La fila? No, grazie!

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Vi racconto un episodio emblematico accaduto la settimana scorsa alla stazione di Firenze - Santa Maria Novella. Un episodio personale e del tutto aneddotico, ma che mi ha fatto riflettere sulla radice profonda dei mali nostrani.

Dovevo partire per un convegno di "giovani economisti" a Forlì e avevo acquistato il biglietto online la sera prima. L'unica opzione disponibile era il ritiro del cartaceo alle macchine self-service in stazione.

Mi metto in fila davanti a una di queste macchine. Davanti a me c'erano due coppie di turisti, la prima della fila spagnola, la seconda, credo, francese. Mentre la coppia spagnola sta acquistando il biglietto si avvicina un signore italiano, sulla quarantina, brizzolato, aspetto distinto, accento marcatamente veneto. Parla anche un discreto inglese: si avvicina alla coppia spagnola indicando il tabellone delle partenze e dice: "my train is leaving right now", sperando di poter saltare la fila.

La ragazza spagnola fa spalluccia e dice qualcosa che non sento ma immagino: siamo tutti qui per prendere un treno che parte tra poco. Il distinto signore si fa da parte ma resta in agguato: quando arriva il turno della coppia francese, lui con mossa rapida sgomita e si inserisce con un gentile "pardon..." (un vero poliglotta!) e inizia la sua operazione alla biglietteria automatica.

La coppia francese si guarda sorpresa ma lascia correre. Io no: un po' perché il mio treno parte tra quindici minuti e un po' -- soprattutto -- perché detesto il sopruso e la maleducazione. Dico al distinto signore: "Scusi, ma che modi sono? Non vede quanta gente c'è in fila? Qui stiamo tutti perdendo il treno."

Lui è piuttosto sorpreso, ma cede. Si fa da parte e mi scruta borbottando "E va bé, dai, cosa sarai mai...", come per minimizzare. Io, a mia volta, mi sorprendo che cerchi di giustificarsi e gli faccio notare che invece no, non è una cosa innocua: "Lo vede quante persone aspettano il proprio turno? Che paese è questo dove non rispettiamo neppure la fila?"

Apriti cielo. Quest'ultimo inciso, che -- lo ammetto -- dev'essere suonato eccessivamente moralista, ha fatto scattare qualcosa. Perché il distinto signore si è allontanato per una decina di secondi (durante i quali altri italiani in fila dietro di me hanno caldamente approvato quello che avevo fatto e detto e hanno espresso il loro sdegno verso il nostro connazionale maleducato), ma poi è tornato alla carica.

Prima, calmo calmo, mi si affianca, indica di nuovo il tabellone e, mi dice: "Lo vedi quel treno che è appena partito? Era il mio. E io l'ho perso per colpa tua, deficiente." Non mi scompongo ma faccio notare che, per definizone, deficiente è semmai colui che non rispetta le persone passando avanti a tutti nella fila -- intendendo una deficienza quantomento di buona educazione, una sottigliezza che non credo il distinto signore abbia colto.

Poi, vistosamente alterato, urla che lui è in giro da tre giorni per lavoro. Gli dico che anch'io sono in giro per lavoro. Mi guarda sdegnato e mi dice che allora devo vestirmi per bene, più un paio di insulti di contorno. Come dargli torto qui: avevo pantaloni sopra al ginocchio, polo e sandali (senza calzino, senza calzino!) -- lui doveva avermi scambiato per un turista e non lo sa che io a lavoro ci vado così piuttosto spesso dalla primavera inoltrata all'inizio dell'autunno. Ma che importa: uno a lavoro ci va vestito come vuole, no? Si allontana mandomi in vari posti. E vabbé, si sara sfogato.

Macché. Dopo un'altra decina di secondi (mannaggia a 'sti francesi che non si spicciavano a comprare il biglietto) torna per l'incursione finale. Mi dice che tanto ormai deve aspettare due ore il prossimo treno (dico io, ma se era proprio vitale prenderlo quel treno, salta su e paga quel che si deve pagare per acquisto di biglietto a bordo -- si, sono tra quelli che credono che "a fine is a price") e quindi vuole dirmele tutte. Inizia a urlarmi in faccia insulti di ogni sorta, grado, genere e colore, con argomenti deliranti, tra cui: "l'Italia è un paese di merda perché ci sono quelli come te," un goffo tentativo di ritorcermi contro l'accusa che gli avevo implicitamente mosso -- e sono sicuro che fosse convinto di quello che diceva. E giù un'altra raffica di insulti urlati a squarciagola nell'atrio.

Naturalmente non rispondo alla provocazione ma visto lo stato di alterazione del fu distinto connazionale e temendo che possa passare a qualcosa di peggio, chiedo ai due francesi -- che nel frattempo avevano finito -- di chiamarmi per favore quei due poliziotti là che avevo intravisto passare poco prima di fronte ai binari (per chi non conosce Firenze SMN, c'è un grande atrio-biglietteria comunicante con porte a vetro con la zona dove terminano i binari).

Arrivano i due poliziotti, racconto brevemente cosa è successo, recuperano il tizio che nel frattempo cercava di confondersi in un'altra fila. Lui si fa tutto calmo e di nuovo distinto, racconta di avermi fatto gentilmente (sic!) notare che stava perdendo il treno ecc. ecc. Poi, rivolgendosi alla polizia, fa un'osservazione che rivela quello che le mie forse incaute parole hanno fatto scattare: "Questo ragazzino mi ha fatto la morale, dicendo che è incivile non fare la fila." Loro gli fanno notare che questo non costituisce un reato, mentre gli insulti si. Mi chiedono, in disparte, se voglio denunciarlo. Figuriamoci! Io voglio solo sbarazzarmene il più presto possibile. La polizia annota gli estremi dei nostri documenti, mi chiedono che treno devo prendere. Quell'Eurostar, dico indicando il tabellone, e mi accorgo che (sempre quando non ci vuole!) il mio treno è in ritardo di venti minuti.

Ora, io sarò anche un mona (che è la cosa più gentile che quel concittadino mi abbia urlato in faccia) però per me la fila è sacra perché -- come molte altre cose -- esprime qualcosa di molto più profondo del rispetto di una norma: esprime il rispetto per le persone. Evidentemente lui non la vedeva così e si è stizzito che qualcuno abbia cercato di imporgliela, questa forma di rispetto.

La polizia ci saluta e si allontana. Io vorrei partire e non vedere più quel personaggio, ma non posso a causa del ritardo. Per evitare che ricominci o cerchi vendetta, "scorto" la polizia che rientra all'ufficio della Polfer. Loro capiscono e mi lasciano fare. Li' aspetto quei venti minuti, ma con la sensazione che il tizio non mi abbia affatto perso d'occhio. E infatti quando mi allontano dalla Polfer e mi dirigo al mio binario sbuca da qualche parte e me lo trovo dietro che mi segue su un binario che ovviamente non è il suo.

A questo punto mi sono un po' inquietato -- non si sa mai con chi si ha a che fare in queste circostanze. Fortunatamente scorgo altri due agenti più avanti lungo il binario: affretto il passo e li raggiungo chiedendo se c'è personale di polizia a bordo treno (inizio a temere che il tizio sia persino disposto a salire sul mio treno pur di consumare la vendetta -- ma più realisticamente si sta divertendo a intimorirmi). Mi chiedono perché, racconto cosa è successo prima indicando il tizio che nel frattempo si era seduto tranquillo su una panchina davanti alla mia carrozza. Loro mi dicono di stare tranquillo, di salire a bordo che lo tengono d'occhio loro. Salgo sul treno, altri dieci minuti di ritardo in partenza, poi finalmente si chiudono le porte, spero per sempre, tra me e questo personaggio.

Nei successivi cinquanta minuti da Firenze a Bologna rifletto sull'accaduto e giungo alle seguenti conclusioni:

(1) L'Italia è un paese dove cercare di fare enforcement di norme basilari di buona convivenza può essere pericoloso. Rispettare la fila è solo un esempio. Altri esempi sono i limiti di velocità, le precedenze per altri veicoli e soprattutto i pedoni, i divieti di sosta sui passaggi pedonali e alle fermate degli autobus, la raccolta su suolo pubblico degli escrementi degli animali domestici, il non lanciare dal finestrino dell'auto mozziconi di sigarette accesi, il non lasciare carte e quant'altro per terra. Eccetera. Queste norme -- alcune delle quali sono molto importanti per la sicurezza -- le vediamo quotidianamente violate. Avete mai provato a farne rispettare qualcuna in qualche modo? Raccontatelo. Sono curioso di sapere quanto è comune quello che mi è successo.

(2) In retrospettiva, ho pensato che sarebbe stato meglio non dire niente a quel personaggio, come avevano fatto i francesi: ma guarda tu se devo guastarmi l'umore, esaurire la mia razione quotidiana di adrenalina e essere intimorito per uno così! Che passi pure davanti a tutti, cafone è e cafone resta. Poi mi sono reso conto che è proprio su questo sentimento che prosperano le mafie, le estorsioni, e molti altri mali che affligono l'Italia.

(3) La cosa peggiore non è quello che ha fatto e detto quel tizio, ma quello che non hanno fatto e non hanno detto le altre persone che sostavano nell'atrio -- ed erano tante -- soprattutto quelle che stavano dietro di me e che pochi secondi prima approvavano. Cioé, ho avuto la sfortuna di incontrare uno squilibrato, ma il fatto che tutte le altre persone "normali" che avevano assistito alla scena dall'inizio si siano estraniate quando era ovvio da che parte stava la ragione mi pare preoccupante. Il tizio non avrebbe certo potuto prendersela con dieci persone come se l'è presa con una.

Per quanto piccolo sia il mio campione, per me la conclusione è irresistibile: questa è l'Italia. Una cronica deficienza di senso della convivenza e di rispetto delle regole e delle persone. E non è retorica. Lascio ai lettori il confronto con quello che succede in altri paesi. Su come siamo arrivati fin qui e su come si può cambiare si può discutere: io resto convinto che la diffusione dell'inciviltà con tutto quello che ne consegue è proporzionale alla tolleranza per quelle che appaiono come innocue violazioni delle regole di convivenza. Altro che esercito nelle città. Tanto per iniziare basterebbe pretendere un po' di buona creanza.

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(2) In retrospettiva, ho pensato che sarebbe stato meglio non dire niente a quel personaggio, come avevano fatto i francesi: ma guarda tu se devo guastarmi l'umore, esaurire la mia razione quotidiana di adrenalina e essere intimorito per uno così! Che passi pure davanti a tutti, cafone è e cafone resta. Poi mi sono reso conto che è proprio su questo sentimento che prosperano le mafie, le estorsioni, e molti altri mali che affligono l'Italia.

 

Hai fatto benissimo, altrochè !!!

Se posso permettermi hai sbagliato solo a non legnarlo di brutto ma questo dipende dal carattere e tu sei, evidentemente, un signore.

Ti faccio i miei complimenti.

 

In analoghe circostanze troavi sempre efficace sia l'augurio ad altissima voce di essere attaccati dal cancro del colon, che l'aletrnativa di dichiarare di soffrire di attachi di violenza delirante se provocato.

 

Il tuo comportamente e' stato eroico, in un paese come l'Italia. Fa parte della cultura italiana il concetto che violare le regole e imbrogliare gli altri corrisponda a creativita' e intelligenza, purtroppo, e questa predisposizione culturale viene esaltata da un sistema giudiziario incapace di perseguire con efficienza ed equita' chi delinque. Quando qualcuno per caso cade nella rete, qui mi viene in mente Craxi ("siamo tutti colpevoli"), si arrabbia anche perche' e' comunque convinto che di essere l'unico delinquente perseguito in un paese dove tutti lo sono e la fanno franca. Questa purtroppo e' la situazione dell'Italia, domina l'idea che le leggi si interpretano per gli amici e si applicano solo ai nemici. Non ho incontrato squilibrati come quello che hai trovato tu a Firenze, ma confermo che chiedere di rispettare le regole produce consenso incerto e rende antipatici. Ma non posso dire di stupirmi di questo. Le regole si rispettano dove c'e' un forte consenso sociale su di esse e dove chi le viola ha una probabilita' ragionevole di essere sanzionato. In Italia non e' cosi', le regole tendono ad essere solo un'arma con cui colpire "chirurgicamente" solo i nemici.

Si vede bene che le leggi italiane sono formulate proprio a questo scopo: sono troppe, formali e minuziose, scritte in una lingua incomprensibile, spesso demenziali. Il loro scopo e' evidentemente quello di mettere tutti fuori legge per consentire poi al potere esecutivo o giudiziario di fare "cherry picking" su chi colpire. Per esempio, scaricare merci fuori orario da un mezzo al proprio negozio e' contro la legge. Viene applicata questa legge? No. Questa legge viene applicata solo quando si vuole colpire un nemico. Se cosi' stanno le cose, non ci si deve stupire che l'applicazione della legge produca sommosse popolari.

Non credo che la societa' italiana sapra' uscire da questo vicolo cieco in cui si e' cacciata. Credo anzi ci siano anche dei margini di peggioramento che governi e cittadini stanno esplorando. Se si volesse tentare di uscirne bisognerebbe eliminare decine di migliaia di norme formali e demenziali, e poi approvare poche, pochissime leggi in linguaggio chiaro, buttando a mare il burocratese e i rimandi ai regi decreti del 1920, e limitandosi solo alle norme che poi ci si impegna a far rispettare equamente a tutti, sempre e ovunque. Poche leggi chiare eliminano o comunque riducono l'arbitrio nella fase dell'applicazione, e facilitano la persecuzione di chi delinque. Non sembra pero' che queste siano le priorita' di chi legifera in Italia.

 

 

Hai fatto benissimo a reagire come hai fatto, mi riconosco nella situazione raccontata che si replica in mille piccole occasioni quotidiane. Peggio ancora è il caso del sopruso connivente, quando ad esempio l'addetto allo sportello fa passare avanti l'amico, dissimulando l'atto con un "il signore ha solo chiesto un'informazione". Qui la violazione della regola sociale diventa qualcosa di più grave, e perfino in questi casi eclatanti, la reazione più comune dei presenti è l'accettazione silenziosa o un debole borbottìo di fastidio.

 

Non credo che la societa' italiana sapra' uscire da questo vicolo cieco

in cui si e' cacciata. Credo anzi ci siano anche dei margini di

peggioramento che governi e cittadini stanno esplorando.

 

Nel passato antico, uno stato come l'Italia attuale sarebbe già preda di espansionismi militari da parte di nazioni confinanti. Oggi che in nome della pace disarmata i confini non si valicano più, forse l'italiano è destinato ad una lenta estinzione darwiniana, sterminato (così , così , o magari così ) dal suo stesso disadattamento al vivere sociale?

 

Condivisibile, ma mi pare di scorgere una contraddizione interna, frutto probabilmente della superficiale interpretazione della vicenda Craxi (o, forse, solo della eccessiva o parziale semplificazione nel riportarla)

Craxi sarebbe stato certamente d'accordo con lei, e in particolare, non la sua difesa, ma la sua accusa a tutto il sistema partitico dell'epoca era proprio di avere un atteggiamento da ignavi nei confronti del cherry picking che in quel momento lo vedeva quale cherry picked.

 

Perfettamente d'accordo. Ottima analisi.

 

Hai fatto benissimo, e tra l'altro e' una bella storia che esemplifica un po' la nostra Italia e hai fatto bene a farlo notare.

Il comportamento del'incivile di turno e' sempre lo stesso, iniziale senso di colpa e successiva inca**atura verso chigli ha provocato il senso di colpa. Un giorno mentre camminavo per strada sul marciapiede un ragazzo davanti a me butta in terra un fazzoletto di carta. Io per non dirgli che l'aveva buttato (anche se l'aveva buttato) gli dico: "Ti e' caduto un fazzoletto". Prima rimane sbigottito e stava pure per cercare una giustificazione, poi il suo sguardo cambia e da dispiacciuto diventa d'odio, e con quello sguardo d'odio mi dice: "Fatti i ca**i tuoi!". Al che il mio sguardo diventa di disgusto (e un po' di rabbia) ed essendo piu' alto e robusto di lui decide che e' meglio girare i tacchi, cosi' continua per la sua strada, con me dietro per un centinaio di metri. Chissa', mi piace pensare di averlo intimorito con quel pedinamento parziale.

 

Sei stato fortunato, probabilmente ti ha insultato perchè si sentiva un rozzo, ma poteva farti del male. Non sono più tempi in cui si possa richiamare all'ordine chicchessia. Anche se gli si sta insegnando qualcosa. Sono d'accordo che il resto delle persone in fila avrebbero potuto essere solidali , in Francia quell'uomo non avrebbe più avuto il coraggio di arrivare in ritardo in stazione, dopo l'umiliazione di insulti ricevuti dal gruppo per non aver rispettato la coda. Negli Stati Uniti l'avrebbero guardato come uno squilibrato, ma sarebbero rimasti interdetti. Purtroppo oggi bisogna incassare in Italia, si rischia e tanto e cosa sconcertante proprio al nord.

 

 

In Inghilterra, invece (almeno nel nord), non sarebbe potuto accadere -- la coda per il taxi e' "scortata" dalla polizia.

la francia non è tutta uguale. le "regole" sulla metro di marsiglia non sono le stesse di quella di parigi, ad esempio.

 

Giulio, hai tutta la mia solidarietà.

In particolare, poi, concordo sul fatto che la cosa più sconfortante sia stata il comportamento delle altre persone presenti, emblematico di una cultura che ha trasfigurato la pavidità nel principio di vita del farsi gli affari propri. 

Ottimo il commento di Alberto Lusiani.

 

beh di solito se qualcuno ha fretta perchè sta per partire il suo treno lo faccio passare - ovviamente se non sono nella sua stessa situazione. nel caso di file lunghe non è un problema perchè l'interessato chiede a tutta la fila. se non lo fa allora giustamente bisogna dirgli due parole. proprio venerdì mi è capitato - in francia non in italia - di vedere un'intera fila fare passare un signore e una signora che stavano per perdere il bus. non è una cosa strana.

un problema reale è che nelle stazioni - almeno non in tutte - non c'è lo sportello per le partenze urgenti e ci sono pochi erogatori automatici di biglietti. quei pochi vengono di solito usati anche per 10-15 minuti da turisti impegnati a progettare e scegliere tra vari itinerari la loro prossima gita. niente di sbagliato anche qui. solo che alle volte uno potrebbe spazientirsi.

questo ovviamente esula da quello che è accaduto a te. 

 

 

buon punto, johnny: in parte il problema potrebbe essere dovuto al fatto che la carenza di certe "istituzioni" o "tecnologie" aumenta il costo di rispettare le regole: le citta' tendono a essere piu' pulite dove i cestini sono piazzati strategicamente e svuotati di frequente; la sosta selvaggia e' meno comune dove c'e' disponibilita' di parcheggi. eccetera. (nel caso specifico, nelle principali stazioni potrebbero essere installate macchine per biglietti urgenti con un modesto sovrapprezzo -- 5% per esempio)

questo e' pero' anche quello che vogliono farci credere i malcostumisti -- per ovvie ragioni. un argomento popolare (il problema e' il sistema) per distogliere l'attenzione dal fatto che il problema e' la stupidita' individuale, non quella cosmica.

 

Ho vissuto un anno a York (UK) e ho avuto modo di riflettere sul tema "gli Italiani e la coda", e, da conomista in formazione, sulla razionalità e sui possibili percorsi evolutivi che abbiano portato l'italiano a comportamenti di questo tipo.

Aneddoto: Areoporto di Stansted, il volo per Torino parte dal gate X in circa 45 minuti. Coda "italiana" (= ammasso informe fronte gate) e tutti in piedi e inquieti. L'altoparlante annuncia che il volo è spostato al gate Y (20 metri più in là). Gli ultimi della fila allora capiscono che hanno la possibilità di passare davanti agli altri, e iniziano a correre. Di colpo, a valanga, tutti iniziano a correre verso il gate Y (mancano ancora 40 minuti all'imbarco). Il Gate Y però è difeso da una serie di nastri che impongono alla coda di iniziare nel lato opposto a quello da cui giungono trafelati i corridori. Allora i primi ventimetristi vengono "ingiustamente" superati da ventimetristi più lenti, ma col senno di poi più furbi, che capiscono che la via è sbarrata, corrono 6 metri di più e infilano i nastri dal senso giusto. I primi arrivati si sentono beffati (mai fare la figura del "fesso"), e rimuovono i nastri. In pochi secondi il grosso arriva (correndo) e si infila chi di qua, chi di là dai nastri che nel frattempo sono stati travolti.

Lo steward al banco, allibito, prova a trattenere la folla (che spinge: e te credo, da dietro arrivano correndo come pazzi) con le buone; capito che non funziona, salta in piedi sul banco e inizia a gridare, nell'indifferenza generale.

Risultato: 40 secondi di follia, e la "coda" si è ricomposta, con nuovi "diritti di precedenza" guadagnati grazie a furbizia, fortuna, o che altro. Nessuno si lamenta (almeno ad alta voce) e i primi della nuova fila sono visibilmente contenti. Attenderanno altri 39 minuti (più ritardo) in piedi.

Ora, i commenti (miei, personali e forse campati per aria: bear with me). Scene così io le ho viste solo alla tv, quando distribuiscono cibo alle popolazioni terremotate, e in sudamerica, a La Paz, per salire sugli autobus. Che cosa spinge 100 italiani, normali, senza particolari frette, ad accalcarsi, spingersi, correre, per acquisire un diritto che non vale nulla? La mia risposta è stata: non ci fidiamo del sistema. Nel caso specifico: abbiamo paura di restare a piedi. Non importa che la paura sia irrazionale (pagato il biglietto, passato il check-in, è impossibile restare a piedi) o che sia di pochi: effetto gregge, uno corre, gli altri anche (d'altronde, se lui corre ci sarà ben un motivo, no?). E' chiaramente quello che succede alle code per generi alimentari, o per salire su un bus in bolivia: la scarsità è regolata on first-come first-serve, e quindi molto meglio essere primi. Ma nel caso in questione, non poteva che essere un riflesso culturale, atavico.

Se non posso fidarmi del sistema di regole, se non ho la certezza che adeguandomi alle regole scritte avrò quanto mi spetta di diritto, è razionale spingere, cercare appoggi, raccomandazioni, etc; è razionale "fare i furbi" per il semplice fatto che si rischia, ad adeguarsi alle regole, di "essere fatti fessi". A me questa situazione mi sembra evoluzionisticamente stabile: in una popolazione di "furbi" fare gli "onesti" non paga; in una popolazione di "onesti", in cui il sistema funzioni effettivmante male (anche solo poco) e non sanzioni i "furbi", una mutazione da "onesto" a "furbo" genererà un payoff maggiore, e sarà imitata: se qualcuno inizia a correre, farò meglio a correre anche io.

Nel caso di Stansted, l'onesto (io e pochi altri) alla fine ha un payoff maggiore del "furbo" (salgo sull'aereo e arrivo senza aver dovuto correre e spintonare, e in più aspetto seduto), ma solo perchè il sistema inglese funziona. Se fossimo stati di fronte a un sistema malfunzionante (overbooking nel migliore dei casi, favoritismi, passeggeri infiltrati etc... in altri casi peggiori), avrei potuto restare a piedi, e in qualche mododiventare "fesso", ottenendo un payoff largamente negativo.

Se questo è un equilibrio stabile (ma di basso livello), come se ne esce?

 

l'overbooking che io sappia è presente in tutti i voli.

per non essere soggetti ad overbooking bisogna avere un biglietto "con priorità", essere privilegiati insomma (vip, freccia alata se alitalia, chi paga di più ecc)

gli altri invece non devono arrivare per ultimi

 

"Non ci fidiamo del sistema", la tua osservazione è illuminante!

Volo da Stansted almeno una volta al mese, uso Ryanair che NON FA overbooking, MAI, viaggio da solo e quindi non ho bisogno di nessun posto particolare eppure, addestrato da 38 anni di vita in Italia mi fremono i piedi quando (sempre) rimango seduto davanti al gate finché non aprono gli imbarchi.

Dopo quasi due anni di vita in UK mi sto disintossicando, ma mi fa ancora rabbia vedere la mandria accalcata davanti a tutti i gate per l'Italia o il "furbo" di turno che infila la coda prioritaria pur non avendo acquistato la priorità. Mi fa rabbia perché penso che, forse, quella volta (e mi è successo, a Genova) gli addetti al gate non faranno rispettare la fila e i più furbi la faranno franca.

 

analisi molto bella, paolo, condivido.

c'e' sicuramente una base evolutiva (la natura ci serve su base first-come, first-served -- ma qui dovrebbero dirci qualcosa i biologi) e culturale (in un paese di straccioni e dal diritto incerto quale l'Italia e' stata fino agli anni 50 e' meglio sgomitare che aspettare)

pero' la buona educazione si impara, non si eredita (e tutti alle scuole elementari abbiamo un'alta probabilita' di incontrare maestre o maestri educati). e si impara a conservarla se le sue violazioni vengono sanzionate. in questo senso, da un equilibrio "basso" si esce o con uno shock sufficientemente forte o cambiando le regole del gioco...

 

 

Anche io stamattina ho rimediato la simpatica, classica esortazione.

A Roma, andavo al lavoro in motorino. Ho rischiato di ammazzarmi mentre sorpassavo una giovane signora in bicicletta che mi è improvvisamente sbandata davanti (più che di ammazzarmi, in realtà, ho rischiato di ammazzare lei...). Pirata della strada io? Insomma... la giovane in bici ha sbandato perchè mentre pedalava (in curva e su strada con sampietrini!) stava scrivendo un sms sul cellulare. Ma la cosa che mi ha lasciato allibito è che seduta sulla canna della sua bici c'era sua figlia - avrà avuto massimo due anni.

Non mi sono riuscito a trattenere, l'ho affiancata e le ho fatto notare che forse guidare la bici per Roma con una mano sola scrivendo un sms con una bambina a bordo non era esattamente una grande idea.

Per un attimo ho visto un velo di smarrimento nei suoi occhi... una frazione di secondo... poi è tornata in sè: "Fatti i c***i tuoi!".

E così ho fatto.

 

Testo e commenti molto interessanti. Mi suggeriscono però due domande:

1) Quanti degli indignati commentatori passavano i compiti ai compagni di scuola? A mio avviso è lì che si impara il disrispetto per le norme di convivenza civile. La ricetta per ravvedersi (se non si è completamente corrotti) è trovarsi improvvisamente nella condizione di uno studente di un'università americana dove vige lo "honour system". Questo sistema è egregiamente descritto da Gaetano Salvemini nelle sue "Memorie di un fuoruscito".

2) Quale è la spiegazione della generale osservanza in Italia della legge che vieta il fumo nei locali pubblici? Chi se lo sarebbe aspettato? A questa domanda non so proprio rispondere.

 

domande importanti, sandro. inizio a raccoglierle.

(1) credo che il mio aggressore verbale i compiti se li facesse passare. se li avesse passati sarebbe stato piu' intelligente. scherzi a parte, ecco due indizi.

primo: in italia usiamo il verbo "copiare", moralmente neutrale, quasi positivo perche' evoca l'imitazione dei virtuosi. nel mondo anglosassone si usa il verbo "to cheat", che esprime la natura del gesto e la sua dannosita': un inganno.

secondo (ma su questo chiedo conferma o smentita): nel pezzo di mondo anglosassone che ho visto io e' legittimo denunciare il "cheating" a scuola. in italia e' considerato ridicolo -- non solo i bulli di turno ti riempiono di botte ma anche gli insegnanti in fondo in fondo ti considerano uno sfigato.

(2) il caso dei divieto di fumo e' interessante, ma potrebbe non essere affatto un puzzle. tieni presente che ci sono sanzioni per gli esercenti o i datori di lavoro che non fanno rispettare il divieto. la legge cioe' punisce chi non punisce, in questo caso. un modello interessante.

 

 

Per la legge sul fumo credo sia un mix di due fattori: uno il consenso sociale, visto che ormai i fumatori sono minoranza e in buona parte infastiditi dal fumo altrui, l'altro il meccanismo degli incentivi: il fumatore rischia una multa significativa, il gestore una molto maggiore se non lo denuncia, e ci sono un sacco di terzi che potrebbero sporgere denuncia senza rischiare nulla, neppure la riprovazione sociale.

Quindi finisce che il gestore controlla i fumatori, e gli altri clienti controllano il gestore.

 

Riguardo le conclusioni:

 

(1) Avete mai provato a farne rispettare qualcuna in qualche modo?

Raccontatelo. Sono curioso di sapere quanto è comune quello che mi è

successo

 

 La cosa più frequente che mi capita è ribattere a chi getta qualcosa per terra... provo una tale rabbia per certi atteggiamenti che ho sviluppato un certo occhio clinico e a volte trovo una creta soddisfazione nel tenere d'occhio chi sta per combinarne una... lo vedi, è caratteristico, specie ad esempio i fumatori a cui manca la sigaretta accesa: entrano in tabaccheria e ne escono che già stanno tirando il filetto di plastica che libera la confezione dal cellophane... cellophane che finisce SEMPRE a terra... è un must dei fumatori... provate a verificare tutti quelli che escono con un nuovo pacchetto dalle tabaccherie e provate ad osservare il terreno fuori da una tabaccheria. Va beh, solitamente adotto anch'io l'ironico "ti è caduto qualcosa" oppure addirittura raccogliendo (son convinto che la dimostrazione e il buon esempio siano sempre edificanti) "hai perso questo" o ancora "credo che questo sia tuo". Devo ammettere che finora son stato fortunato e non le ho ancora buscate.

Altre volte in treno invito qualcuno ad abbassare il volume delle sue "cuffiette" usate come casse acustiche da concerto metal a San Siro.

La cosa più carina che mi è capitata è però questa:

 

(3) Il tizio non avrebbe certo potuto prendersela con dieci persone come se l'è presa con una.

 

Guidavo un pulmino da 9 persone per accompagnare i miei atleti ad una competizione: atleti che ho sempre fatto crescere non solo dal punto di vista atletico ma anche da quello umano. Ad un semaforo rosso la macchina davanti a noi "perde" da un finestrino una cartaccia: con balzo felino un mio saggio atleta scende, raccoglie, rilancia con decisione dentro l'abitacolo e rientra in pulmino.... una scena indimenticabile: i componenti dell'auto inferociti si voltano con voglia di gridare, di scendere, di vendicarsi... ma vedendoci in tanti e atleticamente sconvenienti, cambiano subito espressione e zitti zitti si girano a fissare il semaforo. Fatalità, per un lungo tratto abbiamo fatto la stessa strada controllando ovviamente che la cartaccia di prima "casualmente" non uscisse di nuovo e mi piace pensare che abbiano pensato di essere seguiti di proposito da questi strani paladini dell'igiene pubblica.

 

 

 

Avete mai provato a farne rispettare qualcuna in qualche modo? Raccontatelo. Sono curioso di sapere quanto è comune quello che mi è successo.

 

Avevo saltato questo punto.

A me è capitato diverse volte.

Tra l'altro io sono piuttosto rigido su queste cose. Non sgarro e pretendo non si sgarri. Se sbaglio (ed è capitato anche a me) mi "umilio" in scuse.

Cedo il posto alle signore ed ai signori anziani, non butto carte per strada, non salto le file, non guido parlando al celluare e cerco, in generale, di non fare niente che possa dare fastidio agli altri. Mi sembra una cosa talmente naturale da non dover neanche essere oggetto di discussione.

E' chiaro ovviamente che non sono "ottuso". Se qualcuno mi chiede un favore, con garbo e gentilezza, mi faccio in quattro pur di essere di aiuto.

Generalmente, quando faccio notare comportamenti poco civili, non ottengo risposte negative. Ma questo, credo, è dovuto al fatto che per natura sono piuttosto "determinato".

Quando è capitato, poche volte, di avere risposte... "poco educate" la mia reazione è stata molto netta. Se sono stato oggetto di offese ho risposto con altrettante offese facendo capire da subito che sarebbero volate sberle. In genere è sufficiente questo per ottenere persino le scuse.

Quando è capitato, raramente, di finire alle mani non è stato un problema. Per me ! :D

Non voglio essere frainteso. Non penso di essere un "vendicatore della notte" e non mi piace la violenza verbale e/o fisica. Solo che, per anni, da ragazzino, ho adottato, fallendo, l'altra tecnica e non ha funzionato... fino a quando non ho capito che chi non rispetta le regole della civile convivenza, chi è prepotente, non va trattato con i guanti. Non va trattato con molta educazione. In genere sono pecore e come pecore vanno trattate.

Esperienza personale: la cosa più divertente che mi capita è quando arrivo in metro alla Termini. Viaggio quasi ogni settimana per cui ho accumulato davvero una discreta esperienza.

Non appena si aprono le porte i passeggeri che vogliono entrare generalmente non lasciano uscire le persone. Come cani affamati si buttano sui posti a sedere travolgendo chi invece dovrebbe uscire.

Ovviamente non posso tollerare questa cosa. Io normalmente sono il primo delle persone che deve uscire e ovviamente non mi lascio travolgere. Svolgo anzi, volutamente, una funzione "katerpillar". Se la persona tenta di entrare prima di aver fatto scendere i passeggeri io lo respingo letteralmente indietro di qualche metro e se non si sposta gli salgo sui piedi con il trolley (effetto spezzacaviglie!). Non soddisfatto mi volto a guardare il (o la) demente incazzato e con aria di sfida. Il demente, che ovviamente è quasi sempre pronto a lanciare improperi, puntualmente abbassa lo sguardo e se ne va.

Per quanto mi riguarda questo è e sarà sempre il mio modus operandi.

 

 

Ovviamente non posso tollerare questa cosa. Io normalmente sono il

primo delle persone che deve uscire e ovviamente non mi lascio

travolgere. Svolgo anzi, volutamente, una funzione "katerpillar". Se la

persona tenta di entrare prima di aver fatto scendere i passeggeri io

lo respingo letteralmente indietro di qualche metro e se non si sposta

gli salgo sui piedi con il trolley (effetto spezzacaviglie!). Non

soddisfatto mi volto a guardare il (o la) demente incazzato e con aria

di sfida. Il demente, che ovviamente è quasi sempre pronto a

lanciare improperi, puntualmente abbassa lo sguardo e se ne va.

 


Volevo anche io dire la mia, ma sembra l'abbia fatto Claudio ... beh, siamo almeno in tre (il terzo è mio figlio, che a Madrid s'era specializzato a camminare tranquillamente sui cofani delle macchine parcheggiate in sosta criminale sui passaggi pedonali, imitato in questo dagli amici adolescenti al tempo: l'ho visto fare da altri, e lo raccomando a tutti coloro ne abbiano l'agilità sufficiente) ... Mi riconosco in particolare nella descrizione del caterpillar nella salita/discesa dai mezzi pubblici. Ma anche da semplici porte di negozi. Nanetto per nanetto, uno di poca rilevanza che ricordo per la sua (parziale) non intenzionalità. Successe a Madrid, anche se non voglio far credere con questo che tutto il mondo sia paese - le file, compresa quelle dell'autobus, qui si rispettano abbastanza rigorosamente. Sto per uscire da un negozio con mia moglie, apro la porta con l'intenzione di tenergliela aperta dopo esser passato. Non sono esattamente di quelli che aprono le porte per "cavalleria" alle signore, ma mia moglie ha delle borse che le occupano le mani. Quando la porta è aperta e sto per varcarla la classica ed eccessiva "señora de Salamanca" (evito le traduzioni negli analoghi quartieri di Roma e Milano) s'infila altera nella porta facendosi precedere dal cane-topo che l'accompagna. Dato che il mio piede sinisto ha già oltrepassato la linea della porta il destro automaticamente lo segue finendo per caso giusto sotto la pancia del topocane. Giuro che il posizionamento del piede fu casuale, intenzionale fu la decisione di non ritrarlo o fermarmi. Il movimento naturalmente ascendente del piede destro, che una volta toccata terra si risolleva per camminare, fu forse leggermente più accentuato del solito. Fatto sta che produsse uno ottimo "perro cucchiaiato", certo non paragonabile al regale cucchiaio di Totti, ma piacevole a vedersi. La dama lasciò passare l'intera famiglia, dato che dovette retrocedere per raccogliere il canetopo ch'era atterrato sul selciato un paio di metri più in là. 

Mia moglie ritiene che dovrei lasciar correre, ma mi riesce difficile trattenere il fastidio che provo quando qualcuno mi pesta i piedi senza che io abbia fatto nulla. In questi casi tendo a seguire una politica "amerikana": io non ti pesto i piedi, ma se lo fai a me senza giustificazione alcuna aspettati tutto ciò che è legale. Straordinariamente, in più di trent'anni d'onorato servizio, non sono mai arrivato alle mani con nessuno e credo che lo scrontro fisico si possa evitare praticamente sempre. Il mio campione suggerisce che, come dice Claudio, la stragrande maggioranza dei cafoni maleducati siano, in realtà, dei codardi. Poi ci sono i criminali veri, quelli con il coltello in tasca, per fronteggiare i quali esiste solo l'immediata telefonata alla polizia, ma questo esula dal caso in questione.

Per quanto riguarda gli "incivili civili", non credo che comportarsi come ha fatto Giulio o come tendo a fare io, serva a cambiare le cose. Contrariamente a molti non credo nell'efficacia del "dare l'esempio" quando a dare l'esempio siamo l'uno per mille e la cultura dominante è quella dell'arrangiarsi, fregarsene, approfittare se si può, lasciar correre, così fan tutti, ed altre cretinate simili. Lo faccio per pura soddisfazione personale: fra dieci minuti il cretino cercherà di sicuro di travolgere un altro pedone mentre attraversa la strada sulle striscie pedonali, ma per il momento il materiale non contundente che, attraverso il finestrino aperto, è finito sulla sua giacca se lo tiene. Il nostro incontro finisce lì.

 

Caro Giulio,

piena solidarietà, ma alle volte le cose possono mettersi male, specie con gli squilibrati. Io in genere valuto se e come intervenire. In genere intervengo, ma molto sommessamente.

Una sera d'estate passeggiavo nel mio paese, di mare, e ho notato alcuni turisti che avevano nelle mani una stella marina: prima passo avanti borbottando, poi torno indietro e chiarisco che a mio modo di vedere sarebbe meglio non prendere souvenir vivi...attimo si smarrimento dei turisti, io mi allontano quasi scusandomi del rimprovero. Nessuna conseguenza.

Due anni fa invece un fatto con alcuni strascichi. Vado a correre in periferia, vicino al mare, e mentre sto per terminare il percorso incontro i cacciatori (era il 6 gennaio, mi pare): mimetica, fucili e cani. Sulle prime penso: "ma guarda queste teste di ....! Per colpa loro rischiamo io il mio amico e tutti quelli che sono qui a passeggiare o a correre." Stesso meccanismo psicologico: supero i cacciatori poi torno indietro e chiedo loro di allontanarsi, la risposta è: "ma vai a cagare!" e uno di loro mi punta il fucile addosso...scappo, poi torno indietro e gli dico di andare lui a quel paese. Continuo la mia corsa fino alla fine del percorso.

Torno in paese, e il mio amico va dai carabinieri per chiedere che alcuni di loro si sbrighino a vedere chi sta cacciando nella zona dove noi correvamo, del resto si trattava di minacce a mano a armata e ingiurie, tutte cose per le quali c'è la revoca del porto d'armi. Risposta del carabiniere: "Ora non c'è nessuno, torni domani per la denuncia".

Il giorno successivo prendo carta e penna e, ringalluzzito dalle informazioni che trovo sul sito http://www.cacciailcacciatore.org/ (dove si chiarisce come contrastare le minacce a mano armata dei cacciatori), compilo una denuncia e la invio con raccomandata A/R alla locale stazione dei carabinieri. Nella denuncia, ho espressamente chiesto che, seppure contro ignoti, desideravo sapere come e quando il procedimento sarebbe stato chiuso dal magistrato. Ebbene, a distanza di oltre 2 anni nessuno mi ha mai convocato in caserma, nè ho saputo che fine a fatto la mia denuncia.

In compenso non ho più visto cacciatori nel luogo dove vado a correre, perchè il maresciallo del paese, cacciatore anche lui, ha informalmente chiesto di astenersi dall'attività venatoria ai suoi colleghi, almeno stando a quanto mi è stato riferito da altri cacciatori e dall'allora sindaco del mio paese, nonchè medico di famiglia. (si lo so che sembra un quadretto di paese di cartapesta, ma vi giuro che è tutto vero)

Vedi caro Giulio, noi siamo fermi a "Pane, amore e fantasia", se ci va bene o a "Gomorra", se le cose si mettono peggio.

Voglio dire, in Italia le regole non contano e se tu cerchi di farle rispettare, non sei tutelato, è questa la verità della faccenda: voglio dire insomma, che nè io nè te abbiamo avuto problemi veramente gravi dalle cose che raccontiamo, ma c'è chi in questo pasticcio per cui le regole non esistono e vince il più forte ci rimane secco...penso agli accoltellamenti tra automobilisti, che pure sono nella sfera degli eccessi d'ira momentanei, ma il problema si estende a imprenditori che non pagano il pizzo e sono senza scorta, a chi contrasta le piccole e grandi illegalità e così via.

In più a tutto questo aggiungiamo il nostro modo "traverso" di risolvere le illegalità, che nel mio caso, devo dire, ha pure funzionato.

Mah, in conclusione consiglierei a tutti di fare prudenza...

 

 

Mah, in conclusione consiglierei a tutti di fare prudenza...

 

Qualcuno disse che chi non ha paura di morire muore una volta sola :)

Non fraintendermi, non ce l'ho con te e non ti considero assolutamente un "coniglio", anzi.

Però secondo me è fondamentale non tollerare soprusi di alcun genere. Io vengo da una città ad alta densità mafiosa (dove, peraltro, si vive piuttosto bene nonostante tutto) e certe cose le ho imparate fin da ragazzino. Soprattutto il disgusto (per me, veramente, si tratta proprio di odio!) verso chi vuole metterti i piedi in testa.

Ricordati che sono le piccole cose che fanno la differenza, non le grandi.

Una persona che tollera di essere sfanculato da uno che salta la fila difficilmente sarà pronto a farsi rispettare su cose più serie.

 

 

Complimenti a Giulio per essere intervenuto e solidarietà per lo spavento.

A pensarci, già il fatto di ritrovarmi a fare i complimenti per qualcosa che mi pare assolutamente normale (intervenire per rilevare un'ingiustizia) è di per sè significativo.

Ogni volta che sono spettatrice o vittima di quello che ritengo un sopruso di questo tipo mi ritrovo a valutare tra me e me, nel giro di pochi secondi, se ribellarmi apertamente  oppure se, passivamente, lasciare che le cose scorrano. Ritengo che, poi, il fatto di essere una donna, renda le cose un po’ più difficili. E non solo per gli epiteti che colorano e arricchiscono il vocabolario di chi se la prende con una rappresentante del sesso femminile.

Mi capitò da ragazzina di rischiare una caduta dalla bicicletta a causa di una precedenza non datami da un automobilista. La mia reazione, presa dalla rabbia, oltre che dallo spavento, fu immediata e appioppai un chiaro e squillante, ma anche poco carino, “coglione” al reo. Beh, questo qui cominciò a inseguirmi, pure nel negozio in cui frettolosamente mi infilai, con il cuore in gola, per il timore di essere picchiata. Fortunatamente, con la solidarietà dei presenti del negozio, la cosa si risolse senza conseguenze.

Le altre situazioni sono quelle quotidiane, dalla fila alla cassa del supermercato, a quella dell’autogrill o del cinema.

Io non so se le cose potranno essere cambiate; so che il mio non rinunciare a dire la mia è una pura questione di soddisfazione personale, senza velleità di cambiamento sociale.

È che sono intollerante alla maleducazione.  

 

 

 

Ho già risposto al commento di Alberto Luisiani complimentandomi con lui per la sua lucida analisi, ed invito tutti a leggerlo.

Riferendomi ad alcuni commenti che incitano alla reazione violenta (anche se non sempre fisica), vorrei affermare il diritto delle "schiappe" ad essere rispettati anche senza pesare 90kg di muscoli od essere tipi "tosti".

C'é in Italia una brutta tendenza a dare la colpa alla parte lesa per i torti subiti: se si è truffati la colpa è della vittima perché non è stata accorta, se ti danno una multa perché andavi a 60 all'ora in una strada con un assurdo limite a 50 la colpa è tua perché andavi troppo forte, ecc. ecc.

A chi sta pensando "così va il mondo, bellezza" voglio dire che non è così, non è sempre così, almeno. Io ho fatto la scelta di vivere senza ricorrere alla violenza, e a 52 anni posso dire di aver vissuto una vita piena e tranquilla, senza aver perso poi molto per non essere stato un Chuck Norris.

A Londra ho assistito alla difesa da parte di tutti i clienti di un cameriere insultato e maltrattato da un altro cliente e ho pensato che gli Inglesi queste cose le hanno nel sangue e che noi siamo un po' tutti simili ai personaggi di Alberto Sordi. Oggi penso che quello che manca a noi è l'etica. E ci manca proprio tanto, a livello di collettività.

PS: Pensi che le cose sarebbero andate meglio se avessi avuto i sandali con i calzini? Pensa che io vado in giro con le crocs! Mi avrebbe ucciso!

 

 

aspetta aspetta, l'esempio della multa è infelice:

Se vai ai 60 su una strada con un assurdo limite dei 50, ti becchi la multa, paghi e la colpa è tua.

Se il limite dei 50 è in quella strada assurdo lo puoi far notare sempre e comunque, non certamente solo quando beccano proprio te. Le cose sono separate: se una legge c'è, va rispettata e chi non la rispetta va punito (e la colpa è solo sua); se la legge è sbagliata va abolita, modificata, combattuta con i dovuti tempi e modi.

 

Grazie a tutti per i commenti postati finora. Inizio con una breve replica per provare a sintetizzare quelche punto importante, poi lascio qualche risposta qua e la'. I vari racconti, secondo me, dimostrano che:


(1) Episodi del genere sono molto diffusi -- non avevo alcun dubbio al riguardo -- da cui la legittima etichetta di "malcostume" italiano.


(2) Chi punisce il trasgressore (me compreso, non fraintendetemi) in fondo lo fa per se', nella consapevolezza che non servira' a cambiare il malcostume. Per "punire il trasgressore" non intendo il Far West, intendo quello che molti di noi hanno raccontanto -- far notare piu' o meno gentilmente che si sta violando una norma di convivenza e pretenderne il rispetto. Ho sempre pensato che gli esperimenti a la Gachter-Fehr dimostrassero semplicemente che infliggere una punizione e' un bene di consumo come un altro, e questi aneddoti rafforzano la mia convinzione. Questa stessa letteratura sperimentale suggerisce pero' una cosa interessante (vedi questo articolo recente su Science): chi cerca di punire comportamenti antisociali puo' venire a sua volta punito -- la frustrazione che trapela da alcuni racconti lo dimostra -- proprio a causa di questa sua attitudine. Guardacaso, e' piu' probabile che cio' accada laddove la legge viene applicata in maniera blanda e il free-riding e' cosa diffusa.


(3) Il contesto conta, eccome. Ci sara' anche un notevole effetto di self-selection, ma il fatto che alcuni sentano il proprio senso civico rafforzato dopo aver vissuto qualche anno all'estero a me dice qualcosa.


(4) D'altronde questo malcostume potrebbe essere un equilibrio facilmente ribaltabile. Per alcune cose c'e' sicuramente bisogno di impulsi dal lato dell'"offerta" di protezione, e di collaborazione tra cittadini e forze dell'ordine (una collaborazione che in qualche modo i primi devono anche pretendere perche' i secondi sono pagati per questo: se il carabiniere mica ha tanta voglia di intervenire ricordagli che e' un impiegato pubblico e anche lui ha un superiore), ma per altre basterebbe avere amministratori decenti che rendano alcune norme self-enforcing. Alcuni esempi: non puo' esserci sempre un vigile a fare multe a chi parcheggia in divieto di sosta, sui marciapiedi, o sui passaggi pedonali. Ma se l'accesso ai passaggi pedonali e i marciapiedi vengono protetti da paletti che impediscono anche solo la fermata per prendersi il caffe', o se laddove non e' consentito parcheggiare si mette una bella fioriera in cemento, allora possiamo anche impiegare i vigili altrove. In maniera analoga, le file sono self-enforcing quando c'e' un numero d'ordine scritto sul tuo bigliettino o quando la fila e' delimitata da una barriera. Certo, mica possiamo mettere il numero o la transenna per salire sul treno. Pero' comportamenti inizialmente indotti vincolando la scelta (o sanzionando pesantemente la scelta sbagliata) possono diventare col tempo abitudine, quando tutti apprezzano i benefici di una societa' che funziona meglio -- sto naturalmente presupponendo che molte forme di malcostume costituiscano un equilibrio sbagliato e che ne esista uno migliore con lo stesso insieme di regole.

 

 

Questa discussione si fa molto interessante.

Sul punto (4): Ho sempre ritenuto che in molti casi, per l'Italiano, l'unico rimedio sia l'impedimento fisico: specie nell'ambito del traffico e delle code, l'impedimento fisico "alza l'asticella" dei costi. Questo fa sì che meno individui violino la norma, al di là dell'educazione, semplicemente perchè il bilancio costi-benefici è negativo. Se per parcheggiare sulle strisce devo divellere un paletto, magari non lo faccio (notare che qualcuno che lo fa lo stesso c'è).

Però è alquanto strano (e lo dico per primo a me) che economisti si lascino andare a chiedere l'apposizione di maggiori constraints all'azione, dal micro al macro. Non sono sicuro che l'esistenza di micro-constraints ovunque generi necessariamente maggior benessere; anzi, sovente impone costi che non riescono del tutto a correggere l'esternalità negativa e che vengono pagati da tutti, compresi gli "educati". Insomma, il costo dell'enforcement sale per ogni nuovo constraint introdotto (dal paletto alla nuova legge), e lo pagano tutti.

Un altro punto, ispirato dalle notizie di oggi sull'ennesima legge ad-personam. La classe politica è endogena, ed è scelta (anche) attraverso le elezioni. Vedo il canale politico come un'ulteriore conseguenza negativa dell'equilibrio-dei-furbi in cui l'Italia si trova: se la regola è "non esser fatto fesso" da un sistema in cui non vedo certezza del diritto, la mia reazione è di "fare il furbo", regole o non regole. Dato che esiste la possibilità di essere "beccato", cioè di finire tra le maglie del controllore, per quanto lasche queste siano, io, come tutti gli altri, temo la legalità, in quanto non sono libero da macchie. A questo punto però unimprenditore politico (nel senso tecnico) può rendersi conto che esiste una domanda per una linea politica di "minore legalità" (o "diversamente legale"), e servirla: promettendo condoni, leggi più blande, minori imposte...

L'esempio della Spagna pare insegnarci che si può cambiare, e nel giro di una generazione. Ma io non sono così ottimista. In Italia (con enormi differenziali regionali) è razionale "fare i furbi", e votare per i furbi, in modo da poter continuare a fare i furbi. Collettivamente, però, il paese dei furbi affonda, e gli altri paesi finiranno per farci fessi. Forse solo quando gli italiani si accorgeranno di essere tutti in realtà dei fessi che si credono furbi, qualcosa cambierà.

 

 

Durante le mie vacanze in Italia a volte rischio di essere investito quando mi dimentico che a Roma le strisce pedonali sono solo una decorazione sul pavimento. Episodi del genere (e le reazioni degli automobilisti quando gli faccio notare le strisce) contribuiscono a curarmi quel po' di nostalgia che mi viene di tanto in tanto.


 

D'altronde questo malcostume potrebbe essere un equilibrio facilmente ribaltabile. Per alcune cose c'e' sicuramente bisogno di impulsi dal lato dell'"offerta" di protezione, e di collaborazione tra cittadini e forze dell'ordine

 


Il problema è che le forze dell'ordine in Italia non possono fare niente in questi casi. Puoi sporgere denuncia, ma questo significa perdere un bel po' di tempo ed è completamente inutile, data la lentezza del sistema legale. Visto che vale la legge del più forte l'unico modo efficace di punire il trasgressore è quello di usare la forza. In quel caso però occorre esserlo, il più forte...


 

Alcuni esempi: non puo' esserci sempre un vigile a fare multe a chi parcheggia in divieto di sosta, sui marciapiedi, o sui passaggi pedonali. Ma se l'accesso ai passaggi pedonali e i marciapiedi vengono protetti da paletti che impediscono anche solo la fermata per prendersi il caffe', o se laddove non e' consentito parcheggiare si mette una bella fioriera in cemento, allora possiamo anche impiegare i vigili altrove.

 


Non è necessario che ci sia sempre un vigile a fare la multa. E' sufficiente che i controlli siano abbastanza frequenti e imprevedibili, e le multe abbastanza salate, da rendere la trasgressione poco conveniente.

 

[quote]Avete mai provato a farne rispettare qualcuna in qualche modo?

Raccontatelo. Sono curioso di sapere quanto è comune quello che mi è

successo.[/quote]

Una normale mattina di traffico cittadino. Un semaforo rosso a regolare il passaggio all'interno di una breve galleria (100m) a senso unico. Scatta il verde e imbocco la galleria. Arrivo a metà del tunnel ma il capofila dall'altra parte poichè c'è molta fila (ce n'è sempre in quel punto la mattina) decide di che arrivato il suo turno ed altri lo seguono piazzandosi all'uscita della galleria. Mi fermo, faccio presente di essere passato col verde e di voler solamente uscire da quella galleria che lui non ha neppure imboccato. Lui apre lo sportello della macchina, minaccia botte. Dietro di me non c'è nessuno. Sono costretto a fare retromarcia dentro la galleria e a far passare le auto che avevano attraversato con il rosso.

 

A volte anche le (piccole) storie di stazione possono avere un valore paradigmatico: è il caso del suo felice racconto (e analisi), gentile Giulio.

Eppure, al di là del fatto e dei personali nostri comportamenti in stazione, lungo l'asse indifferenza giustificante/opposizione resistente, vorrei esprimere, da uomo di scuola, qualche riflessione:

1. molte delle persone abitualmente viventi in Italia (soprattutto gli italiani) imparano presto a conoscere una "strada" per aggirare...(una fila), per superare...(una prova), per ottenere...(un favore/raccomandazione), per andare oltre...(la regola, il limite), in breve imparano presto la strada infinita dell'"oltraggio";

2. e forse, senza volere, imparano di conseguenza, vivendo i continui "esempi", ad ammirare (e votare, quando capita) chi appunto conosce le variegate strade dell'"oltraggio", senza porsi, non adusi, domande, e non solo nel sud (gli "oltraggi" della clinica Santa Rita testimoniano una qualche regolarità territoriale; la fattispecie è identica: andare "oltre" per...);

3. una scuola attrezzata a riservare a tutti, sino a 18 anni, senza escludere nessuno, tempo e risorse all'educazione, non solo "disciplinare", nel senso di materia per materia, ma anche "generale", nel senso dei comportamenti sociali, magari anche con l'introduzione di una specifica educazione etico-politica, e una scuola attenta a costruire un contesto di relazioni orientato alla "cultura del limite", contro ogni "oltraggio", potrebbe forse aprire la strada alla civilizzazione del nostro ambiente-paese, alimentando così una speranza di cambiamento (non solo in Spagna!);

4. una programmata e curata educazione etico-politica darebbe, ad esempio, anche sul piano della scelta in politica, nel senso nobile del termine, a tanti giovani, prima del loro schierarsi, guidati da slogan, a destra o a sinistra, la possibilità di comprendere i fondamenti di una democrazia liberale e, quindi, il significato profondo del rispetto delle regole (e, se del caso, dell'aperta e trasparente opposizione ad esse!), così, forse, prosciugando, ai tanti politici dell'"oltraggio", la palude popolare di ogni fortuna elettorale;

5. non è un caso, forse, se i testi scolastici, di letteratura o storia, di filosofia o educazione civica, dedicano, quasi sempre, e giustamente, tante pagine, ad esempio, al comunismo, al fascismo, a Marx, a Mussolini, e mai abbastanza (quando esistono), ad esempio, a Gobetti e al pensiero liberale.

Intanto in stazione sarà sempre bene non consentire al furbo di turno di aggirare la fila, ognuno a suo modo, magari spiegando con civiltà (bisogna credere nel fascino dell'utilità sociale della regola: va in questa direzione l'esperienza dei soggiorni all'estero di tanti!) e con il comportamento coerente.

O no?

 

 

Sono probabilmente più giovane della maggioranza di voi e apparentemente sono cresciuto in un Italia diversa dato che i comportamenti dei miei compatrioti mi sembrano tristemente normali.

Scrivo per sottolineare che purtroppo questa istituzionalizzazione di aggressività e maleducazione è "incoraggiata" dall'atteggiamento delle forze dell'ordine.

Mi ricordo bene il periodo in cui andavo al liceo, a Milano, e le innumerevoli multe che ho preso in scooter....normale. Sono di inclinazione ligio, ragione per cui, quando fermato ho sempre dimostrato rispetto per l'agente. In conclusione ho sempre preso e pagato una multa per ogni volta che son stato fermato. Corretto! La cosa che non sopporto è il constatare che persone di diversa indole hanno scampato innumerevoli sanzioni insultando e\o minacciando l'ufficiale.

La mia conclusione è semplice, la maleducazione sociale è così radicata da essere premiante anche nei confronti dell'"autorità".

Ritengo inoltre inappropriato trovare giustificazione evoluzionistica a questo fenomeno attraverso scarsità delle risorse (per esempio nelle stazioni, aeroporti) o incertezza del servizio. A proposito riferisco la mia esperienza in Bangkok in cui ho vissuto 5 mesi: come ci si può immaginare il livello dei servizi è notevolmente inferiore di quello Italiano: meno autobus, meno treni, meno distributori automatici meno semafori... ciò nonostante c'è la volontà di fare funzionare le cose e un rispetto reciproco profondamente radicato nella popolazione. E triste osservare che durante il mio soggiorno l'unico thailandese che presentava cafoneria insoddisfazione che ho incontrato lavorava per l'ambasciata italiana!

Inoltre l loro sistema di enforcement sociale funziona: chi alza la voce o si spazientisce è ritenuto (giustamente) un villano e con un villano non vale la pena di parlare, conclusione il villano si trova a urlare da solo e non ottiene nulla.

 

 

 

  

 

Leggo solo adesso.

Ha tutta la mia solidarietà. L'assuefazione mentale alla maleducazione è veramente la parte più degradante di una comunità che tale voglia essere. Concordo in pieno che la mancanza di rispetto ad una regola sociale è una mancanza di rispetto alla persone che è vittima di questa violazione. Anche io mi trovo ad affrontare situazione del genere e non riesco a trattenermi dal manifestare il mio dissenso. La reazione della persona (disadattato) che davanti alla polizia abbassa le orecchie e non solo fa finta di niente e l'immagine più fedele del tipo di gente che si incontra. La pubblica sanzione morale dovrebbe essere uno dei deterrenti più forti a questi comportamenti (a questo proposito a fine is not a price....se l'unico parcheggio vuoto è quello di un invalido la multa, ammesso e non concesso che venga elevata, non ripaga certo il disagio potenziale a chi subisce un torto. Nel suo caso il sovraprezzo del biglietto a bordo lo definirei più il costo di un servizio accessorio che una multa: pago la comodità di una cosa non proibita). La reazione dei presenti di fronte al fatto, probabilmente facevano finta di telefonare o contavano le monetine, è sconfortante quanto miope. Ad essere scavalcati erano anche loro e se non c'è coesione sul rispetto delle norme sul vivere comune allora non c'è proprio comunità: l'italia. Provate a non dare la precedenza o a passare la fila in paesi come germania svizzera o inghilterra anche la vecchietta più indifesa diventa un hooligan e di certo gli altri non si tirano indietro.

 

Solidarietà

Stefano

 

eh, la fila, la fila! sempre la causa di tutti i casini!