I fatti di Blacksburg (Virginia Polytechnic Institute)

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Mi sembra obbligatorio farci qualche riflessione, anche se forse si tratta di riflessioni ovvie. Niente dati, non ho tempo, ne' citazioni. Pensieri in liberta'. Se sbaglio son certo che me lo farete sapere.

La prima riflessione riguarda la supposta natura violenta della societa' americana, rispecchiata dalla frequenza degli omicidi che e' superiore a quella europea. Non ho mai studiato la cosa a fondo, solo letto articoli, discusso con gente che se ne occupa ed osservato la cosa vivendo qui da 24 anni. La mia impressione non e' che questa sia una societa' globalmente piu' violenta, ma che lo sia localmente, ossia in certe aree e, specialmente, in certi gruppi sociali.

Gente che fa a pugni o a coltellate nei bars, nelle discoteche, per strada (fra automobilisti che s'incazzano, per esempio) io ne ho vista ben poca. Meno che in Italia, per certo. Non mi e' mai capitato di incontrarmi in situazioni in cui, a fronte di un diverbio, la persona davanti a me (o davanti ad altri) abbia alzato le mani o iniziato a picchiare. Il mio comportamento qui non e' diverso da quello che tengo in Italia o in Spagna, pero' mi e' capitato li' di trovarmi senza volere in situazioni in cui qualcuno veniva alle mani, non qui.

Negli stadi, nei concerti, nelle manifestazioni, la violenza frequente a cui assistiamo in Italia, ed anche in altri paesi europei, non viene mai riportata. La violenza sulle donne, per esempio, che pure ed alquanto ovviamente esiste, non appare in nessun senso superiore a quella europea.

D'altro canto, in certi gruppi della popolazione l'omicidio e' altamente frequente. Vivo da sette mesi nell'area urbana che, statisticamente, risulta la piu' violenta del paese: Saint Louis. Ho guardato le statistiche prima di venire qui: omicidi ed altri crimini sono concentrati in una piccola area di estrema poverta' ed abitata, piaccia o meno, da afro-americani. Sospetto che la variabile che conta sia la poverta', non l'origine etnica. Parlando con gente che lavora sui dati mi e' stato detto che, una volta che si elimini la componente afro-americana, la criminalita' e la violenza USA sono simili all'Europa del Nord, ossia minori dell'italiana o della spagnola. Ovviamente, poiche' "afro-americano" implica frequentemente "povero", di nuovo la causa sembra essere la poverta' e non la razza o la disponibilita' di armi da fuoco. Non mi risulta che fra poveri o afro-americani vi siano piu' pistole che fra bianchi e ricchi.

Agli americani la "guerra" piace, perlomeno al cinema. L'impressione personale e' che li "diverta" di piu' di quanto diverte gli europei, pero' ovviamente questa e' una pura osservazione estemporanea, anche se faccio fatica a negare che ne sono convinto. Vuol dire che poi diventano violenti nella vita quotidiana con piu' frequenza degli europei? Come ho detto, credo di no. Almeno: io non ho evidenza alcuna di questo fatto. Pero' giocano con la violenza, con i buoni contro i cattivi, con l'idea che il male si risolve uccidendolo, cosi' poi sparisce per sempre. Quanto questo atteggiamento culturale, profondo e presente da quel che vedo sin dalla tenera eta', influenzi la loro propensione alla guerra non lo so, ma mi sembra sostanziale. Idem per la loro tendenza ad approvare metodi di polizia molto "forti", o meglio poco rispettosi della liberta' individuale e poco tolleranti. Non son disposto a dire "idem" per l'uso della violenza nei rapporti interpersonali: non ne ho evidenza alcuna.

Devo ammettere che l'argomento piu' cogente contro l'idea che questa sia una "societa' violenta o prona alla violenza assassina" me lo diede il mio amico ed ex-collega Timothy Kehoe, alcuni anni fa, mentre si discuteva della questione. Mi fece osservare che, mentre la frequenza degli omicidi negli USA e' circa cinque volte superiore a quella del Giappone, la frequenza dei suicidi in Giappone e' piu' del doppio di quella USA. Ora, poiche' la frequenza dei suicidi, sempre in Giappone ma in quasi tutti i paesi, e' piu' di venti volte quella degli omicidi, ne risulta che, quando si sommano i due, le morti violente in Giappone sono molto piu' frequenti che negli USA, ossia circa il 90% piu' alte. Conclusione, di Tim ed anche mia: quale delle due societa' va considerata globalmente piu' violenta?

Aggiungo ora, se date un'occhiata alle due tabelle che ho indicato, quella per gli omicidi e quella per i suicidi, trovate che alcuni paesi sono in testa ad entrambe le classifiche e distanziano gli USA alla grande. Fra questi paesi

troviamo quasi tutti i baltici e molti slavi, ma anche la pacifica Finlandia

(la quale ha un tasso d’omicidio pari alla meta’ degli USA ma un tasso di

suicidio doppio, sommando i due si arriva ad un rapporto Finlandia/USA di circa

2!). Nessuno di noi considera la Finlandia un paese malato e pervaso dalla violenza come regolatore delle relazioni sociali ed interpersonali!

La seconda riflessione riguarda la relazione fra criminalita' violenta e disponibilita' di armi da fuoco. Notoriamente negli USA risulta piu' facile che in molti paesi europei acquisire armi da fuoco, anche molto potenti. Vi e' quindi una convinzione diffusa che questo faccia aumentare la criminalita'. Saro' breve, perche' sull'argomento esiste una letteratura enorme e che tutti possono consultare, se hanno voglia di leggere, usando Google e la rete. La conclusione di questa letteratura e' che tale relazione non esiste, ne' in un senso ne' in un altro, almeno statisticamente e logicamente. Ceteris paribus la disponibilita' di armi da fuoco non sempra aumentare il tasso di criminalita' violenta. Ovviamente, e con buona pace dei sostenitori del Far West che da questa parte non e' infrequente incontrare, nemmeno la diminuiscono, come invece alcuni impresentabili sostengono (l'idea essendo che, se fossimo tutti armati, i cattivi starebbero piu' attenti quando tentano di farci violenza perche' tiriamo fuori la pistola e facciamo bum-bum).

La conclusione che qui riporto mi sembra alquanto solida vista la mole enorme di studi sulla questione. A mio avviso, l'evoluzione (molto positiva) della criminalita' USA dagli anni 90 in poi serve ad ulteriore conferma che un nesso causale semplice chiaramente non esiste: il tasso di criminalita', in particolare di crimini violenti, cala da piu' di un decennio in tutte le aree urbane USA, nella piu' totale assenza di qualsiasi provvedimento che renda piu' difficile, o piu' facile, detenere armi da fuoco.

La conclusione e' anche logicamente convincente. L'acquisto di un'arma puo' essere dovuto a migliaia di fattori che nulla hanno a che fare con il crimine. Ammetto, per esempio, che in una recente gita di famiglia a Tombstone, AZ, anche io sono stato tentato (ma dissuaso) di comprarmi delle bellissime imitazioni di Colt 45 e Smith&Wesson, fatte in Italia che erano facilmente accessibili. Per chi non se lo ricorda, Tombstone e' il paesotto in cui avvenne la "sfida all'OK Corral" ... L'uso dell'arma a fini delittuosi e', invece, endogeno alle circostanze concrete ed all'incentivo a commettere crimine, o a difendersi dallo stesso, che affettano un individuo. In questo caso contano infinitamente di piu' le condizioni sociali e psicologiche dell'individuo stesso: per amazzare la moglie (o il marito, o il figlio) sono purtroppo sufficienti la mazza da baseball, il coltello, o persino il mestolo della cucina ... Il puro fatto di possedere una pistola non fa crescere i propri istinti omicidi, ne' crea incentivi per le rapine in banca, almeno a me sembra.

Un’ulteriore

questione riguarda l’attivita’ ed i metodi delle forze di polizia e di prevenzione in generale. In questo

momento, sia in Virgina che nel resto del paese, tutti si interrogano su "cosa ha fatto di sbagliato la polizia, l'universita', il presidente, i vari docenti e psicologi che erano entrati in contatto con il pazzo, eccetera". Le ragioni di psicologia sociale per cui questo avviene sono chiare e comprensibili: va fatto comunque, ed a qualcosa serve. Magari anche solo ad alleviare lo shock e l'orrore, ma non parlarne e non discutere su cosa sarebbe successo "se ..." non e' certo cosa sana. Detto questo, non mi sembra conti molto e mi sembra un classico caso in cui abbiamo bisogno di trovare un capro espiatorio, una spiegazione, una causa, una fonte del male per esorcizzarlo. Questa parte non mi sembra per nulla utile: il male e' tra noi, sempre, ed a volte si manifesta e colpisce in modi imprevedibili. Esorcizzarlo non e' possibile, occorre riconoscerlo e minimizzarne l'impatto.

Il mio vice-chancellor, con cui ho avuto oggi una riunione per altre ragioni, era sconvolto e, soprattutto, abbastanza paralizzato. Si chiedeva, ci chiedeva, cosa avrebbe fatto lui nelle circostanze di Blacksburg, ed ametteva che non avrebbe fatto molto di diverso, che non avrebbe di sicuro ordinato alla polizia dell'universita' e della citta' di chiudere e circondare l'intero campus (il nostro e' piu' piccolo, ma fa poca differenza) alle 7:30 di mattina quando tutti sono in arrivo. Perche' non gli sarebbe venuto in mente che i due primi omicidi potessero segnalare quando poi e' avvenuto. Perche' sembra una reazione eccessiva, repressiva, allarmista, tesa a difondere panico e ad alimentare tensione ... Pero' ora, dice, se mai dovesse capitare (e basterebbe un omicidio, o anche solo dei colpi d'arma da fuoco) probabilmente lo farebbe, probabilmente darebbe l'ordine dello "stato d'assedio locale e temporaneo". Brutta bestia, la paura.

La quarta riflessione concerne la presenza negli USA di una fetta "malata" o "squilibrata" della popolazione, di dimensione maggiore di quella presente nei paesi europei. Francamente questa mi sembra una grande troiata, frutto solo dell'ignoranza (dev'essere per questo che la ritroviamo nel sito dei geologi!) Squilibrati che compiono omicidi e stragi incomprensibili li abbiamo trovati recentemente, e nel passato, in tutte le societa', compresa l'italiana. Evito di dare esempi recenti e crudeli, ognuno se ne ricorda almeno dieci, e son diversi tra loro. Di nuovo, il male e' uniformemente distribuito tra di noi, non possiamo estirparlo, possiamo solo riconoscerlo e controllarlo, nei limiti del possibile e, soprattutto, nei limiti che la convivenza civile ed il rispetto per le liberta' individuali ci impongono, perche' anche la liberta' conta, non solo la sicurezza.

Infine, proprio

perche' i mezzi impazziti (o gli impazziti interi come il signore assurto ieri

alle cronache) esistono in tutte le societa' occorre chiedersi non tanto cosa

li spinge a tali atti - non che sia inutile, semplicemente che si tratta di un

esercizio che va fatto caso per caso e per il quale mi sembra esista zero

evidenza che certe connotazioni "razziali" o "culturali" contino - ma cosa

rende piu' facile che i loro desideri di violenza e vendetta si trasformino in

massacri come quello di Blacksburg. Mi spiego meglio: la mia impressione (se

qualcuno ha dati concreti che dicono l'opposto sarei veramente interessato a

conoscerli, io non li ho mai trovati) e' che non vi siano societa' in cui la "malattia

mentale" clinicamente definita sia piu'frequente che in altre. I "pazzi" mi

sembrano uniformemente distribuiti sul globo. Il problema diventa: quando il pazzo

in questione ha l'attacco di violenza, quando vuole commettere l'atto di

distruzione, cosa rende tale desiderio piu' pericoloso per gli altri?

A questa domanda,

almeno per il momento, io rispondo che la disponibilita' di "cose che si

possono usare per fare molto male agli altri" conta alquanto. Se quello di Blacksburg

avesse avuto accesso ad una bomba ad alto potenziale per tirare giu'

vari edifici, l'avrebbe probabilmente usata. Se avesse avuto accesso ad un

mitragliatore da guerra, idem. Se avesse avuto accesso solo a dei coltelli,

avrebbe provato con quelli, o forse avrebbe desistito (sembra che, anche se

pazzo, ebete non fosse e l'intera cosa sia stata da lui freddamente pianificata

per giorni o settimane). Concludo quindi che la possibilita' di comprarsi due

pistole e dozzine di pallottole per la modica cifra di circa mille dollari, con

un controllo della sua "personalita'" che e' durato un minuto in tutto, sia

stato un fattore che ha senz'altro facilitato la mattanza.

Forse non ridurrebbe di molto il tasso d'omicidio negli USA, ma restringere

seriamente l'acquisto ed il possesso di armi da fuoco potrebbe far diminuire alquanto

la frequenza con cui massacri incredibili come quello che motiva queste righe

accadono.

Alla fin fine avremmo, forse, solo 30 morti innocenti in meno ogni 4 o 5 anni, che statisticamente contano poco. Ma sono meglio di niente. L'orrore,

anche se poco frequente, orrore resta e non vedo perche' facilitarlo.

 

 

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Riguardo alla diminuzione della criminalità negli anni novanta negli Stati Uniti, ho letto una interessante teoria di Steven Levitt sul suo libro (con Stephen Dubner) "Freakonomics". Levitt sostiene che buona parte della diminuzione osservata nei tassi di criminalità è dovuta all'introduzione della legge sull'aborto, datata 1973 se non vado errato. La teoria, in pratica, sostiene che le donne che hanno usufruito maggiormente dell'aborto sono quelle più povere, più giovani o che comunque avrebbero fatto crescere il figlio in condizioni particolarmente disagiate (rendendolo di conseguenza più esposto a diventare un criminale). Il "timing" sembra in effetti essere consistente: nei primi anni novanta si inizia ad osservare l'effetto sulla criminalità dei "non nati" che avrebbero avuto 17 anni nel 1990. La Figura 4 del paper da cui deriva l'argomentazione del libro mostra che l'incremento nei tassi di omicidio da parte della popolazione maschile avvenuto negli anni ottanta negli stati uniti è dovuto ad un incremento nel tasso di omicidi compiuti dagli afro-americani tra i 14 e i 24 anni. Tasso che poi decresce drasticamente dai primi anni novanta. Come ricorda Michele sopra ciò è dovuto alla povertà e non all'origine etnica . Per chi fosse interessato il paper è:

Levitt, Steven, "Understanding Why Crime Fell in the 1990s: Four Factors That Explain the Decline and Six That Do Not." Journal of Economic Perspectives, 2004, 18(1), pp. 163-90.

 

La teoria e' accattivante ma fra correlazione e causalita' c'e' un oceano di evidenza empirica da colmare che Donohue e Levitt (molti si dimenticano del primo autore dell'articolo originale) non hanno neanche scalfito. Quel che e' peggio, sul paper di Levitt sono stati trovati degli errori tecnici. Un annetto fa, Foote e Goetz della Boston Fed hanno cercato di replicare i risultati con gli stessi dati, dimostrando che una delle regressioni fondamentali condotte da D&L e' stata condotta male, nel senso che si sono dimenticati di includere nel calcolo una delle variabili indicate dal testo dell'articolo (una variabile che loro stessi volevano includere). (http://www.bos.frb.org/economic/wp/wp2005/wp0515.pdf )

Levitt ha risposto scusandosi dell'errore, ma ricordando che altre tre equazioni nel suo articolo supportano la sua tesi, ed ignorando pero' che quella in cui c'era l'errore era la piu' importante, essendo quella che includeva l'effetto delle differenze fra gli anni di introduzione dell'aborto nei diversi stati (state-year effects).

Infine, F&G hanno dimostrato come l'effetto descritto si annulla completamente includendo una variabile che descrive le differenze fra popolazione nei diversi stati (cosa molto ragionevole da fare). In una nota nell'articolo originale D&L affermavano che tale variabile non era stata inclusa perche' difficile da trovare, affermazione alquanto ardita. L'omissione e' importante perche' questa variabile serve a calcolare la criminalita' pro capite stato per stato, una variabile piu' rilevante da usare rispetto a quella adoperata, la criminalita' totale.

 

 

Scusate il commento fuori tema, ma avete dato un'occhiata al tasso di suicidio a Cuba? È altissimo, il 18.3 per 100.000 abitanti. Il paese latinoamericano più vicino è l'Uruguay, con il 10.3, ma la media in America Latina è molto più bassa, tra il 4 e il 6 (addirittura 3.1 in Messico). Senza dubbio sono dati da prendere un po' con le molle, sono di anni diversi, probabilmente metodologie diverse etc. etc. Alcuni sono anche poco credibili: come si fa a credere che non ci sia nessun suicidio nella Repubblica Dominicana e in Egitto?

Ma anche così, mi sembra che il mito dell'isola dei poveri-ma-felici, del paradiso romantico per idealisti, ne esce a pezzi. Like it or not, la dittatura rende infelici. Più infelici che negli Usa, almeno se guardiamo ai tassi di suicidio.

 

 

Credo che legare la statistica dei suicidi alla felicità della popolazione sia piuttosto azzardato (e un tantino ideologico). Fra l'altro picchia un cavallo morto che quel mito lì mi sembra scomparso da un pezzo.

Altrimenti non capisco cosa hanno gli svizzeri da essere più infelici dei cubani che sono ricchi sfondati e mangiano pure il cioccolato che stimola le endorfine. E i Belgi? perché si ammazzano i belgi?

 

 

Ora, poiche' la frequenza dei suicidi,

sempre in Giappone ma in quasi tutti i paesi, e' piu' di venti volte

quella degli omicidi, ne risulta che, quando si sommano i due, le morti

violente in Giappone sono molto piu' frequenti che negli USA, ossia

circa il 90% piu' alte. Conclusione, di Tim ed anche mia: quale delle due societa' va considerata globalmente piu' violenta?

 

Non considererei "violento" il suicidio: e' chiaramente consensuale, e io riserverei il concetto di "violento" a cio' che e' imposto con la forza (vis, appunto). Anzi, per la verita' io considero quello al suicidio un diritto individuale primario, e trovo oltraggioso che sia spesso considerato un reato dallo stato.

Sugli Afro-Americani, non e' necessario essere razzisti per notare che hanno livelli di testosterone in media piu' alti di quelli di persone con eredita' genetiche da Europa e Est Asia (di circa il 15%ceteris paribus), ed e' un fatto ben noto che c'e' un rapporto causale tra testosterone e aggressivita'. Ma ovviamente questo non da' loro l'esclusiva degli atti violenti, come si e' visto anche in questo ultimo caso a Virginia Tech.

 

Continuo a notare con sgomento come i sedicenti economisti di questo blog siano sempre molto inclini (per ovvia coda di paglia) a giustificare la poverta' o la mancanza di ricchezza come un segno della (cattiva) provvidenza. Se sei nero e sei un criminale e' colpa della poverta' (ma che sfortunella), peccato che proprio la storia americana sia piena di esempi di altre comunita' che partite da condizioni di poverta' simili a quelle dei neri si sono poi riscattate nella scala sociale (hanno letto e approfondito, mi viene da chiedere, tali esimi studiosi the Bell curve?). Non ultima tra queste comunita' quella degli Italiani d'America che si son fatti valere sino ad accumulare discreti patrimoni. Non ovviamente gli Italiani economisti la cui intelligenza sta accanto a quella dei neri nella succitata campana di Bell. 

 

 

Non posso che darti ragione! Anche in un luogo malfamato come Secondigliano riescono a emergere i veri imprenditori: i Di Lauro, i Nuvoletta, e compagnia cantante. Non posso immaginare evidenza empirica migliore a supporto della tua tesi!

 

 

Ora che il te Deum venne intonato, gli studenti e docenti vittime sono sepolti in tre diversi continenti, e gli studenti vivi hanno ricevuto i loro voti senza finire le classi, una riflessione.

Tutti o quasi hanno sostenuto che vi sia un problema con le armi da fuoco.

Non e' il caso di ricordare la difficolta' suprema nell'ordine costituzionale di cambiare la carta costituzionale, che non e' ambigua sul tema (e chi non e' sciocco vede subito perche'.) Tuttavia si possono rendere piu' difficili gli acquisti. Il che non ha nulla a che fare con il caso in questione (il tiratore di Blacksburg non aveva il diritto di aver armi da fuoco.)

La mia domanda e' diversa: se M. Boldrin ha ragione nell'assumere che vi sia una alta probabilita' statistica che i pazzi criminali siano distribuiti in modo equo tra tutte le popolazioni, e se ci fosse un legame tra stragi di questo tipo e la presenza di armi da fuoco, perche' nei due paesi *piu'* armati al mondo, il fenomeno non si verifica?

Mi riferisco a IL e CH. In ambedue i casi la popolazione tutta intera e' armata non con pistolette da operetta ma da armi da guerra perfettamente efficienti. Nel caso di Israele maschi e femmine tengono un M16 a casa, caricato e pronto all'uso. In Svizzera i maschi (per decenni) tengono SIG550 e persino quando dopo il 50esimo anno non lo usano piu' per ragioni militari se lo riportano a casa (con il meccanismo automatico disabilitato.)

Come mai a al Politecnico di Zurigo o a B.g. University di Beer-Sheva nessuno, a mia conoscenza spara alla classe di francese?

 

 

 

 

 

Non e' il caso di ricordare la difficolta' suprema nell'ordine

costituzionale di cambiare la carta costituzionale, che non e' ambigua

sul tema (e chi non e' sciocco vede subito perche'.)

 

Ma non e' nemmeno necessario: il Secondo Emendamento parla esplicitamente di "well regulated Militia".

 

il secondo amendamento alla costituzione (qui citato nella sua integralita') dice:

 

A well regulated militia, being necessary to the security of a free state, the right of the people to keep and bear arms, shall not be infringed.

 

 

 

 

Il buon senso, e la dottrina giuridica, mi sembra indicare che insieme al diritto a formare un esercito ben regolato, venga garantito che non verranoi poste difficolta' al diritto di portare armi su di se'.

 

 

Quindi, per buone ragioni, se si vuole attuare un divieto generalizzato a tenere, possedere, o portare in giro armi, la costituzione USA va emendata e modificata ancora una volta.

 

En passant, l'idea non e' affatto folle se si pensa ad uno stato che vuole preservare e difendere il diritto a difendersi da un tiranno, reale o potenziale, interno od esterno, che abbia "a priori" il monopolio della forza.

Ame, ma quando ho consultato i giuristi mi dissero che e' meglio stare zitti, ne segue pure che un gruppo di cittadini, se ben regolato si puo' anche comprare carri armati o aerei da caccia.

 

 

Un'altra buona ragione per cambiare le leggi, e le costituzioni. Niente e nulla e' eterno.

So benissimo che non succedera' mai, o per lo meno non succedera' nei prossimi 50 anni, ma non mi sembra necessariamente inutile predicarlo. Neanche l'Italia diventera' mai un paese liberale, o anche solo non medievale se e' per questo, e nonostante questo fatto qui, ed altrove, si continua a scrivere e discutere su come sarebbe possibile farlo e se sarebbe utile. Cosi', apparentemente, funziona il dibattito fra uomini liberi: si discute anche di misure e riforme che non sono al momento fattibili.

E' vero, sarebbe probabilmente possibile comprarsi un carro armato in questo paese e, data l'interpretazione corrente del secondo amendamento, appellarsi all'incostituzionalita' d'un atto restrittivo. Ho piu' di qualche amico fascio-libertario che teorizza tali insensatezze. Lo trovo tanto interessante quanto discutere con i seguaci di Castro e Kim Il Sung II: il mondo e' ricolmo, purtroppo, di gente che vaneggia.

A cosa servirebbe una popolazione armata sino ai denti (con che soldi poi? Gia' spendiamo il 5% del PIL per il Pentagono, dovessimo spendere altrettanto per il nostro armamento privato, staremmo freschi!) non mi e' chiaro. A difenderCI (CI=chi?) da un colpo di stato tirannico? Come? Io ed i miei colleghi con pinguedine che a bordo di carri armati comprati a Home Depot ci scagliamo contro gli elicotteri Apache dei Marines? Gli avvocati mangiatori di bistecche di downtown Chicago ed i bancari cocainomani di downton NewYork all'assalto delle postazioni di Rangers, con il coltello (lucidissimo, design Alessi) fra i denti e la faccia sporca di catrame marca Calvin Klein? Ma credete davvero tutti alle panzane dei films di Hollywood come il mio amico DKL?

Ad ogni buon conto, i colpi di stato non si fanno, in un paese come gli USA, a colpi di carri armati davanti al Parlamento e di F-16 che sorvolano il Campus di UC-Berkeley. Si fanno in maniera piu' furba e con il consenso popolare: questa amministrazione ne ha implementato uno strisciante, facendo saltare una buona percentuale di diritti civili e di liberta' fondamentali, e trasformandoci tutti in sospetti terroristi, passibili d'arresto senza giusta causa e praticamente quasi senza habeas corpus. Nessuno ha detto nulla, anzi per i primi cinque anni tutti hanno inneggiato patriotticamente al liberticida Patriotic Act, perche' occorreva fare le crociate contro i cattivi musulmani miscredenti. Ci sono cascato, in parte, anche io, quindi non sto certo a puntare il dito accusatore contro i piu'. Dico solo che i colpi di stato contemporanei quelli sono, e non si evitano certo con le milizie popolari armate di doppiette a sale.

Certo, ci vorrebbe una modificazione del dettato costituzionale, e non ci sara'. Ma sarebbe bene si svegliassero e la facessero. Che non la facciano prova solo che continuano a rimanere in uno stato di denial infantile. E' dalla settimana scorsa che sento insensatezze fascio-liberarie dai miei colleghi della Fed di Saint Louis, ubriachi di films di guerra e cowboys. Poi bastano 15 minuti di discussione seria due contro dodicie e non sanno che dire. Gli impazziti con la fionda ed il coltello, mal che vada, ti rompono il vetro del salotto o ti tagliano le ruote della macchina, ma non massacrano 32 persone come se fossero quaglie al campo.

P.S. Ad Adriano che chiede perche' le stragi stile Blacksburg non accadono in Svizzera ed in Israele, dove a sentir lui son tutti armati e girano per strada come Wyatt Earp a Tombstone. La risposta la sai e sta nella tua formulazione della domanda.

In Svizzera non son tutti armati, sono armati con fucile da guerra (letale, ma difficile da usare nel bar e difficile da mettere in tasca - niente concealed weapons) solo i maschi adulti che hanno fatto il servizio militare, sono stati appositamente addestrati e, soprattutto, clinicamente testati. Insomma, i matti o diagnosticati tali il fucile mitragliatore a casa non ce l'hanno proprio, ne' lo possono acquisire.

Idem in Israele, con due aggiunte. In Israele se vai di matto e cominci a sparare finisci morto ammazzato in 14 secondi, dall'esercito e dalle forze di sicurezza che vigilano ovunque (incluse le doccie sulla spiaggia) contro i palestinesi e terroristi vari. Il pazzo di Blacksburg, se entrava a Technion con le sue pistole, lo facevano secco finche' si girava la visiera del berretto. In Israele, se non erro, c'e' un certo alto grado di "attenzione" sociale e di "tensione" psicologica focalizzata sul nemico esterno, il che altamente riduce il rischio di fenomeni di questo tipo.

P.P.S. Domanda, seria, per Enzo che ritiene non sia corretto associare il suicidio all'omicidio, definendoli entrambi atti "violenti" come io ho fatto. Un'osservazione: in tutti i paesi il tasso di suicidio e' enormemente piu' alto fra gli uomini che fra le donne, dalle 2 alle 4 o 5 volte piu' alto. Lo stesso vale per l'omicidio. Non ti sembra una correlazione sospettosa?

 

 

Due considerazioni. Nei, succitati, Israele e Svizzera, da informal polling e i pochi dati che visto, pochissimi, se comparati a USA, usano la loro arma da guerra, che si puo' portare in giro, visibile o meno, nel portabagagli o a tracolla, per sistemare i diverbi domestici e cosi' via. Ergo rimane che gli americani sono, in termini comparativi, piu' violenti di altri posti, in cui le armi sono piu' facilmente disponibili.

Scenarii di finzione: certo che i colpi di stato si fanno con le maggioranze. Sfortunatamente queste sono le regole del gioco. G.W.B. non ha chiuso la corte costituzionale e nemmeno le 50 legislature che potrebbero, anche stasera negargli il diritto di adoperare NG (la guardia nazionale non e' sotto il comando dl comandante in capo, e' sotto il comando dei governatori.)

Se gli avvocati cocainomani (una minoranza ma esiste pure quelle) sapranno far la guerra all 82esima aviotrasportata, probabilmente no se armati del pugnale di Alessi. Un pochino diverso sara' il caso credo se, ipotesi, lo stato della California decidesse di non accettare accordi sull'acqua e di invadere un altro stato.

Il punto e' semplice: se esistono determinanti della violenza essi sono paralleli e indipendenti dalla disponibilita' di armi. Il problema politico della costituzione americana e' che viene da una (lunga e rispettabile, ad avviso mio) tradizione che nega anche il linea di principio il monopolio della violenza al potere statale. Si puo' decentrarlo a tanti eserciti non sotto comando unificato o, nella versione piu' liberale, a chiunque si voglia armare. Il resto sono un po' disquisizioni accademiche.

Ci sono motivi adesso per pensare che sia bene dare, de jure e de facto, il monopolio della violenza armata allo stato (centrale e federale)? Se ci sono e' bene che vengano fuori, altrimenti giriamo in tondo.

 

Io ne vedo uno solo, di solido. E' possibile che proibendo in modo sempre piu' stretto le armi da fuoco ai non militari si renda la vita piu' difficile a coniugi gelosi, affamati di vendetta, a studenti un po' "duri di comprendonio", e pazzi variegati, quando decidono di ammazzare la gente. E' difficile, lungo e perditempo uccidere col coltello trenta persone.

E' sufficiente questo a essere piu' pesante delle considerazioni che vengono dalla tradizione? A me sembra di si', fosse solo perche' il tiranno straniero potenziale e' una potenza nucleare e contro quella e' virtualmente impossibile organizzare una milizia per quanto la si regoli bene.

 

 

 

E' sufficiente questo a essere piu' pesante delle considerazioni che

vengono dalla tradizione? A me sembra di si', fosse solo perche' il

tiranno straniero potenziale e' una potenza nucleare e contro quella e'

virtualmente impossibile organizzare una milizia per quanto la si

regoli bene.

 

L'intero Bill of Rights, non solo il Secondo Emendamento, ha lo scopo di ostacolare i tiranni locali, non quelli stranieri: che nel pensiero dei Founding Fathers (e nella pratica della politica estera statunitense almeno fino alla fine del XIX secolo) sono un problema che va risolto dai rispettivi sudditi, non dai cittadini della Repubblica. L'unica considerazione valida di politica estera e' la sicurezza nazionale, lasciando le recite da portatori di civilta' ai vari imperi, tirannici o democratici che siano.

In un quadro del genere, le bombe nucleari sono poco rilevanti: in assenza di politiche espansionistiche, il loro scopo e' ristretto alla deterrenza, ed e' quindi un fattore positivo. Se vuoi la mia opinione, Cheney, Rumsfeld e soci (a parte forse il seminfermo di mente alla Casa Bianca) sapevano benissimo che Saddam non aveva armi di distruzione di massa, altrimenti non avrebbero mai lanciato il loro disastroso attacco sull'Iraq.

 

 

Il punto e' semplice: se esistono determinanti della violenza essi sono paralleli e indipendenti dalla disponibilita' di armi.

 

Certo, e per questa ragione ho sostenuto, nell'articolo originale, che tutta l'evidenza a mia disposizione suggerisce che la societa' USA non e' piu' violenta, e forse lo e' meno, di quelle europee che mi e' dato conoscere.

Ma vi e' un secondo punto, altrettanto semplice: l'esercizio della violenza ed il danno sociale che provoca sono funzione della disponibilita' di armi e della letalita' delle stesse. Il commando di Al Qaeda non avrebbe mai potuto essere tanto efficace (pur mantenendo invariato il desiderio di esercitare violenza che ognuno dei suoi componenti sentiva) in assenza di accesso a tre jets di linea. Non e' stata certo l'esistenza dell'aviazione civile che ha determinato la loro violenza contro gli USA, ma l'esistenza dell'aviazione civile ha permesso a tale violenza di manifestarsi in maniera piuttosto letale. Idem con le armi in vendita a persone che lo psichiatra aveva messo in cura: senza l'accesso alle pistole l'impazzito di Blacksburg avrebbe continuato a scrivere folli racconti, giocare a video games e forse aggredire qualche professore o compagno di classe nel buio della notte.

 Se intendo il ragionamento nella seconda parte del tuo commento raggiungiamo le medesime conclusioni.