit come controesempio, a quanto pare non hai capito cosa volevo dire.

1) Crisi del debito per una regione porta "miseria e sofferenze". Negli Stati Uniti, grazie alla forte integrazione politica, i politici di Detroit non fanno campagne anti-Washington. Al contrario, in Europa ogni paese che deve o ha dovuto prendere provvedimenti di austerità ha politici anti-Bruxelles molto molto popolari.

2) default significa non ripagare i debiti. Dalla Grecia invece vogliamo la restituzione di ogni centesimo del credito fornito dagli enti pubblici internazionali, cosa che non sia stata chiesta a Detroit (per quanto ho capito). In realtà, poi, non stavo parlando della possibilità o meno che enti locali vadano in default. Non predico il sostentamento delle regioni povere a carico di quelle ricche, ma osservo che - di fatto - questo accade molto molto spesso in moltissimi paesi. Come ha scritto Franco, l'UE non si può permettere forti squilibri, ma i forti squilibri sono naturali quando metti insieme regioni così eterogenee.

Ho finito i commenti a disposizione... alla prossima

Discutiamo sempre di creditori e debitori e di stati e diamo la colpa a questo o a quell'altro governo e in tutta questa discussione però le persone non vengono prese nemmeno in considerazione ma credo che l'unione europa abbia senso solo se parta dagli individui.

Vero che i cittadini greci hanno le loro colpe ma credo anche che siano molto minori rispetto a chi prestava soldi allegramente, ai governanti imbroglioni e a chi ha mancato di controllare (non credo che nessuno sapesse che il governo greco stava mentendo sul deficit reale) e comunque non sarebbe stato meno costoso, considerando i costi diretti ed indiretti, e meno impattante l'istituzione di una rete di sostegno europea, anche temporanea, per i cittadini greci che in caso di riforme avessero perso il lavoro?

Sarebbe sicuramente stato più facile fargli accettare eventuali riforme e bloccata l'avanzata di partiti antieuropa (sia in grecia ma anche all'estero) e destabilizzanti per il sistema

è un'unione di Stati.

 

non credo che nessuno sapesse che il governo greco stava mentendo sul deficit reale

 

Il che non vuol dire che tutti sapessero. Sicuramente qualcuno sapeva (in grecia e nella banca che ha organizzato la truffa) ma quando si è saputo è stata una rivelazione.

Comunque con i loro soldi i greci hanno tutto il diritto di assumere 6 milioni di statali, mandarli in pensione a 30 anni con 5'000 euro alla settimana ed avere 26 televisioni di stato con 10'000 dipendenti cadauna. Con i loro soldi.

Mi spiace dirlo, ma è così: politicamente Tsipras sta vincendo alla grande.
Fose sarà una vittoria che costerà alla Grecia anche l'ultimo bottone dell'ultima giacca buona, ma questo è un altro discorso e francamente non mi interessano poi tanto le conseguenze (positive o negative) per la Grecia, quanto quelle per gli altri stati.

In quest'ottica,  salvo una mossa geniale della UE (che al momento non si intravede all'orizzonte) è difficile pensare ad una soluzione che non veda l'Europa uscire da questo confronto gravemente sconfitta, mi spingo a dire talmente minata da non poter continuare ad essere retta dalle dinamiche attuali.
 
Riflettere su come si è arrivati a questo punto. forse una vera unione politica sarebbe servita proprio a non ridursi a questi termini.

Constatando anche che la storia del Novecento sembra non averci insegnato una beata mazza.

a spese dei loro sostenitori.

Dove sarebbe la novità?

Che nella UE, le spese le sosterranno invece i cittadini di altri paesi (ora ancora non se ne accorgono. Ma arriverà l'onda...).

Visto che si parla in questi giorni di DSK (per le vicende giudiziarie ed il suo bisogno di distrarsi perché stava salvando il mondo) sono andato a cercarmi il suo profilo su wiki.

Leggo, nella parte di scheda che riguarda la direzione di FMI che:

 

La sua nomina a Direttore Generale portava con sé dei progetti di forte cambiamento programmatico e di mutamento degli indirizzi ideologici del Fondo e si caratterizzava per una piattaforma di principi marcatamente keynesiani, in contrasto con la scuola di orientamento liberista dominante presso il FMI. Aveva destato scalpore in particolare all'interno dell'istituto un suo discorso tenuto alla Brookings Institution nell'aprile del 2011 (un mese prima dello scandalo a sfondo sessuale di cui fu vittima) in cui metteva in discussione i principi liberali ai quali si ispirava il FMI e proponeva apertamente di combattere la diseguaglianza dei redditi attraverso il ritorno alla piena occupazione e gli investimenti di natura pubblica.

 

Mi chiedo quanto questo orientamento (che nella scheda in inglese viene definito "progressive rather than neoliberal") abbia influito nell'errata decisione di FMI di cui si parla in questo articolo di  bisin e brighella.

Daltronde, temo che la stessa esistenza dell'FMI abbia origini concettualmente keynesiane.

Anche certi passi dell'accordo di Maastricht lo sono.

E non è un caso che la politica monetaria europea sia sempre stata anticiclica: contrazione durante l'iniziale crescita, espansione durante la successiva recessione.

Esempi perfetti di cicli economici Hayekiani originati da macro errori monetari.
A logica, seguirebbe stagflazione.

Fortunatamente, le logiche monetarie sono solo una componente della macchina economica.

Il nocciolo della questione è che l'UE così come è non funziona più. Grecia, Ucraina, profughi, immigrati, collasso degli Stati in MENA ecc.ecc. stanno li a mostrarlo con chiarezza. 

A fine mese dovrebbe esser reso pubblico il documento per l'avanzamento dell'integrazione dell'UE. Le integrazioni proposte da francia e Germania con vari articoli sui giornali a mio avviso non vanno nella giusta direzione,anzi.

Come già discusso in passato trovo interessante indagare quali sarebbero le conseguenze previste dal nostro codice civile per un creditore che si comportasse come -leggo nell'articolo- si è comportato l'FMI.

 

Art. 1227 - Concorso del fatto colposo del creditore

Se il fatto colposo del creditore (1) ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate.
Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza .

 

l'articolo in questione riguarda due ipotesi distinte. Il primo comma considera quella in cui il creditore ha concorso con colpa ad ostacolare l'adempimento del debitore, così procurandosi un danno: in questo caso, il debitore non sarà tenuto a risarcirlo integralmente.

Il secondo comma riguarda l'ipotesi che il creditore non si sia curato, una volta verificatosi l'inadempimento, di attenuarne le conseguenze, potendolo fare: per esempio, se la mancata consegna tempestiva della  merce da trasformare pone a repentaglio il suo adempimento all'obbligo di consegnare ad altro soggetto i prodotti finiti, sarebbe comportamento diligente procurarsene una partita da un altro fornitore, sempre che sia della stessa qualità.

  Mi pare che il comportamento del FMI debba piuttosto essere valutato alla stregua del principio di buona fede nelle trattative (art. 1337) o nell'esecuzione del contratto (art. 1375) che, in sostanza, impone di tenere conto dell'interesse dell'altra parte finché ciò non comporta un pregiudizio eccessivo per il creditore. Quando ciò avvenga, dipende dalle circostanze del caso.

Fatte queste precisazioni, va pure detto che non è chiaro chi possa dolersi del comportamento del FMI: forse la Grecia che non è stata costretta a dichiarare default nel 2010 ed ha continuato a beneficiare dell'assistenza finanziaria del FMI e della UE? o gli Stati UE che hanno concorso a mantenere la finzione? o piuttosto i contribuenti che ne hanno sopportato l'onere? qualunque sia la risposta, c'è poi il non piccolo problema d'individuare la corte competente.   

Il fatto colposo, nello stato di diritto, va dimostrato in un processo penale.
Naturalmente. Anche i danni vanno (a beni o persone) vanno accertati tramite un procedimento penale e poi valutati in sede civile.
Sarebbe interessante una valutazione sul danno provocato concedendo un prestito che non andava concesso. La responsablità per FMI è comunque realtiva ad una decisione che mi pare sia presa sulla base di una maggioranza qualificata di quote

come altri pezzi dove viene chiarita la situazione economico-giuridica anche questo è di una chiarezza cristallina! molto più apprezzabile degli esercizi di retorica fine a se stessi che si vedono in giro...

Spero (confido, in realta') vengano lasciati andare. Nel merito, con lieve divagazione: Maxwell ( viva Maxwell!) e approccio bottom-up Vs Aristotele (O Cartesio, Francia, e Balena Bianca, paese confinante) top (quale top...) down

Do NOT feed the animals, e' scritto in vari parchi/zoo. A taluni, troppi, sfuggono le profonde implicazioni di simile locuzione. Vengano lasciati uscire. In ambito 'domestico' (chissa' come mai viene in mente), bisognerebbe illustrare la nota (Romani, antichi Romani) valenza di concetti quali do ut des, corrispettivita', prestazioni corrispettive. Consideration e quid quo pro vs.....cambiare TESTA gente Tema da antropologo/sociologo (o da SHRINK, in Italia) Scenario Dantesco, o Kafkaesque, ma that's it.

Do NOT feed the animals (Cfr. World Bank, total tax rate % of commercial profits). Viva Maxwell, viva Galilei, viva Leonardo d'Amboise ( Da Vinci...), Si parla di cambio di paradigma (testa della gente): vengano lasciati uscire

http://data.worldbank.org/indicator/IC.TAX.TOTL.CP.ZS

è giusto pensare che francia e germania (più degli altri) abbian spinto per evitare il default nel 2010 in modo che le loro banche (molto più esposte in grecia rispetto a quelle degli altri paesi) non subissero pesanti perdite che le avrebbero costrette a richiedere aiuti di stato? se questo fosse corretto, è giusto pensare che il "mancato default" del 2010 sia stato più che altro una sorta di "bailout preventivo" a spese di tutti in nome della stabilità finanziaria dell'unione... se questo fosse vero e si riuscisse a dimostrare, quale sarebbe la credibilità di suddetti interlocutori in un negoziato sul debito greco oggi? soprattutto, sarebbe realistico immaginare che qualcuno impugni quelle decisioni (a maggior ragione in questi giorni nei quali un default greco sembra l'ipotesi più concreta)?

vedo difficile un'impugnazione per scelte di politica internazionale.

... che non è un accordo prevede che le spese dello Stato Greco non vengano tagliate (salvo lo stop ai prepensionamenti, però a fine anno e 200 milioni in meno ai militari), invece si agisce pesantemente sul lato delle entrate, con una "rimodulazione dell'IVA" (Leggi: aumento), e la solita tassa sui ricchi "che non pagano le tasse" (salvo essere quelli che dichiarano più di 500.000 € di utile l'anno) e una tassa sugli "yacht di lusso".
Che dire ? Io ho varie ipotesi:


1. Tsipras è Mario Monti travestito.

2. In Grecia non sapendo che pesci prendere hanno preso Fassina e se lo sono trapiantato.

3. C'è un virus che chiameremo "influenza italiana" che colpisce tutti i ministri delle Finanze degli Stati con problemi di debito.

Qualunque sia la causa io però già conosco la fine: mancheranno tutti gli obiettivi e finiranno nella stessa stagnazione italiana.

il vero "pensiero unico" che domina l'Europa si riassume nelle parolette tax and spend. 

qualcuno ha provato a capire dove finiscono? Si legge di corse quotidiane agli sportelli per prelievi miliardari. Chissà se i cittadini li tengono sotto il materasso oppure li versano in qualche altra banca europea (tedesca, francese...) oppure no (russa).

narra luciano de crescenzo che suo padre ai primi del '43 decise di far sfollare la famiglia da napoli. l'onest'uomo, armatosi di carta geografica, pensò di aver individuato il ventre della vacca, il luogo più sicuro: cassino!

ciò nonostante: chi ha ritirato i risparmi al bancomat, non ce lo vedo correre a depositarli in una banca russa.

pare

Ogni tanto i greci tirano fuori dal cappello la mossa referendaria.
È un perdere tempo, una strategia di exit o un lavarsene le mani?

In ogni caso votare tra una settimana non è certo un capolavoro di democrazia, anche se viene presentata come tale. Il cittadino decide bene solo quando è informato sul tema (perché dire SI o dire NO) e soprattutto sulle conseguenze. Nel caso di NO ci sarebbe un'uscita della Grecia dall'Euro, dalla UE? Non si sa. Per decidere bene servono informazioni, dibattiti, riflessioni. Impossibile in una settimana. Piu' che altro è un plebiscito di stampo populista e mussoliniano.

Con una semplicissima domanda: "volete voi accollarvi i debiti dei Greci?" Perchè se la risposta è "si", tecnicamente non ci sono problemi: 12 milioni di Greci possono benissimo campare alle spalle di 500 milioni di Europei. Se invece la risposta è "no" la facciamo finita una volta per tutte con la menata che Tsipras ha una legittimazione democratica (anche se poco poco più di un terzo dei Greci lo hanno votato)  che mancherebbe ai suoi interlocutori.

Il referendum indetto in quattro e quattr'otto da Tsipras ed il suo governo cela una scommessa plebiscitaria: "o noi o loro" sembra voler chiedere il governo ellenico ai sui cittadini.

Le analisi fin ora riportate danno per scontato che i greci stiano dalla parte del governo. Ma se non fosse così? La Grecia accetterebbe la proposta della Troika e Tsipras trarrebbe le dovute conseguenze politiche?

Finalmente, tutto quello che avreste voluto sapere sulle pensioni greche

 

Finalmente, tutto quello che avreste voluto sapere sulle pensioni greche

http://www.econopoly.ilsole24ore.com/2015/06/24/finalmente-tutto-quello-che-avreste-voluto-sapere-sulle-pensioni-greche/

 

Ed il buon Manos non ha avuto il coraggio di far notare che la struttura demografica hellenica è quella descritta in questo grafico:

P.S. quando gliel'ho fatto notare su Twitter, mi ha risposto così, forse aveva semplicemente trascurato l'aspetto demografico:

una volta eravamo un popolo di commissari tecnici, oggi tutti esperti di finanza e politica internazionale...su fb è un delirio di deliri...tra i tanti va molto un articolo di ixebergfinanza Che a naso non mi convince per nulla (se non altro lo trovo  un insieme arraffazzonato di cose che vorrebbero dimostrare una tesi preconcetta). Ma non ho il tempo e le competenze per capire esattamente.

qualcuno di voi conosce il sito? 

 

Questo il link.

icebergfinanza.finanza.com/2015/06/29/grecia-un-mondo-di-balle-fact-checking/

grazie

Sono tutti sofismi espositivi.

Oramai non vale più nemmeno la pena di spendere energia per confutarli...

Una per tutte ma se dal 2009 al 2015 la Grecia è salita nel ease of doing business dal livello dello sri lanka e del kirgizistan ad un livello superiore il programma troika qualcosa ha fatto. Oppure no ?

La questione vera è : è sufficiente ? Ovviamente no dato che è ancora saldamente sotto l'Italia ed ha un disperato bisogno di costruire lavoro. 

 

O ancora sull'età di pensionamento 

Importa qualcosa sapere che nel 2060(DUEMILASESSANTA) avranno l'età media di pensionamento a 68 anni? con poi trecento eccezioni ed anticipi possibili per tutti ? Non è forse un film che abbiamo già visto in italia ? Solo che invece che su 20 anni se lo son distribuito su 50 ?  E che comunque già qui è stato un disastro ?

 

O ancora, il patetico pension spending over 65

Ma se il problema è che vanno in pensione troppo presto cosa c'entrano gli over 65 ?

E ci stupisce che lo spending in ASSOLUTO sia inferiore a quello della germania ? ma va ? 

La domanda è ma te lo puoi permettere di spendere in assoluto la stessa cifra della Spagna ? Che comunque è comparabile con quello tedesco ? Hai i fondi per farlo ? Il tuo sistema economico lo consente ? E se è un livello minimo che consideri irrinunciabile dato che il tuo bilancio e le tue disponibilità sono inferiori cosa sacrifichi ? Perchè non sei ricco come la Germania anche se ti piacerebbe.

 

 

Mi permetto una standing ovation per Frau Merkel, per aver chiarito che nessuna decisione e trattativa ulteriore puo' essere presa prima di conoscere l'esito del referendum.

Concordo. Sarebbe stato anche meglio farli votare nel Dicembre 2011. Io avrei anche fatto votare le mamme piú volte, per rappresentare i figli: "Vuoi restare nell'Euro e nella UE e ti impegni a ripagare i prestiti da parte dei contribuenti dei partner europei?".

P.S.: e continuo a domandarmi dove li hanno trovati i 200 milioni di Euro per il referendum, e se ci sia il rischio che lo annullino per mancanza di risorse.

Decisamente una scelta saggia credo che anche IMF debba aspettare nel prendere una decisione...

 

Statement by the IMF on Greece

Press Release No.15/310
June 30, 2015

Mr. Gerry Rice, Director of Communications at the International Monetary Fund (IMF), made the following statement today regarding Greece’s financial obligations to the IMF due today:

“I confirm that the SDR 1.2 billion repayment (about EUR 1.5 billion) due by Greece to the IMF today has not been received. We have informed our Executive Board that Greece is now in arrears and can only receive IMF financing once the arrears are cleared.

“I can also confirm that the IMF received a request today from the Greek authorities for an extension of Greece’s repayment obligation that fell due today, which will go to the IMF’s Executive Board in due course.”

in risposta al referendum greco, non sarebbe interessante avere un referendum negli altri paesi dell'unione? diamo i soldi ai greci o no? sarebbe anche un modo definitivo per capire se la visione di "europa unita" sta ancora in piedi o è crollato da un pezzo... del resto senza cittadini europei che si sentano coinvolti nel progetto comune non si può fare l'europa.

non 200

Ottimisticamente ipotizzando 8 milioni di elettori e 1000 elettori a sezione, a 5000 Euro a sezione sono 40 milioni di Euro minimo. Realisticamente, alla Repubblica Italiana le legislative costano poco meno di 400 milioni di Euro per 47 milioni di elettori, e.g. 8.5 milioni di Euro a milionata di elettori. Senza nemmeno considerare che i costi fissi incideranno piú sulla Grecia, a quel costo in proporzione come minimo sono 70 milioni di Euro per 8 milioni di elettori.

200 milioni saranno troppi, ma 20 milioni appaiono veramente pochi.

e a riformulare il mio punto di vista alla luce delle osservazioni che ho letto.

Fatti:

Grecia:ha gestito in modo scandaloso la propria spesa pubblica (tanto che ha dovuto falsificare i bilanci per entrare nell'euro) e nel 2010 ha fatto default perché non era in grado di pagare i suoi creditori, tutti privati (fondi, banche, assicurazioni, aziende...).

UE:non ha voluto gestire il fallimento della Grecia e, invece di sostenere direttamente lo Stato, ha deciso di sostenere con soldi pubblici, senza interpellare i contribuenti europei, i creditori privati della Grecia, principalmente soggetti francesi e tedeschi.
Come se non bastasse, ha continuato a prestare soldi alla Grecia nonostante le stranote condizioni del paese.

Conseguenze

A causa delle negligenza della UE, il problema della Grecia, il suo problema con i suoi creditori privati (non Stati), si è trasformato in un problema pubblico, comunitario, di tutti i contribuenti europei.

Cosa penso io

Primo) Che nel 2010 la UE doveva gestire il default della Grecia e lasciare che fosse la stessa Grecia a trattare con i suoi creditori. Eventualmente, la UE poteva erogare un prestito comunitario direttamente allo Stato Greco.

Secondo) Che la UE e la BCE, dopo aver deciso di salvare soggetti privati a spese nostre, e dopo aver continuato, sempre a spese nostre, a finanziare uno stato arcinotamente distrastrato, la UE e la BCE ora devono assumersi la responsabilità politica di risolvere il problema senza costi diretti per i contribuenti.

In sostanza, per me i greci possono stare dove vogliono, dentro o fuori, basta che i disastri loro se li gestiscano loro.
Per quanto riguarda invece la dirigenza europea, Merkel, Hollande, Draghi, eccetera, considerata l'estrema e perseverata superficialità con cui hanno operato in questi anni, tali signori hanno il dovere politico di inventarsi qualcosa il cui effetto sia l'immediata cancellazione del debito che grava su noi contribuenti europei non-greci.

Come faranno Frau, Hollande e Draghi a tirarci fuori da questo disastro a costo zero?
Non ne ho idea e non sono pagato per fare il loro consigliere. So solo che non voglio pagare io per i disastri fatti dalla dirigenza sia greca sia europea.

Ormai abbiamo tutti capito che si profila l'ennesimo compromesso al ribasso. Buttano di nuov avanti il barattolo come ha giustamente detto Alberto e continueremo a gettare denaro nella fornace greca.

Quello che io non capisco è come si fa a dire: "riducetemi il debito e prestatemi altri soldi". Come dovrebbe funzionare questo meccanismo? Se gli prestiamo altro denaro il debito aumenta, no?

il debito è ora 315 miliardi euro. Possono tagliarlo a 157.5 direttamente o attraverso un rescheduling, cioè ridurre il valore presente allungando le scadenze (tipo iniziate a rimborsare dal 2035) e/o ribassando i tassi -e poi decidere di prestare alla Grecia altri soldi, fino a 157 miliardi.   Solo che il taglio diretto aprirebbe un buco corrispondente nei bilanci BCE che dovrebbe essere colmato dagli stati dell'Eurozona. Più probabile un rescheduling

La vicenda Greca tiene banco ormai dappertutto,sui social,nei media,tiene con il fiato sospeso le cancellerie europee e del resto del mondo; intervengono tutti,Premi Nobel in Economia,giornalisti,ma anche ciarlatani vari,populisti,etc si sta creando un grande bailamme dove non si capisce più niente: ha ragione U.Eco,Internet ha dato la stura a tanti imbecilli! E'impossibile per uno che voglia informarsi correttamente sapere come stanno effettivamente le cose,non ci riesco neanche io che comunque sono appassionato di temi Economici-Finanziari e li seguo da anni. Per esempio,gira un assunto che ha fatto sorgere dei dubbi anche a me,per cui chiedo lumi a voi forumisti,esperti,su questo blog che reputo essere tra i migliori ( insieme con la voce.info,e l'Inkiesta,etc) in materia Economico-Finanziaria! La tesi principale di Tsipras,rivendicata anche ieri nel Parlamento europeo,e rilanciata facendola propria ieri da Dalema in chiave an ti-Renziana( in Italia la vicenda Greca interessa esclusivamente in chiave di politica interna,leggi sparare contro Renzi che ha sponsorizzato la tesi dei tedeschi ed il si al referendun tenuto dai Greci!) che sposa in toto questa ricostruzione sponsorizzata da tutti i partiti italiani anti euro di destra,di sinistra e altro(Fassina e sinistra Dem, movimento 5 stelle,Meloni,Salvini,Forza Italia,Sel,etc) e'che La Grecia e'vittima dei poteri forti e delle tecnocrazie europee,Banche,etc perche'gli aiuti europei,dal 2010, sono andati alle Banche tedesche e Francesi; i Greci non hanno visto un centesimo di quegli aiuti,per cui sono vittime e hanno ragione a protestare e ribellarsi! Ma e'proprio cosi? A mio avviso,per quel che ne so,non e'proprio cosi,correggetemi se sbaglio la mia ricostruzione. E'vero che gli aiuti,dal 2010, non sono andati direttamente al popolo greco ma questo e'normale perche'la Grecia era ed e'iperindebitata! In pratica,con gli aiuti del Fondo Salva sSati,Fmi,accordi bilaterali con gli Stati,Bce,etc la Grecia che era iperindebitata,e con i fondamentali macro pessimi, era uscita dai mercati Finanziari nel 2011, mi sembra( perche'nessuno voleva comprare più i suoi titoli,il famoso spread era arrivAto a 800 e passa) per cui,dovendo rifinanziArsi per l'esercizio finanziario corrente,e per ripagare i suoi creditori,ha dovuto chiedere aiuto alla U.E,e al Fmi. Costoro hanno erogato i vari aiuti che,GIUSTAMENTE,COME ACCADE PER OGNI PAESE IPERINDEBITATO,COMPRESA L'italia CHE DEVE RIFINAnZIARE OGNI ANNO CIRCA 400 miLIARDI DI TITOLI IN SCADENZA,HA GIRATO IN PRIMIS QUESTI FINANZIAMENTI AI PROPRI CREDITORI,BANCHE,PRIVATI,ETC perche e'cosi che funzionano i mercati finanziari,L'economia,e le regole non scritte della Finanza Pubblica e privata basata sulla fiducia reciproca e sulla onorabilita'degli impegni presi necessari per poter continuare in futuro a chiedere prestiti! Altrimenti cosa si sarebbe dovuto fare secondo i sostenitori di Tsipras: utilizzare i finanziamenti delle Istituzioni Internazionali per la Grecia e le proprie spese correnti,e non ripagare i creditori ripudiando il debito? Inoltre,mi risulta che non e'vero che le banche finanziatrici tedesche,francesi,olandesi,italiane,etc non abbiano subito perdite: il debito greco e'stato ristrutturato per ben due volte,con perdite complessive per il 30% quindi le famigerate banche hanno comunque( giustamente!) sopportato una perdita per il loro finanziamento ( incauto secondo molti perche'non avrebbero dovuto finanziare la Grecia,perche'sapevano che non avrebbe ripagato? Secondo voi e'giusta questa ricostruzione,o hanno ragione Tsipras e company?

qui trovi il documento con descrizione delle varie fasi della crisi, che descrive nel dettaglio quanto detto da Tsipras. Il bail out del 2010 ha in effetti permesso alle banche di dover affrontare perdite assai maggiori, rispetto a quelle registrate in seguito.

perché mai adesso che non li hanno, i greci si mangiano le pigne?
E perché mai Cipras si sputtanerebbe così a supplicarne altri?

(+ dettagli)

Ma la vera domanda è: come fa il sempre esilarato Cipras a dire un roba così e poi agire in modo diametralmente opposto, senza che a nessun greco spunti un punto di domanda sulla testa?

In questi giorni, con molti articoli al riguardo. Di oggi quello di P. Reichlin e N. Borri su LaVoce. Altri possono essere quello di G. Galli ( PD ), quello di P. Manasse, e sicuramente ce ne sono ancora. Si parla dell' argomento anche nella risposta di Blanchard alle critiche sulla gestione IMF alla crisi greca.

Sulla voce.info e'apparsa una dettagliata ricostruzione dei Professori Pietro Reichlin e Borri che chiarisce proprio la questione che avevo posto,ossia e'proprio vero quello che Tsipras e i suoi sodali italiani( Meloni,5stelle,Salvini,Brunetta,Fassina,etc) sostengono circa la destinazione esclusiva dei soldi europei del salvataggio del 2011/2012 alle Famigerate Banche Francesi e Tedesche? Non e' vero! Quegli aiuti beneficiarono si le Banche Francesi,Tedesche,Olandesi ed altre,ma beneficiarono anche e sopratutto il governo Greco,le Banche Greche,i risparmiatori greci possessori dei titoli del loro paese! Questa cosa del resto e'confermata( senza peró quantificare esattamente i flussi esatti come hanno fatto reichlin-Borri!) a grandi linee anche da Lorenzo Bini Smaghi nel suo volume,uscito nel 2014:"Morire di Austerita’! Bisognerebbe inviare questo link ai vari Meloni,Salvini,etc e soprAtutto ai conduttori del Talk-politici,Paragone in testa,che svolgono un'opera di disinformazione costante con i loro programmi populistici senza approfondire alcunche'! Ma sarebbe inutile,Paragone,Floris e tanti politici,Meloni in testa, essendo praticamente a digiuno di queste cose non sarebbero in grado di capire l'articolo di Reichlin-Borri! www.lavoce.info/archives/36053/bail-out-greco-dove-sono-finiti-i-soldi/

Tutto il discorso è molto chiaro e mi torna, vi ringrazio. Un punto però mi lascia perplesso: la questione se acquistare i titoli greci fosse oggettivamente rischioso e dunque se aver ridotto i danni ai creditori privati sia stato un pericoloso precedente incitante all'azzardo morale.

Perplesso perché a me sembra che fosse lasciato volutamente intendere che i titoli pubblici dei vari stati membro fossero mutuamente garantiti dall'essere parte di una unione da cui non sono non era previsto uscire, ma in cui neppure erano contemplati meccanismi per la gestione di default sovrani, mentre i controlli e le sanzioni sui parametri di stabilità economica erano stringenti. Con tutto il tempo e le trattative che ci sono state dietro alla costruzione dell'Euro, che le prime due cose siano state dimenticanze lo troverei surreale: mi sembra invece che by design le si sia evitate per non far neppure contemplare l'idea tanto ai singoli stati quanto al mercato. D'altra parte l'aspetto più allettante dell'Euro per i vari governi del sud è stato proprio l'accesso al credito a tassi molto più convenienti dall'oggi al domani.

Comunque sia, voluto o no che fosse il messaggio, proprio dai tassi a cui si piazzavano i titoli europei pre crisi (praticamente coincidenti) credo si possa misurare quanto i mercati avessero inteso essere inverosimile un default puntuale. Mi chiedo allora: davvero i creditori privati potevano aspettarsi il tracollo da oggi a domani? E davvero la UE sarebbe stata corretta nel lasciarli a secco, nonostante non solo la stonatura rispetto al messaggio di cui sopra, ma anche le oggettive responsabilità al limite della collusione nel mancato monitoraggio sui conti greci, culminato in una vera e propria truffa? Creditori peraltro che non direi, visti tassi e rating, navigati speculatori.

In sostanza: anche ignorando i rischi di contagio, che ne sarebbe stato del progetto europeo se al primo inciampo si fosse detto "No scusate, avete capito male: l'euro è solo un tecnicismo e ogni stato può far quel che vuole: colpa vostra se vi siete fidati"?

Cosa mi sfugge, dunque?

Dubito che il mercato pensasse che un btp fosse garantito in qualche modo dalla UE, il mercato sapeva bene che non era cosí,  secondo me i vantaggi dei paeselli del sud europa non furono ipotetiche garanzie date da terzi, ma il vantaggio fu la nuova credibilità nel conseguire una politica monetaria volta alla stabilità dei prezzi, credibilità che non era assolutamente presente negli anni precedenti la moneta unica inoltre, sebbene gli spread fossero molto vicini tra loro, nessuno prezzava un bund quanto un btp, come oggi solo con una forchetta più ristretta. Bisogna anche dire che i governi dei paesi del sud non hanno certamente aiutato attraverso le loro politiche al mantenimento di questa forchetta nel tempo, consideriamo poi che il mercato ha venduto principalmente debiti dei paesi periferici dell' eurozona, se avesse pensato che ci fosse stata una sorta di garanzia probabilmente avrebbe agito in modo meno puntuale e più distribuito invece ha principalmente venduto titoli dei preiferici per comprare bund, per questo dubito che il mercato si aspettasse qualcosa, d'altro canto è anche chiaro che gli investitori non possono certo nascondersi dietro ad un ambiguità che a mio avviso non era affatto presente nessuno trattato stabiliva una mutua garanzia dei debiti sovrani ergo non c'era...

Rileggendo vecchi articoli, di 15-20 anni fa, si ritrova tutta l'insofferenza tedesca per una unione europea, sia dal punto di vista economico che istituzionale.

Ho come l'impressione che finita l'era Khol sia finita l'era della Germania europeista: la situazione greca è solo l'effetto più eclatante della rotta nazionalista intrapresa dalla Germania.

Questi sono gli articoli che ho letto:

1) Questo richiama l'Europa a due velocità, cavallo di battaglia di Schaeuble sin dal 1994

ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2000/07/10/si-all-europa-due-velocita-italia.html

2) http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1999/12/09/monti-attenti-al-protezionismo-anche-tedeschi-nel.html

 

I dossier di cui si occupa vanno dagli aiuti di Stato per la Germania Est (Bruxelles ha detto no alle richieste di proroga del regime speciale) ai sussidi della Volkswagen. In visita ufficiale da Schroeder pochi giorni fa, Monti ha affrontato anche il caso più spinoso: il salvataggio del colosso Holzmann con 250 miliardi di sovvenzioni statali. Su Holzmann cosa vi siete detti col cancelliere? "Mi ha segnalato l' eccezionalità sociale di quella crisi. Io ho chiesto che ci notifichino con urgenza il piano di ristrutturazione. Nessun aiuto potrà essere erogato senza la nostra autorizzazione e noi seguiremo le regole abituali. Gli aiuti sono consentiti solo se portano a un risanamento durevole; se impongono riduzioni di capacità produttiva in un settore dove ce n' è troppa; se al salvataggio contribuiscono in modo sostanziale gli azionisti. Applicheremo i criteri con rigore: gli Stati membri ci osservano e questo sarà un test della risolutezza della Commissione".

 

3) ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/01/05/appello-di-kohl-alla-cee-fermare.html

4) ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1997/03/29/un-europa-dei-popoli.html

 

DOVE VA l' Europa? E' già nata? Nasce bene oppure male? Sarà l' Europa dei popoli o quella delle banche? Riuscirà a lenire il male della disoccupazione che l' attanaglia o ne produrrà l' aggravamento? E l' Italia riuscirà ad entrarvi oppure sarà rinviata a nuovi e ancor più difficili esami di ammissione?

 

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Tutto questo mi fa pensare che la Germania dovrebbe uscire lei dall'Euro (soluzione già avanzata da più di qualcuno), sempre che questa non sia già una volontà concreta della Germania: molti hanno osservato che la Merkel ha intensificato i rapporti con la Russia ma soprattutto la Cina, con la quale ha stretto molti accordi strategici commerciali (ad esempio http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-07-07/merkel-cina-dieci-accordi-commerciali-tre-giorni-132520.shtml).

Cosa ne pensate? 

tu vedi una volontà della germania di uscire dall'euro, da lunga data, da ancora prima dell'euro.

i più, non i migliori per la verità, vedono una volontà di dominio continentale della stessa tramite l'euro.

il tarquini di repubblica da berlino, vede una mancanza di coraggio tedesca, cioè l'estrema riluttanza ad assumersi la leadership, insomma i soliti bottegai che non vedono in grande. (mi piace l'immagine del salumaio con la matita sull'orecchio, intento a pesare, notare sul libretto e subire il sarcasmo sociale degli snob, guazzaloca do you remember?)

altri, non senza buone ragioni, deplorano tutti gli altri leader-per-insufficenza-di-prove accucciati dietro la cancelliera di ferro (non so, si dice così?)

i l debito è maledetto, ma i creditori devono prestare  subito altri soldi e i debitori li insultano per  ingraziarseli.

star fermi e tacere per un po', sembra rivoluzionario.

In questa estate infuocata La questione greca tiene banco da 2 settimane,essendo giunta ad un punto di svolta condizionando l'Economia,le scelte politiche,le strategie Finanziarie, tenendo con il fiato sospeso tutti. Impazza la polemica sui media,sui blog,sui magazine economici on line ( sulla voceinfo,ci sono stati interventi di Zingales,di Reichlin sulle cifre dei due bail -out, con repliche,controrepliche,interventi,etc)con dossier,ricostruzioni della vicenda greca,a partire dai due bail -out del 2010 e del 2012, ma questo blog,sito attivissimo mediante i suoi Esperti sulla questionein passato,con interessanti ricostruzioni,proprio nel momento cruciale si e'dileguato! Nessun intervento da un mese sulla questione greca proprio adesso che siamo al redde rationem? Chiuso per ferie? Se ci siete battete un colpo!

Complimenti per l'articolo, lungo ed interessante.

Vorrei fare pero' due domande all'autore:

 

1) Come si fa a proclamare con tanta sicurezza che la Grecia e' tecnicamente in default? Mi e' sembrato superficiale arrivare a questa conclusione buttando in mezzo un paio di statistiche e indicatori senza citare una metodologia. La questione e' molto piu' complessa ed e' recentemente uscito un articolo su voxeu molto eloquente riguardo il fatto che il debito Greco e' diventato sostenibile grazie ai nuovi aiuti. L'imminente default greco e' un assioma dietro tutte le logiche conclusioni dell'articolo, e darlo per scontato genera confusione e rende l'analisi imprecisa.

 

2) Si fa riferimento a un salvataggio delle banche private, asserendo che il FMI abbia di fatto "fatto gli interessi dei privati". Ma non si tiene in considerazione la potenziale catastrofe sistemica dovuta alle potenziali perdite delle banche che sono state evitate. In questo caso l'interesse delle banche private coincide con la mitigazione del rischio sistemico, pertanto il FMI ha fatto il gioco di tutta l'Europa, cittadini compresi.

Importante questa notizia di oggi

The [IMF's] management won’t support a new loan program unless Greece’s debt is sustainable in the medium term and the country’s budget is fully financed for 12 months, an IMF official told reporters Thursday on a conference call. The official spoke on condition of anonymity.

The IMF will require an explicit, concrete commitment of debt relief from euro-member countries before moving forward with a new loan, the official said. European countries haven’t had detailed discussions with the IMF on a debt restructuring, according to the official.

 

Vuol dire che l'FMI si rende conto del errore fatto nel 2010 (avran letto l'articolo di Bisin e Brighella? ;) ). E cercano di evitare di ripeterlo. I paesi europei faran finta di non sentire o insisteranno perche l'FMI faccia come vogliono loro? Vedremo.