Il grafico della settimana, 30-08-17

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In tandem con lo sciopero dei professori universitari di questi giorni, qualche numeretto sui loro salari.

Che i professori universitari italiani guadagnino tanto (o poco) è un tema comparso diversevolte su questi schermi. Poiché è in corso uno sciopero dei docenti (le cui ragioni sono spiegate qui), torna forse utile aggiornare un po' i conti.

Nell'ultimo rapporto Education at a Glance, l'OCSE ha calcolato il salario medio annuo dei professori delle università pubbliche in diverse nazioni, relativo all'anno 2013/2014 e aggiustato alle rispettive parità di potere d'acquisto.

I risultati pongono il reddito degli universitari italiani fra i più elevati, sostanzialmente alla pari con quelli dei docenti americani. Data l'enorme differenza nel PIL pro capite fra Italia e Stati Uniti, non pare del tutto azzardato osservare che da noi queste figure ricevono – in media – un trattamento assai migliore rispetto agli altri lavoratori.

In questi ultimi dati dell'OCSE troviamo un altro elemento interessante. Il PIL pro capite italiano è, oggi, grosso modo allo stesso livello di 20 anni fa. Viceversa, gli stipendi pubblici (tra cui quelli degli universitari) dopo la crisi non hanno subito alcun calo, se non la (lieve) erosione che arriva dall'inflazione.

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Commenti

Ci sono 14 commenti

Mi chiedo quanto questa evidenza sia influenzata dalla struttura per età dei docenti universitari. Nel rapporto viene riportata solo fino alle superiori, ma andando sul database OECD e facendo due calcoli si vede come i docenti universitari italiani siano di gran lunga i più vecchi tra i paesi considerati. In Italia il 50,6% ha più di 50 anni, in F il 37,4%, in D il 24,2%, in ES il 42%, in UK il 41,3%. Addirittura in Italia l'11,3% ha più di 64 anni ... Questo ovviamente significa che i più elevati salari di fine carriera in Italia pesano enormemente di più nel determinare l'average salary.

La tabella riporta per l'Italia il costo lordo ente di 120 mila euro, che non è un costo medio ma il costo di un professore ordinario a fine carriera. Non so cosa significhino i numeri degli altri paesi. Se uno cerca tabelle in rete trova valori completamente diversi, anche se consulta banche dati affidabili. 

La ragione è che il confronto, fatto così non ha senso.

Prendiamo ad esempio il mio caso, professore ordinario con 16 anni di anzianità. Costo lordo ente (cioè all'università) 120 mila euro/anno. L'università mi trattiene INPS e Ires, pari al 30%. In busta mi arriva uno stipendio lordo (detto lordo dipendente) di 0.7 x 120.000 = 84.000 euro. Dalla busta paga vengono trattenuti direttamente ulteriori contributi pensionistici, il contributo al servizio sanitario nazionale e ancora IRES e tasse locali, per circa 10.000 euro. E siamo a 74.000 Euro. Ho una aliquota media ddel 34% e nessuna agevolazione standard (a parte detrazioni sulle spese mediche ecc). Arriviamo quindi a un netto di 0.66 x 74.000= 48.800, che fanno 3.700 Euro netti per 13 mensilità. Fra tre anni vado in pensione. 

Il percorso dal lordo ente al netto dipendente è quindi complicato e variabile da paese a paese, ed occorrerebbe calcolare quanto di quello che viene trattenuto è una partita di giro con lo stato e quanto ritorna al dipendente sottoforma di servizi erogati.

Una tabella di lordo ente (se è così anche per gli altri paesi ) dice quindi ben poco.

PS: non faccio alcuno scipero, perché penso che bosognerebbe scioperare per ben altri problemi del nostro sistema universitario.

La ragione per cui i confronti di questo tipo vanno fatti sul lordo, come infatti prevede la metodologia standard internazionale, è spiegata in dettaglio nei post precedenti che ho linkato.

Inoltre il grafico riporta anche il reddito medio di tutto il personale ("all tertiary academic instructional faculty"), non solo degli ordinari, e anche quello è praticamente equivalente all'americano intorno ai 75.000 $ PPP.

Da ex professore a contratto faccio un commento/precisazione.

Premetto che non sono piu' nel sistema universitario italiano e non so come o perchè i professori stiano scioperando - anzi, apprendo dello sciopero da NFA.

Una tendenza che ho osservato prima di andarmene nel privato era il crescente affidamento di corsi ad assegnisti e dottori di ricerca in generale, se necessario anche spezzando un singolo corso in 8 parti con 8 docenti diversi qualora il monte ore originale richiedesse la copertura di un ordinario. Le motivazioni sono economiche e burocratiche, legate a fondi e turn-over. Un neo dottore come professore a contratto puo' prendere intorno ai 50 euro lordi l'ora per un corso da 30 ore spalmato su varie settimane: fanno circa 1000 euro netti, una tantum e pagati a mesi di distanza. Questo tipo di docente chiaramente vive di altri fondi e probabilmente si occupa di altro per la maggior parte del tempo.

Non contesto l'interpretazione del grafico e non entro nel merito dello sciopero, ma non vorrei che passasse il messaggio sbagliato, ovvero che "i docenti" italiani sono ben pagati in generale; quelli ben pagati sono pochi e sono in calo.

In parte il grafico stesso lo conferma: l'Italia ha una media pari a quella USA, ma se i full professor sono pagati di piu', è chiaro che gli altri sono pagati di meno...

Hai anche i dati di Germania, Svizzera, Olanda e Danimarca?

La media EU e Area Euro dove si attesta?

Tutto quello che avreste sempre voluto sapere sui salari degli accademici italiani ma non avete mai osato chiedere. E più non dimandate (si scherza, eh)

www.wired.it/attualita/politica/2017/09/12/sciopero-accademici-italiani/

1. Questioni di metodo

Prima di tutto, qualche osservazione sulla tabella OCSE:

1) Mancano i dati per 3 paesi del G7 (Germania, Canada e Giappone) ma ci stanno il Brasile ed un sacco di paesi dell’est Europa. Utili per piazzare un sacco di paesi con stipendi notoriamente bassi. Per avere una discussione seria, bisognerebbe considerare almeno la Germania, e magari pure i Paesi Bassi e la Svizzera, tutte nazioni note per gli investimenti in ricerca ed istruzione e per stipendi estremamente attraenti.

2) Gli istituti di Higher education americani sono una realtà’ estremamente variegata. A fronte di qualche migliaio di college che si dedicano esclusivamente all’insegnamento e non conferiscono dottorati di ricerca, la Carnegie classification riconosce 335 Università’ con programmi di dottorato. Di queste, 222 sono classificate come highest (R1) or higher (R2) research activity. Mi permetto di sospettare che le restanti (Moderate research activity) non abbiano un’attivita’ di ricerca paragonabile con le università’ italiane. Insomma, senza ridursi alle punte di assoluta eccellenza delle top US universities, sarebbe sensato calcolare gli stipendi medi solo sulle 222 R1 e R2 University (o al limite anche sulle R3 se mi dimostrate che la maggior parte del loro personale accademico presenta una significativa produzione scientifica). Certamente non sulle migliaia di college che non hanno molto da spartire con l’universita’ Italiana.

3) Confrontare gli stipendi lordi e’ sempre difficile. In Italia ci paghiamo la sanità’ pubblica con la tassazione degli stipendi, negli US mi risulta che le Università’ serie offrano ottimi pacchetti assicurativi al loro personale accademico (e spesso anche ai famigliari più’ stretti). Qualcuno si e’ preso la briga di controllare se il costo non irrilevante di questi benefit e’ incluso nel computo degli stipendi US dell’OCSE?

In Germania, invece, i dipendenti pubblici non pagano i contributi pensionistici e l’assicurazione contro la disoccupazione. Di fatto, pagano il 10% meno di tasse sullo stipendio lordo rispetto ai dipendenti privati, ma maturano comunque il diritto ad una pensione piuttosto generosa. Semplicemente, si tratta di un costo nascosto per lo stato che non compare se andate a conteggiare lo stipendio lordo. Esempi cosi’, che rendono disomogenei i confronti sugli stipendi lordi, se ne trovano a bizzeffe

4) Sempre a proposito dell’annosa questione stipendio lordo vs. netto. Il lordo sarà’ pure lo standard internazionale usato dagli economisti, ma:

i) E’ palese che quando e’ lo stato a pagare uno stipendio lordo, almeno la parte di imposte sul reddito e’ una mera partita di giro; infatti non si tratta di una spesa effettiva per lo stato. Notare anche che su queste pagine sono tutti d’accordo nel considerare una semplice partita di giro la tassazione sul rendimento dei titoli di stato (se la tassazione sulla mia rendita lorda del 5% passa dal 10% al 20%, io come investitore faro’ le mie valutazioni sulla rendita netta che passa dal 4.5% al 4%, non sul lordo invariato al 5%). Curiosamente pero’ lo stesso ragionamento non volete applicarlo agli stipendi dei dipendenti statali.

ii) Lo stipendio lordo e’ ovviamente l’indicatore corretto per valutare il costo a carico del datore di lavoro (e naturalmente bisognerebbe considerare anche i costi contributivi a carico di quest’ultimo), un po’ meno se del salario offerto vogliamo valutarne la competitivita’ internazionale (il problema del cosiddetto brain drain, non e’ tanto che noi italiani andiamo a lavorare all’estero, e’ che quasi nessun ricercatore straniero si sogna di reciprocare venendo a lavorare in italia). Ora, a parte questioni non indifferenti di condizioni di lavoro e facilita’ di carriera (entrambi pessime in Italia), la valutazione viene fatta inevitabilmente sullo stipendio netto rapportato al costo della vita e sulla qualità’ del welfare ricevuto (sostanzialmente: pensioni, sanità’, istruzione per i figli). L’Europa occidentale e’ abbastanza omogenea per quel che riguarda il welfare e penso che non ci sia nemmeno una grande differenza con le research universities US, contando i benefit sanitari (anche se dopo la crisi del 2008 i miei colleghi US un po’ agee non mi sembrano entusiasti delle loro prospettive pensionistiche).


2. Qualche confronto (aneddotico) sugli stipendi netti

Negli anni ho lavorato in Università’ e istituti di ricerca italiani, tedeschi, francesi e britannici. Qualche idea me la sono fatta. Ovviamente un caso singolo non fa statistica, pero’ e’ anche vero che in termini salariali si tratta di paesi regolati da normative abbastanza rigide, quindi non mi aspetto che il mio caso (e le osservazioni da me raccolte sui miei colleghi di lavoro) si discostino molto dalla media.

Tutti i dati che riporto qua di seguito si riferiscono agli stipendi netti, corretti per PPP e per il numero di mensilità’:

• In Germania, come post-doc junior guadagnavo almeno il 55% in più’ di un mio corrispettivo italiano. Con contributi previdenziali regolari.

• In Germania non mi risulta ci siano scatti automatici di anzianità’, ma gli stipendi dei professori W2 (~associati) e W3 (~ordinari) sono molto generosi, i partner a carico riducono drasticamente la tassazione e sono previsti bonus non indifferenti per i figli minori.

• In Francia, come post-doc leggermente più’ senior, continuavo a guadagnare il 50-60% più’ di un post-doc italiano dell’epoca. Successivamente, come ricercatore a tempo determinato, il mio stipendio superava del 30% circa quello di un mio corrispettivo italiano. Contribuzione previdenziale regolare ed eccellente assicurazione di disoccupazione che i precari italiani si sognano, ma notoriamente li cugini d'oltralpe sono tra i pochi ad avere un cuneo fiscale superiore al nostro. Con figli e/o partner a carico, comunque, avrei anche goduto di notevoli detrazioni fiscali.

• In UK, in un ruolo equivalente ad un ricercatore a tempo indeterminato (lecturer), avevo un salario superiore di circa il 30% rispetto all’omologo italiano.

• Sia in Francia che in UK, lo stipendio degli accademici sale con quegli scatti di anzianità’ automatici che vengono tanto deplorati in Italia. Oltre a questi scatti poi, in UK, ogni anno il nostro sindacato si impegna per adeguare le nostre griglie salari all’inflazione. Tipicamente, dopo qualche vertenza mediamente conflittuale si ottiene solo la meta’ dell’inflazione nominale, ma almeno qualcosa si muove.

• Come senior lecturer, infine, il mio stipendio iniziale e’ diventato solo del 15% superiore a quello dei professori associati italiani appena nominati. Pero’ sono bastati 3 anni di scatti automatici di anzianità’ (ed uno scattino premiale extra) per tornare ad un gap del 30%. E si, perché’ mentre nelle universita’ UK gli stipendi salivano più’ o meno automaticamente con gli anni di anzianità’, gli associati italiani entrati in ruolo 3, 4 o 5 anni fa restavano al palo grazie al blocco degli stipendi. Tutta gente con CV comparabili, se non migliori del mio eh. 

Per farla breve, secondo la mia personale esperienza di expat si guadagna di piu' all'estero, almeno fino al livello di professore associato e sicuramente integrando sull'intera carriera accademica.

Ok, Faccio un ultimo tentativo per promuovere una discussione un po' approfondita su queste pagine. Non avendo il dono per la sintesi grafica che ti contraddistingue ho scritto un lungo post, porta pazienza, avevo un lungo viaggio da far passare. La prima parte riguarda il confronto in Italia, la seconda quella con i dati internazionali.

 

1. Gli stipendi lordi degli accademici italiani.

Le tabelle MIUR che linki sono tutto meno che chiare. Come le hai interpretate? Uno sarebbe indotto a pensare che il costo medio degli assegni fissi (ad esempio) si ottenga dividendo la seconda colonna (costo totale degli assegni fissi?) per la prima (numerosità’?), ma non mi sembra questo il caso. Inoltre, la numerosità’ delle varie contrattualizzazioni di ordinarti ed associati (ce ne sono 3/4 diverse per categoria) cambiano a muzzo tra un anno e l’altro, il che mi induce a pensare che siano dati abbastanza inaffidabili.

L’unica cosa che mi sembra ragionevole e’ quella di sommare insieme i costi di tutti gli ordinari a tempo pieno e dividerli per la numerosità’ totale, il che porta alla ragionevole cifra lorda di 102k (102.000) EUR. Da dove vengono i 110k che riporti?

In ogni caso, va anche notato che nel costo totale sono comprese le indennità ospedaliere (10k medi se spalmati su tutti gli ordinari, ma di sola competenza dei medici) e gli arretrati stipendiali (3 k medi) che non mi sembrerebbe proprio corretto contare. Quindi alla fine si parla di circa 90k lordi (direi pero’ al netto dei contributi a carico dell’universita’) per l’ordinario non medico medio.

Un ragionamento analogo compiuto sulla totalità’ degli associati mi sembra portare a circa 68k di costo medio e circa 58k una volta depurate le indennità’ ospedaliere e gli stipendi arretrati. A spanne, con lo stesso ragionamento i ricercatori non medici si attestano appena sopra i 45k EUR

In conclusione, se ignoriamo la categoria medica che ha tutto un’altro ordine di stipendi, le cifre su cui ragionare (lorde ma senza i contributi a carico dell’universita’) mi sembrano:

  • Lordo Ordinario medio: 90k EUR
  • Lordo Associato medio: 58k EUR
  • Lordo Ricercatore medio (categoria in esaurimento): 45k EUR

I corrispettivi netti (su 13 mensilità’) sono circa:

  • Netto Ordinario medio: 4.000 EUR
  • Netto Associato medio: 2.700 EUR
  • Netto Ricercatore medio: 2.200 EUR

Che sono più’ o meno il linea con le stime nette di varie survey che puoi trovare in rete.

Ah, per chi lo volesse sapere, lo stipendio netto mensile di chi e’ appena entrato in ruolo (o — a causa degli effetti persistenti del blocco contro qui e’ stato proclamato lo sciopero — di chi ci e’ entrato negli ultimi 5 anni) dovrebbe essere:

  • Ordinario in ruolo da 5 anni o meno: ~ 3.300 EUR
  • Associato in ruolo da 5 anni o meno: ~ 2.400-2.500 EUR
  • Ricercatore neo assunto (ora a tempo determinato): ~1.800 EUR

2. Il paragone con il settore privato in Italia

Gli stipendi riportati qui sopra sono troppo elevati o meno?

Dipende con cosa li si paragona. Naturalmente si tratta di stipendi elevati se confrontati con la media nazionale che sta sui 27-29k (a seconda delle fonti). Pero’ andrebbe anche considerato che tutti i ruoli accademici sono ruoli ad alta specializzazione, che richiedono una lungo percorso formativo (almeno 10-15 anni dalla laurea magistrale), lunghi periodi di perfezionamento all’estero (tipicamente in molti settori STEM) ed una stringente selezione sia competitiva che selettiva. Il tutto in condizione di precariato, contributi in gestione separata e stipendi netti che vanno dai 1000 EUR/mese degli studenti di dottorato ai 1400 EUR mese degli anni di post-dottorato (ovviamente per 12 mensilità’ annue). Insomma si parla di posizioni altamente qualificate con almeno 15 anni (professori associati) o 25 anni (ordinari) di esperienza post-laurea. Quali sono quindi i riferimenti corretti?

Visto che gli ordinari rappresentano l’apice della carriera accademica (a parte quel centinaio di rettori e direttori di istituto che potremmo paragonare ai CEO delle medie e grandi imprese), se proprio vogliamo fare un paragone con il settore privato mi sembrerebbe logico portare a  paragone le carriere dirigenziali.

Ho cercato velocemente qualche stima del salario lordo di quadri e dirigenti nel settore privato e ho trovato solo i dati ottenuti da una survey di un’azienda di consulenza nel settore HR, JobPricing. I loro dati per il primo semestre 2016 riportano i seguenti stipendi lordi per il settore privato: Dirigenti: 103k, Quadri 54k, impiegati 31k, operai 24k. Sono dati attendibili? Da uno studio ISTAT per il 2010 non sono riuscito a ricavare dati assoluti, ma solamente un fattore 4 tra le retribuzioni lorde di operai e dirigenti, dato abbastanza consistente con i numeri di JobPricing per il 2016. Se qualcuno ha dati migliori e’ naturalmente il benvenuto.

Insomma, secondo questi dati, i) gli ordinari (non medici), guadagnano circa il 10% in meno del dirigente d’azienda medio. ii) Gli associati (non medici) circa il 10% in più’ del quadro medio.

Poi, ognuno tragga le sue conclusioni...