Giano bifronte

/ Articolo / Giano bifronte
  • Condividi

Perché la metafora del Leviatano per rappresentare lo stato è un po' trita. Giano è italico puro, ma soprattutto ha due teste, come lo stato.

Le due teste dello stato sono quella locale e quella centrale. Entrambe si indebitano ed entrambe spendono. La distribuzione di oneri e capacità fiscale tra lo stato centrale e le varie unità amministrative locali è una delle caratteristiche fondamentali di un sistema politico. In particolare, questa distribuzione ha un grosso effetto sulla spesa totale. A questo facciamo più o meno esplicitamente riferimento quando parliamo di federalismo fiscale.

Vi è una notevole varietà tra paesi in termini di spesa pubblica in percentuale del PIL, dal 55% della Francia al 41% degli Stati Uniti nel 2009. Parte di queste differenze sono spiegate dalla struttura federale o meno dello stato (l’esempio di Francia e Stati Uniti calza a pennello, avendo la Francia un sistema politico molto centralizzato ed essendo gli Stati Uniti un modello di stato federale; ma naturalmente una spiegazione analitica delle differenze di spesa pubblica tra i due paesi richiede ben altro).

Ma il punto che voglio fare è diverso. Ed è che queste differenze “scompaiono” se messe in prostettiva storica.  In media i paesi sviluppati sono passati da percentuali di spesa pubblica attorno al 10% nel 1870 ai 45-50% di oggi. E questo trend non è solo una media, avviene più o meno ovunque, tranne forse in Svizzera (si noti però che la Tabella, che viene dall’Economist e utilizza dati OCSE e FMI,  un po' inganna: fino al 1937 i dati si riferiscono solo alla spesa del governo centrale e poi invece comprendono quella dei governi locali. Il trend dal 1960 al 2009 comunque rimane impressionante).

Tant’è per i colbertisti, all’andouillette, all’amatriciana, o al bollito di Cuneo che siano.  Si noti anche, dalla prima figura, il fatto che invece le previsioni sono in tutti i paesi per un rallentamento della spesa: le previsioni le fanno i governi, sono operazione principalmente politica, e sono tipicamente disattese.

Per capire cosa determini questo trend quindi, la distinzione tra stati federalisti o meno non è forse centrale: il trend è generalizzato, l’espansione della spesa si è verificata abbastanza indistintamente in vari e diversi sistemi politici (anche se l’eccezione, la Svizzera è stato federale). È meglio quindi guardare bene dentro ad uno di questi stati, gli Stati Uniti, che - oltre a essere uno stato federale - sono tradizionalmente poco sensibili alle curve sensuali del socialismo. In poche parole, se non è il centralismo politico e fiscale e non sono i principi ideologici maggioritari nella popolazione, cosa spiega la crescita della spesa pubblica negli Stati Uniti? Se riusciamo a rispondere a questa domanda abbiamo forse un capro espiatorio, un fattore, generale.

Torniamo a Giano, quindi, negli Stati Uniti. La crescita è soprattutto locale o centrale? I grafici sotto (da un website ricettacolo eccezionale) riportano la spesa statale (a sinistra) e locale (a destra) in percentuale del PIL dal 1960 al 2010 (previsioni al 2015). Il trend è chiarissimo: dal 4 all’8% del GDP per la spesa statale e dal 7 all’11% per quella locale.

La spesa federale, nello stesso periodo,  è molto più variabile, ma con un trend un po’ più piatto: dal 18 al 24% del PIL, più o meno.

Ad oggi (2011) la spesa statale e locale è quasi metà (43% per la precisione) della spesa totale, pari a oltre 6 mila miliardi di dollari. Una prima lezione è quindi: okkio alla spesa statale e locale.

Dove vanno questi soldi? Per quanto riguarda la spesa totale, la si può disaggregare così: sanità, pensioni, difesa, e scuola in parti quasi uguali e poi welfare, un po’ meno. Vediamo come si distribuisce questa spesa fra le varie componenti dello stato.

Il governo centrale (federale) non spende in scuola, che negli Stati Uniti è di competenza di stato e amministrazioni locali (distretti scolastici). Il confronto del grafico di sinistra (distribuzione della spesa federale nel 2011) con quello di destra (distribuzione della spesa federale nel 1960) fa impressione - e chiarisce bene la composizione della dinamica della spesa federale dal 1960 a oggi: meno difesa e più stato sociale (da welfare a pensione a sanità).

Facciamo lo stesso confronto con le spese statali e locali, nelle figure sotto.

Si noti soprattutto la spesa sanitaria, che quadagna spazio in termini relativi sia tra le spese federali che quelle statali e locali. A parte questo è difficile fare confronti, poiché il residuo del chart cambia dimensione e - immagino - composizione.

Ovviamente non tutti gli stati sono uguali. La figura riporta la spesa totale degli stati  in percentuale del PIL -  più blu è lo stato, più alta la percentuale.

La figura in questo post viene invece da Forbes e riferisce all'indebitamento degli stati, e soprattutto alle spese per pensioni non coperte, il vero problema (neanche tanto nascosto) della finanza statale americana. Nonostante tutti gli stati (tranne il Vermont) abbiano un vincolo di bilancio in pareggio (balance budget amendment), il vincolo si riferisce al bilancio operativo annuale e il debito può crescere relativamente agli obblighi di spesa futura, tipicamente pensioni:  New Jersey, Connecticut, Ohio, Illinois, Winsconsin hanno più di 16.000 dollari per capita di spesa per pensioni non coperta (unfunded pension obligations). New York, Massachusets, New Hampshire, California, Louisiana, Mississipi stanno meglio, ma non troppo. La situazione è simile a livello municipale. Alcuni calcoli arrivano a prospettare il valore delle pensioni municipali non coperte a mille miliardi di dollari.

 

Insomma, la battaglia sulle pensioni e sulla rappresentanza sindacale dei dipendenti pubblici in Winsconsin va al cuore del problema fiscale degli Stati Uniti - qualunque siano i nostri (pre)giudizi sulla rappresentanza sindacale e la sua estensione. E i tagli a New York ed in California di questi giorni affrontano la stessa situazione, anche se senza necessariamente attaccare i sindacati a testa bassa.

La morale:

  1. Anche un paese federale e molto poco affetto da ideologia socialista - per di più con vincoli di bilancio in pareggio a livello statale e locale - può avere una grave crisi di indebitamento statale e locale.
  2. I vincoli di bilancio constringono ad affrontare questi problemi, magari un po' in ritardo, ma direttamente.

....... A buon intenditor poche parole.

 

 

Indietro

Commenti

Ci sono 10 commenti

Alberto, in che senso la Svizzera è un'eccezione? Partiva da un livello basso nel 1960, ma negli ultimi 50 anni la percentuale di spesa sul PIL è aumentata di quasi 20 punti. È più o meno uguale alla media, e per esempio l'incremento è più alto che negli USA.

Una osservazione minore: il 2009 è stato un anno in cui il PIL è sceso in molti paesi. Dato che la spesa pubblica non è immediatamente calata, il peso della spesa pubblica sul PIL può risultare leggermente sovrastimato. Ovviamente questo non cambia l'andamento di lungo periodo, ma qualche numero al margine sì. In Italia il calo del PIL è stato di circa il 5%. Nel 2008 credo che il rapporto spesa pubblica/PIL fosse intorno al 48-49%.

Da noi dal 1998 , anno di riforma della finanza locale ( IRAP-addizionali ) , al 2010 la spesa degli enti locali ( inclusa sanità ) è scesa dal 18,9% al 16,8%.

Hanno fatto bene i vari governi a tagliare i trasferimenti : gli enti locali hanno tagliato tante spese inutili.

Purtroppo però le spese "inutili"  sono state trasferite allo Stato Centrale ( previdenza inclusa ) la cui spesa è passata da 30,8% ( totale 47,7% ) al 34,4% ( totale 51,2% ) 

Io credo che gli enti locali sono pericolosissimi se non controllati a vista o meglio "affamati"

 

al 2010 la spesa degli enti locali ( inclusa sanità )

 

Aldo credo stai facendo confusione, la spesa sanitaria è decisa a livello statale e "ripartita" fra le Regioni, ed è il capitolo di spesa di gran lunga più significativo nei bilanci regionali, e la sua discesa percentuale non è frutto di tagli, ma di minor incremento rispetto al PIL, ma il Fondo cresce ogni anno, e non è detto che siano state tagliate "spese inutili", ma semplicemente che sono cresciuti i debiti regionali.

 

Purtroppo però le spese "inutili"  sono state trasferite allo Stato Centrale ( previdenza inclusa ) la cui spesa è passata da 30,8% ( totale 47,7% ) al 34,4% ( totale 51,2% )

 

Hai una lista di "spese inutili" trasferite allo stato centrale? La previdenza non mi risulta mai trasferita allo stato centrale, essendo di pertinenza dell'INPS, che è un Ente dello Stato, non delle Regioni.

E' chiaro, come den ha evidenziato Sandro Brusco, che il 2009 (e anche il 2010) non va preso come dato di trend, ma per quello che ha rappresentato, non a caso si parla di Grande Recessione.

Nel generalizzato trend pluridecennale  di crescita della spesa pubblica/Pil ci sono diversi Stati, a prescindere dal loro livello di maggiore o minore "federelismo", che, fra il 1990 ed il 2005, hanno contenuto o addirittura invertito questo trend (alcuni, come l'Olanda, anche con forti diminuzioni). Anche l'Italia, dopo la cura da cavallo per rientrare dal "quasi default" del '92, ha operato in tal senso.

Come si spiega questa inversione? E' il PIL che ha accelerato fortemente, si è contenuta in maniera significativa la spesa o si sono aumentate molto le entrate?

Credo che, per meglio comprendere questa dinamica, sarebbe utile illustrare come si sono mosse le altre componenti del PIL, ad esempio gli Investimenti privati e la bilancia commerciale.

Grazie

Dovrei guardare meglio i dati, ma credo che la ''cura da cavallo'' sia stata in gran misura sulle entrate, quindi ha inciso relativamente sul livello di spesa. Una componente di spesa che è sì diminuita parecchio è la spesa per interessi, semplicemente perchè sono calaiti i tassi. Credo che questo spieghi il calo negli anni 90 in Italia e Belgio, i due paesi a più alto debito della UE.  In Olanda non so che sia successo. Mi pare strano anche l'andamento austriaco, ma veramente so poco delle finanze pubbliche di questi paesi.

Tempo fa lessi che circa un terzo dei fondi degli stati USA vengano dal governo federale. Non si tratta di una forma di federalismo, dunque, ma di una divisione amministrativa tra chi tassa (Washington) e chi spende (gli stati), più simile al papocchio italiano (l'autonomia fiscale degli enti locali italiani è risibile, meno del 50% della spesa deriva da tasse locali) che ad un federalismo "ideale".

Però non ricordo la fonte, né i numeri esatti, dunque potrei aver riportato cose inesatte.

In linea di massima, considerare gli USA un Paese non socialista mi sembra erroneo: come spesa pubblica, debito pubblico, abuso della discrezionalità monetaria, legislazione a favore di corporations e professioni (avvocati, medici) e limitazioni regolative probabilmente la differenza è meno marcata di quanto si pensa di norma. Anzi, come politica fiscale e monetaria, mi tengo Maastricht e l'ECB.

Anche qui, non ho il "polso" microeconomico di sapere come funziona il mercato USA quando si tratta di fare impresa, aprire esercizi, etc. Immagino molto meglio che in Italia. Però su aspetti importanti della policy gli USA sono tanto lontani dalla "politica liberale" quanto l'"Europa" (ammesso che esista un'entità così definibile sul piano delle policies).

Di quanti triliardi di dollari occorrerà tagliare la spesa di social security, medicare, medicaid e/o difesa (i quattro capitoli di spesa federali fuori controllo), più eventuali capitali di spesa locale di cui so meno (anche se medicaid è anche statale) per sopportare il peso dell'attuale deficit, delle future unfunded liabilities sociali, della riduzione dell'egemonia geopolitica, dell'irresponsabilità degli enti locali (forse anche sovvenzionata dalle tasse federali, se ho riportato un'informazione vera) e delle future crisi finanziarie generate da un sistema basato sulla socializzazione delle perdite e la privatizzazione dei profitti da parte dell'1% ricco della popolazione? Non vorrei stare alla Casa Bianca in questo periodo... o meglio sì, tanto mica sono problemi dei politici.

Confermo la storia del 30%:

http://www.census.gov/govs/state/

Successivamente si dice che l'effetto è dovuto alla crisi, ma anche in passato i federal grants erano notevoli.

Pietro, ultimamente sono diventato più pessimista su Maastricht. O meglio sul post Euro. Detto molto trivialmente: con la Lira i politici spendevano ed avevano discrezionalità su una moneta debole costantemente mazziata dai mercati. In termini reali anche le loro "rendite" (personali, gestite, promesse ai propri clienti) erano soggette agli effetti della svalutazione. Le minacce dei mercati finanziari rendevano più efficace il ruolo dei bond vigilantes. Ora come ora è sufficiente che Tremonti negozi i saldi di bilancio con Bruxelles. Rispettati questi i rent seekers possono beneficiare dell'appartenenza all'eurozona con molto meno stress di prima incassando e spendendo per le loro clientele una moneta (relativamente) forte. Situazioni di indecoroso stallo politico possono tranquillamente protrarsi senza ripercussioni in termini valutari. Raggiunto l'obiettivo, non c'è nessun incentivo a procedere oltre in termini di riforme. I politici sono abbastanza proni a recepire i programmi che implicano forti discrezionalità di spesa (vedi il piano 20-20-20 per i sussidi alle rinnovabili) molto meno a proporre riforme poco popolari. La CDP sembra il nucleo di una nuova IRI, meccanismi europei di bailout sono praticamente operativi. Insomma: prima dell'euro eravano noi a dovere imitare o almeno fingere di farlo i "best performers", adesso ci basta star fermi tanto son gli altri che si stanno muovendo verso di noi...

 

Silvano