Finche' Mussi ci ripensa: come salvare universita' e pensioni

/ Articolo / Finche' Mussi ci ripensa: come salvare universita' e pensioni
  • Condividi
Il commento all'articolo in cui Gian Luca invita il (suo) compagno Mussi Fabio a ripensarci (campa cavallo che l'erba cresce ...) e' diventato troppo lungo, come al solito. Cosi' l'ho allungato ancora un po' ...

Il problema del finanziamento "ottimale" del sistema educativo e della sua relazione con le pensioni m'interessa da anni. [Per i secchioni che leggono inglese e matematica, ecco la biblio di base: articolo con Ana Montes, scritto nel 1996 e pubblicato in Review of Economic Studies, Volume 72 (2005), pp. 651-680; articolo con Aldo Rustichini in Review of Economic Dynamics, Volume 2 (2000), pp. 41-78; articolo che illustra il problema di base,scritto nel 1992 ma pubblicato solo ora: M. Boldrin, in Research in Economics, volume 29 (2005), pp. 85-109. A conclusioni simili e' arrivato, indipendentemente, anche Antonio Rangel, American Economic Review, Volume 93 (2003), pp.813-834. Probabilmente anche molti altri ci sono arrivati, solo che io non lo so.]

La riforma dell'universita' che io propongo e' la seguente:

 

Creare un mercato di prestiti, garantiti dallo stato, per finanziare il pagamento dei costi universitari. I fiori poi fioriranno da soli una volta ripulito il giardino dalle erbacce: eliminare il valore legale, le autorizzazioni ministeriali, i concorsi (tutti, anche quelli per bidello), e tutta la

paccottaglia infernale che definisce quel luogo ridicolo che e'

l'universita' italiana. Fatto questo, Mussi Fabio puo', nello spazio di un anno, (1)

chiudere il CNR e tutti i comitati e consigli annessi e connessi, (2) creare un'agenzia indipendente per il finanziamento

della ricerca. Vogliono l'outsourcing? Serviti: per

i primi quindici anni la commissione che assegna i fondi e' composta, a rotazione triennale, da cittadini italiani che sono professori in

una delle cinquanta migliori universita' del mondo e non ricoprono incarichi in Italia. (3) Licenziare, o trasferire alle universita', tutti gli impiegati del ministero. Tenga le due persone necessarie per scrivere la ley de punto final, che: (4) Trasforma le universita' pubbliche in fondazioni indipendenti e tra di loro in competizione. (5) Autorizza chi vuole fondare un'universita' privata a farlo, sotto forma di fondazione. (6) Autorizza le universita' ad ammettere chi

vogliono, assumere chi vogliono, pagare quanto vogliono, far pagare

cio' che vogliono, e dare i titoli che vogliono, anche la laurea in "Studi finocchi, lesbici, bisessuali

e transessuali" (esiste,

vediamo chi la trova per primo). Insomma, autorizza le universita' italiane a fare come si fa nei posti dove tentano di venire a studiare i figli dei ministri del suo governo (e dei precedenti) e dei baroni italiani. (7) Dona gli edifici del ministero alle fondazioni universitarie, e si dimette da ministro. (8) Andiamo a cena a spese mie e lo invito per cinque anni a venire a fare il Fellow del Weidenbaum Center on the Economy, Government, and Public Policy. Magari scriviamo assieme un paper su come lui, seguendo i miei suggerimenti, ha salvato l'universita' italiana.

 

La riforma, e la salvezza, dell'universita' italiana anche un logorroico come me riesce a descriverla in 20 righe, Gian Luca o Sandro potrebbero farlo in 9 o 10. Vita Cartesii est simplicissima; se M&M non colgono il punto, che leggano Paul Valery (non Toni Negri) invece di fare i ministri ... ma questo e' il tema del prossimo post, quindi soprassediamo.

Il post avrebbe potuto finire alla riga precedente, ma sono logorroico, ed amo i dettagli. Eccoli. Per finanziare i prestiti-vouchers che le banche danno, e lo stato garantisce acquisendoli, quest'ultimo emette "buoni del tesoro per l'educazione". Un tale strumento implica un tasso d'interesse solo leggermente

superiore a quello del Bund, insomma un affare per chi va a scuola

seriamente. Negli USA i prestiti per finanziare college e post-college esistono da una vita, sono altamente diffusi anche senza l'esistenza d'un vero programma federale di buoni del tesoro (esistono vari programmi che offrono garanzie alle banche). Farsi pagare il debito una volta finita l'universita, anche in assenza dello schiavismo, e' molto, ma molto piu' facile, in pratica, di quanto si pensi sulla base di argomenti puramente teorici. La gente che non paga e' poca, molto poca. Programmi simili esistono in vari paesi, e persino in Colombia (merito mio, grazie). Hanno un tasso di default inferiore a quello delle ipoteche sulle case. Basta parlare con gli studenti per scoprirlo. Se non frequentate universita', ma siete negli USA, provate con il vostro medico, dentista, avvocato, chiropatra, contabile, broker, architetto ... In Italia, se siete in Italia scrivete o telefonate a Mussi Fabio, compagno e ministro. O ditelo a Beppe Grillo, o a quelli delle Iene. Insomma, fate voi, io faccio il teorico di professione.

Tali buoni del tesoro si dovrebbero utilizzare per finanziare (parte delle) pensioni. Rinvio per i dettagli ai lavori con Ana - oltre a quello su ReStud menzionato sopra, la tesi di Ana a Carlos III (1997), ed un nuovo lavoro che stiamo aggiustando per il J. of Population Economics, e su cui dovrei lavorare invece di stare a scrivere pizze su nF - in cui calcoliamo, con dati micro e di bilancio dello stato, i costi ed i flussi che tale riforma

implicherebbe, in Spagna. Riassunto breve qui di seguito.

Il pagamento del debito cosi'

assunto negli anni che intercorrono tra i 16 ed i 25/30 (la nostra proposta e' di caricare anche il valore dei vouchers dati agli studenti per finanziare l'accesso alla scuola media superiore non obbligatoria) lo si paga quando si comincia a lavorare. Lo stato/banca ti presenta ogni anno con il valore capitalizzato del tuo debito. Da una certa eta' in avanti, diciamo 25 anni se non provi che stai facendo un corso post-laurea, cominci a pagare il debito attraverso contributi sociali che sostituiscono gli attuali. Poiche' gli attuali

sono in proporzione al reddito guadagnato, essi distorcono l'offerta di lavoro sia intensiva che estensiva, e favoriscono l'investimento in professioni a basso contenuto di capitale umano. I contributi sociali sul reddito da lavoro servono, dunque, per ripagare il debito dovuto all'investimento in educazione. Tali contributi, quindi, sono "lump sum" anche se, ovviamente, vanno spalmati in modo attuarialmente neutro sulla

vita lavorativa dell'individuo. Ma il loro valore capitalizzato e'

fisso all'inizio della medesima, esattamente come il mutuo sulla casa al momento dell'acquisto;

questo non cambia se si vuole, cosa che mi sembra marginalmente dannosa, introdurre un elemento redistributivo nel meccanismo stesso.

Chiaramente, va fatto pooling del rischio individuale per gruppi decennali. I flussi di pagamento del debito, raccolti attraverso i contributi sociali, vanno a pagare le pensioni di coloro che, comprando i

buoni del tesoro iniziali, finanziarono l'investimento in educazione.

Questo permette un ridisegno del portafoglio pensionistico in direzione del portafoglio ottimo. L'altro pezzo del portafoglio pensionistico e' costituito da investimenti in case, azioni, obbligazioni di imprese. Le pensioni come ci sono ora si possono, e si devono, buttare a mare. L'INPS, con un 1/20 dei dipendenti attuali, gestisce il sistema che sto descrivendo.

Tralascio la spiegazione di perche' tale sistema pensionistico sia molto, ma molto meglio di quello attuale, anche post riforma Dini. Noto solo che (questo paragrafo e' tutto in jargon da economista, altrimenti Sandro s'incazza per la

logorrea) (i) elimina il rischio demografico e tutti i rischi di rent-seeking: il rendimento lo decide il mercato, ossia chi va a scuola e si assume il debito, (ii) avvicina o raggiunge l'efficienza dinamica, (iii) completa i mercati e quindi favorisce la creazione di portafogli ottimi, (iv) offre assicuarazione (parziale) contro il rischio associato all'investimento in capitale umano, (v) incentiva il monitoring della qualita' dell'educazione da parte degli studenti. Chi ha familiarita' con il mercato delle ipoteche e, soprattutto, delle

"asset backed securities" dovrebbe capire al volo come la cosa

funziona. Lo stato, in questo caso, crea il mercato esattamente come

Fannie e le altre han creato quello americano.

Questo e' cio' che lo stato dovrebbe fare: creare mercati dove non ci sono, aiutarli, regolarli, mantenerli. Cosi' si aiutano le "masse popolari" e si crea crescita economica, altro che redistribuzione della miseria a base di tasse, o comitati di salute pubblica che danno i voti alle universita'. Sui comitati di salute pubblica, che chiamano "agenzia di valutazione", mi permetto di avanzare due

altre critiche - fatte salve quelle di Gian Luca

con cui concordo al 101%.

(A) L'esperimento inglese va giudicato per cio' che e': meglio di prima, ma lontano da buono, neanche vicino all''ottimo. Parlate con i colleghi inglesi, per favore. Ogni volta vi sono sostanziali

polemiche, ed il potere esercitato dalle "grandi istituzioni",

specialmente Oxford e Cambridge, e' un problema reale: il nepotismo e le "cordate" ci sono sempre quando non c'e' concorrenza vera. (B) La valutazione a punti fatta da una commissione, distorce. Ne sono stato testimone (beneficiato)

nell'occasione di due offerte ricevute in tempi diversi da universita'

inglesi: quando arriva l'anno della valutazione si va a caccia di

curricula, per il resto si sonnecchia. Come nel caso degli SAT e di altri tests standardizzati, si cerca solo di far bene laddove la commissione da' punti, e solo per il periodo in cui li da'. I risultati sono che le cose funzionano un po' meglio del disastro precedente, ma che l'Inghilterra continua ad essere non competitiva con gli Stati Uniti, e questa e' la cartina di tornasole. Ovviamente, l'Italia non e' competitiva neanche con l'Inghilterra, o la Spagna ...

Problema fondamentale: la valutazione, al piu', fa un ranking

unidimensionale mentre il mercato si permette di fare ranking a quante

dimensioni vuole, lasciando spazio per tutti i gusti, le necessita', le capacita'. Con il mercato posti

come WUStL o NYU, che certo non hanno il livello accademico globale di Princeton, possono

permettersi di chiedere le stesse tasse e di avere una nicchia d'elite

perche' offrono servizi che gli studenti apprezzano ed hanno raggiunto l'eccellenza lungo alcune dimensioni piuttosto che altre. Con il mercato

riesci ad avere allo stesso tempo CalTech, un posto per nerds allucinanti, e Duke, un posto molto meno per nerds pero'

accademicamente ottimo, senza dover decidere che uno e' meglio

dell'altro e che a uno dai i soldi e l'altro no. Con il mercato chi vuole studiare "stile Columbia" va a NY City, e chi vuole "stile Cornell" va a Ithaca. Con il mercato hai universita' di tutti i tipi, come spiega Gian Luca, ed e' li' la grandissima differenza fra USA ed Italia: a gente diversa, scarpe e universita' diverse.

Coloro i quali continuano a ripetere "asimmetrie informative" sostenendo che ci vuole lo stato che fa, regola e controlla, devono spiegarmi com'e' che tali asimmetrie informative non si applicano agli USA, e perche' loro son venuti a studiare qui! Com'e' possibile che questo sia, di gran lunga, il miglior sistema di educazione superiore che esiste al mondo? Sono dei geni gli americani che risolvono tutti questi problemi di informazione, rischio morale, esternalita'? Siamo imbecilli noi? Qui nessuno regola nulla, per andare all'universita' si paga cio' che costa, e le masse popolari USA hanno un accesso all'istruzione universitaria che e' enormemente superiore a quello delle masse popolari italiane. Di conseguenza, le masse popolari USA hanno un'educazione superiore, sono piu' produttive, guadagnano di piu' e vivono meglio; soprattutto: qui continua ad essere vero che anche i figli dei morti di fame arrivano lontano e frequentemente. In Italia, invece, prendono 66 Euro al mese di elemosina fiscale da VV&TPS, les amis du peuple. 

Qui finisce l'Ex-Kathedra e, visto che vado con il latino,

Simplex sigillum veri: I mercati e la competizione, non le tasse, sono amici del popolo studioso ed operoso.

 

Indietro

Commenti

Ci sono 9 commenti

Michele, mi sorge un dubbio: perche' garantiti dallo stato, questi benedetti prestiti? siamo il paese dove quasi l'80% delle famiglie possiede la casa dove vive, c'e' davvero tutto questo bisogno di offrire garanzie da parte dello stato? E' una domanda, vorrei capire se sto sbagliando l'impostazione del ragionamento. Se lo stato garantisce, non c'e' il rischio di moral hazard? ovvero mi piglio i soldi e poi faccio la bella vita all'universita'? tanto se faccio default lo stato paga? 

 

ma michele ha deciso che il problema del ripagamento dei debiti non e' un problema. anche in questo paese la gente prende peanuts per credito allo studio, proprio perche' basta dichiarare bancarotta personale a 22 anni e via. la garanzia statale non e' pero'  affatto soluzione, secondo me, hai assolutamente  ragione.  Lo stato e' time inconsistent. Dopo due anni deciderebbero che gli umanisti non devono ripagare il debito perche' poverini non guadagnano nulla e non vorremmo mai perdere i grandi latinisti del paese. Secondo me (e Andrea) il modo migliore e' lasciare alle banche accesso alla dichiarazione dei redditi, per appendere un surcharge per il ripagamento; oppure dare la pensione come collateral. Naturalmente lo stato anche questo puo' rigirare e pagare di tasca propria le banche per i prestiti ai latinisti. Ma questo richiede atti specifici politicamente molto piu' costosi. Una cosa e' dire, "beh poveri umanisti, sono in bancarotta, vabbe' pago io, dopo tutto li ho garantiti i prestiti." Un'altra cosa e' dire, "certo, i soldi per ripagare i debiti ce li hanno (dalla pensione o dalla dichiarazione dei redditi) ma comunque pago io."

 

Caro Michele, e cari professori,

vi faccio una domanda, che prende spunto dall'articolo ma soprattutto da una affermazione di Giovanni Guzzetta (magari lo conoscete, è professore di diritto costituzionale alla Tor Vergata di Roma)

Guzzetta dice che esiste il paradosso delle riforme: l'incapacità di realizzarle è la miglior prova della loro necessità, ma le riforme sono una decisione troppo impegnativa perchè il sistema possa assumerle nelle condizioni in cui è.

 Questo vale per la riforma della Università come per quella delle pensioni, per la modifica della legge elettorale (che sancisce di fatto il ritorno al proporzionale ed il ricatto dei piccoli partiti di Mastella, Di Pietro, Diliberto, Bertinotti), come per la improbabile nascita del Partito democratico (a mio parere controproducente fino a che c'è questa legge elettorale: si rischia di creare un partito molto più piccolo della somma di DS e Margherita).

 Avete qualche soluzione che non sia quella di imbracciare il fucile?

 

Si: anziché imbracciare il fucile emigra. Questo è quello che abbiamo fatto tutti quanti gli editors del sito.

 

Caro Mario:

ma quale fucile? Lo dici per "stanarmi", vero? Gli altri non lo sanno, ma io so che provochi. Meglio che mi spieghi, altrimenti gli altri non capiscono: il dottor Morino ed il sottoscritto si conoscono da 30+ anni circa, quindi ... fidatevi se vi dico che "provoca", e' bravetto quasi quanto me a farlo!

Anzitutto, piacere risentire la tua "parola" ... non ci si vede da anni! Sei sempre il manager che "granger-causa" ristrutturazioni, o hai trovato maniera d'eliminare la spuria correlazione? Vabbeh, questo e' luogo pubblico, quindi fissiamo un appuntamento dalle parti tue, che una volta erano anche mie, attorno a natale ed atteniamoci agli aspetti meno privati della questione per il momento.

Ovviamente il problema e' quello che tu poni: come si riforma una cosa che sembra irriformabile perche', ad occhio e croce, la maggioranza di chi dovrebbe riformarla sembra gradirla e sguazzarci? Non lo so, infatti per questo teorizzo da tempo che l'unica attivita' che ci rimane e' la critica accompagnata dallo sbeffeggiamento. Siccome quell'altro che leggevamo da piccoli sosteneva che la verita' e' rivoluzionaria, per inclusione dev'essere anche riformista (la verita') quindi proviamo a cercarla e dirla, poi vediamo cosa succede. Mal che vada ci rimane la soddisfazione d'averla detta e, come suggerisce Sandro (che e' piu' tipo te che tipo me, credimi), magari a qualcuno di piu' giovane di noi serve leggerla, la verita', perche' convincendosi di salpare il personale naviglio si salva la pelle, ed anche un po' di ciccia se gli va bene. Ma sto cadendo nel privato un'altra volta.

Il mio post era solo su universita'/educazione, e pensioni al piu'. Sul resto davvero non so. La mia prior e' simile alla tua: che oramai i mungitori nel bel paese sono numericamente superiori alle vacche da latte le quali sembrano sempre meno e sempre piu' magre ed emaciate. Ma Lotka-Volterra insegnano che nel ciclo di preda e predatore ad un certo punto le prede son cosi' poche e striminzite ed i predatori cosi' tanti e voraci che finiscono per sbranarsi fra di loro. Magari succede, chissa'?

Forse che ci rimane altra speranza?

Un abbraccio.

M

P.S. Di nuovo il privato: passa parola di nFA agli "altri", sarebbe alquanto gradevole risentirli e risentire le loro opinioni. Se non ricordo male i lavori che facevano, quasi tutti loro devono far parte di quegli straricchi che VV vuole mungere per non dover licenziare i suoi amati ministeriali. Che ne pensano? Se leggo bene il tuo commento al pezzo sulla finanziaria tu sembri trovare comprensibile e non dannoso questo ulteriore attacco di draculismo, io invece lo trovo drammaticamente negativo. O forse c'e' qualcosa che io ho inteso male? Altro abbraccio. M

 

 

 

 

 

visto che di solito dico "asimmetrie informative" o "mercati incompleti" spesso, cerco di rispondere a michele. Credo si debba distinguere tra mercato dell'istruzione e mercato del finanziamento dell'istruzione. Nella convenzione dell' economista wanna-be leftist (dove nel mio caso, il wanna-be si applica anche al  sostantivo) di solito l'intervento dello stato nel mercato dell'istruzione è giustificato con qualche tipo di esternalità, nel mercato del finanziamento dell'istruzione con qualche tipo di asimmetria informativa. 

Quello che proponi sopra è l'introduzione (finalmente) di un mercato dell'istruzione , senza considerare le esternalità (non sto dicendo che siano importanti, solo che non ci sono). Quindi l'investimento privato coincide con quello ottimale, in caso di mercati completi. D'altra parte,  assumi che non ci sia un mercato del finanziamento all'istruzione (e perchè non c'è? per adverse selection?) e attribuisci allo stato il ruolo di device intergenerazionale (come nel paper con Ana Montes) o di garante del prestito (come nel post). Ma questo è un argomento a favore dell'intervento dello stato. Voglio dire, quello che proponi è una riforma del modo di intervento, non l'abolizione dell'intervento dello stato (nel mercato del finanziamento all'istruzione). E infatti ti sei preso il primo commento dubbioso di rabbì, che è un integralista del mercato:)